BEAUJON, ICONA METROPOLITANA_ita

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Tommaso Serafini 941743 relatore: prof. Ermes Invernizzi

POLITECNICO DI MILANO- scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni ARCHITETTURA - AMBIENTE COSTRUITO - INTERNI - ARCHITECTURE - BUILT ENVIRONMENT - INTERIORS - MI Tesi Magistrale di Tommaso Serafini 941743 ANNO ACCADEMICO 2021/2022 sessione di laurea Luglio 2022 Doppia laurea - Politecnico di Milano POLIMI – Milano – ENSAPVS - Parigi relatori: Ermes Invernizzi professore (Milano), Donato Severo Professore HDR (Parigi) BEAUJON ICONA METROPOLITANA

Eupalinos o Paull’architettoValéry (2011) , Milano : Mimesis. pag.19

Portava simili attenzioni a tutte le parti sensibili dell’edi ficio, come se si fosse trattato del suo corpo. Durante il lavoro di costruzione non lasciava mai il cantiere. Credo ne conoscesse ogni pietra. Vigilava sulla precisione del loro taglio; studiava minuziosamente tutti i mezzi cono sciuti per evitare che gli spigoli si scalfissero e che il con torno netto dei giunti si smussasse. Ordinava di praticare cesellature, di riservare ripari alle finestre, di appre stare bugnature al marmo dei rivestimenti. Dedicava le cure più raffinate agli intonachi che voleva anche sui muri di pietra nuda. Tuttavia, gli scrupoli prescritti affinché l’edificio durasse erano un’inezia se paragonati a quelli usati per elaborare le emozioni e le vibrazioni dell’anima del futuro contemplatore della sua opera. »

«FedroEupalinos era l’uomo del suo precetto. Non trascurava nulla. Ordi nava che le assicelle fossero tagliate secon do le fibre del legno, affinché, interposte tra la muratu ra e le travi che su questa poggiavano, fosse im pedito all’umidità di risalire le fibre, di imbeverle e di marcirle.

RINGRAZIAMENTI

Un grazie ai miei amici, l’altra parte della famiglia, quelli che conosco da tutta una vita nel posto che sempre sarà un po’ casa.

Vi ringrazio, siete parte della mia ispirazione.

Grazie anche alle persone che ho conosciuto nella mia esperienza univer sitaria, a Milano così come in questi due anni a Parigi, sento che in breve tempo siete entrati a far parte della mia vita.

Un grazie alla mia famiglia che mi è sempre vicina, pur essendo distanti da tempo, sostenendomi sempre nelle mie scelte.

Grazie anche a te Todi.

INDICEABSTRACT. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . INTRODUZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CAPITOLO I I VALORI DI BEAUJON . . . . . . . . . . . . . . . . . . CAPITOLO II UN’ICONA METROPOLITANA, BEAUJON COME CATALIZZATORE . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2.1 QUESTIONI DI SCALA pag.36 .2.2 IL PROGETTO URBANO pag.44 CAPITOLO III SPAZIO BEAUJON, DALLA CITTÀ ALLA CASA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CONCLUSIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . BIBLIOGRAFIA .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . FONTI IMMAGINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ANNESSI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.10 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.14 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.20 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag.34 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.52 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.72 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.78 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.82 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.86

10 Nel contesto attuale della città contemporanea europea, pur se con dei distinguo ed ognuna con le proprie peculiarità, si assiste e, si assistito a partire dalla seconda metà del Novecento, ad una progressiva espansione urbana.

L’uniformità formale della città è presente in contesti limitati, legata soprat tutto a quelli del centro, identificato con la città storica.

Essi sono retaggi di un passato a noi prossimo, rovine della modernità, emblemi di un funzionalismo che a ritmo esponenziale si è tramuto in Industrie,obsolescenza.fabbriche o ancora strutture ospedaliere e sanitarie; spazi ete rogenei della città, emblemi del funzionalismo e dell’industria e paradossi della città post-industriale.

L’uniformità architettonica basata sulla ripetizione, feticcio dell’urbanistica modernista, si è infranta in un’espansione che ha privilegiato spesso esi genze di natura quantitativa piuttosto che qualitativa.

A partire da queste premesse questi oggetti sembrerebbero rappresentare una problematicità della città contemporanea, ma la tesi che qui si tenta di sostenere è che incarnano l’esatto opposto.

Icone, poiché in grado di incarnare lo spirito del proprio tempo e apparen temente distanti dal nostro.

ABSTRACT

In mezzo a questo arcipelago eterogeneo, fatto di frammenti urbani, al cuni manufatti architettonici preesistenti assumono un valore potenziale di ricucitura, che non rientra nelle logiche, immediate del proprio intorno ma sembrano interagire con una scala più vasta, urbana o ancora metro Sepolitana.lagrande scala, o la “bigness” per utilizzare un termine dell’architetto Rem Koolhaas, riveste un ruolo fondamentale nella definizione di questi manufatti, non è il solo valore che li definisce o che li conforma.

A partire da questi ragionamenti e con l’ausilio del laboratorio svolto a (ITA)

nel progetto di scambio per il doppio titolo, il progetto si è conformato attorno alla trasformazione dell’ospedale Beaujon a Clichy, città a nord di UnParigi.edificio imponente, carico di valori formali e concettuali legati alla sua epoca, gli anni ’30, nonché vera e propria novità tipologica europea essendo il primo ospedale del continente sviluppato in una logica di fun zionamento verticale.

Il concetto non è stato quello di una mera trasformazione o di una ba nale rifunzionalizzazione, prassi già largamente consolidata, ma quello di impostare un progetto catalizzatore, di cura per la città contemporanea, rifuggendo da derive utopiche o da velleità globali e globalizzanti.

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Ciò è stato fatto seguendo una strategia in tre punti, lo studio della sua storia e l’analisi dei suoi valori, l’aspetto potenziale, urbano e metropolitano, e la definizione di un programma che potesse essere aperto e al servizio della Questicomunità.trepunti sono stati sviluppati in una logica di continuità e di reci proca influenza andando a conformare un percorso sviluppato in parti ma che concorresse ad un tutto. Trasformando l’edificio, rivalorizzandolo nei suoi tratti peculiari ma metten dolo in discussione al fine di assumere delle caratteristiche peculiari quali: la porosità, la permeabilità e il lasciarsi attraversare dal paesaggio urbano, intercettandolo al fine di attivarlo.

The architectural uniformity based on repetition, a fetish of modernist ur banism, has been broken by an expansion that has often privileged quan titative rather than qualitative requirements.

Industries, factories or even hospitals and health care facilities; hetero geneous spaces in the city, emblems of functionalism and industry and paradoxes of the post-industrial city.

In the midst of this heterogeneous archipelago, made up of urban fragmen ts, certain pre-existing architectural artefacts take on a potential mending value, which does not fit into the immediate logic of their surroundings but seems to interact with a larger, urban or even metropolitan scale.

12 Contemporary European cities, even tho still maintaining their own characteristics and peculiarities, have been facing a progressive expansion since the second half of the 20th century. Today the consolidated city is therefore located in the city center, mainly it corresponds to the historical city.

If the large scale, or the ‘bigness’ to use a term of the architect Rem Koolhaas, plays a fundamental role in the definition of these artefacts, it is not the only value that defines or conforms them. They are relics of a past close to us, ruins of modernity, emblems of a functionalism turned into obsolescence.

From this premise, these objects would seem to represent a problematic nature of the contemporary city, but the thesis we attempt to argue here is that they embody the exact opposite.

ABSTRACT (ING)

The formal uniformity of the city is present in limited contexts, linked above all to those in the centre, identified with the historic city.

Icons, because they embody the spirit of their time and are apparently distant from our own.

Starting from these arguments and with the help of the studio carried out in Paris, in the exchange project for the double title, the project was shaped around the transformation of the Beaujon hospital in Clichy, a city north of Paris.

Theoperation.concept was not that of a mere transformation or a banal re-functio nalisation, a practice already widely consolidated, but that of setting up a catalysing project, of care for the contemporary city, eschewing utopian drifts or globalising ambitions. This was done by following a three-point strategy, the study of its history and the analysis of its values, the potential, urban and metropolitan aspect, and the definition of a programme that could be open and at the service of the community.

An imposing building, charged with formal and conceptual values linked to its era, the 1930s, as well as being a true European typological novelty, being the first hospital on the continent developed in a logic of vertical

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These three points were developed in a logic of continuity and recipro cal influence, conforming a path developed in parts but contributing to a Transformingwhole. the building, revalorising it in its peculiar traits but que stioning it in order to take on peculiar characteristics such as: porosity, permeability and letting the urban landscape pass through it, intercepting it in order to activate it.

14 INTRODUZIONE

I

0 TRA TEORIA E PROGETTO

l mèmoire nell’ordinamento universitario francese è un percorso di ricerca che si svolge nel corso dell’ultimo anno, tale ricerca ha un indirizzo di ricerca e di carattere teorico, può essere strettamente legato alla tesi finale (projet de fin d’études) oppure scollegato, nel mio caso, e in seguito ad una valutazione positiva, ho deciso di legarli in quel lo che in Francia viene definito projet de fin d’études, percours recherche.

