MAG | BOOK | 2-2023
“Ho voluto creare una “tovaglietta” tematica dedicata al focus, che incorporasse anche elementi giocosi, con l’intento di coinvolgere e rilassare il lettore.”
Cover by Tyler Spangler
PEOPLE
Atelier d’More lamatilde
CaberlonCaroppi
studio wok
El Equipo Creativo
Vittorio Grassi Architects
Studio Zooco
Fat Studio
Serena Confalonieri
Mr. Brainwash
Studio AzzoliniTinuper
LATO51
Spagnulo & Partners
Pininfarina Architecture
Andrea Campani
Martin Brudnizki Design Studio
Francesca Garagnani Architetto
Visual Display
Giuseppe Tortato Architetti
Vudafieri-Saverino Partners
DAAA Haus
Jordane Arrivetz
SLEEPING LAB ARCH ph. Atelier d’More 01 Pechino
Nel villaggio di Huangmuchang, dislocato nella periferia di Pechino, lo studio di architettura Atelier d’More trasforma un edificio fatiscente, originariamente adibito a residenza e ufficio, in un boutique hotel dal fascino originale che si riscopre vero fiore all’occhiello del territorio in cui si inserisce.
L’assenza di un contesto circostante suggestivo ha infatti spronato i progettisti a creare un ambiente dall’estetica accattivante e organica, tanto negli interni quanto negli esterni, per qualificare la zona e offrire un’inedita esperienza di soggiorno agli ospiti. La struttura ricettiva vanta così un’architettura peculiare le cui
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forme sinuose, nonostante la palette chiara e neutra privilegiata, sono in grado di trasmettere una sensazione di accoglienza e calore già ad un primo sguardo, e in cui ogni spazio, dal cortile interno alle stanze, evoca scenari distensivi, complice un isolamento efficace che attenua il caos urbano e i rumori provenienti dalla strada. Ad entrare nelle camere, invece, come parti integranti del progetto d’interni, nonché come indiscussi valori aggiunti, sono le sfumature del cielo e delle nuvole, ma anche la luce che filtrata dalle grandi vetrate riempie di vitalità la metratura e diventa chiave di volta per il mantenimento del benessere indoor.
IL CORTILE
Il cortile rettangolare che impreziosisce l’hotel è sviluppato su 100 mq ed è suddiviso in più piccoli cortili semichiusi in modo da creare un gradevole dedalo di percorsi esterni. Ogni cortile è concepito per ospitare un piccolo albero che con il tempo e con la crescita delle piante, plasmerà un outdoor coerente e connesso.
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UN’ARCHITETTURA “FLUIDA”
Il linguaggio architettonico alla base di questo “Laboratorio del sonno” risulta permeato di fluidità e incentrato sul quarto d’arco che traccia segmenti semicircolari in libero scorrimento tra gli spazi. La tensione scenica dell’edificio è infatti aumentata proprio dalla composizione geometrica e dalle forme arrotondate che si avvicendano e uniformano gli ambienti tra loro quasi in una mistica connessione tra natura, struttura ed essere umano. Determinante si rivela peraltro la scelta del bianco, che sulla facciata rende l’edificio astratto e scultoreo, donando un senso di candore e scandendo la purezza delle linee. Attraverso il bianco sembra affievolirsi anche il confine tra le pareti e i piani, effetto ottico che restituisce un’immagine progettuale omogenea e congiunta, complice anche uno schema materico essenziale che punta sull’accostamento di legno, cemento e vetro, ricorrente in ogni area dello “Sleeping Lab”.
UN SISTEMA D’ARREDO “ASSEMBLATO”
Tutti i mobili impiegati per arredare gli interni in stile minimale sono stati progettati da Atelier d’More, impegnato ormai da diversi anni nella progettazione di mobili assemblati e prefabbricati, quasi come fossero grandi “giocattoli”. Mentre infatti il tradizionale processo di automazione industriale per la produzione di arredi richiede tempi lunghi, il concetto di prefabbricazione e assemblaggio degli elementi d’arredo consente di risparmiare tempo e di convertire noiosi lavori di costruzione in una pratica divertente e rapida. La maggior parte dei mobili così ideati può essere assemblata in loco con componenti precostituiti, contribuendo tra l’altro al rispetto di budget contenuti e rientrando appieno anche nelle tempistiche più rigorose.
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lamatilde studio
di Sabrina Tassini
È un’esperienza “aumentata” quella che intende promuovere lo studio torinese lamatilde attraverso i propri progetti destinati all’ospitalità e alla ristorazione d’alta gamma. Con una forte vocazione per la ricerca formale e per l’analisi del contesto culturale nel pieno rispetto del genius loci, il team di giovani professionisti vede infatti nello spazio un vero e proprio strumento narrativo, da valorizzare con un design che si fa sintesi di “espressività e funzionalità”. Dall’architettura agli interni, dal product design alla grafica giungendo fino alla comunicazione, il know how di lamatilde sembra dissolvere i confini tra numerose discipline, concretizzando il tutto in ambienti contemporanei ed eclettici che strizzano l’occhio alla tradizione dei luoghi.
Da quali presupposti nasce il vostro approccio progettuale?
Il nostro approccio progettuale parte dal concepire lo spazio come un media narrativo. Nella prima fase, studiamo a fondo il contesto per
apprenderne le specificità e raccogliere suggestioni progettuali al fine di definire il concept e la narrazione più adeguati. Crediamo infatti che gli spazi debbano raccontare delle storie, oltre che rispondere alle richieste della contemporaneità. A partire dal concept, definiamo quindi uno storytelling, tassello fondamentale in grado di orientare e direzionare l’intero percorso progettuale.
Questo si traduce, da una parte, in un linguaggio visivo, e dall’altra nell’allestimento, cercando di creare un racconto originale attraverso un tone of voice il più coerente ed efficace possibile rispetto al contesto e bilanciando gli aspetti estetici con quelli funzionali con l’adozione di materiali, forme, colori e arredi secondo le peculiarità di ogni progetto. Attraverso questa narrazione “aumentiamo” l’esperienza di fruizione degli spazi, esplicitando i contesti e ridefinendo gli ambienti in chiave contemporanea.
L’originalità è colonna portante della vostra cifra stilistica. Da cosa vi lasciate ispirare maggiormente?
Il desiderio di raccontare storie sempre nuove ci porta a progettare ambienti sempre diversi e unici, per incuriosire e sorprendere i visitatori. È il genius loci, inteso come l’anima del luogo, a ispirare principalmente i nostri progetti, più di qualunque cifra stilistica o autoriale. Ciascun progetto ci permette inoltre di sperimentare nuovi aspetti tecnici, formali e produttivi arrivando ogni volta ad un risultato inedito e sempre diverso.
In molti vostri progetti il nuovo si fonde armoniosamente con il preesistente, senza tradirne le origini. Rinnovare fa dunque rima con conservare?
Rinnovare e conservare sono parole che viaggiano allo stesso ritmo, senza contraddirsi. Le identità e le tradizioni si rinnovano e si modellano di pari passo con lo sviluppo di esigenze e modalità di fruizione contemporanee, e con l’adozione di soluzioni innovative e finiture d’avanguardia. Il nuovo non tradisce mai lo spirito del luogo ma al contrario lo stimola e lo tramanda nel presente.
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PEPE
ph.
fotografia
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Il design può rappresentare un catalizzatore di evoluzione culturale? Prendiamo per esempio gli spazi dedicati alla collettività: in che modo pensate possa incidere il buon design sul percepito delle persone e sulla trasformazione degli schemi sociali?
Sicuramente il design può contribuire molto alla trasformazione delle relazioni sociali e all’innovazione culturale, soprattutto in quanto approccio narrativo che veicola dei contenuti attraverso una sintesi tra espressività e funzionalità.
Nel progetto che abbiamo realizzato per lo studentato Camplus Regio Parco, ad esempio, l’obiettivo principale era quello di sviluppare delle aree comuni flessibili che innescassero nuovi incontri, e che attivassero la condivisione e il confronto. Trattandosi di una residenza universitaria dove gli studenti cominciano il percorso verso il proprio futuro, lo storytelling aveva una certa importanza anche dal punto di vista dei contenuti di comunicazione, l’allestimento è stato quindi integrato con elementi testuali che esprimono la visione di un futuro possibile e concreto rispetto a tematiche di interesse comune per gli ospiti di Camplus: l’ambiente, l’economia, la formazione, i viaggi, e i sogni che fanno parte del percorso personale di ognuno.
Gli spazi stessi quindi si fanno catalizzatori di nuove dinamiche relazionali, portando allo stesso tempo dei contenuti che hanno a che fare con la cultura di un luogo, e delle persone che lo vivono. Uno dei compiti del design è appunto quello di intercettare e interpretare i costumi, le abitudini e le modalitàdi fruizione contemporanee, per facilitare e innescare queste trasformazioni.
Secondo la vostra esperienza di progettazione, come è cambiato il segmento Ho.Re.Ca. nel corso degli anni e quali tendenze pensate si stiano delineando per il prossimo futuro?
Da un punto di vista generale, con l’aumentare dell’interesse, anche mediatico, per questo settore si assiste a un progressivo incremento dell’offerta di ristorazione e ospitalità, con un
conseguente aumento della varietà. Da spazio di somministrazione e consumo, la sala di un ristorante è diventata prevalentemente un luogo di esperienza, e la cucina, da ambiente chiuso per la preparazione e la trasformazione, diventa ambiente performativo e di spettacolo. Anche in questo caso, il lavoro del progettista è quello di interpretare gli usi e i costumi di oggi, per tradurli in ambienti che valorizzino sia il servizio, sia la fruizione.
Cibo e design rappresentano senza dubbio due primati italiani e il vostro studio sembra metterli perfettamente in relazione attraverso progetti ben calibrati e customizzati nei minimi dettagli a seconda del contesto. Riscontrate differenze territoriali in termini di esigenze e richieste della committenza?
Più che di differenze territoriali possiamo parlare di differenze specifiche di contesto. Ogni progetto e ogni committenza si differenziano dalle altre per tante variabili: la storia del luogo o della committenza stessa, la tipologia di ambiente richiesto, la geografia e la cultura dell’a- rea di intervento. È proprio questa varietà che ci consente di sperimentare nuove soluzioni e raccontare storie sempre diverse con i progetti, valorizzandone l’autenticità e l’unicità. Per questo motivo la ricerca e lo studio del contesto rappresentano una fase assolutamente cruciale per la nostra progettazione, per individuare le peculiarità e le suggestioni specifiche da tradurre in ambiente.
Che ruolo acquisiscono i materiali negli ambienti che progettate, destinati in particolare alla ristorazione e all’ospitalità? Quali requisiti devono avere?
Anche per quanto riguarda la scelta dei materiali, tutto dipende dal contesto: dal concept progettuale e dallo storytelling da tradurre in spazio. Naturalmente gli ambienti destinati a ristorazione e ospitalità hanno una serie di esigenze funzionali di base, come ad esempio la durabilità e la lavabilità dei materiali. In generale ci piace comunque esplorare e sperimentare sia con le forme che con i materiali, sviluppan-
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do allo stesso tempo delle soluzioni accessibili, flessibili e soprattutto realizzabili.
Tra le vostre più recenti e interessanti realizzazioni si annovera il LAQUA Vineyard (nelle prossime pagine n.d.r.). Con quali presupposti è nato il progetto d’interni e quali sono le peculiarità del nuovo ambiente, anche sul fronte materico? Avete incontrato sfide tecniche particolari?
LAQUA Vineyard è un resort affacciato sulle vigne toscane, in un borgo che originaria-mente ospitava un teatro. Il teatro è così diventato fonte di ispirazione e concept per la progettazione del ristorante, con la rivisitazione di alcuni elementi tipici dell’ambiente teatrale, come palcoscenici, sipari e l’uso della luce, applicati a un contesto di alta ristorazione e hospitality. Anche in questo progetto abbiamo fatto dialogare elementi architettonici contemporanei con il carattere antico e tradizionale della struttura originale, permettendo ai visitatori di leggerne entrambi i caratteri. Un esempio di questo atteggiamento è dato dai soffitti, dove i rivestimenti ai solai, caratterizzati da forme morbide e fluide, intrattengono una delicata relazione di velamento/svelamento con la regolarità dei soffitti originali.
Per quanto riguarda l’aspetto materico, come detto, cerchiamo sempre di adottare soluzioni che raccontino il territorio e il contesto di riferimento del progetto. In questo caso i mattoni delle contropareti sono realizzati in cotto nero etrusco e in cotto rosa vellutato: un omaggio materico alla Toscana e alla sua ricca tradizione laterizia che riporta negli interni i colori di queste terre.
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03 LAQUA VINEYARD
Toscana
ph. Beppe Brancato
Dopo LAQUA Countryside a Ticciano e il restyling del Relais Villa Crespi sul Lago d’Orta, lo studio torinese lamatilde torna a collaborare con Cinzia e Antonino Cannavacciuolo, progettando il nuovo LAQUA Vineyard, quarto Resort della collezione LAQUA, situato nel piccolo borgo di Casanova, tra Pisa e Volterra.
Il progetto LAQUA Vineyard traduce la passione per l’ospitalità del Gruppo Cannavacciuolo in un accogliente e contemporaneo Resort nel cuore della Toscana, affacciato sul panorama dei vigneti locali, all’interno di un contesto territoriale che originariamente ospitava un teatro.
Proprio da questa precedente destinazione d’uso prende forma il concept elaborato dallo studio, culminato in un vero “palcoscenico” per l’arte culinaria, l’enologia, il design e la vocazione dei proprietari per l’ospitalità grazie ad un attento lavoro di ristrutturazione e di ricerca.
A connotare il Ristorante Cannavacciuolo Vineyard, recentemente premiato con 1 Stella Michelin, e i 6 appartamenti che – in linea con le altre location della collezione LAQUA – rievocano un concetto di ‘casa’ è dunque un dialogo armonioso tra antico e moderno, tra sofisticatezza e autenticità, ma anche uno storytelling che omaggia la sintonia senza tempo tra cucina e vino. L’identità visiva concepita dallo studio richiama infatti questo sodalizio e i protagonisti del luogo - il Rinoceronte della Cantina Vinicola La Spinetta, e la Luna, mutuata dai bottoni dorati del marchio Cannavacciuolo -.
IL RISTORANTE: INTERIOR E MATERIALI
L’approccio progettuale scelto da lamatilde per la realizzazione del Ristorante Cannavacciuolo Vineyard prevede un gioco continuo tra elementi attuali e della tradizione, che non viene nascosta o sovrastata ma messa in evidenza e valorizzata.
Le pareti, originariamente caratterizzate da un andamento irregolare, sono rese lineari con l’inserimento di arredi e contropareti, equilibrando così l’impatto visivo della scansione spaziale.
Le contropareti coprono in verticale solo una parte del muro, lasciando visibile la texture originale restaurata nella parte superiore. Il disegno delle superfici esplicita un approccio
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che mette in relazione un linguaggio espressivo contemporaneo con un carattere prettamente artigianale, in sintesi tra loro. I mattoni grezzi, realizzati in cotto nero etrusco e rosa vellutato, sono infatti disposti “a sorella” anziché sfalsati come vorrebbe la tradizione, enfatizzando così quella che comunemente verrebbe considerata a tutti gli effetti un’eterodossia progettuale.
Lo stesso approccio viene adottato nella progettazione dei soffitti, dove sia la regolarità degli archi sia la personalità classica e fortemente caratterizzante dei solai restaurati vengono armonizzate dall’inserimento di rivestimenti con
forme morbide e fluide, che intrattengono una delicata relazione di velamento/svelamento dei soffitti tradizionali, esaltandosi a vicenda nel contrasto.
Per i rivestimenti del soffitto lamatilde ha optato per sfumature dorate che hanno la funzione di riflettere e diffondere la luce esterna, dando all’atmosfera del Ristorante una connotazione più calda e scenografica. Per via della sua connotazione teatrale, l’edificio originale prevedeva ambientazioni molto buie, motivo per cui lo studio ha ideato alcuni elementi allestitivi che rendessero le sale più luminose. Ne sono
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un esempio i tendaggi a sipario, che permettono diverse soluzioni di partizione dello spazio e consentono ulteriori possibilità di regolazione della luminosità e della trasformazione dello scenario interno.
Inoltre, l’unica finestra preesistente che permette la vista sul panorama spettacolare delle vigne e delle campagne circostanti viene evidenziata dal corridoio caratterizzato da una prospettiva accelerata che amplifica la convergenza visiva verso l’esterno, conferendo maggiore profondità all’ambiente.
Tutti gli elementi allestitivi riprendono in modo riconoscibile l’ambiente teatrale. In particolare i due banconi, posti alle estremità opposte della sala principale, richiamano due palchi, uno dedicato all’arte culinaria e l’altro a quella del vino: due fuochi visivi che segnano le prime coordinate di spazio “scenico” per clienti e ospiti.
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ph. Philip Kottlorz
04 UMILTÀ 36 Roma
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Umiltà 36 Luxury Hotel, sorge a Roma nel centralissimo Rione Trevi in via dell’Umiltà, a due passi dalla famosa fontana monumentale e dal Quirinale.
La struttura si colloca all’interno di un palazzo storico che nell’ultimo ventennio ha ospitato uffici direzionali e che rivive oggi in veste di struttura ricettiva d’alta gamma per una clientela internazionale e cosmopolita grazie ad un importante intervento architettonico, ingegneristico e d’interior realizzato dallo Studio CaberlonCaroppi.
La maestosità dell’edificio si palesa sin dall’ingresso grazie alla presenza di un prestigioso portone ligneo che si apre in un alto androne con volta a botte. Il progetto del piano terra si è subito incentrato nel ripristinare la doppia altezza del piano che, negli anni, per via della
diversa destinazione d’uso, era stata ribassata in un piano ammezzato. Lo Studio ha privilegiato un ritorno al progetto originale dello stabile, che enfatizzava maggiormente le altezze regalando scorci scenografici decisamente più accattivanti.
Questo intervento ha dato grande risalto alla hall e restituito la sua importanza anche alla storica scala in marmo che introduce ai piani camera e agli appartamenti.
INTERIOR CONCEPT
Ispirazione principale del progetto d’interior è l’atmosfera dei salotti romani del centro: luoghi eleganti e senza tempo che fanno dell’accoglienza un valore assoluto, rivisto in una chiave contemporanea fatta di equilibrio tra decorazione e minimalismo con un voluto riferimen-
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to alla Dolce Vita della capitale. L’utilizzo di carte da parati scenografiche, la presenza della scala di marmo, la scelta di abbinare toni caldi e legno, sono tutti elementi che hanno contribuito a regalare la giusta allure, soprattutto dall’ingresso alla reception, fino allo sbarco ascensori, dove il cliente viene accolto da un ambiente raffinato.
Un intenso tono di blu, invece, tinge le pareti della chiostrina interna che anticipa l’ingresso ad uno scenografico chiostro esterno valorizzato da una copertura in vetro che permette di accedervi, a prescindere dal clima, per consumare la colazione.
“È soprattutto il mix di arredi custom, pezzi vintage degli anni ‘60/’70 oltre che di arredi, accessori, tessuti e luci dei migliori brand del design
– spiegano i progettisti - a dare una personalità inconfondibile all’interior di questo hotel. Niente è lasciato al caso e ogni scelta stilistica è pensata ad hoc proprio per dare un carattere di unicità al progetto.”
IL RISTORANTE
La posizione strategica dell’hotel, tra due arterie importantissime per la città, ha suggerito alla proprietà di ampliare l’offerta destinando parte del piano terra ad un ristorante gourmet blasonato di ispirazione argentina. La guida del ristorante è stata affidata, infatti, agli ideatori del El Porteño di Milano.
Il design concept - proprio come nella città meneghina - si rifà alle eleganti dimore argentine, ma è qui adattato alle geometrie del palazzo
e dello spazio in cui si colloca, caratterizzato da volumi ridotti e notevoli verticalità.
L’intervento, studiato nei minimi dettagli, riprende gli elementi chiave della tradizione argentina, in una commistione tra antico e moderno, dialogando in maniera armonica con il resto degli ambienti.
All’ultimo piano, peraltro, la terrazza panoramica con affaccio sul Vittoriano e sui tetti di Roma, è pensata per ospitare il ristorante all’aperto in versione lounge e cocktail bar, nella stagione primaverile ed estiva.
CAMERE E APPARTAMENTI
Le 29 camere dell’hotel sono distribuite ai piani nobili del palazzo, primo e secondo, dove le altezze dei soffitti sono state enfatizzate dall’u-
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tilizzo sapiente di boiserie in legno a tutt’altezza con le quali sono state realizzate le teste letto che strizzano l’occhio alle geometrie tipiche degli anni Cinquanta.
Per diversificare l’offerta, nei restanti due livelli sono stati realizzati 18 appartamenti composti da soggiorno con angolo cottura, servizi e camera da letto che mantengono lo stesso stile. All’interno degli spazi così composti si alternano materiali e tessuti dai tratti classici e moderni che creano eleganti suggestioni e armonie.
