Transfusioni #1 Maria Lai / Francesco Impellizzeri, Nicole Voltan
Con il patrocinio:
Con la collaborazione della Federazione Unitaria Italiana Scrittori
Archivio Menna/Binga – sede romana della Fondazione Filiberto Menna via dei Monti di Pietralata 16, 00157 Roma Lavatoio Contumaciale Associazione Culturale diretta da Tomaso Binga/Bianca Menna Piazza Perin del Vaga 4, 00196 Roma
transfusioni2016@gmail.com
Si ringrazia:
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Transfusioni #1 Maria Lai / Francesco Impellizzeri, Nicole Voltan a cura di Anna D’Elia
Archivio Menna/Binga sede romana della Fondazione Filiberto Menna 23 maggio – 10 giugno 2016
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Questo catalogo è stato realizzato per Transfusioni #1 Transfusioni è un progetto ideato e curato da Anna D’Elia con il contributo di Bianca Menna, Silvia Stucky e Paola Romoli Venturi
Si ringraziano Mikele Abramo, Paolo Landriscina. Si ringrazia Maria Sofia Pisu per il materiale cartaceo e video esposto in mostra. Si ringraziano, per la partecipazione al dibattito su Maria Lai del 10 giugno 2016: Clarita De Giovanni regista delle opere filmiche Ansia d’Infinito e Post Scriptum, Nicoletta Nessler e Marilisa Piga registe del film Inventata da un Dio distratto, Maria Vittoria Migaleddu presidente dell’Associazione Culturale Acrase e la storica dell’arte Maria Elvira Ciusa Si ringraziano per le foto: Gioia Alparone (pagina 8), Paolo Landriscina (pagine: 5, 10, 13, 16, 23, 25, 26, 28, 30, 32, 34, 39), Silvia Stucky (pagine: 6, 10, 13, 14, 16, 17, 21, 22, 27, 32, 33, 35, 36, 37, 38, 39), Nicole Voltan (pagine: 3, 10, 12, 18, 19, 23, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 34, 35, 36, 37) Graphic design: Silvia Stucky
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Indice
Anna D’Elia
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Maria Lai
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Francesco Impellizzeri
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Nicole Voltan
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BiograďŹ e
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Transfusioni #1 Maria Lai / Francesco Impellizzeri, Nicole Voltan Anna D’Elia
Il secondo evento del progetto Transfusioni #1 (23 maggio10 giugno) è stato dedicato a Maria Lai (19192013) l’artista sarda che ha saputo interpretare i valori della sua terra con lo sguardo ri volto all’universo, aiutando piccoli e grandi a vivere l’arte con gioia e intelligenza e riportando nel mondo i valori della solidarietà. Le opere di Maria Lai presenti nell’Archivio Menna/Binga sono state esposte riproponendone contenuti e valori di grande attualità, quali la ricaduta sociale del lavoro dell’artista, la sua valenza comunicativa, il rapporto tra arte e scienza e tra arte e politica, la riflessione sul ruolo dell’artista in un momento di forte crisi sociale. A confronto con Maria Lai, com’è prassi nel progetto Transfusioni, sono stati chiamati due artisti delle ultime generazioni: Nicole Voltan e Francesco Impellizzeri che con lei condividono poetiche, metodologie, forme espressive, attitudini mentali. È un gioco di specchi e di rimandi quello che si è attuato anche in questo secondo evento durante il quale installazioni, dipinti, performance hanno dialogato con la parola poetica dell’artista sarda, la cui figura era presente attraverso nu merosi filmati in cui racconta in prima persona la sua vita, il suo lavoro, la sua ricerca. Sono stati proiettati i documentari di Marilisa Piga e Nicoletta Nessler, Inventata da un Dio distratto (2001, 45’), e di Clarita Di Giovanni, Post Scriptum (2013, 45’) che, accanto a selezionate testimonianze, raccoglie l’ultima voce di Maria Lai, il suo lirico testamento artistico. Carattere schivo e riservato fu quello di Maria Lai che, nei suoi soggiorni romani, trovò nelle per sone di Filiberto Menna e Tomaso Binga due interlocutori privilegiati. Molti aspetti della sua ricerca s’incrociavano con le scelte critiche dell’uno e le ricerche poetiche dell’altra. Ad unirli era l’inte resse per una diversa parola e per una nuova articolazione del discorso artistico. Il filo