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Lamezia e non solo

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Lamezia e non solo


Lameziaenonsolo incontra

Paolo Mascaro

Dei lametini quasi (ed il quasi è “quasi” d’obbligo per le solite eccezioni che confermano la regola) nessuno le rimprovera di aver agito per il proprio tornaconto ma di avere accettato nella lista, quando si presentò come Sindaco, figure non proprio “immacolate” e, proprio perché avvocato, avrebbe dovuto evitarlo, presupponendo che conoscesse vita e miracoli dei candidati: Il problema della formazione delle liste è stato più volte anche da me dibattuto in questi mesi. Ho maturato la convinzione che sia stato sicuramente un errore aver avuto l’appoggio di 9 liste e ciò non solo perché il maggior numero di candidati può contribuire a nascondere l’insidia ma anche perché, nella successione gestione, tende comunque a creare maggioranze meno compatte e più disaggregate. Fatta questa doverosa premessa, e specificando che consiglierei oggi a qualsivoglia candidato a Sindaco di contenere il numero delle liste a suo sostegno a non più di 4, debbo però dissentire sull’aver io accettato figure non proprio “immacolate”. Al riguardo, basta rileggere le cronache dei tanti quotidiani e delle testate on line di quei giorni per verificare che avevo richiesto alle formazioni che mi appoggiavano di farsi consegnare i certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti, che ho inviato alle autorità competenti le liste dei candidati, che ho depositato esposto in Procura affinchè si accertasse l’eventuale veridicità di quanto letto su un social in ordine a tentativi di infiltrazioni nelle mie liste. A riprova del mio estremo rigore, vi sono vari articoli che testimoniano la mia contrarietà a candidatura di autorevole personaggio lametino, dalla lunga ed importante militanza politica, e ciò solo per la sussistenza, allora, a suo carico di una sentenza di condanna di primo grado. Di certo, però, può accadere, ed accade sovente purtroppo a tutte le latitudini ed a tutti i gruppi politici, di candidare persone prive di qualsivoglia pregiudizio o pendenza penale che solo successivamente vengono invece coinvolte in inchieste anche importanti ma la palla di vetro in questo caso non è in possesso di alcuno, pur sia esso Avvocato o anche Magistrato. La rimproverano anche di non essersi dimesso quando già si parlava di possibile commissariamento. I “bene informati” sostengono che, così facendo, la città non sarebbe stata commissariata e lei si sarebbe potuto presentare a candidato sindaco ed essere rieletto. Sul punto mi permetto di dissentire in quanto nel momento nel quale era stata oramai avviata la richiesta autorizzativa per l’invio della Commissione di Accesso, e ciò è tempestivamente avvenuto da parte della Prefettura nei giorni immediatamente successivi all’operazione “Crisalide”, vi sarebbe stato comunque commissariamento con i disagi conseguenti allo stesso e con l’aggravante che non vi sarebbe stata la possibilità di quell’impugnativa giudiziaria che sono certo riconoscerà invece l’insussistenza dei presupposti inerenti lo scioglimento ed affiderà nuovamente la guida della Città ad amministrazione eletta dal popolo. Ringrazio comunque i tantissimi che per stima nei miei riguardi mi avevano suggerito, anche parlando direttamente con me, le dimissioni ed una immediata ricandidatura alla guida della Città che sarebbe stata da loro entusiasticamente appoggiata. Altra accusa che le muovono i lametini è quella di essersi messo sotto l’ala protettrice dell’Onorevole Galati nonostante prima Lamezia e non solo

Nella Fragale

delle elezioni lei avesse dichiarato che non si sarebbe legato mai a nessun politico Chi mi conosce sa bene che io nella mia vita non ho mai richiesto, voluto o avuto ala protettrice di alcuno. Amo sempre ascoltare tutti ma in tutte le varie esperienze della mia vita, che prima di vedermi Sindaco mi hanno visto sin dal 2000 e per 4 anni giovane Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Lamezia Terme e negli anni successivi e per 7 anni Presidente della Vigor Lamezia, ho sempre assunto ogni decisione assumendomi la responsabilità in prima persona anche di eventuali errori. Ciò è avvenuto pure nella mia esperienza politica da Sindaco ove mai alcuno potrà dire che io abbia assunto decisioni imposte o condizionate o “suggerite” da altri o abbia mai richiesto ad altri di essere protetto e tutelato. Ho l’orgoglio di dire che anche nella vicenda dello scioglimento nessuno potrà mai affermare che io mi sia rivolto a chicchessia pur al solo fine di evidenziare la moralità della mia persona e di tutti coloro che fanno parte della mia cerchia familiare e parentale: in detta vicenda, pur spesso sollecitato a rappresentare i fatti a terze persone al sol fine di far comprendere a chi non mi conoscesse la realtà dei fatti, ho detto che per me non doveva parlare alcuno ma doveva solo valere la trasparenza dei miei atti e dei miei comportamenti e così mi sono comportato pur subendo poi sulla mia pelle colossale ingiustizia. Questi Commissari sembra che abbiano come obiettivo quello di chiudere tutto a Lamezia, acqua contingentata, luoghi di ritrovo chiusi, palazzetti chiusi, si dice che abbiano tanta paura dei “mafiosi” lametini da non ricevere nessuno o, se proprio non possono dire di no, fanno in modo da non essere da soli, è così o è una leggenda metropolitana? Non posso rispondere sulla seconda parte della domanda non avendo conoscenza diretta delle loro metodologie di comportamento nel rapportarsi alla guida della Città. Posso dire che io ho sempre ricevuto tutti non avendo paura di ricevere neanche soggetti astrattamente equivoci in quanto in ogni caso qualsivoglia eventuale richiesta non conforme alle regole si sarebbe infranta sull’invalicabile ed invalicato muro della mia moralità. Posso di certo dire, e mi sarei augurato di leggerlo anche da altri esponenti politici, che non condivido affatto la politica amministrativa portata avanti in questi mesi dalla triade commissariale che testimonia a mio parere evidente ed eclatante arretramento sulle pur difficili condizioni inerenti il decoro, l’arredo urbano e la vivibilità della Città ed ancor più pericolosa situazione di stallo assoluto su ogni prospettiva di sviluppo del territorio. Per contro si dice anche che la colpa di tutto non è dei Commissari ma dei Dirigenti, mi chiedo e le chiedo, questi Dirigenti che fino allo scioglimento non hanno chiuso nulla, perché ora stanno agendo come se Lamezia fosse tutta da rottamare? Io mi limito semplicemente a valutare ciò che sta avvenendo: per quanto riguarda le strutture è, a mio parere, assurdo che in una Regione nella quale il 97% degli edifici pubblici non è a norma si voglia solo a Lamezia portare avanti non più la politica della progressiva regolarizzazione degli stessi (attuata in passato tramite il conseguimento dell’agibilità del Grandinetti, l’ammissione ai finanziamenti Credito Sportivo per il Palazzetto di Via Marconi e lo Stadio D’Ippolito e per svariate scuole, gli incarichi professionali per il rilascio CPI) ma quella del massacro di ogni attività di ritrovo

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e socializzazione e di scambio e progresso culturale. Pertanto, nel mentre ad esempio le nostre strutture sportive sono chiuse, ci si reca a giocare in ogni angolo della Calabria in impianti neanche lontanamente paragonabili ai nostri in quanto ad agibilità e sicurezza. Per il resto, non credo si debba parlare di responsabilità dei Commissari o dei Dirigenti: nei miei 29 mesi da Sindaco mai nessuno potrà dire che io abbia addossato a Dirigenti, Funzionari o dipendenti la responsabilità di alcun atto o provvedimento perché non sarebbe stato comunque giusto e sul punto ho solo lamentato l’esiguità del personale e soprattutto un numero di Dirigenti non adeguati alle tematiche complesse che deve affrontare un Comune quale quello di Lamezia. Come mai mentre lei è stato Sindaco c’è stato un continuo avvicendarsi di assessori? Nessuno ha resistito a lungo, perché non avevano le condizioni per operare o perché non erano all’altezza? Nel’ultima ipotesi, come mai sono stato nominati? Le statistiche riguardanti Lamezia e comuni viciniori dimostrano che ciò non risponde pienamente a verità: Vibo Valentia con amministrazione eletta nella stessa tornata ha avuto nel medesimo arco temporale lo stesso numero di avvicendamenti; Catanzaro nella precedente gestione amministrativa aveva superato il numero di sostituzioni che vi sono state nel mio mandato. In ogni caso, è evidente che il grado di difficoltà sussistente in un Comune che ha a ff r o n t a t o

contemporaneamente un pre-dissesto in itinere, con le responsabilità anche personali che ciò comporta, ed un accesso di Commissione Antimafia richiede uno sforzo non solo in termini di impegno ma anche psicologico e mentale che rende più naturale un maggiore avvicendamento pur tra persone tutte all’altezza del loro compito. Fra le persone che poi hanno abbandonato la nave, dimettendosi, le faccio dei nomi e lei mi dia le sue opinioni sui motivi delle dimissioni Angelo Bilotta, Anna Maria Scavelli, Chiara Puteri, Giuseppe Paladino, Francesco Caglioti, Francesco De Sarro, Marialucia Raso, Massimiliano Carnovale:Massimiliano Tavella E’ giusto che le motivazioni delle dimissioni vengano chieste e fornite dai diretti interessati e che non sia io a dover sostituirmi ai medesimi. Posso semplicemente dire che con tutti gli Assessori che si sono dimessi i miei rapporti personali sono rimasti di reciproca stima e di grande amicizia e non vi è stata polemica alcuna e ciò ritengo sia positiva anomalia essendo invece noi abituati a leggere strali e veleni, se non addirittura notizie di esposti e denunce, nell’ipotesi di dimissione di assessori, come ad esempio avvenuto non molto tempo addietro al Comune di Reggio Calabria”. Parliamo ora della operazione “Crisalide”, come la vede coinvolto? Mi vede solo indirettamente e marginalmente coinvolto in senso per me altamente positivo in quanto vi sono intercettazioni ambientali del 10/06/15 e 13/06/15 (giorno antecedente al ballottaggio) che escludono in maniera categorica che io abbia potuto avere l’appoggio della criminalità organizzata; si dice infatti in maniera espressa che con Mascaro e Sonni non si sarebbe ottenuto nulla e quindi che era meglio non andare a votare e “fottersene” di loro. E della richiesta di sua incandidabilità cosa ne pensa? E’ vicenda che sicuramente il prossimo 12 aprile vedrà la parola fine avendo già prodotto memoria di 62 pagine con circa 150 allegati che dimostrano l’inesistenza di qualsivoglia mia anche indiretta responsabilità e la sussistenza invece di condotta di continua lotta alla criminalità ed al malaffare portando avanti incontestabili regole di buona amministrazione. Sul punto, tengo a ribadire che a me moralmente non basta che la richiesta sia rigettata ma, appellandomi alle parti del giudizio ed alla loro funzione super partes nell’interesse della verità e della giustizia, chiedo che sia il Ministero dell’Interno, tramite la Avvocatura Distrettuale dello Stato, che la Procura della Repubblica di Lamezia Terme, approfondite le mie difese, si associno alla richiesta di rigetto dovendo altrimenti indicare, in maniera dettagliata e specifica e non invece errata e superficiale, quali atti e comportamenti, alla luce ripeto delle difese che finalmente mi si è tardivamente consentito dopo mesi di poter espletare, siano non solo frutto di infiltrazioni o condizionamenti ma anche semplicemente contrari a norme di legge”. Operazione “Eumenidi” la vede indagato per l’elezione di Emanuele Ionà. Sul punto i miei avvocati hanno depositato esaustiva memoria il 05 marzo scorso; è evidente che il contestato abuso d’ufficio è inesistente sia perché Ionà aveva tutti i requisiti per far parte di quel Consiglio di Amministrazione ove era già stato in precedenza, per designazione regionale, per oltre 2 anni acquisendo quindi anche importante competenza specifica nel settore aeroportuale, e sia perché il prospettato fine ultimo della nomina, e cioè il rinnovo del D.G. Mancuso, non si è verificato il 24 giugno 2015 proprio per la

