2016 09 Una santa mi disse di Folco Terzani

Page 1

WEEK

UNA SANTA MI DISSE I panni sudici, le piaghe, gli abbracci ai morenti. Mentre il 4 settembre MADRE TERESA DI CALCUTTA viene canonizzata a Roma, un volontario dal cognome ingombrante racconta la lezione imparata da lei di F OL C O T E R Z A NI ornate ai vostri Paesi, perché da voi la sofferenza è altrettanto grande! Solo che non la si vede così facilmente, perché lì più che una sofferenza fisica è una sofferenza spirituale». Così diceva Madre Teresa, poco prima di morire, a noi volontari a Calcutta. Era difficile crederle. Per mesi ormai avevo visto poveracci con piaghe brulicanti di bachi, che però non andavano tutti eliminati perché aiutavano a tenerle pulite. O quella volta che fui mandato a raccattare un lebbroso… Difficile immaginare che lungo le nostre strade, magari dietro a un paio d’occhiali da sole, i finestrini di una macchina, o le mura di una casa di riposo, si potesse nascondere altrettanto dolore. Una lebbra del cuore. Qualcosa che se uno sapeva farci attenzione poteva notare nell’opacità delle pupille. La depressione, il senso della propria inutilità. O, come lo spiegava Madre Teresa, «sentirsi soli, scartati, non amati».

T

Certo, il giovane cugino di una mia amica svizzera, perfettamente benestante, si era suicidato senza un motivo apparente. Ma anche senza guardare tanto lontano, io stesso, pur avendo tutto, mi sentivo addosso uno strisciante senso di vuoto che neppure gli studi di filosofia a Cambridge erano riusciti a colmare. Allora, che fare? Nell’autunno del 1996 presi una decisione assurda: partire per Calcutta. Avevo sentito che là viveva, pur vecchia e malata, una donna di cui si diceva che era una «santa». Forse lei sapeva qualcosa di diverso, e me lo poteva insegnare?

Quel suo consiglio non era del tutto adatto a uno come me, abituato a studiare il mondo su libri e giornali. La sera saltai la messa, l’indomani, però, mi presentai puntualmente a Kalighat, dove Madre Teresa aveva la sua Casa dei morenti. Quello che vidi entrando, le brande con i derelitti della terra, i perdenti, gli abbandonati, era talmente drammatico che volevo subito scappare urlando. Nell’aria c’era uno strano puzzo di marcio e medicine. Poi vidi un ragazzo biondo che abbracciava un malato con un così tenero sorriso che mi dissi: «Vorrei scappare e non tornare mai più; ma ancor più vorrei diventare come lui». Quel giorno restai. La Casa dei morenti era la primissima casa che, molti anni avanti, una ignota Suor Teresa aveva aperto. Qui aveva portato i suoi primi ospiti, «i più poveri dei poveri». Pian piano aveva fondato un proprio ordine, che crebbe più veloce di qualsiasi altro ordine cattolico e si diffuse in tutto il mondo. Ma dove adesso lavoravo era il seme da cui tutto era nato. Lei ci era così legata, a questo luogo di morte, che lo chiamava «il mio primo amore».

INSIEME

Calcutta, 1996: Folco Terzani a 27 anni con Madre Teresa. Sotto, il volontario tedesco che Terzani vide il suo primo giorno nella Casa dei morenti.

Un cartellino di legno accanto alla porta della Casa Madre annunciava: «Mother Teresa, IN». Bussai e una suora indiana aprì uno spiraglio. «Che cosa vuoi?». «Ehmm… Vorrei parlare con Madre Teresa». Pochi minuti dopo, debole, in carrozzella e senza scorta, eccola davanti a me. Mi colpì questo. Anche persone molto meno rinomate tendono a farci aspettare in sala d’attesa o non trovare mai il tempo per riceverci. Invece lei era lì, ad ascoltarmi. 07.09.2016

Cercai di spiegarle le ragioni per le quali ero venuto, ma lei subito tagliò corto. «Vai a lavorare nella Casa dei morenti!», disse. Poi mi chiese di spingere la sua carrozzella fino alla cappella, dove stavano per iniziare le preghiere serali.

FOTO

Mi danno un grembiule liso ma nessuno mi spiega cosa fare. Forse è ovvio? Basta non far finta di non vedere, non aspettare che qualcun altro, magari una organizzazione governativa, risolva il problema che mi trovo io davanti. A chi ha fame si dà da mangiare, a chi ha sete si dà dell’acqua, a quello là che si è fatto la diarrea addosso dovrò cambiare i pantaloni. Semplice. Sì, però i panni sporchi non li posso poi buttare nella

