Lameziaenonsolo incontra Simona Dalla Chiesa - Novembre 2018

Page 1

Lamezia e non solo

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 1


pag. 2

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Simona Dalla Chiesa

Lameziaenonsolo incontra

-Nella Fragale-

Due cognomi illustri questo mese, due donne legate alla nostra terra, che hanno accettato di farsi intervistare. Simona Dalla Chiesa, un cognome il suo che ci riporta ad uno dei periodi più bui della nostra storia: le brigate rosse, la mafia, le stragi. Eppure in lei non pare esservi rancore contro le istituzioni, contro la mafia, contro la società, ma nemmeno rassegnazione, una forza interiore pare sostenerla e darle la forza di portare avanti le sue personali battaglie contro le ingiustizie. Non basta sentirsi per una breve intervista per potere affermare di conoscere le persone ma spesso le prime sensazioni che si hanno nel conoscere le persone sono quelle giuste e ... Simona Dalla Chiesa è una “bella” persona, dentro e fuori, leggete l’intervista e mi darete ragione.

Buongiorno, intanto la ringrazio per avere accettato di farsi intervistare, come tutte le nostre interviste parleremo di lei ma, con un cognome così importante, la figura di suo padre credo ci accompagnerà per tutto il tempo Grazie a voi per questa chiacchierata! Quanto alla figura di mio padre, sono felice che ci accompagni in questo incontro, perché per me parlare di lui significa ritrovare un mondo di affetti, di nostalgia e di rimpianti ma anche, se mi permette, di tanto orgoglio…

Orgogliosa a giusta ragione, direi. Simona, da bambina, quando si accorgeva che il suo papà non faceva un “mestiere facile”, che ricopriva un ruolo importante nella società? Papà ha sempre cercato di non fare “entrare” in casa le preoccupazioni e le ansie legate ad un impegno che lo ha visto sempre in prima linea. Io ho vissuto un’infanzia molto serena, con una famiglia normale, in un clima di grande amore e complicità. Certo, mi rendevo conto che mio padre aveva una visibilità esterna che non era consueta per i genitori dei miei compagni, qualche volta il suo nome era sui giornali, i suoi orari di lavoro non rispettavano alcuna regola, ma il fatto di vivere in caserma rendeva tutto molto ovattato, come se ci fosse un velo tra il nostro mondo e la vita “là fuori”.

quelle nelle quali ha vissuto, quale città le è più cara? Abbiamo davvero fatto una vita nomade, in giro per l’Italia! L’immagine di mamma che, con tanta pazienza, riempiva scatoloni di piatti e bicchieri è per me il simbolo dei nostri continui trasferimenti. Tutti quei pacchi che, poco per volta, riempivano il corridoio di casa, venivano poi riaperti in un nuovo alloggio, per essere nuovamente preparati in vista di un’altra sede…E non sapevamo quanto tempo ci saremmo fermati, non c’era modo di organizzarsi. Io, per esempio, tra la prima e la seconda media, ho cambiato quattro città, facendo un tour tra Milano, Roma, Torino e ancora

Suo padre, per la sua carriera, si spostava nella varie città, (lei e suo fratello Nando siete nati a Firenze, sua sorella Rita a Casoria), fra Milano. Ogni luogo ha lasciato in me un segno, un’amicizia, un ricordo. Ma sicuramente Milano è la città che ho sentito più mia e che ha inciso di più nella mia formazione. E, dall’altra parte d’Italia, Palermo, città difficile e contradditoria, ma che mi è entrata nel cuore con la sua luce e i suoi profumi e che ha fatto da sfondo ad anni importanti della mia crescita. Che bambina è stata Simona? Ce ne vuole fare un breve quadro, magari citando qualche episodio particolare? Sono stata una bambina felice. Questa è la prima parola che mi viene in mente

Lamezia e non solo

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 3


pensando al mio mondo infantile. Avevo una famiglia affiatata, due fratelli che, nonostante scherzi e dispetti, facevano muro con me di fronte ad ogni difficoltà, avevo a disposizione un cortile in caserma pieno di ragazzini con cui giocare, vivevo in una città – Milano, appunto - che offriva ai più piccoli opportunità di crescita e divertimento ancora oggi difficilmente imitabili…. Sì, sono stata davvero una bambina fortunata! E che adolescente è stata Simona? Si adeguava alle rigide regole dettate dal vivere in un ambiente militare? Da qualche parte ho letto che sua sorella Rita amava le minigonne ma non poteva usarle in caserma ed allora usciva con una gonna lunga sotto la quale celava quella corta, Simona faceva altrettanto? E’ vero, Rita è sempre stata refrattaria alle regole, figuriamoci se poteva accettare le limitazioni imposte dalla vita in caserma, anche nella scelta dei vestiti… Erano gli anni delle minigonne e dei capelli lunghi per i ragazzi, ma l’ambiente militare non li vedeva di buon occhio, così ognuno si arrangiava come poteva…. Io, a dire la verità, sia per quieto vivere sia perché sono per natura più “malleabile”, mi sono adattata con più facilità. Non sono stata un’adolescente difficile, insomma, anche perché in molte cose ho trovato la strada spianata dalle “conquiste” ottenute dalla mia sorella maggiore. La mia quota di ribellione l’ho riservata invece per le aule scolastiche, dove, tra occupazioni e manifestazioni, incorrevo nelle ire di mio padre che veniva puntualmente informato dal preside sulle mie mosse. Il fatto che però avessi buoni voti ha sempre giocato a mio favore!

cercarla, a parlarle, a sentirla vicina. E’ morta, nel 1978, per infarto, probabilmente perchè non reggeva più lo stress a cui era, inevitabilmente sottoposta, per il mestiere che faceva il suo papà, quindi in casa eravate tutti consapevoli di questo, fin da piccoli o lo avete recepito da grandi? Come dicevo prima, da piccoli non abbiamo percepito mai il senso del rischio a cui era esposto mio padre per il suo lavoro. La consapevolezza è arrivata più tardi, quando il clima di violenza sociale che ci circondava non poteva più essere lasciato fuori, ma anzi scandiva, con il susseguirsi delle tragiche notizie diffuse dai Tg, la vita di tutti noi. Gli anni del terrorismo ci hanno messo di fronte a una realtà devastante per la democrazia ma anche direttamente per la nostra famiglia, proprio per il ruolo di primo piano che mio padre era stato chiamato a svolgere per volontà del Governo. E da allora la certezza del rischio e la paura per la sua vita non ci hanno più abbandonati. Che ricordi ha di sua madre? Mamma era di origine campana e oltre a rappresentare il classico modello di bellezza mediterranea, del sud portava con sé i tratti più belli. Dolce, allegra, solare, generosa e sempre disponibile, riusciva a creare in ogni occasione un

E come era il rapporto di Simona bambina/ adolescente/adulta con questo padre dall’apparenza burbera ma dall’animo nobile e gentile? Per quanto papà fosse sempre impegnato, non ha mai smesso di interessarsi a noi in ogni aspetto del quotidiano. Qualche volta avremmo preferito che si distraesse un po’, per avere maggiore libertà di movimento, ma lui era sempre “sul pezzo”! A parte gli scherzi, è stato un padre nel senso più bello e completo del termine, e la sua presenza costante ci ha permesso di sentirci sempre protetti. Severo, sì, ma anche capace di grande dolcezza e di gesti romantici… Trovava ogni giorno il tempo per giocare con noi, voleva conoscere i nostri amici, ascoltare la nostra musica, leggere i nostri giornalini, e seguiva con attenzione i nostri studi, il tutto sempre oscillando tra controllo e tenerezza. Poi, crescendo, sono ovviamente cambiati gli argomenti di discussione e qualche volta il confronto poteva essere più duro, ma c’era sempre il rispetto delle nostre opinioni. Io ero la più piccola, lo scontro generazionale era filtrato dai miei fratelli, per cui raramente ho vissuto momenti conflittuali, mentre mi sono goduta tutta la fase delle coccole, fino all’ultimo giorno. Quando suo padre si risposò nel 1982, con Emanuela Setti Carraro, lei ne fu felice oppure le sembrò un tradimento nei confronti di sua madre? Quando Emanuela è entrata nella vita di papà, lo ha fatto con estrema delicatezza, senza mai cercare di sovrapporsi alla figura di mamma e dimostrando un grande rispetto per i nostri sentimenti. Personalmente ho vissuto la sua presenza vicino a mio padre con serenità, perché sapevo quanto fosse stata profonda la sua solitudine in quegli anni. Noi avevamo le nostre famiglie, abitavamo ciascuno in una città diversa, ed anche se gli eravamo sempre affettivamente vicini, ci rendevamo conto di quanto il silenzio di casa gli pesasse. Papà ha avuto molto

Capisco, del resto un’adolescente che non si ribelli a qualcosa sarebbe ben strana! Il rapporto con sua madre come è stato? Un rapporto unico e viscerale, fatto di dolcezza e comprensione. Mamma ha rappresentato, e rappresenta ancora oggi, il mio modello di riferimento, come donna, come moglie e come madre. Da piccola ero praticamente incollata a lei, crescendo ho condiviso con lei ogni emozione e ogni nuovo passaggio della mia vita. E da quando non c’è più ho continuato a pag. 4

clima di armonia. E poi era una donna con una grande cultura umanistica, che non smetteva mai di approfondire e di cui abbiamo ampiamente approfittato nei nostri percorsi scolastici…

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


pudore nel parlarci dei nuovi sentimenti per Emanuela, ma era evidente che questa giovane donna rappresentava per lui una nuova opportunità di vita. No, non l’ho vissuto come un tradimento. Il suo amore per mamma non è mai stato messo in discussione. Lei si è laureata in Scienze Politiche ed ha poi intrapreso la carriera di politico ed è dal 1985, quando fu eletta consigliere regionale in Calabria, che vive in questa nostra martoriata terra, mi dica, lei che ha vissuto in città di tutta l’Italia, dal nord al sud, cosa vuol dire vivere in Calabria? Vivere in Calabria significa riempirsi gli occhi di bellezze naturali e poi restare incredula davanti alla scarsa capacità di valorizzarle e alla mancata difesa dell’ambiente. Significa conoscere persone colte, capaci, motivate e poi vedere che spesso la classe dirigente non è in grado di rappresentarle. Significa scoprire una realtà fitta di associazioni e di organizzazioni di volontariato, e avvertire lo scollamento tra una società in continua crescita e una politica arroccata su sistemi di potere consolidati ma ormai vecchi e inattuali. Io sono molto legata alla Calabria e mi incanto ancora, ogni volta, davanti agli spettacoli che riesce a offrire. Vivo qui a Catanzaro da tanti anni e mi sono impegnata per fare la mia piccola parte nell’ottica di un miglioramento sociale. Qui sono cresciuti miei due figli, qui ho costruito i miei rapporti affettivi. A volte mi arrabbio, non capisco, mi indigno, ma alla fine continuo ad amare questa terra. Cosa ci vorrebbe per dare una svolta significativa alla Calabria? Come ha detto lei “terra ricca di doni della natura” che non sono sfruttati per i calabresi ma per gli interessi personali. Io credo che il primo impegno che i cittadini dovrebbero pretendere dalla classe dirigente locale, e non solo quella politica, è la lotta alla corruzione e la riscoperta del valore dell’etica in tutti i settori. La ‘Ndrangheta ha potuto trasformarsi nella devastante forza criminale ed economica che tutti conosciamo anche perché ha potuto contare sulla complicità, l’indifferenza o l’apatia di tanti calabresi. Da un punto di vista dello sviluppo economico, inoltre, è evidente che la Calabria abbia un immenso potenziale ancora inesplorato, soprattutto in considerazione del peso che sempre più dovrebbero assumere, in una regione come la nostra, il turismo, l’agricoltura, l’artigianato, la tradizione enogastronomica, l’ospitalità diffusa. Molti privati lo hanno capito e hanno dato impulso a nuove forme di valorizzazione del territorio, ma questi esempi individuali non riescono ad essere trasformati in “sistema” sulla base di scelte strategiche condivise. Infine, più in generale, penso che Lamezia e non solo

e in cui mi sentivo particolarmente coinvolta. Resta infine il mio amore per l’insegnamento e per il confronto con le giovani generazioni, un impegno che in qualche modo ho potuto svolgere in tanti anni di incontri nelle scuole.

