Lamezia mese luglio agosto

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è esauribile, perché ha come ultimo approdo il Mistero della SS. Trinità che è Amore Vivente. È un evento incredibilmente bello, ma non facile, in cui l’uomo non cessa mai di stupirsi dell’amore gratuito e misericordioso di Dio.

Parlare di Fede, non è mai facile, oggi ne discute con noi, Don Natale Colafati. Quando ha sentito la “chiamata di Dio”? Ci può raccontare come è nata la Sua vocazione sacerdotale? C’è stato un episodio particolare che la ha portata ad intraprendere questa strada? Niente di straordinario. Ero un ragazzino di famiglia cattolica e praticante, che amava servire la S. Messa. Un giorno con naturalezza ho detto che volevo diventare sacerdote. Finite le scuole elementari, sono andato a frequentare la scuola media in seminario. È chiaro che la maturazione convinta della scelta sacerdotale è avvenuta molto dopo ed esattamente alla fine del Liceo Classico. Mi descriva il rapporto con la sua famiglia e dei suoi amici quando ha deciso di seguire la “chiamata”. Sia la famiglia che gli amici hanno accolto la decisione in modo sereno e favorevole. In seguito mi sono stati molti vicini, in modo particolare la mia famiglia. C’è un iter da seguire, prima di arrivare ad indossare una Veste, di certo lei ha superato tutte le tappe, se non erro lo scorso anno è stato festeggiato il 50° anniversario della sua ordinazione presbiterale, è stato difficile? Sì, il 5 luglio 2014 ricorreva il 50° anniversario della mia ordinazione sacerdotale: è stata una festa di ringraziamento al Signore che mi ha sempre stupito con il suo amore ed è stato il mio modo di celebrare la misericordia che egli ha sempre usato verso di me. Ringrazio ancora quanti tra vescovi, confratelli sacerdoti, familiari, parenti, amici e semplici fedeli, hanno voluto

unirsi a me e quanti mi hanno aiutato in questo evento di grazia. È un iter lungo, complesso ed impegnativo: non si tratta solo di formazione culturale, ma entrano in gioco tutte le dinamiche di formazione della personalità. Il giudizio di idoneità al sacerdozio spetta al discernimento dei superiori che ne hanno curato la formazione ed, infine, al Vescovo che decide di ammettere al sacerdozio.

affrontare la fatica di pensare - ma è il pensare che qualifica la peculiarità umana - e la forza della volontà per mettersi in discussione fino a cambiare stile di vita - ma è la libertà responsabile che porta l’uomo alla pienezza della propria realizzazione in un intreccio di relazioni con Dio, gli altri uomini e con le cose. In tutto questo la fede è una dimensione essenziale.

Ha mai avuto dubbi sulla sua Fede? Certo che ho avuto dubbi sulla fede e non solo, sia nel periodo della formazione, sia da sacerdote. Solo un balordo non ha mai dubbi. L’uomo è un essere pensante, è assetato di verità, ha bisogno di dare un senso alla propria vita, che è più forte del bisogno di respirare. Il problema se è vero e giusto ciò in cui l’uomo crede e ciò che vive o, almeno, il modo in cui crede e in cui vive, è sempre costellato di dubbi e di perplessità. Il problema non sono i dubbi che, anzi, sono uno stimolo ad andare oltre, a rettificare e intensificare le scelte, in un cammino sempre aperto che dura tutta la vita. Il problema è che, spesso, si rinuncia a cercare le risposte per non

Che cosa è la Fede per lei? Nel rapporto di fede con il Signore accade qualcosa di analogo a ciò che avviene tra un uomo e una donna quando si innamorano: è un incontro che ti cambia la vita ed ha inizio una storia nuova in cui l’innamoramento si trasforma gradualmente in amore sempre più convinto e più maturo, che ti fa vedere la vita con occhi nuovi; una novità che viene da Gesù, per cui, oltre al bisogno di crescere nella relazione personale con lui, senti il bisogno di approfondire il suo mistero insondabile, scoprendo, così, le verità della fede, che aprono nuovi orizzonti sempre più vasti e sempre più profondi. È una ulteriorità che non

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Apparentemente sempre meno giovani frequentano la chiesa, secondo lei è vero? Parliamo della società occidentale ed, in essa, di noi. È la società che è cambiata e i giovani, proprio perché aperti al cambiamento, recepiscono le novità, portandole, spesso, alle estreme conseguenze. Si tratta di fenomeni complessi e globali, che comportano un vero cambiamento di paradigma culturale. Potremmo trattare di questo in altra occasione. Qui accenno solo a due aspetti. Il primo è che c’è un criterio di discernimento antropologico: è bene ciò che aiuta il soggetto umano a realizzare la sua umanità e non ciò che la devasta; ciò che gli consente di realizzare i sogni più belli del suo cuore e non ciò che li distrugge e questo avviene sempre nella relazione con gli altri, per cui la chiusura individualistica è già un fallimento. Il secondo aspetto è che una volta c’era una fede più diffusa come appartenenza ad una tradizione e a un costume popolare con tutti i pregi e i difetti che ciò comporta. Bisogna però evitare di tranciare giudizi affrettati e superficiali. Quando

noi veniamo al mondo, entriamo in un mondo inteso in senso fenomenologicoantropologico, la cui dimensione culturale, anche religiosa, è fondamentale per la formazione della nostra identità personale. Oggi i giovani preferiscono di più una fede per convinzione; questo comporta la capacità di maturare le motivazioni e di compiere scelte libere e responsabili. Arriva alla fede chi è capace di questo cammino. Vuole dire ai nostri giovani lettori perché dovrebbero frequentarla invece? Ai giovani dico semplicemente di non intrupparsi: parlo come si parla, mi diverto come ci si diverte; di non accontentarsi di un profilo di basso cabotaggio; di avere il coraggio di pensare in grande e di sognare cose belle, anche se impegnative, perché senza capacità di sacrificio non si va da nessuna parte. Se, come io penso, la fede li aiuta in un progetto di vita entusiasmante, scelgano di seguire l’uomo nuovo per eccellenza, Gesù, che li sorprenderà oltre ogni attesa. Cosa ne pensa di tutti gli scandali che hanno “tormentato” la chiesa in questi ultimi anni? Gli scandali hanno fatto e fanno tanto male, perciò, bisogna indignarsi e lottare contro la corruzione personale, ma anche contro le strutture di peccato, cioè, i sistemi corrotti e corruttori. Questo accade

dove c’è l’uomo, anche nella chiesa. Fa male sentir dire, da parte di chi dovrebbe indignarsi contro la corruzione, “che non sappia niente il Papa”. Questo, purtroppo, ha avuto inizio già nel collegio apostolico (vedi Gv 12,1-11), quando Giuda faceva lo scandalizzato perché la donna peccatrice usava i suoi profumi per i piedi di Gesù, dicendo che sarebbe stato meglio vendere quei profumi e dare il ricavato ai poveri. Giovanni annota: “Questo egli disse non perché gli importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa prendeva quello che vi mettevano dentro”. Il primo risanamento ecologico è quello morale che parte dal cuore dell’uomo, a cominciare da coloro che ricoprono ruoli più importanti nella Chiesa, i quali non dovrebbero mai dimenticare che non basta citare il Vangelo, ma bisogna annunciarlo prima di tutto con lo stile della vita. E, siccome la nostra vita non è mai perfettamente aderente e coerente con il Vangelo, è più confacente l’umiltà di riconoscere il proprio peccato e gioire della misericordia di Dio che salva, piuttosto che l’arroganza supponente della propria giustizia. “Chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore” (Gv 10, 43-45). Certo è, però, che il peccato dell’altro non giustifica mai il nostro disimpegno; spesso la durezza della nostra condanna nasce dalla nostra presunzione di essere superiori e vuole nascondere la nostra latitanza.