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seria ed autorevole posizione assunta dal Sindaco di Lamezia, come certificato nel relativo verbale del Consiglio di Amministrazione”. Abramo su Lamezia. Lei che ha da dire in proposito? Vogliono fare diventare Lamezia un’appendice di Catanzaro? Lamezia è Città che ha sua storia, sua dignità, sua prospettiva di sviluppo. Non si chiede supporto ad altre Città per disegnare il futuro di un’area urbana e per indirizzare ingenti finanziamenti in precedenza ottenuti; deve essere invece la amministrazione politica ad indicare il percorso da seguire. Per fortuna, credo che la giusta e sacrosanta protesta sul punto dell’intera Città abbia dissuaso dal perseguire strada errata ed irrispettosa verso la nostra Comunità”. Cosa ne pensa del fatto che oggi viviamo in una società nella quale si parla tanto di privacy e poi, a conti fatti non esiste. Utilizziamo strumenti tecnologici che in pratica fanno sapere tutto di noi: dove siamo, chi frequentiamo, cosa leggiamo, cosa guardiamo alla tv, ma non solo, anche la nostra sfera strettamente privata viene lesa nel momento in cui saltano fuori le famose intercettazioni telefoniche. come possiamo essere certi che ciò che ci viene propinato come prova per dimostrare una colpa non sia invece una innocua frase estrapolata da un discorso generale? Le intercettazioni sono strumento fondamentale per la risoluzione di tanti episodi di efferata criminalità o di grande allarme sociale; non può pensarsi di rinunciare ad esse perché la criminalità ed il malaffare vanno contrastati in ogni modo. Spetta poi al legislatore fissare i paletti affinchè la giusta e doverosa attività di indagine non diventi abuso e lesione del diritto di ogni singolo cittadino e spetta a coloro che debbono applicare le norme fare in modo che pari tutela rispetto alle doverose attività di indagine vi sia anche per la sfera personale, pur intercettata, che non sia di collegamento funzionale alle indagini stesse. Importante è, infine, che non vi sia trascrizione ed evidenziazione parcellizzata di ciò che si intercetta che conduce a volte, consapevolmente o inconsapevolmente, a ricostruzioni parzialmente o totalmente deviate rispetto all’essenza vera del colloquio intercettato” Purtroppo l’erronea incompleta estrapolazione, la trasfusione parziale in comunicazioni di notizie di reato, il riportare breve frasi anche nei capi di imputazione portano a fuorvianti valutazioni di carattere complessivo che già di per sé arrecano ingiusto e non risarcibile danno alla reputazione del protagonista del colloquio Lei si sta muovendo per fare chiarezza e riscattare il suo nome e quello della città? Non mi fermerò di fronte a nulla pur di dimostrare che Lamezia non meritava quello che ho definito e continuo a definire ingiustificato sopruso; non mi fermerò di fronte a nulla per dimostrare che l’operato della mia amministrazione dovrà costituire esemplare momento di insegnamento di un modo diverso di fare politica che non sia più quella purtroppo usuale, generalizzata e che prescinde da colori ed appartenenze politiche, di dissipare il denaro pubblico, di godere di ingiustificati rimborsi e privilegi, di favorire gli appartenenti e gli iscritti alla propria parte politica, di creare un recinto chiuso il cui interno cambia solo in base al colore politico dell’amministrazione che vince. Sfido chiunque a dire che il mio operato abbia guardato al colore politico di una associazione o all’area culturale di provenienza degli estensori di una proposta: ho avallato solo tutto ciò che ritenevo potesse far progredire Lamezia e potesse farla decollare da un punto di vista culturale, associazionistico e di sviluppo. Nulla mi interessava delle simpatie o tendenze politiche dei soggetti proponenti”. Vuole dire qualcosa per chiudere questa intervista? Dico ciò che ho detto il 23 novembre scorso: sino al giorno nel quale il Sindaco eletto dal popolo non tornerà a gestire la cosa pubblica e ad indirizzare il futuro della propria Città, debbono essere cittadini ed associazioni ad avere in mano il timone della Comunità. Purtroppo a distanza di 3 mesi e mezzo da quel giorno vedo l’assenza quasi Lamezia e non solo

totale dei partiti in quella che deve essere attività di critica costruttiva non solo quando guida la Città la controparte politica ma soprattutto quando a guidare un territorio siano Commissari che, a prescindere dalla specifiche persone fisiche perché ciò a me non interessa, sono freddi amministratori di un territorio e di una Comunità a loro estranei, che non possono provare l’emozione di vedere la bellezza di una nuova opera, che non possono percepire le stesse sensazioni e gli stessi stimoli di chi in questa terra ha aperto per la prima volta gli occhi, di chi in questa terra difficile ha deciso di vivere e lottare, di chi in questa terra stupenda ha il sogno di far vivere i propri figli. Il miglior Commissario del mondo non proverà mai tutto ciò: per questo cittadini, associazioni e gruppi politici e sindacali debbono supplire a questa grave carenza, ancor più grave se figlia di colossale ingiustizia patita dalla Comunità tutta. Chiudo, quindi, reiterando l’invito ad amare Lamezia e a difendere Lamezia nel mentre è privata della democrazia rappresentativa. Lei, con il senno di poi, si ricandiderebbe a Sindaco? Ho avuto un entusiasmo unico ed indescrivibile a candidarmi; ho avuto un entusiasmo unico ed indescrivibile, nonostante infiniti problemi, nell’espletamento di ogni giorno del mio mandato e ciò sino al 23 novembre scorso. Ho entusiasmo infinito e sento un brivido profondo all’idea di poter continuare a servire la mia Città. Ma se la mia presenza dovesse in qualche modo essere di ostacolo alla crescita della Città perché qualcosa o qualcuno sente il desiderio o il bisogno di massacrare ancora la mia persona e la mia figura preferisco ovviamente fare 1000 passi indietro e fare il tifo perché Lamezia possa conoscere quella stagione di rinascita per la quale ho dedicato in via esclusiva 29 mesi della mia vita. Purtroppo questa non è stata un’intervista come le altre, volta a conoscere meglio l’intervistato, infatti non abbiamo parlato del tempo, del lavoro, della famiglia ma di quello che è successo a Paolo Mascaro ed alla città. Inutile ripetere che i lametini sono sgomenti, ripetere frasi dette e ridette, stampate e ristampate, urlate da ogni dove. Sembra che tutti sappiano quello che è successo, perchè e che abbiano la soluzione a portata di mano, io credo che solo il tempo ci darà le giuste risposte perchè a giudicare siamo tutti bravi ma a fare ... Le domande poste sono state quelle che ho sentito più spesso fare, le risposte sono state chiare ma è ovvio che non sono quelle che possono “risolvere” il problema. E’ stato un sindaco amato ma, probabilmente, a qualcuno non piaceva, forse anche fra coloro che lo “allisciavano”. Riuscirà a venire fuori da questa incresciosa situazione? Riusciremo a venirne fuori noi? Nel mese di giugno 2015 è stato eletto sindaco, nel mese di novembre 2017 tale carica è decaduta per i motivi che sappiamo. Mi chiedo, in soli due anni e mezzo, questo uomo che tutti, (o perlomeno, la maggio parte), continuano a stimare, è stato capace di fare tanti danni? Di distruggere quel che non c’era visto che anche l’amministrazione Speranza era stata criticata fino all’ultimo giorno? Non so, i meandri della politica, del potere, sono sconosciuti ai più, a me di certo!. Paragono i “potenti” ai maghi, quelli brutti, con un grande mantello che li copre ed un enorme cappello a cilindro dal quale fanno uscire l’improbabile per raggiungere il loro scopo. Io voglio continuare ad avere fiducia in lui perchè sento che ama la sua città e che combatterà per darci risposte esaustive. Del resto Ernest Hemingway ha detto: “Il modo migliore per scoprire se ci si può fidare di qualcuno è di dargli fiducia”. Aspettiamo il 12 aprile per una prima risposta, e poi ne riparleremo. La frase con la quale voglio concludere è di George Orwell: “Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!”. La dedico a Paolo Mascaro e credo non abbia bisogno di spiegazioni!

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Spettacolo

L’invisibile che c’è DELLA COMPAGNIA “IL VOLO DELLE COMETE” DI AMANTEA

“L’invisibile che c’è” riesce a strappare risate sin da subito, nonostante il protagonista della pièce si trova a vivere un periodo difficile e particolare della propria vita. Il suo mutismo iniziale viene rotto dall’insistenza benevola quanto goffa e talvolta invadente di un amico d’infanzia e vicino di casa e di suo figlio, che cercano di prendersi cura di lui provvedendo sia alle esigenze pratiche che, soprattutto, fornendo comprensione e disponibilità, col loro fare genuino e pieno di buone intenzioni. La storia prende una piega tragicomica quando sulla scena incombe la presenza di un personaggio inaspettato, personaggio che si fa sempre più ingombrante, fino a minare l’amicizia ultra trentennale dei due protagonisti, ma si svelerà indispensabile per affrontare un imprevisto fin troppo particolare. L’amore, l’amicizia, le gioie della vita, i dolori degli addii, questi e tanti altri sono i sentimenti che quotidianamente incrociamo percorrendo i binari della nostra vita. Ed è lungo questi binari, in una stazione di un luogo indefinito, in un tempo indeterminato, che prende vita la nostra storia. La pièce si articola tra le mura di in una vecchia stazione ferroviaria, luogo di partenza, di arrivo, di transito, e in questa stazione ferroviaria, Luigi, protagonista della nostra storia, è in attesa. Durante la sua attesa, Luigi, incontrerà

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e si relazionerà con altri viaggiatori, vecchie conoscenze con cui condivide da anni lo stesso viaggio e nuovi incontri che gli faranno vivere nuove emozioni. Lungo i binari di questo breve viaggio, i nostri personaggi incontreranno l’amore, quello del legame inscindibile che si instaura tra padre e figlio, l’amicizia, quella vera tra vecchi amici che sono pronti a mettere a disposizione tutto ciò che possiedono l’uno per l’altro, le gioie della vita, che solo l’amore tra due giovani ragazzi può regalare, infine i dolori, i dolori delle partenze, dei saluti, degli abbracci, degli addii. L’attesa di Luigi con il passare del tempo diventa sempre più tormentata, ma chi o cosa attende Luigi? Attende il treno da cui vedrà scendere la persona amata? O attende per salirci sul quel treno e intraprendere un nuovo e lungo viaggio? Il suono del campanello avvisa l’attivarsi del passaggio a livello, il treno sta arrivando. L’attesa è terminata. Gli interpreti della commedia sono: Enzo Alfano nei panni di Luigi, Tonino Sesti nei panni di Alfonso, Giuseppe Miraglia interpreterà Marco, Antonietta Sesti vestirà i panni di Sara e Salvatore Alfano interpreterà Giuseppe. Assistente di regia Roberta Rositani, aiudio e luci Oreste Aversa.