in Calabria si debba lavorare per la costruzione di un vero senso del bene comune, riuscendo ad abbattere le mura del privato per guardare oltre, verso il futuro e verso i nostri compagni di strada. Nei dati salienti delle sue attività si legge: È stata consigliere regionale della Calabria e Deputato. Ha svolto attività giornalistica e tenuto corsi di bioetica presso l’Università di Catanzaro. Ha collaborato con Invitalia a progetti di sviluppo d’impresa sociale. È impegnata in percorsi formativi sulla legalità per scuole e associazioni”. In quali di queste attività si riconosce maggiormente? La mia vita professionale, in effetti, è stata molto varia, e ricca di esperienze diverse. Ho vissuto con passione ognuna di queste attività e ne ho sempre riportato un bagaglio di conoscenze e di rapporti umani che restano parte integrante del mio essere. La politica e il ruolo istituzionale sono stati certamente una scuola di vita. Pensare di poter agire per il bene della tua gente, grazie ad un libero mandato di fiducia degli elettori, ti investe di una responsabilità da togliere il sonno. Ma ho trovato molto stimolante anche il lavoro svolto presso Invitalia, indirizzato allo sviluppo delle realtà del Mezzogiorno,

Leggo ancora: “ È impegnata in percorsi formativi sulla legalità per scuole e associazioni”, anche suo padre, precorrendo i tempi, andava nelle scuole per incontrare i ragazzi ed informarli sul pericolo della mafia, lo faceva perchè aveva già capito, 36 anni fa, che per sconfiggere la mafia bisognava educare la società del futuro? L’impegno di mio padre nelle scuole di Palermo, fin dai suoi primi giorni da Prefetto, è indicativo di quanto lui fosse “avanti” nell’affrontare la lotta alla mafia. Aveva capito, cioè, che era fondamentale modificare la cultura dominante partendo proprio dai più giovani, quelli che lui chiamava ”i ragazzi dallo sguardo pulito”, e così, nonostante critiche e derisioni dei benpensanti locali, cercava nuove alleanze tra i banchi di scuola nella sua lotta contro il pensiero mafioso. Una scelta davvero innovativa che si sarebbe consolidata poi, negli anni successivi, nei tanti percorsi di legalità che hanno coinvolto studenti e professori di tutta Italia. Quando lei parla con i ragazzi, con coloro che un domani reggeranno le redini della politica, dell’economia, che sensazioni ha? Li vede interessati e consapevoli di quello che stanno vivendo o distratti e interessati solo al loro cellulare? Ho girato davvero tante scuole, da Aosta a Siracusa, piccoli centri e grandi città, luoghi schiacciati dalla presenza delle mafie, e paesi apparentemente estranei a questi fenomeni. Dovunque ho trovato bambini e ragazzi attenti e interessati, ben preparati dai loro docenti, coinvolti emotivamente nel ripercorrere le storie personali delle tante vittime della criminalità. Per me, ogni volta è un’esperienza ricca di emozioni e che riaccende la speranza di un futuro diverso, ma poi mi rendo conto che la strada che attende questi giovani, fuori dalle mura protette della scuola, non sarà né facile né generosa. Ho paura allora che la sfiducia e la delusione riconquistino spazio… Nessuno di voi figli ha intrapreso la carriera militare, nemmeno Nando, come mai? Di certo non per la morte di suo padre in quanto le vostre carriere erano già ben definite quando è stato assassinato, forse per la tensione che il lavoro che faceva trasmetteva anche in voi? Nando ha fatto il servizio militare come ufficiale dei Carabinieri, cosa che ha riempito di orgoglio nostro padre, ma la sua strada era un’altra e l’ha percorsa con coerenza e passione ottenendo risultati molto importanti. Per noi sorelle il

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 5


problema non si poneva perché, al di là delle nostre intenzioni, all’epoca non era prevista per le donne la possibilità di intraprendere la carriera militare nell’Arma. Tutto questo non ha comunque minimamente intaccato il legame che avvertiamo nei confronti dei Carabinieri. Ogni caserma, anche di un piccolo paese, per noi è ancora oggi “casa”, ogni divisa è “famiglia”. Ai 35 anni dalla sua morte voi figli avete scritto un libro bellissimo, fra le altre cose raccontate che lui, mentre andava a Palermo in aereo, scrisse una lettera a voi tre figli, per confessarvi quanto vi voleva bene, lo faceva spesso o, inconsapevolmente, sentiva che stava andando verso la morte? Quella lettera ha rappresentato per noi un vero testamento morale: sono parole dense di amore e di sofferenza, dove alla forza degli affetti si contrappone il senso della solitudine istituzionale. E’ come se, attraverso i finestrini dell’aereo che volava verso Palermo, vedesse scorrere la sua vita, fatta di tanti sacrifici ma sempre sorretta dal legame indissolubile con mamma, e capisse che nuove prove, forse ancora più difficili, lo stavano aspettando. Sicuramente avvertiva tutto il peso del nuovo incarico, ma non temeva le sfide professionali, per quanto pericolose. Quello che lo riempiva di amarezza era il senso di abbandono che avvertiva in chi avrebbe invece dovuto sostenerlo. Voi figli avete deciso di devolvere i proventi delle vendite del libro all’ONAOMAC (Organizzazione Nazionale Assistenza Orfani Militari Arma Carabinieri), perchè?

pag. 6

Non avrei mai accettato che un libro scritto col cuore, per raccontare una dimensione più intima di mio padre, potesse avere un ritorno economico. La scelta, poi, di devolvere l’intero ricavato agli orfani dei carabinieri è nata dal desiderio, ancora una volta, di essere vicini all’Arma, soprattutto ai suoi figli meno fortunati. Che donna è lei? E’ una passionaria, è una pragmatica, è una innamorata della vita?, Fra le grandi donne del passato a quale si sente più simile? Sono una persona che crede negli ideali e li difende con passione, che vive intensamente ogni esperienza e ogni rapporto umano. Sono una inguaribile ottimista che ricerca lo sprazzo di colore anche nei momenti più bui. Ritengo di essere una persona ragionevole, pronta all’ascolto e alla ricerca di una visione obiettiva delle cose, anche se poi spesso lascio prevalere i sentimenti. Pragmatica, no. Romantica, sì. Permalosa, abbastanza (anche se preferisco definirmi ipersensibile…). E soprattutto innamorata di mio marito e della mia famiglia. A parte questo bellissimo libro su suo padre, che consiglierei a tutti di leggere poichè traspare un affetto, un amore, che va oltre i confini della vita e della morte, sia verso il papà che fra di voi fratelli, ha scritto qualche altro libro? Oppure ha intenzione di scriverne un altro? Anni fa, avevo scritto due libri-saggi legati alla mia attività professionale. Ma “Un papà con gli alamari” è stata la mia prima vera esperienza di scrittrice, un’esperienza molto coinvolgente perché mi ha portato a scavare nella mia vita e nei miei ricordi più

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

intimi. Se devo essere sincera, mi piacerebbe molto scrivere ancora. Ma ci vogliono idee, tempo e concentrazione. E trovarli tutti insieme non è facile. Speriamo che li trovi allora! Cosa ne pensa dell’attuale situazione politico/economica in cui versa l’Italia? Rispetto le scelte democratiche emerse dalle ultime elezioni, ma non le condivido. Non mi riferisco ovviamente alla preferenza verso i singoli partiti, ma vedo una caduta di ideali, una rincorsa al personalismo, una semplificazione di problemi complessi che mettono in discussione, a mio parere, la ricchezza della nostra migliore tradizione politica. E comunque, quello che mi preoccupa di più, sono la cancellazione della memoria storica e la mancanza di capacità critica da parte dei cittadini. Capisco bene il senso di insicurezza, di delusione, di rabbia per tante scelte politiche sbagliate e per l’incapacità di interpretare fino in fondo i bisogni della gente, ma questo dovrebbe alzare il livello di guardia degli elettori, non indurli a seguire acriticamente proclami irrealizzabili o decisioni che non rispettano i valori portanti della nostra convivenza civile. Verissimo! Cosa si augurerebbe per l’Italia del domani? L’Italia nella quale cresceranno i suoi nipoti? Auguro ai nostri giovani di poter vivere in una Italia - la nostra meravigliosa Italia che sia innanzitutto accogliente e solidale. Un Paese che, libero dalla cappa asfissiante delle mafie, sviluppi una economia sana

Lamezia e non solo


e sappia offrire opportunità di studio e di lavoro adeguate. Un Paese che tuteli la salute pubblica e garantisca un territorio sicuro e un ambiente “pulito”. Un’Italia che ritrovi il suo orgoglio, non quello della voce grossa o dei confini chiusi, ma della sua storia e della sua identità culturale. Giusto per conoscere qualcosa di lei, Teatro, Cinema o televisione? La televisione è la compagna fedele delle mie serate in famiglia. Tra politica, film, sport (imposto dalla componente maschile…) e fiction di buona qualità, il mio divano davanti alla tele è simbolo di qualche ora di relax. Ovviamente il cinema, con la sua capacità di trasportarti in una realtà virtuale - complici il buio e i suoni - continua ad esercitare un fascino che non ha rivali, ma non sempre è agevole frequentarlo, visto che le sale sono concentrate nei centri commerciali fuori città. Libri: autori e generi che predilige? Ho sempre un libro sul comodino, e quando ne sto finendo le ultime pagine vado in crisi di astinenza se non c’è già il prossimo che mi aspetta. Anche se poi, in effetti, devo fare una pausa di decompressione rispetto alla storia e ai personaggi a cui mi ero affezionata. Difficilmente rileggo i classici, mentre mi affascinano, per motivi diversi, sia gli autori di origine latina sia la letteratura contemporanea americana. E vado sempre più scoprendo la scrittura italiana. Ma per me una discriminante al momento dell’acquisto di un libro è la sua dimensione. Se è troppo breve non mi ispira. Se è un bel tomo che metterà a dura prova i miei polsi mi attira inevitabilmente!

e le sue canzoni mai banali. I suoi concerti a San Siro sono stati indimenticabili e valevano tutti i mille chilometri fatti per andare ad ascoltarlo! Giornalismo … spesso ho l’impressione che quello vero ed autentico non esista più. Le notizie “bufala” delle quali tanto si parla sono sempre esistite, solo che una volta non si definivano tali, erano (e sono) “fumo negli occhi”, notizie inutili diffuse, ad arte, dando loro grande importanza, per nascondere altre notizie, ben più importanti, che passano in secondo piano, e delle quali ci accorgiamo solo quando è troppo tardi per dire la nostra. Ho una visione pessimistica di questo mestiere? Non si può parlare di giornalismo in generale…Si farebbe torto a tutti quei giornalisti che ancora oggi intendono il loro lavoro come una “missione” alla ricerca della verità. E’ certo, però, che accanto alle inchieste, televisive o su carta stampata - che spesso comportano un rischio per gli stessi autori - c’è tutto un sottobosco di informazione manovrata, salottiera e asservita al potere che riesce comunque a influenzare l’opinione pubblica. E anche qui, tutto si lega alla scarsa capacità critica di cui parlavo prima. Ma Simona dalla Chiesa ha un sogno nel cassetto? Se sì, lo vuole condividere con noi? Vincere la paura dell’aereo e riuscire finalmente a viaggiare per il mondo, immergendomi in luoghi e culture che finora ho solo sognato! Guardando la foto della madre, giovane

sposa, non posso fare a meno di notarne la somiglianza, la stessa espressione dolce, lo stesso sorriso Un nome importante ed una persona estremamente semplice, aperta al dialogo, che ha deciso di vivere una vita ricca di valori, intensa, che non si è lasciata fuorviare da quel che le è accaduto forse proprio grazie a quei principi che la madre ed il padre le hanno saputo dare e che lei ha fatto suoi. Una frase del padre mi ha colpita: “Mi mandano in una realtà come Palermo, con gli stessi poteri del prefetto di Forlì”, e mi sono ritrovata a pensare che Simona (ed i suoi fratelli) ha vissuto con la consapevolezza dell’intrinseco significato di questa frase riuscendo a non essere rancorosa verso uno Stato, una società che non ha salvaguardato il padre: grande forza, grande donna, non so se sarei riuscita a non ritenermi una vittima, a fare la vittima, se fossi stata al suo posto. Per lei una frase breve, brevissima di Gabriele D’Annunzio: “Certi ricordi bastano a profumare un’anima per sempre”, la dedico a lei perchè sono certa che il ricordo di quegli splendidi genitori abbia contribuito a renderla la donna che oggi è: serena, innamorata della sua vita, della sua famiglia, generosa. La frase che la descrive al meglio la ha detta nel corso dell’intevista: “Sono una inguaribile ottimista che ricerca lo sprazzo di colore anche nei momenti più bui.” Ecco cari amici lettori lei è Simona Dalla Chiesa.