A Stonehenge l’istante si congela e l’emozione cresce a mano a mano che vediamo apparire con prepotenza le tre modalità fondamentali del costruire: come la cro sta terrestre si modifica; come si innalza; come si chiude verso il cielo. » 1

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Una ricerca, quella del mémoire, che poteva risultare apparentemente divergente dal tema del progetto di fin e etude, cioè la trasformazione dell’ospedale Beaujon a Clichy, ma che mi ha fornito un procedimento metodologico e di analisi fondamentale, per lo studio, la comprensione e il successivo sviluppo del progetto. Mémoire, che prendeva in esame la relazione tra due architetti, Luigi Moretti e Livio vacchini, e più specificatamente l’analisi di due edifici, Il complesso Milanese per residenze ed uffici in Corso Italia, del primo e La Ferriera a Locarno del secondo. Un confronto che si è misurato tra questi due edifici emblematici, nella produzione dei due architetti e che subito è sfociato in qualcos’altro, un indagine architettonica tout court. Un indagine che ha visto come tema centrale quello delle “tre modalità fondamentali del costruire”, il rapporto al suolo, l’elevarsi e la chiusura

«

Con queste parole dell’architetto Livio Vacchini aprivo l’introduzione del mio Parolemèmoire.che,amio modo di vedere, hanno una carica evocativa e che da sole riescono in qualche modo ad evocare l’essenza stessa dell’architettura, come lo sono quelle del tumolo, di loossiana memoria.

17 1. Vacchini, L. (2017). Capolavori. 12 architetture fondamentali di tutti i tempi. Melfi, Italie: Libria. p. 21 fig.2**Couverture mèmoire fig.1Stonehenge, Amesbury, Angleterre entre -2800 et -1100 notes

Insieme alla questione più strettamente architettonica, altro tema chiave è stato quello di come gli edifici si misurano e si mettono in relazione al proprio intorno, reiterando nel paesaggio circostante quelle stesse meto dologie, stereometriche e tettoniche, che li caratterizzano.

Così da innescare, in un caso o nell’altro, dei comportamenti e dei caratteri di relazione differenti.

verso il cielo, in una sintesi che potrebbe essere elementarizzata in una tensione tra verticale e orizzontale, questione centrale nel mio approccio al progetto a Clichy.

Un’attraversabilità che non si è concretizzata soltanto nel passaggio fisico, ma che è in grado di assorbire la città e di rendere l’edificio città, in un eco che assottiglia i limiti tra interno ed esterno.

Uno sviluppo di ricerca non lineare, non legata direttamente negli aspetti tematici, propri ai due edifici in analisi, ma una ricerca di sensi, di metodo logie, una postura di studio, dallo specifico al generale.

Un equilibrio di pesi che alla simmetria dell’edificio originale ha portato alla definizione di gesti progettuali dalla natura più drammatica e a più punti focali, gestualità semplici ma dal carattere dirompente, come quelle che hanno caratterizzato i nuovi volumi nella facciata sud, di cui si parlerà specificatamente nel terzo capitolo, e cioè quattro verticali e una grande orizzontale, caricata in alto su “sofferenti sostegni”.

Toccando, o almeno lo si crede, l’essenza stessa dell’Architettura.

INTRODUZIONE

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Anche questo punto di vista si è rilevato essenziale nel progetto di Beaujon, conformando, attraverso questa lettura, una serie di obbiettivi prefissati, come: la direzionalità, la porosità, così come la questione dell’orientamento e dei due differenti caratteri di relazione, alla città e al paesaggio, che si è conformata nei due fronti dell’edificio.

Uno svuotamento controllato che ha portato all’esteriorizzazione della componente verticale, con i pilastri, e di quella dell’orizzontale, con le travi, garantendo una lettura che contrappone al carattere massivo dell’edificio un reticolo carico di valori tettonici.

La medesima logica, inoltre, mi ha guidato nella comprensione formale dell’ospedale, nell’analisi dei suoi volumi, definiti da un forte carattere ste reometrico e scultoreo così come nelle strategie progettuali che hanno portato alla liberazione puntuale della struttura di Beaujon.

19 2. Moretti L.W. (1950), Genesi di forme dalla figura umana, Spazio n.2, août, p.5 notes fig.3**Corpus du mèmoire fig.4**Diagrammes sur le point d’appui. la Ferriera en haut et le complexe milanais en bas TRA TEORIA E PROGETTO

20 CAPITOLO I I VALORI DI BEAUJON

Credo che per rispondere a questi interrogativi sia prima di tutto necessa rio ripercorrere brevemente la storia e le dinamiche che hanno portato alla concretizzazione di questo progetto precursore, nella storia dell’architettu ra ospedaliera, della Francia e della stessa Europa.

non è utilizzata in maniera vuota o retorica poi ché pur incarnando una serie di peculiarità e caratteristiche, di cui si ci cercherà di parlare in questo capitolo, l’edificio non risulta sottoposto ad alcun vincolo di tutela, elemento derimente che potrebbe portare anche ad una sua completa demolizione , in favore di una logica come quella contemporanea che ha assunto il mantra della speculazione al di sopra di ogni questione di senso ed eredità culturale.

Un destino che purtroppo, accomuna spesso le testimonianze architettoni che, anche di notevole pregio, del XX sec.

1 I VALORI DI BEAUJON

22 Nel 2019 viene bandito il concorso, aggiudicato poi dallo studio Renzo Piano Building Workshop, per la realizzazione del grand hôpital à Saint-Ouen, un grande polo che andasse a servire l’area nord della città di Parigi, andando a centralizzare le prece denti strutture ospedaliere collocate nella medesima zona: l’ospedale Bichat à Paris (XVIIIe) e l’ospedale Beaujon à Clichy (Hauts-de-Seine).

Proprio su quest’ultimo, l’ospedale Beaujon, si è concentrata la mia ri cerca di PFE e più specificatamente una sua ipotesi di preservazione e Latrasformazione.parolaPreservazione

Perché quindi l’ospedale Beaujon dovrebbe essere salvato? Quali sono le caratteristiche, quali i valori che contribuiscono a fare di questo edificio una testimonianza, al di fuori, e allo stesso tempo indissolubilmente legate alla sua qualità espressiva e architettonica?

23 fig.6 Hôpital Bichat-Claude-Bernard, Parigi , XVIII arrondissement fig.7 Hôpital Beaujon,fig.5ClichyHôpital Grand Paris-Nord : progetto vincitore dello studio Renzo Piano Building Workshop

La storia dell’ospedale Beaujon non comincia a Clichy ma a Parigi, più precisamente in rue du Fauburg-du Roule (attualmente rue du Fauburg NelSaint-Honoré).1785,data della sua apertura, voluta dal filantropo Nicolas Beaujon, la struttura è inizialmente concepita come un orfanotrofio.

Una netta separazione di classe, tra le fasce più indigenti e quelle più abbienti che venivano curate in maniera domiciliare.

Solo in seguito alla Rivoluzione francese la struttura viene trasformata in All’edificioospedale. di origine tra il 1837 e 1844 vengono aggiunti quattro padiglioni isolati, collegati per mezzo di una galleria vetrata. Il modello ospedaliero a padiglioni nel XIX sec. rappresenta il tracciato dominante, sull’ideale elaborato dall’Académie des Sciences per il rinnovo del paradigmatico Hôtel-Dieu1 tra il 1772 e il 1788. Nel corso degli anni successivi l’ospedale va incontro a diversi ingrandi menti e miglioramenti, rimanendo un modello esemplare fino agli anni Ottanta del XIX sec.

Questa volontà aprirà nei successivi venticinque anni tutta una serie di proposte che verranno in parte fermate dallo scoppio della Prima guerra mondiale, per poi essere riprese con ancora più forza.

In primo luogo, la questione sociale è un passaggio essenziale; l’ospedale ancora nel XIX secolo manteneva uno stigma legato alle fasce più basse della popolazione, una sorta di “maison des pauvres”, un luogo più asso ciato al ricovero degli indigenti che ad un’istituzione di cura.

Alla fine del XIX sec. però la struttura risulta fatiscente e non più adeguata alle nuove esigenze della medicina moderna, è in questi stessi anni quin di che l’Assistance publique esprime la volontà di rimpiazzare il vecchio ospedale Beaujon con una struttura del tutto nuova.

Questo lasso di tempo che intercorre tra la volontà di dotarsi di una nuova struttura e l’effettiva realizzazione a Clichy, apre il campo a tutta una serie di cambi di paradigmi: nella società, nell’architettura e nel ruolo stesso dell’istituzione ospedaliera.

Il cambio radicale di questa visione avviene durante la prima guerra mon diale, in cui centinaia di migliaia di civili si trovarono costretti ad essere ricoverati e curati nelle strutture ospedaliere.

