lm marzo matteo mercuri

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Lamezia e non solo

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Via del Progresso -

Lamezia Terme

Autore: Italo Leone

Autore: Ciccio Scalise

Autore: Tommaso Cozzitorto

Autore: Gianni Scardalaglia

A cura di: Davide e Donatella Galli

Autore: Elena Pisapia

Autore: Raffaele Gaetano

Autore: Costantino Fittante

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IN USCITA NEL MESE DI MARZO 2018 Filippo D’Andrea

Tonino Perri e Salvatore Perri Jr

D’a cista d’u ciucciu

Semi di memoria di una famiglia del Sud delle terre e dell’emigrazione

Raccolta di… Petali di memorie Se un giorno moriremo, padre mio, saremo felici di aver bevuto, insieme, allo stesso calice; di aver fatto qualcosa, noi due soli, che valeva la pena di fare.

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Lameziaenonsolo incontra

Matteo Mercuri

Nella Fragale

Un giovanissimo lametino, un orgoglio per la città e per l’Italia tutta. Questo mese il giovanissimo Matteo Mercuri a rispondere alle nostre domande. Ha dimostrato di avere le idee chiare e grinta da vendere. Speriamo di dover parlare ancora di lui in futuro, le premesse ci sono tutte

Essere campioni del Mondo significa affidare il proprio nome alla storia, al futuro. Tu, con le tue vittorie mondiali lo hai fatto, quando si parlerà delle medaglie d’oro consegnate agli atleti nel tempo si farà il tuo nome quindi, Matteo, non possiamo che cominciare con una domanda scontata: cosa si prova ad essere campioni del mondo di una disciplina sportiva e quindi sapere che il proprio nome sarà ricordato per sempre? Non si possono descrivere le emozioni che si provano a diventare campione del mondo di una disciplina sportiva, l’unico aggettivo che mi viene in mente per descrivere questa emozione è: UNICA. Sono molto orgoglioso del fatto che il mio nome sarà ricordato per tutti i miei risultati sportivi, e per questo non posso fare altro che ringraziare mio padre che è anche il mio coach da quando avevo 4 anni e tutta la mia famiglia che è sempre stata al mio fianco in ogni singola gara. Bene, dopo questa domanda d’obbligo parliamo un po’ di te, cerchiamo di farti conoscere ai pochi che non sanno ancora chi sei, come ti chiami? Quanti anni hai?, che scuola frequenti? Mi chiamo Matteo Mercuri, ho 16 anni e frequento il terzo anno di ragioneria. Hai detto che tuo padre è il tuo coach, che ti segue da quando avevi 4 anni, è per questo che ti sei avvicinato al karate come disciplina sportiva? Oppure avevi

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un eroe karateka che volevi imitare? Mi sono avvicinato al karate tramite mio padre perché oltre ad essere stato diverse volte campione italiano, insegna karate da 30 anni. Così ho deciso di intraprendere la sua stessa carriera da atleta Il karate è un’arte marziale nata in giappone, un’arte di difesa che non prevede l’uso delle armi, questo in linea di massima, ma dietro questa disciplina vi è molto di più, vi è una filosofia di vita, vuoi spiegarcela meglio? Certo, il karate non è una semplice arte marziale, ma come hai ben detto è una filosofia di vita, nel senso che dietro il karate vi sono molte regole che oltre ad essere applicate in gara e quindi nello stesso combattimento, vengono applicate nella vita quotidiana, regole che riguardano il rispetto verso l’avversario e verso tutti gli arbitri di gara e che nella vita quotidiana rappresentano il rispetto e l’educazione verso il prossimo. Il karate è una disciplina che mira anche a modellare il carattere, facendoci diventare sicuri di noi stessi. Infine non posso dimenticare di dire che il karate inizia e finisce con il saluto verso il SENSEI (maestro). Per eccellere nel karate bisogna essere molto agili, molto forti oppure, come molti sostengono, per eccellere nel karate bisogna usare molto il cervello? Di certo per eccellere nel karate servono moltissime doti e abilità fisiche, tra cui la rapidità, la velocità, l’esplosività e la

coordinazione neuromuscolare. Ma per poter diventare un grande atleta nel karate è necessario avere molto cervello, nel senso che ogni combattimento è diverso da un altro, non capiterà mai di disputare un combattimento nello stesso modo di come si è disputato un combattimento precedente. IO DICO SEMPRE: OGNI COMBATTIMENTO HA UNA SUA STORIA. Per questo ad ogni combattimento bisogna avere un mente sempre lucida in quanto un combattimento di karate si basa principalmente sulla scelta dei tempi per anticipare l’avversario e sfruttare il suo errore. Se dovessi definire il Karate con una parola o con un colore o con una breve frase, per farci capire cosa è per te il karate, cosa ci diresti? Il karate è passione, sacrifici, precisione. So che vi sono diversi stili di karate, tu quale pratichi? Esistono diversi stili come lo shotokan, shito ryu, wado ryu, gojo ryu. Io praticolo lo shito ryu. Il karate, pur essendo uno sport molto praticato e conosciuto non ha lo stesso seguito di altri sport come il tennis, lo sci e della stessa boxe che è pure un’arte marziale, come mai? In questi ultimi anni il karate ha fatto enormi passi, è praticato e seguito da molte più persone, questo perché è entrato a far parte delle olimpiadi. Infatti ad ottobre

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2018 vi saranno le olimpiadi giovanili che si terranno a Buenos aires in Argentina ( al quale mi sto allenando intensamente per potervi partecipare, prima delle olimpiadi vere e propie vi sono altre due gare importantissime che si terranno a Sofia in Bulgaria e a Umag in Croazia per la qualifica olimpica. E nel 2020 vi saranno le olimpiadi a Tokyo in Giappone Sei ancora giovanissimo ma hai molti premi al tuo attivo, quanti e quali titoli hai vinto? Come hai ben detto ho molti titoli al mio fianco: 3 volte campione italiano, primo classificato coppa del mondo 2016, primo classificato campionato del mondo per club, terzo classificato campionato del mondo per club 2015, campione del mondo a squadre 2017, vice campione del mondo individuale 2017. Senza elencare tutte le altre gare che ho dovuto disputare per entrare nella nazionale italiana perché sarebbero troppe. Quando vinci, dedichi a qualcuno la tua vittoria? Quando vinco la mia vittoria la dedico innanzi tutto a mio padre perché è il mio allenatore da quando avevo 4 anni, poi alla mia famiglia che è sempre al mio fianco in ogni singola gara. E infine la vittoria la dedico anche a me stesso.

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L’incontro che per te, ancora oggi, dopo tanti incontri, ti emoziona ancora al solo ricordarlo? Vuoi dirci quale è e perchè ti è così caro? L’incontro più importante e che mi emoziona ancora quando ci penso è la finale del campionato mondiale assoluto 2017 tenutosi a kilkenny in Irlanda. Questa finale rappresenta tutti e 6 i mesi di preparazione e allenamenti intensissimi e quindi anche tutti i miei sacrifici e anche quelli di mio padre. Cosa si prova quando si sale su un podio? Che accade dentro di te nel momento in cui sali uno di quegli ambiti scalini? Bella domanda… quando salgo sul gradino più alto del podio l’emozione è unica, soprattutto quando è una gara molto importante e questa è la dimostrazione che tutti i sacrifici vengono sempre ricompensati. Come ti prepari in vista di una gara? A parte intensificare gli allenamenti, vi sono anche esercizi a livello psicologico, mentale, che fai per aiutarti ad arrivare all’incontro meno teso? Sinceramente no, non svolgo nessun tipo di allenamento a livello psicologico e mentale. E, a parte preparazione fisica e mentale,

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c’è qualche rito scaramantico che fai sempre, prima dell’incontro? Che so … stringere un oggetto particolare, pregare, indossare sempre un particolare indumento? Sì, in effetti c’è un rito che svolgo ogni volta prima di salire sul tatami, ovvero: prendere nelle mani le due estremità della cintura e tirarle energicamente, dopo aver fatto ciò mi do due pugni sul petto. Quando sei di fronte ad un avversario c’è un momento in cui, guardandolo, capisci che puoi batterlo? Mi è stato insegnato di non sottovalutare mai l’avversario, ma c’è un momento in cui riesco a capire se riesco a batterlo facilmente oppure vi sarà una battaglia fino all’ultimo secondo, ed è quando siamo l’uno di fronte all’altro sul tatami e lo guardo fisso negli occhi, tramite la sua espressione e i suoi occhi riesco a capire tutto. Sarai stato battuto qualche volta? se sì, a parte la rabbia per la sconfitta, cosa hai provato? Hai saputo trarre vantaggio dagli errori fatti per migliorarti? Ovviamente sono stato battuto, e grazie alle sconfitte sono riuscito a migliorarmi sempre di più capendo i miei errori. Sei tanto giovane ed, essendo campione

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… Matteo è innamorato? Ahahahahah… no non sono innamorato per il momento, magari in futuro. Gli animali li ami? Ne hai uno in casa uno tutto tuo? Si mi piacciono molto gli animali, a casa ho un pittbull americano di nome Cesare. In questo mondo di mordi e fuggi tu ami leggere? Hai un autore preferito? Sì mi piace leggere, no non ho un autore preferito in quanto leggo di tutto. Il mio genere preferito sono le autobiografie. del mondo, hai una sorta di “dovere” nei confronti della nazione, dell’Italia tutta, oltre che dei lametini, quindi devi costantemente allenarti, rinunciando, credo, al tuo tempo libero, rinunciando ad uscire, ad incontrare gli amici, ti pesa questo sacrificio? Essere campione del mondo mi costa molte cose come hai ben detto, come ad esempio uscire con i miei amici, ovviamente sono molto dispiaciuto, ma nel momento in cui vinco o comunque faccio ottimi risultati a livello europeo e mondiale capisco che tutte quelle ore passate in palestra invece di uscire con i miei amici hanno dato in propri frutti.

fb, instagram. Ti ho cercato fra di essi ma non mi pare di averti trovato, non ho saputo cercare o non ci sei? Per quanto riguarda i social ho solamente instagram, tutti gli altri come facebook ecc non mi sono mai piaciuti.

A proposito di allenamenti e preparazioni, i tuoi preparatori sono tutti lametini, ti alleni solo a Lamezia oppure hai anche allenatori esterni e ti rechi fuori per fare degli stages? No, non mi alleno solo a Lamezia, ma nella mia carriera da atleta ho fatto molti stages a livello mondiale, confrontandomi con i migliori atleti al mondo come ad esempio l’ucraino Stanislav Horuna diverse volte campione europeo e con un ottimo medagliere mondiale, e anche con l’azero Rafael Aghayev 9 volte campione del mondo e con il giapponese Ryutaro Araga 3 volte campione asiatico. Tutti i giovani amano i social, twitter,

I tuoi amici, i tuoi compagni di scuola, i tuoi conoscenti, come vivono le tue vittorie? Gioiscono con te o, a volte, avverti un po’ di invidia? I miei amici sono molto contenti per me quando vinco delle gare molto importanti ma in alcuni casi ho percepito dell’invidia.

Ora basta parlare di sport, parliamo un po’ di Matteo, giovane studente che vive a Lamezia Terme. Ti piace studiare? Come è la tua media? Sì mi piace studiare ed ho anche una ottima media dell’8.40. Qual è la materia che preferisci? La materia che preferisco è la matematica.

Nel tuo futuro c’è l’Università oppure, dopo il diploma, ti dedicherai esclusivamente allo sport? Il mio sogno da quando sono piccolo è entrare nelle Forze Speciali dell’Esercito. Studio, allenamenti, incontri, amici ma

E la musica che ami ascoltare? Sinceramente non amo la musica italiana, ascolto solo la musica dei grandi cantanti americani come Rihanna, Eminem ecc.. Nel tempo che riesci a sottrarre allo studio ed al karate cosa fai? Quando non studio e quando non mi alleno passo il tempo con i miei amici più cari. Cosa pensi dei giovani e della società in cui viviamo? Bella domanda… sinceramente non mi vanto della società italiana in quanto si leggono e si ascoltano solo notizie negative che di certo non sono piacevoli da ascoltare. Bravo Marco, un ragazzo semplice, senza grilli per la testa. Non gli interessano i social, come alla stragrande maggioranza dei suoi coetanei, gli dispiace dover rinunciare ad una parte di vita che non potrà mai più recuperare, il divertimento, la vita spensierata, ma lo fa senza sentirsi una vittima, perchè lo vuole, perchè ha degli obiettivi e “vuole” raggiungerli. Nel suo futuro vede una divisa, quella di membro delle Forze Speciali dell’Esercito. Noi gli auguriamo di riuscirci e di riuscire a vincere tante altre medaglie, di incontrare l’amore e di essere felice. Per la forza che dimostra, non solo per lo sport che pratica, ma per quella forza interiore, per quella calma che traspare dalle sue parole, dal suo sguardo puro, cristallino, gli dedico una frase di Friedrich Nietzsche “Chi ha un perché abbastanza forte, può superare qualsiasi come.” E’ così che lo vedo io ... Grazie Marco, grazie per avere rinunciato ad un altro po’ del tuo tempo libero per questa intervista e ... fino alla prossima Ad meliora et maiora semper