La musica che ruolo ha nella sua vita? La musica rappresenta davvero la colonna sonora della mia vita. Con il suo potere evocativo ha la capacità di emozionarmi fin nel profondo… Il primo gesto sedendomi in macchina è accendere la radio. Ho studiato e lavorato sempre con la musica in sottofondo. Non riesco a star ferma ascoltando un ritmo ballabile. E amo Bruce Springsteen, con il suo rock caldo, la sua voce inconfondibile Lamezia e non solo

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 7


Istruzione

IO LEGGO PERCHE’ 2018: “La letteratura del Lametino” presentata

all’EINAUDI

L’antologia parte da lontano: da Bartolomeo da Neocastro vissuto nella prima metà del XIII sec., fino ad arrivare agli scrittori contemporanei. Si parla di Tommaso Campanella e dei suoi rapporti con la città di Nicastro, per passare a Pietro Ardito, a Michele Pane, a quel “cuore troppo cantastorie” di Costabile tanto caro ad Ungaretti, a Salvatore Borrelli il poeta/ cantautore del quotidiano, a Vittorio Butera, al minimalismo di Antonio Iacopetta, solo per citarne alcuni in una raccolta di circa cento autori che, inevitabilmente, mette assieme storie, stili e valori artistici a volte diversissimi.

La fascinazione della parola declamata si manifesta all’improvviso. Il tempo diventa sospeso. Una piccola magia quotidiana, in questi tempi dove il chiacchiericcio è sempre un sottofondo. I versi sono quelli di Domenico Vono, poeta dialettale di Curinga, che nelle sue liriche mette in gioco i suoi sentimenti e fa diventare i concetti immagini poetiche. E proprie queste immagini rapiscono le ragazze e i ragazzi dell’IPSSAR “L.Einaudi” di Lamezia Terme, A leggere i versi del poeta/sarto è il prof. Italo Leone, docente di lettere di lungo corso che, fortunatamente, non ha perso il gusto e il privilegio di stare in mezzo ai ragazzi. Leone è “uomo di scuola” e si vede. Da qualche anno è anche presidente dell’UNITER – l’Università della terza età e del tempo libero di Lamezia Terme – che da anni organizza sul territorio momenti di studio e riflessione su tematiche culturali di ampio respiro. L’occasione dell’incontro all’Einaudi è fornita dalla manifestazione # IO LEGGO PERCHE’ che, dal 20 al 28 ottobre, promuove giornate di lettura pag. 8

È proprio la lettura della poesia di Vittorio Butera, ‘A licerta e ru curzune, dà modo di affrontare con i ragazzi la complessità semantica dei vari dialetti, o sarebbe meglio parlare di lingue, calabresi. Lingue dense, musicali, che non danno, in alcuni casi, nessun margine alla traducibilità se non cadendo nell’eufemismo.

nelle scuole, attraverso la collaborazione del Sistema Bibliotecario Lametino.

L’incontro si è concluso ricordando una poetessa o sarebbe meglio dire una “donna” poetessa: Pina Majone Mauro, riconosciuta per le sue liriche molto oltre i confini regionali. Una poesia civile la sua. Una poesia militante per molti versi. Una poesia fatta di partenze e da ritorni. Una poesia che tocca molte sponde di questo infiammato Mediterraneo. Una poesia che ha come faro la tensione alla LIBERTA’. E questa, forse, è la traccia dell’incontro.

Il prof. Leone, dopo la presentazione di Giovanni Orlando Muraca docente dell’IPSSAR , ha parlato del suo lavoro antologico, Cultura e letteratura nel Lametino, edito in due volumi dalla Casa editrice Grafichè, rappresentata da Nella Fragale, titolare della storica tipografia lametina. GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Associazionismo

Il Club del libro

I social network e le più recenti frontiere della comunicazione suscitano reazioni contrastanti, sia da parte degli utenti effettivi che di coloro che se ne occupano distrattamente, per moda o per sentito dire, unicamente per non sentirsi tagliati fuori dalle discussioni in merito. Non occorre essere un esperto di comunicazione, né tantomeno un “massmediologo” per comprendere che Facebook, Twitter e le altre reti di condivisione telematica di informazioni e notizie hanno valenza neutra in sé, non essendo possibile demonizzarle o santificarle per il solo fatto di esistere. E’ l’uso che ne viene fatto che rende un mezzo di comunicazione “buono” o “cattivo” e tanto rappresenta una regola generale difficilmente confutabile. Esistono buoni giornali e cattivi giornali, e lo stesso si può affermare per i programmi televisivi o radiofonici, a seconda che gli autori del messaggio pubblicato rispondano, nel loro complessivo operare, a dei canoni minimi di onestà intellettuale e fedeltà alla realtà di quanto diffuso. Altro discorso è quello relativo alle potenzialità dei messaggi veicolati dai recenti social media, poiché in assenza di filtri adeguati (per cultura generale, conoscenza specifica dell’argomento o, ancora una volta, per mancanza di onestà intellettuale) una “fake news” potrebbe assurgere al ruolo di veritàverificata senza l’ancoraggio su di un (necessario) fondamento fattuale. L’ultimo incontro del Book Club, incentrato sull’analisi del libro di Laura Bettanin “Facebook Blues”, ha dato vita ad una serie di discussioni ed interventi che si sono spinti oltre il dato testuale del romanzo, abbracciando considerazioni sociali di ordine generale. Le 196 pagine (utillizzando un carattere di stampa insolitamente ridotto) di “Facebook Blues” raccontano di un romanzo sulla (nostra) vita al tempo dei social. Due amiche: Renata, divorziata, è una fanatica di Facebook, mentre Marta è infelicemente sposata con un marito ormai anziano, che detesta ma non ha il cuore di lasciare. Proprio a lei però accade qualcosa: il grande amore della sua vita, un americano conosciuto durante il viaggio di nozze e con cui aveva avuto una storia clandestina molto intensa, ricompare in rete dopo vent’anni, durante i quali lei aveva creduto di averlo perso per sempre. Un romanzo che, facendo un’analisi spietata e umoristica del magico mondo dei social e delle sue nevrosi che possono dare dipendenza, ci parla di ciò che è proprio dell’uomo. Il bisogno di comunicare, di colmare le distanze, l’amicizia e la confidenza, le incomprensioni che possono essere superate, i figli che si abbracciano anche se sono diversi da come ti aspetti, e l’amore, che quando si incontra, non si deve lasciar andare (cit.). L’opera si sforza di rappresentare al massimo la contemporaneità dei rapporti sociali, troppo spesso definiti, in maniera sin troppo riduttiva, come “virtuali”, dimenticando che dietro ogni “post” presente su di un social network esiste una persona che lo ha pensato, metabolizzato e solo successivamente reso pubblico. Non vi è nulla di virtuale nelle emozioni e nelle azioni concrete che scaturiscono dal comunicare via web, perché comunque si verifica un’incidenza, più o meno profonda, nella vita reale delle persone coinvolte, siano esse gli autori, i destinatari dei “post” o semplicemente le persone o le vicende cui ci si riferisce. Ad ogni modo, il Book club è abbastanza concorde nel definire lo stile dell’autrice troppo forzatamente “modernista”, Lamezia e non solo

soprattutto nella chiara rincorsa allo stile immediato della diffusione via Facebook: vanno bene le licenze stilistiche che ogni autore originale cerca per distinguersi e trovare una propria cifra narrativa originale, ma se ciò impedisce lo scorrere agevole della lettura o, peggio, la comprensione del testo, di sicuro l’autore stesso non potrà menarne vanto… Quella descritta è la sensazione comune del Book Club dinanzi allo stile della Bettanin, la quale comunque tratteggia una storia in sé ben descritta e funzionale al proposito originario, ossia quello di rendere realisticamente il disagio contemporaneo ai tempi della massima divulgazione delle notizie (anche) personali attraverso i social network. Come premesso, tanto si riflette nel periodare, a volte confuso, di cui si compone l’opera, la quale, al pari di molti altri libri pubblicati di recente è caratterizzata da piccole frasi in cima a tutta l’opera come usci schiusi, parole messe in fila, una dietro l’altra per dire al lettore: «Entra qui dentro. Ti assicuro, ci trovi pochi fronzoli. Nel mio libro si va subito al sodo, nessuna perdita di tempo. Guarda, ti apro appena appena la porta del mio mondo, puoi sbirciare e decidere di aprirla del tutto o andartene via. L’importante è che ti affacci» (cit.). Si tratta di un fenomeno (purtroppo, a parere di chi scrive) ormai frequente nella letteratura italiana contemporanea, verosimilmente favorito dall’ingerenza degli editor (che, legittimamente, tendono a massimizzare la possibilità di successo commerciale dell’opera) o, magari, anche delle tante scuole di scrittura che in qualche modo uniformano le creazioni letterarie privandole di originalità… Il prossimo appuntamento del Book Club LectorInFabula è previsto per domenica 25 novembre, sempre al Qmè, con la discussione sul libro di Giovanni Di Giamberardino e Costanza Durante “Giallo Banana”: si tratta, appunto, di un “giallo”, così da rendere gli incontri del club del libro aperti anche a questo genere narrativo. Naturalmente, anche senza aver letto il libro, chiunque voglia trascorrere un’oretta a parlar di letteratura sarà il benvenuto.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 9


IL VOLTO SPIRITUALE DELLA CALABRIA

LA CALABRIA

UNA TERRA TRASCENDENTE

di Fernando Conidi

UNA TERRA MADRE La Calabria è sempre stata una terra fertile sotto il profilo umano e spirituale. Nel corso dei secoli, come riporta la storia, ha dato i natali a personaggi illustri, letterati, poeti, mistici e santi. Pur sembrando, da un punto di vista socioeconòmico e politico, una terra di conquista, essa mantiene inalterate le sue origini, la sua cultura e la sua singolare capacità di riaversi dalle situazioni difficili, rinascendo dalle sue stesse ceneri come la fenice. La Calabria è una terra dall’odore forte e inebriante, carica di emozione, tra paesaggi variopinti bagnati dalla luce del sole e dalle onde del mare. È una terra madre, che genera figli capaci di distinguersi nelle vicende più disparate e, come marinai, di navigare in tutte le acque senza perdere mai l’orientamento. Le vicende che l’hanno attraversata, lasciando talvolta solchi molto profondi, non sono mai riuscite a toglierle quella spiritualità che le è propria, e che da generazioni ne scolpisce il volto lasciandola apparire come una terra benedetta da Dio. Sono proprio le vicende dolorose che ha dovuto sopportare, che hanno reso la Calabria una terra dal carattere forte e dalla spiritualità viva che non dimentica mai di essere una creatura di Dio, e di appartenere a ogni uomo che l’ami con cuore sincero. POVERA, MA RICCA NELL’ANIMA Gesù nel Vangelo dice: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te” (Mt 11, 25-26). Il Signore si compiace dell’umiltà e della semplicità della Calabria, donando ricchezza alla sua anima. Questa è una terra povera, che si erge, tra le molte rovine, mostrando l’opera di Dio. Da essa traspaiono l’essenzialità, l’originalità e

pag. 10

la provenienza, quanto basta a darle un’identità precisa di figlia di Cristo. Gli eventi di questa terra mai riusciranno ad allontanarla da Dio; il quale si compiace di darle dei figli prediletti, che mai anteporranno al Signore alcuna cosa. La povertà, la miseria e la sofferenza che nel corso dei secoli ha dovuto sopportare, e di cui porta ancora le cicatrici, sono eventi sui quali la Calabria ha costruito se stessa, rafforzando le roccaforti della sua anima.

Caterina Bartolotta, mistica calabrese, con le emografie durante la Settimana Santa del 1985

CONTESA TRA IL BENE E IL MALE Se si entra nel profondo di questa terra, si scopre come essa sia contesa tra il bene e il male, ma i suoi figli cercano la via della luce che Cristo le ha dato nel corso dei secoli. Ancora oggi, questa terra traccia scie luminose, sentieri stretti, ma veri e vivi, che conducono alla spiritualità, alla fede, mettendo alla prova, ancora una volta, ogni animo che cerchi il Signore. Egli non dimentica, non è come l’uomo che volontariamente perde il ricordo anche del bene ricevuto. Ci sono storie di Calabria che, a volte, vengono dimenticate, messe al margine di ciò che in que-

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

sto mondo appare luminescente. È il miraggio di una società moderna che illumina le genti, ma solo per accecarle e renderle inconsapevoli della presenza divina. Quella luce, che appare luminescente, non lascia dentro alcuna pace, non dona alcuna serenità, non trasforma in gioia i nostri dolori. È la luce di questo mondo, che troppe volte viene da noi scambiata per luce divina, traendoci in inganno. LA VIA CHE CONDUCE A CRISTO La spiritualità e la salvezza sono riposte nel Vangelo, in esso troviamo ogni strada, ogni via che conduce a Cristo. Nel caos della modernità, dove si perde con facilità l’orientamento, persistono vie luminose, umili, semplici che conducono alla Chiesa fondata da Gesù; esse riportano alla fedeltà, aprendo i nostri gli occhi appiccicati e dissipando la nebbia che offusca la nostra vista impedendoci di vedere il terreno sul quale dobbiamo camminare per salvarci da noi stessi e da questo mondo. FIGLI DI CALABRIA I sentieri che conducono a Cristo sono immersi nella carità, nell’umiltà, nella semplicità e nella purezza di cuore. Oltre a sacerdoti e religiosi, che lavorano per la conversione, vi sono, tra i laici, persone che vivono la fede nella loro quotidianità, e con particolare zelo e devozione, avendo straordinari doni mistici. Una di queste è Caterina Bartolotta, anch’essa figlia della terra di Calabria. Una donna che vede la Madonna dall’età di circa dieci anni, e che, già da allora, ogni anno, durante la Settimana Santa ha le emografie, che mostrano scritte e segni che inducono a riflettere sulla reale presenza di Cristo, unica e vera speranza per l’umanità. Sul prossimo articolo: “Caterina Bartolotta, mistica calabrese”

Lamezia e non solo


Satirellando

L’invidia è una cosa di cui si parla tantissimo, al giorno d’oggi… Aleggia, impalpabile, su tutto e tutti, come una nebbia che non si dirada mai. A me fa alquanto ridere, perché denota l’umana debolezza, l’insoddisfazione e il bagaglio pesante che, spesso, il mondo si porta dietro, da secoli. Non importa essere ricchi, belli, colmi di tutto: l’uomo, per sua natura, vede sempre più verde l’erba del vicino e non vede l’ora di estirpargliela, perché crede, erroneamente, che quel vicino sia più felice di lui, perché non guarda mai se stesso e ciò che ha! L’invidioso per natura ci fa ridere, perché è un carattere da commedia: ridiamo alle invenzioni di Molière, di Goldoni, di Shakespeare che hanno esasperato, nei loro tipi, i più grandi difetti umani. Ridiamo persino dell’acrimonia di Dante, quando condanna le anime, nella sua Commedia! Chissà perché, l’Alighieri non mise gli invidiosi nell’Inferno, ma nel Purgatorio (Canto XIII)… Ma io, nella mia satira, non sono stata così buona! Ah, ah, ah!