GLI INTERVENTI STRUTTURALI
Gli interventi sono stati progettati dallo Studio tenendo conto delle caratteristiche intrinseche dell’edificio, attraverso lungo processo di trasformazione che ha seguito lo sviluppo storico della zona, con aggregazioni, superfetazioni, stratificazioni susseguitesi in più di duemila
anni.
Le opere strutturali sono state realizzate in pieno accordo con le esigenze architettoniche e con l’obiettivo di rendere l’immobile idoneo alla nuova destinazione d’uso, trasformando quindi in “albergo” un edificio precedentemente ad uso commerciale.
Gli spazi sui quali il team è intervenuto seguivano uno schema caratterizzato da ambienti tra loro molto articolati e caratterizzati da superfici poco estese e molto irregolari. Questo aspetto era particolarmente evidente al piano terra, dove gli ambienti erano delimitati oltre che dalle pareti portanti del fabbricato, anche da un solaio di interpiano creando una forte limitazione estetica e funzionale. Con la demolizione di estesi campi di solaio e la realizzazione di ampi varchi nelle murature portanti, si è riusciti a dare un valore aggiunto
al fabbricato, che è stato così trasformato e reso idoneo ad accogliere i nuovi ambienti.
Le demolizioni sono state accompagnate da interventi di rinforzo strutturale delle pareti portanti e da irrigidimenti di tutti i campi di solaio, che hanno consentito di ottenere il “miglioramento sismico” dell’intero edificio, come richiesto al par. 8.4.2 delle NTC 2018 (Norme Tecniche Costruzioni, DM 17 gennaio 2018). I lavori hanno così consentito di raggiungere un nuovo equilibrio basato sulla creazione di nuovi spazi e volumi nel rispetto della storia dell’edificio e della sua nuova funzione di accoglienza.
Materiali utilizzati
Marmi: Baroni Marmi
Parquet: Tecnowood
Carte da parati: Inkiostro Bianco | Dedar
Effeitalia – Artè
Tendaggi: Liuni | Rubelli
Bagni: Gessi
Sanitari: Alice Ceramica | Ceramica Flaminia
Vetro doccia: Vismaravetro
Piatti doccia: Kaldewei Italia
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ph. Simone Bossi
05 PAN Milano
Pan non è soltanto una bakery, bensì anche un wine bar e un luogo conviviale dedicato alla ristorazione. Un locale “di quartiere” nato dalla collaborazione tra lo chef giapponese Yoji Tokuyoshi e Alice Yamada, con l’obiettivo di democratizzare la cultura nipponica.
Il progetto architettonico porta la firma di studio wok ed è nato dalla volontà di creare una trasposizione fisica e materica dell’innovativo format del locale, ma anche di marcare il rapporto con il contesto urbano circostante.
Grandi vetrine in legno di castagno con imbotti esterne in lamiera zincata restituiscono alla città, e in particolare alla zona, un nuovo fronte, rigoroso e prezioso. Le ampie vetrate proiettano gli ambienti interni verso l’esterno, dando vita ad uno “spazio soglia” ibrido tra il domestico e il cittadino.
All’interno l’involucro è neutro e accogliente, un contenitore nel quale diventano protagonisti pochi elementi dal forte carattere come i due banconi che identificano le funzioni principali, panetteria e bar. Queste due anime sono ben definite ma al tempo stesso convivono in maniera fluida e naturale nello spazio: una lunga panca in legno corre internamente lungo la parete verso strada, quasi a collegare i due ambienti del locale.
Varcando la soglia d’ingresso è il bancone del pane a emergere come elemento cardine, ripreso tra l’altro dalla panca esterna che ne anticipa l’estetica materica. Realizzato in pannelli di grigliato di vetroresina di colore verde si presenta infatti come una piccola architettura che abita lo spazio e reagisce con la luce naturale. Il suo colore dialoga con la tinta sfumata dei noren, i teli a soffitto che strizzano l’occhio alla tradizione
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giapponese modellando un mondo tridimensionale sospeso, al tempo stesso attuale ed effimero.
A far da fondale alla sala è la parete che porta all’antibagno, realizzata con un telaio in legno sul quale sono fissati pannelli traslucidi in cellulosa pressata che anticipa una scatola monometrica verde dalla quale si staglia l’elemento monolitico del lavabo, in pietra di Moltrasio.
La zona dedicata al bar vira invece su nuance più sobrie come il legno di castagno tinto di nero del bancone e gli inserti in acciaio inox. Un masso a spacco in pietra naturale riporta poi l’equilibrio della palette materiali verso un’atmosfera quasi spirituale, celebrando la bellezza imperfetta e aggiungendo enfasi al rituale del riempimento dell’acqua.
Come nella cucina proposta dallo chef, anche nel progetto architettonico vi sono rimandi alla cultura nipponica, ma lontani dagli stereotipi e mai letterali. L’intento di studio wok è stato quello di aggiungere un layer per una chiave di lettura più profonda, lavorando sul concetto della qualità, sia nei materiali, sia nei dettagli.
Materiali utilizzati
Pavimenti e rivestimenti in resina: Resinarc
Intonachino di rivestimento: La Calce del Brenta
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rifugi extra-ordinari
BE è un progetto che raccoglie i nostri desideri e una personale visione legata al presente ma che si proietta sui mutevoli scenari e stili di vita futuri.
Con BE vi raccontiamo la realizzazione di un sogno: quello di offrire un’esperienza unica ed immersiva, che vada oltre la semplice idea di vacanza. Per condividere la nostra filosofia di benessere, inteso come star bene con sé stessi e con l’ambiente.
Vi accompagniamo in luoghi speciali, cercati con passione, riscoperti, e fatti rivivere in una nuova dimensione. Crediamo in un’idea di hospitality nuova, contemporanea, tailor-made. Focalizzata non solo sulla “costruzione” di un’architettura in sintonia con il contesto ma che nasce, al contrario, dalla ricerca di luoghi speciali, unici, dove costruire e offrire una dimora accogliente.
Ci siamo affidati a designer, architetti, paesaggisti riconosciuti a livello internazionale per creare dei progetti dove la Natura è la vera protagonista e l’architettura trova una connessione profonda e armoniosa con l’ambiente circostante.
Elisabetta Vanuzzo e Gianluca Spolverato Founder Be.
Your private view
Il progetto Be. Your private view è ideato e curato da Elisabetta Vanuzzo e Gianluca Spolverato. Propone un concept di ospitalità luxury e contemporanea in Italia: location uniche dislocate nei luoghi più affascinanti d’Italia, in siti italiani eletti Patrimonio Mondiale Unesco e circondati da un paesaggio naturale fortemente caratterizzante. La prima residenza si trova nell’iconica Costiera Amalfitana, la seconda, di prossima apertura, tra i boschi maestosi della Val di Fassa, nel cuore delle Dolomiti. I progetti sono pensati per rispondere anche alle nuove esigenze di vita: offrire il lusso di un “rifugio” esclusivo dove poter abitare nel senso più ampio del termine e lavorare da remoto, godendo di panorami privilegiati. Per nomadi digitali, smart worker e amanti della vacanza.
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ph. Maki Galimberti
BE. YOUR PRIVATE VIEW
Costiera Amalfitana
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ph. Dario Borruto
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Circondata da un terreno di 12.000 mq, la “Casa del Capitano” svetta sulle pendici del monte che affaccia sulla Conca dei Marini, una baia dalle alte scogliere sul mare blu, animata da orti e piantagioni di limoni disposti a terrazze. Siamo nel cuore della Costiera amalfitana che, dal 1997, è stata dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. Celebrata nei secoli da artisti e scrittori, è tra le coste più suggestive al mondo, vantando scorci romantici, piccoli borghi, scenari maestosi e un paesaggio mediterraneo davvero unico.
All’interno della residenza si respira tutto il fascino della dimora originaria, rimasto intatto grazie all’attenta e rispettosa opera di ristrutturazione che ne ha conservato l’impianto, i volumi, le aperture. Dal punto di vista architettonico, la tipologia a torre, unita alla sua disposizione sulle pendici rocciose, offre agli ospiti una veduta panoramica privilegiata, con le finestre che, come quadri, incorniciano il territorio e infondono luminosità e freschezza alle stanze.
Il progetto degli interni presenta una doppia anima: contemporanea, di design, e allo stesso tempo accogliente, calda e fortemente legata all’identità della Costiera. Gli ambienti, dove domina un purismo formale dai toni neutri, esaltano il rapporto con la storia e il genius loci. Le linee essenziali e organiche degli arredi, con i materiali naturali quali legno, ceramica e pietra, creano una continuità anche visiva tra interno ed esterno.
Il corpo principale è disposto su tre livelli, per una superficie complessiva di 130 mq, con ingresso al piano terra, affiancato dalla zona giorno, la zona notte con camera da letto, guardaroba e bagno al primo piano e una camera-studio con bagno al piano inferiore. L’interior design è curato in ogni dettaglio, con una raffinata selezione di arredi e complementi moderni di brand italiani iconici e riconosciuti a livello internazionale, partner del progetto BE.
AREE VERDI IN FOCUS
L’esterno è firmato dal noto architetto paesaggista milanese Marco Bay, autore di importanti landscape project italiani e internazionali. Il progetto prevede sette giardini terrazzati, studiati e progettati come ambienti di una casa, ciascuno con una propria identità, che, livello dopo livello, portano al mare. I terrazzamenti fanno parte della tradizione del paesaggio italiano, da sempre un modo che utilizza l’uomo per addomesticare l’ambiente in località collinari o montuose. L’impiego della pietra locale, inoltre, è un elemento fondamentale che crea armonia e forti connessioni con il contesto.
Il focus è sulla sostenibilità e sulla ricerca di una manutenzione contenuta del verde, seguendo le caratteristiche e la morfologia del terreno, con la conservazione degli alberi esistenti, inserendo piante in gran parte autoctone come le querce e gli olivastri o quelle spontanee come l’Euphorbia e il Finocchio Gigante. Marco Bay ha poi aggiunto il suo tocco personale, frutto di una ricerca botanica e di una visione
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in chiave evolutiva del paesaggio, con piante come il Gasminum, il Jasminum Azoricum, il Sambac Granduca di Toscana.
Le pergole in legno di castagno, che si rincorrono dalla cima al mare, creano un’architettura ‘gentile’, discreta e rispettosa. Rappresenta un elemento di grande fascino anche l’antico sentiero che scende al mare, preservato grazie a un’opera d’ingegneria naturalistica, con l’impiego esclusivo di legni del luogo e di terra battuta.
In una terra così generosa non può mancare poi un vero orto-frutteto tradizionale, con campiture dedicate a seconda delle stagioni, ma nemmeno un “giardino dei limoni”, ispirato alla “sala di un palazzo nobile”.
La spiaggia privata, infine, una delle poche esposte a ovest e soleggiata fino al tramonto, è riservata esclusivamente agli ospiti della casa. Vi si arriva prendendo l’antico sentiero di 130 gradini immerso nei profumi della macchia mediterranea.
Un’opera unica d’ingegneria naturalistica che ha consentito il recupero della discesa originaria con l’impiego esclusivo di legni del luogo e di terra battuta.
“È un luogo di tale straordinaria e suggestiva bellezza da suscitare il timore di rovinare il fascino di questa natura incontaminata. La chiave è stata quella di avere un approccio ‘gentile’ al progetto, che si fonda su sapienza e rispetto. Partendo dall’idea di una discesa al mare, ho creato sette terrazze per altrettanti giardini, tutti diversi per caratteristiche e impatto visivo, ma con un filo conduttore legato alla tradizione del luogo. Ho aggiunto anche delle sperimentazioni botaniche, un elemento onirico che trasporti in luoghi lontani. Senza prevaricare, mi piace lasciare dei segni sul territorio così autentici da sembrare che ci siano sempre stati.”
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Marco Bay
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COMPARTIR RESTAURANT
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Barcellona
ph. Adria Goula
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Le strade di ardesia, le finestre blu affacciate sul mare, le barche che dondolano sull’acqua nella baia e l’artigianato in vimini che invade i viottoli del centro. Tutti ingredienti che forgiano lo spirito vivace e artistico di Cadaques, tra le città spagnole a cui Dalí fu più legato. Portare l’essenza mediterranea di questa località catalana, sede del primo ristorante “Compartir”, in un nuovo spazio dedicato alla gastronomia a Barcellona, è stato dunque l’obiettivo principale dello studio di progettazione El Equipo Creativo, incaricato dai proprietari del locale di dar vita ad un ambiente attuale che potesse al contempo conservare i tratti distintivi della zona costiera. Il progetto architettonico e d’interior realizzato per Compartir Barcelona ha saputo così ricreare quel twist caratteristico e fortemente fantasioso della città di Cadaqués, reinterpretandolo però in una accattivante chiave contemporanea e urbana.
DESIGN CONCEPT
Il ristorante è situato all’interno di un edificio classico nel distretto di Eixample, caratterizzato da una spettacolare struttura in acciaio risalente all’inizio del secolo scorso. Uno spazio che ben si presterebbe ad accogliere una galleria d’arte con grandi dipinti astratti. Proprio da questa idea è scaturito il design concept del locale che vede protagonista un ampio spazio bianco scandito da tre immaginarie “finestre blu” rivolte verso il Mar Mediterraneo: una scultorea, una pittorica e una tessile. Ciascuna è stata concretizzata tramite la collaborazione di un diverso artista che ha contri-
buito alla realizzazione di pezzi su misura per il ristorante. Le forme arrotondate di specchi e pannelli divisori in vimini ma anche le lampade a luce avvolgente disseminate in tutto l’ambiente creano un caldo contrappunto, rendendo ogni area di Compartir intima e conviviale. Bar e cucine sono poi concepite con linee semplici e decise, mentre fungono da “nodi energetici” che infondono positività e vitalità alle diverse sezioni del posto.
MATERICITÀ MEDITERRANEA
A contraddistinguere il ristorante è una matericità autentica e leggera con un tocco mediterraneo, che si traduce in superfici testurizzate bianche calde ed elementi artigianali. Diversi materiali naturali collegano concettualmente Compartir al paesaggio architettonico di Cadaqués. Il tono grigio della pietra ardesia e la sua applicazione in “trencadís” - tecnica ornamentale particolarmente frequente nell’architettura modernista catalana - insieme al colore naturale delle piastrelle in terracotta, in contrasto con il blu vivido delle “finestre”, creano una scenografia suggestiva e dalla forte intensità, in grado di plasmare scorci di stampo quasi pittorico. Per rimarcare il legame con il territorio, El Equipo Creativo ha inoltre privilegiato l’utilizzo di materiali e prodotti interamente locali, così come locali sono gli artisti e gli artigiani coinvolti nel progetto per la realizzazione dei pezzi su misura.
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Come cambia la progettazione per l’hospitality
PEN SIE RO LA TE RA LE
Recentemente, in un intervento pubblico, ho affrontato il tema di come è cambiata la progettazione per il mondo dell’ospitalità e come si possa affrontare questo continuo cambiamento attraverso il pensiero laterale.
Il presupposto è che il settore dell’hospitality, fino a pochi anni fa, è sempre stato caratterizzato da una grande specializzazione delle strutture.
L’offerta alberghiera, per esempio, si è sempre fondata su classi e tipologie di hotel molto ben definite e destinate a clienti con aspettative molto differenti fra loro.
Hotel di città, centri congressi, villaggi turistici, beauty farm, resort, dimore storiche e case vacanza, hanno sempre avuto caratteristiche molto precise e diverse.
La rivoluzione in atto, dovuta in buona parte ai cambiamenti di comportamento causati dalla pandemia, vede queste differenze assottigliarsi sempre più: spazi flessibili e multifunzionali, attenzione alla sostenibilità e all’ecologia, presenza di spazi di condivisione e cura del design sono diventati elementi comuni e imprescindibili per ciascuna di queste tipologie.
Per esempio, ogni ospite, benché cerchi sempre una parte di sorpresa nel suo soggiorno, ha delle aspettative che non devono essere deluse. Spazi comuni che diano un senso di partecipazione e identità, luoghi per la cura del corpo e per l’attività fisica votati all’assoluta tranquillità e dove ricaricarsi, aree dove lavorare o prendersi cura della mente, dove mangiare bene e comodamente, oltre a spazi verdi ed elementi naturali diffusi, sono ambienti che in percentuali maggiori o minori devono sempre essere previsti all’interno di una struttura ricettiva.
Un altro tema è come collegare e gestire spazi con funzioni diverse: da quelli di semplice connessione, come la lobby d’ingresso, a quelli iperconnessi come le aree co-working fino a quelli che impongono il massimo della disconnessione come le camere.
Dal confronto tra l’energia delle aree comuni e la tranquillità delle zone private, dalla loro stratificazione, nasce l’identità della struttura che deve essere precisa e unica.
Come si può notare, parliamo solo di elementi immateriali, non di questioni di stile e design,
quelle ne sono una conseguenza naturale e, a mio parere, rappresentano l’elemento meno complicato da gestire.
Questa evoluzione del paradigma progettuale ha facilitato chi, come noi, ha sempre fatto dell’innovazione e del trasferimento di conoscenza da diversi campi progettuali il proprio punto di forza.
Abbiamo cominciato diversi anni fa progettando il “Mirazur”, ristorante 3 stelle Michelin di Mauro Colagreco a Menton e un hotel sul Lago Maggiore; più recentemente abbiamo ristrutturato tutte le aree comuni dell’hotel 5 stelle Melià Milano, alle quali seguirà quest’anno la ristrutturazione di 98 camere e l’anno prossimo di altre 200. Stiamo, inoltre, realizzando il “Teatro Luxury Apartments – Starhotels Collezione”, un nuovo complesso ricettivo nel centro storico di Firenze per un totale di n.156 appartamenti; il rinnovamento del porto turistico Marina di Loano, con nuovi ristoranti e una nuova struttura alberghiera, e, a Roma, due studentati per quasi 900 camere.
Tutti questi progetti dimostrano come si possa spaziare tra dimensioni e tipologie diverse mantenendo un unico comune denominatore, ovvero, la qualità degli spazi e la soddisfazione degli ospiti.
L’esempio più recente dell’approccio di VGA alla progettazione hospitality è lo studio di una collezione di prodotti di arredo “Boma 45”, realizzata in collaborazione con Bodema, storico marchio nel settore degli imbottiti. Il primo elemento della collezione, una poltroncina dal design unico capace di fondere leggerezza, solidità ed estetica, è stato presentato al Salone del Mobile 2023 ed è capofila di una linea che vedrà ulteriori ampliamenti nei prossimi mesi. La nuova gamma è pensata per rispondere alle esigenze di un cliente che nelle camere di albergo sempre più spesso non solo si rilassa ma si dedica allo smart working, consuma i pasti o fa ristrette riunioni di lavoro.
Vittorio Grassi Founder & Principal Vittorio Grassi Architects
ARCHI-PEOPLE
Vittorio Grassi
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Vittorio Grassi, ha cominciato la sua carriera professionale nel 1993 e, dopo avere lavorato a Parigi, Londra e poi a Genova come architetto associato di Renzo Piano, fonda nel 2005 lo studio a Milano e nel 2013 la sua succursale di Parigi. È Chartered Member del Royal Institute of British Architects, membro dell’Architects Registration Board UK e dell’Ordine degli Architetti - Île de France.
Vittorio Grassi Architects è una realtà multisettoriale che crea innovazione dallo scambio incrociato di conoscenze tra i diversi settori della progettazione. Lo studio ha progettato hotel, residenze, luoghi di lavoro, spazi per eventi, centri congressi, nonché uno dei “boutique restaurant” più esclusivi al mondo. Lo studio ha un’anima molto internazionale ed è composto da diversi team di architetti, ingegneri, urbanisti e interior designer organizzati in gruppi compatti, creativi e forte-
mente motivati. Ognuno di questi è supervisionato da un associato o da un architetto senior che, grazie alla comprovata esperienza, coniuga qualità del prodotto e puntualità di consegna.
Marco Aloisini, direttore e partner, sovraintende l’attività e le strategie progettuali e assegna responsabilità ai diversi gruppi di lavoro secondo valori etici e professionali condivisi. L’armonia tra i gruppi di lavoro garantisce la comunicazione, la collaborazione e, quindi, l’innovazione, dal primo incontro con il committente fino alla consegna dell’edificio.
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ph.
Meliá Hotels International
MELI Á Milano
A due passi dalla modernissima area milanese di City Life, l’hotel MELIÁ di via Masaccio, parte del gruppo globale d’hôtellerie haut de gamme Meliá Hotels International, è stato oggetto di un profondo rinnovamento che ha proiettato la sua offerta hospitality in una nuova dimensione di design. Il progetto porta la firma dell’architetto spagnolo Alvaro Sans, con la stretta collaborazione dello studio Vittorio Grassi Architects.
Il fulcro del concept risiede in una concezione evoluta dello spazio che sembra evocare l’essenzialità modernista di Le Corbusier quando nel 1925, in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi, presentò la sua rivoluzionaria impostazione basata sulla soppressione dei muri di ingombro soppiantandoli con agili ed eleganti pilastri in nome di una nuova concezione di uno spazio vuoto ma aperto. Una visione lungimirante che oggi ribadisce qui la sua eloquente attualità. “Sono passati più di 20 anni da quando l’hotel è stato progettato” spiega Sans. “Era nato come edificio industriale, con grandi spazi che ho cercato di riposizionare. É stata una vera e propria sfida renderli funzionali senza privarli della connotazione originale.”