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Spettacolo

Parenti Serpenti

o della famiglia dissolta Lamezia Terme, 10 febbraio 2018, Teatro Comunale Grandinetti. In scena per la rassegna teatrale “Vacantiandu 2017/2018” con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nicola Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta, lo spettacolo Parenti Serpenti scritto da Carmine Amoroso, diretto da Luciano Melchionna e interpretato da Lello Arena e Giorgia Trasselli e da una straordinaria compagnia di attori. Nel 2016 Parenti Serpenti ha vinto il premio come “Miglior spettacolo” al Festival Teatrale di Borgio Verezzi. C’è una casetta piccola così, con una finestrella colorata. Una scala a chiocciola conduce ad un piano rialzato con una verandina sgarrupata pronta a diventare all’uopo camera da letto o osservatorio privilegiato. Qua e là decorazioni natalizie a creare un clima di festa e di attesa. Questa la suggestiva scenografia semovente firmata da Roberto Crea e immersa in una dimensione quasi fiabesca che suggerisce spazi invisibili come la cucina e la camera da pranzo e abbatte la quarta parete utilizzando la platea come naturale estensione del perimetro scenico. Accuratissimo il disegno luci di Luciano Palladino tra neri assoluti e fasci di luce e belli i costumi di Milla che ben si attagliano ad ogni personaggio esaltandone tratti psicologici e caratteriali. Felice anche l’impasto linguistico in cui risuonano il napoletano, il romano, il ciociaro, l’emiliano in un fil rouge che unisce l’Italia dal Nord al Sud fornendo, al di là delle apparenze, una fotografia impietosa della famiglia che non c’è più, uguale a tutte le latitudini. Qui vivono e si muovono i protagonisti di questa commedia in rosa/nero che ruota intorno alle dinamiche e agli affetti familiari affrontando i temi della senilità, della malattia e della imorte. E sarà una cosa banale, usuale, borghese come le feste di Natale a scatenare il nodo drammatico. Il testo di Carmine Amoroso, nella minuziosa e intelligente regia di Luciano Melchionna, acquista una lucentezza spettacolare e una forza drammatica nei cui vuoti interstizi si vanno a collocare la leggerezza, la comicità, l’ironia, la risata profonda, la riflessione registrando così le disfunzioni evidenti del mondo sociale di cui la famiglia rimane il nucleo fondante. Saverio, interpretato da uno strepitoso Lello Arena in piena maturità artistica, è un personaggio che ha conservato l’animo giocoso di un bambino, la geniale follia di un inventore strampalato, la fantasia di un poeta dispettoso e la mente acuta di un filosofo. Affetto da demenza senile, vagola sulla scena come un orso smemorato con spaventati smarrimenti, piccole e patetiche ironie, solitudini di uomo/ padre/marito che raggiungono la massima intensità espressiva nei monologhi. Una sorta di “teatrino della memoria” collocato in una dimensione metateatrale che potrebbe essere un sogno o una invenzione scenica. Ma questo non-luogo e non-tempo in cui si muove si trova, in realtà, oltre la soglia della morte. Trieste, nella intensa interpretazione di Giorgia Trasselli, è una grande figura di Mater in continua oscillazione tra egoismo pag. 6

e amorevolezza. Archetipo femminile consolidato che racchiude in sé le funzioni di moglie, madre e donna di casa ella è ventre e motore di tutto, in lei ognuno trova radici e rinascita. Donna decisa e concreta, poco incline a smancerie, è la vera “domina” della casa. Con Saverio vive un rapporto di reciproca dipendenza e di affetto profondissimo che si traduce in scaramucce e battibecchi di una tenerezza esilarante. Con i figli è accogliente e piena di attenzioni, prepara polpette e sbuccia mele ma senza le ansie della mamma-chioccia anche se un tempo è stata “iperprotettiva”. Saverio e Trieste condividono la stessa visione del mondo e aderiscono al medesimo universo simbolico basato su sani principi e antichi valori che hanno cercato di trasferire ai figli. Ecco perché la di lei richiesta nei loro confronti è percepita come legittima ricompensa per una vita passata ad educarli, accoglierli e consolarli. E le parole di Trieste rivelano, con fermezza e cruda verità, l’incongruenza che esiste tra la paura della solitudine e la sacralità della vecchiaia. E i figli? I figli sono quattro creature viventi della specie umana che inciampano nei problemi, scavalcano le catastrofi quotidiane, sognano il benessere, discettano di rivoluzione, rimontano le sconfitte, chiacchierano d’amore… Due maschi e due femmine cresciuti a pane e storielle “Ve l’ho mai raccontato che i vostri nonni volevano che mi facessi prete?” dice Saverio in una delle sue coazioni a ripetere. Eppure come tanti giovani adulti si sentono ancora irrisolti. Alfredo, nella versatile interpretazione di Fabrizio Vona, è un professore che vive in segreto la sua condizione di omosessualità anche se la sua parodia del balletto delle Kessler sulle note di Dadaumpa o quell’accenno di nevrastenia femminea alla notizia del maraschino che non c’è potrebbero essere letti come “segni” del suo coming out finale. Andrea De Goyzueta ci offre un Alessandro accomodato e accomodante, inibito all’azione e magnifico cornuto a cui si contrappone l’aggressività travestita da indolenza del cognato Michele interpretato da un ottimo Raffaele Ausiello.

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L’attorialità femminile è affidata a un trittico, tre immagini allo specchio dove in ognuna sembrano riflettersi i connotati delle altre. L’identificazione della donna tramite i suoi rapporti con l’uomo ma anche con se stessa attraverso i sentimenti, i vizi, la rabbia, le illusioni, il sesso. Marika De Chiara è perfettamente calata nel ruolo della fragile e sensibile Milena, rimasta vedova troppo giovane senza aver potuto soddisfare il suo desiderio di maternità. Serena Pisa è una vibrante Lina, sorella di Milena e moglie di Michele, affetta da una colite psicosomatica che la fa vivere in uno stato di costante malessere e che probabilmente scaturisce da una vita coniugale né soddisfatta né soddisfacente. Gina, moglie di Alessandro e amante di Michele, è interpretata da una effervescente Carla Ferraro che, nel suo egotismo esasperato e nel suo erotismo socializzato, ci regala il ritratto femminile forse più risolto. Sulla rampa di scale che sale fino a quella verandina sghimbescia i figli compongono diversi quadri scenici in alcuni momenti clou dello spettacolo. La notte prima di Natale quando, come pastori adoranti, secondo la tradizione della Squilla rendono omaggio ai propri genitori baciando loro le mani. Il giorno di Natale durante il rituale scambio di doni e dopo il pranzo quando, decidendo del destino di Saverio e Trieste, verità uguali e opposte si fronteggiano come nelle grandi tragedie classiche ma piegate – in questo contesto – in lucida, a tratti beffarda, (in)consapevole, amara ironia. Nessuna metafisica qui, nessun fato. Solo l’egoismo di quattro figli che, con un coro di sguardi, riescono a sovvertire, a depravare la prima e più profonda legge umana dei legami di sangue, della pietà familiare. Una scelta definitiva senza possibilità di redenzione. A noi rimane l’ultimo fotogramma di una “sacra famiglia” mutilata e raccolta in una grotta attorno ad una stufa a gas mentre in platea, il suggestivo tappeto sonoro firmato dagli Stag, accompagna, in una nuvola di fumo, l’ultima esplosione di ipocrisia mascherata a lutto “È stata una tragedia!”. Restiamo umani!

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Spettacolo

Donne che amano le donne Maria Rosaria Omaggio è Oriana Fallaci Lamezia Terme, 16 febbraio 2018, Teatro Comunale Grandinetti. In scena, per la Stagione di Teatro organizzata da AMA Calabria con il patrocinio della Citta di Lamezia Terme, lo spettacolo Le parole di Oriana in concerto di e con Maria Rosaria Omaggio accompagnata al pianoforte da Cristina Pegoraro. Un omaggio alla donna e alla scrittrice Oriana Fallaci. Una mise- en-espace che sembra nata dal desiderio di ritrovare e riproporre brani, spezzoni, lettere, frammenti di vita di una delle scrittrici più libere e scomode del ‘900. Non tanto con lo spirito della retrospettiva ma soprattutto con la curiosità di verificare quanto quei testi, anche se datati, siano ancora molto “presenti”. Elegante, in tailleur, la Omaggio è Signora della scena. Con una voce levigata dal fumo della sigaretta e addolcita dall’accento toscano comincia a raccontarsi immersa nel paesaggio sonoro sapientemente creato da Cristina Pegoraro e bagnata da un disegno luci che predilige i chiaroscuri. Sullo schermo alle sue spalle scorrono, come in un flusso di coscienza, le “impressioni visive” curate da Carlo Fatigoni e Vincenzo Oliva. Ed ecco l’alchimia: l’icona si fa carne, sangue e respiro. Sembra Oriana. È Oriana.

scrivania dove fa bella mostra di sé una Olivetti lettera 22 ed è donna/scrittrice/giornalista timida e autorevole, lucida e smarrita, innocente e cruda, appassionata e tormentata, provocatoria e irriverente, ribelle e ironica, pubblica e privata, divisa tra guerre e amori. E le parole non sono solo parole, cadaveri di alfabeto stampate su un foglio bianco. Sono afflato e uragano, pietre e ali di farfalla, anima e carne come quelle della Lettera a un bambino mai nato “[…] Stanotte ho saputo che c’eri: una goccia di vita scappata dal nulla. Me ne stavo con gli occhi spalancati nel buio e d’un tratto, in quel buio, s’è acceso un lampo di certezza: sì, c’eri. Esistevi. È stato come sentirsi colpire in petto da una fucilata. Mi si è fermato il cuore. E quando ha ripreso a battere con tonfi sordi, cannonate di sbalordimento, mi sono accorta di precipitare in un pozzo dove tutto era incerto e terrorizzante. Ora eccomi qui, chiusa a chiave dentro una paura che mi bagna il volto, i capelli, i pensieri. E in essa mi perdo. […]” E così, con il suo racconto in prima persona ci offre le ferite della sua e della nostra Storia per porsi il problema del che fare per cambiare la realtà nel nome della Giustizia e della Libertà.

Giustizia e Libertà. Parole, ancora parole, che risuonano alte come gli arpeggi della Marcia alla Turca di Mozart La Omaggio/Fallaci riempie lo spazio scenico con gesti e gli applausi scroscianti del pubblico. misurati, si muove con morbidezza tra il leggio e una

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Prevenzione alla corruzione: tra etica, legalità e valori Giorno 28 febbraio 2018 si è svolto un Convegno in promozione della legalità sul fenomeno della corruzione dal titolo “Prevenzione alla corruzione: tra etica, legalità e valori” presso lo spazio eventi del Trani a go go. L’evento è una iniziativa organizzata autonomamente da un gruppo di professionisti locali i quali hanno sentito vivamente l’esigenza di riflettere sul tema molto attuale e dibattuto, bensì poco o nulla partecipato, nella sensibilità di una cultura alla legalità.

concreto di violazione ha poi un diretto impatto su tutto il tessuto sociale di riferimento che diviene, nel tempo, sempre meno in grado di esprimersi. Bisogna non consentire che, così come il fenomeno mafioso, anche il sistema della corruzione divenga quasi una nuova omertà, sempre che non si tratti di compiacenza. Il malaffare per vivere deve estendersi e il raggio della corruttela si estende per ottenere sempre e solo coperture. Si passa così spesso da “corrotti a (sempre più) corruttori”.

Tale occasione è voluta essere anche impulso alla riflessione a ridosso di due momenti delicati per la nostra cittadina - quello del rinnovo della rappresentanza politica in un andamento istituzionale ad dir poco democraticamente degenere nonché a tre mesi dallo scioglimento comunale, che ancora una volta rimane priva di un organo consiliare -.

L’attenzione al fenomeno ha interessato non solo lo stato italiano ma l’influenza distorta sulle decisioni è oggetto di interesse anche a livello europeo ed internazionale registrando un indebolimento verso il pubblico e una certa urgenza perché le istituzioni trovino l’indipendenza.

La co-promotrice e moderatrice dell’evento, la dott.ssa Kitsy Niaty, ricercatrice in diritto costituzionale comparato ed europeo sostiene: << abbiamo voluto organizzare questo evento di promozione alla legalità volendo riflettere in questo incontro su un fenomeno cui assistiamo tutti i giorni immaginandoci individui sempre meno inermi >> intervenendo sul delicato argomento della promozione dei valori della legalità nella responsabilità istituzionale contro il sistema della corruzione . Nel corso della serata sono stati affrontati gli aspetti che forse più sostanziano i punti più a rischio del sistema democratico che sta vivendo la nostra terra. Nell’incontro si è spaziato dallo screening istituzionale davanti ad una etica incerta, alle denunce presso la regione Calabria, ai danni che fa la corruzione che non possono essere contenuti dalle sole norme, alle testimonianze di una cultura sofferente in un sistema corrotto, fino ad arrivare al quesito se possiamo ancora parlare di una opinione di massa e se i potenti media - nel condizionamento orientativo - resisteranno ai fatti corruttivi all’interno dei media stessi cui sono coinvolti, da un lato, e all’attore principale destinatario privilegiato di tutti i fatti corruttivi quale è il partito politico, dall’altro. La corruzione oggi appare come un proliferare continuo soprattutto là dove si cede davanti al fenomeno e le istituzioni in questo sono le prime responsabili a fornire l’etica della legalità. Ogni caso

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La dimensione dei fatti corruttivi non si estende più solo nei settori storicamente coinvolti ma si apre ad uno scenario che vede coinvolti i più svariati settori che vanno da quello dell’ecologia, a quello dei gruppi di pressione (le c.d. Lobby), alla scienza. “Dove ci sono soldi circolano soggetti disposti a muoversi in maglie legate al sistema della corruzione” e se non ci alleniamo a comprendere i meccanismi cui sono rivolte le istituzioni non comprenderemo neanche come muoverci efficacemente in qualsiasi attività sociale. Eppure la politica ha smesso di parlarne, specie nella sua accezione di corruzione morale che ormai è diventata istituzionale, e non perché sia secondaria. Per spiegarci meglio sull’apparente assenza di esigenza di fare qualcosa in merito, come ha sostenuto Pier Camillo Davigo sul fronte della magistratura, << il politico non ha smesso di rubare ma ha solo smesso di vergognarsi >>. Gli ordinamenti alternativi al sistema legale, quali quello del sistema corruttivo o mafioso, sono sempre più paralleli creando conflitti di interessi laceranti, quando non un vero e proprio conflitto di ordinamenti. Peggiore appare poi la connivenza nel tempo di ordinamenti e questo accade quando vi è una dannosa pausa nella lotta alla mafia e alla corruzione. La corruzione è uno scambio illecito fra il potere e il vantaggio personale la cui analisi della dinamica è, da parte dell’analisi economica impietosa, più di quella giuridica o etica, dove vi

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ricadono nella corruzione tutti gli incentivi economici ottenuti in distorsione del sistema economico orientato a percepire la corruzione come una interazione e una relazione non conveniente. A conclusione dell’intervento della dott. Kitsy Niaty è seguito il prezioso e concentrato intervento del Presidente della Commissione speciale Antindrangheta della regione Calabria, on. Arturo Bova, sulla corruzione e la mafia come due facce della stessa medaglia. Nell’affrontare le interrelazioni che vi sono tra i due fenomeni si pone l’accento sulle gravità dei meccanismi alterati con cui le mafie pensano nel frangente affaristico. Di normativa e del ruolo cui sono chiamati a svolgere i soggetti che si occupano di prevenzione soprattutto nelle P.A. se ne è parlato con la co – promotrice dell’evento dott.ssa Zaira Niaty, Legale del Movimento Difesa del Cittadino, intervenendo sulla tematica: legalità e prevenzione ai danni da corruzione. La docente Maria Antonietta De Fazio del Liceo Scientifico di Lamezia Terme ha toccato un altro aspetto interessante quale quello dell’etica della cultura e dell’anticorruzione a partire dalle prassi sbagliate, apportando un contributo da parte di un settore specifico che è quello della scuola, non immune da fatti corruttivi.

