PEOPLE Studio Chevalier Morales Waugh Thistleton Architects K-Studio TAMassociati LCA Architetti Fabian Wagner Cesare Leonardi Daniel Joseph Chenin Lorena Alessio Grasp Architecture Green Building Council Km 429 Architettura Zero Energy Design Lab Studio Medaarch ASAS arkitektur Sordo Madaleno Arquitectos Martin Szekely Tvs Design Simone Micheli Carlo Ratti Associati Italo Rota Francesco Doglioni Politecnica Aut Aut Architettura Atelier(s) Alfonso Femia Kengo Kuma & Associates Skidmore, Owings & Merrill
01 RESIDENCE DE L’ISLE Montréal
Rivisitare l’architettura domestica degli anni ‘50 con un occhio green-oriented è stato l’obiettivo dello Studio Chevalier Morales. Il risultato è una “conversazione architettonica” tra passato e presente e tra natura e struttura.
ph. Muk van Lil
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Progettato dallo Studio di Architettura Chevalier Morales per una famiglia di committenti dalla filosofia green-oriented, il Residence de l’Isle si presenta come una reinterpretazione delle moderne case americane della metà del XX secolo. Questa casa unifamiliare, nascosta dietro una fila di alti e rigogliosi pini e affacciata sulle rive del fiume, nella periferia a nord di Montréal, è il risultato di una “conversazione architettonica” con il lavoro di progettazione degli architetti dell’epoca. La sua ubicazione consente alla vegetazione naturale esistente di diventare parte integrante del progetto, ottimizzando al contempo la veduta sul corso d’acqua. A dominare il progetto architettonico è l’attenzione per le simmetrie rigorose. La geometria del pavimento e dei soffitti, i mobili in legno integrati e il rivestimento in muratura sono stati tutti reinventati rivisitando in chiave contemporanea alcuni elementi architettonici caratteristici del modernismo. Il garage, simbolo di un’epoca in cui periferia e automobili facevano rima con progresso ed entusiasmo, è direttamente inserito nella casa, occupando uno spazio perfettamente quadrato. Il tema della privacy e delle aperture sull’esterno, cruciale negli anni ‘50, è alla base della creazione dei due cortili rettangolari, che si inseriscono nel volume domestico portando la luce naturale nel cuore della residenza. Questi spazi esterni che vengono estrusi dalla massa iniziale servono anche a definire e strutturare la geometria dello spazio interno, a
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contatto con un outdoor ordinato, posto in primo piano rispetto al contesto naturale che rimane intatto oltre i confini della casa. INTEGRAZIONE NEL PAESAGGIO La struttura della residenza si presta ad assecondare il terreno in cui si situa, permettendo al contempo di conservare il maggior numero possibile di alberi esistenti. Per implementare l’impatto green, sono inoltre state piantate grandi conifere nel cuore del primo cortile che prevede l’accesso carrabile. Anche la distribuzione degli spazi interni prende in considerazione il rapporto con la natura circostante, come il fiume su cui si affaccia, ma senza trascurare nemmeno l’orientamento solare e le esigenze specifiche degli abitanti. Sebbene inizialmente il progetto prevedesse un solo livello, la realizzazione definitiva ha optato ad esempio per l’aggiunta di un livello rialzato completamente in vetro, ricavando così un ambiente in più dalle molteplici destinazioni d’uso. L’asse nordsud della casa, inoltre, ospita gli spazi più intimi che necessitano di privacy mentre le aree comuni sono distribuite nella sezione più esposta, con vista sul fiume, scelta questa che rafforza il legame tra interni e paesaggio. Complessivamente, l’abbondante vegetazione garantisce discrezione all’abitazione e al tempo stesso offre un contesto verde e naturale in cui riconciliare corpo e mente.
MATERIALI La palette di materiali utilizzati risulta un asset cardine del progetto, strategico per una impeccabile integrazione della struttura all’interno del contesto naturale. Declinati nelle tonalità più autentiche e neutre, spesso ispirate al paesaggio circostante, costituiscono infatti il vero anello di congiunzione tra costruito e territorio. Sono stati privilegiati mattoni di argilla per le murature, legno per ambienti interni ma anche rivestimento di una porzione della facciata, e pietra naturale per i pavimenti. Sono stati inoltre impiegati metalli per gli elementi strutturali interni, mentre il vetro appare indiscusso protagonista della sezione anteriore della casa, ideale per creare un ponte visivo con il corso del fiume. L’alta sostenibilità del progetto risiede inoltre nella presenza di impianti geotermici che forniscono sia il riscaldamento sia la ventilazione per l’intera residenza.
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The Black & White Building Londra
Progettato da Waugh Thistleton Architects, questo innovativo edificio per uffici offre una visione tutta sostenibile dei workspace contemporanei. In legno massiccio, con il 37% in meno di carbonio incorporato rispetto a strutture analoghe, alimentato al 100% da fonti di energia rinnovabili, può essere in futuro smontato e riutilizzato, coerentemente ai principi dell’economia circolare.
ph. Fred MacGregor, Ed Reeve
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Un nuovo approccio alla progettazione dei workspace si fa largo sul panorama architettonico internazionale e a testimoniarlo è anche il progetto realizzato dal team di Waugh Thistleton Architects, dal forte know-how sull’architettura in legno, in collaborazione con TOG, la società specializzata nella fornitura di spazi di lavoro di design, che gestisce più di 50 edifici a Londra, Leeds, Bristol, Berlino, Amburgo e Francoforte. The Black & White Building esplora una ”architettura della bastanza”, in cui ogni elemento ha uno scopo, nulla è superfluo e tutti i materiali e i processi sono il più possibile efficienti e sostenibili. Situato a pochi passi dal polo tecnologico di Old Street e dal Silicon Roundabout, nel cuore di Shoreditch, una delle prime arterie londinesi a bassissime emissioni, il nuovo edificio di sette piani in legno massiccio intende dimostrare che il legno rappresenta l’opzione ideale per costruzioni dal carattere sostenibile e dalle alte prestazioni energetiche. Realizzato con materiali rinnovabili, alto all’incirca 18 metri e collocato proprio nel punto in cui precedentemente si estendeva un ex capannone per la stagionatura del legname, il Black & White Building si presenta dunque come struttura modello per l’architettura degli uffici del futuro. L’edificio preesistente - una struttura di circa 11.000 metri quadrati in bianco e nero - non era in grado di soddisfare la crescente domanda della zona di spazi di lavoro e non poteva neppure essere ampliato, cosa che ha spinto i co-fondatori e i co-CEO di TOG, Olly Olsen e Charlie Green, a creare un edificio il più eco-friendly possibile. MATERIALI A MINOR IMPATTO TOG e Waugh Thistleton hanno deciso di realizzare un edificio che riducesse al minimo le emissioni di carbonio sia nella fase di costruzione che, una volta completato, nelle sue modalità operative. Gli architetti hanno proposto una struttura costruita da zero utilizzando legno lamellare a strati incrociati (CLT) e legno impiallacciato laminato (LVL), una combinazione proveniente da 227 faggi e 1.547 pini e abeti rossi raccolti da foreste certificate in Austria e Germania. Questi materiali ad alte prestazioni in legno in-
gegnerizzato generano nella produzione molte meno emissioni di gas serra rispetto all’acciaio o al cemento, con un risparmio di migliaia di tonnellate di CO2, oltre a essere altamente durevoli e totalmente riutilizzabili. Il telaio in CLT è stato scelto per il suo perfetto equilibrio tra sostenibilità, leggerezza e resistenza. Il legno lamellare (composto da strati di legno incrociati incollati) è utilizzato per le facciate continue, mentre le colonne e le travi sono realizzate in LVL di faggio. Il legno CLT è considerevolmente più leggero e più facile da trasportare rispetto ai materiali da costruzione tradizionali, implicando così meno viaggi in cantiere. Questo non solo rappresenta una riduzione delle emissioni di carbonio in termini di logistica, ma rende anche la costruzione in aree urbane più densamente popolate, un processo più efficiente e meno fastidioso per vicini e passanti. Complessivamente, Black & White Building crea il 37% in meno di carbonio incorporato rispetto a un’analoga struttura in cemento e funge da deposito di carbonio a lungo termine per 1.014,7 tonnellate di CO2 equivalente (il 55% del totale dell’edificio) immagazzinate nella struttura in legno. Inoltre, poiché i componenti in legno sono prefabbricati e progettati per essere incastrati l’uno con l’altro, l’edificio “avvitato e non incollato” non solo richiede meno manodopera, ma ha anche un ruolo nell’economia circolare. Alla fine del suo ciclo di vita, l’edificio può essere facilmente smontato anziché demolito e i materiali possono essere recuperati e riutilizzati. ESTERNI AD ALTA EFFICIENZA ENERGETICA Black & White Building è alimentato al 100% da energia da fonti rinnovabili, tra cui 80 pannelli solari. L’esterno è rivestito da lamelle in legno che corrono dal livello della strada fino al tetto. Queste forniscono un’ombra naturale, riducendo il riscaldamento solare sulla facciata e favorendo la circolazione della luce naturale all’interno. Le lamelle cambiano di profondità man mano che salgono nell’edificio per ottimizzare l’efficienza energetica. L’uso delle lamelle riduce inoltre al minimo la quantità di rivestimento solare neces13 |
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sario per proteggere le finestre in vetro trasparente. Le lamelle sono realizzate in legno di tulipier termicamente modificato, certificato e fornito da American Hardwood Export Council (AHEC). Questo legno è molto affidabile, leggero, facilmente reperibile e ha un impatto ambientale minimo. Come ulteriore vantaggio, il legno di tulipier delle lamelle ben si sposa visivamente con gli interni dell’edificio realizzati da Daytrip, tra legni a vista e tessuti naturali.
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di luce corre per tutta l’altezza dell’edificio, dalla terrazza sul tetto fino al cortile con acero al piano terra. Nel complesso, l’edificio ospita 28 uffici di varie dimensioni, sei sale riunioni, focus booths e aree per il relax, 94 posti bici e docce. Al piano inferiore, accanto al cortile interno aperto alla luce del sole, si trova uno spazio dedicato allo yoga e al corpo libero - il primo nel portafoglio di TOG - che ospiterà un calendario di attività incentrate sul benessere olistico. Come per l’esterno, ogni elemento dello spazio interno è funzionale e sobrio, e fa eco all’enfasi posta sul legno come essenza strutturale dell’edificio - le credenziali ambientali sono chiaramente visibili nei materiali. L’intero edificio è, come lo ha definito Waugh Thistleton, “visibilmente sostenibile”.
INTERNI CHE CONNETTONO All’interno, il Black & White Building è stato progettato deliberatamente per incoraggiare l’interazione e la collaborazione, consentendo alle persone di entrare in relazione attraverso una varietà di spazi in molteplici modi. In tutto l’edificio si trovano sale di varie dimensioni e disposizioni, oltre a numerose aree di pausa e spazi all’aperto, che culminano in una terrazza sul tetto con vista sul paesaggio urbano, ideale per le giornate di sole. Per massimizzare la luce naturale nell’edificio durante il giorno, un pozzo
“Il messaggio principale di The Black & White Building è la sostenibilità: si tratta di un edificio per uffici di classe A nel centro di Londra, costruito interamente in legno. Dimostra chiaramente che il legno massiccio è un valido sostituto del cemento e dell’acciaio nel settore degli uffici, con un risparmio di migliaia di tonnellate di CO2. Stiamo cercando di cambiare il modo di costruire, di trasformare il settore”. Andrew Waugh Waugh Thistleton Architects 15 |
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Metaxa Brand Home Grecia
La storia del vino locale si intreccia con quella del luogo in un edificio celato tra i terrazzamenti e il paesaggio per un risultato camaleontico.
ph. Nikos Daniilidis, Claus Brechenmacher & Reiner Baumann
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K-Studio ha progettato “Liknon” per celebrare la storia del marchio Metaxa, storico produttore dell’omonimo liquore greco, e ricollegarlo profondamente alle proprie radici culturali e territoriali. L’edificio è situato nel cuore di un antico vigneto a Samos, isola con una ricca cultura e una lunga tradizione nella vinificazione del vino moscato dolce fortificato che ha reso Metaxa conosciuta in tutto il mondo. Qui, il suo fondatore - Spyros Metaxas - sviluppò i suoi preziosi spiriti basati sulle note fragranti delle uve moscato dolce arricchiti da una, tuttora segreta, miscela di spezie. Liknon si estende, nascosto, lungo una valle coperta da vigneti, in una sequenza di altipiani rocciosi che si dipanano in un paesaggio artificiale, plasmato nei decenni con la creazione di muretti a secco che hanno dato vita a terrazze coltivate e pendii. K-Studio ha deciso di accentuare e preservare la caratteristica dominante del paesaggio terrazzato, ritagliando in esso un edificio realizzato con strutture che si innestano nella topografia preesistente, al fine di guidare i visitatori attraverso un’esperienza curata, ma spontanea, di attivazioni sensoriali. L’idea progettuale alla base di Liknon è quella di dar vita a un luogo capace di celebrare i valori, la storia e il patrimonio di Metaxa offrendo ai visitatori un’esperienza immersiva nell’ambiente della vite. Si viene dunque accompagnati verso la conoscenza approfondita della viticultura e del substrato culturale in cui essa si è sviluppata, trasmettendo i valori aromatici, olfattivi e di carattere che il celebre liquore è in grado di veicolare.
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Questa storia, grazie all’architettura sapientemente ora nascosta ora disvelata, si racconta mentre il visitatore esplora i diversi aspetti della vigna, dai processi produttivi fino al godimento derivante dai piaceri di una tavola ben imbandita. La passeggiata si snoda tra le viti, osservabili sia sopra sia sottoterra, e a ridosso di tutti gli elementi che compongono il “terroir”, ovverosia la summa di tutte le particolari condizioni che definiscono un suolo, l’ambiente ad esso circostante e le caratteristiche peculiari che, quindi, attraverso di esso la pianta ivi assume. Mentre i muri di pietra paiono organizzarsi e portano ordine, abbracciando le naturali forme della valle, raggiungono un crescendo inaspettato quando il visitatore esce dal Bar Metaxa: una delle terrazze si libra dal terreno, consentendo l’uscita dalla cantina sotterranea, e dunque dal buio, per aprirsi improvvisamente alla visione luminosa del mare, di fronte.
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PROJECT CHECKPOINT TOPOS (luogo) Attraverso un profondo taglio nel paesaggio, il visitatore viene accompagnato sottoterra, entrando in uno spazio caratterizzato dall’odore avvolgente della terra. Punto culminante di questo luogo è un’apertura in vetro, realizzata su misura, attraverso la quale si può assistere alla crescita della pianta, sotto e sopra il terreno, disvelando le radici insieme agli strati del terreno. Qui le qualità del terroir, così imprescindibili per la caratterizzazione del prodotto finito, vengono esaltate come in un’esposizione museale. | 20
CHRONOS (tempo) Il tempo è l’ingrediente chiave nel processo di lavorazione del frutto dopo la raccolta. Il concetto del suo scorrere è stato quindi narrato nella Cantina Metaxa, dove il liquore viene lasciato affinare. I visitatori possono qui assaporarne l’evoluzione nel tempo e imparare a conoscere come, con lo scorrere del tempo, Mataxa cambi nel colore e nel gusto, passando dai sentori di uva fresca fino ai profumi complessi donati da anni di riposo in botte. La Cantina, uno spazio ricco di odori e caratterizzata da texture ipnotizzanti, è dedicata alla celebrazione ed alla conoscenza di come 40 anni di paziente lavoro di maturazione del liquore ne modifichino tutte le caratteristiche organolettiche. Bar Metaxa Questa è l’area dedicata al relax ed alla degustazione dei migliori distillati del marchio. La terrazza esterna ne è il fulcro grazie alla sua pergola pensile, intrecciata con viti, dove vengono servite le prelibatezze tipiche di Samos al fine di contestualizzare l’eccellenza agroalimentare e lo spirito di convivialità che sono il substrato culturale da cui nasce la storia e l’aroma inconfondibile di Metaxa. 21 |
ph. Andrea Avezzù
ARCHI-PEOPLE
TAMassociati di Chiara Poggi
“ TA K I N G C A R E I N A RC H I T E C T U R E” Questa è la filosofia di TAMassociati, studio con sede a Venezia e uffici a Bologna e Trieste, noto sia per l’impegno nel design sociale e nella costruzione sostenibile che per le sue collaborazioni con figure di spicco come Renzo Piano, Gino Strada e l’Aga Khan Development Network. “Taking Care in Architecture” rappresenta chiaramente l’obiettivo dello studio di contribuire al benessere delle comunità attraverso una gestione responsabile delle risorse e la creazione di spazi che siano all’avanguardia in termini di qualità, estetica e sostenibilità. Abbiamo incontrato Raul Pantaleo, uno dei tre soci fondatori, che ha condiviso con noi la loro visione.
Quali sono nella vostra filosofia progettuale i principi fondamentali per un’architettura sostenibile e come li integrate nei vostri lavori? Crediamo che la sostenibilità sia un valore fondamentale in ogni progetto architettonico, l’attenzione all’ambiente svolge un ruolo centrale. L’architettura non deve considerare la sostenibilità come un semplice accessorio, ma deve esserne intrinsecamente una parte integrante. Potrebbe raccontarci un progetto esemplare in tal senso e quali sono stati i risultati più significativi? Un progetto esemplare che incarna i nostri principi di architettura sostenibile è stato il “Salam,” un centro di cardiochirurgia realizzato in Sudan nel 2004. Questo progetto ha affrontato il problema del trattamento dell’aria in un’atmosfera carica di polvere e sabbia, condizioni incompatibili con la cardiochirurgia. Invece di optare per costosi abbattitori d’aria sofisticati, abbiamo sviluppato un innovativo sistema di lavaggio dell’aria mediante sprinkler. Questa soluzione ci ha permesso di risparmiare circa 200.000 euro ed è stata estremamente affidabile nel tempo. Di fatto questo sistema è diventato una sorta di assorbitore adiabatico. Un esempio, di quelli più riusciti, tramite una tecnologia semplice. Abbattimento costi, pochissima manutenzione. È lì da 20 anni perfettamente funzionante. Come bilanciate l’aspetto estetico e funzionale di un edificio con l’obiettivo di renderlo sostenibile? Quali sono le vostre priorità in questo processo? Nel nostro approccio, l’aspetto estetico e funzionale di un edificio si sviluppano parallelamente al nostro obiettivo primario di soste-
nibilità, fin dalle prime fasi del progetto. Ad esempio, consideriamo le torri del vento che abbiamo realizzato in Sudan. Queste torri dovevano implementare un sistema di raffreddamento adiabatico e dovevano essere posizionate ad un’altezza che evitasse di catturare polveri sottili da terra. Queste torri non sono solo diventate un elemento funzionale, ma hanno anche contribuito a caratterizzare esteticamente l’edificio. Pertanto, l’aspetto tecnologico e l’impatto ambientale vanno di pari passo e sono parti integrate del nostro processo di progettazione. Sul fronte dei materiali, quale ruolo possono rivestire per rendere un progetto architettonico più ecocompatibile? Sono un fervido sostenitore della tecnologia e riconosco anche l’importanza del legno in un progetto architettonico sostenibile. Sono consapevole che dobbiamo andare nella direzione del legno certificato o degli intonaci a base di calce traspiranti. Ma bisogna anche affrontare il problema dei budget fissi, che spesso rappresentano una sfida. In tali contesti, la scelta dei materiali è vincolata da risorse limitate e l’obiettivo diventa quello di ridurre al massimo le emissioni di CO2 e quindi la scelta di utilizzare il cemento potrebbe essere determinata da vincoli di bilancio. In questi casi, dobbiamo concentrarci su soluzioni che consentano di ridurne al minimo l’utilizzo, abbassando l’impatto ambientale. Il latero cemento, ad esempio, è un prodotto straordinario che riesce ad avere costi contenuti. Oggi, con il crescente interesse per materiali biologici e naturali, dobbiamo sviluppare nuove competenze e coinvolgere team di esperti, inclusi i computisti, per guidare le decisioni sui materiali. È un processo
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ph. Will Boase
complesso che richiede una prospettiva olistica e il coinvolgimento di diverse competenze per trovare le soluzioni più sostenibili all’interno delle limitazioni di budget. Le vostre opere di assistenza sanitaria in Africa sono state ampiamente riconosciute per il loro impatto positivo. Qual è stata la motivazione iniziale per intraprendere questo tipo di progetti e quali risultati significativi avete ottenuto finora? La nostra motivazione principale è stata l’impegno a mettere le nostre competenze di architetti/designer al servizio del settore dell’economia sociale, delle ONG e dell’intero mondo del non-profit, con l’obiettivo primario di contribuire al benessere delle comunità e dell’ambiente. Iniziammo così a dedicarci al sociale, favorendo la creazione di una committenza | 24
che prima non esisteva. Quando avviammo la costruzione di ospedali in Africa con Emergency, abbiamo avuto la straordinaria occasione di collaborare con una figura illuminata come Gino Strada, che valorizzava l’importanza della bellezza e della qualità. Eravamo praticamente un’anomalia, poiché in passato bastava che un ospedale semplicemente funzionasse, per essere considerato un successo. Gli ospedali di allora erano semplici strutture funzionali, e la creazione di un ospedale “scandalosamente bello”, come diceva Gino, era vista con scetticismo poiché veniva considerato uno spreco di risorse. Tuttavia, dimostrammo che la bellezza era parte integrante del processo di guarigione, e che non era necessario spendere una fortuna per creare qualcosa di bello. La cura, l’amore, la gestione attenta e l’attenzione all’ambiente sono già di per sé bellezza. Il nostro contributo come architetti in questo ambito è stato
ph. Raul Pantaleo
ph. Will Boase
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riconosciuto e ora rappresenta uno standard nell’ambito dell’accoglienza ospedaliera. Avete ricevuto l’Aga Khan Award for Architecture e il Curry Stone Design Prize per l’impatto eco-sociale delle vostre opere internazionali. Riconoscimenti decisamente prestigiosi… Questi premi hanno avuto un profondo significato, in particolare l’Aga Khan Award, che si distingue per la sua visione ampia e il suo focus sull’impatto sociale, andando a premiare opere che vanno oltre la mera bellezza dell’edificio. La ricezione di questi premi ha aperto nuove porte e ha innescato un riconoscimento a catena, culminato con la nostra partecipazione alla Biennale del 2016 nel Padiglione Italia. I premi non solo hanno portato visibilità, ma anche un riconoscimento del nostro approccio alla progettazione globale, evidenziando il nostro impegno in progetti dedicati ai più bisognosi. Hanno contribuito a promuovere una nuova visione culturale nell’ambito della progettazione, dimostrando che sostenibilità ambientale e sostenibilità economica sono due facce della stessa medaglia. Parlando del Padiglione Italia: si trattava di un progetto relativo alla riqualificazione delle periferie. Come è proseguita la vostra ricerca? Ci sono stati sviluppi in merito? Assolutamente sì. Il Padiglione Italia ha rispecchiato pienamente la filosofia del nostro lavoro che voleva affacciarsi a una dimensione dell’architettura che non è quella del grande evento mediatico ma dell’umile lavoro di tutti i giorni di chi cerca di migliorare la qualità degli spazi. Un elemento chiave era la realizzazione di cinque dispositivi che dovevano essere concretizzati da cinque ONG attraverso il crowdfunding, per poi diventare punti di riferimento nelle periferie, contribuendo a estendere la Biennale al di là dell’evento stesso. Siamo riusciti a realizzarne tre, tra cui l’ambulanza di Emergency e la palestra mobile di Uisp, entrambi utilizzati nelle aree in cui le rispettive ONG avevano progetti in Italia. Come avete affrontato le sfide logistiche e culturali nella realizzazione di progetti architettonici in diverse parti del mondo? Come avete coinvolto la comunità locale nelle fasi di progettazione e costruzione? Affrontiamo le sfide logistiche e culturali nei | 26
nostri progetti architettonici partendo dal principio del rispetto. Creare edifici che siano intrisi di rispetto è il nostro obiettivo principale, indipendentemente dalla location, che si tratti dell’Africa, dell’Italia, dell’Asia o di una zona colpita dalla guerra. Inizialmente, mi sono posto la domanda su quale stile architettonico utilizzare quando affrontavo nuovi progetti in luoghi diversi, ma ho capito che la risposta veniva spontaneamente in quanto il nostro approccio è fondato sull’attenzione alle persone e al contesto circostante. Osserviamo la comunità locale, studiamo i materiali disponibili e ci immergiamo completamente nell’ambiente. Creiamo edifici che trasmettano un messaggio di rispetto universale e bellezza capace di superare le barriere culturali. Tutto il resto diventa di secondaria importanza. La centralità delle persone è ciò che determina il successo di un progetto. In che modo l’approccio alla sostenibilità negli edifici potrà contribuire a migliorare la qualità della vita delle comunità coinvolte? Utilizzando tecniche a basso impatto e materiali adeguati, siamo in grado di offrire comfort termico, accesso all’energia e spazi accoglienti. Tutta la tecnologia che applichiamo ha l’obiettivo di elevare la qualità della vita delle persone. Ad esempio, nei luoghi più remoti, l’installazione di pannelli fotovoltaici può rivoluzionare la vita di bambini che devono camminare per chilometri per raggiungere la scuola e la sera, tornando a casa, non avevano accesso all’elettricità. In questo modo, la sostenibilità diventa uno strumento concreto per costruire un futuro migliore e garantire una migliore qualità di vita. Quale futuro intravedete per il vostro lavoro e quali prospettive, in generale, per l’architettura sostenibile a livello globale? Nei nostri allievi più giovani, stiamo notando un cambiamento. C’è anche una nuova generazione di progettiste, particolarmente attente alle questioni sociali e ambientali, e questa sensibilità è molto significativa e profonda. Stiamo assistendo a una nuova e più accesa consapevolezza. Questo ci fa pensare che ci saranno piacevoli sorprese nel futuro. Cambiando tema, ho lanciato una provocazione in un congresso a maggio, suggerendo che dovremmo considerare la chiusura delle facoltà di ingegneria e architettura, e riaprire dei luoghi
dove si costruisce il futuro, con gli architetti che lavorano con i geometri, gli impiantisti, gli economisti e i filosofi. Ci vuole una visione sistemica della nostra professione, con gruppi di lavoro complessi. Quello che era un po’ il sogno irrealizzato del Politecnico.
ph. Andrea Avezzù
ph. TAMassociati
ph. Andrea Avezzù
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05 ALBERO CAPOVOLTO Golfo Aranci
Gli oggetti del territorio si riscoprono risorsa per l’hospitality più autentica, pensata per immergere chi la sceglie in un’esperienza local a 360° in un retreat sospeso tra mare e campagna.