usato da Maria Lai per scrivere libri illeggibili e silenziosi vive in parallelo con la scrittura asemantica di To maso Binga ed entrambe erano mosse, negli anni Settanta, dalla medesima volontà di comunicare attraverso una scrittura più legata al ritmo, al corpo e al gesto che non al linguaggio convenzionale. E, non a caso, si ritrovano insieme nella mostra organizzata da Mirella Bentivoglio alla Biennale di Venezia del 1978, in cui veniva documentata l’indagine che l’artista e teorica romana stava con ducendo sul rapporto tra donna e linguaggio. Erano gli anni in cui anche il movimento femminista criticava la scissione tra mente e corpo in atto nella comunicazione verbale e fu in quegli anni che Maria Lai, senza gesti eclatanti né dichiarazioni politiche, sostituì la penna e l’inchiostro con la macchina da cucire per scrivere libri con fili su carta e su stoffa. Quando Maria Lai arrivò a Roma a vent’anni, nel 1939, il suo percorso di studi fu tradizionale. 7
L’apprendistato avvenne al corso di Figura e Modellato tenuto da Marino Mazzacurati. A questi primi passi seguiti da ripensamenti, rimorsi, nostalgie per ciò che si era lasciata alle spalle, se guirono numerosi andirivieni tra la Sardegna e il continente. Dopo Roma, sarà Venezia ad acco glierla e la lezione di Arturo Martini a segnarla, ma anche questa non è che un tassello nel percorso artistico di Maria Lai. Gli altri erano stati posati durante la sua infanzia solitaria in Sar degna nell’osservazione della natura, della sua asprezza e delle modalità di rapportarsi con essa sia da parte degli esseri viventi che delle altre specie, le caprette soprattutto, nelle quali Maria ravvisa il suo alter ego. È nel 1981 che Maria Lai realizza il suo capolavoro con l’azione Legarsi alla Montagna, che radi calizza il suo interesse per il territorio con installazioni a scala ambientale. La performance è stata rivista durante la mostra attraverso le immagini di Tonino Casula che documentò in Super 8 l’azione alla quale parteciparono compatti gli abitanti di Ulassai. Nel percorso artistico di Maria Lai questo progetto segna un punto di non ritorno, ed è con questo lavoro che vengono scritte le parole chiave della sua poetica centrata sul dialogo con la natura e sulla visione unitaria dell’universo nonché sull’uso dell’arte come strumento sociale e politico per superare i conflitti. Da questo mo mento un vasto repertorio di immagini e simboli tratti dalla tradizione popolare e favolistica sarà costante nel suo lavoro, sia in quello strettamente artistico sia in quello didattico volto a comuni care l’arte a grandi e piccoli. Un metodo, quello adoperato da Maria Lai, per formare all’arte e con l’arte che pone sempre al centro lo spettatore con favole, giochi o racconti. L’artista si limita a for nire indizi per consentire a chi ascolta di ripercorrere il processo creativo sotteso al lavoro artistico. Il piacere del racconto che sempre accompagna il suo insegnamento è il filo che unisce le diverse pratiche del suo operare, come dimostrano i preziosi filmati in cui l’artista racconta di sé rianno dando arte e vita, storia e antropologia. Dopo l’azione Legarsi alla Montagna, che Maria racconta evidenziandone l’origine in favole e tradizioni della cultura popolare sarda, sarà soprattutto lo sguardo dell’artista a cambiare. Se fino a quel momento aveva diretto i suoi occhi sul territorio circostante e soprattutto sulla mon tagna di Ulassai, dopo li rivolgerà anche verso il cielo sulle tracce di più remote origini. L’ansia d’infinito si palesa come il tratto peculiare della sua personalità, la sua musa ispiratrice che con durrà i suoi occhi oltre il visibile. Nascono da tale inquietudine le sue geografie celesti, vere e proprie mappe stellari, in cui i fili, che prima aveva usato per tessere relazioni e indicare dire zioni, ora servono ad allargare l’orizzonte visivo e mentale verso l’oltre e l’altrove, meta costante della sua ricerca artistica. Ed è a questo punto che le fila della mostra creano nuovi intrecci grazie all’opera di Nicole Voltan (Mestre, 1984), che lavorando sulle congiunzioni tra arte, scienza e cosmologia propone un trit 8