La memoria storica del giornalismo, Pietro Melia, è intervenuto sul tema della corruzione e opinione di massa: uno sguardo personale al sistema radio-televisivo attraverso apprezzatissime considerazioni. Aldo Rosa, infine, ha concluso lavori, riportando la sua esperienza di dirigente politico dell’attuale sinistra nell’analisi concreta dei perché in politica la corruzione si incentri senza punto di svolta, intervenendo sui problemi della legalità democratica nel territorio, nell’intreccio tra corruzione, cultura sociale e partito politico. Tra una serie di domande ed un impegno contro tale fenomeno, il successo tra i partecipanti ha chiuso l’evento che, provocatoriamente, si da un motto:

“non è tutta colpa di Dio ma qualcosa nella nostra natura la possiamo fare pure noi”! rimandando a come la letteratura da sempre si sia interrogata sulla natura corrotta dell’uomo e deducendo che egli può migliorare, vincendo contro un fenomeno che va così in beffa alle istituzioni di cui fa parte. KNB2018©

Lamitini, paisani mia, cci’hanu arrivatu, i pruvinciali fhinarmenti n’hanu cavarcatu, pirchì, sti tri scinziati chi hanu vinutu, a Ccatanzaru, pari pari, n’hanu vindutu.

CATANZARU CCIA’ RRISCIUTU

Nà dumanda pirò, mi cuntinua a mmartilliari, ppì cchi ccazzu hanu mandatu a cchisti si un ssanu fhari, è, chini là mmandati, pirchì propriu ad’llli, unn’è ca i sutta, ci sunu cumpari e ccumparialli. Ccù Abramu, randi, randi marpiuni, hanu piatu accordi ppì mmiliuni Lamezia e non solo

e miliuni, pirchì illu e Ssindacu e ssà ppruggittari, a Llamezia cchi ssà o un ssà ddi fhari. I pulitici Lamitini, tutti quanti, stanu fhaciandu aricchji i mercanti, povara Lamezia, i spalli t’hanu vutatu, tutti chilli chi ccù ttia, hanu galliatu. Furtuna nua, a virità und’hamu avutu, dù primu jiuarnu chi n’hanu jiungiutu, tanti e ttanti, hanu vinutu ccà a ccugliuniari, e nnua, mmai, a ffari nculu l’hamu saputi mandari.

Mi pinsava cà, cumu a nutizia sapianu, chilli c’hamu vutatu, d’ancunu modu nsurgianu, pirchì mancu ad’llli u fhattu quatrava, ca Abramu, sindacu i Lamezia divintava. Mbeci nò, i primi illi hanu paratu u panaru, a Ssergiu Abramu, sindacu i Catanzaru.

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Istruzione Mostra didattica del Liceo Artistico Fiorentino c/o la Biblioteca Comunale-Palazzo Nicotera.

Cos’è l’Arte

Relazione a carattere psicologico-divulgativo della Dr.ssa Mariannina Amato presentataall’inaugurazione della Mostra

“Cos’è l’arte?” E’ qualsiasi espressione di origine umana e si differenzia per le modalità diverse di presentazione: esiste quindi l’arte scultorea, pittorica, architettonica, teatrale, musicale e danza. E cos’è l’espressione? Espressione corrisponde ad ex-primere, portare fuori qualcosa che si ha dentro, imprimere qualcosa, lasciare traccia. Si può dire, generalizzando, che tutti siamo ARTISTI perché ognuno di noi ha qualcosa da esprimere, un proprio modo di esprimere e rappresentare il mondo. Allora chi è artista? È colui o colei che è capace di tirare fuori le proprie potenzialità, le proprie capacità, abilità. L’artista DOC è colui che cura e perfeziona la sua espressione estetica. Nell’antica Grecia e nel Medioevo si educava al culto della bellezza classica, attualmente si educa ad esprimere il proprio Sé come soggetto creatore. Così, attraverso i primi scarabocchi il bambino sviluppa la conoscenza del mondo a livello cognitivo ed esprime Sé stesso dal punto di vista emotivoaffettivo sino a rappresentare ,in modo graduale e sempre più strutturato e complesso, il suo habitat di vita e il suo vissuto emotivo.

è così come l’artista, che si pone di fronte alla tela o ad un pezzo di argilla. Tutti e due sono sostenuti dall’impeto di lasciare qualcosa di Sé, autoaffermandosi sulla materia, con quel senso di onnipotenza caratteristico del soggetto creatore.

l’idea di agire: dipingere, scolpire, suonare, danzare con una passione ed una frenesia infinita. Una linea ininterrotta tra mente, corpo, emozioni che fa fuoriuscire aspetti personali di grande ispirazione ed elevatura artistica.

Attraverso l’arte la persona contatta sé stessa, le proprie emozioni, in quel momento, nel qui ed ora, e l’opera presenta in sé tutto questo.

In tal senso, l’arte promuove la salute emotiva, favorisce la guarigione e migliora la qualità della vita. Arte che cura e produce benessere, infatti c’è un filone della psicologia che utilizza l’arte per finalità terapeutiche (arte terapia).

Ma l’arte ha necessità dei suoi tempi e dei suoi spazi per portare frutto. I tempi sono dettati dalla persona, dal suo percorso di maturazione ed evoluzione personale, dalle sue competenze estetiche. Dal periodo buio, dettato da riflessioni, la persona si schiude a sé stessa, trova il tema portante e il canale, la sua modalità espressiva. Basta trovare il guizzo interiore per accendere la lampadina e l’emisfero destro si collega col cuore e matura

L’arte ha valore sociale, è comunicazione agli altri, diventa strumento di conoscenza sociale, promuovere ricerca e cambiamenti sociali e culturali.”

Dr.ssa Mariannina Amato

Psicologa- psicoterapeuta 3D Therapy e arte terapeuta foto di Ferro Elisa

Il bambino di fronte al foglio bianco

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Istruzione

Giornata della legalità al Comando Gruppo Carabinieri di Lamezia Terme Lamezia Terme, 8 febbraio 2018 Gli alunni della Terza C della scuola primaria dell’istituto comprensivo PerriPitagora di Lamezia Terme, diretto dalla dirigente Teresa Bevilacqua, hanno partecipato alla “Giornata della legalità” al Comando Gruppo Carabinieri Lamezia Terme, accolti e guidati nelle varie attività dal Ten. Col. Massimo Ribaudo, comandante del Gruppo Carabinieri Lamezia Terme dal Cap. Pietro Tibuzio, comandante della Compagnia Carabinieri, dal Ten. Ivan Carbone comandante del Nucleo Operativo Radiomobile di Lamezia e dal carabiniere Leonardo Cassone, che ha organizzato la visita in caserma. Gli studenti sono stati accompagnati dalle insegnanti Rosetta Saladini e Donatella Saladino. La giornata è cominciata in aula briefing dove i ragazzi hanno potuto vedere alcuni video e vignette realizzate dal Comando per i più piccoli, sul tema della navigazione in internet e del bullismo, con tutti gli accorgimenti che loro devono tenere ben presenti. Gli studenti si sono poi spostati nella Centrale Operativa dove hanno visto come funziona il 112 pronto intervento: dalla ricezione di una telefonata di emergenza a come viene gestita con l’invio di pattuglie. Hanno anche potuto comunicare loro direttamente con la macchine e le moto di pattuglia nei servizi esterni. Si è poi passati alla dimostrazione di

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come si procede all’identificazione di una persona, dalla foto segnaletica, a come si prendono le impronte digitali. Hanno potuto vedere anche una dimostrazione di come si prendono delle impronte digitali su un’autovettura, tutto questo con l’ausilio del maresciallo Carmine Imparato, addetto ai rilievi in servizio al Nucleo Investigativo del Gruppo Carabinieri Lamezia. Si è poi passati alla lezione da parte del Nucleo Artificieri di Catanzaro, con la presenza del maresciallo Paolo Gigliotti, che ha spiegato ciò che fa quotidianamente, facendo poi vedere e toccare con mano ai ragazzi il robot utilizzato nei vari interventi per allarme di pacchi sospetti o bombe confermate. Terminata la parte teorica, i ragazzi hanno avuto modo di osservare una simulazione di intervento per un pacco sospetto, dal controllo iniziale a distanza con il successivo avvicinamento da parte del robot, per finire poi con far “brillare” il pacco (piccola esplosione vera!!!). Sempre all’esterno si è continuato con la lezione con il gruppo carabinieri cinofili di stanza a Vibo Valentia, che con il cane Sambo hanno spiegato e dimostrato anche loro ciò che quotidianamente è il loro impiego. Felicissimi i ragazzi poichè il pastore tedesco si è fatto accarezzare pazientemente... E’ stata la volta dei veicoli in uso all’Aliquota Radiomobile, il quale comandante Giuseppe Zito ha illustrato

loro le particolarità di auto e moto, ed ha permesso a tutti di poter salire a bordo e vedere come sono all’interno le vetture con tutti i sistemi in dotazione. Ultima, non per importanza, si è tenuta sempre in aula briefing la lezione con il Reparto Carabinieri Biodiversità di Catanzaro, che hanno fatto vedere un video ai ragazzi su come importante sia il mantenimento del verde nelle aree boschive, come ci si comporta all’interno di esse avendo rispetto di chi le abita, flora e fauna. Hanno anche dedicato diverso tempo a quanto sia importante tenere gli animali, specie quelli di compagnia, in modo corretto, senza causare loro nessun male. La visita si è conclusa con la consegna da parte dei 3 ufficiali, di alcuni gadget ricordo e del “diploma di carabiniere provetto” a ragazzi e maestre. Quest’ultime hanno ricevuto una targa ricordo della giornata trascorsa al Comando e vario materiale didattico specifico per i ragazzi sui problemi che attanagliano la loro giovane età, quali bullismo, cyberbullismo, navigazione in internet sicura, uso di attrezzature domestiche ed elettrodomestici, come comportarsi in caso di incendio. Alla fine della giornata, i bambini e i militari dell’Arma hanno potuto gustare un ricchissimo e gustoso buffet realizzato da Raffaella Mascaro, mamma di una bambina che ha preso parte alla visita guidata insieme alla sua classe.