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A Golfo Aranci, in Sardegna, Alessandro Israelachvili ha trasformato la sua casa di famiglia in Country & Sea Boutique Hotel dal fascino understated con 7 camere e suite e accesso diretto alla piscina a sfioro. Immerso in uno splendido giardino mediterraneo, è un piccolo angolo di paradiso fatto di natura, bellezza e tradizione, a due passi dalle spiagge più belle della Costa Smeralda. Albero Capovolto è un nome che vuole sottolineare ed evocare l’importanza delle proprie radici, simboleggiato da un olivastro dalla fronda ampia e accogliente, che raccoglie pensieri, sogni e stati d’animo. L’ispirazione per
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il simbolo proviene da un bellissimo albero che, letteralmente, abbraccia una delle suite della struttura e cattura l’attenzione osservando il giardino. INTERNI Gli interni di Albero Capovolto affascinano con un mix creativo di tessuti e oggetti appartenenti alla famiglia di Alessandro, recuperati e riadattati, che dialogano con oggetti della vita rurale e dell’artigianato sardo, tutti acquistati nei mercatini nel corso degli anni. Proprio come in un mondo capovolto, ecco quindi che gli sgabelli che usano i pastori per mungere le
pecore fanno bella vista in cucina, le ceste per la raccolta delle uova vengono utilizzate per il pane a colazione, un carrello industriale porta tessuti dell’ex azienda tessile di famiglia è stato trasformato in un coffee table del salotto mentre i vecchi rocchetti di tessuto sono ora i protagonisti di originali lampade create dallo stesso Alessandro. Le 7 camere e suite del Boutique Hotel, tutte matrimoniali, in origine erano le stanze della famiglia Israelachvili, dei genitori e dei loro cinque figli. Romantiche e raccolte, in stretta connessione con la natura circostante, sono accomunate dall’estrema cura per i dettagli, gli arredi e i tessuti: vec-
chie ringhiere di ferro sono state trasformate in testate per i letti, alcuni lavatoi sono oggi bellissimi tavolini e le tende sono state create usando stoffe e ricami recuperati dai campionari dell’azienda tessile di famiglia, nei mercatini e nei viaggi, in una costante ricerca del bello e del fatto a mano. Le stanze hanno tutte dei nomi evocativi, che derivano dalle sensazioni che fanno vivere a chi vi soggiorna: si chiamano Respiro (una Master Suite di 50 mq con doppio lavabo, doppio patio vista giardino e piscina), Incanto (una Garden Suite di 40 mq con angolo relax sotto l’ulivo e vista sulla campagna), Luce (Camera Superior di 28 mq con dependance al piano
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terra separata dal corpo principale, accesso sul giardino), Intimità (Camera Standard di 20 mq al piano ribassato, luminosa e raccolta). L’aria, la luce e i profumi della natura inondano ogni stanza: per questo è stato deciso di non dotarle di TV.
Uliveti e vigne ma anche alberi da frutta, arbusti e cespugli fioriti, erbe aromatiche e piante autoctone: bouganville, ibiscus, oleandri, timo, solo per fare alcuni nomi, senza dimenticare, ovviamente, gli immancabili mirto ed elicriso, simboli indiscussi dei sapori e dei profumi dell’isola.
GIARDINO E PISCINA
Cuore di Albero Capovolto è la scenografica piscina a sfioro, di acqua salata, collocata al centro del giardino: circondata da erbe e fiori, con una vista impagabile sulla campagna circostante, viene illuminata all’alba dalle prime ore di luce ed è la protagonista indiscussa del tramonto, quando il sole si specchia sull’acqua regalando uno scenario indimenticabile.
Albero Capovolto è circondato da un meraviglioso giardino mediterraneo, un’esplosione di colori e profumi diversi che cambia in base alle fioriture e alla stagione.
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Il giardino presenta diversi accoglienti angoli con sedute avvolgenti, comodi lettini dove rilassarsi, leggere, riposare o prendere un aperitivo, cullati dal verde e dall’acqua, coccolati dalle mille attenzioni di un servizio attento, mai invadente e quasi sottovoce. In giardino non manca uno splendido angolo Barbecue, che ospita anche l’antico forno in pietra: circondato da un’infinità di erbe aromatiche, usate per completare le proposte della cucina e per aromatizzare i drink, è un angolo appartato del giardino che verrà sfruttato anche per serate eno-gastronomiche a tema o per romantiche cene di coppia.
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06 UNA CASA NZEB Milano
Vincitrice del Wood Architecture Prize è una costruzione con legno, riso, sughero che consacra l’impiego virtuoso dei materiali completamente naturali nell’architettura sostenibile. La cosa sorprendente di questo edificio NZEB sono le sue prestazioni: oltre ai consumi energetici irrilevanti, il fabbricato fornisce un altissimo comfort abitativo: dalla percezione complessiva del clima interno all’acustica.
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Progettata dall’architetto Luca Compri, dello studio LCA Architetti di Varese, la casa ecologica e sostenibile vanta una superficie di circa 190 mq sviluppata su due piani: cucina e zona giorno al piano terra; una stanza da letto per gli ospiti, una piccola palestra ed un bagno al piano mansardato. L’architettura dell’edificio è ispirata alla forma delle antiche case rurali tipiche del territorio lombardo e il tetto a due falde inclinate, senza sporti di gronda, conferisce alla casa in legno una forma contemporanea, essenziale ed elegante.
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La struttura portante dell’edificio è stata realizzata nello stabilimento produttivo Novellocase con la tecnologia a telaio di legno: l’isolamento utilizzato per le pareti a telaio è la paglia di riso, materiale naturale e ad alte prestazioni energetiche. La scelta dei materiali è perfettamente in linea con l’approccio sostenibile all’architettura tipico dello studio LCA: la paglia di riso, sottoprodotto di scarto dell’agricoltura, assume una nuova vita e diventa l’isolante perfetto per questa casa in bioarchitettura; il cappotto in sughero, lasciato a vista, completa la struttura garantendo un ottimo livello efficienza energetica.
Dal punto di vista dell’impiantistica, è stato concordato l’uso dell’innovativo impianto con aggregato compatto, un sistema di ventilazione meccanica a basso consumo energetico, con recupero di calore e riscaldamento dell’acqua calda sanitaria, ideale per edifici nZEB (near Zero Energy Building, edifici ad energia quasi zero). La prefabbricazione delle pareti in legno e paglia nello stabilimento produttivo consente non solo di ridurre notevolmente le tempistiche di costruzione delle case in legno chiavi in mano, ma anche di limitare l’insorgere di errori ed imprecisioni durante le fasi di cantiere, garantendo così una perfetta qualità di esecuzione. La scelta di finiture di pregio, quali serramenti in legno alluminio doppio vetro e i pavimenti in parquet di rovere naturale, unita ad un sapiente studio degli spazi e dell’illuminazione, garantiscono ai proprietari di questa abitazione un elevato livello di comfort: la zona giorno è dotata ampie vetrate, che riscaldano gli spazi interni con luce naturale regalando, al contempo, una splendida vista sul giardino circostante. MATERIALE IN FOCUS La lolla di riso (fogliolina che avvolge il chicco di riso destinato all’alimentazione umana) è un materiale di scarto della filiera alimentare ed è utilizzata da Novellocase come materiale d’eccellenza nella coibentazione all’interno delle pareti a telaio. La piccola dimensione di questa fogliolina fa sì che nell’accumulo interno alla parete raggiunga una densità elevata, garantendo una prestazione di coibentazione pressoché ineguagliabile con altri materiali di natura industriale. Non solo, quindi, si sottrae alla filiera alimentare un prodotto fastidioso da smaltire, ma si conferisce agli edifici una prestazione energetica letteralmente fuori dal comune, che si accompagna ad un comfort abitativo di vera eccellenza.
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07 LA CANTINA EMOZIONALE E SOSTENIBILE Varignana
I rivestimenti Biopietra utilizzati per gli ambienti della cantina Varignana sono Made in Italy, certificati per la bioedilizia e aderiscono al Green Building Council. Una caratteristica che fa del progetto un esempio emblematico, che trae linfa dal passato per puntare alla continuità e guardare al futuro.
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Sulle pittoresche colline a due passi da Bologna, l’idea nata da un “sogno Varignana” si è finalmente concretizzata, dando vita a un progetto architettonico dove è la natura che parla e gli interventi dell’uomo hanno rispettato spazi ed equilibri. La cantina, emozionale e sostenibile, è il risultato di un’armoniosa fusione tra il passato e il presente, dove è protagonista Biopietra, un materiale ecologico che ha plasmato la visione di questo luogo unico. La cantina è il cuore dell’esperienza. Un luogo per comunicare la tradizione, il territorio e i suoi prodotti, vino in primis. Una straordinaria opera architettonica costruita seguendo i principi dell’architettura contemporanea, si sviluppa in un anfiteatro che si affaccia sui vigneti, all’interno di un anfratto naturale precedentemente occupato da un lago artificiale. Questo progetto è stato realizzato con l’expertise dello Studio
Ing. Torri di Imola, in collaborazione con l’architetto Alessio Torri. La Biopietra è stata scelta dal progettista per creare coreografie particolari, con le pietre del “modello Castel San Pietro”, che imitano i vecchi mattoni e le pietre del paesaggio, realizzando con un salto indietro nel tempo una cantina proiettata verso un futuro green, sostenibile ed emozionale. Anche la struttura portante, semi-interrata, è stata progettata con un occhio al paesaggio. La facciata esposta è caratterizzata da un movimento curvilineo che si armonizza con le colline, con un abile accostamento tra la Biopietra e l’acciaio corten che riveste la facciata. All’interno il soffitto a volta è stato realizzato utilizzando listelli di Biopietra sottili e leggeri, che emulano alla perfezione gli antichi mattoni, creando un’atmosfera magica.
La scelta di utilizzare Biopietra da parte di Palazzo di Varignana è un chiaro segnale del loro impegno per la salvaguardia dell’ambiente e la salute dell’uomo. Questo materiale sostenibile offre al resort un vantaggio competitivo distintivo, comunicando ai suoi ospiti l’attenzione alla salubrità e all’ecologia in ogni aspetto dell’esperienza offerta. I rivestimenti Biopietra utilizzati per gli ambienti della cantina Varignana sono Made in Italy, certificati per la bioedilizia e aderiscono al Green Building Council, così che possono conferire crediti ai progetti che concorrono all’ottenimento della certificazione internazionale LEED. I rivestimenti Biopietra sono la ciliegina sulla torta che fa del progetto un esempio più unico che raro, che trae linfa dal passato per puntare alla continuità, al futuro.
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BIOPIETRA Innovazione e sostenibilità nel mondo dell’edilizia verde L’edilizia verde è il futuro, e Biopietra è all’avanguardia in questa rivoluzione. Con oltre 25 anni di esperienza, l’azienda, con sede a Brescia, è un faro di innovazione nel settore delle costruzioni sostenibili. La missione di Biopietra va oltre la creazione di materiali ecologici; mira a promuovere un modo di vivere migliore, in armonia con l’ambiente. Biopietra è una pietra “eco-friendly” composta per l’85% da pietra riciclata, garantendo così una minore impatto ambientale. La sua leggerezza e la facilità di installazione la rendono ideale per progetti che si ispirano all’edilizia green. Come afferma Mauro Maffizzoli, CEO di
Biopietra, “L’azienda è orgogliosa di aver trasformato la propria missione in una spinta alla creazione di una coscienza sociale del vivere bene migliorando la qualità dell’ambiente nel quale viviamo quotidianamente, offrendo prodotti conformi ai requisiti stabiliti dalle autorità competenti in armonia con la salute dell’uomo.”
traspirabilità pari a quella del legno, la flessibilità nella lavorazione e il perfetto controllo di tutte le fasi di filiera.”
Oltre alla sua praticità, Biopietra è una scelta esteticamente accattivante, adatta sia a contesti residenziali che commerciali. La sua versatilità permette di riprodurre muri storici, creando atmosfere uniche.
Questo materiale è certificato da enti terzi, corredata dalla marcatura CE e conferisce crediti Leed per la bio-architettura made in Italy, rispettando rigorosi standard di qualità e sostenibilità. La sua produzione avviene con tecnologie all’avanguardia, sostenute da un sistema Industria 4.0. I robot si occupano di ogni fase, garantendo prodotti unici e certificati per la bioedilizia.
Ma ciò che rende veramente unica Biopietra sono le possibilità di personalizzazione e il miglioramento degli spazi abitativi che offre. Come afferma Maffizzoli, “Combina la qualità architettonica con il comfort ambientale grazie all’alto grado di naturalezza dei componenti, la
Biopietra è un esempio di eccellenza italiana riconosciuto in tutto il mondo per la sua bellezza e stile inconfondibili. La continua ricerca dell’azienda ha portato a progetti europei per un futuro sempre più sostenibile. Biopietra contribuisce a costruire un mondo migliore. 43 |
Imponenti porte a bilico sono tra i protagonisti del nuovo spazio abitativo rivestito da legno carbonizzato e firmato dall’architetto tedesco Fabian Wagner: una casa di piccole dimensioni ma ben ottimizzata e a stretto contatto con l’outdoor proprio grazie a serramenti performanti di ultima generazione.
BLACK HOUSE Monaco di Baviera
ph. Florian Holzherr, Fabian A. Wagner
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Nelle vicinanze di Monaco di Baviera, sulle rive dell’Ammersee, sorge una residenza nera dal carattere monolitico completamente immersa nella natura. Peculiarità della casa è la sua dimensione minuta (6 x 3,80 metri) che tuttavia risulta perfettamente ottimizzata e scenografica: i livelli su cui è articolata le conferiscono comunque un aspetto molto dinamico con un design che ricalca la conformazione del paesaggio circostante. La difficoltà progettuale affrontata dall’Architetto Fabian Wagner ha riguardato la gestione di un ampliamento della casa, già presente sul
terreno, che apparisse a tutti gli effetti come distaccato dallo spazio esistente. Una delle soluzioni più efficaci che hanno consentito alla casa di integrarsi perfettamente con il territorio senza rinunciare alla spettacolare vista è stata l’utilizzo di porte in rovere a bilico equipaggiate con cerniere System M di FritsJurgens. MATERIALI GREEN E COMFORT Sia per gli esterni, sia per gli interni sono stati utilizzati materiali da costruzione sostenibili e tutti trattati in maniera naturale. Nessuna parte dell’abitazione ha infatti subìto alcun tipo
di trattamento chimico. Il legno di abete rosso che riveste l’esterno dell’edificio è stato sottoposto ad un processo di carbonizzazione che ha donato all’edificio il suo peculiare colore nero. Lo strato carbonizzato, fra l’altro, protegge l’esterno della casa dall’impatto negativo di agenti esterni come le precipitazioni atmosferiche e l’attacco da parte di insetti. I pavimenti, le pareti e i soffitti, realizzati nello stesso identico materiale, creano un’illusoria sensazione di maggiore spazio. Tutte le installazioni, inoltre, come tubazioni e riscaldamento, sono celate direttamente all’interno delle pare47 |
GREEN LIVING
ti in calcestruzzo, per una piacevole sensazione di spazio e tranquillità, mentre le finestre e l’angolazione con cui la luce attraversa tutte le pareti, permettono di godere di una stupenda visuale sul giardino. PORTE A BILICO PROTAGONISTE La sensazione di movimento e di contatto con l’esterno è inoltre rafforzata magistralmente dalle due enormi porte a bilico in rovere che si aprono sul terrazzo, alte 1,9 metri e larghe l’una 3,35 metri e l’altra 1,8 metri, e che fanno sì che l’area outdoor si presenti come una vera e propria estensione del soggiorno. “L’utilizzo di porte in rovere con cerniere System M di FritsJurgens si è rivelata la soluzione più idonea – racconta l’Architetto Wagner - e offrono una splendida visuale sulla natura circostante e si ha come l’impressione di ammirare un dipinto a grandezza naturale, senza che ante o davanzali vadano ad ostacolarla: proprio quello che volevamo”. La cerniera, in particolare, è dotata di chiusura automatica con ammortizzazione regolabile in chiusura e freno idraulico in apertura, consentendo così alla porta di bloccarsi ad ogni angolo di 90° della sua rotazione e di conseguenza, agli occupanti, di determinare in prima persona l’impatto della porta sull’ambiente circostante. La cerniera System M di FritsJurgens presenta, inoltre, una caratteristica che la rende perfetta per una casa di piccole dimensioni come questa: può essere, infatti, installata a breve distanza dalla parete adiacente, facendo sì che il raggio di rotazione interno alla casa risulti minimo, evitando spazi vuoti senza pregiudicare l’eleganza e la fluidità del movimento della porta. L’utilizzo della cerniera superiore TP-40 di FritsJurgens, ha poi permesso di usufruire di spazi di rotazione ancora più ridotti.
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PEN SA RE IL BO SCO
Cesare Leonardi e l’architettura della vita photo courtesy Archivio Architetto Cesare Leonardi
di Giuseppe Merella Articolare uno scritto su Cesare Leonardi impone una premessa fondamentale: la misura del testo non può contenere quella di un pensiero così vasto e profondo; si tratta di un limite che vale la pena accettare nel proposito d’introdurre chi legge ad un lavoro così prezioso, denso e radicale. Per un orientamento accurato e sistematico all’opera e alla ricerca di Leonardi si rimanda al bel volume L’Architettura della Vita, edito da Lazy Dog nel 2017 in occasione della mostra presso la Galleria Civica di Modena, curato da Andrea Cavani e Giulio Orsini, cofondatori dell’Archivio Architetto Cesare Leonardi. Nel 1982 Cesare Leonardi e Franca Stagi pubblicano il volume L’architettura degli alberi: l’opera fa seguito all’omonima mostra, allestita nello stesso anno a Reggio Emilia e a Modena. Il libro raccoglie un lavoro monumentale, scaturito vent’anni prima, quando i due architetti sono ancora studenti. L’amore per le forme della natura, che supera quello per le forme dell’architettura, spinge Cesare Leonardi a cimentarsi - in occasione del suo studio di tesi - con la progettazione per un parco urbano a Modena. In questa circostanza gli alberi, elementi centrali di un parco, richiedono di essere conosciuti come tali, e tuttavia le ricerche di una letteratura utile in questa direzione risultano insoddisfacenti. A fronte di un gran numero di pubblicazioni a carattere botanico, non corrispondono campiona-
ri contenenti le informazioni necessarie alla progettazione di un parco: gli alberi possono infatti tracciare percorsi e scolpire scenari in ragione del loro portamento, dei loro colori e delle ombre che proiettano. Dinanzi all’assenza di uno strumento che contenga queste informazioni, Cesare Leonardi e Franca Stagi iniziano a costruirlo, iniziando una serie di esplorazioni che toccano Firenze, Modena e l’Appennino modenese. In principio questo censimento consiste nel fotografare esemplari interessanti, scegliendo quelli non sottoposti a opere di potatura, che ne muterebbero il portamento caratteristico, e nel postillare le immagini di note riportanti le misure. Di seguito i fotogrammi vengono tradotti in disegni che quasi mai ne sono un ricalco fedele, bensì un’interpretazione che permetta di isolare l’albero dal paesaggio circostante e di identificarne i tratti distintivi.
oltre alle 374 tavole, i disegni dei particolari e le schede descrittive di ogni singola specie, nonché un’ulteriore serie di schede che mostrano lo studio delle ombre nell’arco della giornata e al variare delle stagioni, ed infine le stesse ombre prodotte da alberi di dimensione crescente, la loro sovrapposizione in relazione alla distanza tra un albero e l’altro. Congiuntamente a quest’opera eroica, il sodalizio Leonardi-Stagi produce una serie densissima di ricerche e realizzazioni che vanno dal design, celebri le sedute Nastro e Dondolo, alla progettazione di opere pubbliche. Dal 1972 al 1981 il loro studio è impegnato nella progettazione di Parco Amendola a Modena: la realizzazione dello stesso ricomprende molte delle idee che Leonardi aveva presentato nel suo studio di tesi, peraltro vincitore del Concorso nazionale indetto dal Comune di Modena nel 1969 per un parco intitolato alla Resistenza.
Cesare Leonardi e Franca Stagi appartengono ad una generazione di architetti per i quali la disciplina sovrasta le specializzazioni, cosicché il loro studio, alimentato da un profondo desiderio di conoscenza, prosegue e trascende il cimento iniziale, impegnandoli per due decenni, estendendosi dapprima a tutta l’Italia, ed infine superando i confini nazionali. Cresce intorno a loro un gruppo di collaboratori che lavorerà ad immagini provenienti da tutta l’Europa e dalla Mesoamerica. Il risultato finale comprenderà,
Nel progetto di Parco Amendola traspare anche l’applicazione degli studi raccolti ne L’architettura degli alberi, evidente è la centralità della presenza degli alberi e della loro disposizione, così come la scelta accurata delle essenze arboree, sceverate e collocate in ragione della loro forma, dei colori, delle dimensioni e delle ombre proiettate nell’arco della giornata. Ciononostante, i due architetti, interrogati sul progetto, non mancano di mostrare una polemica perplessità rispetto al fatto che i parchi finiscono spesso col 51 |
parco nel rispetto delle differenti esigenze: quelle degli alberi e quelle degli uomini. Serve un principio ordinatore che possa guidare la mano di chi progetta evitando GREEN THINKING casualità e ambiguità. Il posizionamento degli alberi, così come il tracciamento dei rispondere alle necessità di molti soggetti quali i percorsi, scorsonon generale della progettazione, restituendo lizzati durante laoPrima guerra mondiale. La mapossono essere lasciati a scelte estemporanee puramente formali, né residenti, gli amministratori e i comitati cittadiagli alberi la propria condizione prioritaria. La glia disegnata sulle ali riprendeva infatti forme puòdiprestarsi a fraintendimenti costruttiva. ni; e tuttavia proprio gli alberi - che dovrebbero il disegno necessità elaborare un principio ordinatore in fasee colori della natura che potessero confondersi 22 Cesare Leonardi e Franca 22essere , Leonardi nel 1983, anno inoltre in cuiun si scioglie consottostanti. Franca Stagi i protagonisti - passano in subordine e È così offreche la possibilità di cercare sistema il sodalizio con le superfici Rielaborando queste Stagi sciolgono lo Studio vengono ridotti a contorno di attrezzature, gio- sperimenta che risolva ilsistema rapporto, modulare spesso criticofinalizzato e finanche allageometrie, Leonardi dei disegna una rete composta un progettazione parchi che Associato nel 1983. Continuano a è inoltre troppo chi e viali; la loro disposizione conflittuale, tra edificati e alberi. Spesso questi da ventitré poligoni di forma irregolare, il cui ‘Albatros’, dalla tessitura delleè ali deglida aerei militari della condividere l’ufficio di viale Fabrizi soggetta all’arbitrio del progettista e all’inadem- chiama ultimi pongono ricavato problemi, imprevedibili o im-mimetica perimetro costituito aste mobili congiunte a Modena fino al 1990, anno in cui guerraallemondiale. La trama poligonale riproduceva forme pienza delle imprese incaricate che non manca- Primaprevisti, strutture circostanti, invadendo gli degli tra aerei loro daAlbatros nodi. Le superfici dei poligoni rapLeonardi si trasferisce in vialeesecutivo. Emilio no di tradire il progetto spazi aerei e sotterranei, interferendo con cavi, superiore presentano i territori di competenza destinati ad e colori che imitano la natura: la superficie delle ali doveva confondersi Po, nel Villaggio Artigiano Modena reti e sottosistemi. Leonardi studia così un sisteusi specifici a cui è possibile associare un colore. Ovest. paesaggio, quella inferiore il cielo. L’architetto modenese, che viene sciogliendo il con il ma modulare che chiama Albatros,con mutuando suo sodalizio con Franca Stagi, rinnova quindi la sua ricerca nel proposito di sovvertire il di-
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una trama impiegata per la mimetizzazione della struttura alare degli aerei da combattimento uti-
Il sistema, in forza della sua conformazione modulare e a-gerarchica, salda l’armonia e le pro-
porzioni ispirate alle forme della natura ad un principio ordinatore che informa la progettazione, prestandosi ad essere potenzialmente esteso all’infinito, e risultando flessibile alle variabili che possono determinarsi in ragione di differenti contesti e del passare del tempo. Ancora una volta la profondità del pensiero di Leonardi supera il quesito iniziale: il modulo Albatros ribattezzato in seguito Struttura Reticolare Acentrata - sfocia in un sistema che può prestarsi alla progettazione di un parco quanto a quella di una strada, di un centro sportivo o di una città.
Il Parco di Bosco Albergati, nel Comune di Castelfranco Emilia, l’inveramento della Struttura Reticolare Acentrata. Questa “città degli alberi” sviluppa il bosco storico a ridosso della cinquecentesca Villa Albergati, estendendolo di quaranta ettari, dove migliaia di alberi e arbusti di diversissime specie sono stati posti a dimora in tre inverni successivi. Ogni albero è collocato in un nodo della rete e le distanze sono studiate per permettere l’accrescimento spontaneo della chioma, escludendo ogni possibilità di interferenza tra un albero e l’altro.
La disposizione degli alberi risponde dunque ad un principio razionale, che tuttavia non risulta decifrabile se non alla vista aerea: nel parco pensato a partire dagli alberi, dove l’uomo è ospite, il progetto realizza l’ambizione di rassomigliare le proporzioni delle forme naturali – nella consapevolezza di non poterle eguagliare - culminando nella sua stessa scomparsa all’occhio umano.