Ogni area dell’albergo è infatti realizzata con elementi che creano e separano gli spazi senza pareti. Ispirandosi a un approccio più funzionale e architettonico nella ripartizione dei vari ambienti di questa struttura dall’impianto industriale: con lo studio Vittorio Grassi Architects, Sans ha impostato un progetto in cui le aree monouso sono abolite, lo spazio congressuale è raddoppiato e il verde è doppiamente protagonista sia come soluzione cromatica sia oasi ecologica. La struttura è animata da lussureggianti giardini interni intorno ai quali si sviluppano armonicamente i vari ambienti. Il verde, in antitesi con lo stile neutro e minimal dell’arredo, crea una continuità tra esterni e interni che invita a entrare nell’hotel e a usufruire dei suoi spazi, anche se non vi si alloggia. Non a caso un imponente Ficus si erge nel cortile centrale fungendo da maestoso architrave green dell’impianto completamente rinnovato; per i due architetti, infatti, il verde è colore emblematico di Milano capitale italiana del design in cui gli edifici più moderni sono a sorpresa impreziositi da rigogliosi decori botanici.
Se dal punto di vista estetico l’apporto dello studio Vittorio Grassi Architects ha contribuito a
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tradurre l’idea dell’architetto Sans in un progetto internazionale ma pienamente calato nel contesto milanese, dal punto di vista funzionale è stato attuato un attento controllo tecnico per garantire i più elevanti standard in termini di sicurezza, innovazione e sostenibilità. Un altro degli elementi portanti del progetto è la luce, valorizzata da alti lucernari e sontuosi lampadari di cristallo rimasti inalterati durante il restyling, con un richiamo agli interni progettati da Gio Ponti.
Dalla lobby lo spazio conduce al Ristorante Mamì, dove i clienti sono accolti in un ambiente sofisticato con luci soffuse e arredi custom-made selezionati con cura per creare un mood contemporaneo, ma che allo stesso tempo rievoca le forme morbide e i materiali del design storico milanese. Adiacente alla hall la caffetteria Elyxr Meliá si presenta come un grande open space, una formula dalla duplice identità con tavoli sia all’interno che all’esterno. “Ora tutto è più vicino e funzionale, contenuto in una grande hall aperta che offre un’esperienza globale - racconta Sans - Il cliente entra in hotel e si immerge in uno spazio dedicato al design, dove si inseriscono perfettamente le aree dedicate a bar, ristorante, meeting, co-working”.
L’intervento di rinnovamento della hall, del ristorante e delle sale riunioni, terminato a fine 2021, viene esteso oggi con la ristrutturazione, ad opera di VGA, delle prime 90 camere dell’hotel - alle quali seguiranno a breve altre 200 – e delle nuove sale meeting al piano -1.
“Abbiamo attualizzato il concept in un progetto che enfatizzasse la peculiarità di questo gioiello nella città di Milano. Lavorando fianco a fianco con l’architetto Sans, abbiamo reso protagonisti degli interni i materiali di origine naturale in grado di restituire a pieno la propria essenza - come il marmo spagnolo Macael utilizzato per i pavimenti abbinato all’elegante legno noce con finitura naturale - affiancati a grandi superfici specchiate, conferendo agli spazi un aspetto al contempo elegante e accogliente.”
Vittorio Grassi Founder Vittorio Grassi Architects
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LA MARUCA DE L Ó PEZ
Madrid
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ph. David Zarzoso
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Situato sulle rive del fiume Manzanares, il nuovo ristorante La Maruca de López si presenta come un vero e proprio club marittimo calato nel cuore della capitale spagnola, il cui concept design rende omaggio alle iconiche architetture razionaliste costiere, tra cui la scuola di vela Isla de Torre e il suo Royal Maritime Club.
Attraverso un processo di astrazione artistica, il progetto curato da Studio Zooco sfuma abilmente i confini tra esterno e interno, creando uno spazio affascinante che evoca il mare e lo porta indoor. L’architettura fa infatti leva su elementi murali curvilinei che plasmano la volumetria interna dando vita ad una scenografia accogliente che ricorda il movimento delle onde marine. Dalla silhouette morbida e dolcemente dinamica, le quinte sembrano così invitare i visitatori ad un pellegrinaggio attraverso i pregiati paesaggi litoranei della regione cantabrica.
L’involucro del ristorante ammette peraltro una vista a 360° sull’outdoor: come una grande scatola trasparente, le facciate perimetrali in vetro accentuano la permeabilità degli spazi e permettono di osservare i volumi interni dall’esterno e viceversa. Un sistema integrato di porte scorrevoli in legno consente tuttavia di regolare il grado di privacy e protezione solare delle sale.
SCHEMA MATERICO
La matericità è al centro di questo sorprendente design organico. Il legno di teak nautico, noto per la sua durabilità e ampiamente utilizzato sui ponti delle navi, connota il locale conferendo un’atmosfera marittima autentica; un micro terrazzo con minerali dai colori terrosi caratterizza i pavimenti delle zone living, mentre il cemento bianco lucido è utilizzato come finitura per tutti i volumi che compongono l’interno dell’edificio. Le doghe in legno di teak sono utilizzate anche per gli elementi verticali, compresi colonne e pilastri, mentre i soffitti lisci e bianchi presentano un’elevata capacità di assorbimento acustico, condizione particolarmente auspicabile all’interno di contesti pubblici come i ristoranti.
Notevole si rivela inoltre la copertura di alcune porzioni curvilinee: l’estrema sottigliezza dei listelli ceramici, posizionati verticalmente, ha consentito una perfetta adattabilità dei rive-
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stimenti alle sinuosità peculiari dei molteplici volumi, esaltandone così le forme e definendo una texture accattivante.
Lasciata a vista, la cucina aggiunge poi un tocco di modernità all’interior con il suo acciaio inossidabile, affidabile e immutabile.
Anche negli ambienti bagno il ben calibrato impiego di materiali ha contribuito alla caratterizzazione della metratura, con l’utilizzo di soli due elementi: doghe in legno di teak e una base in ceramica semicircolare della stessa larghezza delle doghe.
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DOLOMITI LODGE ALVERÀ
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Cortina
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di Marco Piccoli
DESIGN E STILE AD ALTA QUOTA
Oltralpe è conosciuta anche come Hayden. Gli autoctoni dell’Alta Val del Boite continuano a chiamarla Anpezo, nella sua folcloristica koiné ladina. Per il resto del mondo è Cortina, quello scrigno di rara bellezza incastonata tra Cadore e Val Pusteria. Proprio qui è custodita una favola testimoniata in prima persona dal legno antico, anfitrione permanente del Dolomiti Lodge Alverà.
In questo rifugio del benessere la tradizione alpina è un condensato di stile, comfort, eleganza e convivialità. Insomma, ci troviamo in un eco-lodge in cui il legno è protagonista ubiquitario degli spazi che racchiude: saloni, area gastronomica, area wellness, terrazza esterna, suite e chalet sono concepiti per dialogare con l’ambiente circostante. Per garantire un’atmosfera sopraffina e rendere l’esperienza del soggiorno indimenticabile, la famiglia Alverà ha stabilito una sinergia professionale di “elevato lignaggio”: l’emozione nasce nel cuore delle Dolomiti Bellunesi, dove l’amore per il legno e la capacità di trasformarlo in eco-racconti sensoriali vengono tramandati di generazione in generazione.
Ecco perché le pavimentazioni del Dolomiti Lodge Alverà sono state interamente progettate, realizzate e posate dai mastri falegnami bellunesi di MF Design. La nota clinica del legno di Sedico, depositaria
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di una raffinata eredità artigianale, funge da interprete perfetta per le lavorazioni in legno antico, la passione e la cura per le rifiniture e l’innata devozione per questo nobile materiale.
L’essenza arborea prescelta per nobilitare gli estesi pavimenti dell’Alverà è un rovere antico recuperato da remoti casali; analogamente, per erudire le boiserie e i soffitti dell’eco-lodge viene impiegato un abete di prima patina recuperato da stavoli di montagna. Ad MFDesign è affidato il compito di redimerlo e riportarlo sapientemente al suo originario splendore. Un autentico viaggio nel legno che inizia dalla sua preparazione: nel 2017 gli esperti falegnami sedicensi cominciano a comporre la sinfonia Dolomiti Lodge Alverà. È una sfida avvincente. Tra boiserie, soffitti e pavimenti, ci sono 300 mq di legno antico da sanare e rivitalizzare: è necessario un mese di scrupolose lavorazioni a mano per realizzare la fornitura richiesta.
L’estate in Valbelluna volge al termine e il pregiato convoglio si dirige verso il Cadore, affiancando - nel primo tratto - l’alveo del Piave. Da Sedico a Cortina il legno rianimato ritorna in quota: percorre una striscia d’asfalto di 80 km e approda nell’Ampezzano, a 1.224 metri s.l.m. Ci vorranno altri 20 giorni di premurosa chirurgia lignea per impreziosire gli scorci del Dolomiti Lodge Alverà.
Questa rara composizione in legno antico rapisce subito gli sguardi con l’incantevole charme della zona bar e della hall, modellando sontuosamente pavimenti, soffitti e bancone. Gli spazi ampi e luminosi sono rivestiti con tavole di diverse dimensioni, conferendo all’eco-lodge un’atmosfera davvero regale: calda come quella di casa, segnatamente innovativa nel design.
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Proseguiamo la nostra esplorazione ad alta quota. Nella saletta da pranzo è collocato un pavimento a cassettoni baroque: la nicchia del gusto profonde un’aura di ricercata opulenza nel legno, contribuendo a scandire il ritmo ecocentrico dell’Alverà. Nella sala grande palpita uno sfavillante pavimento a spina di pesce in rovere francese: un capolavoro di simmetrie ancestrali in grado di evocare rassicuranti equilibri.
Per inciso, nel laboratorio di MF Design l’unico “chiodo fisso” dei falegnami è quello di salvare il bosco e le sue storie: questa lungimirante vocazione si traduce nella scelta delle essenze e nella finitura degli oli profumati utilizzati per proteggere il legno. Nel contesto peculiare del Dolomiti Lodge Alverà, il rovere antico lavorato da MF Design offre la cornice ideale nelle creazioni del maestro Giancarlo Candeago, fabbro artigiano di Cortina riconosciuto a livello internazionale per le sue opere senza tempo.
Da protagonista genuino di questa favola di ospitalità, il legno antico si schiude così verso inedite interazioni progettuali, incoraggiando un dialogo funzionale con marmi, metalli, vetro e ceramiche. Questi elementi divengono parte integrante di un progetto di valore nel legno, dando vita a osmosi polimateriche sospese tra arte e design.
Mf Design ha sede a Sedico, nel cuore delle Dolomiti Bellunesi, Patrimonio dell’Unesco, dove l’amore per il legno e la capacità di trasformarlo in emozione vengono tramandati da generazioni, di padre in figlio. Nel laboratorio dell’azienda si pensano e si creano soluzioni personalizzate per ogni progetto, residenziale o Ho.RE.Ca, sia che si tratti di pavimento o di rivestimento o ancora di un complemento d’arredo: si personalizza perfino il profumo dell’olio utilizzato per proteggere il legno. Da molti anni il core business di MF Design è lavorare, con sapiente artigianalità e innata passione, il legno recuperato per riportarlo a nuova vita in location al passo con i tempi. Salute e benessere, inoltre, rappresentano nella filosofia aziendale i primi valori da tutelare, e proprio per questo ogni lavoro realizzato rispetta rigorosamente i principi di sostenibilità ambientale. L’etica con cui MF Design opera è peraltro ufficialmente riconosciuta: PEFC, che certifica la provenienza dei legni nuovi da deforestazioni controllate, FSC, che promuove la gestione responsabile di foreste e piantagioni, LEED che certifica il basso impatto ambientale degli edifici grazie all’utilizzo dei prodotti idonei, hanno riconosciuto ad MF Design i requisiti necessari per ottenere le omonime certificazioni.MF Design si impegna nella ricerca e nel recupero di legno italiano, al fine di disincentivare il disboscamento massiccio, ridurre lo spreco e rispondere con consapevolezza e responsabilità al tema sensibile dell’ecosostenibilità. Il legno proviene da masi, stavoli, fienili, case di campagna, botti, travature, ma anche da castelli, barche, pontili e briccole veneziane.
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13.10
BOUTIQUE RESTAURANT
ph. Matteo Imbriani
13.10 Ristorante è un boutique restaurant da 25 coperti alle porte di Milano, che unisce la cifra stilistica ironica e colorata dell’interior designer Serena Confalonieri con la filosofia gastronomica dello chef Marcello Passoni, fatta di ingredienti a Km0 e influenze culturali dal mondo.
Obiettivo del progetto d’interni, nonché del locale, è trasmettere una sensazione domestica agli ospiti, facendoli sentire come a casa seppur carezzati da un menù gourmet.
Il ristorante si sviluppa intorno a un cortile interno, accogliendo gli avventori in uno spazio intimo grazie ad una divisione delle aree razionale ma informale. Le ambientazioni interne, calde e conviviali, sono caratterizzate da tinte accese ma naturali che richiamano gli ingredienti utilizzati in cucina, pattern eclettici e vivaci, oggetti d’arredo ricercati e pezzi su misura.
Nella definizione gli interni la designer ha coinvolto prestigiose aziende di design e superfici per dar vita ad un contesto dall’alto tasso creativo e qualitativo.
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MATERIALI E ARREDI
Tra i main partner, HD Surface si è occupata delle finiture di pareti e soffitti mentre Ceramiche Cielo ha firmato l’arredo bagno. A questi si aggiungono una serie di prodotti disegnati dalla stessa Serena Confalonieri: il wallpaper Carnival di Wall&Decò scelto per il bagno, lo specchio Stilla di Potocco che dà profondità al corridoio che collega l’ingresso con le sale del ristorante, la collezione di tableware Kyma di Sambonet e il tappeto di Besana Carpet Lab realizzato appositamente per 13.10 Ristorante.
Tra gli ulteriori partner del progetto, Florim ha fornito i rivestimenti ceramici, Servomuto e MM Lampadari rispettivamente lampade a sospensione e applique, Fratelli Levaggi le tipiche sedie chiavarine artigianali.
Tra i prodotti firmati dalla designer e utilizzati nel progetto, anche il tessuto jacquard Scott disegnato per l’Opificio, utilizzato per le panche su misura e per i tendaggi dell’ingresso, e il tavolo Archie di Medulum, protagonista assoluto della prima sala.
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Agrati 69 |
ph. Andrea
ONDE DI MARMO
Toronto
ph. Riley Snelling
Un “dispensatore di caffè e felicità”. Così si presenta Milky’s, la nota caffetteria di Toronto che ha aperto la sua seconda sede in uno dei container dello Stackt Market e il cui obiettivo è servire caffè, tè e drink stagionali di alta qualità ponendo attenzione al cliente e curando i dettagli, non solo del servizio ma anche del luogo in cui le bevande vengono offerte. I negozi Milky’s vantano infatti un design ricercato e minimale che declina l’iconico motivo a rombi del brand negli elementi d’interior dei locali.
Ne è un esempio proprio la più recente location, la cosiddetta Milky’s “Cloud Room”, che prende il nome da una sua peculiarità: la luce in movimento che raccoglie i chiaroscuri nel pattern tridimensionale del travertino che ricopre le pareti e il soffitto. L’effetto emula il dinamismo delle ombre delle nuvole attraverso il muro, in dialogo con il moto luminoso che si muove a un ritmo molto lento, impercettibile quando lo si guarda, ma percepibile nel tempo impiegato per ordinare e preparare un caffè. La Milky’s Cloud Room è stata progettata e ideata dal team di Fat Studio recuperando le suggestioni del linguaggio architettonico e dei motivi grafici creati per Milky’s da Batay-Csorba Architects, ma ottenendo un locale completamente nuovo grazie all’utilizzo di materiali e colori differenti.
CUSTOMIZZAZIONE MATERICA
L’idea che tutto ciò che circonda l’offerta sia importante quanto il prodotto - dalla presentazione all’ospitalità - ha contribuito a plasmare il concept di Milky’s Cloud Room. La ricercatezza del design è percepibile ovunque, dalla armoniosa palette cromatica alle tazze personalizzate in cui vengono servite le bevande. Il tutto, per creare uno spazio improntato al gusto e al piacere di concedersi un momento “slow” e rilassante. Tema centrale è la customizzazione degli spazi: l’intero locale è stato realizzato su misura per garantire la massima ottimizzazione della struttura e la sua completa valorizzazione. Rispondono a questa esigenza i rivestimenti materici concepiti per vestire ad hoc l’interno del container, come il travertino scolpito da Marbela per connotare le superfici di pareti e soffitto, ma anche il legno posato a spina di pesce, fornito da Relative Space, per la definizione di un pavimento che ben si adattasse al mood naturale e distensivo della Cloud Room. Anche l’illuminazione ha giocato un ruolo fondamentale: Anony ha progettato apparecchi di illuminazione intelligenti per con-
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trollare l’atmosfera e creare un “effetto nuvola”, mentre altri apparecchi, tra cui i controsoffitti con led, sono stati personalizzati per adattarsi perfettamente allo spazio.
“Per questo progetto, abbiamo fornito una tipologia esclusiva di travertino bianco. Di solito, la maggior parte dei travertini è tagliata seguendo il verso della vena per ottenere una superficie dall’aspetto lineare. Abbiamo invece deciso di lavorare il travertino a taglio incrociato per giungere ad una superficie dinamica su cui si possono osservare motivi ondulati. Inoltre, l’obiettivo generale di questo progetto era quello di plasmare un ambiente dal look naturale e organico, da qui abbiamo preferito levigare il travertino anziché lucidarlo, arrivando così ad una texture autentica che lascia trasparire tutti gli elementi naturali del marmo.
Le lastre allungate a forma di diamante sono state tagliate con le nostre macchine CNC e poi lucidate a mano. La superficie delle lastre è concava (profondità 7 mm) in modo da riflettere la luce dall’alto e dal basso per enfatizzare le forme e i motivi. Per mantenere coerenza estetica in tutto il locale, i controsoffitti e gli scaffali, compresi i loro supporti, sono realizzato con lo stesso materiale. Il risultato è un involucro marmoreo immersivo, sofisticato e non ordinario”.
Hirad Badizadeh Presidente Marbela
“Volevamo che la seconda location di Milky’s mantenesse una coerenza visiva con il concept del primo spazio seppur attribuendo alla Cloud Room una sua precisa personalità. Abbiamo ritenuto lo “slow coffee” un concept accattivante da concretizzare e abbiamo dunque cominciato a ragionare su come creare uno spazio che potesse enfatizzare il piacere della lentezza nella degustazione di una bevanda come il caffè. Per la sua longevità e bellezza senza tempo, ma anche per la sua solennità, abbiamo così optato per la pietra come rivestimento all-over, in grado di infondere un senso di relax e pace. I giochi tridimensionali che definiscono ombre e luci sulle pareti rimandano invece alla imprevedibilità e rapidità del movimento delle nuvole, evocando al contempo il pattern della prima caffetteria.”
Fraser Greenberg Founder Milky’s e partner Full Fat Design
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Muraless Art Hotel Verona
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Una struttura ricettiva in cui pareti e soffitti si dissolvono, convertendosi in vere e proprie tele grezze per l’estro creativo e andando così a forgiare 94 stanze tematiche che celebrano il genio e l’eccellenza italiana in ogni settore: vino, opera lirica, cinema, motori, arte, architettura, design, storia, scienza, cibo, moda e musica.
Si tratta del Muraless Art Hotel, nato nel circondario di Verona dal sogno dell’imprenditore Gianmaria Villa di ridare vita ad un albergo preesistente. Con il supporto dell’Art Advisor Luigi Leardini è stato dunque intrapreso un percorso di radicale riqualificazione nel segno del linguaggio e dei caratteri espressivi della Street Art.
Il progetto, coordinato dalla Project Manager
Laura Sancassani, è stato elaborato, nella fase di personalizzazione delle camere, dalla curatrice e critica d’arte Chiara Canali in collaborazione con la galleria milanese Deodato Arte. Grazie a questa sinergia, Muraless può vantare al suo interno opere dei principali writer nazionali chiamati a interpretare il virtuoso Made in Italy, e all’esterno, una facciata firmata dal quotatissimo Mr. Brainwash.
Tra strumenti e tecniche differenti - dall’areosol art allo stencil, dal paste up alla pittura a mano libera -, tra stili e forme espressive - dal lettering al modelling 3D, dalla grafica alla fotografia digitale, dal fumetto all’illustrazione -, ma anche tra linguaggi tradizionali e codici moderni - dal figurativo all’astratto, dall’iperrealismo fino all’anamorfosi -, l’hotel si presenta come quadro senza cornici, un concept già annunciato dal suo stesso nome che evidenzia l’assenza di confini nel linguaggio dell’arte.