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Che ne pensa di Papa Francesco? Ultimamente abbiamo avuto dei grandi papi; basta pensare che due sono stati dichiarati santi e il terzo è stato dichiarato beato. Papa Francesco si inserisce tra queste grandi figure, ma con una sua peculiarità: il suo modo di essere e i suoi gesti parlano in modo più forte delle sue parole. La sera della sua elezione si è presentato con un dirompente “buona sera” e, invitando tutti e pregare per lui e a benedirlo, si è definito “un vescovo che viene dalla fine del mondo”. Questa frase è diventata una metafora: Francesco vuole fare nuova la Chiesa perché essa sia sacramento della fine di un mondo vecchio in cui la terra è devastata e in cui masse umane sempre più grandi vivono nel disagio e nella povertà e possano nascere “cieli nuovi e terre nuove” in cui gli uomini si riconoscano figli di Dio e fratelli, che vivono nella solidarietà reciproca in un modo a misura di uomo. Per questo sta facendo grandi pulizie e chi non ha voglia di convertirsi, lo vede come nemico. La resistenza al cambiamento c’è pure nella Chiesa, anche nei vertici di diverse diocesi, dove a parole si esalta Papa Francesco, ma nei fatti si continua con lo stile assolutistico e tronfio. È per questo che bisogna smetterla di fare il tifo per Papa Francesco e cominciare a fare squadra con lui. Quale è il brano della Bibbia preferito? Difficile dirlo, perché la Bibbia è tutta Parola di Dio per la nostra salvezza, ma se proprio dovessi scegliere, indicherei il Vangelo di S. Giovanni dall’inizio del capitolo 13 alla fine del capitolo 17: mi smuove e mi commuove, sempre. Lei è stato sacerdote in molte parrocchie, quale è stato il rapporto, in questi anni, con i suoi parrocchiani? Dopo l’esperienza iniziale di un anno

nella Parrocchia della Pietà di Lamezia Terme con D. Azio Davoli, sono stato per tre anni parroco di S. Michele Arcangelo in S. Tommaso, Colla e Pirillo di Soveria Mannelli, per 24 anni parroco di S. Giovanni Battista in Soveria Mannelli e

da 23 anni sono parroco della B.V. del Rosario di Lamezia Terme. Il rapporto con i parrocchiani è come il rapporto in una famiglia: si costruisce giorno per giorno nella concretezza della vita. Ci sono momenti più belli e momenti più faticosi, momenti di maggiore comprensione e armonia e momenti di incomprensione. Ma più che con i parrocchiani in genere, il rapporto è stato ed è con persone precise, con il loro volto e la loro identità: abbiamo condiviso le nostre ricchezze e le nostre povertà. Ho dato tanto ed ho ricevuto tantissimo. Ognuno di noi è, in qualche modo, le persone che ha incontrato nella vita. Io ringrazio sempre il Signore per le persone che ho incontrato in quelle comunità parrocchiali e spero che gli altri possano farlo per avermi incontrato. Le debolezze reciproche il Signore ce le perdoni affinché, come preghiamo nel Padre nostro, anche noi siamo capaci di perdonarci reciprocamente. Un po’ di tempo fa durante una messa disse “Che cosa dobbiamo fare in questo inizio di messa? Ringraziamo il Signore per quello che abbiamo fatto insieme, chiediamo perdono per quello che abbiamo fatto male, o per quel tanto di più che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto. Questo per raddrizzare ancora il cammino, in

modo che sia sempre più secondo la volontà del Signore” è quello che ogni buon cristiano dovrebbe fare sempre? Sì, è proprio quello che tutti dovremmo fare. Le faccio una domanda un po’ “indiscreta”… lei disse “Dio non ci chiede tutto, ci chiede il possibile, ma il possibile ce lo chiede tutto”, lei pensa di aver dato tutto? Magari avessi dato sempre tutto il possibile. Quando dico o scrivo quelle cose, prima di tutto lo faccio per me. La vita è un cammino sempre aperto. C’è una ulteriorità verso una pienezza la cui misura è Gesù Cristo. Durante un San Giorgio con gli Scout disse “Il pessimista vede soltanto il punto nero su una pagina bianca”… Lei si ritiene un ottimista? Cerco di non essere irrazionalmente pessimista né ingenuamente ottimista, ma realista con un sereno senso critico che mi aiuti a discernere il vero dal falso, il bene dal male. Per riuscirci è importante riflettere molto sui fondamenti delle nostre convinzioni e sui criteri da cui scaturiscono i nostri giudizi. Che cosa significa, per lei, parlare di Evangelizzazione? Esattamente quello che significa la parola: la buona notizia che Dio ci ama. Un amore che più scopri più ti stupisce. L’umanità dell’uomo ha bisogno di quell’amore per essere salvata. Il problema è farne esperienza in comunità concrete in cui i cristiani si accettano per quello che sono, vivono riconciliati, come figli e fratelli, che non hanno bisogno di giudicarsi per sentirsi superiori. Ci potrebbe aiutare l’Esortazione apostolica di Papa Francesco Evangelii gaudium. Si ritiene un prete “moderno” o un prete all’antica? Cioè quale è il suo pensiero

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nei confronti dell’omosessualità, dei divorziati, di coloro che convivono? Non mi sono mai posto il problema se sono moderno o all’antica. Mi pongo spesso il problema se sono prete secondo il Vangelo e in questa luce trovo sempre qualcosa per cui ringraziare il Signore e qualcosa in cui dovermi correggere e migliorare. Il soggetto umano prima di tutto è persona con pari dignità di qualsiasi altra persona, prima e a prescindere da qualsiasi condizione in cui si possa trovare. La persona umana è sacra e la sua dignità è inviolabile. È facile passare da un estremismo (tutto è vietato) all’altro (tutto è permesso). Ognuna delle situazioni elencate (omosessualità, divorzio e convivenze) pone problemi complessi, ma che vanno affrontati con competenza illuminata e con grande senso di responsabilità, poiché si tratta di problemi esistenziali vitali e decisivi per la vita di tante persone. Questo deve avvenire sia nella società civile che nella comunità ecclesiale. La complessità, però, è tale che ognuna di quelle situazioni andrebbe approfondita per conto suo, cosa che qui non è possibile fare. Per quanto concerne la Chiesa, basterebbe pensare che i sacramenti non sono un premio per i giusti, ma gesti salvifici per i peccatori e ci sarebbe già tanto da cambiare. Aspettiamo con fiducia il Sinodo sulla famiglia del prossimo autunno, da non ridurre banalmente a “comunione sì/comunione no”, e poi magari riprenderemo il discorso. Indubbiamente è un uomo eclettico, la sua preparazione, per usare un termine in voga, è a 360°, con lei si può parlare di tutto, certi di avere di fronte un interlocutore con il quale si può discutere senza timore, ha scritto molti libri, la sua presenza è richiesta in molti eventi culturali, è, insomma, una figura carismatica della chiesa lametina che ha occasione e modo di frequentare e conoscere quella che è la realtà della nostra cittadina, lei cosa ne pensa? Cioè cosa è mancato e cosa manca a Lamezia Terme che, pur avendo tutti i numeri per spiccare il volo, rimane sempre attaccata al carro?

Penso che il sogno di chi ha voluto fare di tre piccoli comuni una grande città, che pure esiste giuridicamente, sia ancora da realizzare sul piano della convivenza civile e questo, rispetto alle altre città, pone un problema in più: la “vis unita fortior” non esiste ancora e la divisione aumenta la debolezza. Io non credo al fato; affrontare i problemi in modo fatalistico è deresponsabilizzante. Le devastazioni e le spoliazioni che sono accadute e accadono nella nostra città hanno cause precise che vanno individuate e rimosse. Un periodico lamentino sta pubblicando brani di uno dei miei primi libri in una rubrica intitolata “Scritti di ieri, problemi di oggi”. In quel libro ho scritto che “i santi si toccano”; e noi abbiamo gli strumenti per farlo, come ad esempio, il voto, ma noi lametini da anni non lo facciamo. Si riduce solo a questo il problema? No, è più complesso, ma questo aspetto è fondamentale. È possibile cambiare? Con gli egoismi contrapposti, no; insieme e pensando in grande, sì. Dipende da ciascuno di noi condividere la responsabilità senza aspettare che altri lo facciano al nostro posto. Che ne pensa del nuovo Sindaco di Lamezia Terme? Lo conosco come valido e affermato professionista. Ci siamo incontrati a un convegno dopo la sua elezione e gli ho fatto gli auguri e in un piccolo intervento ho detto, ma lui lo sa meglio di me, che ci sarà chi cercherà di sottometterlo a certi interessi e se egli non ci starà, cercherà di isolarlo; se non ci riuscirà nemmeno così, cercherà di screditarlo. So che ha avuto il primo banco di prova all’elezione del Presidente del Consiglio Comunale e che è stato all’altezza della situazione. “La bellezza salverà la Calabria”, per concludere cito ancora una sua affermazione, quasi a dimostrazione della sua influenza su chi la ascolta, poiché le sue parole hanno il dono di restare impresse nella memoria di chi la ascolta, è ancora convinto che la Calabria, e Lamezia Terme con essa, possa salvarsi con la bellezza? Con “una bellezza esteriore che serve ad educare l’interiorità”? Se in partenza