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GREEN THINKING
I Solidi: tra modularità e materia Cesare Leonardi, appena ventiduenne, flette un foglio di carta immaginando un elemento unico e curvilineo entro cui siano ricompresi, in fluida continuità, tutti gli elementi di una poltrona: seduta, schienale, bracciolo. Nasce così la poltrona Nastro. Un’idea simile ispirerà circa una decina d’anni dopo il Dondolo, che nel 1972 diverrà oggetto simbolo del design italiano alla mostra del MoMa di New York Italy: The New Domestic Landscape. L’architetto che svilupperà i Solidi a partire dal 1983 è lo stesso, ma la sua ricerca lo ha spinto in pro-
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fondità, conducendolo dalla progettazione di un oggetto a quella di un sistema. Il pensiero che soggiace ai Solidi è infatti consanguineo a quello della SRA: Leonardi vuole andare alle radici di una progettualità, stabilire delle regole e costruire un linguaggio. Per farlo parte da materiali di facile reperibilità: le tavole in legno d’abete verniciate in giallo e solitamente impiegate come casseformi per il calcestruzzo. Entro un perimetro che è quasi sempre lo stesso vengono individuati gli elementi che comporranno il solido, senza scarto di
materiale. A partire da un limite apparentemente angusto Leonardi disegna e realizza oltre trecento combinazioni, a loro volta componibili in ulteriori varianti che possono scaturire da una diversa configurazione del montaggio dei pezzi. L’attenzione per il processo è rinvenibile nel volume Cesare Leonardi, Solidi/Solids 19831993, curato da Giancarlo Martinelli, che ne ricostruisce ogni fase: dalle bozze di studio al Solido completato e fotografato da ogni ango-
lazione. Leonardi lavora per sé, pensa l’ambiente, la socialità e finanche la vita per forme. La ricerca, apparentemente costretta in un recinto autoimposto, invero si svolge e si rinnova libera da condizionamenti dettati dal mercato e dalle mode. “Questa è l’idea guida dei progetti, sempre uguale a sé stessa eppure sempre nuova, al punto che mi ritrovo immancabilmente a sfidare il foglio bianco e la tavola gialla. Per chi o che cosa ricomincia l’avventura? Un certo gusto per qualcosa di alieno, il semplice piacere della scoperta del nuovo, il fascino dell’imprevedibile, il piacere di costruire con pochi mezzi qualcosa che appare impossibile”. Cesare Leonardi
55 | lì a poco la produzione passa ad un’altra azienda, la Fiarm-Elco di Scorzè (Venezia)
ph. Stetson Ybarra, Stephen Morgan, Daniel Joseph Chenin
Un’oasi “integrata” nel deserto diventa abitazione immersiva per vivere a contatto con la natura arida e fascinosa della Las Vegas Valley. L’architettura sapiente progettata da Daniel Joseph Chenin mira a massimizzare il comfort termico indoor e gli scorci prospettici.
10 FORT 137 Las Vegas
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Il pluripremiato studio di progettazione multidisciplinare Daniel Joseph Chenin, Ltd. cura il progetto di un’oasi abitativa nel deserto ai margini della Las Vegas Valley, già vincitore di numerosi premi e riconoscimenti del settore per il suo design attento e innovativo. Realizzata per una famiglia che abbraccia uno stile di vita attivo, incline ad esperienze immersive nella natura, la residenza Fort 137 offre viste panoramiche sul circostante Red Rock Canyon ed è concepita come casa contemporanea e calda, al contempo integrata perfettamente nell’aspra bellezza del suo ambiente naturale. Oltre a uno schema distributivo interno che comprende una suite padro-
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nale, una seconda suite, tre camere da letto e un ampio soggiorno con sala da pranzo comune, l’abitazione si focalizza principalmente sull’esterno, che comprende un edificio a pianta circolare, un cortile ombreggiato e un camminamento affacciato sul paesaggio. La rotonda, visibile già dal viale d’ingresso del Fort 137, rende omaggio alle strutture dei vecchi forti dei primi insediamenti che un tempo punteggiavano il paesaggio desertico della valle di Las Vegas. Alta all’incirca 8 metri, funge da transizione tra il caldo esterno del deserto e l’interno più fresco, con una forma conica che contrasta con le linee rette degli spazi abitativi. Entrando nella rotonda, il suono dell’acqua che scorre dalla fontana in pietra del livello
inferiore richiama alla mente l’immagine idilliaca di un miraggio rinfrescante e una scala a chiocciola fornisce l’accesso a una sala sul tetto dotata di un focolare e ampie viste sul deserto. Dopo una fresca pausa, il passaggio dall’esterno all’interno della casa inizia con un cortile ombreggiato e completamente riparato, ideale per pasti e momenti di relax in famiglia, in cui giace sullo sfondo un masso di 75 tonnellate, recuperato dagli scavi nel sito. All’interno della casa, due muri laterali con doppio strato corrono da nord a sud, fornendo protezione dagli elementi esterni e definendo anche i confini della pianta abitata. Tra le pareti perimetrali si sviluppa un’ampia area lounge con area dining, una cucina, un ufficio e una sala cinema, mentre gli spazi più intimi, comprese le camere da letto, si trovano sui lati esterni. UN INDOOR “COMFORT-ORIENTED” Gli spazi abitativi di Fort 137 sono disposti in tre volumi complementari, ciascuno progettato per massimizzare il comfort termico, l’efficienza energetica e l’atmosfera minimalista e rilassante. Incorniciate da telai in acciaio e muri in pietra, grandi vetrate scorrevoli offrono viste panoramiche sia dalla facciata nord che da quella sud. Il loro strategico posizionamento è inoltre studiato per fornire ventilazione trasversale e attirare abbondante luce solare all’interno delle stanze, garantendo tuttavia protezione dalle condizioni più estreme del sole e del vento del deserto.
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Ogni spazio, infatti, a partire dal suo orientamento sino alla progettazione delle sue caratteristiche intrinseche, è pensato per offrire agli abitanti un alto livello di benessere. Anche il lusso discreto dell’interior si inserisce in questa filosofia progettuale che impiega materiali e finiture naturali affini al contesto paesaggistico, quali pavimenti in travertino, soffitti in stucco e pannelli verticali impiallacciati in legno ricostituito, ma anche dettagli in ottone come le maniglie delle porte personalizzate e dei mobili, a immagine e somiglianza di colori e trame delle Red Rock Mountain adiacenti. Fort 137 è stato costruito con un impatto ambientale limitato. Il team di architetti ha applicato numerose strategie di progettazione differenti per compensare l’impronta ecologica della casa e ridurre la sua dipendenza energetica. È stata dunque predisposta un’infrastruttura di pannelli fotovoltaici e una copertura zavorrata con ghiaia che implementano le performance dell’edificio assieme a sistemi di coibentazione, raffreddamento passivo e riscaldamento radiante. Volta alla sostenibilità è anche la scelta di rivestimenti in legno ricostituito derivati dagli scarti di segheria, nonché materiali di provenienza locale e rocce e terra riproposte in modo costruttivo estratte dal cantiere. Inoltre, materiali tra cui acciaio stagionato, acciaio laminato a caldo e travertino sono stati selezionati per la loro capacità di invecchiare e patinarsi con le sabbie del deserto nel corso del tempo, aggiungendo ulteriore colore e texture a un ambiente destinato a integrarsi ancor più profondamente con il territorio naturale circostante. | 60
“Nella ricerca di un’architettura che potesse contrastare il clima caldo e arido del sud-ovest, abbiamo vagliato alcune delle costruzioni insediative dei pionieri del 1800. L’idea di una struttura rocciosa accatastata, simile ai forti progettati dai coloni dell’epoca, ha trovato un riscontro molto positivo anche nella committenza.” Daniel Joseph Chenin
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11 C A N A L E V I G O LU N G O Showroom&Office
Un progetto che affronta i temi dell’innovazione tecnologica unita all’architettura sostenibile, che mira a sviluppare un edificio a basso impatto in tutte le fasi del suo ciclo di vita: dalla produzione al montaggio.
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Canale Vigolungo Showroom&Offices, è un progetto sperimentale che esplora le potenzialità del compensato di pioppo per la realizzazione di strutture prefabbricate. A curarlo, lo studio laa fondato da Lorena Alessio con base a Torino, Taichung e New York. La ricerca del team di architetti ha portato alla progettazione di un nuovo giunto costruttivo denominato PoplyHouse - destinato ad apportare notevoli vantaggi nelle costruzioni a secco. laa ha adottato il nuovo giunto proprio per la realizzazione dell’edificio, sviluppato su 160mq, progettato per ospitare un ampio spazio espositivo e gli uffici dell’azienda italiana E. Vigolungo S.p.A. La considerazione di partenza è che il pioppo rappresenta un materiale dai molti vantaggi e per questo, in fase di sperimentazione, è stato proposto l’utilizzo di un nuovo giunto senza viti, ma solo con un sistema a incastro. Leggero, di colorazione chiara e sfumata e facile da lavorare, questo tipo di compensato presenta caratteristiche estetiche quasi uniche e spesso superiori a quelle di molti pannelli realizzati con altre specie legnose. Il pioppo è un materiale molto sostenibile, derivante non dalla foresta ma dalla coltivazione: caratterizzato da un ciclo di rinnovabilità breve, si sviluppa completamente in circa dieci anni e non esaurisce i terreni agricoli. Inoltre, è una specie vegetale disponibile sul territorio nazionale, che agisce come regolatore delle piene, bio-filtro e mitigatore dell’effetto serra. Il progetto Canale Vigolungo affronta i temi dell’innovazione tecnologica unita all’architettura sostenibile e mira a sviluppare un edificio a basso impatto in tutte le fasi del suo ciclo di vita: dalla produzione al montaggio. Questo nuovo sistema a incastro è stato brevettato come PoplyHouse dal Ministero dello Sviluppo Economico – Direzione Generale per la Tutela della Proprietà Industriale. Si tratta di due pannelli di 25 millimetri di pioppo tagliati a doppia coda di rondine e tenuti assieme da un ‘pettinino’ che unisce anche la traversa perpendicolare di compensato. Sono utilizzati anche controventi in doppio pannello con un’anima in alluminio, presente in tutta la struttura. Tutto questo diventa l’unico elemento strutturale senza cemento, pilastri o travi lamellari. L’edificio è altamente tecnologico e offre
un’atmosfera interna confortevole, grazie a un ambiente naturale dato dall’uso del pioppo in tutti i componenti dell’edificio. Il progetto permette una forte connessione con l’esterno, attraverso le viste sulle aree verdi e collinari. Tra i portali strutturali, una “parete-biblioteca” divide showroom e uffici definendo una continuità visiva di materiali e geometrie. Il compensato di pioppo color arancio caratterizza l’angolo cottura e il bagno. L’uso di elementi prefabbricati e interconnessi garantisce grande facilità e velocità di installazione, montaggio e smontaggio. Sempre per la E. Vigolungo S.p.A. è stato realizzato un altro esperimento con un pavimento in compensato di pioppo e una serie di boiserie che vanno a chiudere e suddividere lo showroom in diversi ambienti, nascondendo al loro interno tutti gli elementi di riscaldamento e condizionamento, così come l’impianto elettrico. Le lampade sono sospese con un effetto nuvola che si collega idealmente alle nuvole che passano nel cielo. Esiste anche una struttura audiovisiva a parete e la possibilità di trasformare lo spazio in una sala conferenze. Il rivestimento esterno è tutto in pioppo termotrattato e, quindi, resistente all’umidità e alla pioggia. Oltre al rivestimento esterno, realizzato in prefabbricazione, sono stati montati dei traversi su cui sono stati appoggiati dei listelli per creare una parete ventilata. In tal modo, all’interno si viene a formare un microfiltro tra il caldo o il freddo esterno e l’ambiente interno. La copertura in alluminio ospita pannelli fotovoltaici, che, assieme alla struttura in legno, permettono all’edificio il raggiungimento della classe A3, estremamente performante. La superficie totale della struttura è di 180 metri quadrati. Altra particolarità del progetto è che il passo tra i due portali è esattamente della larghezza standard della linea di produzione di un pannello di compensato (252 x 187 cm), e questo ha consentito l’assenza di scarto all’atto della realizzazione del semilavorato in azienda. Sono state create altre boiserie con un materiale legnoso di produzione E. Vigolungo, anche qui con una particolare attenzione all’ottimizzazione del taglio per evitare scarti di legno. Con questo progetto, l’azienda ha vinto un premio dell’ASS - Agenzia per lo Sviluppo Sostenibile di Modena come nuovo edificio sostenibile. 65 |
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“L’altra sperimentazione effettuata durante questo progetto è stato portare il tutto in prefabbricazione, anche il solaio e le pareti di rivestimento e la soletta del pavimento. Per fare questo, sono state realizzate delle scatole con la base e la copertura in compensato e riempite in fibre di legno e di travi in modo tale che diventassero portanti. Abbiamo così avuto un cantiere senza polveri e tutto è stato preparato in prefabbricazione sia per il solaio, sia per i rivestimenti interni sia sulla pavimentazione”. Lorena Alessio
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12 PIKES PEAK SUMMIT COMPLEX Colorado Prodotti costruttivi d’avanguardia a basso impatto ambientale sono tra le colonne portanti di una struttura iconica a 4.302 metri d’altezza, tra le più eco-sostenibili degli Stati Uniti.
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Conosciuta anche come la “montagna d’America”, l’iconica Pikes Peak non rappresenta solamente una delle principali attrazioni turistiche dello Stato del Colorado ma è anche una delle cime più visitate al mondo. Il Centro visitatori, esteso su una superficie di 3.530 m2 con ristorante, servizi e aree vendita e gestito dalla città di Colorado Springs che si trova alla base della montagna, è infatti raggiunto da circa 750.000 persone ogni anno, seppur i tragitti che vi conducono non siano di facile percorrenza anche per via del posiziona| 70
mento a 4.302 m sopra il livello del mare. Proprio per questa ragione, la costruzione della struttura ha richiesto un ingente sforzo progettuale, prevedendo peraltro numerose sfide per l’impresa incaricata dei lavori, dal raggiungimento del luogo del cantiere lungo una strada di 30,6 km caratterizzata da tornanti e forti pendenze, all’operare in un ambiente con ridotta quantità di ossigeno. Inoltre, le autorità della città hanno prestato, sin dall’inizio della progettazione, un’attenzione particolare verso l’impatto della costruzione
sull’ambiente, con l’obiettivo di creare un edificio eco-sostenibile sotto ogni aspetto e in grado di ottenere certificazioni prestigiose come LEED e Living Building Challenge (LBC). Tra i fattori rilevanti rientravano, ad esempio, sia il consumo di acqua quasi pari a zero - con la raccolta e il riciclo delle acque piovane e della neve -, sia l’impatto ambientale del trasporto dei materiali da costruzione e la loro stessa performanza.
“Abbiamo richiesto di essere coinvolti sin dalle prime fasi del progetto perché non sempre i progettisti sono al corrente di tutti i prodotti da costruzione disponibili sul mercato e, tantomeno, delle loro certificazioni e vantaggi in termini di sostenibilità ambientale. Siamo orgogliosi di averli supportati nella scelta dei prodotti più adatti a questo progetto e aver contribuito all’ottenimento delle certificazioni LEED e LBC. Abbiamo dovuto calibrare con attenzione tutte le caratteristiche dei nostri prodotti per rispondere ai requisiti di ciascun sistema di certificazione.” Brittany Storm Sustainability Manager Mapei Corp 71 |
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Il progetto del Pikes Peak Summit Complex ha dunque visto il coinvolgimento di Mapei, nota per il suo approccio pioneristico al tema sostenibile e costantemente impegnata sulla ricerca di soluzioni ecocompatibili, per la fornitura di oltre 15 gamme di prodotti e materiali che vantano caratteristiche di bassa emissione di sostanze organiche volatili, utilizzo di materie prime locali e materiali riciclati, dotazione di Environmental Product Declaration, e rispetto delle norme “green” americane. Per Mapei Corporation, consociata statunitense del Gruppo, contribuire a un tale progetto di eccellenza si è rivelata una grande opportunità.
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Brittany Storm, Sustainability Manager di Mapei Corp., si è occupata in prima persona del progetto, lavorando in sinergia con l’impresa esecutrice, l’impresa di posa e i progettisti e proponendo i prodotti più adatti a realizzare un edificio altamente sostenibile. L’INTERVENTO MAPEI Nel monumento che segna la vetta di Pikes Peak è stata assicurata un’adeguata impermeabilizzazione dei sottofondi, tramite l’impiego della membrana elastica Mapelastic Turbo ma anche una corretta posa di lastre in pietra grazie al siste-
ma adesivo a base cementizia Granirapid System, la stuccatura delle fughe con la malta cementizia Ultracolor Plus Fa e la sigillatura dei giunti di espansione con il sigillante elastico Mapesil T. Anche negli spazi interni hanno trovato impiego i sistemi Mapei come quello per la preparazione dei sottofondi di tutti i pavimenti del centro, composto dal primer acrilico Primer L, dal livellante Novoplan Easy Plus e della rasatura Mapecem Quickpatch. Nelle toilette era necessario garantire un’adeguata impermeabilizzazione dei sup-
porti: una sfida vinta grazie a Mapelastic Aquadefense, membrana impermeabilizzante liquida, elastica, ad asciugamento rapido. Sulle scale la posa di ceramica è stata eseguita con l’adesivo monocomponente a base di polimero modificato Ultraflex 3.
e salubrità (il prodotto è batteriostatico con tecnologia BioBlock®); mentre la malta epossidica Kerapoxy Ieg Cq è stata usata per le fughe delle cucine per la sua elevata resistenza a lavaggi frequenti con detergenti enzimatici, alle macchie e alle temperature elevate.
A seconda dell’ambiente e delle condizioni di uso, sono state scelte diverse soluzioni per le fughe: con la malta cementizia Ultracolor Plus Fa sono state stuccate le fughe dei pavimenti ceramici dell’ingresso e delle aree destinate alle vendite; il prodotto epossidico Kerapoxy Cq è stato scelto per le fughe dei bagni, grazie alle sue caratteristiche di ottima pulibilità, resistenza agli agenti aggressivi
Il sigillante Keracaulk s è stato usato per sigillare i giunti presenti tra parete e pavimento e negli angoli del rivestimento ceramico a parete.
Una progettazione accorta e l’utilizzo di sistemi costruttivi e materiali green, hanno valso al Pikes Peak Visitor Centre la certificazione Leed Platinum, ovvero quella più prestigiosa, rendendo questo edificio ad alta quota uno tra i più sostenibili degli Stati Uniti.
Le malte da costruzione, prive di ritiro, Planigrout 755, Planigrout 712 e Planigrout 728 sono state usate per creare le basi cementizie degli impianti destinati al trattamento delle acque reflue. 73 |
ph. Jörg Hempel, Aachen
13 TRA ESTETICA E TECNICA Amburgo
Logiche estetiche e funzionali convogliano in un progetto residenziale che impiega facciate ventilate in materiale Solid Surface high-performance per un risultato contemporaneo e dall’ottimale isolamento termico.
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L’architettura di Amburgo è caratterizzata da un mix eclettico di chiese romaniche, palazzi in stile Art Nouveau ed edifici moderni, proprio come il nuovo D11. Con la sua facciata e il tetto rivestiti con pannelli Corian® Exteriors, il complesso residenziale si pone come accattivante collegamento tra un edificio in stile guglielmino e un funzionale condominio degli anni Sessanta. D11 è situato nel cuore di Grindelviertel, l’ex quartiere ebraico di Amburgo, famoso per la sua ricca storia e per i suoi piccoli negozi e caffè autentici. È costruito su un terreno stretto di 252 metri quadrati che ospitava in precedenza un garage. La facciata liscia in Corian® Exteriors colore Glacier White riprende le linee strutturali del vicino edificio guglielmino, e le decostruisce progressivamente avvicinandosi al palazzo successivo, un edificio degli anni 1960 con cui crea un collegamento attuale grazie al suo tetto a capanna. L’obiettivo di Grasp Architecture, studio curatore del progetto, era quello di creare un condominio contemporaneo e di alta qualità sfruttando al massimo lo spazio disponibile, che fosse in grado di inserirsi in modo armonioso tra i due edifici circostanti, molto diversi tra loro. Per raggiungere lo scopo, è stato progettato un palazzo visivamente monolitico, con la facciata e il tetto interamente rivestiti con 442 metri quadrati di Corian® Exteriors.
duplice vantaggio di ottenere una facciata dal design omogeneo e un isolamento termico ottimale per l’edificio. Non sono mancati nemmeno i motivi ambientali: le facciate ventilate così ottenute sono traspiranti e garantiscono un grande risparmio energetico. COERENZA OUTDOOR E INDOOR Dall’esterno, D11 spicca come fosse una scultura bianca dall’estetica pura e chiara. All’interno, materiali naturali e una combinazione di colori più scuri trasmettono calore e accoglienza. Le tre unità abitative sono state progettate per mantenere la maggior quantità possibile di luce naturale, e sono dotate di numerose finestre di diverse dimensioni. Le aperture a tutta altezza creano una sensazione di spazio e di luce al piano intermedio, mentre il piano terra e il primo piano sono illuminati da aperture orizzontali nel soffitto, che portano un’abbondante illuminazione diurna. L’ultimo piano termina con una terrazza in legno sul tetto che si affaccia sul quartiere.
Il tetto è una sottostruttura impermeabile in lamiera d’acciaio, rivestita con 66 metri quadrati di pannelli Corian® Exteriors a forma di capanna. La scelta del materiale è stata dettata da numerose ragioni. In termini di design, permette di realizzare sezioni di facciata bidimensionali o tridimensionali, nonché elementi affilati per gli angoli e gli elementi dell’architrave, creando così connessioni senza giunture apparenti per realizzazioni architettoniche complesse - i dettagli dei bordi del tetto dovevano essere estremamente precisi, ad esempio, poiché le grondaie e i pluviali sono nascosti nella facciata e nel tetto -. È, inoltre, un materiale durevole, facile da riparare e rinnovabile. L’utilizzo dei pannelli Corian® Exteriors per il tetto ha offerto agli architetti il
I pannelli da rivestimento per esterni Corian® Exteriors sono realizzati con Corian® Solid Surface, un materiale non poroso, resistente ai raggi UV e allo sbiadimento. Una facciata con Corian® Exteriors permette di esprimere concetti di design ottenendo i noti benefici delle facciate ventilate. Queste soluzioni consentono all’aria di circolare e creano un ambiente traspirante e a bassa manutenzione, offrendo un ottimo isolamento termico. Mantenere l’edificio asciutto e ventilato ha un impatto positivo sulla salute e sul benessere degli occupanti e ne garantisce l’efficienza energetica. Le facciate ventilate permettono di risparmiare fino al 40% del consumo energetico. 77 |
14 SAFE DESIGN Lago d’Orta
Scelte green e salubrità indoor approdano sempre più spesso anche nel settore residenziale che guarda all’innovazione con progressivo interesse grazie alla sinergia di progettisti attenti, committenze illuminate e prodotti all’avanguardia. Ne è chiara dimostrazione l’abitazione unifamiliare nel circondario novarese di cui varchiamo la soglia.
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Ci troviamo sul Lago d’Orta, precisamente nella suggestiva località di Pettenasco, in provincia di Novara, per toccare con mano l’ideale connubio tra design d’alta gamma, funzionalità e salubrità indoor in una abitazione privata di nuova generazione. La progettazione e la direzione dei lavori sono state affidate allo Studio Tecnico Associato Arch. Stama e Geom. Cammarata, e Geom. Vittoni. Il team ha collaborato con S.R. Progetti per la realizzazione e la fornitura di finiture di interni, pavimenti, rivestimenti, porte e arredo bagno. Tratto distintivo del progetto d’interior è la cura per i dettagli, che si traduce in ambienti domestici armoniosi in cui convogliano modernità, tecnologia e comfort. Dall’area comune con vista sul lago alla zona notte fino all’area wellness con sauna, ogni stanza è inoltre contraddistinta da uno stile che bilancia perfettamente arredi contemporanei con elementi dal fascino country-chic. Per valorizzare questo contesto e riscaldare gli spazi uniformando la metratura con un occhio di riguardo per le performance ambientali è stato impiegato un parquet di alta qualità, posato senza soluzione di continuità, che presenta proprietà tecniche elevate oltreché un aspetto caratteristico. UN PARQUET “CIRCOLARE” E ATTENTO ALLA SALUTE Per le peculiarità che lo caratterizzano, è stato scelto il pavimento in legno prefinito 2 strati (dimensioni: mm 13/15(4) x 180/200 x 800/2400) B. LOGIC appartenente alla linea VEINS di Bruno Parquet. Si tratta di una collezione sartoriale ad “alto tasso di sensorialità”, una proposta emozionale che incontra ogni gusto e ogni esigenza abitativa. La linea vede il legno come materia viva, ecologica e riutilizzabile, puntando su essenze prestigiose, lavorazioni superficiali materiche e finiture naturali. La particolarità del pavimento in legno B. LOGIC, è data, tuttavia, dalla sua provenienza. Il parquet, infatti, è creato con vecchie travi di recupero provenienti dalla struttura di vecchi tetti. Il materiale rinasce dunque grazie alle sapienti tecniche produttive dell’azienda, promuovendo una circolarità preziosa per l’ambiente e garantendo al contempo unicità al design d’interni. Il parquet è stato inoltre completato con la finitura a olio naturale LegnoAria+ senza emissioni nocive: un trattamento ecologico che penetra in profondità proteggendo il legno, esaltandone la morbidezza e il naturale aspetto della venatura. Frutto dell’attenzione di Bruno Parquet al benessere fisico e psicologico della persona e alle sempre più esigenti richieste in materia di green building, LegnoAria+ presenta 100% di residuo secco e bassissima emissione di VOC (Composti Organici Volatili). I prodotti con finitura LegnoAria+ sono stati testati da EUROFINS (DK) e CATAS (IT) e sono risultati conformi alle più importanti normative europee e ai più noti schemi certificativi su base volontaria in materia di bassa emissione di VOC, mostrando risultati che rientrano appieno nei valori limite delle migliori classi di certificazione.
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GREEN LIVING
BRUNO PARQUET La storia imprenditoriale della famiglia Bruno comincia nel 1929, quando la società BRUNO GB era una fiorente realtà nel commercio e segagione del legname. Ben presto l’attività si espande e comincia la produzione e il commercio del parquet. Grazie agli oltre 90 anni di attività e 4 generazioni, Bruno Parquet è oggi un’azienda di grande esperienza e professionalità, riconosciuta per l’ottimo standard qualitativo delle specie legnose e dei prodotti finiti, oltre che per la grande attenzione verso i clienti e per il pieno rispetto del patrimonio boschivo e l’impatto ambientale. La profonda conoscenza del legno, unita alla qualità della materia prima, all’origine comune delle partite di legname e al controllo accurato in ogni fase produttiva fanno dei parquet Bruno un’eccellenza del made in Italy. Tutti i prodotti Bruno Parquet sono a norma CE e rispondono agli standard stabiliti dalle più recenti normative europee. | 82
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GREEN BUILDING COUNCIL ITALIA
di Chiara Poggi
Una delle principali sfide dei nostri tempi è la promozione dell’architettura sostenibile e il Green Building Council Italia, organizzazione italiana parte del World GBC, la più grande rete internazionale dedicata all’edilizia sostenibile, svolge un ruolo fondamentale in questo contesto. La sua missione? Guidare la trasformazione sostenibile del settore edilizio italiano, lavorando per un ambiente costruito completamente decarbonizzato, circolare, inclusivo, salubre e resiliente. Il tutto con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita di coloro che abitano e usufruiscono di questi spazi. Il Presidente Fabrizio Capaccioli ci spiega come GBC Italia sta contribuendo concretamente a questo ambizioso obiettivo.
