2014 12 31 Rivelarsi di Terzani

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ILLIBRO. A dieci anni dallamorte biografia in testi, fotoedocumenti

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RIVELARSI DITERZANI Giornalistadeimigliori, «quelliche nonsannofare altro».S’innamorò dell’Oriente,poideluso ecacciato daMao finìconvinto nonviolento Lorenza Costantino I migliori giornalisti, diceva Tiziano Terzani (1938-2004), «sono quelli che non sanno far altro nella vita». Aveva provato a divagare, lui, giovane manager alla Olivetti negli anni Sessanta. Ma la sua vocazione di reporter si era fatta insopprimibile. «È il mio istinto», diceva. «Io non sono molto intelligente, colto o brillante. Però sono sempre interessato all' altro: chi sono gli altri?» Nel decimo anniversario della scomparsa, Rizzoli pubblica una biografia che fa parlare articoli, lettere, appunti e foto (molti inediti) dell'inesausto «cercatore» fiorentino. Una storia personale dentro quella maiuscola del grande incontro-scontro fra l'Occidente, da cui Terzani sempre scappò, e l'Oriente, che amava, ma da cui fu deluso. «Nessuna cultura asiatica è in grado di resistere all'asfalto del materialismo occidentale», si rammaricava alle soglie del nuovo millennio. «L'Asia vuole diventare come l'Occidente, ma così facendo uccide la sua più grande ricchezza: essere diversa». Il sogno asiatico era sbocciato in gioventù, attraverso due figure mitiche: Gandhi, con la sua nonviolenza, e Mao, con la rivoluzione culturale. L'accostamento era inopportuno, ma Tiziano allora non lo sapeva: «L'esperimento di Mao — questo ridistribuire beni, togliere incentivi materiali per sostituirli con incentivi morali — mi pareva un sogno». Figlio unico di un ex partigiano, comunista che votava Pci, e di una sarta, «cattolicissi-

ma» che votava Dc, rivendicava con orgoglio l’essere nato «povero in canna» e di «aver respirato la tolleranza fin da bambino, in famiglia». Bravissimo a scuola, a 13 anni i genitori lo volevano mandare a lavorare, ma il professore di italiano protestò: «Questo qui 'un è mica grullo!» Così, con le borse di studio e i pantaloni lunghi comprati a rate, ottenne il diploma e poi la laurea con lode in giurisprudenza alla Normale di Pisa. Per un brillante neolaureato all'epoca fioccavano le proposte di lavoro. Lo chiamò la Olivetti, l’industria delle macchine per scrivere. I genitori erano al settimo cielo, lui invece terrorizzato: «Per me era la morte civile». A indorare la pillola arrivò, nel 1957, una bionda di famiglia tedesca trasferita a Firenze: Angela Staude. Il colpo di fulmine fu reciproco. Ma i genitori di lei, altolocati, non vedevano di buon occhio Tiziano, che per ammansirli accettò l'ottimo posto nell’azienda di Ivrea. Il matrimonio fu celebrato nel 1962: «Ero innamorato di questa donna stupenda, che dopo quarant'anni è ancora mia moglie», avrebbe spiegato poi. «Non sono un grande consumista, non consumo neanche le mogli». Ma Terzani sapeva che alla Olivetti non sarebbe rimasto. Riuscì a ottenere una borsa di studio per andare a studiare il cinese negli Stati Uniti, e poi a farsi assumere dal settimanale «Der Spiegel» come corrispondente dall'Asia. Perché il settimanale tedesco? «In Italia nessun giornale mi offriva un lavoro. Mi dicevano: Ah, ca-

NozzeAngela-Tiziano,1962 RIZZOLIha intitolatola biografiadiTiziano Terzani,curatada Àlen Loretiincollaborazione conlaFondazione Giorgio Cini,Guardare i fiori daun cavalloincorsa, motto cinesecheil giornalista aveva fattosuo: nel turbiniodegli eventi non trascurarei dettagli. Il volume (320pagine a colori,35euro)segue quellocheRizzoli ha dedicatoaun’altra protagonistadel giornalismo,Oriana Fallaci:anche lei fiorentina,morta dueanni dopoTerzani, puredi cancro,dopoaver descrittotanteguerre. Percorsisimili,conclusioni opposte:Fallaci avvocata dell'Occidentee dei suoi interventi armati,Terzani pacifista. L.CO.