CAPITOLO I

24

25 I VALORI DI BEAUJON fig.9 Hôtel-Dieu, pianta del piano terra fig.8 Antico hôpital Beaujon, rue du Faubourg-du Roule 1. L’Hôtel-Dieu di Parigi è un ospedale costurito tra 1867 e il 1878 dagli architetti Émile Jacques Gilbert (17931874) e Arthur-Stanislas Diet (1827-1890) su l’île de la Cité, nel quarto arrondissement di Parigi. notes

CAPITOLO I

Come accennato, in precedenza il modello dell’ospedale era strettamente connotato a quello a padiglione su modello dell’Hôtel-Dieu , secondo i prin cipi della dispersione e della circolazione.

Se l’aspetto sociale è sicuramente centrale nell’individuare quei caratteri di svolta che si concretizzeranno nella costruzione dell’ospedale Beaujon a Clichy, la questione più spiccatamente architettonica è anch’essa centrale.

Il concetto stesso della separazione tra i diversi reparti, frutto di un’epoca in cui i miasmi e relativi flussi d’aria purificante erano al centro della di sciplina andarono via via a risultare obsoleti se non del tutto a-scientifici.

Questo modello così stringente, in sostanza imposto, rilegava il ruolo dell’architettura ospedaliera a un livello minore, quasi come se non si par lasse davvero edifici da progettare ma di modelli prestabiliti che di volta in volta venivano ripetuti in una concezione più burocratica che architet Neitonica.primi

Questa serie di trasformazioni e la rottura dei dogmi precedentemente imposti fecero scaturire un nuovo interesse da parte degli architetti verso il tema dell’ospedale e nelle nascenti opportunità di reinventarne il concetto e metterlo in discussione.

come: le nuove tecniche di diagnostica, la batteriologia, la radiografia ri chiesero delle degenze sempre più lunghe rendendo necessario il ricovero in una struttura dotata delle attrezzature adeguate, così da escludere, o quanto meno limitare fortemente, la cura domiciliare.

È in questo contesto che l’ospedale inizia ad entrare in un nuovo para digma, non più quello della “maison des pauvres” ma di un luogo aperto, trasversale e democratico.

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Non più un luogo di stigma sociale, infarcito di morale cristiana ma un luogo funzionale, igienico e salubre.

Una macchina, non solo per curare, ma per educare l’individuo alle buone pratiche dell’igiene in modo da innescare delle abitudini che si potessero propagare anche al di fuori della struttura ospedaliera.

anni del XX sec. questo meccanismo sembra però iniziare ad incepparsi, grazie alle innovazioni nel campo della medicina e dei cambia menti sociali sopra descritti.

Anche sul piano della scienza medica le innovazioni apportate da Pasteur2

Una macchina per curare, organizzata ed efficiente.

I VALORI DI BEAUJON

27 fig.11Ritratto di Luis Pasteur, Albert Edelfelt fig.10Antico hôpital Beaujon, rue du Fauburg-du Roule 2. Louis Pasteur (Dole, 27 dicembre 1822 – Marnes-la-Coquette, 28 settembre 1895) è stato un chimico e microbiologo francese. Grazie alle sue scoperte e alla sua attività di ricerca è universalmente considerato il fondatore della moderna microbiologia. Ha inoltre operato nel campo della chimica e si occupò anche di fisica. notes

I

Invece di migliorare i piani spesso notevoli dei vecchi Hôtels-Dieu e di realizzare centri medici che si avvicina no gradualmente alla perfezione, i costruttori di ospedali di tutto il mondo hanno fatto un passo indietro invece di seguire le nuove tendenze. »3

Infatti l’aspetto meccanico e quello funzionalista vengono portati a uno stadio di sublimazione, dotando l’edificio delle più avanzate tecnologie presenti all’epoca.

La giuria viene sedotta per l’innovazione prima di tutto concettuale, del cambio di paradigma dell’ospedale inteso come macchina per guarire.

Le novità di Jean Walter, introdotte nel progetto, non si limitano a quelle di una estetica americana influenzata dal modello del grattacielo.

Il tempo e la logica dei flussi, rivestono un ruolo fondamentale, invertendo la percezione dell’ospedale da luogo statico e inamovibile ad insieme di namico e vibrante, il paziente risulta essere come posto all’interno di una sorta di “catena di montaggio”, un ingranaggio, nella fabbrica taylorista4 della cura.

«

E’ proprio sulla base dell’influenza americana e di un generale “america nismo” fortemente presente nel contesto tra le due guerre mondiali che l’architetto Jean Walter elabora l’ospedale Beaujon a Clichy.

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Proprio sulla spinta di una ricerca di queste “nuoce tendenze” che Jean Walter si aggiudica il 14 febbraio 1931 il concorso per la realizzazione del nuovo ospedale.

Alla luce di queste premesse nacque così una nuova esigenza, per certi versi opposta a quella precedente del separare, cioè di creare un unico organismo efficiente, in cui le differenti parti funzionassero in un’ottica unitaria, integrata, portando così alla nascita di una nuova tipologia ospe daliera, quella dell’ospedale a blocco.

Se l’ospedale a blocco rappresentava una assoluta novità sul territorio eu ropeo non lo era del tutto a livello globale; infatti, negli Stati Uniti d’America nel 1928 era stato inaugurato l’ospedale Cornell Medical Center, all’epoca il più grande gruppo ospedaliero del mondo, organizzato in ma niera compatta e sviluppato verticalmente su più piani.

CAPITOLO

3. Jean Walter (1938), Renversement des doctrines en matière de constructions hospitalières, L’architecture d’aujourd’hui n. 5. pag.13 (mia traduzione) 4. Il taylorismo, dal nome del suo inventore, l’ingegnere americano Frederick Winslow Taylor (1856-1915), designa l’organizzazione scientifica del lavoro, da lui teorizzata a partire dal 1880. notes

29 fig.13“Tempi moderni”, Charlie Chaplin, 1936. Il film mostra le condizioni del lavoro di un operaio impiegato nella catena di montaggio secondo i principi tayloristi fig.12Cornell Medical Center, New-York, 1928

I VALORI DI BEAUJON

«Un grande sforzo di razionalizzazione ha stravolto l’archi tettura industriale, commerciale e domestica negli ultimi anni del XIX secolo. È stato sotto l’azione imperativa della necessità che questa razionalizzazione è stata perseguita in tutti i rami dell’atti vità umana, [...] che ogni fabbrica è diventata una mera viglia di precisione e di logica.»5

«Noi dobbiamo inventare e rifabbricare la città futurista simile ad un immenso cantiere tumultuante, agile, mobile, dinamico in ogni sua parte, e la casa futurista simile ad una macchina gigantesca. Gli ascensori non debbono rin cantucciarsi come vermi solitari nei vani delle scale; ma le scale, divenute inutili, devono essere abolite e gli ascen sori devono inerpicarsi, come serpenti di ferro e di vetro, lungo le facciate.»6

CAPITOLO

La meccanizzazione riveste altresì un ruolo fondamentale, da quegli aspetti più strettamente legati alla cura e al trattamento del paziente a quelli ne cessari a garantire il funzionamento della grande macchina ospedaliera.

Così che le circolazioni verticali sembrano quasi scomparire nel concetto tradizionale della scala, rilegate a semplice dispositivo di emergenza ad esclusione dei primi tre piani.

In questa prima parte si è tentato di ricostruire le vicende che hanno porta to alla nascita e alla realizzazione dell’ospedale Beaujon a Clichy.

30 L’efficienza, la razionalità si impongono dunque come nuovi dogmi dell’età della macchina, così come la separazione dei flus si e la loro organizza zione, come emblema di una corrente, si ancora igienista, ma che viene elevata a fare scientifico quasi ingegneristico.

Il tempo, come descritto, e soprattutto la velocità diventano un valore im prescindibile, di avanguardista memoria.

La scala, infatti, mal si adatta ai concetti della praticità e dell’efficienza del tempo, lasciando così spazio nella torre centrale agli ascensori, vera e propria “colonna vertebrale dell’idea”, per parafrasare le parole di W.J. Curtis a proposito della rampa nella villa Savoye a Poissy di Le Corbusier.