Quali sono le attività che GBC Italia sviluppa in linea con le strategie del World GBC, di cui è membro stabile? GBC Italia opera in stretta sinergia con una vasta rete composta da oltre 350 soci che abbracciano l’intera filiera dell’edilizia. Questa partnership allarga la portata della nostra missione e ci consente di lavorare insieme per promuovere l’architettura sostenibile. La nostra voce è ascoltata a livello istituzionale. Abbiamo un ruolo attivo nell’advocacy, impegnandoci nel dialogo con le istituzioni locali e nazionali. Partecipiamo a tavoli di sviluppo strategico e di normazione e stringiamo accordi e avviamo iniziative con enti pubblici e associazioni del settore. Il nostro obiettivo è contribu-
ire alla creazione di politiche e regolamenti che favoriscano la sostenibilità nell’edilizia. Inoltre, promuoviamo e sviluppiamo sistemi di rating che valutano la sostenibilità ambientale degli edifici. La certificazione è uno strumento fondamentale per identificare e premiare l’ecocompatibilità delle costruzioni. Anche la comunicazione è un mezzo cruciale. Organizziamo eventi, seminari e workshop che coinvolgono i principali stakeholders pubblici e privati. Attraverso una rete di contatti qualificati, diffondiamo la cultura della sostenibilità e condividiamo le ultime novità del settore. Poi, non ultima, la parte relativa all’apprendimento: offriamo corsi di formazione indirizzati a professionisti, aziende e operatori del mer-
cato. Il nostro obiettivo è diffondere le conoscenze necessarie per adottare pratiche edilizie sostenibili e cruciale risulta la formazione su temi quali “Whole Life Carbon”, circolarità, metodologia BIM e digitalizzazione del processo edilizio. In questa direzione va il progetto LIFE TOP CLeveR, che, a partire da ottobre 2023, vede impegnati diversi GBC europei sotto il coordinamento di GBC Italia per sviluppare e testare programmi formativi rivolti sia ai professionisti che ai lavoratori del settore. Può spiegarci in che modo il sistema di certificazione LEED® è stato adattato alla realtà italiana e come ha influenzato il mercato delle costruzioni sostenibili in Italia? GBC Italia collabora con USGBC andando a supportare il sistema di certificazione LEED in Italia attraverso attività di promozione e formazione. Il primo protocollo di casa GBC Italia (LEED Italia Nuove Costruzioni e Ristrutturazioni) è stato proprio sviluppato come versione italiana di LEED 2009. Da questa esperienza sono nati poi i protocolli GBC Italia attualmente disponibili, tra cui GBC Historic Buildings pensato per il patrimonio di edifici storici della realtà italiana / GBC Condomini per l’applicazione nel caso di interventi di “deep-renovation” di edifici residenziali multifamiliari. Secondo quanto presentato a giugno nel primo Impact Report sull’edilizia sostenibile certificata, redatto dal Green Building Council Italia, in collaborazione con The European House Ambrosetti, in Italia lo stock di edifici certificati con i rating delle famiglie LEED e GBC Italia al 2023 ha garantito un risparmio di 330 mila tonnellate di scarti edilizi, 170 mila tonnellate di CO2 e di 1,3 miliardi di litri d’acqua potabile, per un valore economico di 111 milioni di euro. Guardando al futuro in una visione prospettica 2023-2030, nell’auspicabile caso in cui le filiere edile ed immobiliare, i progettisti, i policy makers, continueranno a credere nell’adozione dei protocolli della famiglia LEED®- GBC, l’impatto aggiuntivo al 2030 sarebbe pari a 121 milioni di euro ogni anno (e questo solo per i nuovi edifici certificati). Il risparmio di CO2 sarebbe di 304.641 tonnellate; i litri d’acqua risparmiati ogni anno ammonterebbero a 2311 milioni; i rifiuti in meno nel periodo sarebbero 603.562 tonnellate.
Quali sono i principali vantaggi che il sistema trae dall’edilizia sostenibile? Tutti aspirano e hanno il diritto di vivere in una casa confortevole e salubre, ma ancora oggi molte abitazioni non lo sono. Questo, probabilmente, è dovuto alla mancata conoscenza degli elementi che creano il “comfort abitativo” o alla falsa idea che un edificio confortevole e sicuro costruito, ricostruito o rigenerato secondo protocolli di certificazione energetico-ambientale, sia anche un edificio costoso da realizzare. Non è così. Gli edifici green offrono una serie di vantaggi per gli sviluppatori e proprietari, che spaziano dalla sicurezza di un investimento in grado di mantenere il proprio valore nel tempo, alla garanzia di un’ottimizzazione dei costi di costruzione, ma anche operativi e di gestione. Puntare sull’edilizia sostenibile è anche un investimento di più ampia portata e sull’immagine della propria impresa. Significa dimostrare la propria azione nel contribuire agli obiettivi di decarbonizzazione di portata globale, ad esempio sottoscrivendo il Net Zero Carbon Buildings Commitment1, il quadro di impegno sviluppato dal World GBC per promuovere azioni di leadership climatica che dimostrino l’urgenza e la realizzabilità di edifici a zero emissioni di carbonio. Come il GBC Italia sta lavorando per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sull’importanza dell’architettura sostenibile e del green building? In GBC Italia, trattiamo il tema della sostenibilità nelle filiere edile ed immobiliare da ben prima che diventasse mainstream e, se lo è oggi, è anche grazie al lavoro incessante di professionisti, gruppi di lavoro, aziende, stakeholders, università, gruppi di pressione, decisori sensibili alle “nostre” tematiche. La capacità di essere aggreganti, di essere sempre più un polo di riferimento e, allo stesso tempo, attrattivo, sta facendo del Green Building Council Italia il luogo facilitatore in cui privato e pubblico si incontrano proprio per facilitare il processo di umanizzazione delle città, a cui l’approccio olistico dei nostri Protocolli tende, si tratta di un cambio di paradigma culturale, oltre che di approccio tecnicoscientifico.
Lavoriamo per sensibilizzare e influenzare le politiche di pianificazione urbana per favorire la creazione di comunità sostenibili, incentivate a ridurre il consumo di risorse naturali e per rendere tale consumo ridotto e responsabile. Quali sono le prospettive future e quali sfide dobbiamo affrontare per raggiungere gli obiettivi nel settore edile e architettonico? La situazione attuale pone delle sfide senza precedenti, non solo a livello nazionale e non solo per il nostro settore. L’IPCC2 lo scorso marzo ha messo in evidenza come le attività umane dell’ultimo secolo abbiano già causato un riscaldamento globale di 1,1°C rispetto ai livelli preindustriali. Tenendo dunque a mente gli impegni assunti con l’Accordo di Parigi, è necessario accelerare il passo verso la decarbonizzazione in tutti i settori. Per quanto riguarda l’ambiente costruito, la panoramica “Decarbonizzare il ciclo di vita dell’ambiente costruito. Roadmap italiana per raggiungere gli obiettivi climatici al 2050”, lanciata lo scorso dicembre, propone tempi e modi di un percorso di decarbonizzazione specificatamente sviluppato per il contesto italiano. La strada indicata è quella di perseguire una visione “Whole Life Carbon” che prenda in considerazione le emissioni lungo l’intero ciclo di vita degli edifici, progredendo quindi verso edifici a emissioni nette zero. Tutto ciò si potrà realizzare attraverso un approccio sistemico con il coinvolgimento e la sinergia di tutti gli attori della filiera, integrando e promuovendo i progressi scientifici e tecnologici della ricerca e del mercato.
Punto focale di tutte le azioni resta l’uomo, il suo benessere, la sua centralità, per promuovere quello che chiamo un nuovo umanesimo della sostenibilità
A che punto è l’Italia rispetto agli altri Paesi nel percorso di sensibilizzazione e di attivazione sul fronte del costruire a basso impatto? L’Italia si staglia nel mondo e in Europa per la quantità di edifici registrati e certificati LEED. Il nostro Paese è all’ottavo posto nel mondo e si posiziona seconda tra i paesi europei, dopo la Spagna, ma è al momento il Paese che presenta la maggior crescita percentuale, a dimostrazione della domanda sempre crescente di edifici green certificati secondo i protocolli della famiglia LEED e GBC.
Tra le città europee, Milano è quella che negli ultimi decenni ha accolto maggiormente la sfida per una trasformazione urbana verso un modello di città sostenibile e smart, è la prima italiana per numero di edifici certificati e la prima al mondo con un intero quartiere - Porta Nuova - integralmente certificato Un cambiamento importante, voluto da imprese, progettisti, decisori politici, cittadini, investitori in un contesto che sempre è stato il motore dell’innovazione del nostro Paese. Questo cambiamento è stato definito come Rinascimento Green di Milano, ma per essere davvero tale ha bisogno che sia percepito non solo dagli addetti ai lavori. È la percezione da parte dei comuni cittadini l’elemento
più importante, affinché le scelte diventino un successo per la comunità che la abita. Tuttavia, la vera sfida è estendere questi ottimi risultati all’intera nazione. È il nostro impegno. Intanto, i dati dell’Impact Report segnalano l’interesse e l’impegno del settore nel perseguire una trasformazione sostenibile. GBC Italia aderisce, inoltre, alla rete europea del World GBC per lavorare in maniera sinergica alla sensibilizzazione e all’implementazione di misure rilevanti a livello nazionale ed europeo. Il progetto Building Life ne è la dimostrazione: dieci GBC nazionali hanno sviluppato presentato nel 2021 la EU Policy Whole Life Carbon Roadmap e ciascuno ha sviluppato una roadmap di decarbonizzazione studiata per il proprio contesto nazionale, allineata agli obiettivi europei e al quadro della “Visione strategica europea a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra”.
Quale messaggio vorrebbe condividere con i lettori riguardo all’importanza dell’architettura sostenibile? Un’edilizia sostenibile non solo è possibile, ma esiste già oggi. Si può attuarla grazie a materiali virtuosi, attraverso protocolli e rating che consentono di progettare, costruire e manutenere edifici non solo sostenibili, ma anche con una resilienza certificata. Ancora molto c’è da fare, specie rispetto alla disomogeneità nella percezione dell’urgenza dei temi della rigenerazione urbana e della resilienza a partire dai 7901 comuni italiani, il cui parco immobiliare necessita, nella gran parte dei casi, di essere rigenerato, perché vetusto, lo sappiamo.
L’approccio a questi temi sarà tanto più efficace, quanto più riusciremo ad essere capillari e determinati. Bisogna accompagnare e supportare le piccole cittadine, i borghi di cui il nostro Paese è pieno, in una politica urbana realmente sostenibile e resiliente, in un’ottica di prevenzione lungimirante e che sia conveniente farlo Gli strumenti ci sono, vanno messi a disposizione di tutti, anche attraverso la spinta decisiva delle istituzioni. Ne sono convinto: i cambiamenti più duraturi, che lasciano un segno, partono sempre dal basso.
Efficienza energetica, comfort e sostenibilità ambientale sono le direttrici del progetto curato da KM429 Architettura che porta alla luce un nuovo complesso commerciale ad uso uffici realizzato con sistema costruttivo ligneo CasaAttiva.
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WOODEN HEADQUARTER Modena
ph. Simone Bossi
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Immaginiamo una città sostenibile, con grandi edifici multipiano in legno dove le persone vivono, lavorano e studiano in spazi salubri, antisismici ed ecocompatibili. Dove la progettazione delle abitazioni non è solo una questione estetica, ma riguarda anche il benessere interno. L’obiettivo del sistema costruttivo ligneo CasaAttiva è garantire il benessere abitativo dei propri clienti e offrire significativi risparmi economici nella gestione degli immobili, coniugando l’architettura moderna con l’efficienza e la solidità della bioedilizia, attraverso la realizzazione di case in legno che si distinguono per la loro bellezza, funzionalità ed ecologia. Le case prefabbricate in legno sono eccezionali dal punto di vista energetico, con la quasi totalità del fabbisogno termico soddisfatto dalla struttura stessa. Il legno è un isolante naturale che regola l’umidità e i sistemi costruttivi CasaAttiva ne potenziano le caratteristiche, dando vita a edifici che richiedono un consumo minimo di energia. Inoltre la prefabbricazione degli elementi strutturali comporta due grandi vantaggi. Il primo riguarda la precisione nel montaggio degli edifici. In pratica, tutti i pannelli strutturali che contribuiscono a definire la forma architettonica vengono realizzati con macchine a controllo numerico in fabbrica, assicurando un totale rispetto del progetto esecutivo e una riduzione al minimo della possibilità di errore.
Il secondo vantaggio è la velocità di costruzione. Realizzare gli elementi portanti delle strutture nello stabilimento, garantendo precisione e tempi rapidi di assemblaggio, è un vantaggio fondamentale, specialmente in aree urbane affollate e con restrizioni al traffico.
sta del consumo energetico. Questo si traduce in un ambiente interno che mantiene una temperatura piacevole, indipendentemente dalle condizioni esterne, contribuendo al comfort abitativo degli occupanti, che lavorano qua da sei mesi e sono felici.
“È possibile ottenere quello che è il sogno di questi edifici, non far percepire la temperatura esterna dall’interno. Il comfort non è più un bene accessorio: vivere e lavorare in questo tipo di edifici fa stare bene” spiega l’Architetto Noale Simone, responsabile tecnico CasaAttiva.
Tutto è mirato a massimizzare l’uso di fonti rinnovabili e neutralizzare l’emissione di sostanze inquinanti. Le strategie adottate per raggiungere standard elevati di efficienza energetica NZEB mirano a migliorare il comfort degli occupanti oltre che dal punto di vista termico, anche da quello acustico e visivo, consentendo una completa e flessibile funzionalità degli spazi. Gli impianti includono un sistema di riscaldamento e raffreddamento a soffitto alimentato da una pompa di calore elettrica collegata al fotovoltaico, insieme a una pompa di calore separata per il riscaldamento dell’acqua calda sanitaria. Inoltre, è previsto un sistema di controllo meccanico della ventilazione per garantire un ambiente salubre.
Il “Wooden Headquarter” a Modena è un esempio concreto di come l’efficienza abitativa, la sostenibilità e il comfort si uniscano in un ambiente di lavoro contemporaneo eccezionale, grazie a CasaAttiva. Il progetto firmato da KM429 Architettura, è un edificio multipiano il cui cuore è rappresentato dai pannelli strutturali XLAM. Ogni piano è destinato ad accogliere uffici commerciali, che si estendono su 1000 mq e comprendono aree comuni al piano terra, tra cui una sala mensa, una sala meeting, una reception e uffici distribuiti nei piani superiori. Il sistema costruttivo ligneo CasaAttiva ha giocato un ruolo cruciale in questo processo, consentendo di raggiungere importanti risultati. Il progetto è stato classificato nella classe A4 per l’efficienza energetica, il che significa che l’edificio è estremamente efficiente dal punto di vi-
Gli ambienti interni riflettono l’idea di un luogo di produzione e aggregazione, dove l’armonia, l’eleganza e la stimolazione regnano sovrani. Gli interni comunicano con l’esterno attraverso ampie vetrate, mantenendo al contempo una certa discrezione. Il piano terra ospita gli spazi comuni e le aree dedicate al relax e al fitness, con una sauna e una palestra completa di spogliatoi. Le scale, collocate stra-
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tegicamente al centro dell’edificio, conducono ai piani superiori, dove si trovano gli uffici operativi in stile open space. Le postazioni sono state progettate per massimizzare la flessibilità, consentendo lo spostamento delle scrivanie in base alle esigenze presenti e future. Grazie a CasaAttiva è possibile ottenere un edificio di alta qualità, efficiente ed esteticamente gradevole senza compromettere la rapidità di costruzione e la gestione dei costi.
CasaAttiva Nasce nel 2001 da Il Legno su Misura S.r.l., azienda a conduzione famigliare con oltre trent’anni di esperienza nel settore legno. Da subito il marchio si propone sul mercato come realtà specializzata nella progettazione e realizzazione di case in legno su misura. CasaAttiva è formata da una squadra eterogenea di architetti, ingegneri, tecnici e carpentieri che uniscono l’esperienza nella lavorazione del legno all’innovazione tecnologica nel campo della bioedilizia. La ricchezza di competenze tecniche e manageriali permette all’azienda di porsi a progettisti e committenti come unico interlocutore per la realizzazione di progetti edilizi sostenibili. La qualità dei materiali, delle lavorazioni e dei processi produttivi di CasaAttiva è garantita da importanti certificazioni ottenute negli anni, tra cui SALE, PEFC e CE.
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ph. Noughts and Crosses & Andre J. Fanthome
17 GIRLS HOSTEL BLOCK Nuova Delhi
Il mattone faccia a vista plasma un edificio sostenibile in un progetto volto al comfort termico che reinterpreta l’architettura vernacolare indiana.
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Un complesso di 2.300 mq con residenze in grado di accogliere 130 studentesse, dotato di zona mensa, ampie aree ricreative e spazi all’aperto, ma soprattutto un eccellente esempio di sostenibilità ed efficienza energetica. È l’ostello femminile del St. Andrews Institute of Technology and Management di Gurugram, a sud di Nuova Delhi, progettato dallo studio di architettura Zero Energy Design Lab di Nuova Delhi. Le torride estati della regione, con temperature intorno ai 40°C da aprile a ottobre, hanno indotto il team guidato da Sachin Rastogi a reinterpretare l’architettura vernacolare indiana utilizzando un materiale semplice come il mattone faccia a vista per ricoprire interamente l’edificio. Il St. Andrews Girl’s Hostel è composto da una serie di spazi multidimensionali, disposti in ordine gerarchico attraverso il metodo della stratificazione adattiva, principio secondo cui le persone sperimentano il comfort in modo diverso e si adattano alle condizioni interne a seconda dell’abbigliamento, delle attività e delle condizioni fisiche generali. La caratteristica distintiva del dormitorio è il suo esoscheletro costituito da una doppia pelle (mattoni e cemento), studiata per proteggere la struttura dai raggi solari e offrire ampi spazi di socializzazione. La doppia facciata crea uno strato semipermeabile che controlla il flusso d’aria e regola la temperatura tra l’ambiente esterno e quello interno.
Il design rievoca l’architettura della tradizione locale caratterizzata da ampi cortili che proteggono dall’aria calda evitando un raffreddamento costoso e ad alta intensità di carbonio. Il mattone jaali, o mattone perforato, ricopre la maggior parte della facciata: ogni pezzo viene ruotato in modo da formare un angolo preciso, così da bloccare la radiazione solare diretta. Gli jaali creano infatti una zona filtro tra interno ed esterno migliorando il comfort termico e favorendo l’illuminazione naturale. Lo schermo della facciata esterna è stato invece realizzato in blocchi di calcestruzzo pigmentato color rosso mattone, che forniscono una massa termica adeguata ad assorbire il calore riducendo l’abbagliamento. Sulla base del principio di Bernoulli, il volume d’aria passante attraverso la massa perde via via calore tramite la compressione. La facciata a doppia pelle agisce come massa termica riducendo del 70% le radiazioni dirette e del 35% i carichi di raffreddamento meccanico, garantendo un notevole risparmio di energia. I risultati sono migliorativi rispetto agli standard indicati dall’Energy Conservation Building Code indiano.
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18 TRONCACCIO E CORTENZIO Pillole di green building e innovazione sostenibile
ph. Mattia Aquila 99 |
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PROLOGO Tra le aggraziate colline Franciacorta è avvolto un esteso podere in cui trova spazio - e applicazione un progetto residenziale ispirato ad armoniose note di green building . L’unico assillo del fattore è l’abbattimento - progettualmente necessario - di un gruppo di noci nazionali, patriarchi indiscussi del fondo. Storicamente il Noce nazionale simboleggia luoghi di incontro e confluenza: come rievocarli in un contesto living teso alla preservazione? La clinica del Legno di MF Design ha realizzato un progetto che rinsalda il legame tra innovazione e ancestralità.
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di Marco Piccoli
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iamo stati fortunati” sospira l’anima di Troncaccio, scalfendo la quiete del radioso salone a spinapesce italiana. “Già, indubbiamente” concede quella di Cortenzio, addensata un po’ più in là, oltre la zona giorno della residenza Monticelli Brusati. “In fondo, siamo rimasti qui, dove siamo nati, nella terra che accolse generosamente le nostre radici”. Al crepuscolo di Ponente, gocciolano gli ultimi istanti di una fioca luce primaverile, mentre sul podere imbrunito si distendono placide le ombre delle colline Franciacorta. “E pensare che per anni abbiamo sfrondato al vento, a pochi passi da qui, ricordi?” rilancia
vagamente nostalgico Troncaccio. “Sì, certo, ma a quest’ora potevamo essere mobili , capisci? Transitori, provvisori, sempre in balìa degli eventi. O semplicemente, fusti di noce nazionale alla mercé del mercato. E invece siamo molto di più: ci hanno rivitalizzato, ci hanno trasformato in tasselli bisellati e interconnessi, 200 mq di elegante spinapesce italiana, sospesi tra arte e design. Non sei d’accordo, Troncaccio?” “Altroché! Ora che ci hanno posato qui… siamo diventati il palcoscenico delle migliori serate nello chalet, e possiamo persino goderci i bagordi dei tornei di poker in incognito!” L’ilarità di Troncaccio viene perforata dai sette rintocchi della pieve del podere, a qualche centinaio di metri più a nord. “Ho sentito un po’ di malumori levarsi dal vi-
gneto” soggiunge Cortenzio “pare che le viti siano gelose del vignaiolo”. “Naturale che lo siano!” sentenzia Troncaccio. “Da quando le raffiche di Garbino hanno spifferato il gossip del nostro soggiorno tra le Dolomiti Bellunesi… coccolati dai mastri falegnami sedicensi… sai, le vigne più anziane sono un po’ invidiose”. Cortenzio, distinto noce italiano ed ex sentinella del podere, sta al gioco di Troncaccio suo gregario - e rincara la dose: “Ovvio, come non rosicare se fossi una vite? I chirurghi del Legno di MF Design ci hanno trattato come sommi pazienti: tutto il giorno nella spa del Legno, 12 mesi di essiccazione naturale, listel-
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GREEN LIVING
lature di precisione, insomma, da fusti di noce nazionale a tavoloni pregevoli e poi… ” proferisce Cortenzio, in una digressione appena accennata, composta nel fievole baluginio del salone a spinapesce. “Il green building è stata la nostra seconda vita. Ci hanno custodito con riverenza e - subito dopo - riabilitato al ruolo che ci spetta: in fondo, siamo il nobile mantello di casa su cui tutti vorrebbero muovere i loro passi, perché dai nostri tasselli trasuda la storia dei falegnami bellunesi che ci hanno salvato” ribadisce con uno sprazzo di commozione l’ex vedetta del podere Troncaccio. Un altro rintocco di campane spacca la mezza. Un breve tramestio echeggia dall’ingresso, spargendosi nel sontuoso salone in noce. Troncaccio e Cortenzio, eterne anime del podere, si ritirano sommessamente nei ranghi di spettatori silenziosi, disseminando la loro complicità su ogni tassello a fregio MF Design. Lo chalet si popola vivacemente di genuina convivialità: nuovi fasci luminosi sciamano sulla spinapesce arrivata dalle Dolomiti, esaltandone la cura estetica ottenuta grazie alle meticolose lavorazioni sui toni di noce nazionale. Accorrono altre voci. Nell’atmosfera armoniosa che avvolge lo chalet si intrecciano gli accenti, quasi come un vortice di endorfine impazzite. Poi una sciabolata netta recide l’attesa: prorompono un delicato sfrigolio di bollicine - e a seguire - tintinnii di calici a gogò. Nel turbine della festa, Troncaccio e Cortenzio - pur senza volerlo - rapiscono ancora sguardi ammaliati tra gli astanti. Nessuno li riconosce, ma tutti subiscono il fascino del prezioso mantello ligneo - confezionato da MF Design - che inonda il salone di equilibrate geometrie. È sera, e sulla rassicurante trama del Noce italiano, discende un’aura di ritrovata essenzialità.
”
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MF DESIGN Mf Design ha sede a Sedico, nel cuore delle Dolomiti Bellunesi, Patrimonio dell’Unesco, dove l’amore per il legno e la capacità di trasformarlo in emozione vengono tramandati da generazioni, di padre in figlio. Nel laboratorio dell’azienda si pensano e si creano soluzioni personalizzate per ogni progetto, residenziale o Ho.RE.Ca, sia che si tratti di pavimento o di rivestimento o ancora di un complemento d’arredo: si personalizza perfino il profumo dell’olio utilizzato per proteggere il legno. Da molti anni il core business di MF Design è lavorare, con sapiente artigianalità e innata passione, il legno recuperato per riportarlo a nuova vita in location al passo con i tempi. Salute e benessere, inoltre, rappresentano nella filosofia aziendale i primi valori da tutelare, e proprio per questo ogni lavoro realizzato rispetta rigorosamente i principi di sostenibilità ambientale. L’etica con cui MF Design opera è peraltro ufficialmente riconosciuta: PEFC, che certifica la provenienza dei legni nuovi da deforestazioni controllate, FSC, che promuove la gestione responsabile di foreste e piantagioni, LEED che certifica il basso impatto ambientale degli edifici grazie all’utilizzo dei prodotti idonei, hanno riconosciuto ad MF Design i requisiti necessari per ottenere le omonime certificazioni. MF Design si impegna nella ricerca e nel recupero di legno italiano, al fine di disincentivare il disboscamento massiccio, ridurre lo spreco e rispondere con consapevolezza e responsabilità al tema sensibile dell’ecosostenibilità. Il legno proviene da masi, stavoli, fienili, case di campagna, botti, travature, ma anche da castelli, barche, pontili e briccole veneziane. Il legno reperito viene scrupolosamente controllato e sanificato per riutilizzarlo dando vita a prodotti adatti alla bioedilizia.
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WATERFRONT RESTYLING Cattolica
Studio Medaarch ripensa il lungomare Rasi Spinelli e la Sala Consiliare di Palazzo Mancini puntando su materiali eco-attivi Active Surfaces®. Un progetto di riqualificazione e rifunzionalizzazione urbana in chiave green.