tico di disegni e un’installazione. Il trittico rappresenta i due emisferi, il nord e il sud, e le linee di misurazione di un astrolabio, lo strumento astronomico in cui sono rappresentate le costella zioni principali e i segni zodiacali, strumento che l’artista riattualizza con l’auspicio che si possa imparare a orientarsi anche con le stelle nell’epoca dei satelliti e dei GPS. L’installazione, attra verso i fili tesi nello spazio e tenuti da aghi puntati alle pareti, visualizza il margine di casualità presente negli schemi regolari costruiti nei secoli per capire e leggere il cielo e si collega alle co stellazioni del Piccolo Carro e della Croce del Sud riportate sul soffitto perché, dice Nicole, “siamo tutti collegati da un sottile, invisibile ed eterno filo rosso attraverso cui possiamo sentirci intrin secamente correlati gli uni agli altri, ma grazie al quale possiamo anche sentirci parte di un Tutto, un insieme molto più grande di noi e molto più vasto di ciò che la nostra mente è in grado di considerare razionalmente”. Sembra di ascoltare Maria Lai quando, descrivendo la sua performance Legarsi alla Montagna, diceva: “leghiamoci tutti insieme perché siamo legati dallo stesso destino”. E laddove in quel l’evento c’erano nastri celesti che legavano uomini e terra, pastori e bambine col dono dello stu pore, qui ci sono fili e aghi ovvero stelle e costellazioni col loro bagaglio di miti e leggende con cui l’uomo nei secoli ha plasmato la sua ansia di infinito. Le tessiture stellari di Nicole Voltan come le mappe astrali di Maria Lai cuciono e ricuciono le distanze, i secoli, i destini di uomini e popoli, avvicinano ciò che è lontano e propongono, attraverso geografie immaginarie, una storia in cui il mito e la scienza si fondono aiutando ciascuno a ‘trovare la propria stella’. Ogni ago infatti rappresenta una stella ed è più grande o più piccolo in base alla sua luminosità; i fili sono sotti lissimi, come i tratti a matita dei disegni, per dire che i ricordi sbiadiscono col tempo e che occorre saperli custodire. Se Maria Lai ha costruito col filo le sue scritture fantastiche (fiabe, carte geografiche e mappe astrali), Nicole Voltan con i fili costruisce spazi; ma comune a entrambe è l’antica manualità fem minile, il rigore e la pazienza che ne sottende trame e orditi, metafore della tessitura quotidiana della vita, comune è anche la leggerezza con cui affrontano i grandi temi dell’esistenza attraverso leggende e miti affacciandosi in punta di piedi sugli spazi infiniti dell’universo. In molti dei suoi interventi Maria Lai è scesa in campo in prima persona; lei così riservata e ti mida, amante del silenzio e della solitudine, molto si è prodigata per catturare il pubblico diso rientato dinanzi all’arte contemporanea. A partire dagli anni Novanta, non ha risparmiato le sue critiche nei confronti del potere che ha relegato l’arte ai margini della società non valoriz zando la creatività. In mostra erano esposti alcuni esemplari dei suoi giochi didattici, tra cui Il Gioco delle carte e la favola Curiosape, metafora dell’incontro tra il potere (L’Ape Regina) e l’arte (Curiosape). 9
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Molte questioni ha posto Maria Lai sulle modalità con cui oggi l’arte possa interagire con la so cietà e su questo ha chiamato gli stessi artisti al dialogo. Si possono leggere come una risposta a tale invito, gli interventi di critica al sistema che, fin dagli anni Novanta, contraddistinguono il lavoro di Francesco Impellizzeri (Trapani, 1958). Sono note le sue performances in cui intrec ciando testi canori e poetici di forte impatto con travestimenti e suggestive ambientazioni, Im pellizzeri denuncia le vicende poco edificanti di un’arte condannata all’esilio e alla marginalità, sviscerando – come negli ultimi eventi di Arte Clandestina – le ricadute che condizionano pe santemente la vita dell’artista e la sua stessa sopravvivenza. Per Transfusioni #1 Impellizzeri si è esibito nella inedita performance dal titolo M’ÈNNAta un’idea che reca omaggio al critico Fi liberto Menna e testimonia del loro dialogo. L’artista indosserà per l’occasione l’originale Giacca di Filiberto