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31fig.14Circolazione dei flussi e istallazioni meccaniche nell’ ospedale Beaujon fig.15La Città Nuova, Antonio Sant’Elia, 1914 5. Jean Walter (1938), Renversement des doctrines en matière de constructions hospitalières, L’architecture d’aujourd’hui n. 5. pag.14 (mia traduzione) 6. Manifesto dell’architettura futurista, Antonio Sant’Elia, Milano, 11 Luglio 1914 notes I VALORI DI BEAUJON

32

L’estrema rilevanza e importanza che ha costituito la costruzione di Beau jon, è innanzitutto di testimonianza, poiché nelle sue vicende e nella sua fisicità e possibile leggere lo sviluppo e la concretizzazione di un processo. Un processo che è indubbiamente ascrivibile alle dinamiche dell’archi tettura ospedaliera, ma che in fondo lo è del processo architettonico tout Emblematicacourt. in tal senso è una mappa pubblicata in un allegato di un numero speciale della rivista L’Architecture d’Aujourd’hui dedicato a Parigi (numero del 1937 a soli due anni dall’inaugurazione dell’ospedale Beaujon a LaClichy).cartapresenta un titolo emblematico «cartes des constructions d’esprit lesmoderneplus caractéristiques » in cui in una versione stilizzata della banlieu parigina sono riportati gli edifici moderni più iconici e tra questi l’ospe dale Beaujon si staglia in posizione centrale in tutta la sua imponenza e Siplasticità.potrebbero spendere ancora molte parole nel parlare dei valori incarnati da Beaujon, come: i quasi tre milioni di mattoni che rivestono le sue fac ciate, l’uso della prefabbricazione e l’utilizzo del calcestruzzo armato per la sua ossatura portante, così come il carattere spiccatamente streometrico delle sue geometrie, che sembrano però ammorbidirsi nelle curve dei bal coni sulla facciata sud e nei tagli obliqui che riecheggiano un razionalismo non totalmente smarcato da un’estetica art déco.

Ma cosa ancora più importante, si è cercato di metterne in luce le tappe e le dinamiche evolutive, che come si è potuto osservare legavano profonda mente i differenti mutamenti in atto in quei decenni.

In sostanza penso però che Beaujon rappresenti, come altre architetture emblematiche del XX sec., una testimonianza del cambiamento radicale che ha investito la nostra società, in un secolo breve7 ma carico di in L’ospedaletensità. Beaujon è una cristallizzazione di umori, di innovazioni che ne fanno Un’iconicitàun’icona.che non è nient’altro che la trascrizione in immagine concreta, tattile, del proprio spirito del tempo

CAPITOLO I

33 7. L’espressione “secolo breve”, per indicare il XX secolo, è introdotta dallo storico Eric Hobsbawm nel suo testo pubblicato nel 1994 : Il secolo breve: 1914-1991: l’era dei grandi cataclismi. notes fig.16«CARTES DES CONSTRUCTIONS D’ESPRIT MODERNE LES PLUS CARACTÉRISTIQUES », L’Architecture d’aujourd’hui, 1937. fig.17*Gli elementi che compongono Beaujon I VALORI DI BEAUJON

34 capitolo II UN’ICONA METROPOLITANA, BEAUJON COME CATALIZZATORE

2.1

el capitolo precedente si è tentato di mettere in luce quei valori di testimonianza e di matrice architettonica che conferiscono a mio modo di vedere un fattore di iconicità all’ospedale Beaujon a Clichy.

In questa seconda parte si tenterà di evidenziare la presenza di Beaujon nel suo contesto urbano e metropolitano, indicando una serie di strategie che mi hanno guidato nella definizione del progetto alla scala non pretta mente architettonica.

36 N

QUESTIONI DI SCALA

«Beyond a certain scale, architecture acquires the pro perties of Bigness. The best reason to broach Bigness is the one given by climbers of Mount Everest: “because it is the re. […] Only Bigness instigates the regime of complexity that mobilizes the full intelligence of architecture and its related fields.

[...] Beyond a certain critical mass, a building becomes a Big Building. Such a mass can no longer be controlled by a single architectural gesture, or even by any combination of architectural gestures. This impossibility triggers the auto nomy of its parts, but that is not the same as fragmentation: the parts remain committed to the whole. .»1

Se il concetto di iconicità di Beaujon risiede, principalmente, in quei valori a cui si è già fatto riferimento nel capitolo precedente, la tematica qui affrontata entra in un’altra dimensione quella della scala. Il sito, infatti, si estende su una superficie di più di 10.000 mq e si innal za per 14 piani, la grandezza dell’edificio, infatti, sembra sconfinare dai limiti del proprio intorno, proiettandosi all’interno del paesaggio urbano e metropolitano.

37 1. Khoolhaas, R. et Mau, B. (1995). Small, medium, large, extra-large, New York, U.S.A.: Monacelli Press. Pag. 495-496-497 notes fig.18* Punti di vista verso l’ospedale Beaujon prese dagli edifici emblematici della città di Parigi fig.19 Bigness, in Small, medium, large, extra-large

L’imponenza, lo smisurato connotano immediatamente un oggetto, cari candolo di valori emblematici per il solo fatto di misurarsi in una relazione di Unasmisuratezza.trascendenza nella scala del sublime2 Credo che queste caratteristiche possano essere attribuite a Beaujon, che innanzitutto grazie alla sua massa, si impone nel paesaggio metropolitano andando a comporre un elemento potenziale nell’arcipelago degli ogget ti, dotati di una scala considerevole, collocati nella zona di Parigi e della Grand Paris in generale.

CAPITOLO II: UN’ICONA METROPOLITANA

In questo contesto la città di Clichy, rappresenta un tassello fondamentale, infatti oltre a costituire, insieme ad altri comuni, il quinto territorio (T5Boucle nord de seine) sui dodici della Grand Paris, fa parte di quei comuni immediatamente esterni ai limiti della città di Parigi.

Fatte queste considerazioni credo che sia opportuno inquadrare Beaujon in un contesto più allargato che esuli dal contesto della città di Clichy e anche dalla stessa Parigi, in un’unità di visione metropolitana, la Grand Paris.

38

La Métropole du Grand Paris è un progetto di trasformazione che mira a fare di Parigi e della sua area metropolitana una metropoli che possa com petere, per estensione, abitanti e infrastrutture con le grandi megalopoli del XXI secolo.

Il progetto è stato costituito il 27 gennaio 2014 mediante una legge, loi MAPTAM, acronimo di “modernisation de l’action publique territoriale et d’affirmation des métropoles” e in una serie di varie integrazioni succes Ilsive.progetto è in sostanza una intercomunalità, che raggruppa la città di Parigi, 123 communi di tre dipartimenti dell’ Hauts-de-Seine, della Sei ne-Saint-Denis e della Val-de-Marne e 7 communi de l’Essonne e della Val d’Oise.

La questione della scala non evoca soltanto un fattore dimensionale, la “bigness” di cui parla l’architetto olandese Rem Koolhaas sembra portare all’interno di un’altra questione di senso, presagendo, una complessità, nella sua articolazione, così come nella definizione del programma.

39 QUESTIONI DI SCALA fig.20*Confronto di scala tra Beaujon e altri edifici parigini fig.21I territori del Grand Paris. 50m 50m 2. Il filosodo tedesco Immanuel Kant (1724-1804), nella sua opera “Critica alla facoltà di giudizio”, descrive la caratteristica del sublime di manifestarsi in quegli oggetti talmente grandi da poter essere misurati. Nomina questa manifestazione particolare “sublime matematico”. notes

Questa impostazione rischierebbe di fare della Grand Paris, una Parigi con le sue appendici e non la creazione di una vera metropoli dotata di qualità e infrastrutture uniformi. L’uniformità, penso che questa sia una chiave di lettura e di immaginazione per costruire la metropoli di domani, un progressivo abbandono della ra dialità in favore di una logica isotropa, condizione necessaria per costruire qualità diffusa. Una metropoli che non sia fatta di un centro, o di centri, ma di fuochi che possano innescare dei processi urbani, architettonici e sociali nel loro intorno, in un tutto coeso e coerente.

In questo contesto ho tentato prima di tutto di valutare il ruolo e la posi zione dell’ospedale Beaujon e più in generale di Clichy in questo contesto.

A nord, Clichy, trova il proprio limite con la Senna e al di là di essa con il comune di Asnières-sur-Seine.

Una visione tradizionale, impostata su una lettura radiocentrica della città di Parigi, porta costantemente ad individuare un qualsiasi elemento come periferico in relazione a un centro, spesso individuato a Châtelet-Les Hal Conles.

La Senna rappresenta una vera a propria presenza emblematica, come lo è d’altronde per la città di Parigi, nonché possibile vettore di un ulteriore sviluppo e interconnessione a scala territoriale da Parigi fino a Le Havre3.

40 Collocata a nord-est di Parigi, Clichy e limitata a sud dal Boulevard périp hérique e dal XVII arrondissement, a est con la città di Saint-Ouen e ad ovest con quella di Levallois-Perret.

questa visione, di carattere gerarchico e verticale, ritengo che non sia possibile, fin in fondo, di far emergere il potenziale della futura metropoli du Grand Paris. Difatti, verrebbero a istituirsi continue relazioni di subordinazione e perdita di qualità intrinseca, in un’ottica di proporzionale impoverimento all’allon tanarsi da ciò che è individuato come centrale.