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Spettacolo

Musical

Robin Hood

un’avventura nell’avventura E’ ispirato al Robin Hood di Walt Disney, abilmente rivisitato, il musical “Robin Hood” della stagione teatrale 2017/18 dell’AMA Calabria. Questo musical di Beppe Dati, con la regia Mauro Simone, le coreografie di Gillian Bruce e la Direzione Artistica di Lello Abate è stato coinvolgente, entusiasmante, divertente, con un cast di veri artisti che hanno saputo catturare l’attenzione dell’esigente pubblico lametino. Stupefacenti le scenografie cangianti, accattivanti, giusto corollario alle scene in continuo movimento. Sul palco si sono mossi i personaggi del disneyano eroe di Sherwood. Piccoli (come la coda di volpe di Robin) o grandi (come l’enorme serpente di Snake) accorgimenti, usati in scena, lasciano intuire al pubblico la scelta fatta dagli autori. La storia la sappiamo tutti, ruota intorno all’eterna lotta fra il bene ed il male, parla dell’amore che tarda a trionfare perchè c’è sempre un cattivo di turno che vuole mettersi tra due innamorati. E’ una volpe Robin Hood (Manuel Frattini) che

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travolge il pubblico volteggiando leggiadro sul palco. L’eroe buono in lotta continua contro le ingiustizie. Accanto a lui il suo amore unico ed insostituibile: Lady Marian, interpretata dalla bella Fatima Trotta che sorprende per la sua bravura sia come attrice che come cantante. L’attrice nota al grande pubblico come conduttrice di Made in Sud è approdata, dal piccolo schermo al teatro, in questo splendido musical.

anche esattore ed è molto vanitoso. Infatti suscita l’ilarità e gli applausi del pubblico proprio fermandosi e facendo capire che aspetta d’essere “apprezzato”. E’ un tasso poi il buon frate, Fra Tuck, che aiuta Robin e che dimostra d’essere un religioso dalle ampie vedute!

E’ un orso buono Little John, il migliore amico di Robin Hood, suo fedele compagno in tutte le lotte mirate ad aiutare la povera gente.

E’ una simpatica “gallina” Lady Belt/Cocca, (Federica Celio), amica di Lady Marian che la aiuta negli incontri con Robin anche nella speranza di incontrare Little John dal quale pare essere molto attratta.

E’ un leone senza criniera, quindi senza potere, il Principe Giovanni (Gabriele Foschi) che vuole usurpare il trono che spetta di diritto al fratello partito per le crociate. Si fa aiutare e consigliare, nel vessare il popolo, nel contrastare Robin Hood e nei goffi tentativi di conquistare la dolce Marian, sia dal sibilante serpente Sir Snake/Hiss (Andrea Verzicco), spesso vittima delle ire di Giovanni; che dallo Sceriffo di Nottingham, il lupo cattivo. Quest’ultimo è

E poi tanti altri attori, ballerini, cantanti, che hanno aiutato i protagonisti a realizzare uno spettacolo piacevole e godibile. Complimenti a tutti, applausi meritati per un musical, genere non facile, che non ha avuto momenti di cedimento, che ha tenuto gli spettatori ben svegli e sorridenti, generosi con lo scroscio delle mani proprio per l’ottima amalgama del tutto, dalle comparse ai protagonisti, dalle musiche alle scenografie!

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L’arte teatrale e il suo potere seduttivo Primo appuntamento con il workshop condotto da Igor Loddo Lamezia Terme, 3/4 febbraio 2018. Primo appuntamento con il workshop “(Se)durre. (Con)durre” con Igor Loddo, attore, regista, actor coach, formatore. Fautore di un nuovo concetto di coworking in cui si possano unire discipline diverse. Si definisce un linker e un contaminattore. Un “uomo nuovo del Rinascimento” che crede fermamente nella possibilità di reinventare, de-costruire e ri-utilizzare tematiche, approcci, strumenti, linguaggi in un’ottica didattica della divulgazione, non con la pretesa di “creare opere d’arte”, ma con la volontà di essere “collegatori” in una prospettiva multidisciplinare e di scambio continuo. Il workshop è inserito all’interno del progetto “Vacantiandu 2017” con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nicola Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta e rientra tra i progetti finanziati dalla Regione Calabria con fondi PAC (Programma di azione e coesione) derivanti da rimodulazione interna ai Programmi Operativi finanziati dai Fondi Strutturali. Cosa significa sedurre? Non è forse vero che restiamo affascinati da un abile oratore, da chi riesce a risultare “interessante”, da chi riesce a tenere la nostra attenzione e da chi ci affascina con la sua presenza e le sue idee? Cerchiamo in lui un punto di quiete, o forse vorremmo assomigliargli e rubare il più possibile dalla sua arte per farla nostra.

fattori che dovrebbero essere “dimenticati”, per affrontare lucidamente e professionalmente ogni nuovo stato. Partendo dal training fisico di organizzazione del movimento, passando per la voce, i sensi e la visione psicofisica, si punta alla libertà controllata di fronte al pubblico. Durante le due giornate di workshop il lavoro è stato strutturato in diverse fasi di studio, che hanno permesso ai partecipanti di prendere consapevolezza del proprio corpo e del proprio atteggiamento fisico e posturale, con l’obiettivo di arrivare ad avere piena padronanza della propria fisicità. Dopo aver preso coscienza del corpo, sono state esplorate le possibilità dell’utilizzo della voce per arrivare a raggiungere il pieno collegamento tra corpo e voce. Il secondo giorno è stato dedicato al rilassamento psicofisico e si è concluso con elementi di storytelling. Tutti i partecipanti sono stati invitati a ideare e realizzare delle brevi performance sul tema dell’amore. Amore declinato in tutte le sue accezioni amore coniugale, amore filiale, amore amicale e in una varietà di registri linguistici. Una pletora di microstorie che hanno commosso, emozionato, divertito, fatto riflettere dimostrando quanto l’arte teatrale sia la più potente forma di comunicazione e, probabilmente, la più efficace.

Chi seduce inoltre conduce, porta e accompagna. Un conduttore inteso dal punto di vista fisico del termine, cioè un materiale che si fa tramite, che si fa attraversare da qualcosa, da un pensiero, una parola, un gesto, un’emozione con il principale obiettivo di arrivare all’altro, creando un collegamento. Perché mettersi in relazione significa scegliere e far scegliere. Ma il training per sedurre e condurre comporta un grande lavoro di “pulizia” per riscoprire un livello di “neutralità” rispetto alla situazione in cui ci si trova ad agire. Le emozioni personali, il consolidamento di comportamenti, difficoltà oggettive nella gestione della performance in pubblico sono tutti pag. 8

Un percorso emotivo/ emozionale entusiasmante e profondissimo nella sua apparente leggerezza. Siamo stati tutti se-dotti nel significato assunto dal latino ecclesiastico “trarre in disparte, disunire” poi siamo stati avvinti, allettati, attratti e infine con-dotti ovvero accompagnati, guidati a rimettere insieme i frammenti del nostro io in quel “giuoco delle parti” dove ognuno ha dovuto ascoltarsi e ascoltare superando inibizioni e timidezze, fobie e paure, blocchi psicologici e ingorghi emotivi in un faticoso percorso di avvicinamento alla consapevolezza di sé. Appuntamento con la seconda parte del workshop il 17 e il 18 marzo 2018.

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Spettacolo

La paura di essere felici Concluso il workshop “Mettersi in gioco” condotto da Francesco Marino Lamezia Terme, 4 marzo 2018. Ultimo appuntamento con il workshop “Mettersi in gioco” condotto da Francesco Marino, studioso di intelligenza emotiva, formatore e coach, insegnante di recitazione, attore e regista. Il workshop è inserito all’interno del progetto “Vacantiandu 2017” con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nicola Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta e rientra tra i progetti finanziati dalla Regione Calabria con fondi PAC (Programma di azione e coesione) derivanti da rimodulazione interna ai Programmi Operativi finanziati dai Fondi Strutturali. 4 incontri tra gennaio, febbraio e marzo 2018, 24 ore di lezione, circa 30 partecipanti ai quali è stato consegnato un attestato di frequenza. Un percorso a cavallo tra teatro e vita, tra lavoro in teatro e lavoro professionale tout court, dove per lavoro si intende anche il lavoro su stessi ovvero la “costruzione di sé” perché il lavoro che facciamo tutti i giorni ci dà la possibilità di conoscerci e di costruirci in quanto ci mette nella condizione di capire i nostri atteggiamenti difronte alle difficoltà, agli obiettivi da raggiungere e nella relazione con gli altri. Un laboratorio esperienziale che dopo aver indagato intorno al concetto “Chi sono?” partendo dalla consapevolezza di sé e dalla gestione del ruolo e simulando situazioni di relazione e di incontro l’uno con l’altro/l’uno con gli altri, ha focalizzato l’attenzione sul “Cosa voglio?” e “Cosa posso fare per ottenerlo?”. Poi il tema del desiderio. Il desiderio che muove il mondo. L’illimitatezza del desiderio e la limitatezza delle possibilità perché se è vero che il desiderio può essere illimitato si deve comunque capire la misura che lo contiene non per inibirlo ma per renderlo possibile nei limiti della sua realizzabilità. Cosa voglio e cosa devo fare per ottenerlo? Così il Chi sono diventa la sintesi tra il proprio desiderio e la sua realizzabilità. Diventa quasi un dovere nei propri confronti: divieni ciò che sei. Ma questo deve corrispondere alle proprie potenzialità e capacità che vanno sempre sviluppate, allenate, stimolate e protette. Allora cosa ci impedisce di agire? Gli ostacoli/ le difficoltà che bisogna prevedere in anticipo unitamene alla gestione delle proprie emozioni per capire cosa può esserci utile e cosa può danneggiarci. Tra gli ostacoli che possiamo incontrare lungo il nostro percorso la paura, la routine e le convinzioni limitanti. La paura nelle relazioni fra me e me stesso e fra me e gli altri. Sottospecie della paura il perfezionismo, la pigrizia e la procrastinazione. La paura, dunque. Paura di non essere all’altezza, paura di non corrispondere alle aspettative, paura di deludere, paura di non