Il volume Rizzoli, oltre a foto, testi e documenti di Tiziano Terzani, comprende i saggi di Àlen Loreti, Angela Terzani Staude, Pasquale Galiardi, Mauro Novelli, Federico Fubini, Franco Contorbia, Carmen Lasorella, Adelchi Battista, Silvia Zangrandi, Eraldo Affinati, Vincenzo Cottinelli, GianCarloCalza, Michael Jaeger, Giuliano Amato, Alberto De Maio,GherardoColombo,SilvanoNistrieEkkehart Krippendorff.

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sogno vietnamita, trasformarsi il Sudest asiatico in un grande mercato. Ho visto l'ondata di materialismo occidentale travolgere tutto ciò che di asiatico avevo imparato a conoscere e ad amare». Nemmeno il giornalismo, sempre più veloce e superficiale, sembrava più appassionarlo. A metà degli anni Novanta, il prepensionamento: non stava bene. Un cancro lo stava minando. Ormai c'era solo un luogo dove desiderava rifugiarsi: «L'India, ultimo baluardo d'Oriente. Forse andrò incontro a un'altra delusione…» Il ritiro fra i monaci dell'Himalaya parve rasserenarlo. Ma nel 2001 scoppiò un evento di enorme portata, l'attacco terroristico alle Torri Gemelle. Il reporter-Terzani sentì che non poteva mancare a questo appuntamento con la Storia. Come un novello freelance si recò in Afghanistan e documentò per il «Corriere della sera» la guerra occidentale contro i talebani. Dalle stesse colonne, Oriana Fallaci inveiva contro l'Islam estremista: «Sveglia, gente, qui è in atto una guerra di religione che essi chiamano Jihad, e che mira alla scomparsa della nostra libertà e della nostra civiltà. Se non ci si oppone, se non ci si difende, se non si combatte, la Jihad vincerà». Terzani replicò con una lunga lettera: «Oriana, certe concitate parole servono solo a risvegliare i nostri istinti più bassi. L'orrore indicibile è ap-

pena cominciato, ma è ancora possibile fermarlo, facendo di questo momento una grande occasione di ripensamento. Non si tratta di giustificare, ma di capire. Capire, perché io sono convinto che il problema del terrorismo non si risolverà uccidendo i terroristi, ma eliminando le ragioni che li rendono tali». L'opposizione a quest'ultimo conflitto fu anche il suo testamento spirituale: «Tutta la mia vita è stata una storia di delusioni, con grandi rivoluzioni che hanno fatto solo grandi massacri. L'unica rivoluzione ancora da fare è quella nonviolenta, quella che non fa massacri. Vedo invece un'abdicazione all'intelligenza che parte proprio dal cuore. Non vedo nessuno che abbia il coraggio di rendersi impopolare con un' arroganza di tipo diverso, l'arroganza della verità e della morale. Dobbiamo reinventare il modo di risolvere i problemi, dobbiamo reinventare… TUTTO. Non potremo avere serenità quando c'è metà del mondo che si preoccupa di ingrassare e l'altra metà che non ha da mangiare. Perciò ho sentito forte la necessità di dire la mia. Quando i miei nipoti chiederanno a chi mi è sopravvissuto: “Ma quello là con la barba cos'ha fatto a quel tempo?", almeno potranno sentirsi rispondere che ha urlato alla gente: cerchiamo di fare la pace, non andiamo alla guerra». •