CAPITOLO II: UN’ICONA METROPOLITANA

41 fig.22*Radiocentrismo / Isotropia 3. Su questo tema guardare “Seine métropole. Paris, Ruen, Le Havre’” dello studio di architettura Antoine Grumbach & Associés notes QUESTIONI DI SCALA

a questa impostazione si possono innescare processi virtuosi e logiche di permeabilità, di porosità. Credo che seguendo queste logiche, e per le premesse precedentemente descritte Beaujon possa rappresentare un nodo importante nelle dinami che, a scala urbana e della stessa metropoli. UN’ICONA METROPOLITANA

CAPITOLO II:

42 E Soloancoragrazie

«Una metropoli socialmente integrata è una metropoli senza barriere fisiche, monetarie o immaginarie che la compartimentano; una metropoli senza enclaves, porosa, permeabile, isotropa. L’isotropia, la figura per eccellenza della democrazia, è la figura che si oppone all’organiz zazione piramidale e gerarchica della metropoli radio concentrica; localmente, si oppone anche alla metropo li multipolare, dove ogni polo può generare la propria periferia. L’isotropia è ovviamente uno stato ideale a cui possiamo «L’isotropiaaspirare.»4nonèuna metafora, ma una parola che de scrive e disegna una situazione concreta di permeabilità e accessibilità generalizzate. In un corpo isotropo, non ci sono direzioni privilegiate. [Un corpo e una rete isotropi non hanno né centro né periferia. L’isotropia si oppone alla gerarchia. Una parola che evo ca, anche nella sua derivazione etimologica, le idee di comando, subordinazione e specializzazione.»5

43 4. Secchi, B. e Viganò, P. (2012). La ville poreuse : un projet pour la Grand Paris et la métropole de l’après-Kyoto, Genève, Suisse : MétisPresses. pag. 22 (mia traduzione) 5. Ibid. pag. 141 (mia traduzione) notes fig.23*Clichy in una visione isotropa del Grand Paris QUESTIONI DI SCALA

44 Questo medesimo approccio di lettura potenziale, applicato alla scala territoriale e metropolitana, ho tentato di applicarlo anche a livello più urbano, nel progetto di riconnessione e di legatura dello spazio tra Beaujon e la città di Clichy. La situazione attuale del complesso ospedaliero di Beaujon risulta serrata entro i confini della propria “cittadella”, un limite ribadito da un muro peri metrale che circonda l’intero complesso.

A sua volta, la zona ospedaliera è inserita in una geometria triangolare, descritta a sud nel suo vertice, Place de la Republique e chiusa nelle due strade ad essa divergenti, a est rue du Général Roguet e ad ovest il Boulevard du Général Leclerc, proseguendo a nord fino alla Senna, cateto conclusivo del triangolo.

A partire dalla situazione sopra descritta si è cercato di mettere in relazio ne questa serie di spazi episodici in una logica di continuità e di contatto, eliminando fin da subito il muro perimetrale della zona ospedaliera e cer cando di preservare le funzioni già radicate il più possibile.

A sud tra il Parc Salengro e Beaujon e a nord tra lo stesso ospedale e il complesso residenziale per poi giungere alla Senna. Queste due soglie di contatto rappresentano il vero cuore del progetto urbano di Beaujon.

2.2 IL PROGETTO URBANO

Dentro questa geometria diverse situazioni slegate trovano posto, a sud il Parco Roger Salengro, immediatamente al di sopra un complesso sportivo, per poi arrivare al complesso di Beaujon e ancora più a nord un intervento residenziale di recente costruzione, per poi giungere alla Senna.

Il progetto si è quindi concentrato nel disegno dei due spazi di contatto tra queste diverse situazioni, capovolgendo il concetto di limite con quello di soglia urbana.

45 fig.23*Schemi di concept, parte urbana. Dall’alto in basso : -Stato di -Progetto-Connessionifattoisotropeverdeinrapporto agli assi

Se il principio cardine del disegno è stato quello della griglia, generata dalla giacitura nord-sud dell’ospedale e ad esso ortogonale, l’aneddoto, la variazione e le differenti giaciture tendono ad ammorbidire e dissimulano, il disegno impositivo dell’ortogonalità.

Tutto ciò in un regime di coesistenza con la precedente natura sportiva dello spazio, che è stata in gran parte mantenuta, inserendola in un dise gno che legasse questo arcipelago di elementi in una trama unitaria ma non ossessiva e banale.

Un disegno che si scompone in varie scale, andando a definire differenti situazioni spaziali e funzionali: dal verde più libero e omogeno del parco, a quello delle fasce verdi attrezzate, per ristorarsi o svolgere attività.

46

L’approccio messo in atto è stato quindi quello di ibridare, di far scorrere una funzione nell’altra, istaurando un legame tra questa parte e quella del parc Salengro, posto immediatamente a sud. Si è optato, quindi, per rimuovere in maniera puntuale alcuni campi spor tivi, in modo da creare una connessione ecologica, una sorta di sconfina mento del parc Salengro al di fuori dei propri limiti.

Ai piedi di Beaujon una serie di orti urbani a servizio della comunità di Clichy entrano in relazione con i piani terra dei quattro “pettini alti” che caratterizzano in modo emblematico la facciata sud dell’ospedale.

Una logica di continuità, forse questa è la vera spina dorsale del progetto, un progetto che non vuole fare di Beaujon un centro ma un elemento, sicuramente di primaria importanza, in una serialità di situazioni autonome

All’interno di questi e in una logica di continuità, che rifugge da una se parazione tra interno ed esterno, delle orangerie che entrano in diretta relazione con gli orti, oltre ad ospitare depositi per le attrezzature e la manutenzione degli stessi.

CAPITOLO II: UN’ICONA METROPOLITANA

Nella fascia sud gli impianti sportivi rappresentavano, a mio modo di ve dere, un grande potenziale di infrastruttura cittadina ma allo stesso tempo creavano un ennesimo blocco in questa serialità di differenti situazioni.

Un sistema di piazze minori non gerarchizzate e che non tendono a rimar care l’ostentata simmetria e monumentalità dell’architettura di Beaujon, così come i sentieri che si scompongono in diverse logiche di gerarchie ortogonali, tagliate dal grande asse diagonale, vero e proprio distributore ed elemento connettivo.

47 fig.24*Legenda degli spazi percorsi illuminazionemaggiorinell’asse diagonale sistema di piazze nel parco fascie verdi attrezzate istallazioni sportive prato orti pianopianoedificiurbanidemolititerraaltoterrabasso IL PROGETTO URBANO

Un piano terra unitario che non è rinserrato nei limiti delle architetture ma che prende proporzioni urbane, considerando il vuoto come spazio degno di meritevole attenzione e non come zona di contorno all’archi tettura, così come fece Giovan Battista Nolli nell’elaborazione della sua pianta di Roma1

Se a sud l’intervento è caratterizzato da una serie di vari elementi connessi tra loro, qui assistiamo alle medesime trame che però non si scompongono, in una logica di chiarezza ortogonale, negata in un unico gesto dalla direttrice diagonale che connette verso nord l’intervento, al complesso residenziale e alla Senna.

Questa premessa è stata fin da subito cruciale anche nella definizione spaziale e nell’intervento sulla stessa architettura di Beaujon, contribuen do alla decisione forte e per certi versi radicale, del totale svuotamento del piano terra nel corpo sud dell’edificio, lasciando l’ossatura dei pilastri, in calcestruzzo armato, a vista e permettendo alle persone, così come alla natura e concettualmente alla stessa città di attraversare l’edificio.

48 ma coese tra loro.

La fascia nord, di minori dimensioni rispetto a quella sud, rientra nella sua quasi totalità nell’area ospedaliera di Beaujon.

Un suolo comune, una tavola fatta di costruito, verde, socialità e relazioni.

Carattere che si palesa nello sfalsamento verticale del dislivello tra il piano terra del corpo sud e di quello nord.

Mediante questa scala e due rampe laterali all’edificio, come detto, si raggiunge il piano terra alto e la fascia nord dell’intervento.

Questa medesima logica di permeabilità e continuità è proseguita verso nord, attorno e attraverso l’edificio, giungendo dapprima nella parte cen trale tra i due blocchi dell’ospedale per poi attraversare anche il secondo, giungendo in una piazza intima, racchiusa e dal carattere ipogeo.

Livello superiore che viene raggiunto a partire dalla stessa piazza mediante una scalinata di grandi dimensioni che può farsi anfiteatro, con la scena rivolta verso il prospetto nord nel centro esatto del suo asse.

L’edificio non vuole farsi limite ma vuole lasciarsi attraversare, assorbire e restituire la città, in una logica di porosità e continuità.

CAPITOLO II: UN’ICONA METROPOLITANA

49 fig.25*Il progetto urbano IL PROGETTO URBANO

50

Una natura urbana che entra per certi versi in opposizione a quella della facciata nord, le cui gestualità ed espressività architettoniche sembrano denunciare una vocazione di scala più metropolitana e territoriale, nell’or ganizzazione del suolo così come nel suo sviluppo verticale.

Un catalizzatore per costruire relazioni e per farne scaturire, in una logica che esula dal potere del progetto, di nuove.