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saper godere del momento del successo. Allora rimandiamo, sminuiamo, non riusciamo a capire che quel compito potrebbe aprirci prospettive diverse, ci impigriamo. Il perfezionismo sottende invece ad una doppia dimensione: ideale dell’io e sé reale. Si tende ad un ideale ma se non si percorre una pratica si rimane nell’immaginario e quindi si teme il confronto precludendosi una possibilità di miglioramento, di crescita. Non ci si espone perché si teme il giudizio degli altri e perché si ha una bassa autostima. Si rimane allora nella zona di comfort di cui si ha padronanza e controllo quando invece bisognerebbe lasciarsi andare perché la caduta potrebbe essere molto meno dolorosa del dolore di rimanere aggrappato a quello che sarebbe potuto essere, ma non è. E sono proprio le credenze limitanti che generano tutto questo: meglio un uovo oggi che una gallina domani. Ma la credenza non è altro che una lettura della realtà che è stata ormai introiettata e che diventa specchio del nostro atteggiamento. Spesso abbiamo paura del nuovo, come la sindrome della pagina bianca per lo scrittore o della tela bianca per il pittore. Bisogna avere la capacità di sporcare/squarciare quel bianco. Se non si trova la soluzione, o non esiste il problema o il problema siamo noi. Allora quella sporcatura, quella pennellata possono essere di incitamento… Bisogna mettere il cuore in quello che si fa, riconoscere l’istanza che ci anima. Quindi squarciare quelle credenze limitanti sulle quali abbiamo costruito l’esistenza e, se vogliamo cambiarla, mettere qualcosa di nuovo. Scrivere una nuova storia. E non si devono sottovalutare le strategie di auto sabotaggio ovvero la distra-

zione, sopravvalutare gli aspetti negativi, l’autosvalutazione, il non mettersi in gioco perché non ci si sente capaci/all’altezza. E qui si deve far leva sull’autostima che è l’equazione tra il risultato e le aspettative e sulla fiducia ovvero credere nelle proprie capacità, accettare il successo, sentirsi adeguati anche se il rischio è quello di aver interiorizzato la sindrome del brutto anatroccolo. Infatti, se io penso di non meritare di più di quello che ho non mi metterò mai nella condizione né di ottenere né di chiedere di più. Allora devo porre a me stesso delle domande “ Senti di poterlo meritare? Senti di potertelo permettere? Ti dai il permesso, cioè ti dai fiducia? Hai le competenze? Ti dai le competenze? Ti attrezzi per…?” Diventa quindi fondamentale capire i concetti di energia, flusso e resistenza. Che cos’è questa resistenza dentro di noi quando proviamo ad agire? Cosa ci potrebbe spingere a modificare lo stato delle cose? Quello che ci serve è acquisire consapevolezza del fine ultimo verso cui quella nostra azione è destinata. L’energia fluisce dove minore è la resistenza ma spesso preferiamo avere ragione invece di essere felici. Libertà e felicità sono concetti importanti che noi costruiamo con le nostre azioni. Tuttavia, noi siamo convinti che la felicità non dipenda da noi ma da altri. E qui sta l’errore. La felicità è un processo, una costruzione continua che può essere raggiunta nel momento dell’espansione di sé al mondo. La felicità non sta nelle cose ma nelle relazioni e allora bisogna mettersi nella condizione di imparare ad imparare, accettare sfide, dare valore all’impegno, non accontentarsi dei benefici effimeri. Sono queste le leggi dell’umanità, non possiamo pretendere di ottenere subito dei risultati e per ottenere di più dobbiamo rimandare la gratificazione e resistere alle tentazioni mantenendo l’attenzione, la concentrazione e la motivazione. Solo così potremo essere pronti a sapere gestire la vita: avendo fiducia in noi stessi e negli altri, mantenendo in costante allenamento le nostre capacità intellettive e avendo la capacità di aprirci al mondo.

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Associazionismo

Il Club del libro Il Book Club compie il suo primo anno di vita, con un bilancio sicuramente positivo. Le letture proposte e commentate, mese dopo mese hanno creato un gruppo coeso, pur nel rispetto delle differenze e salvaguardando le specificità personali di ognuno. Nel celebrare il momento tutti i partecipanti hanno concordato sul fatto che si è trascorso un anno <<fatto di incontri, persone, risate, tisane blu gialle e rosse e, soprattutto, un anno di libri… libri amati e detestati, libri che ci hanno affascinato, fatto discutere, libri che ci hanno diviso in genere e differenze, a mo’ di “maschi contro femmine”.. un anno pieno, in cui ci siamo scambiati opinioni, racconti, aneddoti di vita vissuta e discusso dei “grandi temi” del mondo…>> (cit.). La sensazione generale è quella di esser cresciuti insieme, quindi quale miglior lettura de “Vita e morte delle aragoste”, libro di Nicola H. Cosentino, poteva meglio rappresentare il percorso unitario del Book Club? Percorso unitario negli intenti, molto vario nei modi d’essere: la lettura proposta per l’incontro di febbraio non riscuote il plauso generale: anzi! La storia dei due amici, protagonisti del racconto, è espressa con una similitudine pittoresca, perché entrambi, come le aragoste del titolo, non smettono mai di crescere e per adattarsi al cambiamento abbandonano di continuo il carapace e ne creano uno nuovo. Il romanzo è ambientato tra la provincia calabrese e Roma, dove i due protagonisti (Antonio e Vincenzo, già compagni di liceo), approdano con l’obiettivo di trovare un lavoro e qualche riscontro alle loro aspirazioni artistiche (più

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Vincenzo “teapot” che Antonio, che per questo lo invidia velatamente e ne subisce il carisma). Ma la trama appare a più di un partecipante all’incontro come scontata, perché, in fondo, tutti noi abbiamo avuto quel particolare amico cui ci siamo specchiati, in maniera consapevole o meno. Per qualcuno l’opera di Cosentino rappresenta un “libro bastardo”, in quanto a leggerlo ci si può facilmente trovare coinvolti in storie e situazioni che forniscono un senso di nostalgia e rabbia, un qualcosa di già vissuto, costruito ad arte dall’autore per accattivarsi la benevolenza del lettore. Traspare, quindi, un intento per - così dire - commerciale. Nel corso del dibattito, qualcun altro si arrischia a dichiarare che la vita (la sua forse!) è più dinamica del libro in questione, che pur passa in rassegna le ombrose cotte liceali, con le stesse ragazze contese e poi cedute dal più remissivo al sempre-trionfante, e poi i turbamenti inizialmente nascosti e poi virilmente esibiti dei primi approcci sessuali, per proseguire con le sbronze, i viaggi all’estero e i lutti improvvisi, la disordinata convivenza a Roma per gli studi universitari ed i rapporti problematici con i vicini e con i colleghi di lavoro, che finivano per cementare ulteriormente la solidale empatia tra l’io narrante

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e Vincenzo “teapot”. Quest’ultimo, in definitiva, rappresenta quello che per tutti è o è stato “l’amico invidiato”, che tuttavia ci aiuta a diventare adulti, come adulto diventa l’altro protagonista, Antonio, allorchè effettua la sua scelta di vita, prediligendo una donna al migliore amico, per di più tenendolo all’oscuro della scelta. Tanto viene sì considerato come una riprovevole mancanza di sincerità, icasticamente un po’ come mangiare la mela del peccato, con la conseguente, inevitabile crescita di chi compie tale azione. In definitiva, è con il tradimento dell’amicizia che Antonio smette di essere spettatore, se non passivo, quantomeno a traino della vita dell’amico più carismatico. La quasi simbiosi tra i due si spezza con il disincanto di un tradimento taciuto, e per la delusione di un futuro accarezzato rivelatosi deludente: al pari delle aragoste che non smettono mai di crescere, eppure finiscono per morire come qualsiasi sentimento o altra cosa vivente (cit.). La lettura proposta per il prossimo incontro riporterà, sperano i partecipanti agli incontri di #LectorInFabula, la discussione sul tipico romanzo inglese, in cui dovrebbero ritrovarsi le atmosfere e lo stile di scrittura, lento, pacato, senza grossi exploit narrativi eppure intenso ed efficace, della letteratura tradizionale. Si discuterà, infatti, del libro “Un romanzo inglese” di Stephanie Hochet. L’appuntamento, sempre al #Qmè, è fissato per il 18 marzo, sempre alle 17:30. La partecipazione, anche di chi non avrà letto il libro ma vorrà passare un po’ di tempo a discutere di letteratura, è sempre la benvenuta.

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Associazionismo

L’Uniter torna a scuola con

Il Gattopardo tema scelto questo anno dalla scuola, la lettura dei classici come nostri amici, sono stati i temi discussi in mattinata davanti gli occhi attenti e vivi dei ragazzi, composti e partecipanti.

L’Uniter torna a scuola con Il Gattopardo Il 20 febbraio 2018 nell’ auditorium dell’Istituto Statale Perri-Pitagora, alla presenza degli alunni e dei docenti, della Dirigente Scolastica, Teresa Bevilacqua e dell’Uniter, con il Presidente Italo Leone e la Vicepresidente Costanza Falvod’Urso, la consegna del libro di Maria Antonietta Ferrarolo: Tomasi di Lampedusa. Il Gattopardo spiegato a mia figlia. Una iniziativa resa possibile dal grande amore che può nascere attorno a un libro. Portare i classici agli alunni. L’Università della terza età di Lamezia Terme, nel dare vita agli anni, continua a diffondere entusiasmo verso la lettura e lo studio, creando sinergie e collegamenti. La trasmissione del sapere, la bellezza come

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Una collana per ragazzi, dagli 11 anni in su, La Nuova Frontiera, una collana pensata per far conoscere i grandi autori del Novecento italiano, i primi volumi: Italo Calvino, lo scoiattolo, di Giorgio Biferali e Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il Gattopardo spiegato a mia figlia di Maria Antonietta Ferrarolo. “ Scuola vuol dire riposo, spazio libero, spazio di sperimentazione” argomenta alcune volte con me Maria Antonietta, ricordando come la scuola sia il luogo del pensiero e non del lavoro. Una lezione lieve e di invito ad assaggiare, a guardare, da passeur, le offerte letterarie, a loro volta di passaggio sulla vetrina della nostra letteratura. Tutti noi, docenti e dirigente, con l’Uniter, abbiamo un ruolo di passeur, come Pennac rac-

conta, e ci siamo sentiti il passeur, colui che ama i libri, li legge e li porta a spasso, facendoli incontrare con altri libri. offrendo un foglio, una citazione, per incuriosire un ragazzo, un alunno, un amico, donando in regalo un titolo, una trama, un racconto. Il passeur ci regala l’immaginazione, la serenità di leggere senza obbligo, leggere come piacere e godimento. Aspettando Maria Antonietta Ferrarolo ad Aprile “Maria Antonietta Ferraloro è insegnante e saggista. Dottore di ricerca in Storia della cultura e cultore della materia in Letteratura italiana, collabora con il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania. Si occupa, inoltre, della formazione degli insegnanti di Lettere.” Ippolita Luzzo

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Istruzione

Gli studenti del Perri–Pitagora in visita alla sede regionale Rai con il progetto

Rai porte aperte L’istituto comprensivo Perri – Pitagora sempre più alla scoperta del mondo dell’informazione e della comunicazione. Nelle scorse settimane alcuni bambini delle classi quarte e quinte della scuola primaria, accompagnati dalla dirigente Teresa Bevilacqua e da alcune docenti, hanno fatto visita alla sede regionale della Rai di Cosenza, partecipando al progetto nazionale “Rai porte aperte”, promosso dalla Rai in tutte le regioni italiane per avvicinare gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado al mondo della Tv di Stato. L’iniziativa ha visto coinvolti gli studenti del comitato di redazione del numero zero del giornalino della scuola “Mano alla penna”, progetto avviato all’inizio dell’anno scolastico che dà l’opportunità agli studenti di raccontare la vita della scuola imparando le tecniche della scrittura giornalistica. Insieme ai “giovani giornalisti” del Perri – Pitagora anche gli studenti del consiglio dei bambini, una realtà dell’istituto formata da due bambini per ogni classe quarta e quinta, chiamati a rappresentare le esigenze e le proposte di tutti i bambini e a dare il loro contributo per migliorare la vita della scuola. Dalla sala regia del telegiornale e dei programmi di informazione allo studio televisivo, dalle sale montaggio agli studi radiofonici fino al museo della Tv di un tempo, gli studenti sono stati guidati dalla tutor Sara Dente e dalla referente Anna Bruna Eugeni che, con competenza e professionalità, hanno guidato i giovanissimi studenti dietro le quinte del mondo dell’informazione regionale.