INTERIOR E CAMERE
Dagli spazi comuni alle camere, la struttura accompagna l’ospite in un personalissimo viaggio tra fantasia e realtà che parte proprio dalla hall, il cui pavimento non passa di certo inosservato grazie al dipinto di Agron Hoti, noto artista visuale contemporaneo che con la sua tecnica crea esplosioni di colore di rara energia. Le camere, pensate per una clientela business e bleisure, sono distribuite su 3 piani, arredate in stile urban e dotate di tutti i comfort. Ogni stanza è diversa dall’altra e permette, ad ogni nuovo soggiorno, di immergersi in una atmosfera inedita che alterna mood rilassanti ad altri frizzanti a seconda del tema. Si possono con-
templare i classici dell’arte italiana quali Botticelli, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Tiziano, Caravaggio, Tiepolo, Canova, Modigliani, De Chirico e Depero; si rimane inebriati dalle scenografie e dalle atmosfere della Turandot, della Traviata, del Rigoletto, del Barbiere di Siviglia e di Madama Butterfly; si può fare un tuffo nella storia della Roma dei mosaici pompeiani o dei Papi oppure si può scoprire la storia dei grandi navigatori e, ancora, commemorare episodi di vita dantesca; si possono conoscere le invenzioni di alcuni celebri scienziati italiani come Guglielmo Marconi (radio), Alessandro Volta (pila), Antonio Meucci (telefono); Margherita Hack. Per gli amanti del cinema, è d’obbligo osservare le vicende di alcuni attori come Monica Vitti, Anna Magnani, Massimo Troisi o smascherare i retroscena sul set di alcuni registi come Sergio Leone, Federico Fellini o Pier Paolo Pasolini.
L’albergo offre anche due sale riunioni con adiacente Lounge Bar, per un servizio di welcome e coffee break, oltre che di aperitivi pre e after dinner.
LA FACCIATA
Fiore all’occhiello dell’hotel è senza dubbio la facciata esterna realizzata da Mr. Brainwash, conosciuto a livello globale per i lavori intrisi di riferimenti alla Pop Art, alla storia dell’arte ma anche alle opere di altri artisti. Se l’ispirazione più diretta è infatti l’arte del collega Banksy, non mancano riferimenti ad Andy Warhol e Keith Haring, ai supereroi dei fumetti, ai classici della Disney e alle icone della storia classica e moderna. La Monna Lisa, Marilyn Monroe, Albert Einstein che regge un cartello con la scritta Love is the Answer, Mickey Mouse e Minnie che si abbracciano, sono i simboli eterni di amore e rispetto reciproco che compaiono anche nell’intervento condotto per Muraless.
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Tra i protagonisti, storiche firme del writing italiano (Joys, Etnik, Wubik, Frode, Gatto, Mister Thoms, MrFijodoor) i nomi della Street Art e del Muralismo (Neve, Cheone, Vesod, Seacreative, Refreshink, Casciu, Luca Font, Ufo5, Ale Puro) e gli esponenti delle nuove generazioni (Chill Surrealism, Luogocomune, Rise, Soler). Non mancano le quote rosa, del calibro di Coquelicot Mafille, Nais, Senso, Octofly.
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Mr. Brainwash
IN CON VER SA TION
di Sabrina Tassini
Thierry Guetta, aka Mr. Brainwash - colui che molti pensano essere Banksy in seguito al successo del documentario “Exit through the gift shop” candidato agli Oscar nel 2011 -, è un fiume in piena. Di una rara, autentica e vibrante energia che esprime a suon di sorrisi e tramite un’iconica poetica dei buoni sentimenti che non teme i superlativi assoluti.
Una di quelle persone “normali” - come più volte ci tiene a precisarmi con enfasi - in grado di trasmettere una potente quiete, la stessa che dice di percepire per le strade di Verona, alle cui porte realizza una delle sue prime opere europee: la facciata del Muraless Art HoteI. Il nostro incontro avviene proprio all’interno di questa struttura ricettiva che si presenta come un museo vivente di arte urbana grazie alle sue stanze tematiche firmate da cinquanta street artist di fama internazionale. Ha appena concluso una visita della città ed è entusiasta.
Ti è piaciuta?
Decisamente! È la prima volta che vengo a Verona in tutta la mia vita ed è un grande onore per me essere qui. Conosco la storia di Romeo e Giulietta ma non avevo idea di dove fosse ambientata, così ho fatto un piccolo tour e mi è parsa davvero incredibile. Non è neppure immaginabile che qualcosa del genere possa esistere. Tutto così tranquillo e piacevole che viene voglia di passarci più tempo. In realtà l’Italia in-
tera mi trasmette questa sensazione, ci sono così tanti posti che non si conoscono nemmeno ma che avranno sicuramente qualcosa di bellissimo da offrire.
Come il Muraless Art Hotel…potremmo reputarlo una vera e propria opera site specific?
Sì, assolutamente. Riunire così tanti artisti diversi ma tutti accomunati da un “unico amore” è già di per sé una grande opera d’arte. È questo il vero potere dell’arte, la connessione tra le persone, che diventa anche collaborazione. Quando ho saputo che sarebbero stati coinvolti circa 50 artisti italiani che avrebbero lavorato assieme per realizzare le stanze dell’hotel, ho pensato subito che fosse un’idea meravigliosa ed è proprio per questo che ho accettato di prenderne parte. Anche se mi hanno lasciato “all’esterno!” (ride). Ad ogni modo, mi piace essere coinvolto in progetti in cui le persone fanno quello che amano, portando la propria diversità in un lavoro collettivo, aiutandosi reciprocamente per rendere il mondo migliore. È un concetto grandioso!
La street art è un linguaggio universale che non conosce confini geografici, ma da Los Angeles, dove vivi e lavori da tempo, alla campagna di Verona c’è una notevole differenza. Hai dovuto adattare la tua arte ad un contesto così diverso?
No, ho seguito il mio istinto. Non si può mai sapere dove e cosa succederà. Dopo l’incontro con l’Art Advisor Luigi Leardini, ho semplicemente pensato di realizzare qualcosa con il cuore e spero che questo venga percepito. In generale, cerco di fare tutto quello che posso per dare e trasmettere energia agli altri. Anche senza sapere di preciso come e perché, ma solo canalizzando questa forza attraverso l’arte. Venire qua di persona e vedere il risultato finale, scoprire cioè come questa energia si sia riversata sui muri, è straordinario, non trovi? L’arte è amore e libertà d’espressione ed è bellissima. Proprio come questa città.
Quindi non solo “Milan is beautiful” (titolo della prima personale italiana organizzata nel 2019 ndr)
Certo che no, anche “Verona is beautiful”. In realtà la bellezza è ovunque! Perché alla fine, la vita in sè è bellissima.
A proposito di “life is beautiful”, i buoni sentimenti sono il leitmotiv della tua arte…
Non si tratta solo di arte, è uno stile di vita. Focalizzandoci sull’amore e sulla positività non possiamo di certo sbagliare. Per me ogni nuovo giorno è come una nuova vita che inizia, ed è proprio questo che lo rende bellissimo. Anche dietro le cose negative si nasconde un lato positivo ed è quello che mi sforzo sempre di fare, guardare oltre per trovare il buono in ogni situazione.
Sono un grande sognatore e faccio accadere nella mia mente tutto quello che desidero, ma più il tempo passa più mi rendo conto che tutti i miei sogni diventano reali per davvero. Dobbiamo continuare a sognare perché ciò che desideriamo può diventare realtà ed è proprio quello che sta succedendo a me! Bisogna crederci sul serio, perché tutto è possibile.
Quindi è un “lavaggio del cervello” in chiave positiva quello che vuoi proporci? In che modo il tuo pseudonimo si lega alle tue opere?
C’è stata un’epoca in cui l’arte era troppo seria e in quel momento poteva andare bene così, ma sento che ora le persone, i bambini, tutti quanti, necessitano di messaggi positivi. Di andare avanti e sapere che andrà tutto bene, di percepire buone vibrazioni proprio come quelle che trasmettono i colori o frasi quali “Never Give Up”, “Love Is The Answer”, “Life Is Beautiful”, “Follow Your Dreams”. Non mi reputo un filosofo dell’arte, sono una persona normale, faccio semplicemente quello che amo e amo quello che faccio. Ma voglio essere il vostro brainwash. Qualunque cosa possa “lavarvi il cervello” io la farò.
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Messaggi, o meglio, icone, che ricorrono anche sulla facciata di questo hotel…
Sì, perché sono parte della mia arte. Che caratterizzino la facciata di un hotel, i muri per la strada o altri luoghi non fa differenza. Sono soggetti noti a tutti voi, in tutto il mondo, iconici e rappresentativi di quello che faccio.
E se altri volessero “sporcarla”? Potremmo pensarla come un’opera “aperta”?
Non sono geloso del mio lavoro. L’opera è all’esterno, le persone possono fare quello che vogliono. Se qualcuno volesse disegnarci sopra qualcosa di intelligente, potrei trovarlo bello. D’altronde è una metafora di vita: le cose cambiano di continuo, a volte anche in meglio.
Street art fuori, uno stile piu’ luxury dentro: non è una contraddizione?
No, alla fine sempre di arte si tratta. C’è arte fuori e arte dentro, arte sul soffitto, arte sui muri, arte persino sul pavimento. È arte, punto.
Non ci deve interessare dov’è o in quale veste si presenta. L’arte è arte, non possiamo inscatolarla. È libertà e la libertà può trovarsi ovunque. In un museo, nella casa di qualcuno, nella metro, in un bus, per strada. Non potremo mai dire che dovrebbe stare in un posto piuttosto che in un altro, o in che modo dovrebbe starci. L’arte, in tutte le sue forme, non conosce regole.
Tanto da evolversi in continuazione…per la tua street art, ad esempio, quale futuro intravedi?
La strada è il naturale percorso di questa corrente artistica. È aperta a tutti ed è questo il suo bello. Non c’è una galleria o qualcuno che dovrà approvare quello che fai ogni volta che ti svegli, puoi fare quello che vuoi. Ma per quanto mi riguarda, la mia arte evolve, appunto, e va ovunque. Ho aperto un museo a Los Angeles, precisamente a Beverly Hills. Sono uno dei primi artisti ad aprirne uno proprio. Non voglio più essere soltanto e necessariamente “sulla strada” ma anche in altri luoghi. La “street”, comunque, rimarrà sempre una parte del mio amore.
Con il mercato dell’arte che rapporto hai?
Non mi interessa. È vero, esiste un mercato come esiste un business, ma non mi importa. Nel corso degli anni ho raccolto molti fondi, milioni di dollari, che sono serviti per aiutare circa cinquanta o sessanta associazioni. Ciò che trovo veramente importante è continuare a fare quello che amo e raccogliere altrettanto per aiutare ancora. È la motivazione che mi fa alzare la mattina, quella che mi fa proseguire. Non intendo smettere di crescere, proprio perché più aiuto e più vorrei aiutare. Non mi fermerò mai.
C’è un’opera a cui sei particolarmente affezionato?
Quella che non ho ancora realizzato. È senza dubbio la mia preferita. In generale, non mi sento affezionato a qualche opera in particolare, penso che facciano tutte parte del puzzle della mia vita. Probabilmente se mi rifacessi questa domanda in futuro, all’età di 95 anni, potrei essere in grado di risponderti ma per il momento penso ai miei lavori come un genitore pensa ai propri figli: li amo tutti.
Da Obama al Papa, che peraltro consideri un tuo grande amico, cosa ti piace o trovi d’ispirazione in questi personaggi?
Che sono persone normali. Persone che riescono a vederti dentro, capire chi sei veramente. Persone con cui si instaura immediatamente un contatto visivo, una sintonia. Proprio come è accaduto con il Papa già durante il nostro primo incontro. In quella occasione gli consegnai una scultura “Life is beautiful” tenendo in mano una bomboletta spray con su scritto “Pope” e scattai una foto: c’era l’arte e c’era il Papa…insomma una vera Pope Art! Prima di incontrarlo per la seconda volta, dissi che a quel punto avrei voluto dipingere assieme a lui. Mi hanno tutti chiesto se fossi matto, ma nella vita non otterrai mai nulla se non chiedi, e infatti il Papa accettò. Comprammo tutto l’occorrente ma alla fine lui preferì dipingere direttamente sul retro della mia giacca, fece una sorta di croce antica. La terza volta mi sono presentato con un plexi-
glass e gli ho chiesto se potesse disegnarmi un “corazón”. Gli ho dato il pennello ed è stato divertente, mi ha stupito perché di solito quando realizzo un cuore lo faccio in due tratti distinti, mentre lui partendo da un lato lo ha disegnato in un unico tratto. In un colpo solo ha fatto uno splendido Pope-heart!
Ma negli anni mi è capitato di collaborare con tantissime personalità, da Madonna al Dalai Lama, da Jay-Z a Rihanna, arrivando a comprendere che sono semplicemente persone, proprio come tutti noi.
Mi sono anche chiesto come abbia fatto ad incontrare così tanti personaggi e coinvolgere così tanta gente con il mio lavoro. Credo che la spiegazione stia nel fatto che rimango sempre me stesso.
E Banksy, cosa rappresenta per te?
Chi? Chi? Cosa?
Banksy…
La banca? Ah, la banca, sì. La banca applaude! Comunque non so chi sia. Francesco lo sa, devi chiedere al Papa. Lui lo conosce.
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HOME RESTAURANT La Casa del Bosco
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di Chiara Poggi
Benvenuti in un’esperienza culinaria unica nel suo genere. Esploriamo il mondo degli home restaurant insieme a Elena Cardin, fondatrice con Claudia Fioraso de “La Casa del Bosco” ad Arquà Petrarca (PD). Gli home restaurant, nati negli Stati Uniti negli anni 2000 come una tendenza culinaria in risposta alla crescente ricerca di esperienze autentiche, si sono diffusi in tutto il mondo offrendo un’alternativa accogliente e intima ai ristoranti tradizionali. La Casa del Bosco, conquista i commensali grazie alla sua autenticità, all’atmosfera conviviale e all’architettura accogliente e affascinante. Conosciamo le sfide affrontate e le opportunità offerte da questa forma di ristorazione, mentre ci immergiamo nel gustoso mondo di Elena e Claudia.
Elena, come è nata l’idea di aprire un home restaurant e cosa vi ha spinto a intraprendere questa attività?
L’apertura di un home restaurant è stata una naturale estensione della nostra passione per l’accoglienza e la buona cucina. Organizzare pranzi, cene e aperitivi per gli amici è sempre stato parte della nostra routine, abbiamo quindi deciso di condividere questa passione con un pubblico più ampio aprendo “La Casa del Bosco”. Claudia si occupa della cucina, mentre io mi occupo del servizio in sala. La nostra principale motivazione è trasmettere serenità e autenticità ai nostri ospiti.
Quali sono i principi guida della Casa del Bosco e come scegliete i menù da offrire ai vostri ospiti? C’è un tema o uno stile culinario specifico?
I nostri principi guida sono senza dubbio la genuinità, la curiosità e il richiamo al nostro passato, caratterizzato dai viaggi che abbiamo fatto in giro per il mondo e dai ricordi che desideriamo condividere. Non abbiamo uno stile culinario specifico per i nostri due appuntamenti al mese ma durante la cena del venerdì
sera, proponiamo piatti ispirati ai nostri viaggi, cercando di riproporre le tradizioni culinarie dei luoghi visitati. Per il pranzo della domenica, invece, rendiamo omaggio alle ricette delle nostre nonne e zie, con un focus sulla regione del Veneto, da cui proveniamo.
Quali sono i vantaggi di cenare in un ambiente intimo e accogliente come quello di un home restaurant rispetto a un ristorante tradizionale?
I vantaggi sono molteplici. L’ambiente intimo e accogliente è particolarmente apprezzato dai nostri ospiti. Tutti si siedono attorno a un unico grande tavolo, creando un’atmosfera calorosa e favorevole all’interazione. Nascono dialoghi e nuove amicizie, e alla fine della serata tutti sorridono.
Come mantenete l’equilibrio tra la vera cucina casalinga e un servizio professionale per i vostri ospiti?
Una cucina è vera quando è fatta con sentimento, sia a casa sia in un ristorante. Lo stesso si può dire per il servizio, che può essere svolto in maniera impeccabile anche con uno spirito
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leggero, ma sempre rispettoso e rigoroso.
Quali sfide avete affrontato nel gestire la Casa del Bosco?
La sfida più grande è stata far capire cosa significasse Home Restaurant, un concetto non così immediato, al di là di quello che le parole stesse possono far pensare. Abbiamo quindi cercato di comunicare quello che facciamo nel modo più semplice e chiaro possibile.
I vostri clienti sono per lo più locali o turisti? Quali sono le loro aspettative?
Sono per lo più locali e quando vengono a trovarci cercano proprio quella che è l’idea di base dell’home restaurant: passare un po’ di tempo insieme ad altre persone, non necessariamente conosciute, aprirsi a nuove amicizie e poi, naturalmente, mangiare e bere bene.
Qual è il ruolo che avete dato all’arredamento?
Come avete scelto i colori, le texture e i materiali per creare l’atmosfera desiderata? Avete collaborato con designer o architetti per realizzare il vostro concept di design?
L’arredamento gioca un ruolo fondamentale nell’esperienza dei nostri clienti alla Casa del Bosco. Cerchiamo di creare un’atmosfera di armonia ed equilibrio, trasmettendo un senso di accoglienza e serenità. Abbiamo scelto i colori, le texture e i materiali con attenzione, prendendo ispirazione dalla natura e dalla sua bellezza. Non abbiamo collaborato direttamente con designer o architetti per il nostro concept di design, ma Claudia, essendo un architetto, ha dato il suo tocco personale nell’arredamento degli interni.
Avete apportato modifiche o adattamenti al vostro design d’interni quando avete deciso di aprire la Casa del Bosco?
Finora siamo soddisfatte dello spazio così com’è, ma non escludiamo la possibilità di apportare modifiche o adattamenti in futuro, se lo riterremo necessario, per migliorare l’esperienza complessiva dei nostri ospiti.
Una riflessione sul ruolo degli home restaurant nel sistema di accoglienza italiano. Quali sono le criticità e le potenzialità?
Nel contesto dell’ospitalità italiana, gli home
restaurant affrontano alcune criticità come la burocrazia e la diffidenza da parte dei ristorato- ri. È importante regolamentare in modo chiaro e preciso questa modalità di ristorazione, distinguendola dai tradizionali ristoranti. In troppi stanno infatti approcciando questo format in modo confuso e peggio ancora pensando di aggirare la legge aprendo un ristorante senza seguire gli obblighi a cui quel genere di attività è sottoposto, dai controlli sanitari alla fiscalità: nulla di più sbagliato. Tuttavia, gli home restaurant hanno un grande potenziale per sollevare l’importanza e l’apprezzamento della cucina e della gastronomia. C’è ancora molto da scoprire e da comunicare riguardo alla qualità culinaria, sia a livello locale che internazionale.
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ph. Maxime Brouillet, Maryse Béland
“La disponibilità di ABK a collaborare intervenendo sia sul formato sia sul decoro è stata fondamentale per sviluppare il nostro pensiero progettuale. Il cliente ha apprezzato l’impegno congiunto su un prodotto custom, realizzato per valorizzare un progetto di immediata riconoscibilità, così come la scelta di superfici ceramiche per la versatilità e le ottime performance tecniche. Come architetti crediamo sia importantissimo articolare e coordinare le superfici con materiali diversi e la ceramica rientra sempre, per i suoi diversi plus, tra le scelte nei nostri progetti.”
Studio AzzoliniTinuper
CAFFÈ E GELATO Berlino
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Un progetto di interior design che condensa i valori dell’italianità, dalla qualità delle materie al sapere artigianale, dall’arte alla convivialità. C’è tutto questo nel nuovo locale Caffè e Gelato di Potsdamer Platz a Berlino, firmato dallo studio AzzoliniTinuper di Milano, dove le superfici del marchio ceramico ABK hanno dato forma e concretezza alle idee dei progettisti.
Il concept verte sulla qualità del Made in Italy: il gelato artigianale italiano, apprezzato nel mondo, è collegato ai temi della bellezza e del gusto che definiscono il design della nuova location, curata nei minimi dettagli con uno stile che coniuga classico e contemporaneo in un armonico mix di colori e sfumature.
Anche le superfici sono state scelte con l’obiettivo di trasferire su gres porcellanato, in macro decori e pattern, questi concetti chiave.
SUPERFICI CUSTOMIZZATE
A caratterizzare il progetto è lo speciale decoro di ABK Wide&Style in versione custom made, un cerchio inscritto nel quadrato che richiama la sezione aurea, declinato sul rivestimento a pavimento in moduli quadrati 60x60 cm, realizzato su disegno dai progettisti. Il tema decorativo si inserisce nello spazio configurato in aree dedicate alle principali città italiane, ognuna delle quali sviluppa una parte del racconto visivo.