GLI INVIDIOSI L’invidioso è un tipo scemo: se ha la barca, non ha il remo; se si tratta di invidiosa, la realtà si fa insidiosa! Ambedue, di pari passo, sono sempre al gran collasso, preoccupati di sminuire quelli che li fan svenire. Sono, spesso, assai venali: tipi alquanto materiali che, disattivata o più vicina allo zero, han ogni attività che riguardi il pensiero… Hanno un viso assai tirato che rivela il loro stato:

bile in preda all’itterizia, velata da falsa mestizia. Ognun di lor si sente sazio, se gli vien concesso spazio, se ci si mette ben da parte, perché vivan la grand’arte di poter bell’e trionfare, senza nulla meritare! Mai ho visto un’invidiosa essere lieta d’altrui cosa, mai incontrato un invidioso che fosse gaio, dolce, pacioso: intrappolati, come sono, in quella vita a forma di cono, con il vertice costante in basso:

perché non tollerano il sorpasso! Si senton sempre un gradino indietro, spirito fragile: come di vetro; son piccini e meschinelli: piccoli, storti, vuoti baccelli che, con affanno e alacrità, copron la loro mediocrità. Il buon Dante li relegò in Purgatorio con l’anima in fiamme da crematorio: ma io son più cinica ed estate e inverno, li farei marcire… proprio all’Inferno!

Le perle di Ciccio Scalise

APPOSTA AMICU MI VULIA BBIDIRI? “O CI1 e ffinarmenti, nù vecchjiu amicu ma ddiciutu, ntrà st’urtimi anni, un nn’amu vistu i nenti, e mmù ti viagnu truavu, tiampu und’ajiu avutu. Pirò ppimmu u sai, m’ajiu mpurmatu, di ogni ppirsuna chi ti canuscia, e ccù ognunu chi mè ccapitatu, t’ajiu mandatu i saluti mia”. “Grazzi, l’ajiu ricivuti, un tt’avia i disturbaci, ma iu ti l’ajiu tutti rinduti, Lamezia e non solo

ccù cchini ha bbinutu a mmi purtari.”

sugnu chjiumbatu”

“Sugnu daveru cuntiantu i ti vidiri, e ssugnu cchjiù ccuntiantu i t’abbrazzari, ti vulissi ccircari Cì, nù piaciri, chi sulu tu cridimi, mi pua fhari.”

“Propriu i chistu ti vulia pparrari, nù pocu i sordi mi sirbia, si tuni mi putia mpristari, ti turnava ccertu, cumu putia”.

“Dicimi, amicu mia, cci’ajiu diciutu, mà, criu cà sta vota sì, mmalucapitatu, fhorsi un ssai cà, t utti amicizzi ajiu pirdutu, e ccà a ddinari, di tantu tiampu

Amicu apposta era ccuntiantu cà m’avia bbidutu, mà di sordi chi mi divi a ttrent’anni, nenti mà ddiciutu. 15 novembre 2018

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 11


Il nostro territorio

Migni Mogni Un personaggio positivo, ‘Nntonariallu Puzuazu, vissuto negli anni dell’anteguerra e in quelli dell’immediato dopoguerra, fino al 1953, anno della sua morte. Era molto popolare tra i cittadini di Nicastro e il suo modo di rapportarsi alla gente: semplice, spontaneo, civile, amabile, sorridente, fu ricambiato da tutti i nicastresi con affettuoso rispetto ed amore. Nessuno si è mai sognato di prenderlo in giro o deriderlo. Eppure la sua presenza sul Corso Numistrano era costante, giornaliera. Quando giunse la notizia della sua morte, che con il passa-parola di quegli anni si sparse subito tra la gente, la sua scomparsa fu vissuta, per alquanto tempo, come la perdita di una parte della memoria collettiva e un disseccamento delle radici della città. Pertanto, chi abbia sentito parlare di Migni Mogni come lo “scemo del villaggio” ha avuto, evidentemente, delle notizie sbagliate da chi non lo ha conosciuto oppure ne ha sentito, a sua volta, parlare in modo affatto diverso dalla realtà e perciò infondato. Con questo articolo, che ho già pubblicato alcuni anni fa su di un altro giornale cittadino, mi propongo, come feci allora, di tratteggiare nei suoi giusti lineamenti il Personaggio Migni Mogni. Anche se, la poesia di Dario Galli, pubblicata a conclusione dell’articolo, lo fa in maniera magistrale. ******** Antonio Ficara era il suo nome, chiamato ‘Ntonariallu dai più anziani e dalle persone che usavano verso di lui quella benevolenza e carità cristiana che di solito si usa verso i meno fortunati e i miseri, ma tutti lo conoscevano per Migni Mogni. O, anche, come ‘Ntonariallu Puzzuazu, perché questa parola (puzzuazu) – che più che una parola era un’articolazione vocale che spesso gli usciva dalla bocca con un significato incomprensibile per tutti tranne, forse, che per lui – era l’unica che sapesse esprimere. Era nato sordo-muto, più muto che sordo, ritardato mentale e con qualche disagio psichico, menomazioni che lo rendevano inabile a qualsiasi tipo di lavoro. Il nomignolo Migni Mogni gli derivava dai suoni indistinti e sconnessi che lui stesso emetteva, non potendo articolare bene le parole. Unico figlio maschio, terzo di quattro figli, era nato nel 1908 in una famiglia povera, ma onesta; il padre Giuseppe Ficara, originario della provincia di Reggio Calabria, si era trasferito a Nicastro dove aveva sposato Giovanna Esposito, per tutti Angiluzza, donna buona e servizievole. Giuseppe Ficara faceva il capraio, pastore di poche capre, che di mattina portava in giro per le vie e i violetti del centro storico della città per vendere il latte a domicilio, emigrò anche per dieci anni in America per poter aiutare la famiglia, abitavano in un unico locale in via S. Francesco (ora via Raffaele Materazzo). ‘Ntonariallu nel piccolo ambiente di quel rione popolare era figlio di tutti; tutti infatti gli volevano bene per la sua indole mite e socievole, ma molti si burlavano di lui; per tanti diventava il trastullo e il passatempo.

tutte le processioni; non mancava mai sul Corso Numistrano, che in quell’epoca era il palcoscenico della città. Migni Mogni faceva parte della vita e del folclore di Nicastro. Trascorse così la sua giovinezza oziando e dispensando ingenui e tristi sorrisi alle signorinelle che passeggiavano sul Corso, senza mai però dar loro fastidio, circondato dall’affetto e dalla simpatia di tutti i nicastresi. Da un articolo pubblicato a cura del defunto prof. Antonio De Sarro su Città del numero di maggio 1988, traggo questo curioso aneddoto che mi piace riprodurre qui. “Si era in periodo elettorale. Dalla loggetta della Casa comunale stava parlando ad un nutrito uditorio un noto candidato della lista…..beh, lasciamo perdere!….. Quando in corrispondenza della chiesa di Santa Caterina, ch’è a poca distanza, si avvertì un vociare continuo. Era un secondo oratore che arringava da un altro palco? No. Era ‘Ntonariallu, che dopo aver salito la gradinata della chiesa, dal pianerottolo si rivolgeva, con il suo linguaggio sconclusionato, ad una folla che non c’era, ma che presto divenne numerosa perché la gente abbandonò colui che stava parlando in piazza F.sco Stocco e si riversò nell’altra parte per vedere cosa stesse accadendo. E quando ognuno scorse Migni Mogni, lo applaudì calorosamente con grida d’entusiasmo. Lui, ‘Ntonariallu, in quell’istante, era diventato importante; era, senza volerlo, il candidato principe di tutti…..” Morì ancora giovane il 15 dicembre 1953, dopo aver trascorso circa un mese a letto a causa di una caduta. Fu compianto da tutti, vi fu una gara di solidarietà. Il sig. Bruno Bertucci, noto commerciante della nostra città, volle offrire a Migni Mogni un loculo nel nostro cimitero. Con lui scomparve una figura caratteristica, il simbolo della estrema miseria, ma anche della ingenuità bonaria e senza malizia di una persona minorata, che niente aveva avuto dalla vita. Un suo ritratto rimase esposto per molto tempo dopo la sua morte nella vetrina della rivendita del sig. Antonio Mercuri (soprannominato Ciantuvinti) sul Corso Numistrano nella piazzetta di fronte alla Cattedrale, e forse quel ritratto ispirò i versi in vernacolo del nostro poeta locale Dario Galli, a perenne ricordo del simbolo di una infelicità umana che per un certo periodo di tempo ha caratterizzato la vita delle nostra città. Quando ‘Ntonariallu Puzzuazu era ancora in vita e gironzolava da mattina a sera per le strade di Nicastro, soprattutto sul Corso Numistrano, io ero adolescente di scuola media, ma lo ricordo proprio nel modo in cui, con lievi ed appassionate pennellate poetiche di grande efficacia, ne ha descritto l’immagine Dario Galli nella poesia che di seguito viene pubblicata. Il poeta lametino ha saputo tratteggiarne l’aspetto e la figura umana anche attraverso la descrizione del modo in cui ‘Ntonariallu Ficara andava perennemente vestito.

Era presente in tutte le feste di piazza, ai comizi elettorali, a pag. 12

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Migni Mogni di Dario Galli * Iu pàssu, ‘u jùarnu, e spàssu di ‘sta chjàzza, però cchjù nun t’affrùntu, o ‘Ntonariallu! Ti vìju sulamenti intra ‘u ritrattu Chi tèni “Ciantuvinti”: ‘u bbirrittiallu calàtu supr’à ‘rìcchji a ccajulìlla e lla visera a ffhurma ‘i ciaramìru; ‘u giacchittuni ‘nsinca alli dinòcchja; sbracatu ‘u pantaloni ssenza giru; ‘i scarpi scarcagnàti e lli quazìatti sculuriscìuti e ssenza cchjù ggarruni; ‘a scolla russa chi sapìa llu tìampu ‘i quando “Ciantuvinti” era gguagghjùni…. ‘Un ci lu fhai mò ‘nu pizzu-a-rrisu alla signurinella chi spassìjia…..! Di tìa mò resta ssulu ‘nu ritrattu chi dintra ‘i ‘na vitrina ridi e spìja……. ‘Nu ritrattiallu dintra a ‘nna vitrina, ccà, dduvi i vivi pàssanu fhumàndu…… ‘Na cruci ‘n terra dintra ‘u Campusantu, llà dduvi i muarti stànu ripusandu….. * Poeta lametino

Lamezia e non solo

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 13


Associazionismo

“La creatività femminile, la cultura dell’innovazione, motori di diverso sviluppo socio-economico”

