Federico Klausner direttore responsabile Federica Giuliani direttore editoriale Devis Bellucci redattore Silvana Benedetti redattore Maddalena De Bernardi redattore Francesca Spanò redattore Paolo Renato Sacchi photo editor Isabella Conticello grafica Willy Nicolazzo grafico Paola Congia fotografa Antonio e Giuliana Corradetti fotografi Vittorio Giannella fotografo Monica Mietitore fotografa Graziano Perotti fotografo Emanuela Ricci fotografa Giovanni Tagini fotografo Bruno Zanzottera fotografo Progetto grafico Emanuela Ricci e Daniela Rosato Indirizzo: redazione@travelglobe.it Foto di copertina: Giovanni Tagini - Shangai Tutti i testi e foto di questa pubblicazione sono di proprietà di TravelGlobe.it ® Riproduzione riservata TravelGlobe è una testata giornalistica Reg. Trib. Milano 284 del 9/9/2014
EDITORIALE Questo luglio è stato a tratti soffocante, facendo suonare diversi campanelli di allarme. Non è stato il solito caldo estivo. Secondo quanto affermato Centro Nazionale per le Informazioni Ambientali (NOAA), l’ente USA che periodicamente misura lo stato di salute della Terra il mese di maggio 2015 è stato il più caldo di sempre con una temperatura di terre e oceani più alta rispettivamente di 1,3 e 0,72 °C rispetto ai valori medi del secolo scorso. E non è un caso isolato: perché dei 10 anni più caldi dal 1880 a oggi, ben 9 sono successivi al 2000, con il 2014 l’anno più bollente di sempre. Nella base argentina di Esperanza, in Antartide, a marzo 2015 sono stati raggiunti 17.5°C, una temperatura incredibile, considerando che oltre i 15° si fondono gli strati superficiali dei ghiacciai e delle piattaformeglaciali. Nel 2002 la prima vittima fu la barriera Larsen B, un lago ghiacciato grande come la Val d’Aosta, che esisteva da circa 12 mila anni. Il suo collasso contribuì all’innalzamento del livello dei mari. Il nostro pianeta sta correndo un rischio enorme. Secondo un pool di scienziati che lavora per il Woods Hole Research Center del Massachusetts è in pericolo il permafrost, il terreno ghiacciato sotto il Polo Nord, il cui scioglimento libererebbe una riserva di 1500 miliardi di tonnellate di carbonio, il doppio di quello già esistente nella nostra atmosfera malata, che farebbero impazzire definitivamente il
clima. Ma anche l’impegno degli Stati partecipanti alla conferenza di Bonn - limitare l’aumento delle temperature di 2° rispetto al livello preindustriale – rischia di non essere sufficiente, perché porterebbe comunque a una riduzione del 30% del permafrost entro il 2100, con gli effetti disastrosi descritti prima, e all’innalzamento di un metro del livello del mare nei prossimi decenni e 5 nel prossimo secolo. Come dire che dovremo salutare Londra, New York e Venezia, destinate a finire sott’acqua, se non si raggiungerà l’obbiettivo di ridurre le emissioni del 70% entro il 2050. E allora? Occorre un drastico immediato cambio nelle strategie energetiche, investendo nell’eolico e nel solare e tagliando nel contempo le emissioni di anidride carbonica, principale responsabile dei gas serra, che hanno toccato i massimi da 800.000 anni a questa parte, anche se qualche Paese emergente recalcitra, e arrestare la deforestazione. Questi fattori impattano sul clima, causando desertificazione di alcune aree e inondazione di altre, distribuzione alterata della flora e della fauna, raccolti in calo, ondate di calore più frequenti, con conseguenze gravi in termini di sicurezza alimentare e disponibilità di acqua potabile. Ciascuno di noi può fare la sua piccola parte per contribuire a ridurre i consumi energetici. Cominciamo con spegnere i condizionatori e tuffarci in mare. Buone vacanze!