“Sulla base della vena Eco Chic Avana abbiamo messo a punto insieme ad ABK una serie di decori sperimentali basati sulla sovrapposizione di un tratto a cerchi concentrici e un effetto millerighe - spiegano gli architetti Paola Azzolini e Paola Tinuper -. La selezione finale è stata finalizzata alla realizzazione di un decoro a tratto color crema per il macro tappeto nella cosiddetta area Venezia, dove ricorda il riflesso delle acque in laguna. Lo stesso decoro in tono caffè sottolinea l’area Milano come fosse una passatoia.”
La scelta dei listelli Eco Chic di ABK, color Avana, deriva dalla necessità di un effetto legno molto caldo ed elegante, capace di sostituire il parquet con la stessa raffinatezza.
Il formato «listello piccolo» è stato realizzato su misura attraverso un’operazione di taglio custom dalle doghe e posato secondo una maglia
ortogonale e geometrica coordinata alle altre superfici e pattern.
Per le pareti dei laboratori a vista sono stati utilizzati i Brick color Sand della collezione Crossroad di ABK posati in verticale, con l’intento di ottenere un’estetica artigianale ispirata alle maioliche. Il materiale ceramico, con superfici lucide dall’effetto handmade, sottolinea la qualità delle materie prime, l’artigianalità e l’eccellenza di Caffè e Gelato.
Oltre alla bellezza delle superfici, la ceramica offre numerosi vantaggi, come la resistenza all’usura, l’igiene e la facilità di pulizia, qualità indispensabili nella progettazione e realizzazione di spazi dedicati alla lavorazione e consumo di alimenti.
ABK
Produce pavimenti, rivestimenti e lastre di grande formato in gres porcellanato ispirandosi alle tendenze del mondo interior e graphic design, per ambienti interni ed esterni, nel cuore dell’Emilia. ABK si rivolge all’universo progettuale home, retail e pubblico con un carattere sempre distintivo e originale, fornendo a progettisti e rivenditori prodotti d’avanguardia, che uniscono estetica ricercata e alte prestazioni tecniche.
Oltre a rispondere al gusto contemporaneo e alle molteplici destinazioni d’uso, la gamma ABK costituisce un vero e proprio sistema di materie facilmente abbinabili tra loro, per stile, colore, formato, in grado di sviluppare una progettazione coordinata e customizzabile.
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WINE & HOSPITALITY EXPERIENCE Langhe
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ph. Federico Moschietto, Davide Gonella
Monforte d’Alba è un incantevole borgo medievale situato nella Langa del Barolo, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 2018 e parte dei Borghi più belli d’Italia. Proprio in questo luogo ricco di fascino, circondato da colline su cui si estendono i vigneti, sorge l’azienda agricola Icollirossi, rappresentata da uno splendido casale di campagna riportato a nuova vita dall’intervento di ampliamento, ristrutturazione e interior design a cura dello studio di architettura torinese LATO51, su volontà della famiglia Verga, particolarmente nota nel mondo del vino per la produzione del Barolo di Monforte DOCG.
Per offrire ai visitatori della cantina un’esperienza a tutto tondo tra degustazione, relax e scoperta del contesto paesaggistico, il casale si propone come vera e propria struttura ricettiva in cui assaporare un concetto di ospitalità fortemente connesso al territorio ma disgiunto dai più convenzionali circuiti turistici. La location è dunque dotata di una sala degustazione, un wineshop e sette camere, tra cui una suite, immerse in un’atmosfera riposante dove la bellezza della tradizione incontra il design contemporaneo.
Ogni camera porta il nome di Cru della zona - Bussia, Bricco San Pietro, Bricco San Giovanni, Ginestra e Manzoni – mentre la suite porta il nome della tenuta, Icollirossi. In ciascuna di esse vi campeggia un baule diverso, scovato tra i mercatini di antiquariato per raccontare con la sua sola presenza storie di viaggi e di tempi passati.
Fiore all’occhiello del casale è la sala degustazione per il vino, che attraverso la cura dei dettagli e la ricerca stilistica effettuata dal team progettuale si riscopre un confortevole “salotto per degustare”.
Gli ambienti comuni della struttura sono stati infatti concepiti da LATO51 come spazi eleganti ma allo stesso tempo accoglienti e familiari. A questo scopo, il progetto d’interior ha coniugato il rimando a materiali tradizionali con uno stile più attuale, accostando diverse texture e superfici dalla matericità autentica a colori caldi e toni scuri, stemperati da una sapiente illuminotecnica.
LEGNO PROTAGONISTA
Indiscusso filo conduttore dell’interior, il legno veste le stanze con la sua essenza avvolgente, scaldando la metratura e rendendola uniforme.
In particolare, la scelta dello studio è ricaduta sulla posa del pavimento ligneo Saloon di Bruno Parquet: una proposta dall’aspetto naturale, caratterizzata da fiamme ampie, nodi stuccati e colorazione non omo-
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genea, che ricorda i parquet d’un tempo e conferisce all’ambiente quella versatilità che ben si adatta a uno stile classico ma anche alle richieste del design e degli arredi più moderni.
La variante selezionata per il progetto consiste in un prefinito in rovere rustico e verniciato con la speciale vernice “effetto olio” del brand, declinato in plance leggermente spazzolate e bisellate sui quattro lati, dalle grandi dimensioni (spessore 14 mm di cui 4 mm di legno nobile, larghezza mm 200 e lunghezze a correre da mm 600 a mm 2400).
L’azienda si è occupata sia della fornitura dei 200 m² di materiale sia della posa in opera del pavimento.
BRUNO PARQUET
La storia imprenditoriale della famiglia Bruno comincia nel 1929, quando la società BRUNO GB era una fiorente realtà nel commercio e segagione del legname. Ben presto l’attività si espande e comincia la produzione e il commercio del parquet.
Grazie ai 90 anni di attività e 4 generazioni, BRUNO PARQUET è oggi un’azienda di grande esperienza e professionalità, riconosciuta per l’ottimo standard qualitativo delle specie legnose e dei prodotti finiti, oltre che per la grande attenzione verso i clienti e per il pieno rispetto del patrimonio boschivo e l’impatto ambientale.
La profonda conoscenza del legno, unita alla qualità della materia prima, all’origine comune delle partite di legname e al controllo accurato in ogni fase produttiva fanno dei parquet Bruno un’eccellenza del made in Italy. Tutti i prodotti Bruno Parquet sono a norma CE e rispondono agli standard stabiliti dalle più recenti normative europee.
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• Design & Food
La collezione Variazioni sulla tavola di KnIndustrie dedicata alla mise en place si compone di una serie di “centrotavola gastronomici” – termine coniato da Sabrina Lazzereschi, food stylist che collabora con l’azienda – nati dal progetto della designer Sirine Graiaa. “Nella cultura medio orientale i pasti vengono intesi come momenti di aggregazione in cui la famiglia e gli amici, o eventuali ospiti, si riuniscono intorno al tavolo al cui centro viene posizionato un unico grande piatto, dal quale ciascun commensale può attingere. Il valore della condivisione è molto radi-
VARIAZIONI SULLA TAVOLA
cato ed è in quest’ottica che KnIndustrie introduce una nuova linea di centrotavola dalle dimensioni generose, elementi di design che rimangono al centro per tutta la durata di un pranzo, di un aperitivo o merenda, o di una cena, per servire con praticità ed eleganza il cibo con una proposta di apparecchiatura del tutto nuova, anche per un servizio home made”.
I Centrotavola gastronomici, utilizzati principalmente per servire, grazie al loro stile assumono anche una valenza decorativa e possono essere posizionati al centro
del tavolo al pari di sculture contemporanee per arredare l’ambiente cucina o la sala da pranzo.
Realizzati in differenti materiali quali legno, grès, acciaio e vetro, sono idonei al contatto con gli alimenti e grazie alla loro resistenza possono supportare anche pentole o contenitori di cottura ancora caldi.
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IL “GUSTO” DI STARE IN CUCINA
Si chiama Gusto la nuova linea di miscelatori da cucina Ideal Standard progettata da Roberto Palomba, epitome di un design minimalista e contemporaneo, unito a funzioni intelligenti.
“Un omaggio alla cucina dei sensi – racconta il designer - non solo quella delle funzioni ma anche quella della convivialità. Una collezione dalle linee semplici ed eleganti che unite alle finiture richiamano accenti preziosi”.
Due le forme principali: Round, dal design curvilineo e Square, dal più audace profilo squadrato, entrambe proposte in una varietà di modelli caratterizzati da diverse funzionalità.
Fiore all’occhiello della serie è il miscelatore con tecnologia iMX che assicura comfort, igiene e praticità. In questo modello un dispenser di sapone integrato nella bocca del miscelatore consente di avere il detersivo sempre a portata di mano, eliminando la necessità di flaconi o contenitori separati e tenendo lo spazio dedicato alla cucina sempre pulito e libero da altri oggetti.
Caratteristica distintiva è anche l’uso del colore. La gamma è infatti disponibile sia nella tradizionale versione cromata che nelle finiture PVD (tecnologia Physical Vapour Deposition) Silver Storm, Brushed Gold, Magnetic Grey e Sunset Rose.
COTTURE A INDUZIONE SOTTO-TOP
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Frutto di accurata ricerca e sperimentazione, HiD™ è il sistema brevettato Ernestomeda per cotture a induzione sotto-piano messo a punto in collaborazione con FENIX, produttore di materiali innovativi per l’interior design. Attraverso le soluzioni tecniche e tecnologiche raggiunte, oggetto di brevetto, è stato ottenuto un importante contenimento delle criticità che i materiali dei top sono costretti a sopportare, in fase di esercizio. Il sistema HiD™ ha così trovato nel FENIX® un partner ideale per l’applicazione a scomparsa di cotture a induzione, finora impossibile su questa tipologia di materiale.
La superficie esterna del FENIX, basata su tecnologie proprietarie, utilizza resine acriliche di nuova generazione, indurite e fissate attraverso un processo di Electronic Beam Curing. Con una bassa riflessione della luce, il materiale è estremamente opaco, anti-impronta e piacevolmente morbido al tatto.
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IL “RITUALE”
DI RELAX A TAVOLA
Ispirata alla natura, al benessere e ai rituali per la cura della persona, propri della cultura scandinava, la collezione BASTUA, nata dalla partnership tra IKEA e Marimekko comprende 26 prodotti che spaziano dai mobili ai bicchieri fino ai tessili, tutti caratterizzati dai motivi grafici esuberanti dell’iconica azienda di design che attinge allo stile di vita finlandese.
Il nome della linea in edizione limitata deriva da un termine usato per descrivere la sauna nella regione dello Småland, nella Svezia meridionale, dove IKEA è stata fondata, e ben racconta il concept degli oggetti che ne fanno parte, pensati per accompagnare le azioni che precedono o seguono questo rilassante rituale, come consumare un pasto leggero.
Ecco che elementi in vetro e versatili vassoi cullati da foglie decorative di rabarbaro approdano sulla tavola aggiungendo una nota in stile nordico alla mise en place nei momenti di pausa.
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L’IBRIDAZIONE FUNZIONALE SECONDO VOLUMEUNO
“L’opera è un insieme dei volumi. Ma quale opera? L’opera è l’abitare, il progetto abitativo, l’insieme fluido degli ambienti, la cucina è il vol.1” Così viene introdotta la proposta di cucina del nuovo brand Volumeuno che pone l’accento su un nuovo modo di intendere l’abitare contemporaneo attraverso la ricerca, il design e la semplicità.
Un modello di pensiero – e non solo di concepire l’ambiente cucina – che trova espressione formale nella linea 45° disegnata da Gio Tirotto, che fa dell’essenzialità e della trasformabilità la propria bandiera. Caratterizzata da una grafica invisibile e da una tecnica complessa, questa cucina versatile lascia spazio alle funzioni, sempre più ibridate, e sparisce nella perfezione di un volume, ospitando dal piano cottura al giradischi. La collezione è disponibile in sei varianti Fenix e in impiallacciato di rovere naturale e scuro. La serrandina è 100% in alluminio, semplice da usare, facile da installare e adatta a qualsiasi ambiente.
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NON UN SEMPLICE PIATTO
Realizzato dal brand siciliano Orografie in ceramica bianca di Caltagirone su disegno di Paolo Stefano Gentile (classe 1996), Pocopiano non è un semplice piatto. L’andamento della forma restituisce al suo interno un incavo generato da una progressiva pendenza. Questo dualismo consente di riporre diverse tipologie di pietanze e di “creare” un gioco di consistenze, tra solido e liquido. Pocopiano - nome che rafforza l’aspetto ibrido e anfibio del piatto – è dunque un invito a raccontare una storia, a percorrere un viaggio, a vivere una nuova esperienza fatta di contrasti all’insegna della sensorialità.
LA PIETRA INCONTRA L’INDUSTRIAL STYLE
Nella collezione Pietra L, Piero Lissoni parte da una serie di oggetti di uso quotidiano per la casa, reinterpretandoli in modi nuovi usando la pietra naturale Salvatori. La gamma trasforma dunque portaombrelli, fermaporta, vassoi e altri utensili funzionali di uso comune in pezzi eleganti e accattivanti. Tra questi, Pietra L12 conferisce un tocco industrial alla classicità della pietra naturale per proporre un’alternativa originale di servire cibo, esporre frutta o oggetti decorativi. L’elemento che attira l’attenzione è il gancio centrale in ferro, ancorato a un disco di calcare in Crema d’Orcia, marmo Nero Marquinia o Verde Guatemala.
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CASA BAGLIONI Brera
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ph. Diego de Pol
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Ci troviamo nel vivace quartiere di Brera, all’interno di un palazzo liberty del 1913 in cui sorge il nuovo indirizzo milanese del gruppo Baglioni Hotels & Resorts e membro di The Leading Hotels of the World: il boutique hotel Casa Baglioni.
Una struttura ricettiva luxury, progettata dallo studio di architettura Spagnulo & Partners, specializzato in alberghi di alta gamma, che intende porsi come tributo alle avanguardie artistiche e al design sofisticato.
Casa Baglioni propone un’esperienza di ospitalità intima e discreta ma al contempo accogliente, tramite ambientazioni ricercate che attingono al fermento artistico e culturale della Milano anni ’60, periodo storico caratterizzato da movimenti e personaggi che fecero delle arti integrate il terreno principale della loro ricerca.
Proprio come il suo nome vuole suggerire, Casa Baglioni abbraccia un nuovo concetto di ospitalità dove gli ambienti, grazie alla sapiente combinazione di colori, materiali e texture, ricordano quelli di una elegante casa signorile del quartiere di Brera, sofisticata, calda e preziosa allo stesso tempo.
INTERIOR E MATERIALI
Il salotto della lobby, le 30 spaziose e luminose camere e suite disposte su sei piani, così come la sala da pranzo e la wine room del ristorante dello chef stellato Claudio Sadler, sono finemente arredate con mobili su misura, tutti disegnati da Spagnulo & Partners.
L’ispirazione anni ’60 ha guidato tutta la progettazione, dalle forme arrotondate di letti e scrittoi, alla scelta di materiali tipici dell’epoca, come il seminato per il pavimento del ristorante e il legno - rovere per i parquet a spina di pesce all’italiana, noce per i mobili - accostati a dettagli in ottone e al marmo - nelle varianti Verde alpi, Grigio Bardiglio, Breccia Paradiso -, ma anche a tessuti dai disegni geometrici, fino alle boiserie e alle carte da parati che richiamano anch’esse le nuance tipiche di quegli anni.
DAL DESIGN ALL’ARTE
Il richiamo all’arte e al design delle avanguardie è presente in ogni dettaglio: i tappeti richiamano le opere di Enrico Castellani e Agostino
Bonalumi, i soffitti a losanghe delle camere e i pavimenti del ristorante si ispirano ai disegni geometrici e ai colori anni ’60 usati da Giò Ponti, le lampade nelle camere e nelle sale da bagno richiamano le sculture di Fausto Melotti, mentre il grande lampadario di Panzieri all’ingresso è una composizione studiata dagli architetti che strizza l’occhio alla struttura al neon di Lucio Fontana esposta al Museo del ‘900 in Piazza Duomo.
In collaborazione con la Stefano Cecchi Trust Collection – Fondo per l’Arte sono state selezionate le opere d’arte che impreziosiscono i diversi spazi dell’hotel. È così possibile ammirare i lavori di grandi artisti italiani e internazionali, quali Enrico Castellani (Superficie bianca, 2003), Agostino Bonalumi (Bianco, 1973 e Bianco, 1974), Carla Accardi (Assedio Rosso, 1955), Hans Hartung (T1963-U2, 1963 e T1963-K28, 1963), Christo (Running Fence, 1974), oltre ad oggetti della collezione “cromie domestiche” della designer Gala Rotelli: vetri colorati e trasparenti si affiancano a metallo e ceramiche artigianali decorate a mano, un’ode a forme archetipe, semplici e lineari, a cui vengono accostati colori primari e secondari intensi.
Materiali utilizzati
Carte da parati: Rubelli
Tessuti: Dedar e Rubelli
Rubinetterie: Zucchetti
Vasche da bagno: Kos
Rivestimenti in ceramica, piani lavabo dei bagni: Mutina
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Il distretto di Brera è stato un’incredibile fonte di ispirazione per il progetto di Casa Baglioni che mira a diventare un nuovo landmark della città: un luogo di ospitalità e di accoglienza per i turisti e i residenti, uno spazio eclettico che rende omaggio all’arte, al design, alla cultura e all’eccellenza culinaria milanese. Ogni dettaglio è stato studiato per offrire un’esperienza autentica di altissimo livello, a partire dalla selezione di opere d’arte di grande pregio che possono essere ammirate nei diversi spazi pubblici o privati dell’hotel.
Federico Spagnulo Founder e Senior Partner Spagnulo & Partners
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THE ITALIAN CLUB SEAFOOD WINE BAR
Hong Kong
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Ha aperto i battenti a Hong Kong il nuovo The Italian Club Seafood Wine Bar, primo ristorante il cui progetto d’interni porta la firma di Pininfarina Architecture, con la supervisione del pluripremiato Studio Stefano Tordiglione Design.
Il locale incarna pienamente i valori del Gruppo The Italian Club, la piattaforma globale, verticale, multicanale dedicata alla distribuzione delle eccellenze gastronomiche italiane che tramite l’utilizzo di soli prodotti autentici certificati intende ricreare l’esperienza dello stile di vita del “Bel Paese”. Il suo e-commerce insieme ai suoi ristoranti rispondono infatti alla domanda, proveniente da tutto il mondo, di alimenti e di vini italiani di qualità.
Il design degli ambienti completa l’esperienza culinaria di alto livello dello chef Stefano Balsamo, portando il gusto e lo stile italiano nel cuore del distretto di Soho, uno dei quartieri più dinamici della città.
L’ispirazione principale da cui è scaturita l’elaborazione del concept è da ricercare nella varietà che contraddistingue il Mediterraneo, dove luoghi diversi si riuniscono nelle stesse radici e dove la forza del mare muta costantemente il paesaggio.
A caratterizzare fortemente il locale sono le scelte materiche e cromatiche, che danno vita ad un involucro suggestivo e perfettamente coerente con il fil rouge tematico.
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La palette di colori utilizza dunque il rame ossidato come tinta privilegiata accostato a toni neutri di grigio chiaro e al verde petrolio dei rivestimenti delle pareti.
La facciata in metallo forato all’ingresso, grazie all’effetto mascherato “vedo non vedo”, dona all’ambiente un’idea di intimità. Si accede poi alla sala da pranzo dove la grande installazione a soffitto in tessuto ricorda il movimento delle onde, quasi a voler far sentire gli ospiti in riva al mare.
Le poltrone e gli sgabelli dalle forme armoniose ed ergonomiche presentano una struttura in metallo con finitura in rame spazzolato, la stessa scelta
per i tavoli in Marmo di Carrara e per i pannelli decorativi della sala.
La stanza da bagno è invece concepita con l’obiettivo di immergere gli ospiti nel mondo subacqueo: l’illuminazione soffusa e il metallo martellato sul soffitto enfatizzano proprio questa sensazione, mentre i pannelli in metallo ossidato presentano una grafica, applicata con una pellicola di rame, che attinge al movimento delle correnti sottomarine.
Il piano in marmo di Carrara, la rubinetteria e gli accenti metallici trattati con finitura in rame spazzolato, richiamano infine il design degli ambienti principali del ristorante.
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Grazie ad un interior accorto e scenografico The Italian Seafood Wine Bar propone così ad una clientela internazionale una vera full immersion nel twist mediterraneo, tra il comfort del buon design e un’esperienza culinaria ricercata.
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Andrea Campani
IL BORRO
Abbiamo avuto il piacere di incontrare Andrea Campani, Executive Chef non solo dei ristoranti all’interno all’interno de Il Borro Relais & Chateaux di Ferruccio Ferragamo a San Giustino Valdarno (Osteria del Borro, Il Borro Tuscan Bistro e VinCafé), ma anche dell’autentico format Il Borro Tuscan Bistro, che conta oggi di 5 locali.