Una logica ortogonale, si diceva, che privilegia le componenti orizzontali, in una sorta di reiterazione delle trame della facciata nord di Beaujon da un lato e una ostentata esplicitazione di carattere di legatura dall’altro, una soglia di comunicazione diretta e mediata con la città di Clichy che rompendo in maniera marcata la figura triangolare, instaura dinamiche di complicità e reciproca relazione tra edificio e città.

In sostanza al di la dei risultati di carattere più formale, l’obbiettivo prefis sato è stato quello di utilizzare Beaujon come un elemento, in una serie di molti altri, ognuno ovviamente rispondente ad una propria gerarchia e alla relativa attrazione gravitazionale, ma senza per questo istituire delle centralità assolute.

Come si è potuto osservare, le logiche che mi hanno guidato nella defini zione del disegno urbano, sono state le medesime utilizzate nella lettura a scala metropolitana e territoriale.

La chiarezza, e per certi versi l’elementarità, di questa fascia sanciscono la vocazione di vero e proprio ingresso al sito, dotando la facciata nord dell’edificio di un carattere a scala più urbana e misurata, in forte relazione all’edificio stesso e alle sue articolazioni spaziali e architettoniche, pree sistenti e di progetto.

Piuttosto di usare l’edificio e la sua gravità come stimolo, come attivatore.

Individuando in una serie di caratteri di relazione, e di elementi cardine, degli strumenti di guida nell’elaborazione e nella definizione del progetto.

CAPITOLO II: UN’ICONA METROPOLITANA

51 1. Giovan battista Nolli, (1701 - 1756) è stato un architetto e cartografo comasco. Nel 1748, realizza una pianta della città di Roma nella quale lo spazio esterno è rappresentato in continuità con il piano terra degli edifici più emblematici della città. notes fig.27*facciata sud fig.26*facciata nord IL PROGETTO URBANO

52 Capitolo III SPAZIO BEAUJON, DALLA CITTÀ ALLA CASA

3 SPAZIO BEAUJON,DALLA CITTÀ

«Ma gli elementi primari […] sono quegli elementi ca paci di accelerare il processo di urbanizzazione di una città e riferendoli a un territorio più vasto, degli elementi caratterizzanti i processi di trasformazione spaziale del ter ritorio. Essi agiscono spesso come dei catalizzatori. Ori ginariamente la loro presenza può identificarsi solo con una funzione […] ma presto essi assurgono a un valore più significativo. Ma non sempre essi sono dei fatti fisici, costruiti, rilevabili. […] Questi elementi hanno quindi un ruolo effettivamente primario nella dinamica della città, mediante essi, e dall’ordine in cui sono disposti, il fatto urbano presenta una sua qualità specifica che è data prin cipalmente dal suo insistere in un luogo, dallo svolgere un’azione precisa, dalla sua individualità. L’architettura è il momento ultimo di questo processo ed è anche ciò che è rilevabile della complessa struttura..»1

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Questa caratteristica di oggetto attivatore, di innesco di sensi e relazioni è stata, credo, magistralmente espressa dall’ar chitetto Aldo Rossi nel suo testo, L’architettura della Città.

Essenziale in tal senso è stata la scelta e la definizione del programma, cioè l’individuazione di una o più funzioni che potessero trovare posto all’interno di quello che fino a oggi è stato l’ospedale Beaujon di Clichy. ALLA CASA

Se quindi come si può osservare e come ho cercato di mettere in luce nel capitolo precedente l’azione catalizzatrice non risiede nel solo edificio e nello specifico fatto urbano, che in questo caso è identificabile con Be aujon, l’architettura tenta di fare sintesi, incarnando in maniera tangibile questi fattori, è lì infatti che è rilevabile, manifesta “la complessa struttura”.

Cercando di immaginare un percorso, attraverso Beaujon, e partendo dalla facciata sud il primo gesto è stato quello, come già accennato nel capitolo precedente, di porre una serie di orangerie e spazi di servizio per gli orti nei piani terra dei quattro pettini alti, proseguendo in quella che ho chiamato la “galleria urbana”, ricavata dallo svuotamento del piano terra del corpo sud, un diaframma, un filtro tra il paesaggio e il cuore del progetto.

Una qualsiasi attività sanitaria avrebbe richiesto, come è logico che sia, un controllo, una limitazione nella gestione dei flussi e degli accessi che mal si integrava con la logica di apertura e permeabilità precedentemente Indescritta.secondo

La scelta però non è stata soltanto di natura prettamente funzionale.

luogo, dopo aver parlato lungamente dei valori e dell’iconicità dell’edificio sotto diversi punti di vista, la volontà non era quella di mero segno urbano, di un faro, abbagliante ma inaccessibile.

Un edificio, una macchina, aperta e articolata, un insieme di parti concor renti ad un tutto.

Un edificio ibrido quindi, vera eredità a mio modo di vedere, del modello a blocco ospedaliero.

Allo stesso tempo questo spazio ha una funzione distributiva, andando a definire nelle parti laterali i due moduli di accesso per le residenze poste al di sopra e di cui si tratterà in seguito.

Lo sviluppo del programma si è sviluppato in due direttrici, una orizzontale e quindi a contatto con il suolo e il suo intorno e l’altra in un’ottica verti cale, quindi in una ricerca visuale e di rapporto, sempre più svincolata e proiettata al paesaggio.

La varietà di funzione e la non esclusività, sono state adottate come linee guida nella definizione del programma.

Proseguendo questa sorta di cammino verso nord, si giunge allo spazio centrale, una corte descritta da i due prospetti interni dei due corpi dell’e Ildificio.trattamento, in questo spazio di mediazione, è da un lato pavimentato,

56 CAPITOLO III

La volontà semmai era orientata nell’esatto opposto e cioè quella di creare un ruolo si permeabile e attraversabile ma che potesse intercettare ed accogliere la città, la comunità, ed esserne al servizio con una serie di servizi diversificati.

57 SPAZIO BEAUJON fig.29-34modificazioni a aggiunte apportate al progetto originale di Beaujon nel corso dei decenni 1. Rossi, A. (2011). L’architettura della città. Rome, Italie : Quodlibet. pag.91 notes

58 in modo da creare delle soglie al piede delle due parti dell’edificio mentre la parte centrale è caratterizzata da una fascia di verde attrezzato che riprende le medesime logiche del parco a sud, una striscia che scherma e separa e in cui possono essere svolte attività o semplicemente riposarsi.

Un gesto che si è concretizzato nello svuotamento delle porzioni di terreno poste tra i pettini alla quota superiore, quasi in una volontà di raddoppia mento degli stessi e in un gioco tra emergenza e sprofondamento, una messa in evidenza del salto di quota, cifra caratterizzante, delle due por zioni del Raggiungendosito. così, una trasparenza di concetto oltre che materiale, nelle grandi vetrate che contornano i pozzi ipogei, dispositivi di ingresso lumino so alla quota inferiore e delle vere e proprie oasi verdi.

L’idea alla base, oltre a quella di immaginare una funzione che potesse essere in qualche modo attrattiva, era quella di restituire dignità architetto nica e funzionale a questo spazio, fino ad ora utilizzato come una rimessa e un parcheggio.

CAPITOLO III

Al di sotto della scalinata e nell’immediato intorno si è concentrato l’inter vento architettonico di natura più preponderante, una vera e propria.

Superata questa zona e a contatto con essa troviamo il corpo nord, “il pettine basso”, che a questa quota ospita una biblioteca che si articola in tutta la lunghezza del corpo. Uno spazio di studio e di incontro a servizio della comunità di Clichy e un ricettore per gli studenti, nella stessa città e per quelli dislocati lungo le linee metropolitane 13, 14 e della RER C, avendo a disposizione due fermate nelle immediate2 vicinanze.

Se il tema dell’articolazione spaziale non risultava problematico, poiché ricalcava nella struttura quello dei piani superiori, l’ostacolo risiedeva nella quasi totale assenza di luce naturale, essendo uno spazio quasi totalmente Questaipogeo.

Una trasparenza di senso, che si rende manifesta ancora una vol ta nel grande gesto diagonale della scalinata centrale, un eco non più di relazione ma di raccordo tra le due differenti quote.

problematicità è stata affrontata rimarcando questo carattere fino a renderlo, da problema, un vero e proprio tema di progetto.

59 fig36*piano terra basso 2. Linea 13, fermata “Maire du Clichy”, 8 minuti a piedi circa Linea 14 e RER C, fermata “Saint-Ouen”, 15 minuti a piedi circa notes SPAZIO BEAUJON

Il traguardo tra le differenti quote dell’edificio è garantito invece da una sistema di scale che innalzano il volume della biblioteca fino ai quattro padiglioni centrali, dei sei totali.

Uno spazio libero, flessibile e a tutta altezza, attraversato dalla luce, in una serie di aperture in facciata di differenti dimensioni, più misurate nel fronte nord e più aperte verso sud, in un gioco di volumi che in copertura si arre trano, un’articolazione che è quella del progetto originale ma liberata dalle successive superfetazioni, sottolineata nei suoi vuoti, da ampie superfici vetrate di nuova concezione.