non si è belli e buoni dentro, si può venire influenzati, positivamente, da quanto ci circonda? “La bellezza salverà il mondo”, è una frase sintetica, espressiva di un’esperienza, di F. Dostoevskij nel romanzo I fratelli Karamazov. Ipolit, ateo, chiede al principe Mynski come la bellezza avrebbe salvato il mondo. Il principe non risponde nulla e va da un giovane di 18 anni che è agonizzante e rimane lì pieno di amore e compassione fino a quando il giovane muore, intendendo così dire che “è la bellezza che ci porta all’amore condiviso con il dolore; il mondo sarà salvo oggi e sempre fin quando ci sarà questo gesto”. Due anni fa l’Associazione Sinergie Culturali ha realizzato un progetto regionale, coinvolgendo l’editoria calabrese e tutte le scuole della Calabria sul tema “La via della bellezza: il futuro della Calabria”. A tutti i livelli, personali e sociali, abbiamo bisogno di convincerci che l’attrazione del bello è più forte, più formativo e più vincente della paura del male o del timore del castigo. Abbiamo bisogno di scoprire il bello che c’è in noi e intorno a noi. La Calabria non è solo mafia: ci sono tante realtà belle, che noi dobbiamo scoprire per farne una leva per un futuro di speranza. Ha qualche rimpianto? Non ho rimpianti o rimorsi, non nel senso che non abbia mancato qualcosa o che non abbia sbagliato qualche altra cosa, ma nel senso che mi sono riconciliato con il mio passato in una dimensione di “superamento”. Un messaggio ai nostri lettori? Leggere è importante non come fine, ma come mezzo per dotarsi di strumenti concettuali e di maturo senso critico, che ci aiutano a leggere il libro più difficile: la vita. Voglio ringraziare Don Natale per questa lunga ed articolata intervista, che ha toccato diversi, ed anche importanti temi... e, magari invitarlo a trattare, con più calma, alcune delle tematiche affrontate, che, per mancanza di spazio, non sono state affrontate in questo numero.

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Il Lissania Garden è un giardino privato sito in Via Vignola Stella, separato dal giardino della Curia Vescovile da un antico muro di cinta, misconosciuto a molti poiché fino allo scorso anno versava in uno stato di grande abbandono tanto da sembrare una discarica a cielo aperto.

In seguito ad una serie di interventi sul palazzetto adiacente, che ospita attualmente il Bed and Breakfast Casa Lissania, il pub Trani a Gogò, l’associazione Musicale “Il Liuto” e l’Associazione Culturale “Altrove”, la famiglia Battaglia, che ne è proprietaria, ha deciso di intervenire in maniera drastica per riportare il giardino agli antichi splendori e organizzare uno spazio dove fosse possibile creare un luogo di aggregazione, di cultura e divertimento. Nasce così l’anfiteatro intitolato a Lello Cardamone, un ragazzo volato in cielo troppo presto, che la sorella Anna gli ha dedicato nel Trentesimo anniversario della morte….. “affinchè rimanga una traccia di te anche dopo di noi” , come si può leggere nella targa scoperta durante l’inaugurazione avvenuta nello scorso settembre. L’Anfiteatro dispone di oltre centocinquanta posti a sedere ed è disponibile anche per eventi privati e feste, contattando il Bed and Breakfast Casa Lissania. Interamente costruito con materiali ecosostenibili è incastonato in un giardino di circa mille metri quadri, oasi verde nel cuore del centro storico di Lamezia, abbellito da botti e damigiane, rinvenute in un vecchio magazzino, memoria storica delle origini della nostra bella terra di Calabria. Alle spalle dell’ anfiteatro vi è una pista da ballo interamente realizzata con mattonelle di granigliato, anch’esse ritrovate nello stesso magazzino e sapientemente composte a creare un bel gioco di colori e geometrie dai

professionisti e dai tecnici che hanno realizzato fattivamente il tutto. Dopo l’inaugurazione, che ha visto presenti il Vicario del Vescovo, Don Adamo Castagnaro, i parenti e gli amici più cari, il Lissania Garden si è costituito in Associazione al fine di valorizzare il luogo e promuovere una serie di eventi, il primo del quale è stato “Il processo a Lesbia” scritto ed interpretrato dal Notaio e Scrittore Giuseppe Notaro. Dopo la pausa invernale, il Lissania Garden ha riaperto ospitando la mostra d’arte “Mito e Materia” di Alberto Badolato e Maurizio Carnevali, che ha riscosso un notevole successo. Attualmente è in corso la rassegna musicale “E…state in musica”, curata dal Maestro Ciccio Vescio e coordinata da Ferdinando Battaglia, che prevede sei concerti di artisti calabresi che vanno dal Tango al Jazz, all’omaggio al grande Pino Daniele, senza tralasciare giovani artisti di spicco quali Scarda, autore della colonna sonora del film “Smetto quando voglio”, in modo da abbracciare un pubblico quanto più possibile vasto ed eterogeneo. La rassegna, iniziata il 19 giugno, si protrarrà per tutta l’estate e sarà completata dalla proiezione di tre film in lingua originale in collaborazione con l’Associazione UNA. Il Lissania Garden è un sogno diventato realtà grazie alla tenacia di tutti coloro che lo hanno fortemente voluto e che lo propongono come punto di riferimento per una sana e gioiosa cultura nella nostra bella Lamezia perché “Siamo tutti malati di sogni… ecco perché siamo qui” (C. Bukowski’)

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Erano tempi in cui il mezzo di trasporto più comune era la carretta trainata dal somaro (u’ ciucciu!). I più benestanti avevano la carrozza con i cavalli e pochissimi possedevano le prime automobili. Era il tempo in cui i cantastorie si recavano al comune per richiedere il rilascio delle autorizzazioni per fare il loro spettacolo. Era il tempo in cui Francesco Grandinetti poco più che ventenne, avendo la licenza ginnasiale, lavorava al comune svolgendo l’incarico di segretario generale e rilasciava le varie autorizzazioni anche degli spettacoli itineranti. Quel ragazzo si accorse che agli spettacoli dei cantastorie assistevano decine e decine di persone; per cui gli venne l’idea in quel momento di osare oltre e di portare in loco l’invenzione di Lumière. Infatti poco dopo, con molti sacrifici, costruì il primo cinema privato di Lamezia Terme, allora Sambiase. Nacque il Cinema Teatro Grandinetti . Le cronache dicevano che il cinema era diventato luogo molto ricercato di intrattenimento. Infatti nel dopoguerra c’era voglia di vita e di evasione ed il cinema offriva tutto ciò ad un costo relativamente basso. Si iniziò con i film muti accompagnati da un maestro di pianoforte (il prof. Montoro, se non ricordo male!) che accompagnava le immagini seguendo uno spartito che arrivava dalle case cinematografiche insieme alla pellicola. Era il periodo di Ridolini, per intenderci. Per scegliere le poche pellicole italiane e le tante produzioni americane, giungevano da noi i cosiddetti “viaggiatori”. All’epoca non c’era l’autostrada, ne strade confortevoli. Il treno era un’altra odissea... I nostri viaggiatori venivano da Napoli ed in famiglia ogni volta che arrivavano era il solito rito: grande cena, molta cordialità ed alla fine prima di partire scorte di olio e vino. Il tutto rendeva i viaggiatori “ben disposti” nei loro confronti sia per il prezzo sia per i tempi di programmazione del film. Ogni viaggiatore, erano quasi sempre gli stessi, veniva individuato per facilità con il nome del film più famoso che distribuivano. Infatti c’era il viaggiatore Mosè, quello Stanlio e Olio, e così via…. Io chiaramente non ero presente essendo nato quarant’anni dopo, ma tutta la storia l’avevo scolpita nel mio DNA. Gli anni trascorrevano ed il Podestà di Nicastro, il barone Nicotera, chiese a mio non-