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Fermenti Filosofici

“Una Giornata della memoria dei martiri meridionali del risorgimento? In questi ultimi anni è nato un movimento di studi, di opinioni, di idee, di azione civile nell’ambito dei movimenti meridionalisti e neoborbonici, sulla necessità di rivisitare la storia del risorgimento e dell’unificazione d’Italia. Il dibattitto a tratti assume una vivacità marcata, ma riveste una significatività notevole nell’orizzonte della emersione della verità dei fatti storici, e in questo caso, del percorso verso l’Italia unita. Tantissime perplessità sono emerse nel campo della storiografia specifica, e di conseguenza della manualistica scolastica. Molti sono gli storici, giornalisti, politici che si sono occupati della questione meridionale e da diversi punti di vista: Giustino Fortunato, Francesco Saverio Nitti, Gaetano Salvemini, Luigi Sturzo, Rosario Villari, Nicola Zitara, Giuseppe Galasso, Antonio Gramsci, Marco Rossi Doria, Pietro Borzomati, Pino Aprile, ecc. Nel mio piccolo, mi sono occupato della questione meridionale pubblicando due libri: “Chiesa italiana e Mezzogiorno” (Università Pontificia Salesiana-ITST, Messina 1991) e “La formazione sociale e politica nella realtà meridionale. Percorsi culturali” (Calabria Letteraria Editrice, Soveria Mannelli 1996), volume collettaneo con saggi anche di Salvatore Berlingò, Giuseppe Vitale, Pino Stancari, Natale Colafati, Vincenzo Rimedio, Michele Mercuri, Claudio Cavalieri, ecc.). I contenuti dell’incontro del Cenacolo sono stati raccolti in sintesi dal mio brillante allievo Domenico Caparello, che riporto testualmente di seguito: Al Cenacolo Filosofico, diretto dal Prof. Filippo D’Andrea dal 1992, si è tenuto un incontro sul tema: “E’ giusto istituire una Giornata della memoria ai martiri meridionali del Risorgimento?” che ha visto dibattere personalità culturali e sociali del lametino ed oltre. Con l’introduzione e il coordinamento del prof. D’Andrea, sono intervenuti gli ingegneri Giuseppe Maradei, e Francesco Cefalì, il primo cultore di storia meridionale, il secondo ricercatore storico. I relatori dunque, non storici di professione, ma appassionati della tematica, hanno messo in evidenzia alcune delle atrocità compiute contro la popolazione meridionale da parte del regno Sabaudo durante l’Unificazione , nel corso di quella che lo stesso Cefalì, ha definito come “l’annessione forzata del Regno delle Due Sicilie”; continua sempre l’ingegnere, asserendo che le vittime meridionali sono state svariate, c’è chi addirittura parla di diverse centinaia di migliaia vittime, numero certamente incrementato dalla legge Pica, la pag. 12

quale ammise giudizi sommari e precipitosi sui fenomeni del brigantaggio meridionale. Il Deputato D’Ondes Reggio dirà: “Dunque volete sotto il Governo d’uno Statuto introdurre tribunali non solo straordinari, ma mostruosi, perché mostruosi son quelli, nei quali negasi la difesa all’imputato, al calunniato, all’innocente”. Continua ancora Cefalì affermando la falsità di coloro che hanno per anni voluto far credere al Sud, che l’unificazione fosse avvenuta in maniera pacifica; solo la ricerca storica potrà portare alla luce quelle che sono le violenze messe in atto per reprimere il brigantaggio meridionale. Un brigantaggio che ha fallito contro i piemontesi poiché era scarsa, se non nulla, la coesione fra i gruppi briganti. Sottolinea infine, sempre il relatore, che il risorgimento italiano, trova fra le sue cause, anche il debito imponente che il regno sabaudo versava verso nazioni quale l’Inghilterra, che nell’insistere per ottenere indietro quanto le spettava, decise assieme alla massoneria internazionale di far compiere ai piemontesi, l’unificazione d’Italia, attaccando difatti quello che era il Regno delle Due Sicilie, allora terza potenza economica mondiale dopo Inghilterra e Francia. Quello che dunque afferma di volere il relatore, è una giornata della memoria per ricordare le migliaia di vittime del sud, mietute per mano dei piemontesi; ed esige la verità, riguardo una vicenda, che per via di documenti ufficiali falsati, probabilmente per mano di chi vergognandosi dello scempio compiuto decise di insabbiare il tutto, è sempre più difficile scovare e tessere; chiede infine il rispetto dell’Art. 3 della Costituzione, e si domanda perché al Sud non siano arrivate sufficienti risorse negli anni passati. Prima dell’intervento dell’ingegnere Maradei, il prof D’Andrea ha deliziato i presenti, con i versi della poesia “1861”, frutto della penna del poeta sambiasino Franco Costabile: “…1861 l’anno cane, l’anno di caporale di giornata…”. La seconda relazione esordisce così: l’ignoranza scientifica verso l’eccidio meridionale, è un’ignoranza voluta a favore del Piemonte; aggiunge inoltre che purtroppo la crudeltà della guerra, è da sempre associata ad elementi quali stupri, e violenze in genere, ed allora chiede, che così come per le vittime di Sand Creek e delle Fosse Ardeatine, vi deve essere una giornata commemorativa anche per i martiri meridionali, di quella che è stata definita, in un intervento successivo durante l’incontro, come una guerra espansionistica del Regno Sabaudo nell’Italia Meridionale, durante la quale Garibaldi non fu ben accolto; e ne sono un esempio, così come affermato dallo GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

stesso Maradei, le città di Pontelandolfo e Casalduni, letteralmente rase al suolo, su ordine del Generale Cialdini che ordinò al colonnello Negri: “Di Pontelandolfo e Casalduni non rimanga pietra su pietra”. Il deputato torinese Giuseppe Ferrari - aggiunge Maradei – provava vergogna per gli scempi delle città Beneventine; i “liberatori” del Nord, non erano altro che conquistatori, scesi a patti con i ricchi locali. Affermando inoltre, sempre Maradei, che la legge Pica, rese possibili sentenze sommarie: molti familiari di presunti briganti, vennero condannati come fuorilegge. Sono intervenuti nel dialogo socratico, di alto profilo e ricco di suggestioni e approfondimento: l’ing. Roberto Longo, il prof. Felice Iannazzo (presidente emerito del Circolo di Riunione), il prof. e poeta Peppino Scalzo di Squillace, l’Imprenditore Giuseppe Scalzo di Rogliano, il prof. Mario Sammarro, il prof. Vincenzo Cristiano, il prof. Luigi Saladino (storico), il dott. Luca Godino (commercialista di Falerna), l’insegnante e poeta Fiore Isabella. Presenti tra altro il dott. Giovanni Caruso (primario neurologo), il dott. Giacinto Gaetano (direttore del Sistema Bibliotecario Lametino), le prof.sse Maria Giovanna Stella (pianista e direttore del Coro della Cattedrale) e Enza Pagani (maestro di oboe), il dott. Cesare Perri (primario psichiatra), ed altri. In un clima di sereno e convinto dibattito presenti hanno potuto esprimere il proprio punto di vista, motivando il perché si dovrebbe o meno istituire una giornata della memoria dei martiri meridionali del Risorgimento. Avviandosi alla conclusione, il professor Filippo D’Andrea fa chiudere l’incontro al poeta Franco Costabile attraverso la lirica “Cammino con Dio”. Per concludere, vogliamo mettere in evidenza una massima di Tommaso Pedio, per sottolineare l’esigenza di verità storica, non per tornare indietro, non per un nuovo regno borbonico: “A gara chi meglio sappia piegare la schiena, i primi storici liberali hanno ricostruito la storia del Risorgimento italiano ad “usum delphini”: per servile adulazione nei confronti del nuovo sovrano, la storiografia italiana postunitaria ha alterato la verità storica e ne è venuta fuori una storia assurda e irreale, il cui unico grande attore è una sparuta, avida, egoista e servile classe dirigente”. La volontà manifesta, è quella di prendere coscienza degli eventi risorgimentali per conoscere tale capitolo di storia nella sua piena verità.

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Associazionismo

Polopoli al centro Samarcanda:

Gioacchino da Fiore

input per un marketing culturale positivo della nostra terra” Un profeta del suo tempo e anche un profeta dei nostri giorni. Un messaggio che ha attraversato l’Italia e l’Europa nel cuore del Medioevo e continua a parlare alla società di oggi con tanti spunti significativi. Si è incentrata sull’attualità del pensiero di Gioacchino da Fiore la conversazione intellettuale tenuta al circolo culturale “Samarcanda” dal docente Francesco Polopoli insieme al dirigente del liceo Campanella di Lamezia Terme Giovanni Martello. Nel corso della serata, che ha visto la performance musicale degli studenti dell’indirizzo musicale del Campanella Luigi Strangis e Giulia Gigliotti e l’esposizione delle creazioni di Manuelita Iacopetta ispirate al Liber Figurarum, Polopoli ha tratteggiato la figura e il pensiero dell’abate florense evidenziando “i punti che legano questa gigantesca figura della nostra terra all’attualità. Gioacchino da Fiore era un calabrese. Riscoprire e promuovere il suo pensiero è un input verso un marketing culturale positivo per la nostra terra. Basti pensare a Dante che, pur non avendo avuto un impatto positivo con la Calabria, quando parla di Gioacchino da Fiore nel dodicesimo canto del Paradiso usa l’espressione “E lucemi da lato il calabrese abate Gioacchino”, come se attraverso di lui la Calabria stessa facesse luce. Gioacchino da Fiore è un esempio di cittadinanza consapevole, un “protorisorgimentale” come lo definì Giuseppe Mazzini, che nel Medioevo definiva misera un’Italia lacerata da conflitti sociali. Riteneva che non poteva esserci una sana amministrazione pubblica laddove non venissero prima spente le tensioni sociali. Gioacchino da Fiore era un antiapocalittico: non vedeva lo spazio opaco alla fine del tempo, ma la luce. Tutto può riprendersi. Per questo il suo pensiero è un messaggio di speranza per la società e l’umanità di oggi”. Polopoli, membro del centro internazionale di studi gioachimiti e reduce da convegni in Italia e all’estero come

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relatore sul pensiero dell’abate calabrese, ha illustrato alcune tavole del Liber Figurarum, codice miniato che raccoglie rappresentazioni di straordinaria bellezza sull’esegesi biblica e sul pensiero teologico dell’abate calabrese. Alcuni passi delle opere di Gioacchino da Fiore sono stati declamati dall’attore Mario Maruca. Il legame tra l’abate Gioacchino e un altro grande calabrese, Tommaso Campanella, è stato messo in evidenza da Giovanni Martello con l’invito “a riscoprire il pensiero meridiano, a sentire l’orgoglio di una civiltà e di una straordinaria ricchezza di pensiero che nasce proprio qui, nel nostro territorio, che non deve vivere alcun complesso di inferiorità rispetto agli altri. Ai miei giovani e ai miei studenti indico come modelli da seguire figure come Tommaso Campanella e Gioacchino da Fiore, vissuti in tempi diversi, ma accumunati dalla critica all’esistente e dalla volontà di trasformare il mondo con la forza del pensiero. Non basta lamentarsi per il negativo che esiste attorno a noi. La filosofia deve tradursi nel desiderio di provare a cambiare il mondo. Che è la spinta che ha animato questi due grandi giganti calabresi e deve animare i giovani di oggi”. Numerosa la partecipazione degli studenti del Liceo Campanella, che da diversi anni sono coinvolti in primo piano negli eventi culturali cittadini che mettono in rilievo il legame tra la storia e la promozione del territorio. La conversazione è stata introdotta dalla presidente del Centro Manuelita Iacopetta e dalla docente Michela Cimmino che hanno sottolineato “la grande abilità di Polopoli nel farci attingere al patrimonio filosofico di Gioacchino da Fiore con un linguaggio capace di arrivare, promuovendo un culto della memoria e del passato come elementi fondamentali per conoscere la nostra identità e porre basi solide per il presente”.

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Ambiente

Lotta all’inquinamento Ambientale Le Guardie ecozoofile in prima linea

Lamezia Terme 20 febbraio 2018, ore 7,45 le Guardie Ecozoofile perlustrano la strada prospicente l’Area Mercatale di Sambiase. I bordi della strada ed il terreno a valle, sono disseminati di spazzatura di diversa tipologia. Il piano d’intervento del Coordinatore Provinciale Paolo Ottocalli si sviluppa in 4 fasi. Prima: la “Valutazione d’impatto ambientale” dove si procede alla selezione del rifiuto per tipologia e caratteristiche inquinanti, sulla quantità e approssimativa datazione dell’abbandono. Segue richiesta all’azienda competente di intervento urgente per sanare una situazione di grande degrado Ambientale. Seconda: l’analisi del contenuto dei sacchetti o contenitori abbandonati per consentire di individuare in base alle abitudini alimentari, uso di farmaci, ricevute ecc. ecc. il profilo sommario di chi abbandona i rifiuti. Dati che analizzati permettono di risalire ai responsabili. Terza: la pattuglia delle Guardie Ecozoofile effettua una serie consecutiva di sopralluoghi al fine di poter intervenire in fragranza di reato e reprimere così il reato di abbandono di rifiuti urbani. Quarta: in seguito all’intervento di risanamento ambientale del territorio seguono periodici passaggi della pattuglia delle Guardie Ecozoofile per monitorare il territorio e prevenire nuovi reati. Attualmente siamo nel pieno della seconda fase e le Guardie impegnate nell’indagine

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hanno evidenziato come si tratti di massimo 8 soggetti che abitualmente abbandonano i propri rifiuti urbani con cadenza periodica e costante sempre nello stesso luogo, una o più volte la settimana. Le Guardie Ecozoofile di FareAmbiente del Laboratorio Verde della Provincia di Catanzaro sono costantemente presenti nel territorio Calabrese e da gennaio 2017 sono divenuti particolarmente attivi nel territorio Lametino, in virtù della convenzione stipulata con il Comune per la “Tutela Ambientale e la Repressione dei reati Ambientali”. La lettura dei verbali contestati ha evidenziato come sul comune di Lamezia Terme gravino i costi maggiorati per lo smaltimento di rifiuti urbani riversati abusivamente provenienti dai comuni limitrofi. La presenza dei cassonetti induce i cittadini dei comuni confinanti a depositare nel comune di Lamezia i propri rifiuti non differenziati, le quantità superiori alle previsioni sono tali da impedire una corretta pianificazione della raccolta con la conseguenza che i “Cassonetti” sono pieni e il cittadino è indotto ad abbandonare all’esterno il proprio rifiuto creando così un circolo vizioso che produce inquinamento e disservizio. Individuate e sanzionate anche ditte commerciali locali che scaricano abusivamente interi fugoni di imballaggi, comprendenti cartone e plastica, materiali totalmente riciclabili. L’indagine che segue il verbale ha evidenziato come le cause del riversamento in quantità