realizzata nel 1983 da Maria Lai per Filiberto Menna, con un ricamo di filo dorato su una sahariana, e reciterà un testo rimato in cui racconta di sé e dell’altro, del critico e dell’am biente artistico degli anni Ottanta, delle sue speranze di giovane pittore, delle gallerie, dei mae stri, degli scrittori che occupavano lo spazio reale della Galleria Banchi Nuovi e quello virtuale del suo immaginario. Ed ecco alcuni passaggi dal suo testo: “E questa sera, tendendo i complicati e colorati fili disposti sul nostro ideale telaio, mi accingo a comporre tessiture laiche, come quelle che Maria Lai ha in trecciato nel suo lungo e tortuoso percorso. Sardegna e Sicilia si incontrano, mostrando il frutto delle nostre opposte ricerche, per ricucirsi al continente, con gli intricati lacci della conseguente evoluzione”. In mostra è esposto il dipinto triangolare Sarah Vaughan (1990) che esemplifica la pratica arti stica di Francesco Impellizzeri collocata al confine tra le arti (il canto, la pittura, la performance, il cabaret), ma soprattutto intrisa di ironia “spruzzata d’ilarità” come lui stesso sostiene per “ap prodare all’arte attraverso una depistante demenzialità”. E qui di nuovo i discorsi si intrecciano evocando la più teppistica personalità che ha animato la scena dell’arte romana nella prima metà degli anni sessanta, l’artista nei cui confronti Maria Lai ha confessato il suo grande debito: Pino Pascali, che sull’arte come gioco, mito, ironia e provocazione la sapeva lunga. E c’è stato anche lui in questa mostra, nelle parole che rendono attuali i suoi gesti attraverso quelli di coloro che gli sono sopravvissuti.
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| Maria Lai
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Maria Lai Legarsi alla Montagna, Ulassai, 1981 Legare collegare, 1981 frame dal documentario di Tonino Casula, girato in Super 8 a Ulassai, 16’45�
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Maria Lai Le Muse operose come api dell’universo, 1972 16
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| Francesco Impellizzeri
Giacca di Filiberto, 1983 ďŹ lo dorato su sahariana 18
Francesco Impellizzeri Sarah Vaughan, 1990 acrilico su tela, 280 x 120 cm 19
M’E’NNAta un’idea, direte strampalata, di scrivere un testo FILIBERTAmente ispirato allo storico che, nel suo percorso, una squadra di valenti artisti ha criticato e, spavaldamente, sostenuto. Sarà questo indumento, la “Giacca Sahariana” che le esperte mani di Maria Lai hanno per Filiberto ricamata, che mi ha portato verso la versione parlata, della performance di questa serata. Cosa inusitata per chi come me, l’ha sempre fatta cantata, e la mia idea, spesso travestita ma mai travisata, con musica e trucco, con gioco e ironia ve l’ho sempre narrata. Con bizzarri abiti da trasformista nascondo l’intollerante visione dell’arte e del mondo e di questo ed altro, oggi vi racconto. I Banchi erano Nuovi, quando ho incontrato il critico citato, e la galleria romana raccoglieva tutti i frutti del suo oculato operato, offerti ai migliori offerenti, di quel mercato colorato. La fine degli anni ottanta mi vedeva esordiente e timido pittore di segni musicali, che ritmavano tasti bianchi e neri su superfici verticali. “Oibò, questa è Astrazione Povera” disse Fulvio Abate: il suo creatore mi voleva presentare, non appena sarebbe stato meno male. Fulvio portò a vedere le foto di quello che avevo realizzato a questo personaggio eccezionale! Ero un po’ intimorito, orgoglioso ed eccitato di poter esporre e, con lui, lavorare! II critico in questione avevo già avuto occasione di incontrare quando, nascosto tra il ciarliero pubblico delle inaugurazioni, ascoltavo alcoolici commenti ed opinioni, mi beavo di altisonanti nozioni e inorridivo degli ignobilii e banali strafalcioni. In quegli anni Craxiani, le gallerie pullulavano di personaggi disperati, provenienti dai campi artistici più disparati, ma anche da chi, veniva fuori, da campi sportivi per niente coltivati! Annotavo tutto nei miei taccuini, con la penna imbalsamavo citazioni che diventarono un giorno fonte di ispirazioni per le azioni graffianti delle mie canzoni.