no di portare il cinema sonoro in paese. Infatti il sonoro era solo a Sambiase. A Nicastro il commendatore Servidone gestiva una sala comunale all’epoca fatiscente (Pidocchietto) e aveva fatto il meglio che poteva per fare Cinema in quelle condizioni. Mio nonno disse che sarebbe venuto a Nicastro se fosse stato d’accordo il Comm. Servidone. Non avrebbe mai invaso il suo campo. Erano tempi in cui il rispetto umano era una prassi… Dopo qualche mese il podestà lo chiamò di nuovo dicendogli che Il Servidone era più che d’accordo. Da ciò nacque lo sviluppo del cinema a Nicastro. D’apprima fu restaurato il Teatro Umberto tanto da passare dalla fase di Pidocchietto alla fase di Bomboniera ed iniziò una intensa attività di amicizia imprenditoriale tra i due grandi uomini. Dopo un po’, alla fine degli anni trenta iniziò lo studio della costruzione del Teatro Grandinetti che culminò nel 1946 dopo varie vicissitudini dovute al periodo bellico tanto da inaugurare lo stesso il 5 gennaio con il film “Pronto chi parla?” una commediola tutta candore e innocenza di Carlo Ludovico Bragaglia, con Gino Bechi e Annette Bach. Segui nel 1957 l’inaugurazione del Capitol un cinema da 1200 posti. Piccola annotazione più che personale: nello stesso anno io rischiai di nascere nel Teatro Grandinetti e precisamente nella penultima fila dove erano solito sedere i miei. Infatti mia mamma dovette uscire di corsa per andare a casa dove nacqui qualche minuto dopo. Ecco perché ai tanti “profeti intellettualoidi” che si arrogano ogni dire sul cinema a Lamezia io rispondo sempre con un po’ di ironica superbia : “state parlando con uno che è nato nel cinema”. Dopo questa divagazione molto personale ritorniamo a raccontare che quasi in contemporanea fu costruito il Politeama a Sambiase da parte dei signori Cristiano e Spartano. Sarebbe falso non dire che iniziò una vera e propria competizione imprenditoriale che finì con l’acquisto da parte di Francesco Grandinetti (Don Ciccio!) del sessantasei per cento del Cinema Politeama. Nel 1964 fu inaugurato l’Astra un cinema di circa quattrocento posti, considerato una vero cinema di qualità. Nel 1957 comparve la televisione e fu un primo vero colpo per il cinema. Però siccome solo pochi

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ria hanno determinato la morte delle sale in paese e con esse la morte di tanti ricordi dei nostri genitori, nonni… Una nota che voglio fare per rispetto a mio nonno, anche se non proprio pertinente, è quella relativa alla completa e volontaria “disattenzione” che la passata amministrazione ha avuto per questo piccolo grande uomo, Francesco Grandinetti. Mai un ricordo, mai una menzione, neanche quando l’amministrazione si fregiava di aver comprato i vari Teatri. Comprare è facile avendo i soldi, specialmente se non sono i propri, costruire ed edificare una idea così innovativa per quei tempi è un’altra cosa. Comunque la passione in famiglia rimane e tutto fa pensare che il cinema ritornerà a Lamezia, se Dio vorrà. Non è chiaramente esaurita la “storia personale” del cinema a Lamezia, piena di particolari che avrebbero bisogno di ben altro spazio per essere raccontati. Ringrazio comunque Lameziaenonsolo per aver dato l’opportunità di raccontare questo spaccato di vita per me molto importante. FG potevano permettersi il televisore, mio nonno comprò un “apparecchio” che proiettava sullo schermo la trasmissione tv “lascia o raddoppia”, il programma televisivo che andava per la maggiore. Quando in tv c’era “lascia o raddoppia” l’Italia si fermava! Mentre si proiettava il film, lo stesso si interrompeva in contemporanea con l’inizio della trasmissione televisiva che veniva proiettata nel Cinema, per poi ricominciare con il film. Insomma altri tempi!.. Seguì il divieto del fumo in sala (cosa buona e giusta!) che fu il secondo grande colpo mortale per il cinema. Vedere il film fumando una Serraglio, una Turmac era un rito irrinunciabile! Infatti il calo degli spettatori fu elevatissimo, tanto da portare alla prima vera grande crisi del settore che si consumò definitivamente nel 1975 con l’avvento delle prime TV LIBERE. Tutto il resto è storia molto recente anche se lontana negli anni. Noleggio DVD, Multisale, Nuovi media, pirate-

La scoperta di un piatto nuovo è più preziosa per il genere umano che la scoperta di una nuova stella. Non c'è amore più sincero di quello per il cibo. L'eleganza di una portata... Fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina sia il tuo cibo.

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<< Per fare un tavolo ci vuole il legno / per fare il legno ci vuole l’albero / per fare l’albero ci vuole il seme / per fare il seme ci vuole il frutto / per fare il frutto ci vuole un fiore.>> Così recita la stra-nota canzone di Sergio Endrigo, “Ci vuole un fiore”, che sin dal suo primo verso ci preannuncia la magia di questa intramontabile filastrocca: <<Le cose di ogni giorno raccontano segreti a chi le sa guardare ed ascoltare.>> Forse gli organizzatori di Expo Milano 2015 sono stati ispirati da questo testo grazie ad un algoritmo che ha operato nel loro inconscio o forse hanno progettato con tabelle e grafici alla mano, fatto sta che il concept individuato dal Padiglione Italia per declinare le tematiche generali di Expo è il “Vivaio”: <<metafora rappresentativa di uno spazio, l’Italia, che aiuta progetti e talenti a germogliare, offrendo loro un terreno fertile, dando accoglienza e visibilità alle energie giovani>>. Secondo me Marco Balich, il direttore ed ideatore creativo, ha sbagliato allegoria: era più appropriato al contesto un volto con due fette di prosciutto sugli occhi, per indicare la cecità della maggior parte degli italiani nei confronti delle ricchezze dei propri territori. Lo spazio espositivo della Regione Calabria è denominato “La Piazzetta” e sta dando visibilità, dal primo maggio al 31 luglio, a prodotti, paesaggi, beni culturali e quant’altro possa rendere un’idea di Calabria. Questo giardino mediterraneo, ricco di alberi di agrumi, dai cedri alle clementine, olivi, piante di fico, di fragole, di castagne ed innumerevoli altri tipi di frutti, cipolla rossa, patate, arbusti di erbe aromatiche, liquirizia, e tanto e tanto ancora, vede svettare al centro l’albero del Bergamotto, elemento evocativo dell’unicità ambientale calabrese. Testimonial delle meraviglie del territorio, infatti, è stato eletto un frutto dalla forma non sempre armoniosa ma che cela al suo interno proprietà straordinarie ed un profumo inebriante. Il “citrus bergamia”, nome che probabilmente deriva dal turco “beg armudi” tradotto in “pero del signore”, è un agrume aspro nella polpa, quasi immangiabile, dalla buccia estremamente ricca di olii benefici per la salute e resistente per l’utilizzo nella manifattura come se fosse pelle di animale (famose sono le rose artigianali e le tradizionali tabacchiere). L’estratto di bergamotto è da sempre utilizzato in cosmesi e profumeria da avventori lungimiranti perlopiù francesi, tedeschi ed americani, ed è utilizzato nella tradizione locale come ingrediente di liquori, dolci, marmellate, come rimedio per molti disturbi, tra cui la caduta dei capelli e la forfora, come antisettico e antibatterico, utile per curare malattie della pelle, ferite e infiammazioni delle vie respiratorie. Ultimamente, inoltre, studi scientifici hanno dimostrato che potrebbe essere molto efficace per il trattamento del colesterolo alto, nel ridurre i livelli di trigliceridi e la glicemia nonché potrebbe contribuire alla prevenzione dell’arteriosclerosi. Insomma si tratta di un frutto quasi miracoloso per cui ben ci potremmo spiegare la tradizionale etimologia del nome dal turco. Tutto ciò potrebbe pure farci capire come mai i greci, più di cinesi, francesi, spagnoli, turchi ed americani, con i