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Oltre a scoprire i trucchi tecnici del mestiere e le diverse professionalità dietro i programmi che ogni giorno giungono nelle nostre case, gli studenti hanno avuto l’opportunità di vedere sul campo le principali logiche del mondo del giornalismo televisivo, da come si selezionano le notizie a cui dare rilevanza alla realizzazione dei servizi trasmessi nei telegiornali. La visita è stata raccontata anche attraverso un video, pubblicato sul sito nazionale della Rai, insieme ai video di tutte le scuole che hanno partecipato in tutta Italia al progetto “Rai porte aperte”. http://www.rai.it/porteaperte/news/2018/02/16022018--br-b-Istituto-Comprensivo--Perri-Pitagora-di-Lamezia-Terme-CZbbri-Visita-didattica-presso-la-sede-RAI-di-Cosenza-i-10389b369baa-4f63-a76a-65b4363d56ac.html “Un’esperienza entusiasmante per i nostri studenti e di alto valore formativo”, l’ha definita la dirigente del Perri – Pitagora Teresa Bevilacqua ringraziando “tutto lo staff della sede regionale Rai, in particolare Sara Dente ed Anna Bruna Eugeni, per aver accolto con grande disponibilità i nostri studenti e aver risposto con professionalità e pazienza alle loro tante domande. Conoscere il mondo dell’informazione e della comunicazione è un passo fondamentale per imparare, già dai primi anni di scuola, ad esaminare con spirito critico tutto ciò che ci viene raccontato dai mezzi di informazione, pensare con la propria testa e comportarsi da cittadini liberi”.

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Spettacolo Centinaia di persone al Centro Commerciale Due Mari per il firmacopie di

Fabrizio Moro

l neo vincitore della 68esima edizione del Festival di Sanremo ha incontrato i fan arrivati da tutta la Calabria e firmato le copie del suo ultimo album “Parole, Rumori e Anni”. Una marea di gente ha accolto venerdì 23 febbraio Fabrizio Moro al Centro Commerciale Due Mari. Un pomeriggio all’insegna di scatti, sorrisi e baci per tutti i fan che hanno avuto l’occasione di incontrare il vincitore del 68° Festival di Sanremo proprio a pochi giorni dal trionfo sul palco dell’Ariston con il brano “Non mi avete fatto niente” cantato insieme ad Ermal Meta. Un evento organizzato dal Centro che ogni anno propone sul suo palco i personaggi più in voga del momento dando la possibilità ai suoi avventori di incontrare gratuitamente i loro idoli. E sono venuti veramente da ogni parte della Calabria i tantissimi fan che non hanno voluto perdersi l’occasione e che per tutto il tempo hanno intonato i successi del cantautore che, tra l’altro, ha proprio origini calabresi. “Una vittoria a cui non pensavamo ma che ci ha riempito di gioia soprattutto perché ci ha dato la possibilità di portare al grande pubblico un messaggio di pace importante, – ha dichiarato Moro nel suo intervento per salutare tutti gli ammiratori che per ore lo hanno aspettato al Centro Commerciale Due Mari – era questo il nostro intento e siamo felici di esserci riusciti”. L’attesa dei tanti che fin dalla mattina hanno affollato la galleria

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del Centro per assicurarsi le prime file è stata poi ampiamente ripagata dall’affetto e dalla disponibilità con i quali il cantautore romano si è dedicato ad ognuno di loro. Dopo essere stato accolto dal tripudio generale, infatti, Moro si è lasciato immortalare dagli scatti fotografici e ha firmato tutti i cd di “Parole, Rumori e Anni”, l’ultimo album, pubblicato proprio alla vigilia della vittoria alla kermesse sanremese, che ripercorre dieci anni di carriera del cantautore. “È veramente un orgoglio ospitare quest’oggi uno dei cantautori più amati del panorama musicale italiano, non solo per la sua bravura ma anche per il significato profondo dei suoi testi – con queste parole il management del Centro Commerciale Due Mari ha espresso la sua soddisfazione. Da sempre – è stato dichiarato ci proponiamo di offrire eventi che aggreghino e divertano ma allo stesso tempo siano in grado di veicolare, soprattutto alle nuove generazioni, messaggi importanti”. Un ringraziamento sentito è stato espresso anche nei riguardi del servizio di sicurezza e delle forze dell’ordine il cui lavoro ha consentito lo svolgimento sereno e sicuro di tutto l’evento. Sempre il meglio dunque al Centro Commerciale Due Mari che ha tante sorprese ancora per i suoi clienti e che rappresenta non solo il più grande centro per lo shopping in Calabria, ma anche un luogo di aggregazione sociale e culturale con particolare riguardo alla musica ad alti livelli.

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Il nostro territorio

L’Italia propone il “Territorio degli Ecosistemi forestali della Sila” per il patrimonio Unesco La Calabria, lo dico per i miei numerosi amici che abitano nelle regioni del Nord Italia ed all’estero, che mi seguono per quanto scrivo sia on-line che su carta stampata, non è solo il suo splendido clima ed il suo altrettanto splendido mare con i suoi 800 chilometri di costa, ma è anche tantissime altre cose. Per esempio, è, la Calabria, le sue bellissime colline e montagne. Il suo territorio risulta infatti formato dal 49% di colline e dal 42% di montagne. Solo il 9% è costituito da pianure, per lo più minuscole........ La Serra Dolcedorme, con i suoi 2.267 metri, costituisce la cima più elevata del massiccio del Pollino, oltre che dell’arco appenninico meridionale. Conosciamole allora, scorrendole in una rapida carrellata, colline e montagne calabresi. A nord, al confine tra Basilicata e Calabria, s’incontrano il Massiccio del Pollino la cui cima più alta, la Serra Dolcedorme, raggiunge i 2.267 metri di altezza. Scendendo verso sud, dal passo dello Scalone fino alle propaggini della Piana di Sant’Eufemia Lamezia, a nordovest della regione, si prolunga la Catena Costiera; mentre ad est di questa si stende l’altopiano della Sila. Più a sud ancora, sul promontorio di Capo Vaticano e Tropea, si erge il monte Poro con i suoi 710 metri di altezza. Tra l’Istmo lametino/scilletino e il valico della Limina sorgono le Serre calabresi, che si spingono con un doppio allineamento montuoso fino a congiungersi direttamente con l’Aspromonte che, come ci rivela lo stesso nome, è un Monte Aspro. Molto aspro! Fittamente coperto di vegetazione e contrassegnato da grotte ed anfratti senza fine, nei decenni scorsi la malavita organizzata pag. 14

calabrese, vi ha tenute segregate, per lunghi mesi spesso, le povere vittime dei suoi rapimenti prima di rilasciarle o sopprimerle se non fosse stato pagato il riscatto richiesto. Nell’Aspromonte vi sono due luoghi di rilievo che mi sono rimasti impressi nella memoria e nel cuore e che meritano di essere visitati. Il Santuario della Madonna di Polsi e la pista di sci di Gambarie. Sono particolarmente affezionato alla pista di Gambarie perché quand’ero studente universitario nell’ateneo peloritano di Messina, mi ci recavo con alcuni miei colleghi, calabresi e siciliani, per sciare. Soprattutto di domenica. E’ proprio lì, anzi, che ho mosso i primi “passi” sugli sci e compiuto i primi esercizi sciistici. Una pista abbastanza arrangiata, in quei tempi, e priva di tutto, anche del necessario. Ma questo non preoccupava affatto quei ragazzi ventenni che sapevano essere felici ed arrangiarsi con il poco o, spesso, anche con il niente. Dalle innumerevoli cime dell’Aspromonte lo scenario panoramico è di una indescrivibile bellezza. Perché agli occhi del visitatore si aprono ampi scorci dell’incomparabile spettacolo dello

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Stretto di Messina con il mare di un azzurro intensissimo, che divide le costa calabrese da quella siciliana. La Sila è un grande Altopiano a struttura pentagonale, molto nota ai romani che ne prelevavano in grande quantità legname e pece per il loro fabbisogno, sia in tempo di pace che di guerra. Roma andava ingrandendosi e affermandosi come potenza “mondiale” ed entrata in conflitto, con l’altra potenza “mondiale”, Cartagine, che dominava il Mediterraneo ed aveva occupato l’intera Sicilia, in possesso di una grande flotta perchè i cartaginesi erano soprattutto dediti al commercio marittimo, non aveva alcuna esperienza di pratiche marinare né possedeva una flotta. Per contrastare, dunque, Cartagine, sul proprio terreno di combattimento, i romani dovettero “inventarsela” una flotta. Ed in quel frangente, la “SilaSilva” fornì tutto il legname e la pece prelevati dalle sue inesauribili foreste. Secondo alcuni storici antichisti, per i Romani, però, la “Sila-Silva” non era solo l’altopiano che noi oggi conosciamo con questo appellativo, ma era l’intero Bruzio, l’attuale Calabria. Perché per loro la Sila si estendeva dal Pollino e dalle Serre Dolcedorme fino all’Aspromonte. Tuttora incontaminata, la Sila è poco frequentata tanto dai calabresi quanto da turisti esterni; sia d’inverno che d’estate. Per cui, nonostante sia stata negli anni ‘50 oggetto di una riforma agraria che si proponeva di rilanciarne l’economia e l’antropizzazione, è rimasta scarsamente popolata e si è mantenuta intatta. Vale la pena dunque, per chi non la conosce e venga da altre regioni Lamezia e non solo


d’Italia, trascorrervi qualche periodo di vacanza, riposo, ristoro. Io mi ci sono quasi “cresciuto”. Ho cominciato a frequentarla all’età di 15 anni quando, con la organizzazione giovanile cattolica in cui militavo facevamo, ogni anno, sempre in un luogo diverso da quello dell’anno precedente, i campeggi estivi. Dimorando, i primi anni, in delle grandi tende/camerate militari americane, che i responsabili della nostra associazione avevano comprato al mercato dell’usato e che erano state utilizzate durante la guerra dalle truppe alleate. Posso tranquillamente affermare, quindi che tutte le “Sile”, sia quella Piccola, catanzarese, che la Sila Grande cosentina, che la Sila greca, quella per intenderci occidentale dell’altopiano, mi sono assai familiari. Ecco perché, nell’apprendere nelle scorse settimane la notizia che Il “Consiglio Direttivo della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco” presieduto da Franco Bernabè, ha deciso di indicare tra le candidature italiane alla “Lista del Patrimonio Mondiale dell’U-

nesco” proprio la Sila, ho esultato di gioia. Non solo perchè la “Sila-Silva” è bellissima e merita questo riconoscimento, ma perchè la sento profondamente mia. E mi ci reco ogni volta che posso per accarezzarmene con gli occhi i luoghi: i laghi, gli altopiani dell’Altopiano, le foreste, le cime dei monti più alti e meno alti........Ogni angolo della “SilaSilva” è, per me, un incanto....... Penso, spero, perciò, che tutti i

calabresi possano sentirsi oltremodo contenti e debbano andare orgogliosi di questa indicazione e dell’eventuale riconoscimento. Tra l’altro, il “Territorio degli ecosistemi forestali della Sila” sarebbe il primo e l’unico, finora, Bene Culturale della Calabria riconosciuto dall’UNESCO come Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Nonostante che l’Italia, con i suoi 53 Siti UNESCO, sia al primo posto al mondo per quelli posseduti.