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Ma il Filiberto, critico esperto, svicolava dalle ignoranti banalità e porgeva il suo sguardo acuto e pungente, verso il pubblico più autentico e meno delirante. Io ammiravo, scrutavo e me ne stavo muto, come un deficiente. Uscivo dalle gallerie sconfortato e piangente, camminando solitario tra gli oscuri vicoli della città Eterna, mentre dentro la testa e il cuore ardeva una vulcanica lanterna. Tornavo nel mio studio con spirito più acuto e con fare guerrigliero e risoluto lanciavo colori usando il pennello, come se fosse un morbido fioretto mentre le canzoni facevan da modello, cantavo di petto, e non per diletto La storia ci racconta che non ho fatto in tempo ad essere un artista dell’Astrazione Povera, ma nemmeno un povero artista. L’ironia e l’autentico scambio d’idee mi hanno arricchito. Ma anche il Rock e la cultura Pop hanno acceso di variopinti colori i comandi dei miei eclettici motori. Diventai: “il pittore che se la canta e se la suona”, che attacca l’ipocrisia, ma non perdona. E questa sera, tendendo sul nostro ideale telaio intricati fili colorati, mi accingo a comporre tessiture laiche, come quelle che Maria Lai ha intrecciato nel suo lungo percorso variegato. Sardegna e Sicilia si incontrano, mostrando il frutto della ricerca dialogante, che i lacci dell’evoluzione conseguente ricuciono riunendole al continente. Due personalità differenti, apparentemente, diventano trama dello stesso ordito, magicamente, grazie a Tomaso Binga, Anna D’Elia, e a tutto il resto della compagnia. Maria Lai col suo far poetico, ed un impalpabile velo, attraverso la sua tenace ricerca ha unito l’uomo, la terra e il cielo. Ed io, nel sincopato desiderio di un messaggio semiserio, pàrto dai retaggi millenari della mia isola, spruzzati d’ilarità, ma approdo all’arte attraverso depistanti demenzialità. Spero di non avervi tediato con questo testo rimato. Confesso che è stato un piccolo ma sincero trucco per essere da voi, forse piacevolmente, ascoltato.
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Francesco Impellizzeri Maria Lai Giacca di Filiberto, 1983 ďŹ lo dorato su sahariana 22
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| Nicole Voltan
“Specchio della coscienza di me il cielo, vasto e sconosciuto ancora, mi dirige, mi muove, mi comprende. Ho dentro di me la conoscenza che porta la direzione della destinazione, ma la cerco comunque nelle stelle, come se queste possano descrivermi punto per punto dove sono diretto, dove sono stato o dove andrò. Se io mi sposto il cielo mi segue. Se il cielo si sposta io mi perdo. Guardo le nostre mappe senza sapere che, chi le ha scritte, le ha già cambiate. È tutto già passato, spostato, sbiadito, smosso. Inconsapevolmente cerco di mettere ordine, di dare un senso, una continuità, una direzione, ma il tempo costringe a modulare ogni cosa. Ogni epoca ha in sé un ordine preferito, una traduzione soggettiva che rimescola ogni cosa. Ogni visione cambia lo spazio, ma l’essenza rimane la stessa e quell’essenza ha origini antiche. Anche se il passo vuole essere svelto, vuole stare al passo col passo, coi tempi, compasso e con passione, rincorriamo il futuro e scordiamo ciò che ci ha portato fino a questo punto. Dalla sfera al piano, traduco in geometria il movimento, o celeste, o terrestre, o umano. Navigatori all’infinito, cerchiamo il punto d’origine, il punto di partenza, il punto d’arrivo. Puntiamo i punti di riferimento credendoli punti fissi, ma essi sono linee, segmenti e tracciati, sono memorie di quei punti spostati. E noi restiamo punti nel profondo, quando perdiamo i nostri punti cardinali.”