quali ne contendiamo il grembo, ci tengano tanto ad affermare la provenienza originaria del frutto dall’Olimpo. Eppure anche loro dovranno farsene una ragione: il 90% della produzione mondiale di bergamotto, ricco delle proprietà organolettiche di cui sopra, cresce esclusivamente nel terreno argilloso e di origine alluvionale che va lungo tutta la fascia costiera da Villa San Giovanni a Gioiosa Jonica; il restante 10%, dal profumo, proprietà e sapore decisamente meno intensi, se lo divide tutto il resto del mondo. Peggio di quanto si legge su Wikipedia, però, penso che non lo abbia scritto nessuno: <<The word bergamot is etymologically derived from bergamotta in Italian, originating from Bergamo, a town in Italy.>> Mi rifiuto di tradurre tale assurdità made in USA. È chiaro che l’Italia ha numerose fortune congenite che però evidentemente non sa far fruttare, tra queste in primis la morfologia: sviluppandosi longitudinalmente riesce a far coesistere diversissime produzioni per esigenze di clima e terreno, rivelandosi ricchissima di varietà vegetali ed animali. Il bergamotto rappresenta solo l’apoteosi della miopia economica di una intera nazione. Innumerevoli sono i prodotti, qualitativamente uno migliore dell’altro, che regnano sulle terreno italiano. Zoomando l’attenzione sulla Calabria, la fortuna morfologica raggiunge livelli esponenziali accompagnata da altrettanta incapacità di organizzazione. <<Non possiamo pensare di competere sui mercati internazionali continuando a lavorare come piccole singole aziende agricole – afferma Maria Grazia Milone, Presidente CIA Calabria centro – bisogna fare rete tra le imprese: l’associazionismo è la chiave per rimanere sul mercato.>> Lei conosce bene il mondo dell’agricoltura e si rende conto perfettamente che le quantità di qualsivoglia prodotto coltivato in ciascuna delle microimprese calabresi non troveranno mai il giusto sfogo nel mercato globale se non si punta sull’unire le forze per lo stesso obiettivo e sulla caratterizzazione qualitativa. Il fatto di essere immersa nel Mediterraneo, infatti, crea lo svantaggio di avere numerosi competitors per prodotti simili ed a prezzi notevolmente inferiori.<<La qualità è la carta vincente e necessaria. Accompagnata da un indispensabile cambio di mentalità e volontà di fare gruppo in un’ottica di marketing territoriale.>> Se il prodotto è unico, magari anche destagionalizzato oppure

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caratterizzato territorialmente, si potrebbe essere indotti a pronosticare un successo commerciale ma in realtà bisognerà in ogni caso studiare la giusta strategia di marketing e magari rivolgersi a mer-

cati già sensibilizzati. Per esempio, l’impresa lametina Silagum, che già dal nome vuole suscitare la curiosità del consumatore sulla provenienza del prodotto, da qualche anno confeziona caramelle gommose al gusto di alcuni dei più tipici sapori di Calabria: agrumi tra cui il bergamotto, liquirizia, more e lamponi, e fragola ossequiosamente alle oltre 20 mila tonnellate di frutto raccolto ogni anno nella piana di Lamezia Terme. Si tratta di uno snack d’impulso, che regala momenti di piacere, e per questo la caratterizzazione si è rivelata la scelta determinante per la sopravvivenza dell’azienda. <<Per differenziare il prodotto abbiamo deciso di venderlo insieme all’immagine del territorio, rivolgendoci soprattutto all’estero, dove le caramelle gommose fanno parte della quotidianità>>. Così Claudio Aquino, sales manager dell’unica azienda calabrese produttrice di caramelle gommose, ha spiegato la strategia di marketing del circa 50% di vendite all’estero ed altrettanto nel nord Italia. <<E di preparazione, prima di lanciarsi nei mercati esteri, ce ne vuole e non poca!>> ha ammonito Alessandro Barulli dalla sede di Unioncamere Calabria lo scorso 16 aprile in occasione di un workshop a cura di ICE. “K.i.s.s.”, tecnica ingegneristica, è il metodo che ha suggerito relativamente alla comunicazione: Keep it single and stupid. Piuttosto che avventurarsi in strategie complicate o improvvisarsi avventatamente, il suo consiglio per ridurre le distanze culturali è stato di rendere le cose semplici, chiare e dirette. Se è vero che il cibo, insieme alla musica, lo sport e l’arte, crea ponti tra i popoli, è pur vero che bisogna comunicare correttamente i messaggi che si vogliono trasmettere, scambiando informazioni complete e curando la comunicazione con suggestioni ed emozioni. Aneddoti, passaparola, conoscenza degli usi, gentilezza, uso corretto della lingua, sono solo alcuni aspetti della fase di internazionalizzazione. L’interfaccia aziendale è costituito dall’ufficio export e dipende anche dalla sua organizzazione l’immagine e il procedere dei rapporti commerciali. <<Quattro sono le P da tenere sempre in giusta considerazione, the Path to Export: Prodotto, Prezzo, Posto, Promozione>>. Difficile dire se il piccolo spazio della “Piazzetta”, appunto, benché la posizione strategica all’interno di Expo, così come quella della Calabria all’interno dell’area del Mediterraneo, sia riuscita nel suo intento di promozione del territorio e dei suoi frutti. Le valutazioni le faremo al termine delle manifestazioni programmate, tra cui

la “Settimana del protagonismo” dedicata alla Calabria nel padiglione Italia dal 25 al 30 settembre. Intanto Foody, la mascotte ufficiale di Expo Milano 2015, ci accompagnerà tra spot ed iniziative, durante questo percorso di 6 mesi, in maniera originale e dinamica. L’allegro volto con cui si propone è il risultato dell’unione di undici elementi, ognuno con caratteristiche diverse, e rappresenta la comunità, la diversità e il cibo inteso nella sua accezione più estesa: l’ideale sinergia tra i Paesi del mondo chiamati a rispondere con energia e positività alle sfide del nostro Pianeta sull’alimentazione. A parte l’ambizione del messaggio, questo colorato logo trae ispirazione dalle opere di Giuseppe Arcimboldo, pittore italiano del XVI secolo noto per le sue grottesche “Teste Composte”, ritratti burleschi eseguiti combinando tra loro oggetti o elementi collegati metaforicamente al soggetto rappresentato, in modo da sublimare il ritratto stesso: natura morta reversibile, cioè se girato di 180° dà vista ad una nuova immagine. Siamo abituati a vedere la frutta ritratta in immagini spesso solo come natura morta, al contrario si tratta di testimonianze della versatilità della vita che scorre e della velocità dei cambiamenti. Qualcuno avrà probabilmente visto sculture ed installazioni fatte di vegetali intagliati. Io ho la fortuna di avere una sorella artista del settore e di miracoli di trasformazione del genere ne ho visti tanti: ciò che sembra potrebbe non essere o essere diversamente.

Nelle sere di primavera in Calabria il profumo dei fiori di zagara può diventare estasiante. Da lì si formeranno frutti meravigliosi, alcuni poco conosciuti, come il Mapo ed il Biondo tardivo di Trebisacce ma pur sempre rigeneranti. Altre volte il profumo invece proviene dai gelsomini che si arrampicano imbiancando le pareti a festa o dal sambuco che poi verrà raccolto per arricchire il gusto delle focacce ripiene di cipolla. Altre volte ancora i fiori annunciano nuovi arrivi nell’orto, dando la possibilità di pregustarne delicatamente i sapori, come nel caso dei fiori di zucca. Ci sono volte che l’impazienza ci fa raccogliere i boccioli dei fiori per gustarli come frutti, anche se in realtà non lo sono, come nel caso dei capperi, gemme floreali dal gusto molto intenso ed aromatico. <<Per fare tutto ci vuole un fiore.>>

Anna Sciarrino, laureata in Giurisprudenza a Bologna durante un meraviglioso peregrinare in giro per l’Europa. Sostenitrice di internazionalizzazione d’impresa ed appassionata di scambi culturali, non potrebbe sopravvivere senza tramonto sul mare e risotto ai funghi.