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EDITORIALE di Federico Klausner
NEWS
Fj채llbacka Trame gialle su fondo azzurro Foto e testi di Giuliana e Antonio Corradetti
SORRENTO Torna a Surriento Foto e testi di Graziano Perotti
SHANGHAI La vita semplice Foto e testi di Giovanni Tagini
GLASGOW Sorprendenti atmosfere Foto e testi di Bruno Zanzottera
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FOTOGRAFO DEL MESE
Fabiola Giuliani
LEGENDA
KENIA La fattoria degli animali Foto e testi di Vittorio Giannella
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M E N T E C U O R E N AT U R A G U S T O CORPO
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La più vivace e spettacolare festa, che precede la nota Oktoberfest, è la Gäubodenvolksfest di Straubing che quest’anno si tiene dal 7 al 17 agosto. Nata nel 1812 come festa agricola offre un ricco contorno di giostre, divertimenti ed esperienze gastronomiche, oltre all’opportunità di visitare le chiese barocche della città a il Gäubodenmuseum con pregevoli reperti romani. Baviera Turismo
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Dopo i violenti terremoti degli scorsi mesi, che hanno causato migliaia di morti e la distruzione di moltissimi edifici, il Nepal ha bisogno di aiuto. Giordana Astegno, socia di Shamboo Travels che opera in India e Nepal, ci mette la faccia e chiede di sostenere il popolo nepalese lanciando – e documentando costantemente – una raccolta fondi. Clicca qui per dare il tuo contributo
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CONCORSO
Potluck è molto più di una cena, è più di un corso, più di un evento: Potluck è un momento conviviale che unisce e rafforza i rapporti di chi vi partecipa. Il primo appuntamento in programma è un vero e proprio workshop nella campagna toscana. Dal 18 al 20 settembre, immersi nella straordinaria campagna di Vinci, si potrà prendere parte a un Potluck dedicato all’arte della fotografia di cibo e della convivialità e si svolgerà presso l’Agriturismo Cantagrillo. Potluck
Fino al 30 ottobre 2015 puoi partecipare al concorso per vincere due vacanze eco-sostenibili in Italia. Racconta, attraverso testi e fotografie, un itinerario green o una sosta eco-sostenibile sul sito Ecobnb per trascorrere una vacanza tra le colline parmensi e l’appennino tosco-emiliano, soggiornando nel B&B eco La Casa di Woodly e nell’Agriturismo Vegan Borgo Val di Tara, oppure un weekend in Liguria, soggiornando al B&B Diano Green, circondato da campi di lavanda e uliveti.
LIBRI FOTOGRAFICI
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La nostra fotografa Monica Mietitore ha realizzato alcuni libri che raccontano il mondo per immagini. Scatti che ritraggono volti e luoghi visti dai suoi occhi sensibili e raffinati: Africa e India vi incanteranno. Li trovate tutti su Blurb
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SOCIAL EATING
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Set da film neorealista in bianco e nero alla Dino Risi, ed esplosioni di colore, dalle maioliche al mare. Al primo ciack Sorrento affascina e conquista gli occhi e il palato.
SORRENTO. TORNA A SURRIENTO
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Due damigelle aspettano la sposa all’angolo della via che dà sul piazzale del chiostro di San Francesco. Sposarsi a Sorrento è per molti sposi di lingua anglosassone vivere un sogno. “Qui dove il mare luccica e tira forte il vento, su una vecchia terrazza davanti al golfo di Sorrento “. Un omaggio a Lucio Dalla che tanto amava questi luoghi e questa terrazza. La canzone fu composta dal grande cantautore italiano al Grand Hotel Excelsior Vittoria, che gli ha dedicato una suite. Lucio Dalla si fermò la prima volta quasi per caso a Sorrento: la sua barca ebbe un avaria e fu cosi che dovette alloggiare all’hotel Vittoria, dove gli assegnarono la suite Caruso. Quelle atmosfere ispirarono il suo capolavoro musicale.
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La grande targa in fine maiolica donata dai pescatori sorrentini, emigrati in Argentina a Mar del Plata, posta all’entrata del vecchio porticciolo. Alcuni di loro hanno esaudito il desiderio di tornare nella loro amata Marina Grande. In alcune foto usurate dal tempo alcuni momenti del film “Pane, Amore e…” di Dino Risi con interpreti Vittorio De Sica e una strepitosa Sofia Loren. Il film è uno dei capolavori del neorealismo italiano. Le scene più famose furono girate sul lungomare e nella piazzetta di Marina Grande e videro come comparse alcuni abitanti del vecchio borgo, che ancora oggi ricordano quei momenti con tanta nostalgia.
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Nelle pagine precedenti La panchina dove si riposavano Vittorio De Sica e Sofia Loren, la comunità di Marina Grande ha voluto murare un’opera in maiolica, per non dimenticare la loro lunga permanenza per le riprese del film. Dalle terrazze di Marina Piccola lo sguardo porta al Vesuvio, una delle tante cartoline d’autore naturali che hanno fatto innamorare famosi poeti e scrittori.
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Sorrento possiede minuscoli arenili, ma le caratteristiche sdraio sospese sul mare sono molto amate dai turisti provenienti da tutto il mondo.
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Vista di Marina Piccola e della baia dalla terrazza del Grand Hotel Excelsior Vittoria. Qui ha soggiornato il grande tenore Caruso, godendo di queste viste e schiarendo la sua inimitabile voce, sino agli ultimi giorni della sua vita. Ancora oggi giungono appassionati di musica lirica che vogliono visitare il famoso hotel e visitare la camera dove soggiornava l’artista napoletano.
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Nella pagina rpecedente: una sposa americana nel centro storico di Sorrento per l’immancabile foto vista Vesuvio. Sorrento ospita circa 300 matrimoni stranieri all’anno, attirati dalle bellezze del golfo di Napoli: una vera e propria industria del matrimonio d’autore. Le varie fasi della cerimonia portano gli sposi nei luoghi più suggestivi di Sorrento. Uno scorcio del chiostro di San Francesco in centro storico, vicino all’omonima chiesa. Il chiostro è uno dei monumenti più antichi di Sorrento e fu costruito sui resti di un monastero del VII secolo. Nel periodo estivo al suo interno si svolgono numerosi concerti dedicati alla musica classica o alla canzone napoletana ed è anche uno dei luoghi più ambiti per la celebrazione dei matrimoni. Nel 2014 vi sono stati celebrati oltre 200 matrimoni dei 300 annui di sposi provenienti da tutto il mondo. Il sedil Dominova in pieno centro storico in via San Cesareo è affacciato sul largo detto dello “ Schizzariello” per via della fontanella pubblica presente in loco. I suoi stupendi affreschi ospitano il circolo sorrentino. Rappresenta l’unica testimonianza dell’intera regione dei sedili nobiliari del medioevo, dove i potenti si riunivano per le decisioni più importanti.