Sabato 10 novembre, presso l’hotel Savant di Lamezia si è svolto il Convegno organizzato dalla sezione della Fidapa di Lamezia Terme sul tema nazionale, scelto e voluto fortemente dalla vice presidente nazionale, Cettina Oliveri, per il biennio 2017/19: ”La creatività femminile, la cultura dell’innovazione, motori di diverso sviluppo socioeconomico”. Dopo i saluti della Presidente di sezione, Enza Galati, della Presidente del Distretto Sud-ovest, Giuseppina Porchia e della vice Presidente nazionale, Cettina Oliveri. Di seguito riporto la mia introduzione all’argomento: Il tema della creatività è stato da sempre all’attenzione del pensiero filosofico e scientifico tanto che non riusciamo a dare una definizione universale e globalmente condivisa della creatività. Ciò è dovuto principalmente al fatto che tante sono le sue interpretazioni (Einstein collegava la creatività ad un “divertimento” dell’intelligenza; Freud coglieva nella creatività una forza motrice da parte di” desideri insoddisfatti”), ma soprattutto tante sono le sue applicazioni. La creatività di per sé incuriosisce e per certi versi affascina, perché è espressione della libertà di ideare ed immaginare. Essa consente di vedere al di là delle cose e

pag. 14

degli schemi razionali prestabiliti portando a connessioni inedite d inattese. Leonardo, genio del Rinascimento, vulcano di idee (basti pensare alle famose macchine), elaborava ed ideava. Egli riusciva a connettere le esperienze esterne con quelle del suo immaginario. Attento studioso, sperimentava e accumulava esperienze e conoscenze. Grazie al suo interesse in ogni campo (la sua curiosità),al suo essere libero da ogni schema prestabilito (la sua creatività), e alla sua conoscenza, riusciva a innovare in tanti campi di applicazione, dall’ingegneria, alla meccanica, all’idraulica, alle scienze naturali, all’urbanistica e nell’arte che riteneva essere uno dei tanti modi d’indagine, esperienza, conoscenza ma in un certo senso prevalente sugli altri perché il disegno lo riteneva “cosa mentale”, intellettuale e come tale strumento d’indagine valido in tutte le discipline. Tra le frasi più celebri di Steve Jobs ricordiamo: “Quando chiedi a una persona creativa come ha fatto qualcosa ,si sente un po’ in colpa perché non l’ha fatto sul serio, l’ha solo visto. Gli è sembrato scontato in un istante. E questo perché ha saputo collegare le proprie esperienze e sintetizzarle in un oggetto nuovo”. La creatività, quindi come capacità di mettere in connessione conoscenze acquisite, elementi preesistenti per generare oggetti nuovi, idee nuove, innovazione. Creatività intesa come l’atto per il quale viene posta in essere una qualsiasi cosa che non esisteva come tale, anche se ne erano già dati gli elementi costitutivi. In questo senso, l’artista, per antonomasia, è certamente un essere creativo poiché l’opera d’arte che egli crea è qualcosa che non

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

esisteva come tale prima della sua azione. Ma in questo senso, lo scienziato, il ricercatore, l’esperto di nuove tecnologie, quando introducono nuove scoperte o nuovi oggetti, di fatto mettono in atto quella stessa azione dell’artista, di porre in essere qualcosa che non esisteva come tale. Ma come poter chiedere all’artista, allo scienziato, al ricercatore, come ci è riuscito! Si può solo ammirare il valore del risultato! Oggi più di ieri sulla creatività si sta credendo ed investendo molto. Infatti, se non la sua definizione, ciò che oggigiorno è condiviso, è che la creatività è un capitale, non fisico ,ma umano. Ma cosa vuol dire esattamente capitale umano? Per chiarire il concetto, mi affido alle parole del professore Enrico Moretti (titolare della cattedra di Economia alla University of California di Berkeley) riportate in uno dei suoi articoli dal titolo “Il neolavoro - La creatività è il vero capitale-Le fabbriche si spostano o si svuotano. Conoscenza e talento generano reddito”. Articolo, tra l’altro citato anche tra le tracce del tema di italiano degli scorsi esami di maturità. Egli scrive.” Negli ultimi decenni gli Stati Uniti sono passati da un’economia basata sulla produzione ad una economia basata su conoscenza e innovazione. Il fattore produttivo essenziale sono idee nuove, prodotti nuovi, processi nuovi….Grandi aziende acquistano intere start up non per impadronirsi di nuovi prodotti o nuove tecnologie, ma per assumere le persone che le hanno ideate” Sempre Moretti considera: “Nell’Ottocento, quando Karl Marx scriveva il Capitale, il valore aggiunto della produzione industriale, nelle economie occidentali, proveniva principalmente dal capitale fisico, composto da macchinari e infrastruttu-

Lamezia e non solo


re……In anni recenti la competizione si è spostata a favore del capitale umano”. ….Ed infine Moretti conclude: “I luoghi in cui si fabbricano fisicamente le cose seguiteranno a perdere importanza, mentre le città popolate da lavoratori interconnessi e creativi diventeranno le nuove fabbriche del futuro”. Sempre Steve Jobs diceva: “assumere persone intelligenti per dargli ordini non ha alcun senso. Noi assumiamo persone intelligenti affinché siano loro a dirci cosa fare”. Ed Einstein in uno dei suoi aforismi affermava: “Un giorno le macchine riusciranno a risolvere tutti i problemi,ma mai nessuna di esse potrà porne uno”. La creatività, dunque, capitale umano, da riconoscere e alimentare, per innovare. Ma seppur dalla creatività non si può prescindere, in quanto propulsore per l’innovazione, al fine di concretizzare i risultati per uno sviluppo socio-economico, la si deve accostare ad un metodo. Scrive Georges Didi Huberman in: “La conoscenza accidentale”: “La doppia vita di ogni ricerca, il suo doppio piacere e il suo doppio dovere, starebbe in questo: non perdere la pazienza del metodo ,la lunga durata dall’idea fissa, l’ostinazione delle preoccupazioni dominanti, il rigore delle cose pertinenti; ma non perdere neppure l’impazienza o l’impertinenza delle cose fortuite, il tempo breve delle scoperte, l’imprevisto degli incontri, cioè gli accidenti di percorso. Oggi ho voluto raccogliere intorno allo stesso tavolo esempi diversi di applicazione della creatività: dalla ricerca scientifica all’arte, dal design alle start up. Ho voluto portare l’esempio aziendale e vorrei che l’argomento lo affrontassimo anche dal punto di vista pedagogico. Se poi la creatività sia un fattore di genere, lo lascio valutare a voi. L’accenno alla femminilità qui è dato dalla presenza di relatrici donne o dagli esempi che verranno riportati. Mi piace però notare come anche la creatività femminile, così come quella maschile, spazi in tutti i campi di applicazione, nell’arte e nel design, ma anche nelle scienze e nelle tecnologie. Da docente di Storia dell’arte, ahimè ormai in pensione, mi permetto infine di considerare che : l’arte, la filosofia, le materie umanistiche non sono secondarie rispetto alle scienze esatte. Sono il fondamento per la formazione della società e dell’individuo che non si basi solo su una fredda razionalità, ma che lasci spazio anche alla forza dell’immaginare e del creare. Ancora Einstein diceva: “ La creatività è contagiosa. Trasmettila”. Lamezia e non solo

Sono seguiti gli interventi dei relatori da me scelti per il loro spessore culturale e soprattutto perché giovani e per la maggior parte calabresi (mensilmente sarà pubblicata la relazione integrale di ciascuno di loro): FABIANA NOVELLINO, neurologa, ricercatrice presso l’Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche con sede nel Campus Universitario di Germaneto, responsabile di numerose linee di ricerca sulle patologie neurodegenerative, basate sull’utilizzo di tecniche di neuroimaging avanzata di tipo strutturale e funzionale; MICHELA MANFREDINI, architetto, designer ,dopo una breve esperienza come arredatrice è diventata consulente per Ikea come interior designer. Ha conseguito un master in Design Management allo IED di Milano. Dal 2013 lavora a Londra come Techical Design Manager per Smallbone of Devizes, che si occupa di produrre arredamento per il mercato del lusso e opera in tutto il mondo; FRANCESCO CALIMERI, ingegnere, professore associato presso l’Università della Calabria. Durante la sua attività di

ricercatore è stato coinvolto in diversi progetti di ricerca internazionale. Le sue attività di ricerca spaziano su diversi ambiti per lo più legati alla logica e intelligenza artificiale bioinformatica. Ha ricevuto il premio “test of time” dell’ICLP. E’ membro del team che ha progettato e sviluppato il DLV, uno dei maggiori sistemi di intelligenza artificiali basato sulla logica usato in tutto il mondo. Detiene diversi brevetti ed è amministratore delegato di DLV; TONINO SICOLI, critico d’arte, ideatore e direttore del MAON –Museo dell’otto e novecento (palazzo Vitari) di Rende. Ha insegnato Fenomenologia dell’arte contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro. Ha collaborato con Nicola Siciliani de Cumis, docente di pedagogia generale all’Università della Sapienza di Roma. Ha tenuto conferenze presso l’Ac-

cademia di Belle Arti di Brera a Milano. Tra gli artisti di cui si è occupato:Umberto Boccioni, Marcel Duchamp, Giorgio De Chirico, Mimmo Rotella, Alberto Burri, Jannis Kuonellis. E’ esperto dell’opera di Antonio Marasco, Enzo Benedetto e Achille Capizzano. Ultimamente, il 21 settembre scorso, a Milano presso la Fondazione “Stelline” è stata inaugurata una mostra composta da 35 opere del MAON di Rende insieme al pezzo forte che è un quadro di Boccioni dipinto nel 1908, inedito; PAOLA NANCI, ingegnere, è Application Architect per Konica Minolta dove è arrivata dopo aver lavorato per Leonardo, Thales ed IBA maturando esperienza in progetti internazionali per la raccolta e l’analisi di dati macchina in ambito trasporto(metropolitana di Londra e Dubai) e medicale (protonterapia per la cura dei tumori ) prima a Trento e poi in Belgio. Responsabile della soluzione tecnica del Worplace hub per l’healthcare, oggi lavora presso la Konica Minolta di Roma, una delle sedi europee dell’azienda, incentrata sull’innovazione; FILIPPO SILVA, ingegnere, strategy and technology manager, è responsabile del team di innovazione di Roma all’interno della ricerca e sviluppo di Konica Minolta. E’ arrivato a Konica Minolta dopo alcune esperienze in Nokia, Alcatel-lucent e Siemens. Focus primario odierno è la formazione di un team per la generazione di idee e prototipi per il supporto al business del futuro tramite algoritmi di intelligenza artificiale; MARIO CALIGIURI, è professore di prima fascia all’Università della Calabria dove ha promosso Master, corsi di luurea magistrali e laboratori sullo studio dell’intelligence. Ha insegnato alla Sapienza di Roma, alla scuola Nazionale dell’amministrazione e, attualmente, alla scuola superiore di perfezionamento della scuola di polizia. I suoi interessi scientifici riguardano la comunicazione pubblica, la formazione della élite e la società della disinformazione. Tra le sue pubblicazioni: “Il facilismo amorale”, “le conseguenze educative del 68”, “Aldo Moro e l’intelligence”, e, con Giorgio Galli,” Come si comanda il mondo-Teorie, volti, intrecci”. E’ stato per 20 anni sindaco di Soveria Mannelli e assessore alla Cultura della Regione Calabria. Autore di una breve storia della Calabria, è presidente della fondazione “Italia Domani” e della società Italiana di Intelligence.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 15


SI PUO’ E SI DEVE IMPEDIRE CHE PIOGGIA E CAMBIAMENTI CLIMATICI CONTINUINO A PROVOCARE PERDITE DI VITE UMANE di volume.”