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Lunedì 10 Agosto 2015 dalle 10.30 alle 0.00 Lamezia Terme, Calabria, Italy

La Fondazione Carlo Rambaldi, su idea della famiglia del pluripremiato premio oscar ed in particolare della figlia Daniela, ha il piacere di invitare all’evento “E.T. sotto le stelle”, che si terrà a Lamezia Terme in data 10 Agosto 2015, in occasione del terzo anniversario dall’ultimo saluto dell’artista Carlo Rambaldi. Protagonista della giornata sarà “E.T. l’extra-terrestre”, che allieterà grandi e piccini con la sua partecipazione straordinaria. Il fine dell’iniziativa è raccogliere fondi destinati al reparto di Pediatria dell’Ospedale di Lamezia Terme ed inoltre sostenere le attività dell’associazione onlus EFFRA, il cui obiettivo primario è offrire supporto alle famiglie di bambini affetti da patologie croniche. In considerazione della cifra raccolta dalla vendita dei biglietti per la serata di gala, verranno acquistati e donati dalla Fondazione Carlo Rambaldi nuovi e necessari elementi di arredo per rendere più sicuro l’ambiente in cui vengono ospitati i piccoli degenti lametini. Si tratta di un evento di beneficenza la cui unica “corrente” è quella dettata dalla solidarietà, primo di una serie di iniziative volte a ricordare il Maestro degli effetti speciali ed il messaggio che ci ha lasciato in eredità: “perseguire i propri sogni e credere nell’immaginifico come veicolo per la realizzazione delle proprie capacità artistiche”. L’inventore di E.T. ed altri fantastici personaggi, infatti, ha sempre mostrato grande sensibilità nei confronti dei bimbi e dei loro sogni, dedicando soprattutto a loro le sue opere ed impegnandosi in iniziative simili a questa nel corso della sua vita. Appuntamenti:

Dalle 10.30 alle 13.00 c/o Reparto di Pediatria dell’Ospedale di Lamezia Terme Gli amici di E.T., l’extra-terrestre più famoso e più amato al mondo, faranno visita ai bambini ospiti in reparto per giocare e sorridere insieme:

I simpaticissimi clown dell’associazione Vo.La, Volontari Lametini, accompagneranno E.T. in corsia tra palloncini, nasi rossi e tanta allegria; Tutti i bimbi riceveranno in regalo una simpatica maglietta con mascotte e ad estrazione saranno donati alcuni dolcissimi peluche di E.T.; Un lettore dvd ed il dvd del film “E.T. - L’extra-terrestre” (S. Spielberg, USA 1982) saranno donati dall’Associazione culturale UNA per essere sempre a disposizione e creare dei momenti di aggregazione tra i bambini nella sala ludica del reparto. Dalle 21.00 alle 00.00 c/o Villa Ventura, Falerna marina Gala per la raccolta fondi destinati alla donazione: “Brindisi sotto le stelle” con prosecco e dessert di frutti e dolci; Intrattenimento musicale; Sfilata degli esclusivi costumi di The Swimgerie by Darà; Fashion-show a cura di Fascino Bizantino jewels, con 4 modelle che impersonano sirene Leucosia, Partenope e Ligea insieme a Calipso durante lo spettacolo “Anima Mediterranea”; Ospiti vip sensibili all’iniziativa promossa dalla Fondazione Culturale Carlo Rambaldi; Workshop sulla comunicazione delle emozioni, per i bimbi e non, a cura di Cles consultorio; Corner per vedere dal vivo e da vicino E.T. a grandezza reale e, per gli ospiti che desiderano un ricordo dagli effetti speciali, opportunità di farsi fotografare con lui; Lotteria a premi da assegnare ad estrazione tra i biglietti dei partecipanti al Gala: • 1 Libro “Il mio Pinocchio” - 95 dipinti per il racconto di Carlo Collodi, di Carlo Rambaldi, Rubbettino Editore; • 1 Peluche “E.T. doll”; • 1 Libro “Carlo Rambaldi – Una vita straordinaria”, di Victor Rambaldi, Rubbettino Editore. Programma soggetto a variazioni. Per aggiornamenti controllare la pagina facebook: “E.T. SOTTO LE STELLE” Evento di beneficenza. Si ringraziano tutti gli Sponsors che renderanno possibile la realizzazione di questo evento. INGRESSO GALA: singolo 30,00 €; in coppia 50,00 €; under 12 gratis; under 18 ridotto 15,00 €. POSTI LIMITATI. Tutti gli ospiti riceveranno un omaggio ricordo dell’evento. PRENOTAZIONE ED ACQUISTO BIGLIETTI ENTRO IL 02/08/2015: inviando una email a info.etsottolestelle@gmail.com. Per maggiori informazioni contattare Anna Sciarrino al 3201180207. A breve potranno essere ritirati presso il Comics Cafè, in via Corridoni 8/10 di Lamezia Terme. DONAZIONI E SPONSORIZZAZIONI ENTRO IL 19/07/2015: Chi fosse interessato a dare un contributo per la realizzazione di questo evento, come Sponsor o con una Donazione, è invitato a contattare la signora Daniela Rambaldi inviando una email a info. etsottolestelle@gmail.com oppure comicscafe@libero.it. Iban Fondazione Culturale Carlo Rambaldi: IT 33 O 055 8413010000000001352 Per maggiori informazioni contattare l’avv. Gianlorenzo Franzì al 3922582019. Vi aspettiamo numerosi e come disse il maestro al ritirò degli oscar: al primo “thank you”, al secondo “thank you very much” e al terzo “thank you very very much”.

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E’ di ieri la notizia della morte di Sergio Sollima, il grande realizzatore televisivo di Sandokan...

tristezza della sua vita, creò personaggi immortali.

Ho provato molta commozione.

Pare che un pirata così eroico sia esistito veramente, in Malesia: combattè contro gli inglesi e divenne quasi eroe nazionale.

Sergio Sollima aveva circa l’atà di mio padre.

Sandokan fu solo uno di essi.

Non sappiamo se il grande Emilio fosse a conoscenza dell’esistenza verace di un reale Sandokan, è possibile, ma di sicuro il suo Sandokan è ben più famoso... Esiste una collana intera del cosiddetto Ciclo di Sandokan. Romanzi lunghi e appassionanti, ricchi di patriottismo, sia pur ambientato in terre lontane, passione e avventura... IL più conosciuto, da cui è tratto il Sandokan televisivo è LE TIGRI DI MOMPRACEM, in cui si narra la vicenda iniziale del pirata, ma io ritengo, di gran lunga che sia LA TIGRE DELLA MALESIA, il vero capolavoro salgariano. Nel primo romanzo, il pirata vive la sua triste vicenda amorosa, il grande amore che scompare in una battaglia, dopo averlo scelto come compagno di vita. Tale vicenda fu influenzata dalla triste vicenda familiare dello scrittore. E’ stato uno dei più grandi registi italiani, ma la sua riservatezza e il carattere schivo dei grandi, non lo ha mai posto al centro delle platee mondane. Colto oltre misura e profondo conoscitore della letteratura italiana, sceneggiatore e autore, divenne famossissimo con la trasposizione televisiva del più famoso eroe salgariano. Il connubio con Kabir Bedi, incendiò la fantasia italiana, circa 70 anni dopo la morte del grande Emilio Salgàri. Voglio spendere qualche parola in più, circa quasto cognome famosissimo, in tutto il mondo. Molti pronungiano Sàlgari, probabilmente perché l’accento sulla prima sillaba dà enfasi al nome stesso, ma la pronuncia esatta è Salgàri. Lo scrittore era veneto, veronese, per la precisione, e salgàr, in veneto, vuol dire salice piangente. Salgàri, altro non è che il plurale. Come se lo scrittore si chiamasse Emilio (de’) Salici Piangenti... Un cognome malinconico, quasi presagio della sua triste fine... Eppure, Salgàri, nonostante il dolore e la