Satirellando

Della festa di S. Valentino, un tempo rispettata dagli adulti, come festa dei primi amori e dai ragazzi come festa dell’amore conclamato, si è fatto, oggi, gran carne di porco. Chi la vuol cotta, chi la vuol cruda e chi, tenendo fede alla sentenza gnomica dei social (“Si avvicina S. Valentino: se qualcuno è innamorato di me, è pregato di farsi avanti”), approfitta per dichiararsi scioccamente, pur se non è tenuto in considerazione o gli si è fatto ben capire, non sempre per ragioni inintelligibili, ma per ragioni ben ovvie e grandemente colme di significato, oltre che per quell’avversione tipica che pervade l’oggetto d’amore verso il soggetto non bene accetto, che non sia aria! Prima di poetare satirando, immaginatemi ridere fragorosamente, cosa che farete anche voi, alla fine dei versi…

POVERO S. VALENTINO!

Un tipo bizzarro mi ha scritto, in privato, per un S. Valentino bell’e sgangherato: “Odio lettura e teatro, al cine meglio non andare, vorrei, credimi, soltanto poterti spupazzare!”… Da qui mia risposta, laconica e veloce,

ben a tono, alquanto a gran voce: “Sei un ignorante, un vero villano, tratti le donne da “bagaglio a mano”? Ma a me fa schifo la falsa baldanza, di chi vede cielo solo nella sua stanza, ritengo inutili e falsi i colori degli enfatici mazzi di fiori,

P. S. Se il vostro sogno è spupazzare una fanciulla bella o una bella attempata, \ non fate mai capire che nulla vi piaccia o avrete fatto una bella… frittata! \ Poi può essere ch’io abbia il cuore impegnato,\ pur non presentandovi il mio fidanzato!\ AH, AH, AH! Ma poi sono del parere che, qualora ci si riconosca come simili per affinità, si

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di un qualunque, stolto, babbeo, che mi considera come un trofeo; con chi non ama niente, non mi so rapportare, mi togli una curiosià: “Che campi a fare?”!

proceda, naturalmente, l’un verso l’altra. Altrimenti, meglio cambiare strada, senza fare inutili, spiacevoli, brutte figure! I fiori poi, che è meglio! Almeno per me. Mi piacciono tantissimo, ma per un amo come verbo, non come amo… da pesca! Anche qui, la risata fragorosa è d’obbligo! AH, AH, AH!

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Rbrica di Antonio Saffioti totosaff@gmail.com

I VATTIENTI Durante la Settimana Santa, si continua a dar vita, in alcuni centri della Calabria, ad una serie di suggestive e significative commemorazioni, che ricordano, la Passione e la Morte di Gesù Cristo. Tra le più interessanti, vi è il “rito” dei “Vattienti” (trad. flagellanti), che si tiene ogni anno a Nocera Terinese (Cz). Una manifestazione di origini antichissime che, tramandatasi da generazione in generazione, si è conservate fino ai giorni nostri, resistendo al passare del tempo, superando gli ostacoli posti dalla Chiesa (l’ultimo intervento risale al 1961) che non è mai stata del tutto favorevole a tali riti e ne ha disposto più volte l’annullamento, anche tramite le forze di polizia. Quest’ultime, non furono le sole difficoltà che la popolazione dovette affrontare. Infatti nel 1960, giunge a Nocera una troupe cinematografica guidata dal regista G. Jacopetti, girò brevi riprese da inserire in un film, dal titolo “Mondo Cane”, che fu proiettato nel 1962. Pochi minuti furono dedicati ai “Vattienti”, ma furono sufficienti per creare un’immagine di violenza e di arretratezza culturale. Da al-

lora s’instaurò in paese, una certa diffidenza verso nuovi cineasti improvvisati e studiosi occasionali. Il rito si svolge ogni anno il sabato Santo ed avviene contemporaneamente alla processione della Madonna Addolorata, i “Vattienti” (Flagellanti), sono coloro che hanno teoricamente qualcosa da espiare o che intendono con il loro sacrificio ottenere un voto. In un locale, “Catoju” (antica abitazione contadina), c’è una grossa pentola, “Quadara”, acceso il fuoco, viene messa a bollire dell’acqua con immerso un infuso di rosmarino, sostanza medicamentosa. Il “Vattente” si spoglia degli abiti civili per indossare un paio di pantaloni corti per lasciare libere le gambe, un maglione, in genere nero, un copricapo di tessuto nero, “Mannile” porpag. 16

tato dalle donne noceresi, in costume, ed infine una corona di spine “Sparacogna” (arbusto spinoso). Contemporaneamente si prepara anche colui che farà da “Acciomu” (Ecce Homo, simboleggiante Cristo), generalmente un bambino, a piedi nudi, che indossa solo un panno rosso che lo copre, partendo dalle ascelle, fino alla caviglia, lasciando scoperte le spalle e la parte alta del torace. In testa una corona di spine lunghe ed aguzze, “Spina Santa”. Alle mani una croce di canna rivestita di stoffa, anch’essa rossa, che simboleggia quella che venne offerta a Gesù, dopo essere stato schiaffeggiato e insultato. Vengono disinfettati: il “Cardo”, disco di sughero di dieci centimetri di diametro e tre di spessore, sul quale sono fissati con una colata di cera vergine tredici pezzi di vetro acuminati (“Lanze”, simboleggianti Cristo e i dodici Apostoli); La “Rosa”, altro disco di sughero delle stesse dimensioni, con un lato ben levigato. Quando “Vattente” ed “Acciomu” hanno terminato la vestizione, vengono “uniti” l’uno all’altro da una cordicella: il “Vattente”, in

quel momento, rappresenta il mezzo di cui Gesù Cristo si serve per versare il proprio sangue a favore di chi dovrà avere (o ha già avuto) la grazia. Tutto ormai è pronto e si può cominciare. A piedi nudi si avvicina al recipiente dove sta l’infuso caldo, vi bagna le mani e incomincia a battere con veemenza i polpacci e le cosce, facendo uso anche della “Rosa” per far meglio affluire il sangue. Quando le gambe sono ben arrossate, è il momento del “Cardo”, ecco un primo colpo, poi un secondo, un terzo, sulla coscia, poi sul polpaccio, poi sull’altra gamba, le “Lanze” penetrano nella carne ed il sangue schizza via abbondantemente. Ormai, il “Vattente” è pronto per uscire: con la “Rosa” lascia l’impronta del suo sangue sul petto e sulle spalle dell’”Acciomu”. Li accompagna un amico o un parente con una GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

fiasca piena di vino usato per disinfettare le ferite ed evitare la coagulazione. Finita la preparazione, il flagellante, con le braccia incrociate e portando nella mano destra il cardo e nella sinistra la rosa, esce dopo essersi battuto sui gradini della propria casa, in segno di augurio e di prosperità. Lascia, con la rosa, le impronte di sangue sugli stipiti e sulla porta. Poi scappa, sempre seguito da una miriade di ragazzi e di giovani i quali gridano: “i Vattienti, i Vattienti”. Si batte diverse volte, davanti ai sacrati delle chiese, alle icone votive, davanti a casa di parenti ed amici che si affrettano a versare vino sulle ferite esprimendo il loro coinvolgimento e partecipazione al rito, la rosata sullo stipite suggella il sentimento di stima e d’ amicizia. Il momento più emozionante, però, è quando si flagella davanti all’Addolorata: la scorge da lontano, incomincia a forzare l’andatura della corsa, la gente si “apre” in modo da lasciargli libero il passaggio, finalmente raggiunge Maria, s’inginocchia ai suoi piedi in segno di saluto e di fede, qualche volta prega, poi si rialza e si batte violentemente. S’inginocchia

una seconda volta, rifà il segno della croce e ricomincia la sua corsa e s’intrufola tra la gente che gli fa largo, da un capo all’altro del paese. Si ferma sui sagrati delle chiese e si batte, affannato e stanco per le salite; si dirige verso il Convento, il punto più alto di tutto il paese. Nel suo cammino, il “Vattente”, almeno una volta deve incontrarsi con la Madonna. Compiuto il percorso stabilito, fa ritorno a casa, lava le ferite con l’infuso di rosmarino, asciuga le gambe e si rimette in abiti civili. Nessuna cicatrice, nessun pericolo di infezione: restano soltanto i bucherelli prodotti dalle “cardate” che scompariranno dopo pochi giorni. Poi, il “Vattente” si butta anch’egli nella folla dei fedeli in processione. Stavolta anonimo figurante. Si sente diverso, più buono, purifiLamezia e non solo


cato, come scrollatosi di una lunga snervante attesa. Non ci sono commenti, tra lui e chi sa che ha appena espletato il rito. Solo un silenzio complice e, da parte dell’osservatore, di assenso, di tacito complimento, quasi di ringraziamento per essere stato ancora una volta presente al richiamo della festa e della Madonna. I flagellanti di Nocera Terinese si battono per voto che si adempie per ottenere una grazia o perché l’hanno già ottenuta. Il voto viene sempre fatto per ragioni familiari ed è essenziale per il flagellante compierlo. Molti anni fa un emigrato, non avendo potuto ottenere un permesso di qualche giorno per recarsi a Nocera, si è rivolto alle Autorità del paese in cui si trovava per battersi. Non avendo ottenuto ciò che desiderava, si è recato nell’ospedale più vicino e ha donato il sangue per gli ammalati più gravi.