Gli ingenti danni e la perdita di vite umane provocate dalle prime piogge dell’attuale stagione autunnale impongono a tutti il dovere di considerare seriamente le gravi condizioni di degrado del Territorio e i prevedibili effetti sulle aree e persone esposte ai vari rischi idrogeologici. Prevenire ed evitare la perdita di vite umane e attenuare i prevedibili danni per le inevitabili prossime piogge è possibile recuperando la memoria storica e utilizzando i dati, le nuove tecnologie e gli strumenti informatici e di comunicazione disponibili. In pratica, è possibile e si deve agire subito, senza aspettare la realizzazione delle pur necessarie e costose opere di difesa del suolo e di risanamento del diffuso degrado idrogeologico dello stesso Territorio. Riguardo i dati sulla diffusione e gravità del dissesto idrogeologico e delle aree esposte a rischio frana e alluvione anche nei centri abitati esiste dal 2001 dettagliata documentazione nelle varie Carte del Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico (PAI) disponibili in tutti i comuni e, tra l’altro, a corredo dei Piani di Emergenza Idrogeologica e di Protezione Civile. Com’è noto in tutti i comuni della Regione sono state individuate aree a rischio idrogeologico che complessivamente nel 2003 comprendevano: 502,7 chilometri quadrati di superfici alluvionabili e 664 chilometri quadrati di aree franabili. E, nella sola Provincia di Catanzaro: 95 chilometri quadrati di superfici esposte ad alluvione e 125 Kmq di superfici franabili. D’altra parte sono da considerare gli innumerevoli casi di alluvionamenti e frane sia degli ultimi anni sia del passato con le distruzioni e i morti descritti nei libri di storia e pubblicazioni scientifiche che riguardano il nostro territorio. Così come sono da considerare i dati riportati nella mappa “Valutazione delle Piene in Calabria” redatta nel dicembre 1987 dall’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica di Cosenza e dal Gruppo Nazionale per la Difesa Catastrofi Idrogeologiche. Ancora più significativa, per comprendere la diffusione delle aree a rischio inondazione, è il Foglio di Nicastro della Carta Geologica della Calabria, pag. 16

redatta prima delle opere di bonifica della Piana, con l’indicazione delle conoidi di deiezione cioè degli accumuli di massi, ciottoli, ghiaia e sabbia trasportati dai corsi d’acqua in occasione delle loro frequenti alluvioni. Uno stralcio della stessa carta Geolitologica riguardante la zona della tragedia dei tre morti dell’ottobre scorso è riportata nella figura 1 dove sono riportate le aree interessate dagli eventi alluvionali del passato (Detriti dei coni di deiezione, in legenda indicati con pallini di colore rosso) e le alluvioni fluviali più recenti indicate in legende di colore bianco). Le stesse conoidi formate dalle alluvioni del passato sono diffuse su gran parte delle aree subpianeggianti dei centri abitati del lametino e la loro rilevanza è evidenziata nella più importante opera scientifica sui caratteri geologici ed evolutivi del territorio regionale dell’ing. E. Cortese dove, tra l’altro, si legge: “Meglio che negli alvei dei torrenti, la rovina delle montagne e le frane dipendenti dai disboscamenti si apprezzano esaminando i coni di deiezione lungo le spiagge. Il disboscamento delle pendici del Reventino e del Mancuso ha portato lo scoscendimento di esse, e i fiumi hanno portato già tali accumuli di detriti da produrre rovine immense. Il torrente Piazza minacciava Nicastro, che era difesa da un enorme bastione rivestito di pietrame, e una notte, scendendo impetuoso, distrusse il sobborgo detto Terra Vecchia, accumulandovi contro detriti fino all’altezza del primo piano, e fra i detriti, dei blocchi di 6 metri cubi GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Da considerare sono inoltre i risultati delle indagini delle Commissioni Lavori pubblici, Comunicazioni e Agricoltura della VI legislatura del Senato sui “Problemi della difesa del suolo” dove si legge: << un esame anche sommario delle aree minacciate dimostra, d’altronde, come su di esse si concentri una parte molto cospicua della popolazione, della ricchezza e del potenziale produttivo. Il fatto stesso di essere in pianura, più vicine al mare, meglio servite dalle vie di comunicazioni, sedi talvolta dei più antichi e illustri insediamenti urbani, ha facilitato in passato e facilita tuttora la concentrazione in queste aree delle attività umane e degli investimenti privati e pubblici. Ogni anno che passa, pertanto, accrescendosi la consistenza e il valore delle ricchezze situate nelle aree minacciate dalle alluvioni, cresce la potenziale entità dei danni che le alluvioni possono arrecare. Gli eventi alluvionali, d’altra parte, traggono origine e assumono diversa gravità in relazione allo stato di dissesto in cui si trovano gli alti e medi bacini dei corsi d’acqua. Avendo alle spalle decenni di irrazionale utilizzazione dei terreni montani e collinari e di sporadica e discontinua azione diretta a contrastare i fenomeni del loro dissesto, la minaccia a monte è venuta ognora crescendo con ritmo ancora più celere da quando l’esodo delle popolazioni montane ha indebolito e diradato la difesa, che nel proprio interesse, gli uomini opponevano in passato al dissesto stesso. Ogni anno che passa, pertanto, accrescendosi il dissesto degli alti e medi bacini dei corsi d’acqua, la minaccia alluvionale diventa più grave e rovinosa.>> I dati e le cartografie sopra richiamati, spesso ignorati nella scelta dei tanti siti utilizzati per insediamenti urbani, turistici, industriali, ed importanti reti viarie ed aeroportuali, non possono continuare ad essere sottovalutati nei Piani di Lamezia e non solo


proponevano piani e interventi come ad esempio:

Emergenza Idrogeologica e di Protezione Civile e nelle relative procedure di allerta. Riguardo le attività necessaire per un’efficace azione di prevenzione ed educativa finalizzata alla messa in sicurezza per prevenire la perdita di vite umane è indispensabile far conoscere a tutti i contenuti dei Piani comunali di Emergenza Idrogeologica e di Protezione civile ed effettuare continue esercitazioni nelle scuole, nei luoghi di lavoro e in ogni nucleo urbano esistente. Un buon Piano di Protezione Civile, a differenza degli interventi e opere di difesa del suolo e per la messa in sicurezza del Territorio, può essere predisposto in tempi brevi e costi irrisori anche nei comuni dotati di bilanci con poche disponibilità finanziarie; e sarà tanto più utile ed efficace per ridurre i danni quanto più sarà aderente e rispettoso delle indicazioni contenute: nelle dettagliate Linee Guida per la pianificazione comunale di emergenza di protezione civile e in particolare nella Direttiva sul Sistema di allertamento per il rischio idrogeologico ed idraulico in Calabria (Delibera G.R. n. 172 del 29 marzo 2007) e nel manuale operativo per la predisposizione di un piano comunale o intercomunale di protezione civile. Le necessità delle attività di prevenzione e delle opere di risanamento sono da realizzare con urgenza anche in considerazione del cambiamento climatico in atto ma ignorato o sottovalutato da classi dirigenti locali e nazionali. Cambiamento che non è stato e non è ignorato da Papa Francesco che, come riportato nella figura 2, ha fatto sentire la sua voce alla vigilia della nota Conferenza sul clima di Parigi. Una voce autorevolissima che ha evidenziato come “sarebbe triste e perfino catastrofico che gli interessi privati prevalessero sul bene comune e arrivassero a manipolare le informazioni per proteggere i loro progetti»; e sottolineato: «Il clima è un bene comune, di tutti e per tutti e i cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità»

- aumentare le emissioni di CO2 in modo da rafforzare l’effetto serra; - costruire una diga in cemento tra Groenlandia e la Norvegia;

superfici antropizzate ed urbanizzate sepolte da vari metri di sedimenti alluvionali e Dune che documentano l’alternarsi di periodi più freddi e più caldi rispetto all’attuale. D’altra parte, e per come ampiamente documentato dalla storia della Terra e dell’Uomo, va considerato che dall’origine della Terra e dalla comparsa dell’Uomo sullo stesso Pianeta, non c’è mai stato l’<<equilibrio climatico>> in nessun luogo dello stesso Pianeta. Sono invece sempre più numerose e dettagliate le conferme scientifiche sulle variazioni e oscillazioni climatiche con l’alternarsi di periodi più caldi a periodi più freddi. In particolare su quelle avvenute negli ultimi mille anni. È da ricordare, inoltre, che negli anni sessanta i climatologi, in considerazione dell’accertata crescita dei ghiacciai in tutto il mondo e dei risultati di altre ricerche ecologiche, erano ossessionati dall’idea che una nuova glaciazione fosse imminente. E che nel 1978, per fronteggiare il temuto raffreddamento globale (Global Cooling), il Congresso degli Stati Uniti lanciò un programma nazionale sul clima da realizzare tra 1980 e 2000. E forse stupirà qualche giovane lettore apprendere che durante la Presidenza Nixon gli “esperti” e i militari americani per contrastare il raffreddamento globale

- riscaldare la Groenlandia con appositi reattori nucleari o, in alternativa, sciogliere il ghiaccio dei poli con bombe all’idrogeno; - costruire una diga per sbarrare lo stretto di Bering, tra Alaska e Siberia al fine di regolare il clima mondiale. Negli ultimi decenni, molti climatologi e membri del Gruppo Intergovernativo Cambiamenti Climatici e l’IPCC (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico) prevedono invece un progressivo aumento della temperatura e di conseguenza un possibile aumento del livello dei mari come già accaduto nel passato. Sempre negli Stati Uniti d’America alcuni centri di studi sul clima ipotizzano ed elaborano mappe ottenute dalla simulazione di scenari con l’innalzamento del livello dei mari a seguito di eventuali aumenti della temperatura. Nella Figura 3 è riportato un esempio di queste simulazioni, in corrispondenza della fascia costiera del Golfo di Sant’Eufemia, con le aree invase dalle acque per innalzamento del livello del mare a causa di eventuali aumenti della temperatura di due e quattro gradi centigradi. Geologo Mario Pileggi del Consiglio Nazionale Amici della Terra

Queste rilevanti implicazioni determinate dalle variazioni climatiche degli ultimi millenni emergono dalle sempre più avanzate ricostruzioni delle dinamiche evolutive del paesaggio e degli antichi insediamenti antropici delle fasce costiere del Mediterraneo e anche del Golfo di Sant’Eufemia dove esistono varie Lamezia e non solo

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 17


“Contemplazione filosofica.

Teoria e tecniche del Contemplativo” di Ran Lahav prefazione e traduzione di Filippo D’Andrea (ultima parte) Scrive il filosofo israelo-statunitense: “Il ruolo della filosofia nella consulenza filosofica è aprire il consultante agli orizzonti onnicomprensivi di significato che costituiscono la nostra realtà, cioè a dire alla saggezza”:1 un po’ come la metafora della caverna d Platone che indica la luce esterna come fine e fonte di liberazione e di salvezza, ovvero di pienezza d’esistenza. “La ricerca della saggezza, – afferma Lahav – per sua essenza, non si svolge all’interno dei confini di una sola immagine della realtà ma è piuttosto un dialogo con la rete infinita di idee e di prospettive che sono intrecciate nel regno dei modi potenziali di essere”.2 Per una più autentica autocomprensione di sé, per paradosso, si può cercare anche fuori da sé, anzi è chiave di volta radicale. La lettura dei testi antichi e moderni consente di arricchire la propria vita in saggezza, senso e luce. Il filosofo terapeuta fa affacciare il consultante oltre i confini di sé, ciò che non è nell’epistemologia della psicoterapia. “L’autoindagine è un processo in cui la persona va oltre le proprie preoccupazioni egocentriche e i propri interessi particolari per aprirsi agli orizzonti infiniti di potenziale comprensione delle basi del nostro essere. Essa è un dialogo con la rete infinita delle idee che sono intrecciate nella vita e ci fanno scoprire le fibre della realtà alla base della vita stessa”.3 I passi della consulenza filosofica Ran Lahav individua cinque gradi della Consulenza Filosofica naturalmente non indicandoli come scala rigida ma basandoli sul principio di realismo che emerge dalle persone e dai problemi, precisamente nello sforzo di “intrecciare profondamente il pensiero astratto con l’effettiva esperienza quotidiana”.4 Ascolto della narrazione biografica Ogni serio percorso di counseling, di terapia, di cura5, (intendendo queste categorie nella pluralità complementare in un certo senso achenbachiana ma di un unico orizzonte epistemologico vicino al convincimento lahaviano) parte dalla parola del consultante che si racconta in modo spontaneo e comunica se stesso, il suo mondo, il suo dilemma, i suoi problemi. Il filosofo consulente lo ascolta per raccogliere le prime informazioni, ed in questo solco stabilisce un primo rapporto di fiducia 1 Ibidem, p. 64. 2 Ibidem. 3 Ibidem, p. 67. 4 Ran Lahav, Introduzione, in Autori Vari, Filosofia praticata. Su consulenza filosofica e dintorni, Di Girolamo Editore, Trapani 2008, p. 8. 5 La filosofia come cura viene trattata in maniera interessante da Shlomit C. Schuster, La pratica filosofica. Una alternativa al counseling psicologico e alla psicoterapia, Apogeo, Feltrinelli, Milano 2006, in particolare nel capitolo dal titolo: Cura filosofica, pp. 85-138.