Il territorio della Tenuta si estende molto oltre il suggestivo borgo medioevale e copre un’area di 1100 ettari biologici. All’interno, attraverso meticolosi interventi di recupero architettonico, vengono regolarmente riscoperti antichi casali, ai quali viene donata nuova vita. Abbiamo approfondito con Andrea l’importanza delle coltivazioni dell’orto nella cucina, il ruolo dell’autosufficienza produttiva, l’influenza dell’ambiente di lavoro e del design nella creazione di un’esperienza unica e di come promuovere scelte sostenibili e rispettose dell’ambiente, non comporti rinunce alla creatività e all’innovazione.
Il Borro nasce come azienda agricola. Quanto sono importanti ancora oggi le coltivazioni dell’orto nella vostra cucina?
Sin dalle origini come azienda agricola ad oggi,
le coltivazioni del nostro orto continuano a svolgere un ruolo cruciale. Forniscono ingredienti freschi, di altissima qualità e a chilometro zero, che vengono utilizzati nei nostri ristoranti per creare piatti eccezionali. Poter pianificare e curare direttamente la produzione ci consente di avere il pieno controllo sulla filiera, garantendo la massima qualità e salubrità del cibo che serviamo agli ospiti. Inoltre, l’Orto del Borro ci offre un’opportunità straordinaria, poiché i prodotti stagionali e freschi diventano una fonte inesauribile di ispirazione per le nostre creazioni gastronomiche.
Il Borro segue un processo di autoarchia produttiva producendo da sé non solo olio, farine, verdure, aromi, vino, olio, ma anche quanto serve per l’elettricità e per i materiali, oltre a impiegare maestranze locali. Quanto di tutto questo si riflette nella cucina?
Oggi al Borro, oltre il 70% degli ingredienti che utlizziamo è prodotto internamente e il menu si adatta alla loro stagionalità. Nel corso degli anni, abbiamo visto una trasformazione signi-
di Chiara Poggi
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ficativa, aumentando l’uso di vegetali rispetto a quando abbiamo iniziato, 10 anni fa. Abbiamo allevamenti dedicati a scopi specifici, le galline per le uova fresche, le pecore per il formaggio. Inoltre le farine dei nostri grani non modificati costituiscono la base del 90% della produzione di pane e pasta. Stiamo anche svolgendo ricerche per sviluppare nuove varietà come il sedano bianco, la zucchina fiorentina, un tipo particolare di ciliegia locale. Questa filosofia stimola la ricerca e crea opportunità educative per i gio-
vani che vogliono apprendere da noi e fare un percorso.
Cosa c’è alla base della scelta della grande cucina a vista dell’Osteria del Borro?
La caratteristica di tutti i ristoranti appartenenti al nostro brand, è quella di avere la cucina a vista. L’idea alla base è di offrire la massima condivisione alle persone che vengono a trovarci, favorendo l’interazione e la comunicazione diretta tra chef e clienti. Un senso di ospitalità
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vera e autentica, come quella che si trovava nelle vecchie case di campagne, dove c’era sempre una grande cucina aperta e gli ospiti si trovavano immersi in tutto l’ambiente. Nonostante la visibilità, i membri dello staff rimangono focalizzati sul lavoro, mantenendo uno standard elevato. Questo approccio ci consente di mostrare l’arte culinaria che si svolge dietro le quinte, suscitando curiosità e apprezzamento da parte dei nostri ospiti.
Cosa vuol dire per lei “attenzione ai dettagli”?
Non facciamo una cucina di ricerca. Amiamo definirla contemporanea, ma tradizionale. Autenticità, etica, sostenibilità sono alla base. Ogni minimo dettaglio - dalla foglia utilizzata come guarnizione, fino al momento in cui mettiamo il filo d’olio - conta e contribuisce alla creazione di un’esperienza. Ogni scelta va su questa linea, dai materiali che abbiamo selezionato per creare la cucina, fino al piatto finale.
In termini di impiattamento, potremmo parlare di “architettura del cibo”? Quale criteri segue per la composizione di ogni portata?
La struttura è importantissima per facilitare la consumazione ma soprattutto per far apprezzare al 100% l’armonia di un piatto. Stiamo attenti
alla parte croccante, alla parte morbida, a dare una base solida dove appoggiare l’ingrediente principale, girando intorno con altri elementi per valorizzarlo. Si può parlare addirittura di architettura del cibo, anche se è la semplicità che riesce a rendere un piatto eccellente.
Un suo segno distintivo, se c’è, e che cosa non dovrebbe mai mancare sulla sua tavola?
Due elementi fondamentali sono l’olio e le erbe aromatiche. Da qui si parte con una ricerca del prodotto locale, rappresentativo del territorio e della stagione.
L’Osteria del Borro nasce all’interno di un bellissimo Relais & Chateaux con 58 suites e 3 ville circostanti che vengono affittate. C’è qualcosa di diverso nella ristorazione ricettiva piuttosto che in quella dei ristoranti tradizionali?
Dobbiamo tenere in considerazione diversi aspetti. Dal punto di vista filosofico ci teniamo a trasmettere quella che è la nostra idea di cucina, di territorio, di ospitalità. Ma bisogna anche tener conto degli ospiti e delle loro abitudini, in un ambiente come Il Borro, dove ci sono tre ristoranti aperti per tutto il giorno e si incontrano culture diverse. Non facciamo una cucina internazionale, quindi dobbiamo essere bravi a
portare avanti la nostra identità. Riuscire a dare una sensazione di comfort. Un esempio? Molti dei nostri ospiti erano abituati a consumare salmone per colazione, ma noi abbiamo deciso di adottare un’alternativa sostenibile, introducendo al posto del salmone la trota. Una scelta consapevole che ci consente di offrire un’opzione salutare e rispettosa dell’ambiente agli ospiti, che hanno apprezzato molto.
Quali sono i materiali che preferisce ritrovare in cucina in quanto ambiente di lavoro? I più adatti ma anche più pratici per un contesto a contatto con il cibo?
Durante la fase di restauro dell’Osteria del Borro, abbiamo dedicato tempo ed energie a studiare e ricercare i materiali più adatti per creare l’ambiente di lavoro ideale. Volevamo unire le tradizioni della nostra cultura culinaria con le nuove tecnologie disponibili, privilegiando l’uso del forno a legna, che rappresenta il massimo della naturalezza. Accanto ad esso, abbiamo optato per l’acciaio e per l’induzione al posto del gas, per una gestione più sostenibile.
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Abbiamo scelto un acciaio molto spesso, che offre maggiore resistenza al lavoro. Gran parte dell’ambiente cucina è stato rivestito con il granito, non solo per facilitare la pulizia, ma anche per conferire un tocco più accogliente rispetto al solo acciaio.
Nel 2015 è stato installato un impianto di ozono (uguale a quello delle sale operatorie, ndR), che durante la notte satura l’ambiente e disinfetta al 99% tutte le superfici in contatto con esso.
E per quanto riguarda la parte estetica che accorgimenti avete usato?
Essendo Il Borro la proprietà di una famiglia importante come i Ferragamo, dovevamo rappresentare il loro stile in modo coerente. Abbiamo adottato una combinazione di colori, come il tortora e il corda, che si armonizzano con l’ambiente circostante e sono ispirati alla vera campagna toscana, ma con tocchi contemporanei. Abbiamo lasciato le travi a vista, ma le abbiamo verniciate di un colore chiaro, per dare un tocco più moderno e creare un’atmosfera accogliente e luminosa. Il restauro è stato completato nel 2013 e ogni anno apportiamo piccole modifiche per mantenere il locale al passo con i tempi.
Lei è Executive Chef non solamente dei ristoranti all’interno della Tenuta ma anche dell’autentico format Il Borro Tuscan Bistro, che conta oggi di 5 locali di cui uno a Dubai e uno di recente apertura a Londra. Cosa conservano del Borro di San Giustino Valdarno, gli altri ristoranti? E a livello di interior design c’è un filo conduttore che lega tutti i locali?
Rischierò di essere ripetitivo, ma l’autenticità è l’ingrediente segreto del brand Il Borro. Tutti i nostri locali sono accomunati dallo stesso stile e si differenziano solo per alcune tonalità di colore e per alcuni rivestimenti. Ad esempio, a Creta, dove c’è una grande terrazza sul mare, dobbiamo fare i conti con la presenza del sale marino, quindi sono stati selezionati alcuni materiali che riescono a resistere a questa sfida. A Dubai abbiamo adottato un’estetica leggermente più chiara, in quanto il locale dispone di una grande finestra e non ha pareti. A Londra, invece, abbiamo utilizzato una tonalità di legno più scura. Piccole differenze che passano praticamente inosservate. Anche le cucine dei nostri ristoranti sono tutte uguali, realizzate dallo stesso architetto, ci siamo affidati anche allo stesso fornitore italiano, Marrone.
Esiste un concetto che può catturare l’essenza della cucina italiana, un tratto particolare che la identifica?
La fragranza. Racchiude freschezza, delicatezza, leggerezza, tutte in una parola sola. Pensiamo semplicemente a un filo d’olio messo sul pane arrostito…
Avendo un occhio aperto sul mondo, qual è secondo lei l’evoluzione del food design?
Si andrà sempre più alla ricerca della semplicità e della verità nei piatti e nella cucina, che stupirà proprio per questo.
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BACCHANALIA Londra
Bacchanalia è l’eccentrico ristorante da poco inaugurato nel cuore di Mayfair, a Londra. Di proprietà del magnate inglese Richard Caring, il locale porta la firma del noto designer d’interni Martin Brudnizki che per la creazione del progetto d’interior ha attinto alle atmosfere della mitologia classica greca e romana.
Con l’obiettivo di unire antico e contemporaneo secondo una chiave artistica e originale, è stata affidata a Damien Hirst la realizzazione di cinque imponenti statue da sospensione al soffitto che raffigurano Medusa, Bacco e figure alate, tra cui leoni e unicorni. La parete principale è inoltre affrescata con un’opera dell’artista Gary Myatt che evoca il dipinto “I Romani della decadenza” di Thomas Couture. All’interno del ristorante non mancano nemmeno reperti originali di epoca romana ad impreziosire gli spazi.
Le sontuose statue in stile neoclassico create dal famoso artista britannico e gli affreschi di Baccanali sono accompagnati da arredi dalle linee sinuose, imbottiti in velluto dal vibrante color vermiglio, leziose abat-jour e distese di tessere di mosaico variopinto declinato in decorazioni geometriche e ornamenti floreali ispirati ai pavimenti delle domus di epoca romana.
MOSAICI SARTORIALI
L’intera pavimentazione del ristorante, del bar e del club privato è stata realizzata da SICIS in mosaico di marmo policromo su disegno custom del cliente e applicata interamente a mano. I rivestimenti mosaicati tornano protagonisti anche nei servizi, altrettanto tematizzati e dedicati ad alcune divinità: il bagno delle signore, che richiama il Giardino delle Esperidi, è decorato con eleganti mosaici in vetro che ritraggono cascate di rami con pomi d’oro, mentre il bagno degli uomini volge lo sguardo al mondo sotterraneo di Ade, con mosaici in marmo bianco e nero.
SICIS
Produce mosaico contemporaneo di alta gamma per rivestimenti di pareti e pavimenti, mobili e decorazioni d’interni. Nasce nel 1987, diventando rapidamente leader nel proprio settore. L’attenzione è rivolta alla tecnologia e al know-how per sviluppare prodotti eccellenti dallo stile inimitabile, unendo la creatività ad una profonda conoscenza dei materiali con il desiderio di sperimentare. SICIS è in grado di fornire soluzioni su misura sia per il settore residenziale che per il settore hospitality, grazie ad un team design interno che lavora fianco a fianco con il committente per seguire il progetto dal concept fino alla posa in opera.
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ACOUSTIC COMFORT
Carlo e Tina Osteria
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ph. Francesca Garagnani
Due giovani chef e un sogno: aprire un ristorante in una location originale, con il desiderio di deliziare i propri ospiti attraverso una proposta gastronomica contemporanea servita in un luogo accogliente e rilassante. Questi gli ingredienti alla base del progetto di restyling dell’osteria Carlo e Tina, curato dall’architetto Francesca Garagnani, che ha trasformato una storica casa a corte situata nel circondario di Novara in un attuale e affascinante spazio dedicato alla ristorazione e alla convivialità.
A guidare il rinnovamento del locale è stato l’obiettivo di ripensare gli ambienti come ideale cornice per la filosofia culinaria degli chef. Le sale dovevano dunque rispecchiare i piatti presentati e dare continuità all’idea di una cucina semplice, italiana e al passo con i tempi ma anche fortemente legata alla tradizione, al territorio e alla stagionalità. Il risultato è un ristorante caratterizzato da un’eleganza genuina che fa uso di materiali naturali e che mantiene
come filo conduttore uno sguardo al passato, avvalendosi però della più attuale tecnologia. Al fine di contenere i tempi di realizzazione, il progetto non ha previsto la realizzazione di opere di muratura e si è concentrato sulla sapiente ottimizzazione di ogni situazione preesistente, reputandola una risorsa da valorizzare. La distribuzione interna dei locali, ad esempio, non ha subìto variazioni e varcando la soglia del ristorante si è accolti da un accattivante tappeto di cementine rosse, mantenute e conservate con grande attenzione dalla ristrutturazione condotta nei prima anni 2000 dall’architetto Rino Cimmino.
Il ristorante si articola su due piani: al piano terra si trovano una sala destinata all’accoglienza, due sale ristorante per circa 40 coperti, una saletta privata annessa alla cantina e la cucina; al piano superiore vi è una grande sala, utilizzata per eventi e cerimonie.
La prima sala, destinata all’accoglienza degli ospiti, presenta un soffitto con voltine di mattoni mantenuti a vista, uno scrittoio in legno e metallo, un guardaroba con cinque specchi che all’occorrenza ruotano e rendono fruibile l’appenderia retrostante, un piccolo salottino d’attesa e una grande libreria retroilluminata. Ognuno di questi elementi è stato ideato e realizzato su misura usando come finiture principali il legno di noce in una tonalità scura in abbinamento a elementi metallici con una colorazione brillante dorata capaci di ingentilire e arricchire le lavorazioni lignee. La cura per i dettagli e la customizzazione degli arredi ha determinato una composizione geometrica e razionale, ma allo stesso tempo calda e accogliente, in grado di conferire una forte identità all’Osteria.
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COMFORT ACUSTICO
Sia le sale al piano terra che la grande sala al piano primo presentavano però un forte problema di acustica, il rimbombo infatti risultava molto accentuato e avrebbe reso gli ambienti poco accoglienti. Questo “difetto” ha determinato la necessità e la volontà di migliorare il comfort acustico dell’intera area.
Per risolvere il problema era necessario trovare il materiale capace di smorzare l’onda sonora che si infrangeva tra la parete e il soffitto, così da rendere più silenzioso e armonico l’ambiente per gli ospiti.
Per fare ciò il progetto ha optato per una soluzione a pannelli modulari da applicare direttamente alle superfici interne del locale. Il gioco di pannelli doveva inoltre diventare esso stesso un elemento caratterizzante, tanto quanto le voltine in mattoni a vista davano carattere e riconoscibilità alla prima sala.
La scelta è dunque ricaduta sul sughero espanso: un materiale naturale, con una inconfondibile texture materica e un rassicurante profumo di tostatura. Il sughero è inoltre un materiale conosciuto e riconoscibile, che ben esprime e promuove una filosofia “green”.
Nelle sale sono quindi stati usati pannelli DECORK Wave S1 di Tecnosugheri che, grazie alla geometria dalle linee morbide e al naturale color marrone scuro, ben si sono integrati con il progetto degli ambienti. La posa a “L” dei pannelli, tra pareti e soffitti, ha azzerato il rimbombo e permesso peraltro di spostare i punti luce senza intervenire sulle murature esistenti.
DECORK Wave S1 è realizzato in sughero espanso CORKPAN MD FACCIATA lavorato a fresa CNC con effetto “onda”. I pannelli DECORK sono soluzioni naturali per personalizzare con stile un ambiente interno, ottenendo contestualmente un miglioramento del comfort termo-acustico.
Tutti i prodotti in sughero espanso di Tecnosugheri sono inoltre certificati per la bioedilizia da natureplus e ANAB-ICEA e sono idonei per l’uso indoor anche a vista, in quanto sono basso emissivi in termini di COV.
I pannelli sono disponibili in misura 50x100cm e spessore da 40 a 70 mm.
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TECNOSUGHERI
Titolare del marchio CORKPAN, è da oltre 30 anni l’importatore in Italia del sughero espanso prodotto dal partner Amorim Cork Insulation.
Grazie a questa collaborazione con l’azienda leader mondiale nel sughero, Tecnosugheri è oggi un importante riferimento per tutti i professionisti dell’edilizia e della bioedilizia, arrivando a distribuire in Italia circa 10.000 mc di sughero espanso all’anno.
L’azienda è riconosciuta sul mercato per la naturalità, la sostenibilità e le prestazioni del pannello in sughero espanso CORKPAN: 100% naturale e prodotto senza uso di collanti, vanta il marchio CE, le certificazioni natureplus® e ANAB-ICEA, come prodotto per la bio-edilizia e quella Biosafe per la salu- brità. È inoltre Partner Casaclima, socia ANIT, associata a INBAR, partner ANAB e supporter di Home, Health & Hi-Tech, progetto di comunicazione che promuove la salubrità in edilizia.
Tecnosugheri offre a progettisti e operatori del settore edile un costante servizio di consulenza pre e post-vendita, fornendo analisi, suggerimenti e indicazioni per la corretta scelta e posa delle soluzioni applicative più performanti così da ottenere risultati conformi alle Normative Europee e soddisfare i requisiti per una Architettura eco-sostenibile.
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DORBOLÒ
Gubana Boutique
ph. Camilla Bach
Cittadina millenaria, ora Patrimonio dell’Umanità Unesco, Cividale è uno dei tanti gioielli del territorio friulano. Proprio in questa suggestiva località, nello storico Largo Boiani con vista Duomo e Palazzo Comunale, lo studio di architettura Visual Display – specializzato in interior design con lunga esperienza nei settori retail e hospitality – propone un’interessante rivisitazione delle pasticcerie mitteleuropee progettando per Dorbolò Gubana Boutique uno spazio caratterizzato da un’alchimia di soluzioni tecniche e di esperienze immersive. Innovativo si rivela infatti il design concept ideato dallo Studio, da cui scaturisce una vera e propria boutique gioiello dall’eleganza austera seppure ricca, che punta sulla trasparenza e sulla semplicità dei materiali.
“L’ambiente è concepito come una scenografia teatrale – racconta l’architetto Stefania Fumagalli – che con un intrigante effetto ottico di quinte sagomate porta lo sguardo verso la parete di fondo dominata dal bancone e dal grande logo in ottone”.
Nel layout dello spazio, anche gli altri elementi concorrono a determinare un’attraente mise-en-scene: il minimalismo d’insieme e le ricorrenti linee geometriche sono stemperati dalla sottostruttura ad arco e dalle arcate sontuose del soffitto che sostengono i grandi lampadari di ottone e vetro opalino disegnati ad hoc, mentre sotto le teche di vetro i dolci sono esposti come gioielli.
“Tra i setti color nocciola – prosegue l’architetto - si trovano scaffali espositivi, vani portaoggetti da scoprire e piccole ma comode alcove dove sedersi per gustare una fetta di torta e un caffè. Anche il pane gioca un ruolo importante con il suo corner posto all’ingresso, per mostrare i prodotti appena sfornati”.
EFFETTO PIETRA
Quanto mai puntuale e importante appare la scelta dei materiali da rivestimento, forniti dal noto brand ceramico Marazzi.
Il gres porcellanato effetto pietra Carácter, che riveste in un total look sia i pavimenti che i banchi espositivi e di lavoro, si rifà al rigore delle pietre locali nella finitura Mix Multicolor. Un materiale prezioso non solo per la partico-
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lare superficie che include ciottoli e pietre, ma perché integra due tra le tecnologie più innovative: Puro Marazzi Antibacterial, che attraverso gli ioni d’argento incorporati nella superficie durante il processo produttivo elimina il 99,9 % dei batteri e degli organismi nocivi, e StepWise, con elevata funzione antiscivolo mantenendo al contempo una superficie morbida e facilmente pulibile.
La gubana, a cui la pasticceria/panetteria della famiglia Dorbolò è intitolata, è un dolce tipico locale farcito con noci e uvetta, che la tradizione vuole sia bagnato, prima di essere assaggiato, con lo Slivovitz, un’acquavite di prugne la cui provenienza serba rivela ancora una volta il prezioso mix culturale proprio delle cucine di confine.
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MARAZZI
Presente in più di 140 Paesi, è universalmente riconosciuto come sinonimo di ceramica di qualità per pavimenti e rivestimenti e simbolo del miglior made in Italy nel settore dell’arredamento e del design.
Marazzi è stata fondata nel 1935 a Sassuolo, in un’area che sarebbe diventata il polo all’avanguardia a livello internazionale nella creazione di piastrelle di ceramica di pregio e cresciuto nei decenni insieme all’azienda.
Si devono infatti a Marazzi le principali innovazioni tecnologiche, di processo e di design nel settore delle piastrelle - alcune delle quali rappresentano importanti tasselli della storia della ceramica moderna - che hanno reso l’azienda e il distretto un punto di riferimento per l’intero mondo della ceramica.