60 porzione aggiunta e dalla struttura autonoma.

Degli spazi lettura che raggiungono finalmente la quota superiore, dialo gando però costantemente nel vuoto centrale con il piano terra basso del Alprogetto.raggiungimento della quota superiore e quindi del piano terra alto del progetto, troviamo un’altra funzione di carattere prettamente urbano e le gata al suolo del progetto, il mercato urbano.

Una grande navata trasversale, in cui trovano posto nella parte centrale due volumi, autonomi e simmetrici che raccolgono i servizi.

Al centro del nuovo intervento una reiterazione della diagonalità, un audi torium al servizio della biblioteca, che in un eco parallelo con la gradonata subito al di sopra istaura ancora una volta la medesima opposizione, tra apertura verso il cielo e di chiusura verso la terra.

La stessa volontà di raccordo e di dialogo tra le differenti quote avviene anche all’interno della stessa biblioteca.

Un nuovo spazio che oltre a garantire un collegamento interno, alle due ali simmetriche della biblioteca, separate dal passaggio centrale, ospita altri due pozzi di luce che emergono nel disegno del piazzale soprastante e ad esso si integrano in una trama geometrica e ortogonale.

Qui infatti lo spazio a tutta altezza viene smorzato da dei mezzanini laterali che fuoriuscendo dal loro perimetro invadono lo spazio laterale delle due Questoali. livello, posto a metà dell’altezza è raggiungibile da due lunghe rampe, una per ogni lato, caratterizzate da un inclinazione dolce e dal medesimo segno diagonale.

CAPITOLO III

61 fig39*pianta assonometrica dello spazio della biblioteca (piano terra basso) fig38*sezione trasversale sul doppio dispositivo, gradonata/auditorium fig37*sezione sui pozzi di luce e l’auditorium SPAZIO BEAUJON

Due dispositivi per elevarsi, in un’ottica di flusso lento e veloce, mantenen do la vocazione originale della torre come nucleo distributivo dell’ospedale. All’ultimo piano, sormontato soltanto da uno spazio di accesso alla terraz za panoramica posta in copertura, la “galleria del paesaggio”, uno spazio espositivo di ampio respiro e privo di articolazione interna.

Se questa prima parte ha tentato di raccontare le funzioni e le logiche degli interventi riguardanti l’orizzontalità del progetto, in questa seconda si tratterà l’aspetto verticale e quindi del progressivo svincolamento dal rapporto con il suolo. Il percorso precedente immaginava un progressivo disvelamento del pro getto da sud verso nord, qui in una diversa ottica si potrebbe immaginare il percorso inverso, in una sorta di movimento pendolare.

CAPITOLO III

Uno spazio libero per accogliere il mercato ma che potrebbe prestarsi anche ad altri eventi di natura, ricreativa e sociale.

Se si vuole seguire questo ragionamento, potremmo pensare di ripren dere come punto di partenza la piazza centrale ipogea, immediatamente ai piedi della grande scalinata, un luogo che oltre ad accompagnare alla quota superiore si concretizza come un vero e proprio spazio distributore, così come lo fu, con un impianto di natura differente e quasi interamente perduto nel corso delle successive alterazioni, nel progetto originale.

Uno spazio di passaggio, di raccordo tra le differenti quote e una soglia di Accessoaccesso.ai corpi della biblioteca, nonché nucleo privilegiato per le sue uscite d’emergenza, e in posizione centrale rivolta verso la facciata e quin di verso sud, di accesso alla galleria centrale e allo spazio espositivo, posto alla sommità del pettine alto.

Una doppia altezza e ancora una tripla altezza in prossimità dei lucernari, una macchina di luce che privilegia l’apertura verso il fronte nord, facendo

Si potrebbe immaginare una linea orizzontale che passando per questo ingresso vetrato, a tripla altezza nello spazio del mercato, attraversa l’edi ficio fino a raggiunge la torre centrale, inclinandosi violentemente in una Verticaleverticale. che da un lato accoglie gli ascensori e dall’altra da un nastro continuo, una scala.

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63 fig42* pianta assonometrica sullo spazio del mercato (piano terra alto) fig40*sezione trasversale su i padiglioni fig41*sezione trasversale sul corpo centrale del “pettine basso” SPAZIO BEAUJON bibliotecamercato BMB B

Un volume chiuso e compatto, un gioco di tagli di matrice focale, atti a schermare la luce più intensa.

CAPITOLO III

Uno spazio posto esattamente a metà dell’edificio e raggiungibile dalla medesima torre centrale che conduce allo spazio espositivo, un luogo dello stare e dell’incontro, dal carattere intimo e introverso che però esplode all’esterno raccordando le terrazze poste sui tetti dei corpi laterali, che al sesto piano terminano con le loro coperture, così come nel corpo centrale al quinto piano che collega i pettini bassi a quelli alti.

Un brano di città dentro l’edificio, brani di edificio nella città, in un rapporto

Una macchina di luce che si evidenzia all’esterno, nella facciata sud, in un gesto orizzontale alla grande scala, mettendosi in diretta comunicazione, formale e visiva con il paesaggio e lo skyline parigino.

Uno spazio a tutta altezza dato dall’eliminazione del solaio tra quinto e sesto livello, in cui porzioni dell’orditura delle travi vengono mantenute per sostenere le passerelle, raccordo ed estensione verso l’interno dello spazio dei tetti giardino, citati.

La “galleria urbana” come si accennava, un diaframma che è attraversato dal verde e che da esso è penetrato, elevandosi in una faglia che stacca la facciata nord del corpo alto dai suoi solai lasciando le sole travi a vista, in un’ottica di continuità, fatta di verde, di aria e di luce fino al secondo dispositivo paesaggistico dell’intervento, la “galleria verde”.

Un luogo caratterizzato da giardini pensili e da una vasca continua che ospita diverse piantumazioni a basso e a medio fusto.

questi dispositivi è rappresentato dallo stesso piano terra, di cui si è già brevemente parlato, uno spazio da attraversare, messo a nudo nel la verticalità dei pilastri che compongono l’ossatura dell’edificio, rendendo da subito palese questo aspetto della materialità, celato dal rivestimento e caricandolo di valori tettonici di lettura immediata.

Questa galleria posta sulla sommità dell’edificio non è che la conclusione di una gestualità ripetuta che tripartisce l’edificio nella sua profondità, un gesto paesaggistico che viene intercettato dall’edificio e reiterato nella sua Ilverticalità.primodi

64 fluire all’interno una luce spalmata e poco aggressiva e che si chiude a sud, in un grande volume che fuoriuscendo dalla linea della facciata inter cetta l’aggetto preesistente delle terrazze poste su questo livello.

3. Clément, G. (2004). Manifeste du tiers paysage, Paris, France : Sujet-objet éd. notes

Questo spazio rappresenta in un certo senso il cuore di Beaujon, per la sua collocazione, certo, ma anche perché si assiste a una visione trasparente e di lettura immediata degli elementi e della materialità dell’edificio.

SPAZIO BEAUJON

65 di rovina e di “terzo paesaggio”3, in cui la vegetazione e il carattere terroso del mattone contrastano con la ruvidità del calcestruzzo armato, che da essi fuoriesce come una sorta di esoscheletro, in verticale con i pilastri e ancora orizzontale con le travi.

CAPITOLO III galleria galleriagalleriaurbanaverdedelpaesaggio

fig43* sezione maggiore, sezione trasversale nell’asse centrale SPAZIO BEAUJON

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Nel mezzo di questa tripartizione, dal primo piano fino al quarto e ancora dal settimo al decimo trovano posto una serie di residenze d’artista, in coniugazione con il programma immaginato, dal carattere spiccatamente culturale e nella continuità di intenzione di non esclusività nell’utilizzo del nuovo centro, aggiungendo così una componente di domesticità nel pro gramma ma dal carattere transitorio e non permanente.

La medesima logica caratterizza gli spazi a divisione dei tre blocchi degli appartamenti, dove trovano posto i corpi scala d’emergenza verso nord oltre che i due accessi con gli ascensori laterali.

Lo spazio distribuito che è rettilineo corre a nord interloquendo con la fa glia che separa l’intero edificio nella sua verticalità, uno sviluppo rettilineo che è talvolta negato allargandosi in spazi di convivialità e di pausa, verso la facciata nord.

A supporto e ausilio di questi spazi, nei quattro pettini e per tutta la loro verticalità fino allo spazio espositivo, quattro volumi contenenti i corpi scale di nuova costruzione.

Da qui inoltre fuoriescono i quattro pettini, dove trovano posto dei laboratori di produzione e sperimentazione al servizio degli artisti nelle residenze. Quattro laboratori per ogni piano che trovano da ovest verso est il mede simo impianto ma con una differente articolazione luminosa, in modo da garantire un utilizzo consono alle differenti e diversificate attività creative.