Questo episodio fa notare come nei flagellanti di Nocera ci sia lo scrupolo di adempiere il voto. In altri termini, per il flagellante l’importante è offrire il sangue per la grazia chiesta alla Vergine Addolorata. I “Vattienti” ritengono la flagellazione come un identificarsi con Cristo e vogliono da un lato salvarsi con l’effusione del loro sangue e dall’altro soddisfare il voto. Cristo ha salvato l’umanità con il suo sangue divino: il “Vattiente”, invece, è creatura uma-

na, imperfetta, peccatrice, e volendo salvare se stesso e gli altri cui è unito da vincoli di affetto e sapendo che il suo sangue non può avere tale potenza salvatrice, rinnova quasi il battesimo, questa volta però di sangue, ed effonde il suo sangue mescolandolo con quello di Cristo. Si identifica così col Salvatore e dà al suo sangue la potenza dell’amore e della vita. Questo è il vero motivo del rito dei “Vattienti” di Nocera Terinese: attribuirgli un carattere di esclusivo esibizionismo o di un vanitoso fanatismo di alcuni giovani sprovveduti, significa relegarlo ai margini di un semplice fenomeno spettacolare, ottimo solo per attirare le folle dei curiosi o di qualche regista. Contenuti e Fotografie dell’Articolo, sono tratti dal libro: “Oje è vennere Santu...” a cura di Antonio & Giovanni Mendicino.

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LA VIGOR 1919

SULLA RAMPA DI LANCIO Continua con un buon passo il campionato della nuova formazione della Vigor 1919. Nata dal basso, questa estate, per volontà di un gruppo di tifosi, delusi dalle precedenti gestioni della cara amata formazione biancoverde, la squadra del presidente Vincenzo Ammendola sta confermando sul campo la volontà di riportare entusiasmo nella tifoseria biancoverde a suon di risultati. “Tutto ciò che è successo ha dell’incredibile, roba che se me lo raccontassero, farei fatica a crederci, chiosava il Presidente vigorino in una nota stampa. A Lamezia Terme viviamo in un contesto difficile e pieno di problematiche, eppure un gruppo di tifosi, dopo la morte definitiva della squadra di calcio per la quale hanno tifato fin da bambini, decidono di rifondarla … e ci riescono pure!“. “E’ bastato un attimo per trovare la quadra – raccontava il Presidente - Ci siamo guardati negli occhi, poche parole e via, ci siamo rimboccati le maniche e ci siamo messi a lavorare. Abbiamo riscontrato tante difficoltà, che poi si decuplicano se ti chiami Vigor. Non posso nascondere che abbiamo vissuto momenti di sconforto, in cui la rabbia stava per prendere il sopravvento sulla ragione, ma alla fine la nostra determinazione e soprattutto la grande voglia di far rinascere la Vigor, ha prevalso e vi siamo riusciti”. Dopo lo scetticismo iniziale, più di qualcuno ha cominciato a ricredersi sulla volontà e tenacia di questo gruppo di portare avanti un progetto che ha, comunque, bisogno dell’apporto di imprenditori e forze sane della città per riportare i colori vigorini in alto, dove gli sarebbe spettato di diritto. Alla fine del girone di andata il bilancio anche sul campo è stato più che positivo per la Vigor 1919 al suo debutto nel calcio dilettantistico regionale. Sia società che squadra stanno facendo passi da gigante ed il bello deve ancora arrivare. Secondo posto in classifica con 36 gol all’attivo che ne fa l’attacco più prolifico del girone F di terza categoria e con la difesa che è terza fra le meno perforate. Una prima parte tutta work in progress con ben 28 calciatori schierati nelle varie gare alla ricerca del migliore assetto tecnico-tattico per puntare al salto di categoria fin da subito. Certo che, come faceva notare lo stesso ufficio stampa

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della società, ci sono da tenere anche conto delle defezioni di partita in partita per una serie di motivi, che vanno da impegni lavorativi, di studio e familiari, perché parliamo pur sempre di atleti che praticano sport per puro dilettantismo. Per una squadra partita da zero non è male, anzi è più che soddisfacente con Raffaele Notaris e Antonio Chirumbolo che sono riusciti a prendere in mano la situazione, con la supervisione di Gianni Scardamaglia (che non ha bisogno di presentazioni nel mondo calcistico), e mettere insieme una squadra, ma prima ancora creare un gruppo che si aiuta a vicenda. La volontà di migliorare non manca in nessun componente ed i remi sono tutti posizionati per remare nella stessa direzione. Certo i problemi non sono mancati e non mancheranno sino alla fine, ma la volontà e la tenacia per superarli potranno essere l’arma in più per costruire qualcosa di importate che faccia sognare un’intera comunità.

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ROYAL, RIPRENDERE LA MARCIA E GUAI A RILASSARSI! Peccato per l’eliminazione dalla Coppa Italia. Sabatino: “Serve più fame” E’ stato un febbraio intenso e sfortunato per la Royal Team Lamezia. Purtroppo è andata male la finale di Coppa Italia col Martina, che avrebbe significato la Final Four di Bari agli inizi di marzo. Dopo aver battuto nettamente (6-1) il Rionero in semifinale il 7 gennaio, c’è poi voluto oltre un mese per disputare la finale. La lunga querelle di corsi e controricorsi tra Martina (vincente fuori dal campo) e Napoli (in campo) è stata appannaggio delle pugliesi che, sempre a Vibo, si sono imposte, addirittura il 14 febbraio, per 2-0. Ciò chiaramente ha lasciato tanta delusione in casa-Royal per una sconfitta troppo brutta per essere la ‘vera’ Royal. Anche in campionato, in verità, la squadra di Ragona ha avuto un certo rallentamento. Dopo aver vinto facilmente (10-0) contro il Cosenza sempre nel ‘gelo’ del PalaValentia di Vibo, un rocambolesco 4-4 a Cercola in rimonta con l’Afragola ha interrotto la lunga serie di 9 vittorie della Royal. C’è da sottolineare che s’è giocato

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in un palestrone davvero precario, con sicurezza ai minimi termini essendoci balaustre a bordo campo e pubblico ‘accomodato’ su sedie da bar a ridosso dell’out laterale, che al confronto il PalaSparti potrebbe ospitare la finale del mondiale di futsal! Tant’è, in Campania doppietta di Primavera e gol per Ierardi e la brasiliana Manitta, che dopo l’esordio con gol in Coppa col Rionero, s’è ripetuta anche in campionato lo scorso 4 febbraio. Quindi dopo il turno di riposo in campionato, spazio all’anzidetta finale di Coppa Italia, che di fatto ha segnato l’ultima gara a Vibo, in un palasport sempre più ‘gelato’, e per il quale la Royal ringrazia sentitamente gli amici vibonesi per l’ospitalità. Una brutta prestazione segnata da un gol per tempo del Martina che lasciato più di qualche rimpianto nella società lametina alquanto delusa. Archiviata la Coppa, la Royal s’è rituffata con ancora maggiore voglia di riscatto in campionato. E così lo scorso 18 febbraio riecco ritornati al PalaSparti ovviamente a porte chiuse. In un’atmosfera surreale e che nulla ha a che vedere con i valori precipui dello sport, la squadra di Ragona s’è sbarazzata, 5-1, del Rionero (lo ricordiamo unica in campionato ad aver battuto all’andata la Royal). 5-1 e pratica chiusa con tripletta di Losurdo e gol di Fragola e Primavera. Ed ecco alla gara più recente, prima di andare in stampa con Lameziaenosolo, ovvero la trasferta a Martina del 25 febbraio e terzo match stagionale tra le due squadre. Ebbene, l’appannamento della Royal è continuato purtroppo anche in questa gara. Dopo aver chiuso il primo tempo con uno splendido 2-0, gol di Fragola e Losurdo, nella ripresa l’inaspettato calo che, unito a ingenuità difensive e ad una certa stanchezza in qualche elemento (oltre all’assenza di Corrao e l’acciacco a Manitta nella ripresa), ha consegnato alle pugliesi un insperato pareggio a soli 18 secondi dalla fine. Anche qui, inutile negarlo, delusione nella società dei presidenti Mazzocca e Vetromilo per il modo come sia svanita una vittoria che sembrava ormai raggiunta. Una serie di circostanze sfortunate, unite forse ad una sorta di inconsapevole ed inspiegabile ‘appagamento’

ha comportato l’aggancio in vetta del Napoli. Fermo restando che le partenopee debbono osservare ben due turni di riposo, la qual cosa non può e soprattutto non deve assolutamente costituire un ‘vantaggio’ psicologico per la Royal. Ragona e la società hanno ribadito alle ragazze che ancora non si è vinto nulla! E che occorre ritornare ad essere concentrate e ‘affamate’ non solo in ognuna delle 7 gare che restano alla fine, ma in ogni singolo pallone da giocare. La brava Imma Sabatino, tra le ultime arrivate con Guerra, Manitta e Sgrò, è alquanto esaustiva in una sorta di monito da mandare a memoria: “Bisogna compattarsi – sottolinea Imma -, essere come delle rocce ed aiutarsi tutte tra noi nei momenti di difficoltà. Da qui alla fine serve l’aiuto di tutte. Specie ora che il Napoli ci ha agganciato in vetta: sì loro debbono riposare, ma ciò non deve farci abbassare la tensione, anzi serve sempre massima concentrazione e non mollare mai. Guai a ripetere gli errori di Martina: dove non siamo rientrate in campo nella ripresa come avevamo fatto ad inizio gara, cioè con quello spirito giusto e purtroppo la mancanza di concentrazione ancora una volta ci ha fatto perdere due punti. Quella non è la Royal che conosco, la vera Royal ha fame, fame di vittoria!”. E domenica 4 Marzo si ritorna in casa – si fa per dire – in un PalaSparti sempre vietato al pubblico: ospite il Palermo col solo obiettivo di testa bassa e pedalare, ovviamente vincere, sempre rispettando l’avversario. Intanto nella classifica-bomber Losurdo sale a 21 (l’anno scorso furono 28); Primavera è a quota 18 a conferma di un’ottima stagione della siciliana, la sorprendente De Sarro è a 11 mentre capitan Fragola sale a 8; a ruota Ierardi con 7 e Linza con 6.