Con un’offerta unica di prodotti e servizi che spaziano dalle grandi lastre in gres di ultima generazione ai piccoli formati della tradizione, dalle facciate ventilate ai pavimenti sospesi, Marazzi rappresenta un punto di riferimento nel settore della ceramica per progettisti, architetti, imprese edili, distributori, rivenditori e clienti finali.
Negli ultimi anni, Marazzi ha implementato un importante piano di investimenti volti al miglioramento di prodotti e processi, allo sviluppo di nuove tecnologie Premium e all’apertura di flagship showroom a Milano, Londra, Parigi, Lione, Atene e Madrid.
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ph. Marco Valmarana, Paolo Lirussi, Marco Tortato
27 IL REFETTORIO Venezia
Il Refettorio è un ristorante “senza tempo”, situato vicino alla centralissima chiesa di San Rocco a Venezia. Un locale pensato per diventare un luogo di incontro dove, semplicemente, “stare bene”. Una realizzazione che intende porsi in contrapposizione con la progettazione usa e getta che talvolta caratterizza l’attuale momento storico. A firmarla, lo studio milanese Giuseppe Tortato Architetti, che da oltre 10 anni cura il design dei locali del brand Majer – dieci in tutta la città – di cui Il Refettorio fa parte. Il team si è occupato dell’interior design dell’intero locale, dalla definizione dei materiali, fino al disegno degli arredi, prevalentemente in legno massello, e dei corpi illuminanti prodotti esclusivamente per questo progetto.
IL CONCEPT
Il progetto si sviluppa quasi come una ricerca metafisica, un’indagine profonda sull’essere umano, partendo dai sensi, dai materiali naturali e dalle lavorazioni artigianali, sintetizzandosi in una location che vorrebbe essere “per sempre”. Il tema del colore rappresenta per questa creazione il perno progettuale, declinandosi nell’azzurro del pavimento, nel rosso dei mattoni, e ancora, nel grigio degli intonaci e nel nero dell’ebano.
PROTAGONISTI MATERICI
Molti sono i complementi intramontabili realizzati ad hoc, tutti dal sapore autentico e fortemente materico, con attenzione ai particolari, come i giunti ad incastro dei tavoli, l’accostamento dei materiali e dei colori o dei battiscopa metallici e delle grate di Scarpiana memoria. Il bancone – elemento centrale della vita del locale – è stato creato in peltro ed ebano, una scelta dettata dalla volontà di utilizzare materiali che potessero durare nel tempo e invecchiare bene, raccontando attraverso le proprie rughe una storia sempre nuova. Un pezzo unico, che ricorda il suo legame con la città attraverso l’inserimento sul frontale di due barre metalliche che ricordano le due maggiori quote storiche dell’acqua alta a Venezia.
Il pavimento, un affascinante cotto azzurro, richiama l’importanza del colore negli ambienti ed è stato realizzato dalla Fornace De Martino, un’azienda storica salernitana in attività da 1200 anni.
Ulteriore “star” del locale: la scala minimale in
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cemento faccia a vista, apparentemente sospesa sul pavimento. Un elemento contemporaneo, frutto di un attento studio delle proporzioni e dei materiali, che nella sua semplice purezza si propone come fulcro visivo della seconda sala da pranzo. La scala è caratterizzata da un corrimano in metallo brunito, lo stesso dei battiscopa e dei serramenti delle vetrine ed un parapetto realizzato artigianalmente con striscioline metalliche intrecciate.
Ad implementare l’atmosfera suggestiva è ancora una volta lo schema cromatico: tinte scure, quasi nere, per gli arredi fissi e rovere chiaro per tavoli e sedie a cui fanno da sfondo la pietra, il mattone e gli intonaci delle pareti ma anche il legno antico delle tavole dei soffitti.
La combinazione di un ambiente ideato e allestito con materiali ricchi di storia e la cura nella preparazione e presentazione del cibo rende “Il Refettorio” un luogo privilegiato per immergersi nella duplice anima di Venezia, storica e contemporanea.
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FALKENSTEINER HOTEL
Montafon
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ph. Falkensteiner, Santi Caleca
Falkensteiner Michaeler Tourism Group (FMTG) è una delle principali società turistiche private, presente in 6 paesi europei. La sua storia risale al 1957 quando Maria e Josef Falkensteiner inaugurarono una pensione in Alto Adige. In poco più di 60 anni, da un piccolo hotel a conduzione familiare è nato un gruppo di successo con circa 2.500 collaboratori distribuiti in 31 strutture, per un totale di oltre 4.500 camere.
L’offerta hospitality del Gruppo si arricchisce ora con una nuova struttura ricettiva all’avanguardia, pensata per le vacanze in famiglia, che si inserisce nella quiete del paesaggio alpino rispettandone tradizione e genius loci. Il resort Falkensteiner Hotel Montafon 5* si colloca infatti in un’area protetta del Montafon, valle dello stato austriaco del Vorarlberg, e appare perfettamente integrato nel suggestivo contesto paesaggistico scandito da boschi e montagne.
Il progetto degli esterni e del landscape design porta la firma di Snøhetta Studio Innsbruck mentre a curare l’architettura degli interni e l’interior decoration è stato lo studio milanese
Vudafieri-Saverino Partners.
Il nuovo resort si sviluppa su quattro livelli, sfruttando il pendio della montagna, e si articola in due edifici connessi, come fossero ali, da un nucleo centrale in cui sono collocate le aree comuni. Dal piano strada si accede alla reception caratterizzata dalla boiserie in legno di abete, all’area Wellness con la SPA di 1.400 mq e alla ski room, mentre ai piani superiori sono collocate le 123 camere e suite, tutte con balcone e vista panoramica. Scendendo dalla grande scala centrale si raggiungono invece la lobby con zona bar, oltre all’area ristorante e alla piscina. Da qui è inoltre raggiungibile anche la terrazza esterna. A sottolineare l’anima di family hotel non mancano poi scenografiche aree dedicate a bambini e ragazzi.
ARCHITETTURA ORGANICA E MATERIALI
Nell’interpretazione del progetto d’interni, gli architetti hanno studiato il paesaggio rurale alpino e gli elementi della tradizione locale sviluppandoli in chiave contemporanea. Tra la natura incontaminata del Montafon, dove le catene montuose più grandi si incon-
trano formando il “Cuore delle Alpi”, boschi, pascoli, malghe e fienili raccontano di secoli di storia fatta di spostamenti stagionali dei pastori e del loro bestiame. Il concept elaborato ha dunque fatto leva sui riferimenti del territorio: le recinzioni di rami intrecciati e le listarelle di legno tipiche dei fienili della zona sono ripresi come elementi decorativi e divisori nell’area ristorante, mentre i tappeti artigianali locali sono riprodotti su wallpaper custom made utilizzati come testate per i letti in tutte le camere. Materiali vernacolari, come la pietra, il legno di abete e di larice e l’intonaco bianco, sono riproposti come omaggio alla tradizione edilizia del luogo e, in particolare alla Montafoner Häus, costruzione in tronchi di abete e pietra che rappresenta l’archetipo architettonico della zona e che ha costituito per secoli il paesaggio abitativo e culturale della vallata. Le stesse scandole in legno che caratterizzano queste abitazioni sono state riprese come motivo decorativo nell’area wellness e SPA.
L’intervento cromatico dello studio si è focalizzato sulla selezione di una palette di colori che trae ispirazione dalla peculiarità del paesaggio
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alpino e, in particolare dall’agricoltura in tre fasi, una tecnica agricola che per secoli ha plasmato la vita della popolazione rurale di questa zona.
“Basandoci sulla tipicità di questa tecnica ancestrale che alternava coltivazioni a semina invernale, autunnale e primaverile, ci siamo focalizzati sulle varie sfumature dei colori naturali, rendendolo il punto centrale del nostro progetto di interior” raccontano gli architetti.
Se nelle aree comuni - come la reception, la lobby, la zona wellness e SPA, i ristoranti e la piscina - le nuances sono primaverili ed estive alternando il vivace verde prato con i delicati toni blu dell’acqua e quello del legno di larice e abete, nelle camere le cromie diventano invece autunnali e invernali utilizzando rossi caldi, arancioni e gialli, sempre accostati al legno di larice.
“Per riflettere la bellezza del Montafon – proseguono - nelle stanze dell’hotel abbiamo selezionato una palette di colori che ricorda un fenomeno unico: la Montafoner Indian Summer, l’Estate Indiana, che di solito si verifica solo nel nord-est degli Stati Uniti. Si tratta di un breve periodo autunnale in cui il clima diventa tiepido, come in estate, e gli alberi assumono sfumature infuocate di giallo, rosso e arancio: un paesaggio davvero affascinante”.
In sintonia con la natura, Falkensteiner Michaeler Tourism Group attribuisce inoltre grande importanza alla sostenibilità. Ecco che l’energia per l’hotel proviene allora dalla vicina Lünerseewerk, una centrale idroelettrica di proprietà di Illwerke VKW, una best practice per la fornitura di energia sostenibile.
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Keith Pillow è il fondatore e il manager director di DAAA Haus – acronimo di Design, Art & Architecture Associates
-. Gestisce l’attività quotidiana, le relazioni con i clienti e le risorse umane lavorando con un team internazionale di oltre 30 giovani professionisti. Keith gestisce anche la direzione creativa spingendo il team verso nuovi confini attraverso un design innovativo, mescolando nuove pratiche tecnologiche in un ambiente multidisciplinare.
Keith Pillow
DAL DESIGN ALLA FOOD EXPERIENCE
Ho sempre avuto una passione insaziabile per il cibo e per il design. Così, dopo aver fondato lo studio di progettazione DAAA Haus, la specializzazione in progettazione di ristoranti è giunta in modo naturale. Unendo il mio amore per questi due ambiti, provo grande gioia nel creare spazi straordinari appositamente studiati per i luoghi dedicati alla ristorazione. Ogni progetto, realizzato con il talentuoso team di giovani designer di cui è composto lo studio, affronta l’iter progettuale come un viaggio, fondendo l’esperienza design con la profonda conoscenza del mondo gastronomico. Cerco di prestare attenzione ai dettagli e di creare ambienti coinvolgenti che non solo soddisfano l’occhio, ma migliorano anche l’esperienza culinaria. Ecco i punti che ritengo salienti per la progettazione di spazi ristorativi vincenti, per l’oggi e per il domani:
Concettualizzazione. Il design del ristorante dovrebbe essere in linea con un concetto o un tema unico e ben definito. Il concept dovrebbe riflettere l’identità, i valori e il pubblico di riferimento del marchio, fornendo un’esperienza coerente e memorabile.
Pianificazione dello spazio. Un’efficiente pianificazione dello spazio è fondamentale per garantire un flusso funzionale e regolare all’interno del ristorante. Le considerazioni dovrebbero includere la disposizione delle sale da pranzo, del bar o del bancone, la disposizione della cucina, i servizi igienici e la circolazione del personale, massimizzando sia il comfort del cliente che l’efficienza operativa del ristorante.
Atmosfera e ambiente. Il design dovrebbe creare una precisa e gradevole atmosfera, in linea con il concept, in grado di migliorare l’esperienza
culinaria. Elementi come l’illuminazione, la palette, i materiali, le trame e l’acustica dovrebbero essere scelti con cura per evocare il mood desiderato.
Autenticità e originalità. Il design dovrebbe mostrare un carattere unico e autentico che distingue il ristorante dalla concorrenza. Incorporare elementi di cultura locale, storia o narrazione personale può aggiungere profondità e contribuire a creare un’esperienza indimenticabile per gli ospiti.
Branding. Il design del ristorante dovrebbe allinearsi con l’identità del marchio per rafforzare il suo messaggio. La coerenza degli elementi visivi, come il logo, la segnaletica e la grafica degli interni, contribuisce a creare una brand awareness forte e riconoscibile.
Ergonomia e funzionalità. Il ristorante dovrebbe dare priorità al comfort e alla funzionalità sia per i clienti che per il personale. Un’adeguata disposizione dei posti a sedere, aree bar ben progettate, percorsi accessibili e pratici layout della cucina contribuiscono a un funzionamento corretto ed efficiente.
Integrazione della tecnologia. L’integrazione di tecnologie pertinenti, come l’illuminazione intelligente, i sistemi audio, i menu digitali o i sistemi di prenotazione online, possono migliorare l’esperienza del cliente e semplificare le operazioni di gestione.
Sostenibilità. Il design di un ristorante di successo dovrebbe considerare pratiche e materiali sostenibili, promuovendo l’efficienza energetica, la riduzione dei rifiuti e scelte ecologiche ove possibile.
Accessibilità e inclusività. Il progetto dovrebbe accogliere le persone con disabilità, assicurando che il ristorante sia accessibile a tutti i clienti. Ciò include funzionalità come le rampe per le sedie a rotelle, servizi igienici accessibili e percorsi senza barriere architettoniche.
Flessibilità e adattabilità. Il design dovrebbe consentire, se possibile, futuri eventuali adattamenti e modifiche, per modularsi in base alle tendenze in evoluzione, ai cambiamenti nel menu o nelle offerte di servizio e ai potenziali piani di espansione.
Tra i fattori che reputo maggiormente incisivi rimane comunque la valorizzazione del legame tra il concept design del ristorante e le caratteristiche spaziali e architettoniche della sua location. Esse, infatti, giocano un ruolo chiave nella realizzazione di un ambiente impeccabile e possono essere sfruttate per ottimizzare lo stile del ristorante. La buona riuscita di questa integrazione è in grado di creare un ambiente armonioso e coeso che contribuisce al successo complessivo del locale.
Inoltre, in un momento storico come questo, in cui la digitalizzazione sembra dominare tutto, mi piace pensare che un design romantico e nostalgico possa essere il percorso più indicato per i ristoranti europei.
Traendo ispirazione dal passato, vorrei creare spazi che facciano rivivere l’essenza della connessione sincera e della ricchezza culturale. Invece di soccombere alla tecnologia impersonale, i ristoranti del futuro dovrebbero diventare centri vibranti in cui si intrecciano sapori e tradizioni, che celebrano il cibo come forma d’arte. In definitiva, il futuro dovrebbe essere una testimonianza del potere duraturo delle esperienze condivise, in cui l’atto di cenare trascende il consumo, creando ricordi permanenti e relazioni che resistono alla prova del tempo.
Keith Pillow Founder DAAA Haus
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Malta design flavours
BY DAAA HAUS STUDIO
4 progetti, 1 fil-rouge stilistico: il mix ponderato e rigorosamente custom di atmosfere eclettiche, arredi classy e decorativismo materico per nuovi indirizzi conviviali
ph. Diana Iskander
Situato a Rabat, la capitale della piccola isola di Gozo, Trishna è un ristorante indiano caratterizzato da un design moderno ispirato alla diversità della cultura indiana e in particolare a Goa, nota per le sue spiagge di sabbia bianca, la flora e la fauna. Proprio le peculiarità della natura del luogo sono state trasposte nell’interior, quasi con l’intento di trasformarlo in un florido esterno. Il design del ristorante è volutamente massimalista, una filosofia progettuale che si basa sull’abbondanza, sul misto di fantasie, colori
saturi e numerosi accessori. Il colore principale è il verde, nuance che per antonomasia si sposa perfettamente con l‘idea di portare l’elemento naturale negli ambienti indoor. Una “foresta” pensile al centro accentua poi la sensazione di immersione nella natura ed è illuminata da punti luce creati da artisti artigiani locali appositamente per il progetto. Il materiale vimini con il suo colore sabbia naturale è stato invece scelto per rappresentare le spiagge sabbiose di Goa. La sua consistenza e la sua colorazione pacata, associate al green design a soffitto creano un fulcro visivo che aiuta inoltre a differenziare le diverse zone del ristorante. Anche l’uso della carta da parati floreale rientra nel concept come scelta strategica, andando a
costituire lo sfondo di una grande libreria su misura. Il maximalist style prosegue poi con l’uso di tessuti a motivi geometrici e rivestimenti dal forte impatto visivo, tra cui la facciata materica 3D del bancone bar che richiama i dettagli delle architetture indiane, ma anche le piastrelle a pavimento in piccolo formato decorativo che ravvivano l’atmosfera e controbilanciano il cemento lucidato della sala principale.
TRISHNA
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KETTLES CAFÉ BISTRO
ph. David Zammit
È un concetto informale di caffetteria e ristorazione quello proposto dalla nuova brewhouse ricavata in un ex spazio industriale di Birkirkara. Come suggerisce il nome, gli interni del caffè sono arricchiti da tre autentici vecchi bollitori di rame e offrono spazi adatti alla convivialità, all’intrattenimento e al co-working. L’approccio stilistico ha privilegiato un mood industrial, fatto di trame ruvide, toni profondi e tecniche miste. A caratterizzare fortemente la sala sono le panche curve realizzate con strutture in legno scuro naturale che ruotano attorno ai grandi kettle. Pareti e pavimenti in cemento conferiscono un tocco grezzo che ricorda il passato, mentre a creare un netto contrasto è la parte anteriore del bar, rivestita in marmo Calacatta. Completa lo spazio un mix di tubi restaurati lasciati a vista in rame e ottone. La palette cromatica vigorosa rafforza inoltre l’effetto visivo dei materiali utilizzati attraverso un colore ramato-arancio, un verde salvia ispirato al rame ossidato e il black&white nelle piastrelle esagonali di una porzione del locale.
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ph. Diana Iskander
Situato a Bugibba, Gululu è un ristorante che serve piatti genuini e casalinghi, conducendo gli ospiti locali in un viaggio nostalgico e offrendo a quelli stranieri un vero assaggio dei sapori della tradizione. Il design degli interni reinterpreta diversi elementi della cultura maltese. I colori utilizzati sono influenzati dagli originali balconi che si possono trovare nei tipici villaggi. Le piastrelle a motivo utilizzate all’ingresso ricordano quelle originali utilizzate negli anni ‘70 e ‘80 nelle case a schiera. Seguono lo stesso concept i dettagli
nei mobili su misura e lo stile dei tessuti d’arredo. Il pavimento in pietra naturale è un cenno alla roccia più popolare di Malta. L’illuminazione mixa moderne luci a cupola in argilla, realizzate artigianalmente, con una illuminazione più vintage, in stile retrò. Tutti questi ingredienti contribuiscono così a plasmare un ristorante moderno dall’anima autentica e accogliente.
GULULU
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CHOPHOUSE
ph. Brian Grech
Le nuove tendenze della ristorazione approdano a Malta, precisamente negli interni rinnovati di Chophouse, nota steakhouse che gode della migliore vista sulla capitale, La Valletta. L’introduzione di elementi audaci e scuri ha portato alla definizione di un’atmosfera avvolgente e glamour che arricchisce l’esperienza culinaria per una piacevole “good night out”. A cullare gli ospiti è un design sofisticato impreziosito da sontuose carte da parati, importanti tessuti e lussureggianti piante. Il tutto, sulle note di una playlist tra il funky e il nu-electro-jazz. L’ambiente è inoltre connotato da un’illuminazione soffusa che valorizza non solo l’aspetto gastronomico ma anche il panorama mozzafiato, palesandosi ad esempio nelle lampade da tavolo Flos a batteria, dalla luce calda e intima.
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The sound of water.
Si può percepire il suono del benessere?
Certamente sì: il rumore dell’acqua che scroscia, scende, defluisce e lascia dietro di sé un senso di benessere e pulizia.
Una vera e propria sinfonia capace di prolungare il piacere della doccia, trasformando in suono un momento unico. Perché tutto questo possa accadere, è fondamentale che l’acqua scorra senza incontrare ostacoli: per questo abbiamo progettato le canaline per l’ambiente bagno PP Drain Aqua, in cui bellezza e funzionalità si fondono. Non è forse questo il suono dell’acqua?
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ph Romain Ricard, Florian Touzet
LA TARTANE Saint
- Tropez
Situata lungo la suggestiva Route des Salins, tra il pittoresco villaggio di Saint-Tropez e le celebri spiagge della Costa Azzurra, La Tartane è una struttura ricettiva che non passa di certo inosservata, con i suoi motivi ornamentali eclettici, una palette cromatica delicata, a tratti sapientemente interrotta da punte vivaci, e materiali naturali che ben dialogano con la natura del luogo. Dietro la rinascita di questo hotel non distante dal mare si cela il know how dell’interior designer Jordane Arrivetz, fondatrice dell’agenzia Notoire, che ha conferito all’albergo un tocco fresco, preservando l’atmosfera di una vera e propria casa di famiglia.
Come un autentico borgo provenzale, La Tartane si compone di piccole case, ognuna con la propria storia, che racchiudono camere e suite. Accanto ad esse si erge un grande ristorante all’aperto, circondato da una splendida piscina, entrambi immersi in un rigoglioso giardino mediterraneo. Qui, a catturare lo sguardo è una notevole quantità di alberi di agrumi e un imponente pino marittimo che dà il benvenuto ai visitatori e suggerisce il logo caratteristico dell’hotel.