Nicole Voltan
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Nicole Voltan Alidada, 2016 trittico di disegni a matita su carta intelata, 106 x 94 cm ognuno
88 Trame / I due emisferi, 2016 installazione siteÂspeciďŹ c con aghi, ďŹ lo rosso, 400 x 270 x 110 cm 25
Nicole Voltan 88 Trame / I due emisferi, 2016 installazione sitespecific con aghi, filo rosso, 400 x 270 x 110 cm 26
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Nicole Voltan 88 Trame / Prêtàporter, 2016 sculture: aghi, filo rosso e plexiglas, 10 x 10 x 7,5 cm 28
Nicole Voltan Alidada, 2016 trittico di disegni a matita su carta intelata, 106 x 94 cm ognuno 29
backstage
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Biografie
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Maria Lai Ulassai, 27 settembre 1919 Cardedu, 16 aprile 2013. Nel 1939 decide di stabilirsi a Roma per studiare al liceo arti stico, dove segue le lezioni di Marino Mazzacurati. Nel 1943, a causa della guerra decide di lasciare Roma, e si trasferisce a Ve nezia per frequentare l’Accademia di Belle Arti con Arturo Mar tini. Espone diverse volte a Cagliari e poi, nel 1957 espone alla Galleria L’Obelisco di Roma a cura di Marcello Venturoli. Fino al 1961 riceverà notevoli successi e riconoscimenti sia a Roma che in Sardegna. Nel 1981 si svolge a Ulassai Legarsi alla mon tagna, la performance collettiva per la quale è oggi più nota. Nel 1982 realizza la Via Crucis per la chiesa di Ulassai e con Co stantino Nivola, Guido Strazza e Luigi Veronesi il Lavatoio di Ulassai, che verrà completato nel 1989. Nel 1983 continua con gli interventi sul territorio, con L’alveare del poeta, opera dedi cata a Salvatore Cambosu, a Orotelli, e La disfatta dei varani a Camerino. Fra il 1992 e il 1993 realizza a Ulassai La strada del rito, Le capre cucite e La scarpata. Nel 1995 inizia la sua colla borazione con la compagnia teatrale Fueddu e Gestu con la rappresentazione Maria Pietra. Dal 1999 al 2001 si dedica al progetto per il Museo dell’Olio della Sabina a Castel Nuovo di Farfa. Dal 2002 realizza diversi interventi sul territorio di Ulas sai: I pensieri sull’arte, Il muro del groviglio (2004) e La casa delle inquietudini (2005). Nel 2004 le viene conferita la laurea honoris causa in Lettere all’Università degli Studi di Cagliari per il tratto fortemente nar rativo e concettuale della sua opera, che si realizza però con tecniche tradizionali, arcaiche. L’8 luglio 2006 viene inaugurato nei vecchi caseggiati dell’ex stazione di Ulassai il Museo di Arte Contemporanea, la Stazione dell’Arte, con la donazione da parte dell’artista di circa 140 opere fra le più significative del suo percorso. Nel 2011 vince il prestigioso Premio Camera dei Deputati per il 150° dell’Unità d’Italia con l’opera Orme di leggi. Nel 2012 partecipa con uno spazio tutto suo a Pulse, Fiera In ternazionale d’arte Contemporanea, a Miami. http://www.marialai.com/ FB Maria Lai 40