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industriale di imballaggi sia da ricercare nella disinformazione di commercianti con scarsa conoscenza della lingua Italiana e quindi delle leggi vigenti. Quasi impossibile l’individuazione dei responsabili dell’abbandono di macerie da interventi edili, sempre di piccole quantità e comprensive di muratura, tubi idraulici, servizi igienici e fili elettrici risalenti alle costruzioni degli anni 5: lo si deduce dalle caratteristiche fisiche e dalla tipologia dei materiali. I responsabili di tale scempio riscontrabile in anfratti di stradine di campagna scarsamente frequentate sono le microimprese formate da uno o due componenti che operando abusivamente nella totale illegalità ignorano le regole del corretto smaltimento delle macerie: anche in questo caso la scarsa conoscenza della lingua Italiana per taluni, l’ignoranza per altri induce alla reiterazione del reato. Questi soggetti si muovono con grande prudenza e con piccoli mezzi talvolta civili; raggiunta la zona che ben conoscono si assicurano di essere da soli e rapidamente svuotano bagagliai dai contenitori di macerie e masserizie varie, il tutto in poche decine di secondi, terminano lo scarico e scappano via. Il danno di tale reato è duplice perché inquinando i terreni, atti alle produzioni agricole, ritroviamo sulle nostre tavole gli stessi prodotti contaminati che entrano così a fare parte integrante della nostra alimentazione causando nel tempo problemi alla nostra salute; inoltre il danno d’immagine che trasforma

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quelle che erano lunghe strisce di asfalto attraverso distese di Terre coltivate ad Uliveti e Vigneti, orgoglio della nostra Piana, in Discariche a cielo aperto in un crescendo di degrado generalizzato apparentemente in continua evoluzione. Nonostante le difficoltà oggettive gli attivisti di FareAmbiente sono in costante aumento, grazie alla costante formazione attraverso periodici corsi presso le sedi dislocate nel territorio della Provincia di Catanzaro. Il giorno 24 Febbraio 2018 si è concluso l’ultimo corso delle Guardie Ecozoofile del Laboratorio Verde Provinciale con sede a Lamezia Terme, dove numerosi cittadini hanno conseguito l’esame che li ha resi a pieno titolo Guardie Ecozoofile, alla presenza del Comandante delle Guardie Paolo Ottocalli, il Commissario Regionale di FareAmbiente Avv. Pietro Marino e il Presidente Nazionale Prof. Vincenzo Pepe. Particolarmente incisiva l’attività del Commissario Avv. Pietro Marino che dalla sua recente nomina, ha promosso attività di prevenzione nelle scuole e attività di divulgazione editoriale. Inoltre, nella città di Catanzaro presso la sala convegni della Provincia si è svolta la presentazione del libro “Ecologia e Dottrina Sociale della Chiesa” dell’avvocato e docente di religione cattolica Danilo Russo, Coordinatore FareAmbiente Catanzaro. L’autore ripercorre il pensiero e la dottrina di Papa Giovanni XXIII, Papa Paolo VI, Papa Paolo II, concludendo con le parole di Papa Francesco nel Laudato si “…dimentichiamo che noi stessi siamo terra. Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora”. La prefazione del Mons. Ignazio Fisichella si sofferma sulla “bellezza malata e sfregiata del creato” ricordando che l’uomo è par-

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te integrante del creato e custode delle altre creature e della stessa natura che lo circonda ed ancora ci ricorda che “Custodire comporta vivere insieme e stare accanto all’altro, nel rispetto e nell’accompagnamento del suo cammino, facendosene carico, coltivando la sua vita come bene assoluto”. Al termine della lettura del saggio si comprende quanto l’attività svolta dalle Guardie Ecozoofile sia parte integrante dell’indirizzo della Dottrina Sociale della Chiesa, per la salvaguardia dell’ambiente, dell’essere vivente e del Bene Comune. Recentemente si è tenuto il convegno sempre coordinato dall’avv. Pietro Marino presso il Parco della Biodiversità “Il ruolo dei fattori ambientali nello sviluppo delle malattie digestive” nel corso del quale hanno relazionato il Prof. Vincenzo Pepe, docente di diritto costituzionale comparato all’Università di Napoli, il Prof. Ludovico Abenavoli, docente di Gastroenterologia all’Università Magna Grecia di Catanzaro e il Prof. Giovanni Monteleone, Ordinario all’Università di Roma Tor Vergata e Direttore della UOC di Gastroenterologia del Policlinico Universitario che ha relazionato sul “Il ruolo dei fattori ambientali nello sviluppo delle malattie digestive”. Detta iniziativa, sviluppata dal Coordinatore regionale di FareAmbiente, ha avuto grande successo ed ha potuto contare anche sul contributo della comunità Don Milani. La frequente presenza nella nostra provincia del Presidente Nazionale di FareAmbiente ratifica la vivace attività sviluppata dalle Guardie Ecozoofile costantemente attive in tutta la regione Calabria ma anche fuori regione. E’ il caso dell’Ufficio Stampa delle Guardie Ecozoofile del Laboratorio Verde di Catanzaro Referente Claudio Campanozzi che ha incontrato il corrispettivo della Provincia di Bari Francesco Buonsanti Ufficio Stampa

Guardie Provincia di Bari, in occasione di una importante manifestazione religiosa, celebrata dall’Arcivescovo Giovanni Richiuti della diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, presenti le istituzioni e la numerosa partecipazione della cittadinanza di Acquaviva e dei comuni limitrofi in quanto evento di rilevanza provinciale. Il Coordinatore Provinciale Filippo Buonsanti ha illustrato l’attività di vigilanza organizzata al fine di prevenire qualsivoglia incidente determinato dalla prevedibile folla di fedeli in occasione della celebrazione della santa messa e in particolare per la fase di elevazione della grande Mongolfiera, momento decisamente delicato in quanto viene riscaldata l’aria all’interno della struttura in legno e carta, fino a farle prendere il volo sfiorando i palazzi circostanti e sfidando il vento non sempre clemente. Effettivamente tutte le vie di accesso alla manifestazione sono risultate ben presidiate dalle Guardie e i loro mezzi, in affiancamento alla Polizia Locale ed hai Carabinieri. Tutto si è poi concluso serenamente in un clima di cordialità intrinseco di fede e marzialità. Una occasione di confronto per l’Ufficio Stampa di Lamezia Terme che ha confermato l’efficienza delle Guardie Ecozoofile Pugliesi al pari delle Guardie Calabresi che si riflette in una strategia Nazionale di uniformità operativa identica nelle divise, nei modi educati e nella formazione. Queste sono le Guardie Ecozoofile di FareAmbiente una risorsa Nazionale che opera localmente al fianco delle Istituzioni per la salvaguardia dell’Ambiente e degli esseri viventi sempre vicino alla società civile soprattutto in caso di calamità.

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Il nostro territorio

ALLE ORIGINI DELLA NOSTRA CITTA’: DA LAMEZIA A TERINA A LAMEZIA TERME IL FESTIVAL DELLA SCIENZA AL LICEO SCIENTIFICO G. GALILEI

Per la seconda edizione del Festival della Scienza organizzata dal 18 al 21 dicembre 2017 al Liceo Scientifico “Galileo Galilei” di Lamezia Terme dalla Dirigente Teresa Goffredo, sono stata invitata a tenere il 19 dicembre una conversazione con le quarte classi del Liceo sul tema: “Alle origini della nostra città: Lamezia – Terina – Lamezia Terme”. Nella forma più adatta al giovane uditorio ho cominciato col ricordare la ricorrenza dei 50 anni della nascita della Città di Lamezia Terme per l’unificazione degli ex tre comuni di Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia Lamezia, in virtù della quale tutti coloro che vi sono nati o vi hanno trasferito la loro residenza dopo il 4 gennaio 1968 sono diventati Lametini. Da questa denominazione civica, che ancora stenta ad essere da tutti percepita come un valore identitario forte e positivo, ho preso spunto per spiegare agli studenti che in realtà ad essere chiamati “Lametini” erano già i più antichi abitanti Enotri del territorio identificato dal corso del fiume (L)Amato e dei suoi numerosi affluenti di destra e di sinistra che con i loro detriti alluvionali hanno dato vita nei millenni alla terza più grande pianura della Calabria. Riassumendo in questa sede a grandi linee la storia del territorio lametino, come ho fatto con gli studenti del Liceo Scientifico, intendo offrire un contributo personale per sottolineare il valore dell’unificazione amministrativa realizzata cinquanta anni fa pensando di fare un dono alla comunità lametina tutta evidenziando la sostanziale unità geografica, culturale, e spesso anche amministrativa di questo nostro territorio nel corso degli ultimi tre millenni. LA FONDAZIONE DI TERINA ED IL RUOLO DELLA CITTA’ MAGNOGRECA NEL LAMETINO Dei “Lametini” protostorici che abitavano il territorio fin verso la fine del VI secolo a.C. conservano precisa memoria importanti autori antichi, dal primo storico greco, Ecateo di Mileto, ad Aristotele, tant’è vero che il primo nome del nostro golfo fu quello di Golfo Lametino.Solo alla fine del VI secolo a.C., dopo che Crotone riuscì ad abbattere la potenza della grande Sibari, che aveva esteso fino al Lametino la sua tentacolare rete di interessi e relazioni (si veda al Museo Archeologico Lametino il tesoretto di monete sibarite ritrovato ad Acquafredda), coloni provenienti da Crotone presero possesso della pianura e di tutte le terre circostanti e vi fondarono TERINA stabilendo forme di integrazione e/o rapporti di dipendenza con i precedenti abitanti Lametini. Le norme consuetudinarie per la fondazione di una città greca prevedevano la composizione del nucleo coloniale, per motivi religiosi pag. 16

e organizzativi, con almeno un figlio per ogni famiglia, il che faceva della città fondata una gemmazione della città-madre, la metropolis, con la medesima composizione sociale, col medesimo patrimonio culturale e religioso, ma anche con piena autonomia organizzativa nella nuova realtà territoriale. In ciò differiva una colonia greca dalle colonie romane e dalle colonie nate dopo la scoperta dell’America, che erano invece strumento di controllo e di dominio di Roma e poi degli Stati moderni dell’Europa sulle terre conquistate e sottomesse. Terina fu dunque una città greca nuova, libera e indipendente, per quanto legata alla madrepatria Crotone da vincoli di parentela, di solidarietà e di rispetto, come quelle dei figli verso i genitori, con un assetto istituzionale del tutto simile, ma autonomo. Alle poche informazioni dirette che si conservano nelle fonti si sono aggiunti nel tempo importanti ritrovamenti epigrafici ora esposti nel Museo Archeologico Lametino, che ne hanno fornito piena conferma. Uno dei principali magistrati della città era il pritane, cui era demandato, tra l’altro, il diritto di famiglia diremmo oggi, con la tutela del patrimonio di figli minori rimasti orfani del padre, come ci attesta il documento testamentario proveniente da Sant’Eufemia Vetere acquistato dal grande archeologo Paolo Orsi un secolo fa da un orafo di Sambiase. Altro importante magistrato era il damiorgos eponimo, vale a dire il magistrato sotto il cui nome si registravano nell’arco del suo anno di carica tutti gli atti ufficiali e i documenti custoditi nell’archivio cittadino. Una laminetta bronzea ritrovata nel 2002 nell’area di Iardini di Renda, per quanto molto frammentaria, conserva la traccia di questa carica annuale. Si tratta di due magistrature ben documentate anche a Crotone e in altri centri dell’area crotoniate. Anche i nomi propri che emergono da questi documenti e da altri di più recente identificazione o ritrovamento, riflettono un sistema onomastico tipico di Crotone e delle altre città achee della Magna Grecia, con nome,

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patronimico ed una sigla che sembra rimandare all’appartenenza ad una determinata casata. C’è un proverbio che si tramandava sulla città di Terina e che merita spiegare: “Terina, Megale Hellás” cioè “ Terina = Magna Grecia”. Cosa voleva dire, cosa sottindendeva questa equazione? La risposta va cercata nel concetto di Magna Grecia. Prima ancora di diventare con i Romani una denominazione geografica di quella parte dell’Italia meridionale in cui si erano sviluppate numerose città greche, il termine Magna Grecia era nato all’interno delle colonie achee (Sibari, Crotone, Metaponto, Caulonia, Posidonia) per indicare quella eccezionale esplosione di potenza, di ricchezza, di urbanizzazione pianificata, di maestosa architettura di templi, edifici e spazi pubblici che si era registrata in tutte queste città nel corso del VI secolo a. C. come esito di un complesso di tradizioni e valori morali, di vigore fisico, di intraprendenza, che aveva trovato la sua più alta espressione a Crotone dopo l’arrivo in essa di Pitagora verso il 530 a.C. Da quel momento in poi la fioritura del Pitagorismo introdusse una nuova sensibilità religiosa (con la credenza di stampo orfico nell’immortalità dell’anima e della sua trasmigrazione dopo la morte da un corpo ad un altro) e una eccezionale capacità di pensiero filosofico e di pensiero scientifico, che attraverso i numerosi allievi ammessi alla scuola crotoniate del Maestro di Samo si irradiarono nelle altre città greche di Italia e di Sicilia. Culla di questo fervore culturale e scientifico era stata Crotone, già da tempo famosa per il primato dei suoi atleti nelle gare panelleniche che si svolgevano nei principali santuari della Grecia antica, soprattutto in quelli di Olimpia e di Delfi; e famosa anche per i suoi medici professionisti, come Callifonte e soprattutto il figlio Democede, che sposò una figlia di Pitagora, e il più grande Alcmeone, precursore di Ippocrate. Ebbene, al tempo di Pitagora coloni di Crotone avevano fondato Terina, che racchiudeva in sé emblematicamente gli aspetti più significativi della cultura crotoniate e pitagorica. Esistono specifici dati di fatto che lo documentano. Basta ricordare i più facilmente riconoscibili. Un primo dato è costituito dall’atletismo, in cui anche Terina eccelle con olimpionici vincitori nelle gare di velocità (nelle quali Crotone aveva un primato indiscusso nel mondo greco), e non solo in esse: è probabile che alla prima vittoria di un atleta terineo si debba la scelta del tipo della Nike (= Vittoria) che caratterizza Lamezia e non solo