pag. 18

e di simpatia. Nel corso della seduta propone interrogativi con la dovuta delicatezza per aiutare il consultante a comprendere meglio e più approfonditamente. Mentre si raccolgono gli elementi biografici si organizza un primo quadro di conoscenza, magari focalizzando il problema che si chiede di affrontare. Naturalmente, negli incontri successivi la struttura informativa sul consultante si arricchisce e si affina. Quindi, la prima fase è di descrizione ed organizzazione. Configurazione della questione filosofica Nel secondo momento si affronta l’itinerario di comprensione delle motivazioni del dilemma, magari integrando e spiegando, e cercando di tracciare le connessioni coi valori e i principi di riferimento personale del consultante che sono i segnali d’orientamento della propria esistenza. Si avvia un percorso di ri-comprensione, ri-elaborazione e ricostruzione della propria visione del mondo, mentre si focalizza il problema presentato. Naturalmente, s’inizia ad intuire lo stacco tra l’apparato teorico di riferimento e quello realmente seguito e vissuto, anche distinguendo la dimensione della razionalità e quella dell’emozionalità, incominciando a tracciare la visione del mondo attraverso una riflessione analitica e facendo emergere la “filosofia di vita” del consultante. Il dialogo, quindi, si alza di livello sul pensare esistenziale ed il filosofo terapeuta immette spunti e spinte per proseguire nel cammino sul piano dei significati, rispettando ritmi e affiancando il consultante sulle sue indecisioni e resistenze. ” In questo itinerario di scoperta della visione del mondo e di sé, il filosofo si qualifica “compagno di viaggio” o, come dice Achenbach, “istruttore di navigazione”, perché il percorso lo traccia il navigante e non l’istruttore che lo affianca. Elaborazione filosofica del dilemma Nel terzo momento si procede all’approfondimento filosofico del problema che viene facilitato se il filosofo consulente inserisce un andamento dinamico al dialogo e nella massima prossimità, cioè portandosi il più vicino possibile al livello del consultante. Analisi del tema filosofico presentato dal consultante Nel quarto momento si torna alla concretezza della questione posta dal consultante e s’incomincia a guardare, attraverso l’elaborazione filosofica svolta, la vita globalmente intesa per esaminarla, rielaborarla, discernerla, arricchirla. Emerge così, con consapevolezza, la sua filosofia di vita, rivista perché pensata. Costruzione di una personale risposta al tutto GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Q u e s t a quinta fase inizia nelle s e d u t e conclusive della consulenza filosofica e può prosegue per sempre, nel senso che dalla presa di coscienza di una propria filosofia di vita, si vive con maggiore consapevolezza giacché si pensa la propria esistenza facendo costante discernimento. E questo si auspica diventi dimensione permanente. La consulenza filosofica volge al termine ed il consultante riprende la sua vita ordinaria con maggiore chiarezza interiore. Si arriva alla conclusione dell’itinerario del dialogo filosofico per dilemma risolto anzi dissolto, giacché al consultante sono aperte nuove vie, o perché continuare con una presenza filosofica forte lo sfiancherebbe oppure perché si sente capace di proseguire con questo acquisito patrimonio di saggezza. Conclusione La filosofia della cura è un dialogo ampio, profondo e alto sui territori dell’intelligenza emotiva, fatta di aneliti, atteggiamenti e scelte, attese e comportamenti ma anche di saggezza spirituale costruita sulla fede e sul senso di trascendenza, di coscienza morale e di concreti nuovi stili di vita. Si assume dunque “la filosofia come maniera di vita”.6 Il filosofo terapeuta si muove nella dimensione del pensiero puro offrendo un dialogo di senso e di saggezza lontano dalla psicologizzazione dell’esistenza come scavo del passato o ricerca di cause inconsce. Egli cerca, invece, di accompagnare il consultante nella ricerca della sua rete di significati, per dare vita alla ri-significazione dell’esistenza attraverso un approccio olistico ed arricchendo la sua personale visione globale del mondo. In ultima analisi, infatti, Ran Lahav afferma: “L’obiettivo della consulenza filosofica è quindi aiutare i consultati a esporre e a chiarificare la rete di concetti e di idee che soggiace agli aspetti rilevanti delle loro vite: analizzare i concetti base che caratterizzano i loro diversi atteggiamenti, scoprire ed esaminare i presupposti celati nei loro modi di vivere, esplorare le interconnessioni concettuali o in breve analizzare la filosofia di vita che la persona sta vivendo”.7 Sentimenti di gratitudine per il confronto continuo e faticoso sulla mia versione in italiano vanno alla dottoressa Donatella Villella.

6 Pierre Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, Einaudi, Torino 2005, pp. 155-167. 7 Ran Lahav, La ricerca filosofica come ricerca della saggezza, in Comprendere la vita, p. 59.

Lamezia e non solo


IL 13 DICEMBRE CONCERTO DEGLI ARANGARA AL TEATRO COMUNALE DI CATANZARO CON LA PRIMA DEL NUOVO ALBUM

“ANDREA E LA MONTAGNA”

Sarà presentato in prima assoluta il prossimo 13 dicembre alle 21, con un concerto al Teatro Comunale di Catanzaro, “Andrea e la montagna”, il quinto album degli Arangara di Gianfranco Riccelli. L’evento è organizzato nell’ambito del Festival “Fatti di Musica” di Ruggero Pegna in collaborazione con “Vacantiandu - Teatro Città” dei “Vacantusi”, “La Calabria è talento” di “ArtMusic&Co”, Assessorato al Turismo e Spettacolo del Comune di Catanzaro. Il gruppo calabrese di musica d’autore apprezzato da alcuni dei più grandi cantautori italiani, da Francesco Guccini agli indimenticabili Pierangelo Bertoli e Claudio Lolli, torna dal vivo con il nuovo album e la formazione storica: Gianfranco Riccelli, voce, chitarra acustica, mandolino e armonica, Filippo Scicchitano, basso e contrabasso, Celeste Iritano, voce e percussioni, Valeria Piccirillo, violino, Salvatore Servino, batteria, Maurizio De Paola, pianoforte e tastiere, Giovanni Romeo, chitarra elettrica. “Andrea e la montagna”, prodotto da Elca Sound, contiene nove brani, tra cui la cover di “Ho visto anche degli zingari felici”, in omaggio a Claudio Lolli, scomparso lo scorso agosto a 68 anni, e quella dell’allegra “Smommulando”, canzone tratta dall’album Petipitugna del salentino Mino De Santis. Quattro i brani scritti da Gianfranco Riccelli. A completare l’album, anche tre autentiche gemme: “Un servo e un Cristo”, che si rifà ad un’antichissima canzone siciliana di Leonardo Vigo, dal titolo originale “Lamento di un servo ad un Santo crocifisso”, pubblicata nel 1857 in una raccolta di canti siciliani, e due brani su testi dello scrittore e umorista Stefano Benni: “Cometa” e “Ingorgo d’amore”. Formato nel 2005 a Bologna da Gianfranco Riccelli, che è voce e autore della maggior parte dei pezzi, gli Arangara si sono imposti all’attenzione di critica, media e pubblico, per i connotati tipici della più autentica scuola cantautorale italiana, impregnata di nuove sonorità, citazioni illustri, impegno sociale e, al contempo, con evidenti richiami alla musica popolare tradizionale. Gli Arangara ottengono consensi già all’esordio grazie, in particolare, all’intreccio di voci e suoni, alla vitalità degli arrangiamenti e alla forte presenza scenica dei musicisti, capaci di creare uno spettacolo di forte intensità, arricchito dall’originale presenza della danzatrice. Vantano partecipazioni a varie ‘compilation’, unitamente a Teresa De Sio, Simone Cristicchi, Eugenio Finardi, Mau Mau, Van de

Lamezia e non solo

Sfross e molti altri big della canzone d’autore. Convinto e incessante l’impegno sociale del gruppo: dalla partecipazione al cd con annesso libro ‘Musiche contro le mafie’, all’organizzazione del “Teatro-Canzone”, finalizzato alla raccolta di fondi per la costruzione di una scuola a Lakka, in Sierra Leone. Questo progetto è stato anche portato in tour in Italia ed in Europa con Carlo Lucarelli, con cui hanno anche collaborato allo spettacolo Giornata della Memoria. Numerosi i riconoscimenti ottenuti in questi anni, dal prestigioso “Demo Award” nella finalissima del 2010 di “Demo” di Rai Radio1 di Michael Pergolani e Renato Marengo, come miglior gruppo etno-autorale italiano, al Premio “Una canzone per Bologna” con il brano “Lucio” nel 2013. In questi anni, il gruppo si è fatto conoscere e apprezzare anche all’estero, dove ha fatto registrare continui sold out dalla Germania al Canada. Il booking dei concerti della band è curato dalla Show Net di Ruggero Pegna. Il concerto del prossimo 13 dicembre è ad ingresso gratuito. Consigliata la prenotazione del biglietto-invito presso la biglietteria del Teatro Comunale di Catanzaro o la segreteria dell’Associazione “I Vacantusi” di Lamezia Terme (tel. 0961741241 – 096823564 3471310708).

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 19


Sport

Valore d’uso della figurina La nostra classe, una gloriosa terza ginnasale, era divisa, in sostanza, in due logge separate irreparabilmente da una diversa concezione dell’uso del bene principe, la figurina 11 riccetto.infatti capitanava la schiera dei mercanti del tempio, torbide figure di profanatori della sacralità dell'immagine dei beniamini della pelouse. Le belle foto, a colori, che ritraevano i giocatori sorridenti e freschi venivano utilizzate come merce di scambio. Aveva ragione Carlo Marx nel libro primo del Capitale: «La sua merce non ha per lui nessun valore d’uso immediato. Altrimenti non la porterebbe al mercato. Essa ha valore d’uso per altri. Per lui, immediatamente, essa ha il valore d’uso di essere depositaria di valore di scambio, e così d’essere mezzo di scambio». In realtà, il riccetto, si proponeva l’obiettivo di utilizzare le sue particolari capacità di gestione del processo di scambio allo scopo di realizzare forme di plusvalore (i doppioni, i triploni) e, inultima analisi, per affermare, attraverso il primato nel completamento della collezione, la sua leadership sui tapini che, come salariati, si sforzavano di portare frutti del loro lavoro, come le «rarissime», ad un padrone che li sfruttava selvaggiamente. Noi, d’altra parte, coltivavamo la teoria, e la pratica, della collezione delle figurine come strumento di comunicazione, sfida del destino, occasione per l’immaginario. In primis la figurina consentiva di universalizzare la conoscenza del volto degli atleti, delle note biografiche, dei curriculum professionali. Intereculture calcistiche si sono costruite sugli album regalati promozionalmente dagli edicolanti. Essi erano l’unico strumento per disporre della conoscenza, visiva, dell’intero mondo del calcio, dei .suoi volti, dei suoi numeri, della sua cronaca. pag. 20

L’album e le figurine erano, per noi, una vera enciclopedia nel senso descritto da Diderot: «Enciclopedia, questa parola significa concatenazione di conoscenze; è composta dalla preposizione greca en (in), e dai sostantivi kùklos (circolo) epaideia (conoscenza). In effetti lo scopo di una enciclopedia è di unificare le conoscenze sparse sulla faccia della terra; di esporne il sistema generale agli uomini con i quali viviamo, e ditrasmetterlo a quelli che verranno dopo di noi ». E, le bustine delle figurine, in realtà, altro non erano che le dispense della nostra enciclopedia di conoscenze, del nostro strumento di comunicazione. Ci piaceva, inoltre, sfidare il destino e il calcolo delle probabilità. La figurina rara doveva essere trovata nella bustina chiusa, non altrove. Ottenerla in un oscuro scambio sottobanco significava riconoscere la propria sfortuna e la propria incapacità, ammettere di aver perso. Dovunque, la gente si incontra e, talvolta, si incontra proprio per glossare questa o quella squadra, questo o quel calciatore. I bar, i barbieri, i ristoranti che svolgono la funzione di «botteghe» delle opinioni e nei quali gestori appassionati conducono o punteggiano la discussione, sono in realtà, locali che si sono dotati di una identità, di una riconoscibilità. Il che, come dicono i più elementari studi di marketing, non è poco di questi tempi. Luoghi di tifo, di discussione tecnica. Luoghi del calcio. Come uno stadio di periferia o una spiaggia al tramonto, un campetto per ragazzio lo stadio olimpico. Per chi ama, davvero, il calcio il rito si può iterare e trasferire. Cambia connotati, significati, intensità ma non perde il suo fascino complesso, la sua intricata bellezza.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Sport

Stagione esaltante per il giovane velocista lametino

Pasquale De Fazio

Si è appena conclusa la stagione sportiva 2018 che ha visto protagonista in campo regionale e nazionale il velocista lametino Pasquale De Fazio della società sportiva Atletica Amica. Dopo le corse campestri che a sorpresa hanno visto il lametino sempre sul podio con la sorprendente convocazione nella rappresentativa regionale cadetti partecipante alla finale nazionale cadetti di corsa campestre a Gubbio. Nel suo primo anno di attività su pista il cadetto De Fazio seguito dal Prof. Gaetano Felicetto ha centrato tutti gli obbiettivi programmati. Realizzando un ottimo 39”00 nei 300 metri piani e 9”67 negli 80 metri piani e metri 5,15 nel salto in Lungo( campione provinciale giochi sportivi studenteschi e finalista regionale) Vice campione regionale sia negli 80 metri che nei 300 metri. Nel mese di Giugno a partecipato Roma al trofeo Bravin doppiando le distanze di 80 e 300 metri. Ha ottenuto un meritato sesto posto negli 80 metri che gli ha permesso di salire sul podio insieme ai migliori velocisti a livello nazionale Nei 300 metri si è preso il lusso ( alla sua prima gara sulla distanza) di vincere la sua serie e di realizzare con il tempo di 40” 58 la migliore perfomance regionale. Con la rappresentativa regionale ha partecipato in provincia di Avellino (Ariano Irpino) ad un trofeo nazionale per rappresentative regionali correndo gli 80 metri e ottenendo un meritato terzo posto nella staffetta 4x100. Al trofeo Musacchio – Isernia- in una selezione regionale ha corso i 300metri e la staffetta 4x100 E’ campione regionale nella 3x1000 con Atletica Amica e medaglia di bronzo nella 4x100. Secondo classificato negli 80 metri al meeting della città di Cosenza. Lamezia e non solo

