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NON SOLO TIR
from n. 227
di AlessAndro MusuMeci, STELLANTIS sAles PlAnning, distribution & suPPly chAin director for Peugeot/citroen/ds/oPel
Chi non lavora… non fa l’amore.
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C’è chi dice no
cari lettori di Trasportare Oggi in Europa, sta iniziando una nuova stagione estiva, che porta con sé tutto l’ottimismo e la speranza che questo periodo rappresenta per le persone di tutte le fasce d’età. Quest’anno, in particolare, penso che questo sentimento sia diffuso e generalizzato, dal momento che ci avviciniamo all’estate dopo un lungo periodo, che potremmo paragonare ad un letargo forzato. Sembra di essere tornati all’anno scorso quando in estate si poteva finalmente uscire all’aria aperta con meno limitazioni, e la sensazione era di uscita da un brutto e buio tunnel. Quest’anno la percezione diffusa è che il tunnel fosse più lungo di quanto avessimo ipotizzato, una sorta di lunga serie di gallerie liguri, quando, appena ne termina una, ecco che ne inizia una nuova. Sicuramente ci arriviamo quest’anno più consapevoli e sicuri che la campagna vaccinale possa rappresentare davvero uno scudo protettivo che ci faccia “saltare” le successive gallerie. Quindi, tornando all’ottimismo, è il momento di pensare alla ripartenza a come voltare pagina e rimettersi su un sentiero attivo e prosperoso. Sicuramente, al di là della tragedia sanitaria, questo periodo si porta dietro un’immane perdita di lavoro, concentrata in settori ben precisi, come i servizi turistici, ristorazione e ospitalità, ma anche su gruppi ben individuati e più penalizzati, come i giovani o le donne. Questa è la foto che ci portano le statistiche, con la differenza che le morti sono certe e in numero definito, mentre l’altra crisi è tutt’altro che chiusa.
Allora in tutto questo contesto è davvero paradossale quando si legge della difficoltà, per chi vuole appunto ripartire, a trovare la forza lavoro disponibile. E, spesso, non si tratta dei figli di papà bensì di coloro che “scelgono” il reddito di cittadinanza al posto di un reddito da lavoro. Il problema, a mio avviso, è che non ci dovrebbe essere la possibilità di scegliere tra un reddito “da lavoro” e un reddito “non da lavoro”. A parte il fatto di essere pro o contro questa misura di sostegno al reddito, credo che chiunque sia concorde con il fatto che essa debba essere transitoria e preparatoria alla ricerca di un lavoro vero e, possibilmente, stabile. Per un giovane senza esperienza non dovrebbe esserci solo da valutare in un’esperienza lavorativa la componente di reddito ma anche, e soprattutto direi agli inizi, quella di apprendimento. C’era una volta l’apprendistato e nessuno osava parlare di sfruttamento perché il valore che si riceveva non era quello monetario bensì l’acquisizione di capacità, diremmo oggi di hard skills, che formava per il futuro. Un investimento in sostanza. Ecco, quindi, che c’è un rischio, e non è solo quello relativo a trovare la copertura finanziaria per questo reddito, che normalmente è pari ad una decina di miliardi ogni anno. Il vero e più importante rischio è quello prospettico, perché oggi non ci sono gli investimenti in skill, mancano gli apprendistati, mancano le vere scuole che insegnano un lavoro. E gli effetti di tutto ciò si vedranno chiari e limpidi tra diversi anni.
Per chiudere, Draghi ha parlato di debito buono e debito cattivo, intendendo per buono quello destinato ad investimenti futuri. Parallelamente potremmo parlare di reddito buono e reddito cattivo, dove quello buono, sebbene basso e non soddisfacente, si accompagna ad una formazione, ad una crescita personale e professionale, in pratica un investimento per il futuro lavorativo delle prossime generazioni.