il rovescio di tutte le monete di Terina e il simbolo della corona di ulivo (la corona dei vincitori delle olimpiadi antiche) che incornicia su alcune serie il volto Terina, immagine della città e della sua Ninfa eponima, tipo costante del diritto, o che compare talvolta in una mano della Nike sul rovescio. Un secondo dato è costituito dalla localizzazione a Terina del luogo di approdo e di sepoltura della Sirena Ligea da parte del poeta Licofrone, che colloca le prime due una a Napoli, la Sirena Partenope, e l’altra a Posidonia, Leukosia, da cui prende il nome Punta Licosa che separa il golfo di Napoli dal golfo di Sorrento e che ha davanti le isole che anticamente erano chiamate Isole delle Sirene. Le due sirene omeriche, localizzate nello stretto di Messina, avevano assunto una connotazione positiva e una funzione importante della cosmogonia di Pitagora, perché secondo il filosofo erano simbolo di perfezione e presiedevano all’armonia delle sfere di cui si compone l’universo. Diversi oggetti votivi in bronzo o in argilla a forma di sirena, con volto di donna e corpo di uccello sono stati rinvenuti a Crotone. La sirena Ligea a Terina è espressione delle concezioni pitagoriche dei suoi cittadini, provenienti da Crotone e imbevuti di cultura pitagorica. Un terzo dato è offerto dal ritrovamento in una tomba a Capo Suvero di due piccoli chiodi di bronzo che recano inciso sulla parte inferiore della testa il nome dell’entità divina cui erano consacrati, AIÕN, l’Eternità, contrapposta al tempo contingente della storia umana e collettiva, che è KRONOS. Significa che chi era stato seppellito in quella tomba credeva nell’immortalità dell’anima e nel compimento della sua purificazione attraverso il ciclo delle reincarnazioni, che era credenza comune esclusivamente agli Orfici e ai Pitagorici. Dunque anche l’aspetto più propriamente religioso del pitagorismo faceva parte della cultura dei Terinei e Terina rappresentava l’interfaccia tirrenica di Crotone, e dunque era essa stessa emblema della “Magna Grecia”. Era importante chiarire il significato del proverbio per coglierne tutto il suo valore a dimostrazione dell’importanza che aveva assunto la città di Terina nel quadro della grecità d’Italia fin dalla sua fondazione. Come è importante precisare che parte integrante di una città greca e fonte della sua prosperità era tutto il suo territorio, che si estendeva molto all’esterno dell’area urbanizzata, includeva i lotti di terra assegnati ad ogni famiglia, le terre sacre, le terre comuni, le terre indivise ai margini nelle aree montane e boschive. All’interno del territorio sorgevano fattorie sparse, luoghi di culto extraurbani e rurali, aree di necropoli, scali fluviali e/o porti. Così era anche per Terina, alla quale apparteneva l’intera piana lametina col suo verdeggiante arco collinare e montano, dal Monte Mancuso all’Angitola. e alla sua cultura artistica e religiosa rimandano anche ritrovamenti fortuiti come la testa di Feroleto o l’antefissa di Balzano di Maida, conservate nel Museo archeologico lametino. LA DOMINAZIONE ROMANA L’unità territoriale e culturale di questo ampio comprensorio si è sempre conservata nel tempo, nonostante il variare delle situazioni storiche successive. In antico si è conservata nella fase di predominio brettio nella città di Terina, fra la seconda metà del IV e la fine del III secolo a. C., e si è conservata anche dopo il 203 a.C. Lamezia e non solo

quando Terina fu distrutta da Annibale perché non cadesse intatta nelle mani dei Romani. I nuovi signori del territorio non lo divisero in lotti per distribuirlo ai veterani dell’esercito romano e impiantarvi una colonia, come fecero nelle confinanti Vibo Valentia e Temesa, ma ne conservarono il possesso diretto. Esso era funzionale al controllo della viabilità da Capua a Reggio allora creata con la via Annia-Popilia, per la quale la stazione di posta delle Aquae Angae nella piana lametina svolgeva già allora l’importante ruolo di raccordo dell’arteria principale con le diramazioni interne in varie direzioni e soprattutto verso lo Ionio attraverso l’istmo; ma era anche funzionale al drenaggio diretto verso Roma dei suoi pregiati prodotti agricoli, olio e vino soprattutto, come dimostrano le diverse tracce di ville romane disseminate nel Lametino, dai ruderi imponenti di Acconia di Curinga all’impianto produttivo di Pian delle Vigne di Falerna, a Torre Lupo di Gizzeria e ad altri ancora sparsi nel territorio. L’AVVENTO DEL CRISTIANESIMO E LA CONQUISTA BIZANTINA L’unità sostanziale del territorio lametino si conservò, dunque, e con l’avvento del Cristianesimo come religione ufficiale dell’impero romano trovò la sua espressione religiosa nella nascita di una Diocesi che lo comprendeva tutto. Non sappiamo se al tempo di Gregorio Magno il nome della Diocesi fosse quello di Torri, come pensavano diversi studiosi a cominciare da Padre Russo sulla base di documenti pontifici del tempo che altri studiosi riferiscono invece alla ionica Turi; certo è che con la conquista bizantina del Lametino (VIII – IX sec. d. C.) la diocesi prese il nome dalla città munita, Neókastron, che era stata allora fondata in posizione arretrata sul medio corso del fiume Canne, e nel territorio afferente alla diocesi neokastrense figurano localizzati in un documento del X sec. diversi monasteri basiliani con i loro più o meno vasti possedimenti, da quello di Sant’Eufemia, il più importante di tutti, a quelli dei Quaranti Martiri nella zona collinare e montana fra il Bagni e il sistema montuoso del Mancuso; e di S. Costantino forse nell’area tra ctr. Palazzo e Maida . LA CONQUISTA NORMANNA La conquista normanna nel 1056 non stravolse l’assetto amministrativo del territorio lametino. Il potere politico continuò a trovare una sua forte espressione urbana nella città munita di Neocastrum e nel suo castello, mentre vasti territori della piana e delle aree montane restarono di pertinenza delle grandi abbazie; ma se quella dei Santi Quaranta rimase basiliana, quella di Santa Eufemia fu trasformata dal principe normanno Roberto il Guiscardo in una grande a b b a z i a benedettina, e venne dotata di ulteriori possedimenti che si estendevano da Curinga a Gizzeria. Federico II,

a sua volta, per riscattare metà della città di Nicastro infeudata all’Abbazia, le donò i casali di Nocera e di Aprigliano. Erano sorti nel frattempo anche altri monasteri, come quello basiliano del Carrà ed altri ancora di rito sia greco che latino all’interno dei diversi nuclei insediativi che popolavano tutto il territorio lametino. Se la città di Nicastro ne costituiva il centro politico e amministrativo, la Diocesi e i monasteri (spesso in conflitto di competenze tra loro) ne rappresentavano l’organizzazione religiosa. LE ULTIME VICENDE FINO ALLA CREAZIONE DI LAMEZIA TERME Non introdusse grossi elementi di divisione neppure l’affermarsi con Angioini prima e Aragonesi poi di una feudalità locale. La vera frammentazione fu l’esito per un verso del grande terremoto del 1783, con la devoluzione alla Cassa Sacra, per far fronte alle necessità della popolazione, dei beni ecclesiastici in tutta la Calabria e anche nel Lametino (ivi compresi quelli dell’Abbazia di Sant’Eufemia dal ‘300 amministrati dai Cavalieri di Malta), e per altro verso dall’abolizione della feudalità nel decennio francese, che consentì ad esempio al casale di Sambiase di diventare una municipalità autonoma. Sant’Eufemia lo diventò solo nel 1936 all’epoca della bonifica realizzata dal Fascismo negli dal 1929 in poi, scorporando una parte del suo territorio da quello di Sambiase e da quello di Gizzeria, e questa iniziativa fece tramontare il progetto di costituzione del comune di Lamezia con l’accorpamento di Nicastro e Sambiase che era stato presentato dall’on. Renda nel 1927. Arturo Perugini ha avuto il merito di riproporre quel progetto in un momento di grandi cambiamenti anche per la Calabria; il vescovo diocesano, mons. Renato Luisi, tra i più grandi Pastori che la chiesa lametina abbia avuto, ebbe a sua volta il merito di essersi inserito al momento opportuno nel complesso iter parlamentare della legge e, sfruttando le sue qualificate amicizie sia in ambito ecclesiastico che in quello politico nazionale, di aver fatto approvare la legge istitutiva della nuova città, in tempi rapidissimi, tra i mesi di novembre/dicembre del 1967 e i primi giorni del nuovo anno 1968. Se si guarda alla storia del territorio, bisogna riconoscere che le piccole municipalità sono fenomeno degli ultimi secoli mentre “Lametini” si è stati per millenni e che la realtà di Lamezia Terme ormai cinquantennale deve trovare nel suo lunghissimo passato una ragione di più per cementare la sua unità ritrovata e soprattutto la forza di costituire una comunità coesa, unita nella difesa della sua identità storica, sociale, culturale, economica e prendere consapevolezza di rappresentare una realtà importante nella Calabria attuale.

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gli invincibili Undici di Karl Marx

Il problema è politico. Calcio: scienza o ideologia? Crollo o sviluppo? Soprattutto ci chiede di rispondere a quello che è l’interrogativo più inquietante dei nostri tempi. Può la sordida passione per le gambe di campioni combinarsi con una buona coscienza intellettuale, democratica e socialista?

La situazione è grave. Vaste e profonde masse di donne si ribellano e i loro movimenti, pongono ormai la questione del telecomando. Di fronte alla radi-calità di questo obiettivo è ora di dire che finora nella sinistra c’è stata una grave sottovalutazione. In una certa area intellettuale è passata ad esempio la pericolosa teoria dell’autonomia del calcistico. «Partite ce ne sono ogni tanto, film tutti i giorni. Dunque è giusto che in quelle rare occasioni decida io. Assuma il telecomando.» e per occultare questa effettiva perdita di potere ci si è fatti schermo con la teoria di Karl Schmitt: «Sovrano è chi decide sullo stato d’eccezione.» Questa corrente intellettuale, fondata negli anni sessanta, crede che la grande partita (soprattutto Italia-Germania) sia l’unica espressione del calcio. Marcature strette a uomo e odio radicale per il calcio totale all’olandese considerato vetero-ingraiano: ecco la sua carta d’identità tattica. La forza, essi dicono, è l’unica a decidere del risultato di una partita. E se in una squadra la qualità non basta a garantire la forza? Non hanno dubbi: ci vuole una iniziativa leninista di forzatura delle regole del gioco. Gratta gratta be-ckenbauer e scopri nobby stiles! È utopico pensare di possedere il telecomando solo nello stato d’eccezione. Il telecomando nasce solo dal consenso. E da un pizzico di egemonia. Gravi sono i danni teorici provocati da questa corrente. Nel movimento si sono create vaste zone di sfiducia. Una intera ala si è staccata rifiutando la teorizzazione dell’indifferenza del telecomando. E sulla base del macabro slogan «Ogni partita qualsiasi essa sia è una partita della borghesia.», non ha ottenuto altro obiettivo che aiutare i sostenitori del «calcio forte». Effettivamente grande è il disordine che questi settori hanno provocato nel mondo calcistico facendosi portatori di teorie irrazionalistiche ed antipopolari, come quella secondo la quale «E’ meglio la fine spaventosa di una partita che una partita senza fine.»

tutte le potenzialità. E per far questo, per dimostrare che ci troviamo di fronte ad una scienza, l’unica possibilità è quella di tornare alle fonti. Non certo però per sostenere che ogni cosa è stata già scritta. Anche qui guardiamoci dai tradizionalisti. Dai teorici del «Calcio reale». Da chi pensa che all’uomo non spetti altro che marciare su solchi già arati. Costoro si basano soprattutto su due dogmi teorici: 1) la Nottola di Minerva che arriva al crepuscolo sarebbe stata la geniale intuizione Hegelomarxiana della «Zona Cesarini». Lenin, con il suo «un passo avanti e due indietro» sarebbe il primo esecutore del «doppio passo». Siamo di fronte a «strappi» teorici pericolosi. Tante che costoro arrivano alla conclusione «catastrofista» che San Siro sarebbe, per l’insuperabile capienza di posti, l’ultimo stadio del capitalismo. Bisogna tornare alle fonti ma per intenderne davvero le lezioni. Il fatto è che, nel nostro tempo, s’aggirano ancora un numero altissimo di Feuerbac-chioni. I seguaci del tecnico tedesco, che abbandonò il calcio per dedicarsi allo studio delle religioni, diventano sempre più aggressivi e, aiutati da sociologi del regime, acquistano sempre maggiore credibilità. Ribellarsi è giusto. Essi, come si sa, trasformano l’emancipazione terrena in emancipazione celeste èla partita di calcio diventa solo una notturna. Si basano soprattutto su una teoria: il calcio sarebbe una sublimazione del sesso. Torniamo alle fonti. I feuerbacchiani si rivolgono al movimento e sostengono che il calcio sarebbe un parto della nostra testa. Marx aveva già risposto a questi «critici critici» ricordando l’episodio di quel «valent’uomo tedesco che s’immaginò che gli uomini annegassero soltanto perché ossessionati dal pensiero della gravità». Ma la risposta più sferzante, crudele, spietata venne, come tutti sanno, dalle tesi su Feùerbach. Ora, questo Feuerbach era un brav’uomo, avrebbe sopportato tutto, era tollerante e mite. Ma non potè resistere quando contò le tesi di Marx: undici, dico 11. Lì perse la testa e si giocò la carriera. Quell’undici marxiano divenne imbattibile. Ma sono in pochi ad essersi mai chiesti il perché di quel numero. Perché Marx fece proprio 11 tesi? Noi tifosi l’abbiamo sempre saputo: all’epoca il regolamento non lo consentiva, altrimenti Marx avrebbe presentato tre tesi in panchina e oggi ne avrebbe cambiate due più il portiere. La formazione sarebbe più fresca per i tempi supplementari del capitalismo