GERALD HERBERT

VANITY FAIR

I

71


WEEK

Già questo mi diede molto da pensare, perché era un approccio completamente diverso dalle soluzioni pratiche e meccaniche a cui siamo abituati. Ancora più incomprensibile, a volte, pareva l’idea stessa di aiutare queste persone. È brutto dirlo, ma a cosa serviva mettere tempo e risorse in esseri ignoti che pochi giorni dopo sarebbero scomparsi? Un conto era dedicarsi ai bambini orfani, ma ai morenti? «Mostragli, per una volta nella loro vita, il volto dell’amore», mi rispose una suora. E mi commossi. Il lavoro più privilegiato lì, infatti, era quello di stare accanto a chi lasciava questa terra. La prima mattina che mi fu dato il compito di assistere un moribondo, mi parve di partire insieme a lui, attraverso la sala buia, verso la finestra aperta. Poi io tornai, e lui… Il suo corpo era ancora lì, esattamente come qualche minuto prima. Ma «lui» non c’era più. Rimasi sgomento. Per la prima volta mi sembrava di aver sentito – l’anima? Perché solo se l’anima esisteva questo lavoro aveva un senso. Il mio piano era stato di rimanere a Calcutta per due settimane, poi magari andarmi a fare un giro dell’India. Ma mi resi conto di aver già trovato quel che cercavo. Buttai via il biglietto di ritorno a casa e finii per restarci sette mesi. Vedevo Madre Teresa quasi ogni sera, avendo anch’io preso l’abitudine di recarmi in quella cappella scarna, senza ventilatori, senza seggiole, dove bisognava inginocchiarsi per terra mentre il rombo degli autobus travolgeva di continuo i dolci canti delle suore. Lei dalle sue suore richiedeva, mattina e sera, molte ore di preghiera. «Troppe», borbottava qualcuno a volte. Non sarebbe più utile dedicare quel tempo alle faccende pratiche? Ma su questo punto la Madre era ferma. Era solo nella preghiera che si sarebbe trovata la forza di fare questo lavoro non per un giorno o un mese o un anno, ma per una vita intera. E quando aprì la sua prima casa a New York, chi mandò a contrastare il marcio della Grande Mela? Suore contemplative, che non uscivano nemmeno! In questo era una mistica. Ho conosciuto ragazzi che sono stati trasformati dall’esperienza di quei luoghi, come quel dongiovanni argentino che poi aprì due orfanotrofi, o l’ex banchiere tedesco (il ragazzo biondo che mi aveva 72

I

VANITY FAIR

stupito il primo giorno) che oggi, vent’anni dopo, è ancora lì ad abbracciare allegramente quei brutti e dimenticati derelitti con cui nessun altro desidera stare. Anche a me la Casa dei morenti aveva sconvolto nel profondo. Sorse il desiderio di raccontare quello LA CARITÀ Ancora la Casa dei  che avevo vissuto in un morenti, e Teresa con  documentario. Folco, 46 anni, regista  Le suore erano scettie scrittore, figlio del  che, perché il permesgiornalista e scrittore  Tiziano Terzani, morto  so di filmare lì non venel 2004. niva dato, allora mi presentai da Madre Teresa con una camicia stirata e cercai di enumerarle le mie credenziali cinematografiche. «Tu sei fatto per cose più grandi», mi rispose guardandomi dentro come nessuno aveva mai fatto. «Per amare ed essere amato». Poi mi diede il permesso di filmare. «Fallo, ma fallo per Dio!». Quando lasciai Calcutta mi sentivo un altro. Nessuno mi aveva mai colpito come lei. I problemi esistenziali erano svaniti. Le mie priorità si erano ribaltate, avevo intravisto un amore più immenso di qualsiasi cosa conosciuta prima, un amore universale, per quel grande e terribile mistero che alcuni, in mancanza di parole, chiamano «Dio». Stavo appena finendo di montare il documentario quando ho saputo che Madre Teresa era morta. Non riuscii ad andare al suo funerale, per il quale gli indiani le concessero gli onori di Stato trasportando il corpo di questa suora albanese sullo stesso carro su cui avevano trasportato Gandhi. Pur essendo lei di un’altra religione, hanno avuto la grandezza di riconoscerla come santa: non una santa cristiana, ma di tutti. Ma «santa» che cosa vuol dire, esattamente? Me lo sono chiesto molte volte. Cos’è questo titolo che sembra significare ancor più che «lord», più che «generale» o «dottore», forse ancor più che «maestà»? Ora mi sembra di capirlo. Oltre a un abile organizzatore delle sorti umane, identifica un’anima che riesce a rompere i nostri schemi quotidiani e far da tramite fra noi e quello che c’è di eterno. Quello che non si vede bene con gli occhi, ma che ho intravisto nella Casa dei morenti di Calcutta e che tuttora so essere la cosa più importante che ho conosciuto. Il 4 settembre, allora, quando dichiareranno «santa» quella piccola donnina, in mezzo alla folla a San Pietro ci sarò anch’io. Perché ho da dirle ancora una cosa: grazie. Il documentario Il primo amore di Madre Teresa (1997) di Folco Terzani, da cui sono tratte alcune immagini di queste pagine, si può vedere liberamente su YouTube. 07.09.2016

D.R.

lavatrice, perché lavatrici qui non ci sono. Dobbiamo lavare i panni dei malati a mano, o meglio pestarli con i piedi nudi in una grande vasca. Non perché a Madre Teresa manchino le donazioni, ma perché lei questi macchinari non li vuole. Tutto deve rimanere semplice, immediato, povero: come quelli che serviamo.


N. 35 SET TIMANALE | 7 SET TEMBRE 2016

N. 35 SET TIMANALE | 7 SET TEMBRE 2016

POSTE ITALIANE SPA - SPED. A.P. - D.L. 353/03 ART. 1, CM. 1, DCB MI - PREZZI EDICOLA ESTERO: A ¤ 3,30 - F ¤ 3,00 - CH CHF 4,50 - CANTON TICINO CHF 4,20 - B ¤ 3,50 - LUX ¤ 3,50 - COSTA AZZURRA ¤ 4,00 - UK £ 2,50 - GR ¤ 3,50 - P ¤ 2,95 - D ¤ 3,60 - E ¤ 3,00 - NL ¤ 3,60 - USA $ 3,95

,40 €2,40

NNOOTT TT EE

I INN

VV II L LL LA

Diciotto giovani attrici del cinema italiano, Diciotto giovani attrici del cinema italiano, un un visionario regista internazionale, visionario regista internazionale, un un servizio di di moda che è un film servizio moda che è un film

C R ECARTEOA TEODEI R TE TT OTD DEI R OAD A

N INCI O LA SS CO LA WW I NI D IN GG ND IN RE RF EN FN


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.