Scale di emergenza rese necessarie dalla normativa e che furono realizza te negli anni precedenti tagliando il solaio dei balconi semicircolari a sud.

Una struttura in acciaio, priva di qualsiasi espressione architettonica e in totale negazione del carattere emblematico di questi elementi che oltre a contribuire all’espressione architettonica dell’edificio ne rimarcavano an che la componente igienista.

Nel primo Blocco assistiamo ad una matrice ripetuta, dodici appartamenti più due collocati nel corpo laterale ad ovest ad ogni piano, una matrice quadrata che diviene tema nella definizione delle residenze, a partire dalla stesse unità abitative fino al disegno dell’interno, un unico modulo di pianta quadrata in cui si concentrano i servizi igienici e attorno cui si sviluppa, mediante mobili e separazioni effimere, l’articolazione spaziale.

CAPITOLO III

Ancora una volta il tema della “macchina di luce” entra in gioco, regolando in un gradiente, l’ingresso o il respingimento della luce naturale.

SPAZIO BEAUJON

Una serie di diverse funzioni, racchiuse da un involucro fisico e di senso, un tratto d’unione in cui ogni parte del programma, se pur distinta, entra a contatto e dialoga con l’altra. Una serie di principi che potrebbero essere sintetizzati in due gesti elementari, l’orizzontale, in un progetto di suolo tra interno e d’esterno, ed uno verticale, verso il cielo, in una logica di reciproca influenza in cui in uno è possibile scorgere l’altro.

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CAPITOLO III

Se infatti la logica di impianto e distributiva risulta la medesima degli ap partamenti posti nel primo blocco, il quadrato all’interno degli appartamen ti si sdoppia e s’innalza, slittando di un terzo in corrispondenza del volume centrale dei servizi igienici, così da conformare un volume su due livelli. Volume che è caratterizzato da uno spazio a doppia altezza in corrispon denza del prospetto sud e un affaccio a nord, al secondo livello, nel vuoto della grande faglia verticale.

Una gestualità ripetuta e rimarcata quattro volte, una per ogni pettine, e che insieme al grande “occhio” orizzontale dello spazio espositivo, posto in sommità, chiudono la composizione in rapporto alla grande scala, san cendo definitivamente la vocazione della facciata sud come vero fronte Lametropolitano.tendenzae alla verticalità e ad una sua progressiva esasperazione in un’ottica ascensionale è ancora una volta rimarcata nel secondo blocco delle residenze, posto subito al di sopra della “galleria verde” e subito al di sotto dello spazio espositivo.

Una tipologia a duplex che permette di ricavare un atelier integrato all’ap partamento e una doppia esposizione, garantendo il massimo apporto di luce naturale.

Con quest’ultima tipologia delle residenze si conclude questo capitolo, un capitolo che ha cercato di non riprodurre in maniera elencativa i vari inter venti ma che ha cercato di muoversi tra di essi in una visione di continuità.

Dopo aver optato per un eliminazione di queste e il ripristino dei balconi, dotandoli inoltre, di un parapetto massivo in un’ottica di accentuazione del volume, i quattro corpi scala di nuova concezione si sono spostati alla destra di ogni pettine, liberandone il prospetto.

Un affiancamento e non un contatto che tende a generare tensione e dia logo tra preesistente e nuovo, in ennesima reiterazione della verticalità, portata qui ad una scala quasi monumentale.

71 fig46 stato di fatto, scale di emergenza su i balconi SPAZIO BEAUJON

72 CONCLUSIONI

In queste ultime righe conclusive, vorrei rimarcare e chiarire il concetto di preservazione, espresso nel primo capitolo, in modo da rendere esplicito il mio pensiero e non apparire contradditorio tra premessa e risultato finale.

La trasformazione non è sicuramente un tema che può essere affrontato

0 TRAS/FORMARE l’ESISTENTE

74 C

Io credo che, con le dovute attenzioni e le specificità legate ad ogni architettura, al termine preservare dovrebbe essere affiancato quello di Itrasformare.processi,le trasformazioni, indicano che l’architettura non è immutabile e definitiva ma qualcosa che cambia, che si evolve, adattandosi alle dinamiche dello spirito del proprio tempo.

Potrei parlare a lungo del concetto, a volte portato all’eccesso, di monu mentalizzazione forzata, una sorta di fascino della rovina che ancora ci inebria, ci accompagna e forse ci rassicura.

Prese di posizione e analisi in gran parte mutuate dal mio mèmoire, che ha rappresentato una guida, una matrice essenziale per prima scomporre e poi ricomporre in una logica unitaria.

Ma qual è il metodo, e con quale approccio questo deve essere fatto?

ome si è potuto osservare, nei capitoli precedenti, quello che ho fatto è stato mantenere un filo di coerenza che legasse le varie strategie, a partire dalla lettura storica e simbolica dell’edificio, al suo ruolo all’interno del paesaggio metropoli tano, fino alle declinazioni progettuali, vere e proprie conseguenze degli approcci e delle prese di posizione precedenti.

Ho infatti parlato di Beaujon come incarnazione di valori, come oggetto emblematico nel paesaggio, come icona che deve essere preservata.

O ancora del suo esatto opposto, e cioè una tendenza distruttiva, verso quegli edifici emblematici che non ancora soggetti a un processo di stori cizzazione compiuto, non rispondono ai criteri formali del monumento.

75 fig50 Grand Hotel Colosseo, Roma, Italia, Superstudio, 1969

L’architettura è un organismo che vive, che si trasforma, che all’evenienza muore, ed in maniera straordinaria può rinascere, in un processo di trasformazione continua.

Costruire un rapporto, una relazione, intima e non ripetibile, così da infondere nell’edificio l’aderenza alla contemporaneità, in un dialogo costante tra vecchio e nuovo. Questo, a mio modo di vedere, significa preservare, questo è trasformare.

Io credo che la trasformazione sia la sfida architettonica della nostra epoca, un’epoca di congestione, di speculazione.

Una continuità che è anche di memoria, nella loro presenza, nel loro insistere in un dato luogo, perpetrando quegli echi e quelle riverberazioni spaziali frutto di una sedimentata presenza, nei luoghi, così come nelle menti delle persone.

Ma io credo che l’architettura non possa essere mortificata.

76 con superficialità, tanto più quando l’oggetto in questione rappresenta una testimonianza di particolare valore.

Solo riadattando, conferendo di nuovo uno scopo a edifici che non risultano più compatibili con quello originario, possiamo fare in modo di rimetterli in maniera attiva al servizio della società.

Una trasformazione che non deve porsi in rapporti di succubanza con l’esistente ma che deve conoscerlo, comprenderlo, così da poterlo enfatizzare, o perché no, negare, ribaltare, metterlo in contraddizione.

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78 BIBLIOGRAFIA

80 Clément, G. (2004). Manifeste du tiers paysage, Paris, France : Sujet-objet éd. Cohen, J.-L. et Damisch, H. (1992). Américanisme et modernité, l’idéal américain dans l’architecture, Paris, France : Flammarion. Cohen, J.-L. (2012). L’architecture au futur depuis 1889, Paris, France : Phaidon Conrads, U. (2017) . Programmes et manifestes de l’architecture du XXe siècle, Paris, France : Editions de la Vilete Curtis, W.J.R. (2004). L’architecture moderne depuis 1900, Paris, France : Phaidon Khoolhaas, R. et Mau, B. (1995). Small, medium, large, extra-large, New York, U.S.A.: Monacelli Press Michel, F. et Kriegel, B.-B. et Thalamy, A. et Beguin F. et Fortier B. (1979). Les machines à guérir : aux origines de l’hôpital moderne, Liège, Bruxelles : P. Mardaga Rossi, A. (2011). L’architettura della città. Rome, Italie : Quodlibet. Secchi, B. et Viganò, P. (2012). La ville poreuse : un projet pour la Grand Paris et la métropole de l’après-Kyoto, Genève, Suisse : MétisPresses LIBRI

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82 FONTI IMMAGINI

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Tutte le immagini (fig.xx**) sono di mia produzione e provengono dal mio Tuttefig.2,3,4mémorieleimmagini (fig.xx*) sono di mia produzione fig.17,18,20,22,23,24,25,26,27,28,35,36,37,38,39,40,41,42,43,44,45,47,48,49 fig.1 History, David Goddard/Getty Images https://www.history.com/ topics/british-history/stonehenge fig.5 Croniques d’architecture, grand-paris-nord-renzo-piano-une-foret-pour-cacher-larchitecture/https://chroniques-architecture.com/ fig.6

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85 fig.50 Architexture, de-521j-superjumbo-jpghttps://architexturez.net/file/superstudio-sli

86 ANNESSI

88 sezione di dettaglio “Galleria verde”

89

90 nuova scala di emergenza, vista e assonometria

91

92 piante “pettine basso”

93

94 MUSÉE GUIMET, Place Iena - Parigi, Henry Gaudin, 1996 riferimenti / suggestioni

95 The Tate Modern, Londra, Herzog & de Meuron, 2000

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