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Carissimi lettori, questa volta, la mia attenzione si è focalizzata su un piccolo grande capolavoro di uno scrittore lametino. Qualcuno sorriderà alla mia affermazione: molti, infatti, non ritengono che Tonino Spena sia tale. Per molti, scrittore è una specie di qualifica professionale, la stessa che anni fa, veniva conseguita in alcuni Istituti di istruzione media superiore, in ambiti completamente diversi da quelli della letteratura. Scrittore è chiunque scriva e l’espressione dei propri concetti, in Italia , è libera per Costituzione. E, checché ne dicano gli intellettuali, tutti firmati dalla testa ai piedi e col sorriso firmato, pure quello, chiunque si alzi, un bel mattino e scriva, sarà uno scrittore. Magari non professionista, ovvero non pagato e strapagato con contratti di lavoro, i cui obblighi fanno, a volte, rabbrividire, ma pur sempre scrittore! Specie nel Meridione, paludato e piccoloborghese da almeno due secoli, sei un vero scrittore, se scrivi di cose astruse, che nessuno comprende, ma che siano infarcite di paroloni sterili, se ti comprendi solo lui tu e tutti si inchinano alla genialità del tuo becerume imprescindibile! Completamente diversa è la letteratura europea, meno sottoposta alle leggi di un passato in cui studiavano tre gatti, presente ancora in Italia, in cui tutti pubblicano a proprie spese, perché nessuno legge e, se legge, lo fa con gli occhi del pregiudizio che procede a Triadi: Dante, Petrarca, Boccaccio; Foscolo, Leopardi Manzoni; Verga, Pirandello, Svevo (questi ultimi già miracolati ad esser nominati)! Colpa di una certa, numerosa frangia di professori di italiano che un tempo credevano (e, purtroppo, credono ancora!) di essere i possessori delle chiavi della Cultura Universale! In Francia per esempio, in Inghilterra, e persino nei paesi dell’Est europeo, la scrittura è considerata un’attività come un’altra e il successo di un’opera non è più soggetta per forza al giudizio dei critici, bensì alla forza lettori, che è un po’ la propulsiva forza lavoro del settore! Fin quando non ci affrancheremo da una cultura scolastica, da prof. di italiano ottocentesco, non saremo mai né colti, né capaci di formulare un giudizio e di esprimere un parere del tutto personale! Ma passiamo al libro. IN GIRO PER LA CITTA’ è, come sottolineavo prima, un piccolo grande capolavoro dello Spena. Innanzi tutto, perché determina, nel suo percorso scrittorio, una maggiore ampiezza espressiva, una maggiore padronanza della fantasia, una migliore libertà di comunicazione. Ciò, pro-

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prio a marcare una più sicura dimestichezza con lo scrivere e col narrare, col tanto da dire e da rivelare, imparando a procedere strada facendo. Scrittori si nasce, in quanto ricchi profusori di contenuti ed elargitori di desideri, storie e pensieri, ma scrittori si diventa, nella bella forma, nel buon italiano, nel riconoscere che il parlato e lo scritto hanno codici diversi. Scrittore è colui che non fa mistero delle sue idee o della sua immaginazione e le dona senza falsi pudori, senza preoccuparsi del successo o meno del suo narrato. Scrivere, prima di tutto, è un’esigenza. Secondo Maria Zambrano, saggista e filosofa ispanica (allieva di Ortega y Gasset), infatti: “Scrivere è difendere la solitudine in cui ci si trova, è un’azione che scaturisce soltanto da un isolamento effettivo, ma comunicabile, nel quale, proprio per la lontananza da tutte le cose concrete, si rende possibile una scoperta di rapporti tra esse”… E così, è proprio dalla lontananza da tutte le cose concrete e dall’isolamento affettivo a lungo difeso, che nascono i personaggi di Tonino Spena, a metà fra il concreto e il surreale, tra la fantasia e il quotidiano, fra ciò ch’egli vorrebbe fosse, del mondo, e ciò che esso, veramente è. Così nasce la gatta, di IN GIRO PER LA CITTA’ e la realtà si manifesta per simboli, per metafore. Al contrario di ciò che pensa il lettore medio, banalotto e superficiale, la gatta non è che allegoria, personificazione, incarnazione dell’Amore. Un amore che non abbia i contorni troppo sfumati di quello angelicato e neppure i toni forti di quello passionale: anche qui si sta, proprio a metà, fra il concreto e l’astratto, in un mondo altro che rende giustizia a ciò in cui speriamo. La gatta è l’emblema di ciò che tutti vorremmo dall’Amore, quel misto di affetto del cuore e di sensualità intuìta, non troppo rivelata. Quell’Amore che, spesso, ci appartiene e che viviamo sotto gli occhi di tutti, ma che celiamo per eccessiva composta timidezza, di fronte al mondo. La gatta potrebbe essere la sublimazione di Caterina, la compagna di vita di Tonino, ch’egli cela dietro una cortina di sentimenti velati; potrebbe essere la stima che ha per tante amiche; potrebbe rappresentare le donne che, in generale, da gentiluomo qual è, egli ammira… Ma è, soprattutto, quel sentimento verso la Donna, che, per non negare nulla a nessuna, egli identifica in quell’essere vivente che, da sempre, inquadra la donna in tutto il suo mistero: la gatta. L’uomo Tonino Spena, affabile persona, ma anche un po’ personaggio, col suo passato di calciatore e allenatore e col suo presente da scrittore, si fonde con i protagonisti del suo nar-

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rare, fino a rendersi indistinguibile. Sta proprio in questo la sua maestrìa: nel farsi protagonista di luoghi alternativi e alterni, di un altrove che non distingua il mero reale dall’immaginario, nel fondersi, ma non confondersi, restando se stesso. Oltre alla gatta, nel volume è presente il vissuto caro allo scrittore: la malinconia, la lettura romantica dei tramonti, la solitudine che porta alla riflessione, la nostalgia e tutti i luoghi-non luogo a lui connaturati. E poi ci sono i luoghi propriamente detti della sua città: li descrive con perizia storica e con riferimenti ben precisi. Non a caso, il libro ha titolo In giro per la città, come se fosse proprio il posto in cui vive a determinare la sua ispirazione. Il luogo-non luogo diventa luogo per eccellenza e viene celebrato con evidente tenerezza. Si potrebbe utilizzare il libro di Tonino Spena come guida turistica di Lamezia Terme e regalare al turista-lettore una visione diversa e nuova della città, che offra non solo spunti storico-visivi, ma anche di riflessione e suggestione. Esiste, infatti, un tipo di lettura da farsi come cultura dell’intelletto e poi ne esiste una che coltiva l’animo, con ameni espedienti narrativi che, come le meraviglie di Alice, ci trasporta lontano, oltre il limite, sulla soglia del mistero e dei sogni. E’ tutto ciò che rende Tonino Spena uno scrittore di pregio, sia pur emergente: non saggista astruso, non prosatore aulico, ma narratore eccelso dei piccoli spazi. Perché non dev’essere per forza vasto, lo spazio emozionale, né il territorio dei brividi dell’animo, ma occorre, che sia, di certo, colmo di ampie risonanze. Con Spena scopriamo, così, che il piccolo spazio, concesso solo ai versi, si allarga alla prosa, senza esser da meno. Piccolo consiglio: un lettore senza pregiudizi è colui che si spoglia di tutte le sovrastrutture scolastiche, per approdare al senso profondo della parola scritta. Ad maiora, cari lettori. Semper, per voi. Perché, non solo scrittori, ma anche (buoni) lettori, non si nasce, ma si diventa. Ma anche per Tonino Spena che, sono sicura, ci regalerà ancora grandi palpiti. Quanto a me, ho già in mente il prossimo libro, da leggere per voi. Buona lettura: divorato, a furor di popolo, il libro di Tonino Spena, sarete pronti per leggere ancora... A fra breve.

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La parola alla Nutrizionista

Legumi I legumi secchi fagioli, ceci, fagiolini, lenticchie, fave piselli e lupini appartengono alla famiglia delle leguminose. I semi freschi e i bacelli sono invece considerati ortaggi per il loro alto contenuto in acqua. Alla famiglia delle leguminose appartengono anche arachidi e soia che si differenziano per l’elevato contenuto di olio del seme 18% e 50%. I legumi secchi sono costituiti dal 10 % d’acqua, 20-25 % proteine, 50% di glucidi, vitamine B1, B2, niacina e folati, sali minerali Fe, K, Ca, 17% di fibra , 2% di lipidi . Soltanto i ceci contengono un’alta percentuale di acidi grassi polinsaturi gli omega 6 in grado di far abbassare i livelli di colesterolo grassi saturi. I legumi presentano al loro interno delle sostanze antinutrizionali chiamate fitati. Tali sostanze agiscono come “calamite naturali” per i metalli contenuti nei legumi quali ferro e zinco, rendendoli meno biodisponibili. Per ridurre i fattori antinutrizionali è importante che i legumi secchi si lascino a bagno in acqua fredda per una notte prima di cuocerli e che la cottura sia prolungata e la temperatura elevata. Inoltre lasciare a bagno i legumi aiuta a migliorare la digeribilità rendendoli più morbidi.

Un altro alleato per eliminare i fitati e rendere il legume più morbido è l’alga Kombu un’alga Giapponese ricca di fosforo e potassio. Va ricordato che l’acqua d’ammollo però non deve essere utilizzata per la cottura è importante inoltre non aggiungere sale nè durante l’ammollo né durante la cottura in quanto indurisce l’involucro del seme. L’aggiunta di un cucchiaino di limone ai legumi in ammollo ne aumenta la ritenzione delle vitamine del gruppo B I legumi sono spesso definiti ‘’carne dei poveri’’ questo per il loro contenuto proteico e il loro basso costo. Infatti sono i prodotti vegetali a più alto contenuto proteico il doppio dei cereali e in quantità analoga alla carne. Essendo poveri di amminoacidi solforati ma ricchi in lisina, l’unione con i cereali che sono carenti in lisina e ricchi di amminoacidi solforati consente un approvvigionamento proteico ottimale. Tra gli zuccheri presenti

vi sono gli alfa-galattosidi raffinosio, stachiosio e verbascosio, il nostro intestino è privo dell’enzima in grado di rompere i legami di questi zuccheri, arrivando inalterati al colon subiscono la fermentazione ad opera della flora microbica provocando il fenomeno della flatulenza. I legumi sono molto sazianti ed energetici

basti pensare che i fagioli danno 291 kcal/100 gr, i ceci 317 kcal/100 gr mentre la soia 407 kcal/100 gr. Diversi studi evidenziano che coloro che il consumo di tre o più porzioni settimanali di alimenti a base di cereali integrali e legumi hanno il 2030% di possibilità in meno di sviluppare eventi cardiovascolari rispetto a chi ne assume quantità inferiori. Alma Battaglia Biologa Nutrizionista Vice presidente SIPS delegazione Calabria FB Centro Nutrizione Sport Salute

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Sanità

Due lavori scientifici della Struttura “Diagnostica per immagini” sono stati accettati al Congresso Europeo di Radiologia Due lavori scientifici elaborati dalla Struttura complessa “Diagnostica per immagini” dell’Ospedale “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme, diretta dal dott. Salvatore Galea, sono stati accettati al prossimo Congresso Europeo di Radiologia, che si svolgerà a Vienna nel medi di Marzo 2018. I due lavori in merito alla “ecografia a colori con mezzo di contrasto dei carcinomi del fegato e del pancreas”, impostati sulla ormai collaudata esperienza dei Radiologi della struttura lametina, sono stati tutti accettati perché ritenuti di alto valore scientifico. Inoltre, la direzione scientifica del congresso ha chiesto che un Radiologo della S.C. ospedaliera relazionasse durante i lavori della manifestazione, maggiore estensore dei lavori premiati, a cui facendolo ovviamente in lingua inglese. comunque hanno collaborato la gran parte dei Il Direttore Salvatore Galea ha disposto che a medici in servizio. relazionare a Vienna sia il dr. Francesco Loria,

Sanità

Migliorato il confort della sala d’attesa del Pronto Soccorso di Lamezia Terme La sala d’attesa del Pronto Soccorso dell’Ospedale “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme è stata rinnovata con la dotazione di nuove sedute per l’attesa. Tale provvedimento rientra nell’ambito della programmazione e riqualificazione del presidio ospedaliero voluto e sollecitato dal Direttore Medico di Presidio dott. Antonio Gallucci. La nuova sistemazione della sala, dotata anche di monitor tv, consentirà oltre che una seduta più comoda anche il miglioramento dell’aspetto igienico-sanitario. La nuova organizzazione della sala è stata concordata con il dott. Ferruccio Lucchino primario del PS di Lamezia Terme. Nelle prossime settimane il rinnovo degli arredi riguarderà anche altri reparti del presidio ospedaliero. pag. 24

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