GREEN BUILDING
Il waterfront Rasi Spinelli di Cattolica, nota località balneare della riviera romagnola, è stato oggetto di un piano di interventi volti alla sua riqualificazione e completa rifunzionalizzazione. Centrale nel progetto, curato dallo studio Medaarch, è stato il concetto di riconnessione tra mare, spiaggia e città attraverso soluzioni che, rispettando gli elementi storico-architettonici identitari del luogo, offrissero angoli di verde e spazi dedicati alla socializzazione da vivere tutto l’anno. Il restyling, che ha riguardato circa 800 metri di lungomare con larghezza media di oltre 20 metri, regala ora a turisti e cittadini uno sguardo ininterrotto verso l’orizzonte e un effetto | 106
visivo uniforme grazie alla scelta di materiali coordinati e all’assenza di dislivelli tra il piano pedonale, stradale e ciclabile. La passeggiata è stata poi valorizzata non solo dalla creazione di una wellness arena fornita di attrezzi per l’allenamento, ma anche da piste ciclabili, aree relax e dall’organizzazione di eventi per favorire esperienze tra natura e città. UN PAVIMENTO ECO-ATTIVO Rientra nell’importante operazione di riqualificazione il rinnovo della pavimentazione, oggi sostituita con le superfici ceramiche Active Surfaces® di FMG Fabbrica Marmi e Graniti, Brand di Iris Ceramica Group. Puntando su
una continuità estetica e cromatica, il waterfront - comprensivo del passaggio pedonale sopraelevato Guido-Paolucci - è stato rivestito con circa 10.000mq di Quarzite da 60x60 cm nella versione Active Surfaces®, la ceramica eco-attiva con proprietà antibatteriche e antivirali (anche contro il SARS-CoV-2), antinquinamento, anti-odore e autopulenti, certificate secondo norme ISO. Grazie all’esposizione alla luce naturale e all’umidità presente nell’aria, è in grado di eliminare batteri, virus, funghi e muffe, cattivi odori, contrastare la formazione di particelle inquinanti e impedire allo sporco di aderire. A queste quattro importanti azioni che non si esauriscono nel tempo, si
aggiunge l’eco-sostenibilità perchè le superfici sono composte per il 40% da materiali riciclati e sono prodotte in stabilimenti a zero emissioni di COV. In armonia con le caratteristiche paesaggistiche del lungomare di Cattolica, Quarzite è stato scelto nei toni Sabbia e Ghiaccio, presenta inoltre la finitura Strutturato con coefficiente di attrito e scivolosità R11 per garantire una fruizione ancora sicura da parte degli utenti. Grazie alle caratteristiche superiori in termini di sicurezza, igiene, salubrità e pregio estetico, le superfici ceramiche eco-attive Active Surfaces® sono state utilizzate anche nella sede del Comune di Cattolica, Palazzo Mancini, che è stato sottoposto a mirati lavori di efficientamento energetico e miglioramento antisismico. All’interno dell’edificio, sul pavimento della
Sala Consiliare di circa 380 mq si trova l’innovativo Urban Dove Active, da 60x60 cm con spessore 8 mm. Il piano di riqualificazione di Cattolica evidenza le qualità dei materiali Active Surfaces® e le loro grandi potenzialità in termini di utilizzo. La trasversalità d’impiego è frutto di una continua ricerca e sviluppo condotti dal Gruppo, impegnato da sempre a proporre soluzioni non solo esteticamente di pregio ma anche innovative e Planet-friendly. I materiali Active Surfaces® rappresentano infatti una scelta consapevole in quanto capaci di garantire affidabilità e durevolezza nonché praticità e facilità di manutenzione - aspetti di fondamentale importanza in opere al servizio della collettività - sempre nel rispetto dell’ambiente.
IRIS CERAMICA GROUP Iris Ceramica Group è punto di riferimento per il design e lo sviluppo di superfici naturali in ceramica di alta gamma destinate a soluzioni innovative e progetti di architettura. Con oltre 60 anni di esperienza imprenditoriale, il Gruppo è presente in più di cento Paesi, con una vocazione ben precisa: reingegnerizzare questo materiale naturale per migliorare l’interazione uomo-ambiente. Il Gruppo, che conta circa 1500 dipendenti nel mondo, guidato dallo spirito imprenditoriale del CEO Federica Minozzi, ha sede a Fiorano Modenese, con sei stabilimenti in Italia tra le province di Modena e Reggio Emilia – e due siti produttivi all’estero, in Germania e Stati Uniti. Il Gruppo opera nel mercato di alta gamma con differenti marchi storici, riconosciuti tra i più importanti player del Made in Italy nel panorama internazionale. Tra i più prestigiosi nel settore design e architettura: Ariostea, Fiandre Architectural Surfaces, FMG - Fabbrica Marmi e Granti, Iris Ceramica, Porcelaingres, SapienStone e Stonepeak Ceramics. Sostenibilità, innovazione, qualità d’eccellenza e bellezza sono i capisaldi su cui si fonda l’Azienda, che attraverso il proprio team R&D ha sviluppato superfici sostenibili come Active Surfaces® e la Ceramica 4D, la soluzione innovativa di decoro ceramico Design Your Slabs, le superfici smart Hypertouch e il sistema di posa magnetica Attract di Granitech. Negli anni il Gruppo ha ottenuto certificazioni di prodotto e di sistema che ne confermano il raggiungimento dei più elevati standard in diversi ambiti, dalla sicurezza alla sostenibilità. Tra le più importanti rientrano: EPD®, LEED e BREEAM, Greenguard e Greenguard Gold, NSF, Cradle To Cradle Certified® Silver, Ecovadis e diverse certificazioni ISO. 107 |
20 TONEHEIM FOLK HIGH SCHOOL Norvegia Una “architettura del benessere” per agevolare lo studio e la socialità. Un luogo dove le tradizioni incontrano la progettazione moderna.
ph. Fredrik Myhre, Ola Spangen, Niklas Hart
GREEN BUILDING
La practice norvegese ASAS arkitektur ripensa lo studentato della scuola superiore dedicata alla musica Toneheim Folkehøgskole, alle porte della città di Hamar, in Norvegia. Il piccolo villaggio in legno è stato costruito attorno ad un cortile interno comune articolato secondo la tipologia tradizionale norvegese chiamata “tun”. La nuova struttura è vernacolare e profondamente radicata nel sito e nella sua storia locale. IL CONCEPT L’idea architettonica alla base è quella di un semplice elemento costitutivo, ripetuto e variato a seconda della sua collocazione nel luogo e del suo orientamento. Attraverso questo principio, il terreno viene lasciato per lo più invariato e ad ogni blocco edilizio viene assegnato un ingresso accessibile. Ogni blocco è composto da cinque camere da letto per due persone, una sala comune con cucina e soggiorno e un bagno. Le sale comuni e le zone d’ingresso sono tutte orientate verso il cortile. Ogni studente attraversa la sala comune mentre entra ed esce dall’edificio, fattore che implementa, peraltro, l’interazione tra le persone. FLESSIBILITÀ ED EFFICIENZA La pianta è compatta e vanta edifici efficienti in termini di spazio, energia ed economia. Gli schemi flessibili delle camere da letto consentono una rimodulazione dell’arredamento a seconda delle necessità e sono accessibili anche alle persone con difficoltà motorie. Lo spazio di stoccaggio nelle camere è massimizzato, con spazio sia sotto il letto che in una nicchia a muro situata al di sopra. SCALE MULTIFUNZIONALI Le scale sono integrate nella sala comune e grazie alla loro conformazione modellano spazi più piccoli e raccolti in cui rilassarsi, stabilendo connessioni tra la dimensione privata e quella sociale, nonché tra interno ed esterno. Le scale rappresentano anche un importante elemento a fini visivi e strutturali ma anche sul fronte ambientale, con i lucernari posizionati sopra i vani che contribuiscono a far circolare maggiormente la luce lungo le pareti. | 110
PAESAGGIO Per garantire il buon funzionamento della grande area outdoor, sono state introdotte nuove zone intermedie, costituite a loro volta da spazi più piccoli, arredati con panchine e piante robuste, e collegati agli assi pedonali che attraversano l’area. Piccole panchine esterne sono state allestite anche nella parte anteriore degli edifici e collegano le sale comuni interne con il cortile. Nei percorsi pedonali non mancano inoltre sistemi integrati per garantire l’orientamento ai non vedenti. Il legame tra struttura e paesaggio è anche sancito dalla vista sorprendente di cui godono le camere da letto: nei fabbricati a sud e ovest verso la campagna Stangelandet, mentre nei
fabbricati a nord-est l’affaccio è sulla chiesa Vang Kirke. Importante ruolo giocano anche le piante inserite nel giardino, dal carattere tipicamente norvegese: si prediligono alberi da frutto e cespugli robusti che richiedono pochissima manutenzione, tra cui il Juneberry, che fiorisce in primavera e fornisce bacche in autunno, seguiti da alberi, pini e acero palmato Katsura, ideali per colorare il cortile nei mesi autunnali. MATERIALI Tutti gli edifici sono realizzati in legno e cemento, con costruzioni prevalentemente prefabbricate per ridurre i tempi di intervento. Sia per il rivestimento delle pareti interne che per il cladding esterno è stato impiegato legno mas-
siccio di abete, che specialmente in facciata conferisce agli edifici una patina grigia con il passare del tempo. Gli alloggi per studenti sono progettati secondo lo standard della casa passiva. Una pianta compatta e una struttura dell’edificio concatenata forniscono facciate più piccole, limitando così la dispersione di calore dagli elementi costitutivi. Tutte le finestre hanno valori di trasmittanza termica molto bassi consentendo così agli interni di essere ben isolati. Queste caratteristiche contribuiscono significativamente al benessere indoor del nuovo studentato, rafforzate dalla presenza di un cortile esterno ottimizzato e pienamente vivibile.
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ph. LGM Studio
21 LING LING Mexico City
Come evocare la sensazione di trovarsi in un cortile al 56esimo piano? Questo è stato il quesito che lo studio Sordo Madaleno si è posto per la creazione di un ristorante dall’attitudine green ad alta quota nella capitale messicana. Il risultato: uno spazio a tripla altezza con una struttura porticata in legno e una vegetazione rigogliosa ispirata ai caratteristici cortili dell’architettura del luogo.
GREEN LIVING
Il famoso ristorante Ling Ling vanta una posizione privilegiata a Città del Messico: l’ultimo piano di uno dei grattacieli più alti del viale Paseo de la Reforma. Intento del ristorante è invitare i visitatori della città a prolungare la propria permanenza fino alla notte, accogliendoli all’interno di un ambiente attraente e versatile in cui poter godere di un’esperienza rilassata cullati da una delle migliori viste sullo skyline urbano. L’immaginario evocativo che ha guidato lo studio Sordo Madaleno nella connotazione degli spazi è quello delle grandi terrazze e cortili rigogliosi caratteristici dell’architettura messicana. Proprio questa si è rivelata per il team progettuale una delle maggiori sfide: generare la sensazione di trovarsi in un vero e proprio giardino seppur al 56° piano di un edificio cittadino. La risposta a questa esigenza è stata rintracciata nell’adozione di un sapiente approccio formale e di un processo di progettazione che utilizzasse elementi strutturali e metodi costruttivi peculiari per confondere il confine tra architettura e interior design. Da questi accorgimenti deriva dunque la scelta di creare uno spazio a tripla altezza con un layout scandito da volte lignee e da una vegetazione lussureggiante, entrambe fortemente legate al concetto di garden design. Impiegando un’ampia palette di tonalità vegetali e puntando sulla luce come forza trainante dell’intero progetto, il ristorante si presenta come location piena di carattere che porta all’interno - e ad alta quota - l’universo green e arboreo caro alla tradizione del Paese. Ogni spazio non è quindi solamente pensato per ottimizzare la suggestiva veduta sul panorama esterno ma anche per implementare la connessione degli ospiti con la natura. Circondata da una vegetazione rigogliosa, la terrazza si riscopre il vero cuore pulsante del progetto, offrendo un ambiente difficilmente immaginabile all’ultimo piano di un grattacielo ad uso commerciale. Questo spazio beneficia della tripla altezza e della posizione angolare per sorprendere i commensali con una struttura ad atrio vetrata che offre una vista a 270° sulla città. I saloni interni sono racchiusi in un guscio a volta in legno, realizzato con progettazione stereotomica, e sono caratterizzati da un’illuminazione soffusa e un arredamento disegnato su misura. | 114
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GREEN LIVING
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22 LEGNO ALL OVER
Brescia
Uno chalet in mezzo ai monti si veste di legno da cima a fondo per offrire agli abitanti spazi domestici riconcilianti, in costante contatto con gli elementi naturali..
GREEN LIVING
Lungo il percorso di riconciliazione tra struttura, uomo e natura, si tende spesso a concentrare l’attenzione sugli sforzi globali per la conservazione ambientale dimenticando che una parte significativa di questo processo avviene proprio attraverso i luoghi più intimi e quotidiani: gli spazi domestici. Questi possono diventare un terreno fertile per l’implementazione di un rapporto più armonioso con il mondo circostante; così, la loro trasformazione in “oasi” sostenibili non solo può ridurre l’impatto ecologico del costruito ma anche nutrire la connessione profonda tra gli individui e l’ecosistema, promuovendo una variazione positiva nella percezione e nell’azione nei confronti dell’ambiente stesso. In questa prospettiva, l’utilizzo di materiali naturali negli interni più vissuti e il contatto costante con essi rappresentano i catalizzatori di un vero e proprio cambio di paradigma. Questa consapevolezza è alla base dei progetti di ristrutturazione domestica più attenti e all’avanguardia, come questa casa riconvertita in chalet in legno all over, situata nel circondario bresciano. L’origine della parola “chalet” si trova nel termine latino “casa”, che significa luogo riparato. Chi non sogna un rifugio ben protetto in un contesto paesaggistico come quello montano? Caratterizzata dalla tranquillità, dal profumo del legno, dall’artigianato e da un interno emozionante disegnato ad hoc, questa abitazione si fa dunque portavoce di un’architettura a misura d’uomo, rispettosa, accogliente e naturale.
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Da molti anni la famiglia di proprietari, originaria di Bergamo, pensava di acquistare una piccola casa nella vicina Ponte di Legno, per potersi ritemprare nei fine settimana in un rifugio di pace tra le vicine montagne e godersi il tempo libero con figli e nipoti. La scelta è ricaduta su un edificio abitativo da ristrutturare, per renderlo un buen retiro tra i monti, in grado di offrire spazio a tutti i parenti, contemplando perciò un ampio e confortevole soggiorno comune e un numero sufficiente di posti letto. I lavori di rinnovamento hanno visto il coinvolgimento di un imprenditore edile locale e della manifattura altoatesina Zitturi, un tempo falegnameria classica ma da una decina d’anni specializzata nella progettazione di elementi custom per interni di alta qualità. La casa è stata arredata, pavimento in larice compreso, con materiali autentici come il legno di abete rosso antico e massiccio, pietra naturale e tessuti in loden, declinati sapientemente in pezzi su misura dal design contemporaneo. Tra le peculiarità della casa, tuttavia, emerge in particolar modo lo straordinario profumo di abete rosso: un elemento dal forte potere evocativo che concorre all’aumento del comfort abitativo e del relax indoor. Una volta varcata la soglia dello chalet e chiusa alle proprie spalle l’imponente porta di legno, gli abitanti possono così esperire la sensorialità dell’essenza lignea, avvolti dalla fragranza dell’abete, preziosa alleata per creare un ambiente domestico riposante e ricostituente.
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23 STORIE DI SUGHERO Behind the scene
GREEN BUILDING
A visitare le sugherete portoghesi e gli stabilimenti che ne trasformano la corteccia, in particolare quelli che producono il sughero espanso CORKPAN presentato da Tecnosugheri, è subito evidente come il sughero sia l’espressione di un rapporto uomo-ambiente estremamente simbiotico e naturale.
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Tutto inizia con la decortica, l’operazione con cui viene asportata la corteggia dalla quercia. Un rito che inizia all’età di 25 anni della pianta e si ripete poi ogni 9 anni, per circa 15/18 volte.
Seguono la riduzione a granulo e il processo di espansione che consiste nel mettere a contatto il granulo di sughero con il vapore acqueo a circa 350-380°C. Il sughero si espande con un effetto pop-corn e rilascia la suberina, una resina naturale che si liquefa e agisce da unico collante nell’agglomerazione del pannello.
A questo punto, la struttura cellulare del sughero è a cellula chiusa e, per via della suberina raffreddatasi attorno alle cellule, risulta insensibile ad acqua e umidità, pur mantenendo una elevata permeabilità al vapore, caratteristica fondamentale per l’impiego in edilizia. Il pannello così ottenuto, oltre ad essere 100% naturale e da materia prima rinnovabile, per via della fotosintesi ha stoccato CO2 al proprio interno, contribuendo al processo di decarbonizzazione dell’ambiente. Inoltre, a fine vita risulta completamente riutilizzabile ancor prima che riciclabile.
In edilizia, il sughero CORKPAN è utilizzato per cappotti, rivestimenti faccia a vista, ma anche per isolamenti dall’interno e per isolamento di coperture.
Anche per via dell’assenza di collanti sintetici, CORKPAN è l’unico sughero certificato per la bioedilizia da ANAB-ICEA e da natureplus, risponde pienamente ai Criteri Ambientali Minimi e contribuisce in modo sostanziale all’ottenimento delle certificazioni casaclima nature, leed, breeam.
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SOLEIL by Tectona Paris
Soleil è la collezione di sedute ideata per Tectona Paris, marchio francese specializzato nell’arredamento outdoor, da Martin Szekely, storico designer che negli anni ha spaziato dagli oggetti di uso comune (l’iconico bicchiere della Perrier) a quelli più esclusivi in edizione limitata. La linea nasce dalla riflessione portata avanti dal designer e dal brand sul tema sempre più sentito della sostenibilità, soprattutto in termini di approvvigionamento dei materiali. Per entrambi si trattava di immaginare una collezione non solo realizzata interamente in Francia, ma anche autoctona nella provenienza della materia prima, il legno. Essenza lignea dalle proprietà imputrescibili che invecchia bene all’aperto, resistendo a precipitazioni e radiazioni solari, il larice si è rivelato essere la soluzione ideale, poiché in grado di garantire quella durabilità che è parte integrante della filosofia di Tectona Paris, da sempre impegnata nel realizzare collezioni pensate per durare una vita ed essere tramandate da generazione in generazione. Sintesi perfetta dell’approccio rigoroso del designer, la poltrona, il poggiapiedi e la panca rispondono a forme archetipiche, immediatamente riconoscibili e perfettamente funzionali. Una collezione raffinata, vera e propria opera di haute couture che ha chiamato attorno al banco da lavoro i migliori ebanisti, coadiuvati dallo strumento a controllo numerico, unendo la precisione ineguagliabile della macchina con l’intelligenza del gesto dell’artigiano sulla materia naturale.
“Un progetto che mi fa riscoprire il mestiere che ho imparato da giovane nei laboratori di falegnameria, la carpenteria, menuiserie in francese, la cui etimologia è ‘opere minori’ o ‘opere lignee delicate’; quelle che, realizzate con tutte le attenzioni del caso, si intrometteranno nei nostri ambienti per il piacere dei sensi e del nostro corpo al sole”. Martin Szekely
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25 JIO WORLD CONVENTION CENTRE
Mumbai
Un decorativismo contemporaneo che non prescinde da un’attenta gestione delle risorse e si serve di materiali green e maestranze artigiane per veicolare una bellezza sostenibile. Il mosaico incontra così l’illuminato approccio di Nita Mukesh Ambani e dello Studio TVS in una struttura certificata LEED Platinum.
GREEN BUILDING
Con i suoi 73.000 mq, il Jio World Convention Centre di Mumbai è il più grande centro congressi di tutta l’India. Nasce come tributo al Paese e rappresenta oggi un luogo culturale d’incontro e condivisione. Progettato dallo studio di architettura TVS, l’edificio è caratterizzato da uno stile internazionale, seppur con una forte impronta indiana. Uno degli elementi decorativi ricorrenti è infatti il loto, il fiore nazionale dell’India e parte dell’arte e della mitologia della nazione fin dai tempi antichi.
tinum grazie all’adozione di soluzioni in linea con gli standard del green building.
TRA DECORATIVISMO E SOSTENIBILITÀ
L’edificio ricicla quasi il 98% delle acque reflue, utilizza pannelli solari per l’acqua calda e dispone di un efficiente sistema di gestione dei rifiuti per la loro riduzione e il loro recupero. La struttura è inoltre progettata per consentire al 75% di tutte le aree regolarmente occupate di ricevere luce naturale, con un conseguente risparmio energetico del 40%.
Per il completamento di questo straordinario spazio dedicato al business e all’intrattenimento, il team di architetti ha optato per materiali che unissero un alto valore decorativo ad uno spiccato carattere sostenibile, primi fra tutti i rivestimenti in mosaico artistico di alto pregio realizzati da SICIS.
Il Centro si presenta come vero capolavoro di tecnologia e design che tuttavia non trascura un’attenzione speciale verso l’ambiente, tanto da aver ottenuto la certificazione LEED Pla-
In linea con la mission dello Smart City Government, il 20% dell’area edificabile totale è peraltro paesaggistica e ospita oltre 700 alberi autoctoni.
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The Cultural Centre Il 31 marzo 2023 è stato inaugurato il Nita Mukesh Ambani Cultural Centre, lo spazio dedicato alle arti e allo spettacolo all’interno del Jio World Centre. Il centro culturale, for-
temente voluto dall’imprenditrice e filantropa indiana nonché fondatrice della struttura, è la concretizzazione del suo sogno di offrire il meglio dell’arte e della cultura dell’India al mondo. All’interno del centro culturale è situato il Grand Theatre da 2000 posti, dove SICIS ha realizzato i rivestimenti esterni delle balconate VIP in mosaico artistico. Per il progetto è stato creato un apposito pattern composto da tessere che digradano dall’oro al rosso, provenienti dalla collezione Colibrì. The Fountain of Joy Al centro della Dhirubhai Ambani Square si trova la spettacolare Fountain of Joy. Una struttura a forma di loto di 34 metri di diametro, con getti d’acqua fino a 13 metri e 664 luci led per incredibili giochi di luce e colori, che offre indimenticabili spettacoli ai visitatori. SICIS ha realizzato la decorazione interna della fontana in varie tonalità di mosaico in vetro blu della collezione Iridium. Il bordo esterno presenta invece un rivestimento in tessere oro della collezione Colibrì. The Art House All’interno dell’Art House, uno spazio espositivo di 1500 mq parte del centro culturale, troviamo un’area decorativa realizzata con mosaico artistico SICIS della collezione OrienTale. Un motivo floreale personalizzato appositamente per il progetto, con tessere in oro e dai riflessi metallici. SICIS ha inoltre rivestito alcuni banconi con mosaico della collezione Fibers, che alterna tessere tradizionali ad altre di forma allungata, mixando vetro, oro e marmo, e realizzato le grandi maniglie decorative dei portoni d’accesso alla Lotus Ballroom. Le maniglie Armstrong, già presenti all’interno della collezione di maniglie in mosaico minuto SICIS, presentano una decorazione custom.
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GREEN BUILDING
Le tessere di mosaico Sicis sono realizzate in vetro, materiale 100% riciclabile e sostenibile. Presentano inoltre caratteristiche intrinseche che le rendono compatibili con i principi del design biofilico e con i requisiti di salubrità indoor. Alcuni colori, in particolare quelli iridescenti, contengono infatti biossido di titanio nella forma anatasio, la più stabile ed efficiente. Attraverso l’esposizione alla luce solare viene attivato un processo di fotocatalisi, che rende il mosaico: • •
autopulente/antinquinante, perché tramite la reazione chimica gli inquinanti atmosferici vengono trasformati in sali solubili, eliminabili tramite semplice pulizia con acqua; antibatterico, perché il potere ossidante dei radicali prodotti nella reazione fotocatalitica inibisce la proliferazione di batteri e muffe.
Ne consegue che per la pulizia non sono necessari detergenti chimici, alleggerendo ulteriormente l’impatto del prodotto sull’ambiente. | 136
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Nasce un nuovo spazio pubblico riqualificato e destinato alla socialità. L’intervento di rigenerazione urbana, promosso dall’associazione LandWorks insieme al Comune di Sassari e numerosi partner, si compone di una serie di arredi mobili realizzati secondo un processo partecipativo e un’opera d’arte pubblica firmata dagli artisti Tellas e 2bleene.
ph. Andrea Maspero, Giovanni Emilio Galanello
SOCIAL RELOADING
GREEN THINKING
MAR Miniera Argentiera, è un progetto partecipato che mira alla tutela, valorizzazione e rivitalizzazione dell’antico complesso minerario dell’Argentiera (Sassari), uno dei maggiori esempi di archeologia mineraria della Sardegna, in gran parte abbandonato e in disuso. La sfida principale di MAR è quella di rigenerare l’ex borgo minerario facendone un centro di sperimentazione e produzione artistica multidisciplinare d’eccellenza internazionale. Dopo l’inaugurazione della SCALA nel 2022 – un cineteatro all’aperto in legno, animato per tutta l’estate con spettacoli culturali e ricreativi –, la riqualificazione prosegue ora con la nascita di “FRONTE MARE”, un nuovo spazio destinato alla socialità, al gioco e agli eventi culturali e sportivi che occupa un’area di oltre 500 metri quadrati restituita alla comunità grazie a un intervento di rigenerazione urbana partecipata promosso da LandWorks insieme al Comune di Sassari e numerosi partner pubblici e privati, con il coinvolgimento di professionisti, creativi, studenti e bambini.
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DA AREA DEGRADATA A RISORSA SOCIALE
mare, emblematico e di fondamentale importanza storica già in epoca mineraria.
Vera e propria piazza affacciata sul mare, il FRONTE MARE rappresenta un nuovo tassello del progetto di valorizzazione e rivitalizzazione dell’ex borgo minerario iniziato nel 2019 con l’apertura del museo e centro culturale ibrido a cielo aperto MAR - Miniera Argentiera.
TRA ARREDO URBANO E OPERA D’ARTE PUBBLICA
L’intervento di riqualificazione ha voluto recuperare un nuovo spazio residuale e in degrado situato nel cuore pulsante del borgo sulla via Carbonia, che dalla piazza centrale Camillo Marchese porta al mare, e si affaccia sui ruderi dei magazzini e del vecchio cinema, un tempo al servizio della miniera. Collocata sul vertice estremo di questo asse, l’area del FRONTE MARE è uno spazio di connessione tra la borgata e il mare che permette di ripensare la relazione tra il mondo marino e quello terrestre attivando nuovi immaginari e visioni. Un luogo scenico d’eccezione, con una quinta naturale sull’orizzonte e sul
Il FRONTE MARE si configura come un luogo aperto e inclusivo, dedicato alla cultura e al gioco, alla relazione e condivisione, socialità e confronto, che potrà mutare in continuazione. Una vera e propria “banchina culturale” animata da una serie di elementi d’arredo urbano mobili e componibili, strutture in legno pensate per essere fruite e abitate dal pubblico in forma di sedute oppure dagli artisti come palcoscenico. Gli arredi sono stati realizzati durante i “cantieri”, workshop di costruzione partecipata di cinque settimane – dal 26 luglio al 27 agosto 2023 – a cui hanno preso parte oltre 100 volontari coordinati da LandWorks. L’intervento ha visto il coinvolgimento attivo della cittadinanza e di numerosi studenti, creativi e giovani
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GREEN THINKING
professionisti provenienti da tutto il mondo, invitati tramite call a progettare e realizzare le strutture, poi dipinte dai bambini. Completa questa arena naturale un’opera d’arte pubblica progettata e realizzata con gli artisti Tellas (Fabio Schirru) e 2bleene (Natalia Nicole Rodriguez) già coinvolti nel 2022 per la riqualificazione della SCALA. Come una quinta teatrale dipinta a pavimento e a parete nelle tonalità del blu e dell’ocra, l’intervento artistico unisce idealmente mare, terra e cielo e incornicia e delimita lo spazio dedicato alle attività culturali e sportive. L’opera da una parte enfatizza le geometrie degli ex magazzini, un tempo destinati allo stoccaggio dei materiali della miniera, dall’altra traccia le linee e i confini dei campi da basket, pallavolo e pickleball, riportando al centro il gioco come principio di comunità e socialità. Il progetto mette a sistema il costruito, preservandone le caratteristiche architettoniche di rilievo, e il paesaggio marino, trovando un equilibrio compositivo, cromatico e materico. La contiguità dell’intervento tra la facciata e il piazzale antistante migliora un’area di transizione in degrado - oggi un parcheggio non regolamentato - rendendola fruibile e funzionale, trasformandola da spazio a luogo dotato di un nuovo senso di identità e appartenenza.