Rifarel’arenanel Colosseo Primosìufficiale al progetto

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• IDONEO MEZZO DI TRASPORTO

ro Terzani, bravo, sai il cinese. Vai, vai…» Ecco nascere, all' inizio degli anni Settanta, il vero Terzani, il reporter di guerra. Nel 1972, con base a Singapore dove teneva al sicuro la famiglia — intanto erano nati i figli Folco e Saskia — rimbalzò fra Vietnam, Thailandia, Laos e Cambogia: il calderone delle rivoluzioni indocinesi. Seguì con sgomento il dramma dei profughi vietnamiti, l'invasione della Cambogia da parte del Vietnam, con la scoperta di massacri e campi di sterminio. Atrocità che lo costrinsero a una profonda revisione delle proprie idee politiche: «Nascondere certe notizie per amore della bella rivoluzione serve a poco». Quando poi, nel 1980, «Der Spiegel» lo inviò finalmente in Cina, l'entusiasmo e i suoi ideali giovanili crollarono presto di fronte a un Paese annientato dal maoismo. «Quando da studente leggevo le parole di Mao — “Non uccidete gli uomini, non tagliate le loro teste, perché le teste non sono come i cavoli, che ricrescono" — avrei pianto di gioia. Ecco un rivoluzionario che aveva capito qualcosa. Poi vai in Cina e scopri che di teste ne hanno tagliate, e quante! Allora capisci che quelli che hai letto erano solo i sogni di un folle». I suoi articoli critici disturbavano i vertici del Partito Comunista Cinese. Così, nel 1984, venne espulso da Pechino per «crimini controrivoluzionari». Peregrinò ancora un decennio per l'Asia, dal Giappone alle Filippine, ma le illusioni erano ormai svanite: «Ho visto disfarsi il sogno cinese, il

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PROFEZIA In stazione, Mongolia, 1993.Quell’anno nonvolò;l’indovinogliaveva predettoun incidente

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«TEDESCO» Una fototessera del 1971 (baffi a penna) di corrispondentedallaCinaper «DerSpiegel»

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INVIATOLacopertinadell’«Espresso» (1975) sul reportage dal Vietnam:Terzani fu espulso daSaigon

PATRIMONIO. Roma:venditadeisampietrinicontestata,okall’altraidea

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L’ indovinogli disse diun incidente eluirinunciò aivoli

Tiziano Terzaniall’Orsigna, Appenninopistoiese,nel 2004. Nel testo,fischiettocinese dellasuaraccolta

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DELL’ASIA

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LaLettera 22 incopertina

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IL GIORNALE DI VICENZA

Mercoledì 31 Dicembre 2014

Primo sì alla proposta di rifare l’arena all’interno del Colosseo, per coprire gli scavi archeologici dei sotterranei e ricreare al centro del monumento una superficie praticabile, da usare anche per spettacoli serali, come accade all’anfiterato dell’Arena di Verona. È il parere della commissione paritetica tra ministero ai Beni culturali e Comune di Roma, che propone anche di aumentare la pedonalizzazione di via dei Fori Imperiali e auspica che il Foro romano torni a esse-

IlColosseo tornerebbecosì,con l’arena (tela diIppolitoCaffi, 1857)

re gratuito per tutti i cittadini e i visitatori e che venga approvata di una legge speciale per Roma. Queste le indicazioni di Giuliano Volpe, presidente, e dei commissari Michel Gras, Tiziana Ferrante, Adriano La Regina, Eugenio La Rocca, Laura Ricci, Claudio Strinati e Jane Thompson, inviate al ministro Dario Franceschini e al sindaco di Roma Ignazio Marino. Contestatissima invece a Roma l’idea del neoassessore ai Lavori pubblici Maurizio Pucci, che vorrebbe vendere agli appaltatori i sampietrini del selciato davanti a Palazzo Venezia, i tradizionali blocchetti di pietra delle vie romane, in compenso per l’asfaltatura della piazza. «Una follia», commenta Vittorio Sgarbi. •


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