Ma Sandokan non è un eroe che si arrende. Ne LA TIGRE DELLA MALESIA , Salgàri tenta il suo stesso riscatto contro l’orrore della vita che lo travolge. Scriverà, poi, anche SANDOKAN ALLA RISCOSSA, indimenticabile epopea piratesca, di riscatto finale e riuscitissimo, le cui descrizioni mettono i brividi.

cere.

nell’Anno Sociale 2014-2015: caminetti a tema, tenuti dai soci P. Frugiuele, A. Mallamo, P. Mascaro e V. Scarcella; eventi straordinari di raccolta fondi per il service “End Polio Now”- attraverso L’arte per gli Ultimi (un’asta di opere d’arte, donate generosamente da artisti vari) e Un Kiwi, Una Vita (la tradizionale vendita di kiwi, offerti dal socio R. Inderst), che hanno consentito al Club di versare $ 3.000,00 alla Rotary Foundation per la campagna di eradicazione della polio; azioni di solidarietà sul territorio - la Raccolta Banco Alimentare (oltre 970 kg di alimenti raccolti dai soci in un giorno e in un solo supermercato della città), una Cena al Buio (organizzata dall’Unione Provinciale Ciechi ed Ipovedenti di Catanzaro), Un pranzo alla mensa della Caritas (in collaborazione con gli studenti dell’Istituto Alberghiero “Einaudi”, guidati da Chef Giovanni Mastroianni), il progetto Oltre le Mura con il RC Catanzaro Tre Colli (che ha consentito agli ospiti dell’Istituto Penale Minorile di Catanzaro di frequentare un corso per pizzaioli, di incontrarsi con alcu-

Avevo 9 anni, quando mi regalò il primo libro salgariano da leggere. E, da allora, via via, fino all’ultimo. Ogni buon voto, un libro: studiavo come una matta per guadagnarmeli tutti e, alla fine ebbi l’intera collana. I romanzi d’avventura, secondo mia madre, affinavano il coraggio e attenuavano il senso di paura nel bambino... e facevano sognare. Ringrazio mia madre per i tanti sogni vissuti fra tutte quelle pagine: quiel che sono, lo devo anche a quelle sconfinate letture. Il primo libro che mi regalò, fu proprio LA TIGRE DELLA MALESIA: in seguito mi disse di avermi regalato dopo LE TIGRI DI MOMPRACEM, per paura che la tristezza per la morte della Perla di Labuan, mi impedisse di continuare le letture salgariane. Fu una scelta felice, perché lessi tutti i libri di Salgàri e oggi ne vado fiera. Ed è proprio LA TIGRE DELLA MALESIA, che vi consiglio di leggere, in questa calura estiva, ma fate come me, poi, non trascurate gli altri. Buona lettura e... buoni sogni. Maria Palazzo

Erroneamente, nel passato, tale letteratura fu definita popolare. Oggi, per fortuna, assurge agli onori degli altari culturali a pieno titolo. Ma non potete comprendere se non leggete. Per essere colti non serve leggere solo libri incomprensibili e pieni di trappole. Leggete Salgàri, o rileggetelo, se lo avete già letto. Io ho ricomprato, per intero, la collana salgariana, in copia anastatica delle prime edizioni. Non me ne pentirò mai. E ringrazio mia madre, immensa conoscitrice di Salgàri, di avermelo fatto conos-

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La Dr.ssa Raffaella Gigliotti continuerà a rivestire l’incarico di Presidente del Rotary Club di Lamezia Terme anche per l’Anno Sociale 2015-2016, e nel corso di una partecipata e suggestiva cerimonia, svoltasi alla presenza dei Soci del Club, del Past Governor del Distretto 2100 Francesco Socievole, di Manlio Paonessa - Assistente del Governatore Giorgio Botta, dei rappresentanti dei Club di Amantea, Reventino e Soverato, dei Presidenti dei Club Rotaract ed Interact, ha esposto un corposo consuntivo di fine anno e reso note le linee direttrici del suo secondo anno di mandato. All’incontro era presente anche il Sindaco di Lamezia Terme, Paolo Mascaro, socio attivo del sodalizio. “Il Club non può che essere orgoglioso di avere un proprio socio, un rotariano, alla guida della città - ha detto il Presidente R. Gigliotti, rivolgendosi a Mascaro, per la prima volta nel Club dopo la sua elezione - perché un rotariano ha nel suo DNA la propensione verso gli ultimi, ma soprattutto è protagonista di un service che sa ascoltare, interpretare e realizzare con competenza le istanze della collettività e del proprio territorio. Noi ti saremmo vicini nel corso del tuo mandato in termini propositivi, certi che insieme riusciremo a migliorare le condizioni sociali e culturali della nostra Lamezia, e ad innalzare il benessere della nostra comunità.” Tante le attività realizzate dal Rotary Club di Lamezia Terme

ne delegazioni di studenti delle nostre scuole, e di attrezzare un nuovo laboratorio di cucina); eventi pubblici socio-culturali, anche in InterClub - tra i quali la Giornata della Memoria (con la testimonianza dell’Avv. G. Zupo), la presentazione del libro Revolution di Marcello Vitale (relatori i Prof. A. Bagnato, R. Caputo, F. Bruno), la Prima Edizione del Premio Rotary Club Lamezia Terme Valter Greco (a Orazio Coclite, Redattore e Voce Ufficiale di Radio Vaticana), il Premio La Città del Sole (all’orafo Eugenio Rocca e al fotografo Pasquale Cerra); la conferenza su Integrità, Etica e Legalità: come prevenire la corruzione attraverso i valori (tenuta da Maria Teresa Carè - Presidente della Sezione Penale del Tribunale di Lamezia Terme, e da Maria Rita Acciardi - PDG Distretto 2100); incontri rotariani - col Governatore Giancarlo Spezie (in occasione della sua visita ufficiale al Club), con i PDG Pietro Niccoli (per celebrare

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il 110° anniversario del Rotary International), Natale Naso e Felice Badolati nel corso di interessanti conferenze realizzate in collaborazione con i Club Rotaract ed Interact; momenti di convivialità, tra i quali, la serata di teatro L’ultima notte di Scolacium al Parco della Roccelletta (nell’ambito della rassegna Armonie d’Arte Festival), lo scambio degli Auguri di Natale (con l’intervento di Mons. Armando Augello e l’ingresso dei due nuovi soci - Fulvio Donato e Gianfranco Barbieri), la Gita a Napoli (per visitare la Città Sotterranea e la bottega storica dei presepi artistici di Casa Ferrigno) e a Salerno (per vedere le famose luminarie). Il Club di Lamezia Terme, inoltre, è stato rappresentato dal Presidente e dal suo Direttivo in ben 10 eventi organizzati dal Distretto 2100 nel corso dell’anno (a Roma, Napoli, Sorrento, Salerno, Sapri, Battipaglia, Pizzo e Marsala) e ha ospitato la prima edizione del RYPEN - tre giorni di formazione sulla leadership - a cui hanno partecipato circa 60 giovani interactiani dei Club del Distretto 2100 (tra i 13 e i 18 anni). Al RYPEN il Club di Lamezia Terme ha contribuito a far partecipare 16 giovani del proprio Interact (condiviso con il RC del Reventino), mentre al MEDRYLA di Napoli (evento di formazione dedicato ai rotaractiani - tra i 18 ed i 30 anni) ha iscritto a partecipare la giovane Giada Campo. Ho percorso insieme a Voi un tratto di strada importante di vita rotariana - ha detto il Presidente Raffaella Gigliotti, dopo aver presentato i risultati dell’anno sociale trascorso - animata da un forte senso di responsabilità e da uno spirito di servizio senza limiti di spazio e di tempo. Ho ricercato modalità ed occasioni tra le più svariate per coltivare e rafforzare l’affiatamento, l’appartenenza al Club e l’assiduità alle iniziative messe in atto dal Consiglio Direttivo. È mio desiderio continuare ad agire nella direzione intrapresa, riproponendo azioni di solidarietà destinate ai service della nostra Fondazione e alla comunità locale, così come tengo a portare avanti attività di diffusione culturale, organizzando momenti di dibattito con gli attori e i decisori locali, che pongano sempre al centro “l’uomo” come motore dello sviluppo della società. E ha aggiunto - Consolidare i rapporti di amicizia tra noi e tra i soci di altri Club è importante per creare reti umanitarie a beneficio del prossimo: è questo un altro obiettivo da perseguire con impegno