La lotta del movimento contro queste teorie certo non si deve appannare. Ed è, compagni, lotta su due fronti. Contro l’estremismo e contro l’opportunismo. C’è ancora infatti chi si ostina a considerare le «larghe intese» come il vero spirito del calcio. Ma l’unità tra juventus, inter e milan non poteva e non può più reggere i mutamenti della mentalità pubblica. La prepotente emersione di nuovi soggetti è destinata a frantumare ogni sogno verticistico. No, compagni, il calcio è antagonismo non conciliazione degli opposti, il calcio non è filosofia, il calcio è scienza. E il compito di oggi è impegnarsi in questo difficile fronte. Assumerne tutte le contraddizioni ma anche pag. 18

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I Campionati Regionali Master 2018:

“Il ritorno di Massimo Borracci”

I Campionati regionali Master di nuoto 2018 si sono disputati nella piovosa e fredda domenica cosentina del 25 febbraio presso la piscina Campagnano, con la partecipazione di ben 24 società 9 di queste provenienti da fuori regione. Ma se Cosenza ha accolto gli atleti con il freddo, di certo, il clima a bordo vasca non era lo stesso, si respirava una sana e bella competizione tra le società avversarie, la voglia di superare i propri tempi e dimostrare, per primi a stessi, i miglioramenti ottenuti da ore di allenamento. La giornata è stata dinamica e piena di allegria complici anche le tifoserie, visibilmente calde e sempre pronte a sostenere gli atleti dei propri club, rispettando, comunque, le società e gli atleti avversari, magari in tutti gli sport fosse così. Alla manifestazione era presente il Presidente Alfredo Porcaro che si dice felice perché: – “i master sono l’esempio dello sport sano, che fa bene alla salute, al corpo e allo spirito”. All’appello non manca la squadra Master di Arvalia Nuoto Lamezia, che si posiziona sul podio come 3° classificata al photofinish: Albisi Domenico Paolo, Borello Pietro, Borracci Massimo, Canino Mattia, Canino Michele, Cerminara Federica, Comei Rita, Cortese Salvatore, Albisi Domenico Paolo, Borello

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Pietro, Borracci Massimo, Canino Mattia, Canino Michele, Cerminara Federica, Comei Rita, Cortese Salvatore, Fanello Lucia, Gigliotti Antonio, Guzzo Antonio, Isabella Carlo Luigi, Maccarelli Giovanni, Manganaro Gilberto, Mastroianni Saveria, Muraca Federica, Ottaviano Adelchi, Rodio Domenico, Scalise Simone, Shakespear Alexandra, Strangis Francesco, Torcasio Giuseppe, Torcasio Rosa Claudia, Torcasio Vincenzo, Tranquillo Bonaventura, Turturo Pompilio, Zaffina Giuseppina, Zaffina Sara, Zarola Giuseppe, migliorando, tra l’altro, il tempo di ogni singolo atleta nelle varie categorie. Per la società lametina quella di domenica è stata una giornata da non dimenticare, per il ritorno in vasca del suo attuale allenatore Massimo Borracci. Quarantatre presenze in nazionale A, primatista Nazionale con la Rari Nantes Fiorentina per ben dieci anni, pluricampione italiano assoluto, undici record con la staffetta azzurra, allenatore di club prestigiosi da cui ha ottenendo vittorie come: il Campionato italiano, la Coppa dei Campioni, la Supercoppa Europea, insomma, ha scritto pagine importanti della storia del Nuoto Italiano e domenica dopo venticinque anni, Borracci, si è rituffato in vasca. Gli occhi erano tutti

puntati su di lui, un particolare che non è sfuggito al campione, infatti, ai microfoni di Percorsi di Nuoto confessa:-“certo che sono emozionato, per me è sempre una grande emozione, sento che le aspettative su di me sono tante, la pressione è tanta, sono venticinque anni che non gareggio. Pensate che durante la mia ultima gara non si usavano né cuffie né occhialini per me questa è una novità. Speriamo di fare bene”. La tensione e l’emozione negli occhi di Borracci si percepiscono, non solo per il risultato della prestazione in sé, ma soprattutto per l’adrenalina che sta rivivendo a bordo vasca, l’amore per questo sport il filo conduttore che l’ha accompagnato fino ad oggi. Ed è bello vedere l’umiltà di un campione con alle spalle titoli europei, riconoscimenti e vittorie emozionarsi come se fosse alla sua prima gara. In questa giornata Borracci parla anche dei suoi giovani allievi, dei loro genitori e di tutti quelli che hanno creduto in lui:“ mi hanno dato tanta forza e sostegno”. Le aspettative di tutti i presenti non tardano ad arrivare: Massimo Borracci conquista la medaglia d’oro nei 50 SL con 37’’51 è il nuovo record regionale.

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il parere del pedagogista

Percorsi di sostegno educativo ai genitori nel rapporto con i figli Nell’incontrare, ascoltare i genitori emerge prepotentemente l’esigenza d’aiuto nel processo educativo dei figli e confrontarsi, rapportarsi con tale bisogno di sostegno/ aiuto, significa principalmente prefiggersi la crescita delle opportunità per la famiglia ed i loro componenti, di una emancipazione educativa volta all’ampliamento del proprio spazio relazionale e vitale, al passaggio da “soggetti passivi” – “espertidipendenti” al ruolo di “soggetti attivi” per acquisire competenze di azione educativa. Il sostegno al percorso educativo va al di là della gestione, della pianificazione del “tecnicismo addestrativo” nei rapporti relazionali. I genitori nel chiedere aiuto si accorgono subito che la loro preoccupazione coincide, inevitabilmente e fisiologicamente, con la tematica centrale dell’essere padri e madri ed, immediatamente, le loro esigenze tecniche lasciano intravedere il loro bisogno di domande sui valori, sul perché dell’educazione, sulle finalità ed obiettivi, sulla legittimità o meno di questo o quel mezzo educativo. Da ciò è evidente che l’aiuto da offrire ai genitori non è meramente solo di natura tecnica né, tantomeno, alle domande contenutistiche non si possono dare unicamente risposte tecniche. Esempi di problemi di natura tecnica: Dany, nonostante i suoi 14 anni, non è responsabile delle sue cose ed autonomo nel pianificare lo studio; Gabriele, con i suoi 16 anni, non si sente all’altezza delle situazioni, non si dimostra coraggioso e sentirsi in sintonia con se stesso e con gli altri; Vivì, con un’età compresa tra i 1213 anni, non riesce ad essere rispettosa , gentile e non riesce ad usare le buone maniere. Cosa dobbiamo fare per risolvere tali problemi? Se si è disposti ad affrontarli dal punto tecnico, senza mettere in discussione le scelte “esperte”, bisogna accettare le soluzioni e metodi x.y.z. E se dopo aver preso una decisione, permane il dubbio sull’agire o sul dover fare qualcosa altro, allora i problemi devono essere affrontati da una diversa angolazione: mettersi in gioco, in discussione e confrontarsi con il proprio “vissuto quotidiano”. Esempi di problemi della “quotidianità vissuta”: i genitori che iniziano a chiedersi : Cosa sta succedendo a Dany, Gabriele e Vivì? Come vive i rapporti con gli amici? La scuola, l’ambiente scolastico è accettata pag. 20

di buon grado da mio figlio/a? Il nostro comportamento, il nostro essere genitori è condiviso da lui/lei? Quali sono i nostri errori? ecc.ecc. Tutte, queste, domande che centralizzano non solo la relazione genitore-figlio, ma coinvolgono la società extrafamiliare. Da questi esempi, forse non esaustivi, si può evincere che le domande sull’educazione, sul vissuto quotidiano non possono essere disgiunte dai temi contenutistici e dalle reali situazioni globali di vita familiare nella società. L’incontro con i genitori deve costituire l’oggetto di un colloquio, di una relazione, di un confronto e discussione sociale. Se si vuole dare aiuto e sostegno ai genitori, non possiamo circoscrivere e ridurre le loro domande a problemi mediante una soluzione oggettiva, ma anche attraverso l’implicazione di una “soggettività genitoriale” che li conduca a discutere con se stessi e con altri, che dia loro la possibilità di ricercare insieme un modello d’azione educativa. Il “tecnicismo addestrativo” da solo non basta. L’aiuto ai genitori deve “canalizzare” potenzialità e risorse latenti degli stessi, per poter iniziare un percorso formativo che fronteggi con responsabilità pedagogica la loro costante preoccupazione pratica della quotidianità. Un iter formativo inteso come il “traduttore” tra le esperienze soggettive e il contesto, tra lo sviluppo familiare privato e quello sociale, in cui il dialogo deve mirare al raggiungimento di nuovi atteggiamenti e comportamenti, ad un livello di discussione comune (genitori con i genitori, genitori con i figli, genitori con le istituzioni) sintonizzandosi sulla stessa lunghezza d’onda per iniziare un rapporto dialogico sulla “quotidianità vissuta” che, deve permettere di avvicinare i genitori per conoscere il loro progetto di relazione, famiglia, di vita. Sostenere ed impegnare dal punto di vista educativo i genitori significa dare un grande risalto alla costruzione di un ”patto pedagogico educativo” con i figli che, metta al centro dell’azione educativa una proposta ed alternativa valoriale affinché si metta in gioco, quotidianamente, l’adolescente, la sua intelligenza creative e critica, che faccia scoprire, metabolizzare ed interiorizzare, gradualmente, valori universali. Un “patto” da fondare sul dialogo, sul rispetto dell’altro, sulla capacità di ascolto, sulla considerazione e stima, sul confronto con se stessi e con gli altri e sulla pazienza e sulla “globalità del dono d’amore”. GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Per rendere più concreto tutto ciò, desidero esaminare, insieme a voi genitori, le alternative già esistenti, che assumono forme diverse in funzione del contesto e del paese: i denominati “Family support movement” (Zigler,1989) e “Scuole Genitori” (Macario,1995) un tipo di approccio educativo che mette in risalto sia l’assistenza alle famiglie per quanto concerne la cura filiale ma, anche e soprattutto, forme di sostegno/aiuto mediante il confronto e la collaborazione formativa con altre famiglie. Partendo da tali indicazioni metodologiche si arriva ad una concezione di supporto alle famiglie: i “Family Clusters”, letteralmente raggruppamenti di famiglie, una metodica di sostegno/aiuto nata intorno agli anni ’70 negli U.S.A. Un “Family Clusters” è “un gruppo assistito di quattro o cinque nuclei familiari completi che decidono di incontrarsi regolarmente durante un tempo abbastanza lungo per scambiarsi esperienze educative al riguardo dei loro problemi, preoccupazioni(….) e domande di vita relative alle relazioni familiari” (L’Abate,1981). Le “Scuole Genitori” intese come la strutturazione di un luogo riservato ai genitori per approfondire i temi più comuni della loro vita di genitori ed educatori. Lo scopo è quello di aiutare i genitori, riflettendo sulle esperienze e rendendosi conto che i problemi sono comuni: dal confronto nasce un aiuto efficace. Con gli obiettivi: Ø di rendere la formazione un dialogo significante e consapevole il ruolo di educatore; Ø creare opportunità di confronto con i genitori e tra i genitori e favorire occasioni di mutuo aiuto tra i genitori; Ø sviluppare la conoscenza del “mondo adolescenziale”e, nel contempo, individuare e comprendere, assieme, momenti-problema tipici dell’età; Ø analizzare, insieme, possibili soluzioni di intervento attraverso il miglioramento dei canali comunicativi che devono costantemente essere rinforzati da una continua rielaborazione, che parte dal saper ascoltare; Ø capire i comportamenti come spie di Lamezia e non solo


situazioni di disagio più profonde. La finalità principale è quella di riunire diversi nuclei familiari, anche di diversa generazione, per un proficuo scambio di esperienze, valori e conoscenze; un momento di incontro in cui le famiglie possono crescere, valorizzarsi e confrontarsi; avere la possibilità di conoscere altri nuclei familiari ed il loro funzionamento, la possibilità di vedere se stessi ed i propri figli a confronto in contesti diversi e per i giovani osservare i genitori a contatto con diverse situazioni. Di fondamentale importanza sono alcuni principi: in primo luogo nella famiglia tutto è in relazione: il sistema famiglia con i vari sottosistemi genitoriali e filiali, prenderli in considerazione separatamente non avrebbe senso; la famiglia può migliorare il fattore relazionale e valutativo se viene messa a confronto con altri gruppi familiari; attraverso il contatto con altre famiglie, i componenti di un nucleo familiare possono trovare aiuto, attraverso il confronto ed il mettersi in discussione, con altri nuclei per la soluzione di problematiche comuni. Il funzionamento? La prima fase è quella di incontrare le famiglie e di concordare con tutti i componenti, compresi i figli, quali tematiche vorrebbero che fossero