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Il FRONTE MARE è stato realizzato grazie alla collaborazione tra l’associazione LandWorks e gli artisti internazionali Tellas e 2bleene, con il sostegno del Comune di Sassari, la Fondazione Sardegna Film Commission, l’Istituto di Istruzione Superiore “G. M. Devilla” di Sassari, l’Associazione Erasmuss - ESN Sassari e il supporto del Parco Geominerario, Storico e Ambientale della Sardegna, il DADU - Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica - UniSS, l’Accademia delle belle Arti Mario Sironi, l’Istituto comprensivo “Latte Dolce Agro” di Sassari, Sardegna Teatro e Lo Stato dei Luoghi, il contributo di Fondazione di Sardegna e Fondazione Patria della Bellezza, il supporto di Univer by PPG, GCR ponteggi, Banca Etica, Tecnoalt e Dinamo Sassari e la partecipazione attiva della comunità locale e di numerosi altri partner. L’intervento è tra i vincitori della quarta edizione del Premio Creative Living Lab, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, che mira a promuovere processi di rigenerazione dei territori periferici attraverso la realizzazione di microprogetti innovativi e di qualità, in ambito culturale e creativo, orientati alla trasformazione e al riutilizzo di spazi interstiziali, aree o edifici abbandonati o dismessi e zone di verde non curate. 143 |
ph. Jürgen Eheim
Il fascino della materia a “chilometro zero” forgia una struttura ricettiva che diventa racconto contemporaneo del territorio. Un progetto d’interior design e illuminotecnico di Simone Micheli.
27 Palazzo Gatto Art Hotel & Spa Trapani Realizzato dal recupero di un palazzo storico del ‘700 nel centro di Trapani, Palazzo Gatto Art Hotel & Spa è oggi un luogo in cui si incontrano arte e tradizione, ospitalità contemporanea e accoglienza dal cuore antico. Come un racconto di meraviglia che prende forma per dissonanza voluta con il contesto, Palazzo Gatto è un’opera che dà forza al centro della città, con un tipo di espressività diversa che trae la sua essenza da una terra ricca di storia, tradizione e bellezza. L’armonia e la conoscenza del territorio vengono qui trasfigurate grazie al progetto d’interior curato dall’architetto Simone Micheli con l’obiettivo di dare vita ad una struttura poli esperienziale: non solo un hotel ma un luogo contaminato e contaminante in cui passato, presente e futuro si combinano in maniera osmotica. Opposizioni e volute contraddizioni valorizzano i tagli e le volumetrie interne, creando cortocircuiti spazio-temporali. Gli arredi sono essenziali, fluidi, filo francescani, iconici attori protagonisti del tridimensionale spettacolo. Bianchi, puri oggetti si inseriscono in un ambiente candido color crema. Ogni arredo dell’hotel è stato creato ad hoc, per permettere a questo improbabile quanto unico ambito volumetrico di poter essere assimilato a una viva e dinamica galleria all’interno della quale poter anche acquistare ciò che si vede.
Frasi d’autore completano la cornice significante, pensate per esaltare il potere della parola nella hall dell’hotel, negli spazi comuni, nelle ammalianti camere dedicate agli ospiti. «La vita o si vive o si scrive, io non l’ho mai vissuta se non scrivendola». Così si legge nel “Il fu Mattia Pascal”, il primo grande successo di Luigi Pirandello, così è scritto sulle superfici specchiate che costruiscono gli spazi di Palazzo Gatto in modo che il riflesso diventi manifestazione di un altro sé, doppio appunto, ma ugualmente parte dell’unità ideale e reale. Proprio come nelle opere del celebre scrittore siciliano anche all’interno della struttura ricettiva la necessaria compresenza di due condizioni opposte determina la formazione di un’identità chiara, distinta dal circostante, molteplice ma definita, come l’esistenza.
La pietra d’Avola di origine organica, mantenuta intatta nelle maestose gradinate che congiungono i livelli di Palazzo Gatto, rappresenta un omaggio alla tradizione artigianale della Sicilia. L’illuminazione degli spazi comuni si diffonde creando effetti di sovrapposizione e frammentazione.
La luce, come cemento armato, come fisica materia, diventa un silente suggeritore strategico capace di valorizzare volumi e geometrie. Tramite queste caratteristiche, Palazzo Gatto si presenta come un’opera immaginata per dialogare con gli ospiti, portando alla loro inconscia attenzione intriganti contenuti narrativi ed estetici.
Tra i fil-rouge del progetto vi è poi la propensione per la materia più autentica, che si ritrova sia nelle stanze che nei servizi: la pietra che riveste i pavimenti delle camere entra infatti anche nei bagni creando unità. Le vetrate serigrafate fungono da soffice deterrente, lasciando al confine tra vista e immaginazione un ruolo centrale e l’unica nota di colore è data dal lavabo, che sapientemente richiama i toni delle decorazioni presenti in ogni stanza. Un rimando concettuale a quanto accade nella parte notte.
SPAZI COMUNI E CAMERE Le camere sono pensate per regalare all’ospite una scena di cui sentirsi il protagonista. In cui poesia, bellezza, benessere e attenzione alle necessità si fondono perfettamente per avvicinare frammenti inediti di futuro al tempo presente.
Lungo le gradinate, al di sotto dei letti, è sapientemente posta un’illuminazione colorata che regala al visitatore una sensazione di leggerezza. Immergendolo in una dimensione spazio-temporale sospesa. Punti di contatto della struttura, le forme morbide e dallo stile arrotondato che troviamo nello spazio dedito al Front Office dell’hotel, così come nelle testate dei letti di Palazzo Gatto, riportano a una visione soave e morbida del presente.
WELLNESS CENTER & SPA Il centro benessere di Palazzo Gatto è definito da spazi in cui la luce, insinuandosi nel retro di 145 |
GREEN LIVING
specchi e murature, consente all’occhio di percepire gli ambienti spaziali come un unicum stimolante. Il filo conduttore che lega la connotazione delle camere e degli spazi comuni è qui ripreso dai dischi ceramici. La gradazione di rosa si rivela particolarmente legata alla sfera emozionale e allineata allo stato d’animo che la SPA di Palazzo Gatto desidera trasmettere agli ospiti. Le linee semplici, morbide e sinuose che avvolgono gli interni dell’intera struttura, si rendono manifeste nel centro benessere attraverso i vetri serigrafati.
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MATERIALI A “CHILOMETRO ZERO” Tra i capisaldi della progettazione eco-friendly vi è la scelta di materiali locali, a chilometro zero. Questa tendenza riflette un crescente impegno non solo verso la creazione di edifici dal minor impatto ambientale, per la riduzione di emissioni di carbonio associate al trasporto di materie da luoghi più lontani, ma anche verso la valorizzazione del territorio e della tradizione. Tale approccio, infatti, promuove un pensiero più sostenibile, conferendo al contempo uno
stile unico e caratteristico agli spazi, chiamati così a raccontare la storia e la cultura del posto. Il concetto di “km zero” risulta centrale anche per l’interior di Palazzo Gatto plasmato da Simone Micheli, in cui rivestimenti in pietra locale dalla colorazione avorio forniti dalla realtà modicana AVOLA Stonedesign dialogano con opere in ceramica siciliana rivisitata in chiave estetica attuale, utilizzate come indiscusso leitmotiv stilistico dell’Art Hotel.
“La radice che collega il segno della tradizione al mio sogno di architettura degli interni ed illuminotecnico, è rappresentato da un’astratta riflessione sul senso della decorazione siciliana. Piccole e grandi opere ceramiche, caratterizzate da una voluta semplificazione, alterazione, interpretazione del tipo espressivo proprio della sicilianità, compenetrano lo spazio come elementi indispensabili per generare un’unica straordinaria totalità.” Simone Micheli
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di Sabrina Tassini Un futuro migliore, più bello dunque più buono, non è utopia. Immaginarlo diventa più semplice se filtriamo l’attualità con la lente dell’ottimismo, mettendo a fuoco le virtuose best practice e le assennate intenzioni che sovente lastricano con piglio pragmatico la strada per un domani desiderabile. Nell’attuale panorama, certamente complesso, la progettazione architettonica svolge un ruolo cruciale per la definizione di una prospettiva sostenibile su più fronti. Le sfide legate al cambiamento climatico e alla gestione dell’ambiente e del costruito richiedono azioni decisive che rispondano ad una necessaria chiamata alle armi rivolta anche agli architetti, quali veri e propri attori del processo di trasformazione. Se da un lato l’efficienza energetica, l’utilizzo di materiali ecocompatibili, la diminuzione degli sprechi e la massimizzazione delle fonti rinnovabili si confermano asset imprescindibili per la riduzione delle emissioni e la conservazione delle risorse naturali, dall’altro scalpita infatti un veemente bisogno di idee, ingegno e pensiero laterale in grado di riscrivere le regole del gioco con astuzia e plasmare spazi civici più vivibili, salubri e orientati alle persone nel rispetto del genius loci, auspicando per di più la fioritura di nuovi poli “intelligenti” al servizio di una ritrovata aggregazione sociale. Un urgente approccio culturale out of the box che esige rapide sperimentazioni e soluzioni concrete a livello sistemico ben lontane da ogni forma di green washing e anzi improntate al risveglio di una speranza oggi sopita. Progetti in via di realizzazione come “AGO Modena Fabbriche Culturali”, la riconversione dell’ex Manifattura Tabacchi di Firenze in asilo nido a basso impatto, “Welcome, feeling at work” – il nuovo ufficio biofilico di Milano -, e ancora, il Parco della Giustizia di Bari e il format della “Urban Sequoia” che assorbe CO2, ci proiettano in quel tanto bramato avvenire capace di tracciare nuovi scenari urbani per la collettività, restituendole luoghi di valore e riconnessione tra individui e natura.
IL “NIDO” IN LEGNO | Firenze
Render: Aut Aut Architettura | 150
Da Manifattura Tabacchi a scuola green per l’infanzia È stata ufficialmente posata la prima pietra del nuovo asilo nido che sorgerà accanto al complesso Manifattura Tabacchi di Firenze entro l’estate 2024, mettendo a disposizione della collettività uno spazio sostenibile e all’avanguardia. A progettarlo, lo studio romano Aut Aut Architettura, specializzato in opere improntate alla sostenibilità e in architetture per l’infanzia per le quali nel 2020 ha ottenuto anche il riconoscimento di «Giovane Talento dell’architettura Italiana» conferito dal Consiglio Nazionale degli Architetti. Per la creazione degli spazi verdi nelle corti e nel giardino dell’asilo, i progettisti hanno collaborato con Antonio Perazzi, architetto di fama internazionale che ha firmato il progetto paesaggistico dell’intera Manifattura Tabacchi. Per la costruzione dell’asilo comunale, che accoglierà fino a 100 bambini, è previsto un investimento di 5 milioni di euro, dei 15 milioni stanziati complessivamente per opere di urbanizzazione secondaria da Manifattura Tabacchi Spa, joint venture costituita da Aermont Capital e da CDP Real Asset (Gruppo Cassa Depositi e Prestiti) impegnata nella riqualificazione del complesso immobiliare. La somma consentirà la costruzione di una struttura con i più alti standard di sostenibilità ambientale ed efficienza energetica. Esteso su una superficie complessiva di circa 2.600 metri quadri, il nuovo nido sarà interamente realizzato in legno e offrirà ambienti sicuri, flessibili, luminosi e immersi nel verde.
e imparare a stretto contatto con la natura. Concepito come una agorà diffusa, l’edificio si compone di due nidi speculari che comprendono ciascuno tre aule e tre atelier didattici, sale per la nanna e una cucina condivisa: tutti gli spazi si affacciano su aree verdi che includono, oltre al giardino, anche orti didattici, alberi da frutto, una stazione di compostaggio e tavoli per laboratori all’aperto. Un ruolo centrale è svolto dai tre atelier, aule-laboratorio progettate per accompagnare gli alunni in attività di scoperta, ricerca e invenzione: l’atelier dedicato alla motricità, che si estende in uno spazio esterno coperto nella corte, l’atelier narrativa e l’atelier dedicato alle attività espressive come la pittura. Il rapporto tra interno ed esterno è fluido, grazie alle ampie vetrate e ai lucernari che permettono alla luce naturale di illuminare ogni ambiente. In centro al nuovo edificio è presente il grande atrio che collega le due ali della scuola, immaginato come spazio polifunzionale: destinato a dare il benvenuto ai piccoli allievi, potrà essere utilizzato negli orari di chiusura del nido anche come Civic-center a disposizione della comunità locale, contribuendo a promuovere momenti di interazione e di scambio all’interno di Manifattura. Il progetto prevede la realizzazione di una nuova fermata della tramvia a servizio del quartiere e la creazione di un parcheggio a raso alberato, di circa 16 posti auto, che aiuterà a migliorare la dotazione di sosta pubblica dell’area.
LA SOSTENIBILITÀ Il nido di Manifattura Tabacchi sarà realizzato seguendo i più elevati standard di sostenibilità ambientale stabiliti dalla certificazione LEED Platinum, protocollo internazionale che valuta le prestazioni energetiche degli edifici promuovendo la diffusione di costruzioni “verdi”. La scuola sarà costruita esclusivamente con materie prime ecosostenibili e certificate, di provenienza locale, con elevato contenuto di materiali riciclati. In particolare, saranno impiegati circa 430 metri cubi di legname proveniente da foreste certificate e rinnovabili, in grado di assorbire le emissioni di CO2 equivalenti a 430 auto per anno. Il progetto strutturale, firmato dallo studio Dedalegno, mira inoltre a ottimizzare i tempi di montaggio grazie all’uso di prefabbricati in legno che inoltre garantiscono elevata efficienza energetica e duttilità sismica. Saranno installati impianti di riscaldamento, raffrescamento e illuminazione a elevate prestazioni, sfruttando anche l’energia rinnovabile prodotta in loco dall’impianto fotovoltaico presente sulla copertura; un sistema di recupero e riutilizzo dell’acqua piovana e l’uso di apparecchiature a basso consumo permetteranno una riduzione del consumo idrico interno di oltre il 50%. La sostenibilità sarà garantita infine da una gestione responsabile del verde, che privilegia la scelta di specie a ridotta manutenzione e consumo idrico, dall’ottimizzazione della luce naturale e dalla massimizzazione degli spazi aperti.
GLI SPAZI In accordo con la Direzione Istruzione del Comune di Firenze, l’architettura si ispira all’approccio didattico del pedagogista Loris Malaguzzi, che ha definito lo spazio come “terzo educatore”: la struttura sarà caratterizzata da ambienti flessibili, dall’utilizzo di materiali naturali - in particolare il legno -, da un attento uso del colore negli arredi e dalla presenza centrale di due corti verdi attorno alle quali si distribuiscono gli ambienti, con l’obiettivo di dare vita a un ambiente confortevole, interattivo e sicuro per i bambini, che potranno giocare 151 |
AGO | Modena Fabbriche CULTURALI Arte, architettura, innovazione digitale, sostenibilità, ricerca, formazione, spazio pubblico, socialità: sono le parole chiave del percorso che vede l’ex Ospedale Sant’Agostino di Modena salvaguardato nella sua storia e monumentalità - diventare AGO. Il progetto architettonico, realizzato dallo studio di design e innovazione CRA-Carlo Ratti Associati insieme all’architetto Italo Rota, Francesco Doglioni, già docente di restauro architettonico a Venezia, Ferrara e Trento, e la Società Politecnica, riqualifica e mette a sistema uno spazio cittadino complessivo di 22mila mq con un approccio sperimentale, facendo convergere il mondo del restauro e quello dell’architettura cinetica. Cuore del percorso, racchiusa tra gli edifici storici, sarà la nuova piazza a triangolo, sulla quale troverà posto un’innovativa copertura cinetica, | 152
leggerissima e trasparente, in grado di aprirsi e chiudersi in maniera armonica. PASSATO E FUTURO A CONFRONTO L’ex Ospedale Sant’Agostino nacque come Grande Spedale degli Infermi, nella seconda metà del ‘700, per volere del Duca Francesco III d’Este e oggi, dopo anni di dismissione, è pronto a divenire “AGO Modena Fabbriche Culturali”, uno dei più grandi poli culturali in Italia e spazio di dialogo tra sapere scientifico e sapere umanistico. Situato nel cuore di Modena, in una parte significativa del centro storico, AGO si inserisce da protagonista nella riqualificazione di un’ampia area cittadina (22mila mq.) ed è oggetto di un rilevante investimento finanziario nonché di un inedito approccio al restauro dei beni culturali. AGO rappresenta, per l’entità dell’investimento, per le dimensioni dell’intervento, per l’ampiezza e la qualità dei partner coinvolti, uno dei progetti culturali più importanti e significativi
degli ultimi anni a livello nazionale. Questo innovativo progetto architettonico, che ha come partner la Fondazione di Modena, il Comune di Modena e l’Università di Modena e Reggio Emilia, concilia il rispetto dell’esistente e la spinta verso il futuro. IL NUOVO HUB CULTURALE Il masterplan riconsegna all’ex capitale estense un luogo straordinario, trasformato in laboratorio di produzione culturale e partecipazione civica, che ospiterà numerosi Enti in grado di lavorare in maniera interdisciplinare: la Fondazione Modena Arti Visive (FMAV), i Musei Universitari, il Museo della Figurina, oltre al Centro Interdipartimentale di ricerca sulle Digital Humanities DHMoRe ed il Future Education Modena (FEM, centro internazionale per la didattica innovativa), che hanno già sede qui. Molteplici saranno le funzioni di AGO: dal mettere in campo progetti di digitalizzazione e applicazione dell’intelligenza artificiale al campo
Render: CRA-Carlo Ratti Associati 153 |
GREEN BUILDING
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culturale, a progetti e sperimentazioni su apprendimento, education e formazione, fino alle mostre dedicate alle arti visive, anche nel contesto delle media arts.
rissima struttura pieghevole e trasparente: un origami capace di aprirsi e chiudersi in maniera armonica, trasformando in piazza e area di ritrovo un luogo a lungo dimenticato.
IL PROGETTO ARCHITETTONICO
MODULARITÀ E DINAMISMO
L’intervento di CRA e Italo Rota punta a riattivare un sito storico molto articolato, risalente alla metà del XVIII secolo e già oggetto di un precedente progetto di recupero ad opera dell’architetto Gae Aulenti. Il progetto segue un approccio sperimentale, facendo convergere due poli considerati a lungo come opposti: da un lato il mondo del restauro, dall’altro quello dell’architettura cinetica tipica delle dimensioni installative. Al cuore del percorso di visita si trova il simbolo del progetto: una nuova piazza a triangolo, racchiusa tra gli edifici storici, la quale presenta una spettacolare copertura cinetica realizzata in collaborazione con l’ingegnere e artista americano Chuck Hoberman, maggiore esperto mondiale di strutture dinamiche, già al lavoro per la NASA. Hoberman e CRA hanno disegnato una legge-
Il progetto dà vita a una serie di stanze flessibili e riconfigurabili, capaci di ospitare le differenti funzioni di AGO. Dopo il grande foyer comune a doppia altezza, il cammino si snoda attraverso i corridoi delle “tenaglie”, restaurati per ripristinarne la monumentalità originaria attraverso la reinterpretazione dell’antico sistema di volte a botte e a crociera. Entrando nel cuore dell’isolato, attraverso la corte del Museo Anatomico, si arriva poi alla Corte del Camino e al sistema di edifici non monumentali, ulteriore porzione del complesso restituita alla città. Da qui, grazie a un’altra installazione cinetica, si arriva alla nuova terrazza: un “giardino” sospeso sopra i tetti di AGO. Da questo spazio pubblico, dove si incontrano naturale e artificiale, la vista si allarga sulle cupole e i campanili del centro storico di Modena.
“I luoghi della cultura devono essere pensati come dinamici, vale a dire capaci di incorporare modifiche di uso, sul breve e sul lungo termine. Ripercorrere il passato del complesso S. Agostino significa incontrare una panoplia di storie, personaggi e funzioni: si tratta di una diversità a volte contraddittoria, ma nella cui molteplicità risiede la memoria urbana. Poiché AGO ha avuto tanti passati, crediamo dovrà avere oggi una molteplicità di futuri. Il nostro dovere da progettisti nell’intraprendere un’operazione di restauro diventa allora non tanto quello di “congelare” l’edificio, bensì quello di predisporre una piattaforma capace di accogliere trasformazioni nel corso del tempo”. CRA-Carlo Ratti Associati
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Un tribunale che riconcilia parti di città Una grande estensione di verde, ponte tra il margine e l’estremo urbano, e la ricerca del coinvolgimento emozionale dei cittadini sono gli aspetti innovativi del progetto di Alfonso Femia/Atelier(s) Alfonso Femia con Proger, Magnanimo Ingegneri Associati e Land Italia. Pensando all’assetto cittadino e alle parti che lo compongono, raramente si citano tribunali e carceri. Quasi una contraddizione in termini, perché lo spazio urbano è scenario della giustizia in diverse declinazioni, incluse quelle istituzionali e formali. L’esercizio dei diritti alla salute, al lavoro, a un’esistenza dignitosa dipende dalla forma dello spazio urbano e, contemporaneamente, la determina.
Il Parco della Giustizia di Bari è, in questo senso, paradigmatico di una progettualità che tiene conto della cultura giuridica nel processo di trasformazione della città. Sorgerà nella località Carassi, quartiere ad alta densità di traffico, che nasconde, nell’indifferenziata espansione edilizia senza qualità, una villa ottocentesca, una delle poche chiese rurali rimaste e l’unico menhir ancora presente nella città, oltre alle due ex caserme Milano e Capozzi, da tempo abbandonate e in stato di degrado. Il quartiere si trova sul margine dello spazio urbano in prossimità della zona rurale ed è, attualmente, un’area di vuoto. Il bordo urbano è eterogeneo composto da case popolari e villette unifamiliari di media altezza alternate a spazi aperti. Esito di un concorso indetto dall’Agenzia del Demanio, il progetto rivela un’assoluta coincidenza di visione tra i committenti e il raggruppamento vincitore del bando – Atelier(s) Al-
fonso Femia mandataria, Proger, Magnanimo Ingegneri Associati e Land Italia – sui termini di sviluppo della città contemporanea. Oltre ad assolvere le necessarie funzioni della Giustizia, il Parco della Giustizia si pone come volano per la nascita di una nuova dimensione, in cui il verde governa lo sviluppo urbano, soddisfacendo esigenze di aggregazione, ludiche, sportive e compensando visivamente e funzionalmente le disarmonie esistenti, a partire dagli spazi di risulta e inutilizzati, dalla mancanza di una compensazione ambientale per l’alta densità di traffico, alla discontinuità ambientale e paesaggistica. L’idea progettuale si alimenta proprio alle esigenze urbanistiche e architettoniche, sociali ed economiche e punta a ricostruire la connessione tra le parti, a ricomporre i frammenti territoriali, adottando il verde come collante e propulsore di attività civiche intergenerazionali, calate laddove si amministra la Giustizia.
PARCO DELLA GIUSTIZIA | Bari “Per la prima volta, un luogo deputato all’amministrazione della Giustizia si trasforma in area urbana e paesaggio condiviso. Il progetto avvicina aspetti complessi della società, attraverso il filtro della dimensione culturale e ambientale. Il parco che ospiterà la città della Giustizia diventerà un luogo pubblico collettivo ed educativo, innovativo e rispettoso dell’ambiente”. Alfonso Femia
IL TRIBUNALE-QUADRIFOGLIO
INVOLUCRO E COPERTURE
L’IMPATTO EMOZIONALE
Riproducono la sagoma biomorfa del quadrifoglio, i quattro edifici del Tribunale: nella sfasatura tra le foglie si realizzano i passaggi pedonali e le aree per la sosta. Credenze popolari attribuiscono alle foglie del quadrifoglio il significato di speranza, fede, amore, fortuna, particolarmente emblematici del ruolo degli edifici. Gli edifici coprono il 30% dell’area di progetto, il 70% è destinato al verde.
In facciata un sistema di frangisole variabili per dimensioni e inclinazioni crea superfici cangianti per la diversa incidenza della luce nel corso della giornata. In copertura il binomio pensiline fotovoltaiche, collettori di energia rinnovabile, e spazi verdi si armonizza con l’intorno ambientale.
Informato ai più aggiornati criteri di sostenibilità ambientale, riduzione dei consumi ed efficienza energetica, così come le cogenze legislative e normative impongono, lo studio progettuale ha messo al centro dell’analisi il soddisfacimento degli obiettivi di condivisione degli spazi da parte della collettività. Lo scenario di riferimento èrappresentato dai luoghi in cui la comunità si aggrega, si muove, cresce. Al centro della progettazione non vi è più la necessità delle persone in quanto singoli individui, ma come membri di un gruppo. Per tenere insieme la scala esigenziale sia individuale, sia collettiva è stato necessario per il team progettuale comprendere l’identità della comunità, capire i suoi bisogni e i modelli per il coinvolgimento emozionale, favorendo la realizzazione di un ambiente entro le quali le relazioni si possano costruire.
LA PERMEABILITÀ DEGLI EDIFICI Ogni tribunale avrà un’area all’aperto, una grande corte. Gli atrii, quasi piazze interne, accoglieranno professionisti e pubblico, creando le condizioni per svolgere attività di studio, lavoro, scambio e relazione. Lo spazio esterno tra gli edifici crea una spina centrale di percorrenza sui punti cardinali Nord/Sud, che sfocia nella Piazza Lineare dei Tribunale, caratterizzata da alberi di specie locali, panchine e aree di sosta.