e con costanza. Ed è in quest’ottica di evoluzione degli scambi di amicizia, culturali, territoriali, valoriali, che in quest’anno abbiamo avviato un dialogo proficuo con gli amici di un altro Club Rotary quello di Milano Scala nel Distretto 2041; un dialogo certificato da un autentico gemellaggio tra i nostri Club, in un anno speciale per Paese Italia - quello dell’Expo a Milano - l’esposizione mondiale che avvicina i popoli di ogni razza e di ogni nazione; un dialogo che inizia da oggi con l’intento di avvicinare il Nord al Sud del Paese nel nome di un Rotary che accomuna, che unisce, che si confronta sui grandi temi di attualità sociale, sui tanti traguardi del progresso civile ed economico e che fa leva sull’alleanza per l’impegno verso gli ultimi e per la pace.” Presentato il motto dell’anno sociale - “Be a gift to the world”“Siate dono nel mondo” - in linea con quello del Presidente del Rotary International, Ravi Ravindran. E se lo scorso anno abbiamo seguito con slancio Gary Huang con il suo “Light up Rotary”- ha concluso Raffaella Gigliotti - ispirato a Confucio, per far luce sulle nostre comunità, con Ravindran - che porta a esempio Abramo Lincoln, Teresa di Calcutta, Mahatma Gandhi - ci apprestiamo a vivere, con altrettanto trasporto, la nuova avventura del “Be a gift to the world”, pronti tutti a comprendere che il Rotary è un dono per noi stessi e per chi, col nostro aiuto, può trasformare la sua vita. Che sia l’anno della consapevolezza che “essere rotariani” significa aver ricevuto un dono prezioso; un dono che non si tiene per sé, ma che è stato fatto per essere “donato” agli altri.” La cerimonia si è conclusa con uno straordinario concerto del Coro dell’Unione Provinciale dei Ciechi e degli Ipovedenti di Catanzaro, diretti dal loro Presidente Luciana Loprete - a testimonianza di un Rotary che sa fare della convivialità anche un atto d’amore verso il prossimo più bisognoso di attenzioni. Presentato il Consiglio Direttivo per l’Anno 2015-2016: Massimo Sdanganelli (Vice-Presidente), Giuseppe Senese (Presidente Eletto 2016-2017), Claudio Sdanganelli (Segretario), Franco Gigliotti (Tesoriere), Caterina Restuccia (Prefetto), Carlo Borrello, Pasqualino Famularo, Domenico Galati, Rodolfo Inderst, Antonio Mallamo, Pietro Moraca, Vincenzo Scarcella (Consiglieri).

Tutti gli uomini scompaiono - mi risponde così Ferdinando Scianna a mio sconcerto che, di Tommaso Giglio, grande direttore del giornale Europeo, esista pochissimo in rete, oltre al mio post ed a sue testimonianze. Tutti gli uomini scompaiono, ribatto io, però Tommaso Giglio vorrebbe parlare, parla attraverso noi, altrimenti perché io continuo a scriverne, io che leggevo sempre il suo giornale? C’ è fra gli uomini l’incontro trasversale, esiste una comunicazione oltre il gestuale e riconosciuto scorrer degli eventi che ci porta dappertutto a fotografare l’attimo vivente, l’incontro fra l’usuale e lo straordinario, l’attimo fuggente che sia il Big Data, il campo dei database, grandi aggregazioni di dati, accessibili grazie a smartphone, sensori e computer. Mappe rintracciabili con un hastag, con una legenda e strumenti di navigazione. “Tracce virtuali lasciate sul nostro territorio possono formare una mappa di dati capaci di prevedere e conoscere” Una rivoluzione fra il diritto al rispetto delle proprie tracce e il diritto di accedere alla conoscenza. Tracce di noi che non siamo un’orma sul terreno, benché capisca la risposta di Scianna, e Mappe, Contesto in cui muoverci per orientarci. del volo, della striscia di fuoco che scende giù, vero Michela? Michela Cimmino, classe 1988, fotografa, Freelance. Sua la tesi con pubblicazione, Edizioni Accademiche italiane, sulla fotografia, la storia della fotografia, la comunicazione fotografica, fotogiornalismo e reportage, fotografia 2.0… la fotografia a portata di mano, con uno Smartphone siamo tutti reporter? In potenza, direbbe i filosofi, poi aggiungerebbero che per essere reporter ci vuole occhio, testa e contesto… Instagram: Fotografie condivisibili con tutti i social, fotografie e hastag, etichetta applicata per fornire un tag di ricerca, per creare community, cioè contesto. Oggi il contesto sembra

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Mi sembra sempre che La lanterna di Diogene sia utile e che non manchi mai la consapevolezza del nostro usare nuovi mezzi per dire e fotografare quel nostro passaggio sul terreno che nessuno di noi vorrebbe solo un’0mbra sul terreno. Tommaso Giglio, Scianna, Salgado, Michela… a tutti noi che amiamo la fotografia… fotogiornalismo sarà Cogli l’attimo, quell’attimo, quello che storia diventerà

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Ippolita Luzzo

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Prosegue la collaborazione tra Slow Food Lamezia e il Liceo Campanella Una due giorni all’insegna del buon gusto e della valorizzazione delle eccellenze del territorio, il weekend organizzato dalla condotta lametina di Slow Food che ha visto la partecipazione degli studenti della Rete giovani Slow Food del Liceo Campanella. Una collaborazione, quella tra l’istituto superiore diretto da Giovanni Martello e la condotta lametina diretta da Antonello Rispoli, che da due anni si é concretizzata in una serie di iniziative orientate a rendere protagonisti gli studenti dell’attività di promozione del territorio e di valorizzazione delle produzioni locali. Dopo la cena di beneficenza organizzata nel periodo natalizio e l’avvio di una serie di eventi in preparazione all’Expo di Milano, dove parteciperà una delegazione di studenti del Campanella guidati dalla docente Michela Cimmino, sabato e domenica gli studenti del Liceo Musicale hanno animato la mattinata di Slow Food sull’isola pedonale di Corso Giovanni Nicotera

con esibizioni musicali che hanno accompagnato le degustazioni e i laboratori. “La collaborazione con il Liceo Campanella - dichiara il responsabile della condotta giovani Giovanni Nicotera - è uno dei punti di forza dell’attività di Slow Food a Lamezia, il segnale della volontà della condotta lametina di coinvolgere le nuove generazioni nell’attività di promozione e valorizzazione del territorio. Nell’ultimo weekend, oltre alla grande partecipazione alla presentazione della Comunità del cibo dell’Olio di Carolea, alle degustazioni e ai laboratori sensoriali, abbiamo registrato un notevole incremento di associati e di rinnovo tessere. Tutto questo ci spinge a proseguire in una collaborazione tra la scuola e la condotta, mirando a un’azione sempre più incisiva sul territorio e a un lavoro di squadra con le diverse realtà sociali e culturali del territorio”

Calamari imbottiti con provola e zucchine Ingredienti per quattro persone 4 calamari freschi da 120 gr ciascuno 250 g di zucchine fritte a fettine 160 g di provola affumicata 4 foglie di basilico Un cucchiaio di prezzemolo 2 dl di vino bianco Sale qb Pepe qb

PERRI

Procedimento Pulite i calamari esportando nella testa, fateli di sgocciolare. In un recipiente versate le fettine di zucchine fritte la provola affumicata a pezzetti le foglie di basilico sminuzzate spolverate con il parmigiano grattugiato e del pepe macinato fresco, Amalgamate tutto ben bene. Con l’impasto riempire i calamari, richiudeteli con la testa precedentemente asportata aiutandovi con uno stuzzicadenti. In un tegame soffriggere olio con l’aglio fino a doratura. Aggiungere il prezzemolo tritato e poi unire I calamari farciti. Bagnare con il vino bianco e portare a cottura tenendo presente che la faccia non ha bisogno di cottura, aggiungere un po’ d’acqua se necessario. Servirli ben caldi con la loro salsina di cottura e con zucchine grigliate di contorno

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