Il progetto d’interior rende omaggio alla Costa Azzurra, da sempre fonte di ispirazione per artisti e creativi sin dagli anni ‘20. Piccoli dettagli e oggetti ricercati selezionati con cura richiamano il fascino di un passato incantato ed evocano ricordi di vacanze indimenticabili.
Le 27 stanze dell’hotel si riscoprono confortevoli nidi immersi in un’atmosfera di pace, suddivisi in sei casette che prendono il nome da attori e muse della Café Society: Ernest (Hemingway), Peggy (Guggenheim), Pablo (Picasso), Gabrielle (Chanel), Sara (Murphy) e Scott (Fitzgerald). Ogni camera e suite ha un accesso indipendente dal giardino e si declina in cinque diverse tipologie. La maggior parte è dotata di una terrazza privata, adornata da alberi e arredata con panche su misura, per permettere agli ospiti di godere appieno della quiete e della serenità circostante. Le suite, invece, si sviluppano su due o tre piani e offrono spazi abitativi particolarmente spaziosi.
All’interno delle camere, vengono valorizzati materiali autentici, scelti per definire un clima suggestivo e originale. Le travi a vista sbiancate si accompagnano a pavimenti in parquet tinteg-
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giato in nuance accese, mentre i tessuti pregiati come il lino e il cotone arricchiscono il sistema d’arredo.
I dettagli fanno la differenza: testate intrecciate in rattan, sedie e poltrone in vimini, tavoli in travertino lavorati artigianalmente e copriletti ricamati con motivi floreali. Ogni elemento è scelto con cura per conferire una sensazione di comfort e raffinatezza.
Gli spazi sono impreziositi da opere d’arte e pezzi unici che raccontano storie: quadri originali, sculture e oggetti d’antiquariato.
Anche i bagni seguono la stessa attenzione per i dettagli e i materiali di qualità. Le pareti colorate
si mescolano al marmo grigio e alle ceramiche bianche. Lampade in ceramica a forma di conchiglia e specchi sagomati completano con eleganza gli ambienti.
Cuore pulsante de La Tartane è l’esterno, con ristorante e piscina circondati dal verde. Nel primo, i tavoli in legno si uniscono a sedie intrecciate in rattan, rivestite con tessuti color terracotta e a fantasia corallina ricamata su misura.
L’area pool, nascosta dietro una fila di fioriere, è comprensiva di ampi lettini in legno dalle linee sinuose, abbinati a ombrelloni frangiati. Le tonalità richiamano quelle del ristorante, creando un’armonia visiva tra gli spazi. Le suggestioni e
i profumi del Mediterraneo sono riscontrabili anche nel bar, dove gli ospiti possono ammirare disegni dipinti a mano dall’artista brasiliano João Incerti, tra cocktail, aranciate e limonate fresche realizzate con gli agrumi colti nel giardino stesso.
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di Sabrina Tassini
Da meccanico nutrimento a materia di sperimentazione, il cibo volge lo sguardo a rappresentazioni sempre più sfaccettate in chiave esperienziale, riscoprendosi ora architettura ora strumento multisensoriale, moltiplicatore di piacere e convivialità. Più stretta si fa inoltre la relazione con i suoi luoghi d’elezione, pensati per amplificare i sapori e cullare il palato, tra design avant-garde o ritorni a tradizionali bistrot. Ogni piatto, come un quadro d'autore, non è avulso dal contesto in cui viene concepito, concretizzato e proposto, facendo anzi di questo la sua ideale cornice gourmet.
Arrosto d i sedano rapa alforno ,glassatoconburroallasoiaederbe, ketchup
di rapa rossa “homemade”, nocciole piemontesi
tostate,peremarinatealvinobianco, mielediacacia e cardamomo
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Loft Restaurant by Areadocks | Brescia
ph.
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Stefano Butturini
Paris Brest con crema e croccante di pistacchio e purea di rosa canina
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L’Acciuga | Perugia
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Branzino con zucchine in agrodolce e spuma di aloe vera
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Cortile Arabo | Marzamemi
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La Siola, cipolla ripiena di Don Giovanni, porri e liquirizia
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Country House La Bursch | Biella
Gnocchi di patate con cuore di cavolfiore, olio alle erbe, jus di verdure e cavolfiore fermentato on top
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Horteria Moscova | Milano
Zuppetta di agrumi di Sicilia con pistacchio, frangipane all’arancia e olio di Villadorata
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| Noto
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Villadorata Country Restaurant
ph. Victoria Holguin
NEW IN TOWN
BUDRI | AQUAREL
La nuova collezione Aquarel disegnata da Patricia Urquiola per Budri nasce da una insolita simbiosi tra il Travertino Romano Classico e l’Onice Bianco iraniano. Una inconsueta combinazione tra un materiale ampiamente utilizzato in architettura per la sua forza e la sua durevolezza e la delicata trasparenza dell’Onice Bianco, interpretato attraverso un linguaggio pittorico e contemporaneo.
Le sfumature cromatiche dai toni pastello contrastano con la porosità e l’apparente ruvidità del Travertino, in un’armoniosa convivenza di colori e forme in un’artistica allure. Il sapiente mix di colori diventa una grande tela del pittore caratterizzata dall’unicità di ogni pennellata.
La collezione si compone di due Dining Tables di dimensioni diverse, un Low Table, un Paravent, un Rivestimento ispirato alle geometria del tessuto scozzese ma reinterpretato in chiave più dinamica, oltre al maestoso Aquarel Artwork e a piccoli complementi che arricchiscono il tavolo.
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ALPI
ARCOBALENO & RAGGIOSOLE
Dall’incontro tra il produttore di superfici decorative in legno composto ALPI e il designer tedesco Konstantin Grcic prendono vita due nuovi legni che esplorano inedite interpretazioni del materiale all’insegna del binomio colore e grafica.
Dal carattere arcano, Arcobaleno e Raggiosole mostrano infatti il risultato di un lungo lavoro di ricerca e sviluppo sul tema del colore: Grcic ha sperimentato per molti mesi con il dipartimento R&D dell’azienda focalizzandosi sulla possibilità di sfumare una nuance in un’altra alternando le tinte in una sequenza programmata. Da vicino si ha l’illusione di una venatura quasi naturale.
Arcobaleno, che già nel nome evoca la sua estetica, è un legno composto da molteplici tonalità di colore, come un’iride, vigoroso e gioioso, mentre Raggiosole trae ispirazione dalle chitarre anni Sessanta laccate con effetto sunburst e si presenta come legno più rigoroso ma altrettanto forte nella sua estetica carica di tonalità calde che variano tra il rosso e il nero.
“Se entrambi i legni seguono la stessa logica strutturale, non potevano essere più diversi di carattere - racconta Grcic. “Uno è psichedelico e pop, l’altro è sobrio e solenne. Entrambi si adattano a superfici piccole e grandi, curve o piatte.”
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ITALGRANITI GROUP | ORIGINS
La collezione ceramica Origins di Italgraniti Group attinge dalla forza minerale e dal fascino ancestrale della quarzite, interpretandola in modo contemporaneo secondo intuitivi principi di eleganza e di equilibrio grafico. La ricerca estetica condotta sulla pietra di ispirazione ne ha attualizzato i tratti caratteristici, equilibrandone la texture e preservandone la naturale variabilità tonale.
I sei colori della collezione esprimono armonia e bilanciamento cromatico risultando facilmente abbinabili con molti altri materiali del brand.
Il look discreto e l’estetica ben definita consentono a Origins di interpretare qualunque spazio, pubblico e residenziale, con una particolare vocazione verso i luoghi dell’hospitality e del wellbeing.
La collezione è realizzata con l’utilizzo della nuova tecnologia RealUp® che incide sulla su-
perficie ceramica una microstruttura perfettamente coerente con il look lapideo. Percepita al tatto come morbida, a livello visivo questa sensibile cifra materica risulta allineata senza margine d’errore con il disegno. RealUp® produce, dunque, una sorprendente sinergia tra grafica e rilievo che conferisce alla superficie una ricchezza unica, generando innumerevoli dettagli iperrealistici.
Con le grandi lastre 120x280 cm Mega® - e la varietà di formati in spessore 9 mm - Origins raggiunge inoltre un equilibrio compositivo raro, esprimendosi al meglio sulle grandi superfici. La fine tessitura e la sostanziale omogeneità cromatica si inseriscono spontaneamente nel progetto e contribuiscono ad armonizzare finiture architettoniche, arredi e complementi, sia negli interni che negli esterni. La quarzite è, infatti, una delle pietre più utilizzate per pavimentare bordi piscina, terrazze e giardini dallo stile contemporaneo.
Di Origins non poteva quindi mancare la versione OPEN®, il gres porcellanato in spessore extra 20 mm ultraresistente e performante sotto ogni punto di vista. La combinazione dei due spessori (9 e 20 mm) crea un solido legame estetico che permette al progetto di raggiungere la più completa coerenza indoor-outdoor.
Tre sono infine le declinazioni di Origins caratterizzate da tridimensionalità decorativa. Disponibile in 9 mm di spessore e in formato 60x120 cm, Line è una superficie dalla marcata tridimensionalità che riproduce la lavorazione tipica della pietra: la rigatura. Muretto e Tapparella sono pattern materici, che creano decorazioni architettoniche attraverso spessori monomaterici dalla forte espressività.
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ANTOLINI |
La collezione TEXTURES+ verte su un’ampia e sofisticata proposta di pietre naturali che rivelano, grazie a innovativi processi di lavorazione, una serie di finiture altamente specifiche. La tattilità è la caratteristica più distintiva delle pietre appartenenti alla linea in cui si fondono estetica, funzione e prestazioni elevate. Tra le principali texture disponibili troviamo SAFE finish, nata dalla necessità di utilizzare la pietra naturale in ambienti umidi, come a bordo piscina, all’interno di SPA e centri benessere, dove è indispensabile rispettare le norme
TEXTURES + COLLECTION
antiscivolo. La tecnica si esprime attraverso l’impercettibilità della lavorazione che, grazie a regolari increspature, sottraggono il rischio di scivolamenti e cadute. Le pietre naturali trattate con la SAFE Finish vantano requisiti certificati secondo le normative europee più rigorose senza che questi ne sacrifichino la straordinaria bellezza.
HYDRO finish è poi la finitura ancestrale e affascinante ottenuta utilizzando getti d’acqua a forte pressione e velocità, per imprimere nelle
pietre texture inedite. Risulta particolarmente indicata per le superfici verticali, dove il progetto vuole evidenziare un esprit delicatamente irregolare e suggestivo.
E ancora, FLEXWAVE finish, che grazie a sapienti incisioni ondulate, conferisce alle superfici l’attributo della tridimensionalità. La geometria è ampiamente sfruttata per creare illusioni visive, come, per esempio, l’effetto mosaico o increspato.
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YINKA ILORI X DOMUS
La collezione di piastrelle Yinka Ilori x Domus presenta un’eclettica e iconica palette di nuance e pattern pensata per migliorare l’umore di chi la osserva, proponendo un design materico scanzonato e trendy.
Traendo ispirazione dalla natura e dalla luce solare, ma anche attingendo alla sua eredità anglo-nigeriana, la visione del designer viene traslata sulla superficie ceramica per evocare l’ottimismo attraverso l’uso vibrante del colore associato a forme e motivi astratti dal forte potere estetico. Ne scaturiscono due gamme che catturano le linee e le forme dinamiche care all’architettura tradizionale africana.
Glaze è una frizzante proposta di piastrella in ceramica smaltata fatta a mano disponibile in 16 colori allegri e cinque varianti modulari, utilizzabili singolarmente o in numerose combinazioni.
Screen punta invece sul gres porcellanato e si compone di quattro disegni, ognuno disponibile in tre colorazioni.
Fondendo l’artigianato con la tecnologia industriale, entrambe le gamme sono realizzate in Portogallo e incoraggiano la sperimentazione, il divertimento e la scoperta attraverso il design delle superfici.
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MISHA
NUOVA POMPEI
La collezione di carte da parati Nuova Pompei disegnata da Vito Nesta per Misha propone una rilettura moderna e dinamica che intreccia la storia dei luoghi della città con uno sguardo al futuro. Sono quattro i differenti pattern tutti accomunati da un uso sapiente dei colori, contemporanei e accoglienti: Architetture Grottesche, Paradiso, Mosaico e Sannita. Paradiso, in particolare, evoca un’atmosfera onirica e sognante e il desiderio, in antichità, di essere circondati dalla natura rigogliosa negli ambienti intimi della casa dedicati al riposo notturno. Il designer, ispirato dagli affreschi de la Casa del Frutteto, dove la “pittura da giardino” accompagnava le architetture delle camere da letto, ha concepito un disegno ornamentale nel quale la natura si dirama tra le pareti. La carta da parati raffigura in primo piano uccelli in volo e piante da frutto come agrumi e melograni tra le quali si intravedono rovine di epoche lontane, in un continuo dialogo tra interno ed esterno.
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RADICI TRAFFIC
Un dinamico crocevia di forme, colori e giochi di sovrapposizione. Questo è Traffic, il design pensato da DWA per la nuova gamma di pavimenti tessili Radici. Un pattern nel quale perdersi e ritrovarsi, in un costante esercizio di osservazione e ricerca di dettagli sempre nuovi. Forme e trasparenze scandiscono il ritmo di un disegno che genera sulla superficie un effetto visivo continuo, senza fine.
“Traffic – raccontano i DWA – nasce dall’esercizio di sovrapposizione e sottrazione di un elemento geometrico quadrangolare: un pattern solo apparentemente caotico, in cui le regole alla base della sua composizione non sono immediatamente percettibili.”
L’alternanza di colori a contrasto – principalmente giallo, lilla e viola - conferisce inoltre una caratteristica quasi tattile alla moquette, che sembra acquistare tridimensionalità.
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ZITTURI
Lo Yaki Sugi, chiamato anche Shou Sugi in Occidente, è un’antica tradizione giapponese di conservazione del legno tramite carbonizzazione.
Anche il legno naturale proposto da Zitturi viene così raffinato, secondo un processo all’avanguardia ed eco-friendly che impiega il solo fuoco per carbonizzarne la superficie attraverso una fiamma pura senza l’uso di gas. Il legno si riscopre, di conseguenza, unico nel suo aspetto e più durevole, tanto negli interni quanto negli esterni.
Seppur conferire resistenza tramite carbonizzazione possa infatti sembrare al giorno d’oggi una tecnica desueta, a differenza dei materiali inorganici i prodotti naturali Zitturi riescono a indurre una densificazione delle cellule del legno proprio con questo procedimento, ottenendo così una maggior durata dei listoni. Alta è anche la protezione ottenuta tramite questo metodo, che evita le infestazioni da funghi e parassiti, rende il legno ignifugo e lo scherma dagli agenti atmosferici.
Ponendo inoltre una particolare attenzione ai temi di sostenibilità e regionalità, Zitturi utilizza solo specie lignee locali ottenendo così 6 superfici diverse.
ABETE ROSSO
L’abete rosso è una delle specie arboree autoctone più importanti e ammette un’ampia gamma di applicazioni sia indoor sia outdoor oltreché un eccellente rapporto qualità-prezzo. Grazie al processo di perfezionamento ulteriormente sviluppato, la superficie morbida dell’abete rosso riesce a diventare un prodotto concorrente assolutamente sostenibile in termini di durata e aspetto.
LARICE
Negli ultimi tempi il larice sta tornando a riscuotere interesse in quanto specie arborea mista. Lasciato al naturale e non protetto, viene spesso utilizzato come rivestimento di facciata, anche per le sue buone proprietà. Tuttavia, il naturale processo di ingrigimento inizia dopo poco tempo. La carbonizzazione
può contrastare proprio questo effetto senza intaccarne la naturalezza. Con una successiva spazzolatura dello strato di legno bruciato si può inoltre ottenere un aspetto di legno antico.
BLACK PEARL E BLACK BEAUTY
Il pretrattamento termico con calore e vapore crea una base perfetta per la successiva carbonizzazione di queste due varianti. Così trattate, possono essere utilizzate per la finitura di interni ma anche per la costruzione di mobili e come facciata, il tutto in modo ecologicamente compatibile.
ACCOYA
Con numerose certificazioni, la variante Accoya conferma la sostenibilità e la produzione responsabile di Zitturi, garantendo inoltre una resistenza straordinaria. Sulla base di Accoya, è possibile produrre una superficie carbonizzata particolarmente dura e priva di nodi. Il prodotto si presta per numerose applicazioni, a seconda delle specifiche esigenze progettuali.
KEBONY
Kebony Clear è un prodotto del segmento premium: un vero legno senza nodi con un grado di durezza ai massimi livelli. Il processo di trattamento organico brevettato rende il legno ideale per l’uso in condizioni estreme. La sostenibilità è inoltre attentamente controllata e monitorata attraverso certificazioni rinomate come la FSC®. Il Kebony Clear costituisce quindi un eccellente materiale di base per il processo di carbonizzazione.
Oltre alla carbonizzazione, l’offerta Zitturi prevede un ulteriore processo di affinamento del materiale ligneo. Le superfici raffinate assicurano un effetto visivo unico ed elegante. La combinazione di carbonizzazione tradizionale, precisa levigatura strutturale e ampia varietà di oli garantisce una gamma di contrasti quasi illimitata. Il trattamento è riservato in particolare alle specie legnose abete rosso e larice, che l’azienda raffina e declina in varie superfici, adatte sia negli interni che negli esterni.
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Dalla pietra alla Biopietra
La pietra, materiale naturale dal fascino senza tempo, presenta molteplici colori e sfumature adatti ad ogni stile architettonico. Da sempre utilizzata per rivestire gli esterni delle case di montagna, negli ultimi anni è protagonista anche in ambienti contemporanei, con tagli geometrici e tonalità dall’appeal moderno. Le pareti in pietra a vista hanno una funzione decorativa ed emozionale e riescono a trasformare un anonimo ambiente in uno spazio d’effetto.
La pietra rigenerata, oltre che riprodurre fedelmente l’aspetto delle pietre naturali, possiede i vantaggi e i benefici di una pietra ecologica, traspirante, leggera e facile da posare. Questo tipo di pietra è ideale per decorazioni di interni e per proteggere il cappotto e tutti gli isolamenti esterni; è utilizzabile quindi in vari ambienti e su diverse superfici (anche le più difficoltose), tra cui muri in cemento armato, calcestruzzo, cartongesso e pareti in legno. Si definisce rigenerata per il procedimento con il quale si ottiene: partendo da materie prime specifiche e selezionate, si riutilizzano scarti derivati dalla lavorazione di pietre naturali per poi sviluppare una miscela che viene colata in stampi ricavati dalle pietre che si trovano in natura.
BIOPIETRA®: LA PIETRA
RICOSTRUITA ECO-FRIENDLY
Biopietra®, nata da un progetto innovativo, aderisce al Green-Building Council ed è certificata per la bioedilizia da enti esterni accreditati che verificano periodicamente i materiali utilizzati per attestare la veridicità di quanto dichiarato.
Il ciclo produttivo viene effettuato secondo i parametri della Bioedilizia: condizione essenziale per realizzare rivestimenti certificabili è non utilizzare prodotti chimici o derivati all’in-
terno della miscela. Allo stesso modo la colorazione non avviene tramite vernici chimiche o “pennellate” in superficie, ma bensì attraverso il procedimento di colorazione in massa che garantisce l’inalterabilità del colore.
COSCIENZA ECOLOGICA
Biopietra sposa dunque quello stile di vita che ha fatto nascere l’esigenza di vivere e lavorare in edifici salubri e confortevoli. Le scelte architettoniche, di conseguenza, hanno via via privilegiato materiali rinnovabili in modo da creare immobili in perfetta integrazione con l’ambiente.
Quando si introduce il concetto di Bioarchitettura, quindi, si parla anche di prevenzione per sé stessi e di tutela per l’ambiente. L’edificio viene progettato per offrire benessere, ispirandosi all’utilizzo razionale ed efficiente delle risorse energetiche alternative ed utilizzando materiali disponibili recuperabili in loco non trattati, riciclati e successivamente riciclabili (decostruzione degli edifici)
I VANTAGGI TECNICI
Tutte le collezioni Biopietra sono realizzate in Italia, propongono rivestimenti decorativi in grado di valorizzare ogni ambiente, domestico e commerciale, indoor o outdoor, nuovo o ristrutturato.
Biopietra è un materiale estremamente resistente tanto agli urti quanto agli agenti atmosferici come il gelo (cicli di gelo/disgelo secondo la norma UNI EN ISO) e i raggi solari. Tra le sue caratteristiche principali spicca certamente la compattezza e l’inalterabilità del colore col passare del tempo.
Inoltre, la leggerezza dei rivestimenti Biopietra, la facilità di pulizia e la velocità di posa la rendono ideale per il “fai da te” e la produzione dei pezzi ad angolo a 90°, disponibili su tutti i modelli, semplifica ulteriormente la posa del rivestimento.
I rivestimenti Biopietra sono ignifughi (classe A1), favoriscono l’isolamento acustico, sono altamente traspiranti (µ 5/15), igienici e salubri, garantendo l’assenza di emissione di COV
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(Composti Organici Volatili), di altre sostanze nocive dovute alla presenza di resine chimiche.
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