IL PARCO Il parco ha due caratteri prevalenti: la sua fascia esterna è la porzione deputata all’attività pubblica e a quella sportiva, mentre la parte centrale è un grande cuore verde che crea spazio e suggerisce un paesaggio ampio e naturale. La presenza del grande lago all’interno del parco diventa simbolico nel riconnettere le persone alla natura, nelle parole del paesaggista Andrea Kipar, studio LAND, un “pezzo di cielo nel parco per unire tutti questi elementi dove architettura, paesaggio, suolo si incontrano.” Solamente i percorsi saranno illuminati. Le aree verdi e boschive saranno protette dall’inquinamento luminoso.
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WELCOME | Milano
Render: ® Kengo Kuma and Associates
Un workspace “biofilico” Nell’ufficio biofilico del futuro, lavoro e natura dialogano armonicamente in un’architettura organica e orizzontale in ascolto del contesto che la ospita. Su questa base nasce il visionario progetto voluto dalla piattaforma indipendente Europa Risorse, che già prima della pandemia aveva intuito la necessità di dare vita ad uno spazio di lavoro a misura d’uomo, nel completo rispetto della natura e perfettamente integrato e modellato nell’ambiente. L’imponente cantiere di Welcome, feeling at work, situato a Milano nella zona del Parco Lambro, verrà completato nel 2024 e permetterà all’individuo di accedere ai più sofisticati requisiti tecnologici e digitali, ma anche a efficaci misure per proteggere le persone da future pandemie. L’ambizioso progetto, finanziato da un fondo gestito da PineBridge Benson Elliot, vuole essere tra i più sostenibili mai realizzati e si pone come un passo avanti nell’architettura e nella concezione del lavoro, coniugando benessere della persona e rispetto dell’ambiente. A progettare e realizzare l’ufficio biofilico è Kengo Kuma & Associates, indiscusso interprete mondiale dell’architettura organica, che da sempre propone costruzioni che si fondono nel contesto, utilizzando materiali naturali e innovativi, motivo per cui il celebre studio è stato scelto dalla committenza. Welcome sorgerà precisamente nell’ex area Rizzoli, zona industriale vissuta nel passato ed oggi abbandonata, con l’intento di riqualificare l’intera zona e di diventare un catalizzatore capace di riunire persone e natura, per ottenere una migliore qualità di vita e di lavoro. Uffici, auditorium, spazi di co-working, hall riservate agli incontri di lavoro, ma anche ristoranti e lounge, negozi, un supermercato, un’area wellness, luoghi per eventi temporanei e mostre. Dentro e fuori, pubblico e privato, lavoro e tempo libero si fondono, collegati da un filo verde che permea tutto il progetto: la Piazza, ricca di vegetazione e circondata da morbide colline; le Corti open air, destinate al lavoro informale e
agli incontri; le Terrazze, concepite come estensioni degli spazi esterni, che ospiteranno orti, giardini fioriti, camminamenti; le Serre, che si declineranno come luoghi speciali di lavoro, ma anche di intrattenimento e svago, luoghi per le mani e per la mente. Non una barriera né un monumento, ma un luogo accessibile e permeabile in ogni direzione. Welcome è creazione e lavoro, incontro, scambio, benessere delle persone e benessere del pianeta, che anticipa la città del futuro, green, iperconnessa, al servizio della conoscenza e delle persone. “Welcome, feeling at work è un progetto che prevede l’uso di elementi organici e naturali che stimolano i nostri sensi e assecondano la nostra tendenza a trovare comfort e ispirazione nei contesti naturali. Si tratta di uno spazio architettonico completamente integrato con la vegetazione e realizzato in materiali organici. - racconta Yuki Ikeguchi, partner di Kengo Kuma & Associates, designer di Welcome, feeling at work - Un approccio urbano biofilico riporta vita in città. Sarà l’avvio di una nuova era in cui l’architettura green interviene per ridefinire l’orizzonte urbano, incrementare la qualità dello spazio cittadino e migliorare le attività pubbliche dell’area. Si favorisce così creatività e innovazione nella vita lavorativa e non solo. Gli elementi naturali nell’architettura, come vegetazione, luce, aria e legno stimolano i sensi e fanno la differenza sul posto di lavoro, sullo stile di vita e migliorano la salute fisica e mentale, oltre che la produttività. La sostenibilità è il tema principale del nostro futuro e una responsabilità sociale per qualsiasi settore e società. Welcome offre un modello di ambiente di lavoro che promuove l’innovazione aziendale a favore della sostenibilità”. Zero emissioni CO2, energie rinnovabili, controllo dei consumi, recupero dell’acqua, il verde e le specie endemiche come parte integrante del progetto architettonico, scala umana e sensoriale sono solo alcuni degli elementi che andranno a caratterizzare Welcome. Un progetto connettivo tra le varie entità urbane adiacenti e il paesaggio, che contrappone alla verticalità esistente l’accessibilità e la permeabilità, e si propone di rigenerare un contesto ad oggi ritenuto periferico. Oltre 50.000 metri quadri di GLA, strutturati in sei corpi inondati di luce naturale e flessibili,
stratificati, ruotati e intrecciati tra loro, che digradano come anfiteatri naturali verso il Parco. La struttura di Welcome vede l’utilizzo di tre materiali d’elezione, coniugati in maniera sinergica per generare un’architettura naturale e contemporanea: calcestruzzo per le fondamenta e l’interrato, che fuori terra lascia la scena ad acciaio e legno. Il sistema di generazione di energia per il riscaldamento e il raffreddamento insieme all’importante utilizzo di panelli fotovoltaici permetteranno di raggiungere la massima sostenibilità dell’intervento, realizzando un progetto che anticipa il futuro degli spazi di lavoro post COVID19. Salute e benessere delle persone con target di certificazione Well Platinum, efficienza energetica Leed Platinum, rispetto delle linee guida anti COVID19 (Ashrae, Rheva, Aicarr e Rapporto ISS), circolarità nei materiali da costruzione e nel loro utilizzo, nessun combustibile fossile, resilienza ai cambiamenti climatici per un futuro clima-neutro: è su questi pilastri che Welcome si propone come il più avanzato intervento ecologico in Europa.
“Milano è una città che presenta un connubio unico ed entusiasmante di modernità e tradizione dal punto di vista dell’arte, dell’architettura e dell’artigianalità e ciò la rende il posto ideale dove realizzare il nostro lavoro. Grazie alla maestria artigiana italiana, è possibile raggiungere un livello qualitativo elevato attraverso un approccio organico al design e alla progettazione del legno” Kengo Kuma
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L’edificio “vivente” che respira Lo studio di architettura statunitense Skidmore, Owings & Merrill (SOM), in occasione della COP27 tenutasi a Sharm El-Sheikh a novembre 2022, ha rilanciato il progetto Urban Sequoia NOW, un grattacielo in grado di assorbire anidride carbonica. L’edificio è il risultato di uno studio perfezionato nel corso dell’ultimo anno, partito dal lavoro di ricerca che lo stesso SOM aveva presentato durante i lavori della COP26 a Glasgow. In sostanza, quello che un anno fa appariva come un concetto visionario, è ora diventato un edificio realizzabile, concepito come un organismo vivente che può ridurre il carbonio presente in atmosfera, generare energia nel corso del suo ciclo di vita allungabile a 100 anni, contro i 60 considerati standard.
UNA PROGETTAZIONE OLISTICA E INTEGRATA L’ultimo prototipo di Urban Sequoia ridurrebbe il carbonio incorporato del 70% – derivante dalla sola costruzione – rispetto a quello di un tipico grattacielo. Nei primi cinque anni di vita, l’edificio raggiungerebbe una riduzione del 100% del carbonio e, in 100 anni, potrebbe assorbire fino al 300% della quantità di carbonio emesso durante la sua costruzione e il suo funzionamento. Urban Sequoia riunisce diversi filoni del pensiero progettuale sostenibile, le ultime tecnologie emergenti: ottimizzando olisticamente la progettazione, riducendo al minimo i materiali, integrando biomateriali, biomassa avanzata e sistemi di cattura del carbonio, si ottengono riduzioni di carbonio significativamente maggiori rispetto a quelle che si raggiungono appli-
cando queste tecniche separatamente. Secondo le stime di SOM, se ogni città del mondo applicasse questo concetto, l’ambiente edificato potrebbe rimuovere fino a 1,6 miliardi di tonnellate di carbonio dall’atmosfera ogni anno. MOLTO OLTRE LO ZERO NETTO Ogni singolo elemento viene, infatti, considerato in funzione della sua capacità di assorbire il carbonio e la costruzione in generale è ripensata radicalmente a vantaggio di un processo unico, in cui ogni parte dell’edificio assolve a una funzione multipla. Il grattacielo diventa una “trappola” per il carbonio ed è in grado di immagazzinarlo per avviarlo ad altre applicazioni industriali, creando in tal modo un ciclo completo e gettando le basi di una nuova economia. Questa soluzione consente di andare oltre lo
URBAN SEQUOIA
Render: © SOM | Miysis
zero netto, aumentando nel tempo la quantità di carbonio rimosso dall’atmosfera. Inoltre, con l’integrazione di biomassa e alghe, le facciate potrebbero trasformarsi in una fonte di biocarburante che alimenta sistemi di riscaldamento, automobili e aeroplani, oltre a una fonte di bioproteine utilizzabili in molti settori. DALLE INFRASTRUTTURE GRIGIE FINO A 120 TONNELLATE DI CO2 PER KMQ Su scala ancora più ampia, i sottoprodotti della costruzione di una Urban Sequoia potrebbero contribuire a rivoluzionare il modo in cui progettiamo le infrastrutture. Il carbonio e le biomasse catturati, ad esempio, possono essere utilizzati per produrre biomateriali per strade, marciapiedi e tubazioni. Se poi le vecchie in-
frastrutture grigie fossero convertite in giardini o parchi in grado di assorbire carbonio, così pure le strade, si arriverebbe a sequestrare fino a 120 tonnellate di CO2 per kmq. Urban Sequoia risponde all’urgente bisogno di ripensare la progettazione e la realizzazione di nuovi edifici. Il settore edile genera quasi il 40% delle emissioni globali di carbonio. Poiché la popolazione urbana continuerà a crescere nei prossimi decenni, si stima che entro il 2060 saranno necessari altri 230 miliardi di metri quadrati di nuovo parco edilizio.
“Urban Sequoia è un approccio sistemico, una filosofia. È un modo di pensare alle città come ecologie, come sistemi viventi che respirano e che possono essere riconfigurati per ottenere riduzioni di carbonio nell’intera vita, riformulando l’ambiente costruito come una soluzione per la crisi climatica” Mina Hasman Direttore della sostenibilità di SOM
Il concetto è applicabile a qualsiasi tipo di edificio, di qualunque scala e in qualsiasi luogo. L’idea è quella di rigenerare l’ambiente nei luoghi più inquinati, e farlo con un design senza tempo. 161 |
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CAPitoli Urbani Dal packaging plastico al design
Tavolo in plastica riciclata realizzato in collaborazione con il designer Andrea Zambelli e lo studio Martinelli-Venezia
Pavimentazioni, pannelli per pareti e complementi d’arredo, realizzati in plastica rigorosamente sostenibile. È questo lo scopo del progetto CAPitoli Urbani, sviluppato da Gruppo CAP, la green utility che gestisce il servizio idrico della Città metropolitana di Milano. Seguendo un approccio strategico improntato alla sostenibilità, il Gruppo da tempo produce biometano dai fanghi di depurazione, ma anche dagli scarti alimentari e da prodotti caseari scaduti. Da qui, la sperimentazione per recuperare la plastica delle confezioni, studiando il modo migliore per impiegarla, contribuendo a minimizzare quelli che sono i veri rifiuti e ideando di fatto una nuova materia prima, tanto versatile quanto sostenibile. Il programma di ricerca ha così portato alla nascita di veri elementi di design realizzati tramite un processo di produzione che riassembla pack di prodotti alimentari in plastica, alluminio e tetrapak, prima triturati poi fusi tramite una pressa riscaldata. Il materiale è risultato estremamente interessante sia per l’effetto policromo e marmorizzato, indotto dai diversi pack di partenza, sia per la durevolezza dei prodotti finali. Il progetto è stato concretizzato in collaborazione con Social Factory, spinoff dell’Università Iuav di Venezia, con l’associazione culturale Repubblica del Design, Rossana Orlandi e Design Differente. | 164
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MONOFERMENTS Materiali “semplicemente circolari”
“Come tanti, durante il primo lockdown, ci siamo interrogati su cosa stessimo lasciando e trasmettendo ai nostri figli come coppia di professionisti e genitori. Sentivamo l’urgenza di ispirarli verso qualcosa di più nobile. Cosa potevamo fare da piccolo studio di architettura e interior quale siamo per condurre la nostra pratica di ogni giorno verso un nuovo modo di lavorare più circolare e sostenibile?”
È questa la riflessione che ha portato gli architetti Elisa Evaso e Luca Guglieri di MONOSTUDIO ASSOCIATI all’elaborazione dell’ingegnoso progetto MONOFERMENTS. Una ricerca legata al riuso dei materiali di valore che ha condotto i due professionisti a bussare alle porte dei negozi vicino casa con una richiesta semplice: la consegna di spazzatura e scarti per realizzare una palette di materiali circolari, sostenibili e biofilici. “Su un balcone avevamo gusci d’uovo del negozio di pasta fresca di fronte, fondi di caffè gentilmente donati dal nostro bar preferito e conchiglie del ristorante di pesce dietro l’angolo. Sull’altro balcone gli esperimenti di biomateriali a seccare e a volte ammuffire” raccontano Elisa e Luca. L’intento del duo è quello di promuovere un design etico di comportamenti, prima che di materiali, una progettazione sostenibile che sia amichevole con il pianeta, le persone e la società. 167 |
La palette materica definita “Semplicemente Circolare” comprende due serie di piastrelle decorative adatte al rivestimento murale, una serie di campioni per pavimenti, un arazzo e una tovaglia. Fondamentale per il progetto è la collaborazione con il Francescana Group e nello specifico Food for Soul – associazione no profit fondata da Massimo Bottura e Lara Gilmore per combattere lo spreco alimentare – per il reperimento degli scarti di cibo da utilizzare nei materiali proposti, sia piastrelle che tinture. Society Limonta brand italiano di biancheria per la casa noto per l’utilizzo di filati di origine naturale, ha donato tutti i tessuti con cui Monoferments ha realizzato la tovaglia e l’arazzo, in collaborazione con le sarte artigiane di Molce Atelier – sartoria terapeutica per donne vittime di violenza in condizione di vulnerabilità e insicurezza, con sede a Milano – che ha trasformato le rimanenze di tessuti in questi oggetti unici. Le linee di piastrelle decorative sono invece realizzate a mano con gli scarti delle demolizioni edili di cantieri lombardi e, nello specifico, terra di scavo, mattoni, sabbia e cemento, utilizzati sia come corpo ceramico che come smalto a seconda della temperatura a cui vengono cotte.
“Le piastrelle sono stonalizzate e imperfette, questa è la loro forza. Immaginare un interno, una casa realizzata con questo materiale ci fa pensare subito alla connessione diretta con i nostri sensi. Oltre all’impronta materica visiva e tattile, stiamo lavorando anche ad una possibile e futura esperienza olfattiva del materiale” Elisa Evaso e Luca Guglieri MONOSTUDIO ASSOCIATI | 168
Ph. Omar Sartor, Mario Teli 169 |
“L’obiettivo generale della ricerca si concentra sul trovare una soluzione a lungo termine al problema globale della gestione dei rifiuti e delle emissioni di CO², che colpisce anche l’industria dell’edilizia e la gestione dei rifiuti edili. [...] Il materiale composito ‘MyCera’ mostra notevoli proprietà strutturali se confrontato con la stessa miscela di materiali senza micelio. [...] Si presume che l’elevato aumento della resistenza alla trazione sia causato dal processo di crescita che avviene dopo la stampa, come si vede nell’immagine microscopica fornita della penetrazione ifale attraverso l’argilla. Questo tipo di distribuzione intelligente delle fibre non si sarebbe potuto ottenere con un materiale privo di crescita. [...] Dopo aver condotto sufficienti ricerche [possiamo affermare che] la composizione del materiale proposto potrebbe sostituire i leganti a base di cemento. [...] Per verificare l’ipotesi di un effetto strutturale vantaggioso delle connessioni di fibre cresciute, è previsto un confronto tra il rinforzo apportato dalle fibre miceliali e da altre fibre comunemente utilizzate per aumentare la resistenza alla trazione, come il basalto e le fibre di vetro.” da “MyCera. Application of mycelial growth within digitally manufactured clay structures” by Shape Lab
Ph. Shape Lab – Institute of Architecture and Media, Graz University of Technology | 170
MyCERA strutture in argilla stampate in 3D rinforzate dal micelio Presso l’Institute of Architecture and Media at Graz University of Technology, il gruppo di ricerca Shape Lab ha sviluppato un nuovo materiale composito chiamato MyCera, costituito da parti inorganiche – argilla e acqua, e parti organiche – segatura di legno e micelio (parte vegetativa dei funghi). La ricerca si concentra sull’utilizzo del micelio come rinforzo di fibre orientate per aumentare le prestazioni strutturali degli elementi in argilla cruda stampati in 3D e consentire la biosaldatura degli elementi cotti. Il fungo selezionato per la miscela, Pleurotus ostreatus, è stato scelto in virtù della sua elevata resistenza e del rapido tasso di crescita. La percentuale di Pleurotus ostreatus utilizzata è pari al 10% del peso della miscela di materiali. La segatura di legno è stata scelta come substrato del composito per la sua elevata disponibilità locale e la possibilità di controllare la dimensione dei suoi granuli. Il materiale è stato setacciato per garantire una dimensione delle particelle inferiore a 2 mm in modo da evitare qualsiasi blocco dell’ugello. Il rapporto in peso della miscela finale di argilla e segatura è 7:1 È stato dimostrato come il micelio aumenti le prestazioni strutturali degli elementi stampati in 3D in argilla e agisca come un bio-legante tra diversi pezzi, creando una struttura combinata stabile. Diverse strutture sono state prodotte assemblando più elementi insieme in uno stato in cui il micelio potesse continuare la sua crescita. Le fibre di micelio degli elementi nodali ancora in crescita hanno formato connessioni attraverso l’espansione della rete ifale e hanno bio-saldato insieme gli elementi adiacenti. Sebbene siano necessari ulteriori test per accertarne la durabilità, si può affermare con certezza che MyCera è un nuovo materiale composito promettente che potrebbe definire un nuovo approccio alla fabbricazione sostenibile degli edifici nel prossimo futuro. Il team di Shape Lab ha utilizzato una Delta WASP 40100 Clay per svolgere le proprie ricerche e stampare con successo MyCera, sfruttando il sistema aperto, la scala e la compatibilità della macchina con qualsiasi materiale fluido-denso. 171 |
COSMOLITE Nuova vita ai minerali da riciclo pre-consumo
C’è un binomio di perfezione tanto caro agli antichi greci che nell’unica espressione kalòs kai agathòs racchiude due ideali puri: quello del bello e quello del buono. Se gli Elleni lo attribuivano principalmente all’uomo virtuoso, oggi la stessa equazione potrebbe riguardare la cultura dell’abitare: abitare bello, abitare buono. Una combinazione possibile se alla scelta di un’estetica moderna, raffinata, originale si accompagna la predilezione verso materiali sani per l’uomo e per l’ambiente. Tra le soluzioni intrinsecamente responsabili, concepite nell’ottica di una filosofia innovativa e sempre più sostenibile, spicca la linea di lastre composte al 100% da minerali da riciclo pre-consumo che fa capo a Cosmolite®, la Materia Nuova di Stone Italiana, azienda nata nel 1979 e impegnata ogni giorno nel contribuire a un’architettura rispettosa delle persone e del Pianeta. Ispirata ai principi dell’economia circolare e alla valorizzazione dei materiali di scarto, Cosmolite® 100% recycled è declinata in sei collezioni: da Venantis, le cui superfici sono definite da una sottile vena passante che attraversa la lastra nella sua interezza, a Meteor, la serie ispirata all’effetto della pietra naturale, passando per KStar, definita da una texture nuova e alternativa che ricorda l’effetto graniglia, e ancora, Cosmo, Planet e CMT_ESSENTIAL. Adatta a tutte le applicazioni progettuali di rivestimento, Cosmolite® trova massima ottimizzazione nell’ambiente cucina, nell’arredo e nei rivestimenti. Le lastre, infatti, sono durevoli e resistenti agli urti, ai graffi e alle abrasioni, oltre che allo shock termico. Igienicamente testate e facili da pulire, le superfici non temono le macchie né gli odori: l’ideale per chi in cucina, negli ambienti dediti alla convivialità o in uno spazio professionale ama condividere momenti leggeri o lavorativi senza preoccuparsi dello sporco generato. La certificazione NFS, inoltre, ne attesta la loro idoneità al contatto con gli alimenti. Per un’immagine completa e coordinata dell’ambiente, Cosmolite® veste anche le ante di cucine e arredi. Non una semplice superficie di rivestimento, bensì vero e proprio elemento qualificativo che diventa corpo stesso dell’anta grazie alla caratteristica di essere un materiale a tutto spessore, lavorabile, scavabile e soprattutto flessibile e resistente agli urti. | 172
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Interior project by Architetto Elisabetta Scapin (Scapin Pietro SNC) Materiali: (isola cucina, area lavaggio in nicchia) Cosmolite Meteor Light 173 |
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BRICK ANTI SMOG
IL BRICK FACCIA VISTA CHE ASSORBE CO2
crea un mattone duro, simile al calcare, che soddisfa tutti i requisiti richiesi dagli standard europei.
Pioniere sul mercato mondiale, Vandersanden, tra i maggiori produttori europei di laterizi con sede in Belgio, ha lanciato Pirrouet®, il primo mattone faccia vista CO2 negativo ottenuto grazie a una rivoluzionaria tecnologia applicata alla fase di carbonatazione. La sua particolarità è che durante il processo produttivo non produce emissioni ma, al contrario, le assorbe.
Ma non è tutto, solo il 20% del mattone è costituito da materie prime primarie (sabbia, acqua ed eventuali coloranti) il rimanente 80% proviene da residui minerali (carbinox e stinox) dell’industria siderurgica che, anziché finire in discarica, vengono riciclati.
Durante il processo di carbonatazione, la CO2 reagisce con materiali contenenti calcio, creando carbonati. Questo legame permanente
In termini energetici, la fase più dispendiosa del processo di produzione è stata eliminata.
CATTURARE CO2 PER RIUTILIZZARLA
Anziché essere cotti in un forno a gas, i materiali vengono induriti in una camera a CO2 che viene riempita utilizzando la CO2 rilasciata durante la combustione dei combustibili fossili nelle industrie ad alto consumo energetico. Di conseguenza, un prodotto di scarto diventa nuovamente materia prima con evidenti benefici per l’ambiente. Durante il processo produttivo, ogni tonnellata di mattoni faccia a vista Pirrouet® assorbe fino a 60 kg di CO2, che si lega in modo permanente all’idrossido di calcio presente nella fase di essiccazione (curing). Per completare il ciclo sostenibile, Vandersanden genera la maggior parte della 175 |
sua elettricità verde tramite i propri pannelli solari e un impianto eolico. PERFORMANCE ESTETICA Il nuovo mattone slim non è solo un ottimo esempio di sostenibilità, ma garantisce anche ottime performance estetiche. È infatti disponibile in nove varianti colore e presenta una struttura superficiale unica dall’aspetto accattivante con un rivestimento protettivo trasparente. Per produrre Pirrouet® nel modo più sostenibile possibile, viene pigmentato solo lo strato superiore di circa un centimetro. VERSO UN FUTURO NET ZERO Pirrouet® rientra nel programma “Together to Zero” con cui l’azienda si impegna a rendere ancora più sostenibili tutti i suoi processi, metodi produttivi, stabilimenti e prodotti. L’ambizione è quella di essere fonte di ispirazione per tutto il settore, invitando le aziende a unirsi per affrontare insieme la sfida globale verso la neutralità. Per rispettare la rigorosa tabella di marcia contenuta nell’ambizioso piano, Vandersanden ha ridotto lo spessore dei mattoni tradizionali da 10 a 7 cm lanciando la gamma S-line®, con un notevole risparmio di materie prime ed energia nel processo di cottura e vantaggi sostanziali nella logistica e nei trasporti. La gestione consapevole dell’acqua è un altro aspetto prioritario (minore consumo, raccolta e riutilizzo dell’acqua piovana sono tra i principali accorgimenti), così come quello della riduzione dei rifiuti grazie a imballaggi sostenibili e riutilizzabili, realizzati con il 30% da materiale riciclato (si arriverà al 50% entro il 2025). Nel 2022 l’azienda ha impiegato ben 213 tonnellate di materiale riciclato riducendo le CO2 annuali di 400mila tonnellate, mentre, con l’introduzione della stampa ecologica solo sul 10% dell’imballaggio, il risparmio di inchiostro è stato dell’80%. Ridotte anche le etichette da 2 a 1 per confezione. Ai clienti viene inoltre offerto un servizio di reso gratuito dei pallet in legno. L’impegno riguarda anche la mobilità con il passaggio graduale verso veicoli funzionanti con il 100% di elettricità verde. | 176
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24/10/23
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NewspaperWood LA CARTA DIVENTA LEGNO Quando pensiamo al legno e alla carta, di solito ci viene in mente il legno come fonte e la carta come risultato. E se capovolgessimo il modello e vedessimo la carta come fonte e il legno come prodotto finale? Questo è il concept alla base del progetto di Mieke Meijer alla Accademia di Design di Eindhoven. Nella sua idea, pensare alla carta come stato finale del prodotto risultava limitante, così Mieke ha immaginato un’opportunità per ribaltare il processo e ricreare il “legno” partendo proprio dalla carta. Da questa intuizione nasce NewspaperWood, un materiale innovativo ed ecologico, prodotto dal riciclo di giornali che, per errori di stampa o altri motivi, hanno lasciato il ciclo produttivo. Quando NewspaperWood viene tagliato, gli strati di carta assumono il tipico aspetto delle venature del legno. Il materiale può essere tagliato, fresato e levigato e, come il legno, è generalmente trattato. Abbiamo parlato con Mieke Meijer, Arjan Van Raadshooven e Anieke Branderhorst, per saperne di più sul progetto.