Francesco Impellizzeri Nasce a Trapani nel 1958 e nel 1982 si diploma in Pittura all’Ac cademia di Belle Arti di Roma, dove vive e lavora. Nelle sue prime esposizioni ha privilegiato una ricerca sul segno/colore in rapporto alla musica e dal 1990 propone per formances e installazioni in cui, pittura, musica, teatro, video, ecc., si fondono fino ad ottenere anche un prodotto fotografico e pittorico. Il tutto presentato in modo ludico e ironico, ma con forte senso critico nei riguardi della nostra società. Dal 1997 al 2007 ha esposto con la galleria Espacio Minimo di Madrid. In quegli anni ha realizzato i Pensierini, riproduzione a matita dei fogli di quaderno delle scuole elementari, realizzati in pic cole e grandi dimensioni, in cui sono commentati fatti di co stume, politici e privati visti come dagli occhi di un bambino ma il cui contenuto rivela il tipico punto di vista del suo lavoro. Nelle ultime opere il colore della ricerca cromatica iniziale si fonde con i testi degli appunti dei suoi taccuini, aggiungendo al suo lavoro una valenza concettuale e poetica. Attraverso installazioni i testi, dipinti con colore argento su cri stallo, vengono presentati come proiezioni luminose arricchite da suoni o performance musicali. Nel 2013 ha creato con Mikele Abramo ARTE CLANDESTINA, un progetto di eventi pittorico/musicali in cui vengono messe in evidenza le carenze culturali di questo ultimo ventennio at traverso una visione critica ma propositiva. Tra i musei e le gallerie in cui ha esposto: Il Ponte Contempo ranea, La Nuova Pesa, Roma; Flash Art Museum, Trevi; Castello di Rivara (Torino); Palazzo Pascali, Polignano a Mare; Villa Manin di Passariano (Udine); Contemporary Art Centrum, Poz nan; Galleria Buia, New York; Museo DA2, Salamanca; Museo Reina Sofia, Madrid.
Nicole Voltan Mestre (Venezia) 1984. Laureata in Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Ha partecipato a numerose mostre a Roma, Bari, Ancona, Treviso, Venezia, Milano, Firenze, Alessan dria, Istanbul, Capodistria e Izola (Slovenia). Nel 2007 ha lavo rato come assistente per la realizzazione dei Wall Drawings di Sol LeWitt per la 52a Biennale di Venezia. Nel 2011 e nel 2012 è stata assistente di Giuseppe Gallo, mentre dal 2014 al 2016 di Maurizio Savini. Mostre principali: PARA KlàSIS Profilo Dinamico Interno, Galle ria Cinica, Palazzo Lucarini Contemporary, Trevi (2013); 88 trame, La Stellina Arte Contemporanea, Roma (2013); Sistema Entropia, La Stellina Arte Contemporanea, Festival di Fotografia (2011); 6 dei Nostri, Fondazione Pastificio Cerere Roma (2015); SAC Mari tra le mura, Fondazione Pino Pascali (2014); Scala C.All, studio di Nicole Voltan, Roma (2014); Gas Stelle e Led, Museo Nuova Era, Bari (2014); Essere io non ha misura, Factory, Ex Mattatoio di Testaccio, Roma (2013); Gino on my mind, Sguardi Sonori, Mole Vanvitelliana, Ancona (2012); Punti di an coraggio / Ecology of mind, Parco del Contemporaneo, Forte Marghera, Venezia (2012); CU/CM La città dell’uomo Abito & Habitat, XI Mostra Internazionale di Architettura, Biennale di Venezia (2008). “Nicole Voltan è un’artista dall’attitudine scientifica: osserva, analizza, crea dalla natura all’arte con la natura stessa, sia essa terreste o celeste. L’infinitesimamente piccolo e l’infinitamente grande sono resi a misura d’uomo, affinché possano essere sot toposti al suo sguardo, al suo raziocinio e alle sue emozioni. Un ritorno, il suo, a un sentire primordiale nei confronti della Terra e della vita organica e inorganica, i cui processi lei stessa spe rimenta per rendercene partecipi e per ricordarci di esserne parte.” (Claudia Fiasca e Teresa Buono)
http://www.francescoimpellizzeri.info/home/ FB Francesco Impellizzeri
http://nicolevoltan.blogspot.it/ FB Nicole Voltan
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Transfusioni #1 23 maggio – 10 giugno 2016