Doppia medaglia d’argento al meeting di Caserta negli 80 metri e nella staffetta 4x100 insieme ai compagni di squadra, Zaza, Miffai, Muraca, De Fazio. Infine è stato selezionato dal comitato regionale per partecipare ai campionati Italiani cadetti che si sono svolti nella città di Rieti correndo come gara individuale i 300 metri dove nonostante le imperfette condizioni fisiche è riuscito ad migliora il suo primato personale abbassandolo a 39 secondi netti e correndo una frazione nella 4x100 della squadra regionale. Ha partecipato ai vari raduni tecnici indetti dal comitato regionale calabro di Cosenza, Siderno e Reggio Calabria. Un leggero infortunio l’ha tenuto lontano dalle piste per un mesetto. Ha appena iniziato la preparazione del suo secondo anno di attività che passando di categoria lo vedrà di sicuro protagonista nella stagione 2019 nella categoria allievi, dove sicuramente farà parlare di se nelle specialità dei 100 m, 200 m e 400 metri. A Pasquale per la sua prima brillante stagione sportiva, per i risultati raggiunti e con l’intento di continuare a brillare in uno sport individuale non facile vanno, i complimenti del suo allenatore prof Gaetano Felicetto e di tutto lo staff tecnico della Società Sportiva Atletica Amica.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 21


l’angolo di tommaso

Non si può sentire ... Non si può sentire: che bello, bellissimo, meraviglioso... il vuoto davanti alla visione di un’opera d’arte. La mancanza di una educazione alla bellezza. Vi siete mai trovati ad ascoltare questi commenti in un museo? Praticamente i “che bello, bellissimo, meraviglioso” si sprecano come l’acqua calabrese si spreca a cause delle sue obsolete condotte idriche. Praticamente è il vedere il niente, una visita sprecata, l’annientamento totale di un museo. Orfani del Sublime Kantiano, del Winckelmann, del Pittoresque, subiamo la recita di aggettivi generici. Par di vedere il disappunto dei dipinti, ma dove siamo capitati, sussurrando tra loro, sicuramente di notte potremmo sentire le loro risate per il “nulla” ascoltato durante il giorno. Logicamente siamo lontani dal nulla eterno foscoliano,

pag. 22

ci mancherebbe! Educazione alla bellezza dell’anima, dell’arte, della letteratura, no no solo cultura posticcia, rammendata, festival della superficialità. Neanche la Sciarelli di “Chi l’ha visto” potrebbe aiutarci a ritrovarla. Bello bellissimo meraviglioso

Secondo me ... Ho un grande rispetto nei confronti della Storia, ne comprendo l’importanza formativa, la completezza, il valore culturale indiscutibile. Coltivo la passione per la Storia da sempre. Comprendo la società di oggi perché conosco il passato, attraverso la Storia si può essere veggenti. Ma quanti strafalcioni in tanti dibattiti televisivi e non, quanti causa-effetto errati ci tocca ascoltare da “storici” im-

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

provvisati, politici “bloccati” dalle ideologie, soubrette in cerca di visibilità. Ed ecco parallelismi tra le migrazioni nei secoli, mancanti di nesso logico, anzi, diciamolo pure, sbagliati per non conoscenza dell’argomento. Stendiamo un velo pietoso su giovani “televisivi” i quali ti rispondono che il 25 aprile ricorre il giorno di Pasqua! Eppure in questo clima di pseudo democrazia tutti vogliono dire la loro opinione, tutti vogliono esprimersi senza conoscere l’argomento in nome di un “Secondo me” che ormai non si nega a nessuno. Ma di studiare un po’ neanche a parlarne. Perché perdere questo tempo? Le sei lezioni sulla Storia di Carr prima o poi consumeranno la loro vendetta...

Lamezia e non solo


poetando

Le mie poesie Adamo & Dintorni

Tra mani unte col danaro lavate che grondano sangue e fingon sudore della gente ch’è oppressa e di quella che muore per gli interessi dei nuovi giudei sempre più ipocriti farisei che dopo aver spinto senza ritegno nella cruna dell’ago il loro cammello indossano guanti, cravatta e cappello e come Pietro osan negare anche se il gallo s’è messo a cantare. Tra chi come Eva, la mela , il serpente, non crede più in Te, non crede più in niente; nemmeno all’agnello che hanno immolato su quell’altare ch’è sconsacrato perché è l’altare di quella vita spacciata per tale ed invece subita in cui serve porgere l’altra guancia a chi la percuote già con violenza. Tra chi pensa che vita non valga pensiero perché è solo un rigagnolo prosciugato dal sole dove l’alba che nasce la sera poi muore senza che a questa succeda l’aurora ed è per questo un gioco sleale dove l’uomo è ingannato e finisce in oblio ed allora non serve avere un Dio se non a imprecarlo come faccio io che getto reti che non sanno pregare perché imporre la vita e celarne il destino è dare una lenza ma priva di amo, è dare una barca e negarne poi il remo. Tra chi nei paraggi confuso s’aggira tra ombre furtive e luci violente, onde impotenti che scoglio infrange, profumi orientali e odore d’incenso, pensieri celesti e speranze profane,

col solo coraggio della sua fantasia, in mutilata memoria dei colori di ieri oggi vestiti solo di nero, il colore rimasto dopo l’arcobaleno, da quando il buio, trovandolo solo, ne fece un angelo caduto in volo su spogli selciati dal sangue arrossati, levigati dai lutti e dal pianto lavati, dove restan l’incenso e le promesse di cera bruciate dall’ alba e che accendiamo ogni sera chiedendo il diritto al nostro riscatto di marionette date in affitto ad astuti mercanti d’un falso sermone che fanno del nostro un mondo in cartone dov’anche il segno di Croce ch’è per tanti è il loro retaggio resta oppio dei popoli e non diventa coraggio. Tra chi dice che l’isola di latte e di miele non la conosce ma comunque ci spera e del suo dubbio ne ha fatto preghiera che al suo aquilone affida ogni sera perché volando nel cielo più ardito, senza paura di fare peccato, veda se l’isola fin qui’ raggiunta è un’isola vera o solo presunta, s’è meta comunque del Tuo stesso amore questo approdo che sembra altrove ma ch’è sempre e comunque alla destra dell’Uomo cui batte il polso oltre che il cuore, dove egli vive e dove egli muore. tra spazio e tempo finito: nei dintorni di Adamo e del frutto proibito. Tra chi dopo un anno, una vita ed un giorno che l’aquilone non fece ritorno, vive distratto nella sua storia ch’è solo una pagina ripetuta a memoria dove anche il cero che aveva acceso fini’ consumato e non fece più luce

Testata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 26°- n. 48 - novembre 2018 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 -

Lamezia e non solo

e non vuol ripetere l’umana follia di chi già cittadino di utopia ha visto infine crollargli il muro del suo passato sul suo futuro e come Pietro vuol nel caso negare incurante del gallo che si mette a cantare. Dio del tempo dei pani e dei pesci esser Tuo apostolo non mi riesce : Dio del tempo del latte e del miele, perché io sono Caino oltre che Abele. Come un seme Cadde dal cielo il domani travolgendo le bambole e i giochi proprio mentre promesse più dolci le facevan già eco e mentre il dolore il tempo fermava, il pianto la data ne scrisse di quell’alba mai nata in cui la luna veniva rubata ad un angelo in volo caduto. Come un seme prossimo a germogliare nell’erba del prato su cui correvi sarai ricoperto da candide nevi, precoce viandante d’un destino crudele, ma verrà primavera con un giorno di sole per renderti ai tuoi vivaci colori e danzando nel sogno cui t’affacciavi, verrà per destarti col suo domani, verrà per ripeterti in tenero fiore con cui cullare la nostra memoria, ch’è fatta di te e della tua storia. Sete di riposo Tanta è la sete di riposo questa sera che mi fermo davanti a quest’immoto stagno dove pure la luna già non mi è compagna in questo vuoto senza luce che m’accoglie.

88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844. Per qualsiasi richiesta di pubblicazione, anche per telefono, è obbligatorio fornire i propri dati alla redazione, e verranno pubblicati a discrezione del richiedente il servizio. Le novelle o le poesie vanno presentate in cartelle dattiloscritte, non eccessivamente lunghe. Gli operatori commerciali o coloro che desiderano la pubblicità sulle pagine di questo giornale possono telefonare allo 0968.21844 per informazioni dettagliate. La direzione si riserva, a proprio insindacabile giudizio, il diritto di rifiutare di pubblicare le inserzioni o di modificarle, senza alterarne il messaggio, qualora dovessero ritenerle lesive per la società. La direzione si dichiara non responsabile delle conseguenze derivanti dalle inserzioni pubblicate e dichiara invece responsabili gli inserzionisti stessi che dovranno rifondere i danni eventualmente causati per violazione di diritti, dichiarazioni malevoli o altro. Il materiale inviato non verrà restituito.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 23


La parola alla Psicologa

Qual è la differenza tra ansia e paura? Tutti conosciamo la paura che si prova quando ci troviamo di fronte ad una persona o una situazione sconosciuta e minacciosa, conosciamo tutti l’ansia che si prova prima di un esame o di un colloquio di lavoro, e tutti sappiamo cosa significa essere preoccupati per il risultato di un test medico. È difficile pensare di vivere in una situazione di calma e di sicurezza ininterrotte, liberi dall’incertezza, dai rischi, dal pericolo e dalle minacce. La paura e l’ansia sono parte della vita, e spesso sono pure una parte utile! La paura infatti ci avvisa di un potenziale pericolo, come quando la macchina slitta sulla strada bagnata o ghiacciata. Sentirsi in ansia può spingere una persona a prepararsi meglio per un importante incontro di lavoro. Provare paura è normale tanto quanto mangiare, dormire e respirare. E’ necessaria alla sopravvivenza dell’essere umano, eliminarla del tutto sarebbe pericoloso. La paura è un’emozione universale che indica un pericolo imminente, in quanto tale è quindi molto utile. Quando però la paura è eccessiva, inappropriata, scollegata dalla realtà, non rappresenta più un segnale di pericolo affidabile e accurato. Ad esempio, una persona che ha una paura eccessiva dei cani potrebbe prendere precauzioni estreme per evitare di incontrarne, nonostante la maggior parte dei cani non sia pericolosi per il solo fatto di essere cani. Queste paure specifiche, dette fobie, possono interferire enormemente con il modo in cui le persone che ne soffrono conducono la propria vita. La paura è una risposta elementare e automatica ad un oggetto, situazione o circostanza specifica e che riguarda il riconoscimento di un pericolo effettivo o potenziale. La caratteristica principale della paura è la persistenza di un pensiero di minaccia o pericolo imminente per la sicurezza di una persona. L’ansia è invece una

condizione emotiva molto più complessa e prolungata, scatenata spesso da una paura iniziale; la persona infatti prevede che una circostanza, evento o situazione futura potrebbe rappresentare una minaccia angosciante, imprevedibile e incontrollabile per i suoi interessi vitali. L’ansia è un’esperienza più duratura della paura ed è sempre rivolta al futuro, è spinta dal pensiero “e se…?”. Non si diventa ansiosi pensando al passato, per ciò che è già accaduto, piuttosto si diventa ansiosi per eventi avversi o catastrofici immaginati nel futuro. L’ansia distorce i processi mentali, tanto da far focalizzare la persona esclusivamente sulla minaccia, il pericolo e sull’impotenza. Il pensiero focalizzato è estremamente importante per la nostra sopravvivenza solo in caso di pericolo reale: se qualcuno ci si avvicina per strada con fare minaccioso, è normale che tutta nostra attenzione è dedicata a immaginare se questa persona sta per farci del male o se è inoffensiva. Non c’è tempo per guardare vetrine o rispondere al cellulare. Bisogna prendere una decisione in fretta e identificare una rapida via di fuga. Quando invece il pericolo non è esterno, ma solo ipotizzato, il pensiero ansioso continua ad essere selettivo, ma la persona non è consapevole di questa visione limitata, di questo modo di vedere la realtà di fatto distorto. Ansia e paura operano quindi insieme, e anzi quest’ultima è il cuore di ogni stato d’ansia.

Dr.ssa Valeria Saladino

Psicologa Referente per la Provincia di Catanzaro della Società Italiana di Promozione della Salute (S.I.P.S.)

Anna Veraldi

La storia della foglia

Camilla pag. 24

Via del Progresso - Lamezia Terme • 0968.21844

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.