Mieke, la tua idea è nata nel 2003, quando stavi studiando alla Accademia di Design di Eindhoven: qual è stato l’input? Raccontaci di più sulla genesi di questo interessante progetto. NewspaperWood è nato come progetto studentesco all’Accademia di Design di Eindhoven. Nella primavera del 2003 ho iniziato il mio terzo modulo nel dipartimento “Atelier”. Questo dipartimento era diverso da tutti gli altri: le lezioni si svolgevano nel mezzo del laboratorio. Gli studenti che hanno scelto questa direzione sono stati dei veri “innovatori”. Sperimentare con i materiali era il principio alla base di ogni incarico. Il compito su cui lavoravamo in quel momento riguardava il legno: la principale materia prima utilizzata per fare la carta è il legno, ricavato da alberi coltivati appositamente per produrre cellulosa; una volta trasformato, il legno entra nel circolo di riciclo della carta. Ho pensato che sarebbe stato bello invertire il processo e trasformare di nuovo la carta in legno. Quando ho iniziato a creare un “albero di carta” non sapevo quale sarebbe stato il risultato, ma tutto è andato oltre le aspettative. A parte il fatto che il materiale sembrava agire proprio come il legno, era semplicemente bellissimo! 179 |
Poi hai contattato Arjan e Anieke del marchio di design Vij5... Sì, in realtà non con l’intenzione di collaborare al progetto NewspaperWood. Ma quando hanno visto il materiale se ne sono innamorati e si sono interessati ad utilizzarlo come materiale alternativo all’interno della collezione Vij5. Il progetto ha però preso una piega diversa. Abbiamo invitato amici designer a sperimentare e inventare idee per i prodotti NewspaperWood, che Vij5 ha presentato durante il Salone del Mobile nel 2011. Sorprendentemente c’è stato un grande interesse da parte di varie case automobilistiche, che ha portato a un progetto con Peugeot per una concept car. Sulla scia di questo sviluppo abbiamo deciso di unire le forze in una nuova società. Nel marzo 2014 è stata fondata NewspaperWood BV, azienda dedicata alla produzione e allo sviluppo del materiale NewspaperWood con il fine di trovare nuovi prodotti intermedi e applicazioni innovative iniziando a industrializzare il processo di produzione del materiale. Quali sono state le prime reazioni del pubblico dopo la presentazione del progetto alla Dutch Design Week? Già allora la risposta era molto promettente! Abbiamo solo mostrato il materiale in una forma iniziale molto grezza, ma la gente aveva già iniziato a fantasticare su pavimenti, mobili, e quant’altro, realizzati con NewspaperWood.
Arjan e Anieke, entriamo nel merito della materia: come è possibile che pile di giornali riciclati riescano ad assumere i connotati del legno? In effetti, noi letteralmente ‘copiamo incolliamo’ la struttura del legno, realizzando nuovi ‘tronchi d’albero’. I registri sono stratificati perché tutti gli strati di giornale sono impilati l’uno sull’altro. Questo dà lo stesso effetto delle venature del legno o degli anelli di crescita di un albero e quindi ricorda l’estetica del vero legno. Una volta tagliato, NewspaperWood può essere fresato e levigato proprio come i legni tradizionali? È possibile aggiungere pigmenti e procedere alla personalizzazione? Ci sono innumerevoli possibilità con NewspaperWood, ma dobbiamo essere disposti a sperimentare; c’è ancora molto da esplorare. NewspaperWood può infatti sembrare legno, ma dobbiamo tenere conto che in realtà è carta combinata con la colla. Quindi, in parte si comporta in modo simile al legno, ma in parte ha anche bisogno delle proprie attenzioni. È un materiale molto delicato e la colla utilizzata può funzionare a nostro vantaggio (ad esempio su forme sagomate 3d) ma può anche provocare crepe. Ecco perché per ora scegliamo di lavorare il materiale solo come impiallacciatura, poiché nella nostra esperienza questa è la forma più stabile.
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Quali sono i principali usi del materiale? Contate numerose referenze e collaborazioni, sia nel campo del design che della moda, e non solo... Ad essere sinceri tutti i progetti che abbiamo fatto finora sono stati piuttosto sperimentali. Ad esempio, abbiamo lavorato su alcune concept car nel settore automobilistico, l’abbiamo utilizzato nell’arredamento e nell’interior design, abbiamo realizzato gioielli e persino un orologio. Siamo molto grati per la fiducia e le opportunità che le aziende partner ci hanno dato, rendendoci in grado di provare e dimostrare che il materiale ha del potenziale. Ora stiamo cercando aziende che vogliano davvero fare un passo avanti e implementare il processo di produzione di NewspaperWood nelle proprie linee produttive. Come si è evoluto nel tempo il progetto NewspaperWood? Finora è stato un bel viaggio! Mieke ha inventato il materiale nel 2003 e ha iniziato a lavorare con noi nel 2007, quindi il progetto esiste da 20 anni. Nonostante il successo visivo e narrativo del materiale, rendere NewspaperWood producibile e accessibile a un pubblico più ampio non è avvenuto dall’oggi al domani. Abbiamo dovuto passare da un processo manuale a un prodotto meno dispendioso in termini economici e di manodopera. Passo dopo passo abbiamo fatto progressi. Siamo riusciti a creare una macchina NewspaperWood su misura in grado di realizzare i tronchi degli alberi.
Siamo però ancora in una fase di pre-produzione, poiché stiamo cercando il partner giusto che sia disposto a investire nella nostra prima linea di produzione. Possiamo realizzare progetti su piccola scala per il momento. Questa invenzione non ha solo lo scopo di combattere gli sprechi, ma anche di aggiungere nuova bellezza all’ambiente che ci circonda. Quali nuovi obiettivi vi state ponendo per il futuro? Esattamente, NewspaperWood non mira a diventare un’alternativa su larga scala al legno e non mira nemmeno a riciclare tutti i rifiuti di carta in un nuovo materiale. Il tema principale del progetto è l’upcycling: mostriamo come un surplus di materiale può essere trasformato in qualcosa di più prezioso utilizzandolo in un contesto diverso. Oltre al valore della bellezza, NewspaperWood ha anche caratteristiche visive e narrative molto forti. Ci auguriamo che questo possa aiutare a rendere la sostenibilità più attraente per il grande pubblico.
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E V E R G R E E N
new materials in town
BERRYALLOC | OCEAN+ I pavimenti in laminato Ocean+ proposti dal brand belga sono collaudati per garantire una lunga durata e resistere all’acqua. Oltre a sopportare urti, graffi e carichi pesanti, le doghe sono completamente stabili, non scoloriscono se esposte al sole, non temono macchie di alcun tipo e possono raggiungere la classe di utilizzo 33/AC5, rivelandosi idonee anche per ambienti commerciali a traffico elevato. In termini di idrorepellenza, uno speciale rivestimento idrofugo viene applicato durante le fasi di produzione su tutti i lati di ogni singola doga, allo scopo di respingere i liquidi non solo sulla superficie, ma anche in corrispondenza degli incastri e delle giunzioni. Questa tecnologia, chiamata Hydro+, rende il laminato completamente resistente all’acqua e molto più resistente nel tempo, perché acqua, umidità e ogni altro tipo di sostanza liquida vengono bloccate e non riescono a penetrare in alcun modo all’interno delle doghe. A protezione dei pavimenti anche in corrispondenza delle pareti e delle soglie, è disponibile inoltre una selezione di accessori Hydro+ che permettono ai listoni di espandersi regolarmente conservando allo stesso tempo le caratteristiche idrofughe. I laminati Ocean+ sono disponibili in 50 diversi decori. Oltre alle numerose proposte effetto legno, la collezione include anche una texture che rievoca la pietra naturale.
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EVERGREEN
THEIA | MAR DI Una linea di piastrelle portoghesi fatte a mano, che offre infinite possibilità di rivestimento per interior contemporanei. Ogni superficie è realizzata in terracotta, un materiale semplice ed ecologico, pressato, cotto e dipinto utilizzando tecniche antiche per dar vita ad un prodotto autentico e altamente decorativo. Mar Di è la collezione disegnata da Studiopepe per Theia, ispirata al movimento del mare, alle sue onde, con un significato più ampio che guarda al tema del viaggio e dell’esplorazione. Un’indagine formale che culmina con quattro modelli in cui le superfici interagiscono diversamente con la luce che le sfiora.
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EVERGREEN titolo articolo | 01 nome capitolo
DECORATORI BASSANESI | WINDY L’incessante spirare del vento, le increspature, le tracce e i vortici lasciati dal suo passaggio sull’acqua o su vaste risaie e campi d’erba, sono gli elementi d’ispirazione per Windy, la collezione nata dalla sinergia tra la creatività di Oki Sato, chief designer e fondatore del celebre studio Nendo, e la tecnica ceramica di Bassano del Grappa, città in cui nel 1988 è nata Decoratori Bassanesi. Questa arte si distingue da altre tecniche ceramiche perchè, invece di aggiungere motivi e colori a posteriori con smalti, fonde i colori direttamente nell’argilla e decora le superfici con motivi tridimensionali come rilievi. Per la realizzazione di Windy è stato seguito questo metodo, utilizzando scalpelli, punte e trapani di diverse forme e dimensioni per eseguire l’incisione di solchi sull’intonaco liscio, scoprendo come le sottili differenze nel profilo della sezione trasversale e nella profondità delle scanalature cambino la percezione delle ombre. Per la collezione sono state scelte scanalature di 2,6 mm di larghezza, con spigoli vivi che si trasformano in eleganti e morbide curve. Un ulteriore senso di profondità è stato ottenuto combinando due diverse profondità di scanalatura, 0,25 mm e 0,6 mm, e applicandole poi in quattro motivi che sfociano in contorni dritti e curvi. La collezione si compone di 4 diverse facce di grafica combinabili tra loro ed è disponibile in 4 differenti colori, minimali e neutri.
DE CASTELLI | LOSANGA Il metallo come rivestimento offre una seconda pelle all’architettura, dando vita ad una palette ricchissima di toni cangianti, ossidazioni, colori profondi. Una pelle che assume una speciale connotazione artistica, enfatizzata dall’eleganza geometrica di pattern rigorosi, resi vibranti dalle continue variazioni di spessori e forme. Le superfici De Castelli introducono una dimensione decorativa che rifugge l’artificio ed esalta il materiale. Ideata da Nikita Bettoni, il mosaico a giunto unito “Losanga” esprime un’eleganza attuale attraverso il particolare disegno a tessere romboidali. La disposizione a due o a tre elementi dà origine a pattern complessi, resi ancora più preziosi dalle nuance della lavorazione DeLabré, che assicura alla superficie l’illusione ottica della tridimensionalità. Le tessere in ottone, rame e acciaio inox sono preassemblate su rete in fibra di vetro a formare una mattonella, idonea per l’installazione a parete o a pavimento. | 188
ph. Olivo Day
MARAZZI | LUZ La collezione di piccolo formato da rivestimento indoor Luz, in grès porcellanato rifinito con uno smalto super lucido, riprende l’estetica dei mattoncini smaltati a mano. Come tutte le proposte della gamma Crogiolo l’aspetto artigianale del mattoncino originario è ricreato attraverso una produzione industriale. La collezione è caratterizzata da bordi semi-sagomati, un’innovazione recente che conferisce una leggera irregolarità alla superficie del pezzo, mentre nella parte bassa i bordi rimangono dritti, per una posa dal sapore artigianale ma ph. Masahiro Ohgami comunque perfetta. 189 |
EVERGREEN
ORIGINAL PARQUET LE SPINE SPECIALI La ricerca e la voglia di soddisfare le molteplici esigenze dei clienti portano sempre Original Parquet alla creazione di nuove collezioni di pavimenti in legno. Quello dell’azienda è un impegno costante che si basa sulla lunga esperienza e la grande competenza nel proprio settore, ma soprattutto, sui continui investimenti dedicati alla propria area produttiva per dotarla delle più moderne tecnologie impiantistiche. Le conoscenze tecnologiche unite all’abilità artigianale del proprio laboratorio di falegnameria, consentono all’azienda di soddisfare gusti ed esigenze di clienti privati e pubblici. Per questi motivi Original Parquet ha deciso di allargare la propria gamma di pavimenti a Spina con quattro Spine Speciali, in Rovere, dai colori unici, dimensioni 70x490 millimetri e il montaggio classico all’Italiana. I prodotti sono la Spina Bianco Alpino in Rovere rustico con finitura sbiancata, un pavimento moderno e dal tono chiaro con il trattamento sbiancato che lascia trasparire la vena del legno; la Spina Rovere Oro con un trattamento di verniciatura oro che le conferisce un tono caldo e allo stesso tempo un aspetto leggermente vintage; la Spina Venezia con la tonalità tendente al grigio che le dona un tocco moderno e di tendenza e la spina Firenze Vecchia dalla colorazione calda e sfumata, tendente al noce, ideale sia per le abitazioni in stile classico che per quelle più moderne e contemporanee.
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EVERGREEN
“Mare Nostrum è una collezione di decori che celebra il mare, simbolo di vitalità e biodiversità, elemento che lambisce le coste di tutti i continenti e che li tiene uniti e collegati tra loro. Il mare, il nostro mare, di tutti e per tutti, dove trovano casa migliaia di specie marine in un ecosistema spesso messo in crisi dalle azioni dell’uomo. I decori prendono formalmente spunto da pesci e moto ondoso per ricreare dei pattern più astratti e geometrici. Un messaggio sottotraccia per ricordarci di prenderci cura del nostro mare e del nostro unico pianeta terra.” Matteo Ragni
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ABET LAMINATI | MARE NOSTRUM La collezione “Mare Nostrum” disegnata da Matteo Ragni per Abet, tra le più importanti realtà produttrici di laminati decorativi, presenta 6 pattern realizzati in stampa digitale, ognuno declinato in 4 colori che richiamano le affascinanti tonalità del mare e della terra. Papersail suggerisce una rappresentazione iconica della barca a vela, dedicata alla libertà di vivere navigando, cullati dalle onde. Islands propone figure concentriche equidistanti tra loro che ricordano le carte nautiche, con riferimenti alle profondità del fondale. Fetch evoca il tratto di mare su cui il vento spira senza incontrare ostacoli e dalla cui lunghezza dipende la dimensione delle onde generate. Net è una rete immaginifica disegnata sulla superficie di un piano che, come la quadrettatura di un foglio, collega punti e pensieri. Octopus si ispira alle ventose dei tentacoli di un polpo giungendo ad un decoro dal segno irregolare e dal gradiente cromatico tridimensionale. Shark attinge alla particolare struttura della pelle dello squalo per generare intriganti effetti tridimensionali. Tra i tratti distintivi di questa linea materica che celebra la bellezza degli elementi naturali non vi è tuttavia solo un design accattivante e di tendenza bensì anche un’anima spiccatamente green. Mare Nostrum è realizzato in Re-Abet, un laminato composto al 100% da carte kraft riciclate, pensato dall’azienda come culmine di un percorso orientato alla riduzione dell’impatto ambientale dei propri prodotti. Il costante impegno di Abet nella ricerca e nello sviluppo di materiali che possano andare oltre quelli tradizionali si traduce peraltro in superfici per l’architettura durevoli e di alta qualità che mantengono intatte le loro caratteristiche nel tempo. 193 |
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ORGANOID® | ALMWIESN LIGHT La superficie Organoid® nasce da un’accurata ricerca di materie prime naturali, principalmente fieno e fiori, nella regione austriaca del Tirolo. Distribuita in esclusiva sul mercato italiano da Piva Wood, questa proposta materica a tratti “esperienziale” punta sulla multisensorialità presentandosi come rivestimento dalle notevoli qualità visive, tattili e olfattive. Ne è un esempio Almwiesn Light, un wallpaper di fieno alpino naturale arricchito da margherite e petali di fiori profumati, dall’erica a girasoli, lavanda e rose. Il suo design biofilico è pensato per aumentare il benessere indoor e ridurre la CO2 nella stanza in cui viene adottato. Il supporto in lino, realizzato con componenti naturali e certificato OEKO-TEX® STANDARD 100, vanta inoltre proprietà di regolazione della temperatura e dell’umidità oltre a fornire un buon abbattimento del rumore. Il materiale, flessibile ed ecologico, è permeabile alla luce e adatto per un’ampia varietà di applicazioni nel design d’interni.
INKIOSTRO BIANCO | FLOW LATOxLATO, l’officina di design di Francesco Breganze de Capnist e Virginia Valentini collabora con il marchio specializzato in rivestimenti decorativi artistici Inkiostro Bianco per una suggestiva carta da parati dal carattere metafisico. Protagoniste di Flow sono infatti visioni urbane che avvolgono gli spazi in una dimensione rarefatta, onirica e al tempo stesso in movimento. Un’originale interpretazione del wallpaper improntata alla fluidità, al ritmo di forme e colori. Fil rouge dei quattro soggetti è la riflessione sulla relazione fra interno e esterno nell’architettura. Le grafiche di Archscape e Metropolis evocano la città dal punto di vista di chi preferisce ammirarla da lontano, all’interno della propria casa senza avvicinarsi troppo. Volumi, scale, finestre, luci, ombre proiettate sulle pareti degli edifici. Una metropoli frenetica ma quasi mistica, sognante. Bossage e Coffer Mania invitano invece ad avvicinarsi. È come passeggiare per le vie urbane e, attratti dalla luce di una stanza che si intravede, fantasticare su come sia l’ambiente e su chi lo abita, spaziando con l’immaginazione in una dimensione intangibile. | 194
6MM LA C E R A M I CA VA P E R I L S OT T I L E
S OT T I L E E R E S I ST E N T E
FAC I L E DA TAG L I A R E
P O SA P I Ù V E LO C E
IDEALE PER R I ST R U T T U R A Z I O N I
R I S PA R M I O ENERGETICO
BA S S E E M I S S I O N I CO2
GRUPPO BARDELLI Imprenditorialità familiare tra creatività, innovazione e personalizzazione
di Gibo Borghesani Entusiasmo, creatività, visione, pionierismo e un pizzico di “sana follia” sono elementi di spicco che si respirano nella conversazione, estremamente coinvolgente, con i due fratelli Gianandrea e Gianmaria Bardelli, terza generazione che dal 2015 si è inserita alla guida dell’omonimo Gruppo che, con i suoi tre marchi Ceramica Bardelli, Ceramica Vogue e Appiani, da più di 60 anni è un punto di riferimento nel mondo della ceramica e del design dei quali sono stati precursori vincendo, già nel 1991, il Compasso d’Oro per la collezione Key
Point. Passione, quella per il design, che non si è mai affievolita come dimostrano la recente collaborazione con Seletti e le oltre dieci nuove collezioni presentate a Cersaie 2023.
Gianmaria Bardelli: Confermo. Sicuramente preservare i valori dei tre marchi con l’obiettivo di rileggerli con occhio contemporaneo mantenendone, però, l’identità.
Quali valori del passato aziendale non mancheranno mai? Gianandrea Bardelli: Tradizione, qualità e sensibilità “artistica”. Quest’ultima è sicuramente quella che, più di tutto, ci ha sempre differenziato. La metto tra i valori in quanto è un po’ una tradizione di famiglia: arte, musica e letteratura sono discipline che influenzano quotidianamente il nostro operato da imprenditori.
Lo dimostrano le nuove collezioni… Gianmaria Bardelli: Esatto. Per il 150° anno del marchio Appiani, ad esempio, abbiamo ripreso dei progetti realizzati per il Teatro Eden di Treviso: prendendo spunto da esagone in gres rosso le abbiamo realizzate in piccolo formato con monocottura di gres porcellanato e, grazie allo smalto in polvere, le presentiamo in 18 nuances di colore, sviluppate in tre tonalità differenti.
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La sperimentazione non si ferma. Le nuove tecnologie permettono una flessibilità incredibile. Possiamo ricevere dal progettista una dima con un suo disegno e, grazie all’uso delle stampanti 3D abbinate alla nostra artigianalità, possiamo attuare una customizzazione totale. Avete utilizzato anche l’Intelligenza Artificiale… In collaborazione con i ragazzi della Digital Design (rinomato studio di design con sede a Fiorano Modenese ndr.) e con il Laboratorio AImageLab di Unimore, abbiamo utilizzato un software di intelligenza artificiale nel quale abbiamo inserito porzioni di un centimetro di alcuni pavimenti tra i più venduti al mondo come cemento, resina, ceppo di gre, pierre bleue e argille. Poco tempo fa poteva sembrare fantascienza… Vero! E il risultato creato dagli algoritmi è stato un foglio infinito di texture, da stampare poi sul gres, sul quale, però, abbiamo lavorato perché non nego che, senza l’intervento umano, l’effetto non si poteva definire bello. È nata così la collezione Clayborn di Ceramica Bardelli che deve il nome a una collaborazione che abbiamo attuato con l’omonima azienda produttrice di whisky tedesca. L’idea è nata dal fatto che la maggior parte delle argille utilizzate provengono dalle cave tedesche di Westerwalt dove nasce anche il loro whisky. Quando nasce la collaborazione con un artista come si riesce a coniugare il punto di vista iniziale con la realizzazione? La gestione del processo creativo è molto delicata. Non si parte mai da un pensiero economico ma da una visione, una direzione, un’idea che viene sviluppata spesso insieme all’artista e che, poi, si studia come realizzare tecnicamente. A volte capita anche che i progetti non vadano in porto perché, pur riconoscendone il valore, capiamo che non è il momento giusto. Quindi si mettono nel cassetto. E magari dopo qualche anno sono… perfetti. Quali sono le nuove tendenze legate al mondo delle superfici? Il piccolo formato non è mai uscito di scena e adesso è più che mai nuovamente protagonista. C’è un grande ritorno del mondo della listelleria e dei colori forti. Ovviamente i grandi formati. Il tutto però in dialogo. | 198
Come sono cambiate le “regole” del design di interni negli ultimi anni? Mi sembra si sia un po’ limitato a un discorso estetico e grafico. Io preferisco una progettualità di insieme, valutare l’ambiente e trovare nelle nostre collezioni la soluzione, che deve essere sempre anche funzionale, in modo creativo. Ogni progetto per noi è una sfida.
Gianandrea Bardelli: In più abbiamo recentemente allestito due showroom, uno nella sede produttiva di Biella dove organizziamo visite guidate che permettono un’esperienza e comprensione completa delle collezioni, e uno a Sassuolo, che ospiterà sia uffici commerciali sia visite di clienti, agenti e nuovo personale commerciale.
Qual è la differenza tra un progetto residenziale ed extraresidenziale in termini di sfida e creatività? Ci sono alcuni prodotti che nascono per una soluzione specifica. Spesso, però, ci sono progettisti ai quali fai proposte insolite, attingendo a materiali nati per una precisa destinazione d’uso, e insieme a loro riusciamo a rileggere e a rendere, anche per questo, di fortissimo impatto. Che un architetto ci invii il progetto per un piccolo bagno o un grande hotel per noi non fa differenza. Quello che ci fa entusiasmare è la creatività che può trasformare anche un bagno in un piccolo capolavoro.
Cosa apportano le nuove generazioni alla vostra visione? Gianandrea Bardelli: Confrontandomi con le nuove generazioni mi rendo conto che temi come la sostenibilità ambientale e l’economia circolare sono sempre più attuali e non sono solamente dei temi “alla moda”. Soprattutto nei giovanissimi: mi è capitato di discuterne in alcuni colloqui. Trasmettono chiaramente una sensibilità molto spiccata al tema. Gianmaria Bardelli: È un tema che non può essere messo in secondo piano e al quale siamo fedeli da molti anni con un ciclo produttivo sostenibile, la depurazione e il riutilizzo delle acque, l’attenzione ai fumi. Per il nostro Gruppo è talmente normale che mi stupisco quando scopro che in realtà molti non l’hanno ancora messo in pratica.
Siete molto forti anche nell’hotellerie… Ci stiamo divertendo molto in quel mondo. Non a caso abbiamo creato una collezione che si chiama Play ed è dedicata al mondo del gaming, al quale realtà ricettive si stanno indirizzando. In questo caso è stato molto stimolante trovare soluzioni che rispondessero a esigenze precise inaspettate: come studiare piastrelle opache per fare sì che la rifrazione della luce non avvenisse e consentisse agli elementi di illuminazione o arredo di essere incorniciati correttamente. Come viene affrontato il tema della formazione e della crescita dei nuovi talenti? Gianmaria Bardelli: Abbiamo la fortuna di avere con noi elementi storici del Gruppo e l’hanno a cuore. Presente e passato stanno formando le nuove generazioni che, di contro, siamo sicuri porteranno visioni innovative. Da qualche anno la formazione interna avviene con supporti digitali e questo ci ha permesso di aprirci anche all’esterno e creare la Bardelli Academy: una piattaforma di formazione nella quale condividiamo processi produttivi, sistemi di posa, collezioni che, in collaborazione con le Università di Milano e Torino, viene affiancata da esperienze dirette qui da noi dove ospitiamo studenti che si mettono alla prova. Con risultati sorprendenti.
Quali sono le strategie per assicurarsi che i giovani talenti formati rimangano impegnati e fedeli all’azienda nel lungo termine? Gianmaria Bardelli: Essendo un’azienda familiare il rapporto interno è molto empatico e, soprattutto, garantiamo un percorso di crescita costante sia in campo di formazione sia di soddisfazione personale ed economica. Noi investiamo su chi lavora per noi. E i risultati li vediamo. Gianandrea Bardelli: Crediamo fermamente nei valori come rispetto, educazione ed etica a 360 gradi. Come ci hanno insegnato nostro nonno e i nostri genitori, crediamo che questi valori siano alla base di un rapporto sano, trasparente e duraturo con i propri collaboratori; a tal proposito posso dire che vantiamo un turnover di personale tra i più bassi del settore. Siamo imprenditori aperti al dialogo e all’imprenditorialità dei nostri collaboratori: tanti progetti o tecnologie sono nate proprio da loro e non c’è soddisfazione più grande di vedere il proprio personale esprimere creatività e la propria opinione vedendo crescere contemporaneamente la persona e la sua consapevolezza da professionista.
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Le nuove tecnologie sembrano inarrestabili. Come si può rimanere al passo o, a volte, anticipare l’aspetto produttivo? Gianandrea Bardelli: La tecnologia del settore ceramico nell’ultimo decennio ha fatto passi da gigante, mantenere il passo non è semplice ma credo che, per un’azienda come la nostra, l’aspetto puramente tecnologico non deve essere il punto cruciale. La nostra forza è sempre stata quella di coniugare industria e artigianato, estetica e tecnica; binomi che ci hanno sempre permesso di differenziarci sul mercato e di creare quelli che oggi sono i nostri tre brand. Negli ultimi anni, però, abbiamo focalizzato i nostri investimenti tecnologici in ambito di flessibili| 200
tà: nuove macchine di taglio, robot antropomorfi, stampanti 3D e piatti retroilluminati per il montaggio di mosaico. Tutti investimenti volti a implementare l’offerta sempre più “custom”, riducendo tempi di consegna, grado di personalizzazione e qualità produttiva. Il tutto per rispondere sempre più velocemente a un mercato dinamico, esigente e in forte evoluzione.
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ISSN 2975-1063
M A G | B O O K | 3-2023
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