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trattate. La seconda fase consiste nello stabilire un programma che vada bene per i diversi nuclei familiari, di interesse comune, al di là dell’estrazione sociale, culturale e generazionale. La terza fase è la presentazione del programma stabilito a tutte le famiglie che compongono il “clusters” (Sawin, 1979). L’ultima fase è la strutturazione degli incontri: settimanali e/o quindicinali della durata di due o tre ore, non più del 50% viene dedicato alla formazione strutturata, importante è dare valore al confronto, alla discussione, allo stare insieme delle famiglie. Un punto fermo di questi incontri è “imparare ad apprendere” attraverso l’esperienza propria e degli altri (self-learning ed experimental learning), mediante scene simulate e/o reali con i figli in cui si deve prendere una decisione. I conduttori dei gruppi familiari, desidero non definire esperti, sono coloro che riescono a “canalizzare” energie e capacità latenti dei nuclei per poter fronteggiare e gestire situazioni ed esperienze in tali gruppi di incontro. E’ fuori dubbio che un tale sostegno deve andare nella direzione di un potenziamento della famiglia, della sua azione educativa, progettuale che valorizza le capacità individuali, vivifica il coraggio di agire

con responsabilità verso se stessi e verso il nucleo familiare, di esprimere valori per contribuire alla fortificazione del contesto famiglia. Aiutare e sostenere i genitori, nel lungo e tortuoso percorso educativo, significa anche formare, intendendo con ciò il miglioramento delle capacità nascoste dei genitori, delle loro sopite qualità di educatori dei propri figli, tenendo sempre presente l’importanza dell’aspetto contenutistico. Tutto questo può accadere solo quando i genitori hanno la possibilità di parlare della propria realtà, di esprimere le proprie idee ed opinioni in merito all’educazione; di poter parlare con operatori (qualcuno li definisce esperti) del settore, di poterlo fare con altri genitori e di poter intessere un dialogo con loro, anch’essi con il loro problemi, punti di vista e capacità, di riuscire a coinvolgere i propri figli nel dialogo, modificando la collocazione di questi ultimi: da oggetto dei dialoghi a soggetti attivi e competenti interlocutori. Raffaele Crescenzo-

Pedagogista –ambiti di intervento/aiuto: Pedagogia Familiare–Pedagogia della Salute Pedagogia e Psicologia dell’adolescenza Contatti: creraf@libero.it Cell. 3479712654

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Non dimentichiamo l’angolo di tommaso

Il dieci febbraio, da alcuni anni, ricordiamo le vittime italiane di Istria e Dalmazia trucidate dalle truppe partigiane “titine” del territorio slavo: molti di loro gettati nelle foibe. Non eravamo ancora usciti dall’orrore dell’Olocausto che già si consumava un altro orrore a danno di persone, uomini e donne, che nulla avevano da pagare, se non la colpa di avere aderito al fascismo, come formalmente vi aveva aderito la stragrande maggioranza degli italiani durante il ventennio. Per più di cinquanta anni il potere politico culturale ha taciuto la tragedia avvenuta con la complicità dei governi italiani succedutesi negli anni: non bisognava scalfire l’immagine di una Sinistra perfetta, buona e giusta e di una idea dei partigiani i quali pur meritevoli per il contributo dato alla liberazione nazifascista in Italia e in Europa, perfetti non sono stati come è umanamente normale nel contesto delle azioni uomini nel corso della Storia. Eppure c’è chi ancora oggi cerca disperatamente di fare dei

distinguo, a volte negando l’evidenza di quanto è successo. Un modo di agire che suscita soltanto tristezza. Le tragedie dovrebbero andare oltre le ideologie, da qualunque parte esse provengano. E quanto imbarazzo hanno creato coloro che sono riusciti a scappare e rifugiarsi in Italia; persone che si sono trovate a fare i conti con la viltà della classe italiana politica al potere e che hanno dovuto soffrire e subire nel silenzio. Incomprensioni tra chi è andato in esilio e chi è rimasto sono durate fino ai nostri giorni e non dimentichiamo che gli italiani rimasti in Istria e Dalmazia hanno subito altrettante umiliazioni dal regime comunista quante ne hanno subite quelle che hanno forzatamente scelto l’esilio. Vi invito a leggere il bellissimo libro di Enzo Bettiza intitolato Esilio. Non esistono morti di serie A e di serie B ma le tragedie vanno analizzate con mente libera e aperta e con onestà intellettuale.

“Le vite degli altri”

, film tedesco premio oscar 2007, è un film capolavoro ambientato nella Berlino est degli ultimi anni del regime comunista. Ritengo che guardare questa opera d’arte sia una esperienza fondamentale per comprendere pienamente la durezza della dittatura nei paesi europei filosovietici. È un film magistralmente interpretato con un finale indimenticabile. Ho ammirato la capacità di analizzare quel periodo storico mettendo in evidenza la volgarità del potere, il disprezzo per gli essere umani, la corruzione e il ricatto come metodo, la paura e la censura come modus vivendi. La Stasi, una Gestapo comunista, schiaccia la dignità dei cittadini sopprimendo soprattutto lo spirito e l’intelligenza. È un film in perfetto equilibrio tra storia, umanità e poesia. Sono ormai lontani i tempi in cui ci volevano far credere che in quei posti il Paradiso fosse sceso sulla terra... fortunatamente.

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Lamezia e non solo


L’angolo di Ines

8 MARZO: La violenza sulle donne

Era inverno, il cielo plumbeo creava un'atmosfera pesante. Dietro i vetri di una finestra che dava su un cortile silenzioso e buio una donna, come in attesa, osservava un gatto che sonnecchiava su una panchina sgangherata. Un cane spelacchiato girava in cerca di cibo Dovunque regnava silenzio. Non un rumore, non una luce. Da tanto tempo le finestre della casa di fronte rimanevano chiuse. Nessuno osava scrutare dentro per paura di rivedere l' orribile scena di quella notte...

Maria non si era mai ritirata così tardi. Usciva così raramente! Ma quella notte, forse lo splendore della luna, forse il caldo afoso, forse un incontro da tanto desiderato, le aveva fatto perdere la cognizione del tempo, dimenticando che il marito le avrebbe sicuramente fatto una scenata di gelosia. L'uomo infatti passeggiava nervosamente per casa, ogni tanto sbatteva lo sportello di un mobile, tirava un calcio ad un sedia, apriva e chiudeva le imposte, bestemmiava. Sembrava una bestia in gabbia. I passi della donna rimbombavano nel silenzio della notte. Forse quel modo sicuro di camminare, quella voluttuosa sinuosità, quel viso felice, quel sorriso disarmante fece perdere completamente la testa all'uomo

A Viviana, Mimosa Rinata

Un ramo di mimosa tra i capelli e tu diventi donna. Nel tuo sguardo racchiudi un mare d'amore nelle tue mani mille carezze. Se un' ombra si posa sul tuo viso rapido il cuore mio si stringe cerca nel giorno il modo di lenire il tuo dolore e quando la luna mi coglie ad occhi aperti faccio tuoi i miei desideri lasciando a te quest'unica eredità della mia vita.

Mimosa

Soffice come nuvola spandi luce nel cielo, Lamezia e non solo

che all' improvviso, appena fu sul pianerottolo di casa l'afferrò dai capelli con fare violento e la sbatte' contro la parete di fronte. Non contento la trascinò nella camera da letto e continuò a picchiarla. Improvvisamente la donna cadde a terra e non si rialzò più. Solo allora l'uomo si rese conto di ciò che era successo, come impazzito la chiamava urlando. Avrebbe voluto svegliarla da quel sonno mortale ma non c'era più niente da fare, così, disperato , aprì il cassetto del comò prese la pistola, si sdraiò accanto alla moglie e.. portò la pistola alla tempia. Con un solo colpo passò ad altra vita. Da quel giorno la casa di fronte rimane chiusa, nessuno osa sollevare lo sguardo in alto verso le finestre, nessuno osa nominare il nome di Maria. Le amiche più intime ricordano i suoi capelli castani che tutti le invidiavano per il caldo colore di bosco che incorniciava il suo viso, lo sguardo sognante, mentre ascoltava una canzone, il suo sorriso smagliante, la sua voglia di vivere. Così ogni sera , in silenzio, si radunano nel cortile, si siedono sui gradini della scala che portava all sua casa e aspettano un'ombra che lieve scivola fra di loro lasciando un lieve fruscio e un dolce profumo.

Poesie

l'oro dei tuoi petali colora la sera illumina un viso. ines.

Rinata

In un groviglio di spine ero. A stento levai lo sguardo al cielo. ines pugliese.

Libertà

L'inverno è arrivato anche quest'anno come sempre forse con un po' di gelo in più. Sconvolgimenti politici ed economici ci mettono in ansia un' ombra nera s'addensa su di noi. Nel silenzio della notte tristi reminescenze affiorano:

I cadaveri giacevano uno addosso all'altro vicini alla porta, alle colonne. Sono lattanti, bimbi malati sopra le donne sopra ancora gli uomini più forti. Il gas da principio si sviluppava con maggior forza a fior di terra Avevano le unghie confitte interamente nei corpi, la pelle dilaniata i visi erano gonfi e maculatiAUSWITZ 1941. Intanto un brivido gelido attraversa la schiena e mille e mille mani si levano al cielo gridando: << LIBERTA'>>

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La parola alla Psicologa

Fibromialgia: l’intervento dello psicologo La fibromialgia (o sindrome fibromialgica) è una malattia cronica complessa e rappresenta ancora oggi una delle diagnosi più controverse; è una patologia reumatica caratterizzata da un insieme di manifestazioni fisiche che procurano sofferenza a chi ne è affetto. E’ una malattia piuttosto diffusa, specialmente nella popolazione femminile; in Italia colpisce circa 1,5/2 milioni di persone. Si manifesta principalmente con iperalgesia (percezione di dolore muscolare molto intenso anche rispetto a stimoli dolorosi lievi), rigidità generalizzata oppure localizzata (soprattutto al risveglio, oppure dopo essere stati fermi nella stessa posizione per molto tempo), stanchezza e affaticamento anche per minimi sforzi con ridotta resistenza alla fatica. Emicrania, vertigini, tachicardia, acufeni, crampi, parestesie, formicolio o intorpidimento di mani, piedi, braccia o gambe, difficoltà di concentrazione, di memoria, di ricordare parole o nomi sono le altre manifestazioni sintomatologiche più spesso associate alla fibromialgia. Inoltre diversi studi hanno rilevato una maggiore sintomatologia ansiosa e depressiva nei pazienti affetti da fibromialgia rispetto alla popolazione generale; tali sintomi sarebbero tali da mantenere ed alimentare la sintomatologia dolorosa. La diagnosi è prettamente clinica, non essendoci esami clinici di laboratorio che dimostrino la presenza della patologia. Non sempre il punto di vista del reumatologo coincide con quello dello psicologo, del neurologo o dello psichiatra. Spesso il paziente viene rimbalzato da uno studio all’altro con varie ipotesi diagnostiche, nessuna delle quali risulta poi confermata. Anche la famiglia gioca un ruolo rilevante, incidendo in maniera preponderante sullo stato emotivo della persona, mettendo in discussione la veridicità dei sintomi riportati, magari davanti a numerosi esami di laboratorio

con esito negativo. Quando finalmente al paziente viene confermata la diagnosi, questa viene spesso accolta con un certo sollievo. Il sollievo di avere una diagnosi, di non essere più giudicato un “malato immaginario” da parte dei propri familiari e spesso, purtroppo, anche dagli specialisti stessi! In alcuni soggetti l’ansia innescata dalla perplessità e dai dubbi in merito alla natura della sintomatologia sembra quasi dileguarsi di fronte alla conferma della diagnosi, considerata come una vera e propria liberazione dall’incertezza. Ovviamente questo non avviene per tutti, la diagnosi di una malattia cronica è un’esperienza complessa e delicata, non facile da gestire, specie in soggetti molto sensibili o estremamente fragili. Vergogna, tristezza, rabbia, senso di impotenza, sono le emozioni più comuni che il soggetto sperimenta. La complessità

di questa patologia rende necessaria una presa in carico interdisciplinare così da poterne affrontare ogni specificità. Qual’ è quindi l’intervento dello psicologo? – attraverso l’assessment psicodiagnostico, lo psicologo può raccogliere e fornire anche agli altri specialisti, elementi che assumono un certo valore predittivo rispetto alle possibilità di trattamento e all’aderenza del paziente alle terapie. Per ciò che concerne invece il trattamento, la ricerca ha evidenziato l’efficacia della

Testata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 26°- n. 41 - marzo 2018 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

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Terapia Cognitivo Comportamentale nel contribuire a migliorare molti aspetti connessi a questa patologia, come ad esempio il dolore cronico. Attraverso l’acquisizione di nuove modalità cognitive e comportamentali, il paziente “impara” a gestire meglio il suo dolore e a modulare emozioni, convinzioni e giudizi negativi legati ad esso, apprende l’uso di tecniche di rilassamento che gli consentono di ottenere una diminuzione nella percezione soggettiva del dolore (e quindi un minor ricorso all’uso di farmaci analgesici) e di strategie di coping più funzionali e adattive. Gli interventi psicoterapeutici comprendono: l’aiuto ai pazienti ad apprendere e a monitorare le interazioni tra i propri pensieri, sentimenti, sintomi, comportamento e ambiente sociale; il training cognitivo di adattamento alla malattia (tecniche di risoluzione dei problemi, tecniche di rilassamento, ristrutturazione cognitiva ecc); le tecniche comportamentali di adattamento (definizione degli obiettivi, tecniche di prevenzione delle ricadute, ecc.); le strategie per promuovere il supporto sociale. Va sottolineato che la psicoterapia non sostituisce in alcun modo il trattamento farmacologico, ma che, al contrario, si pone come sostegno di quest’ultimo. Al fine di non rendere vani i risultati raggiunti dal trattamento medico è spesso necessario individuare e risolvere le difficoltà emotive vissute dalla persona che, spesso, finiscono per manifestarsi direttamente attraverso i sintomi fisici.

Dr.ssa Valeria Saladino - Psicologa Referente per la Provincia di Catanzaro della Società Italiana di Promozione della Salute (S.I.P.S.)

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