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Uno scorcio di Marina Grande. Un anziano pescatore immerso nei suoi pensieri si gode il riposo dopo la pesca, mentre la nuova generazione è alle prese con la moderna tecnologia. Sorrento è anche buona tavola, prodotti tipici e locali famosi nel mondo, che fanno la gioia dei numerosi turisti. Il limone nelle varie sue espressioni è il re assoluto, dal famoso liquore limoncello a saponi ed essenze.
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Nella pagina precedente: una donna stende di prima mattina i panni sul suo balcone sospeso sul mare di Marina Grande, cantando melodie napoletane: ”Torna a Surriento “ ne è la più popolare, cantata anche dai numerosi turisti stranieri che affollano nei mesi estivi il borgo. Ancora oggi a Marina Grande, nella parte più autentica di Sorrento si ritrovano le atmosfere neorealiste immortalate nei film di Dino Risi. Le reti dei pescatori messe al sole ad asciugare, antichi gesti cristallizzati nel tempo degli abitanti di Marina Grande. L’intero golfo di Napoli ha da secoli un rapporto d’amore con il mare che ha pochi uguali in tutto il Mediterraneo. Basti pensare alle decine di canzoni che gli sono state dedicate.
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Una delle terrazze con vista sul Vesuvio e la baia di Napoli del famoso hotel Bellevue Syrene, considerato uno degli hotel piÚ romantici al mondo. All’interno dell’hotel si trova anche il celebre ristorante Villa Pompeiana.
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Sorrento è costruita su un costone di tufo affacciato sul mare e questa caratteristica rende unici anche i suoi stabilimenti balneari sospesi su pontili. Ultimamente anche la qualità del mare ha avuto notevoli benefici da una piÚ attenta salvaguardia dell’ambiente, che ha portato a un boom di turisti, non solo attirati dalle bellezze artistiche e paesaggistiche del golfo di Napoli, ma attratti anche da una rilassante vacanza balneare.
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INFO UTILI Foto e testo di Graziano Perotti
Quando andare Se volete assaporare pienamente il fascino di Sorrento evitate i mesi centrali dell’estate per fuggire la folla e il caldo. Il periodo da aprile a giugno è il più indicato, anche se la maggior parte degli eventi si tiene in luglio e agosto. Anche settembre è ottimo, ma attenzione perché il 30/9 la stagione chiude. Dove dormire Due gli indirizzi da ricordare citati nel testo. Il Grand Hotel Excelsior Vittoria, un albergo di lusso di grande fascino e dalla lunga storia, dal 1834 proprietà della famiglia è situato nel centro storico di Sorrento e dalle sue famose terrazze si gode una vista mozzafiato sul golfo di Napoli e il Vesuvio. Il Bellevue Syrene, Il Bellevue Syrene sorge sulle vestigia di una maestosa villa romana, che nel 1750 divenne una casa privata e nel 1820 diventa un delizioso albergo. Vi hanno soggiornato re e imperatrici, scrittori tutti, indistintamente affascinati dal luogo. Dove mangiare Ristorante Bagni Delfino, in riva al mare, e l’Antica Trattoria, in pieno centro, per cene indimenticabili a base di pesce.
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Giallo e azzurro come la bandiera svedese. Giallo come le crime story che Camilla L채ckberg vi ha ambientato. Azzurro come il mare e il cielo tra i quali il villaggio di Fj채llbacka si annida come una piccola perla.
Fj채llbacka. TRAME GIALLE SU FONDO AZZURRO
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76 metri sembrano poca cosa, ma sono abbastanza. Sufficienti per scoprire un paradiso. Basta salire in cima al Vetteberget, lo sperone roccioso che domina Fjällbacka, Lassù ogni magia è possibile. Ci si può ubriacare come un’ape nella fioritura dell’erica, rustica e folle, spazzolata da ogni vento, accarezzata da ogni nuvola. Ci si può sentire gabbiano e, su un posatoio di roccia, starsene appollaiati a guardare il paese, il piccolo porto, le barche, e un arcipelago incantato di isole e isolotti persi nel luccichio del mare. Dovendo scegliere un libro da mettere in valigia al momento di partire per Fjällbacka, la scelta sarebbe ovvia. Uno qualsiasi dei romanzi di Camilla Läckberg sarà in grado di fornire chiavi segrete per entrare nel cuore del suo amato paese natale e ancore per restarvi attraccati per sempre. Quasi un ossimoro, l’idilliaca quiete del posto e il misterioso, oscuro arazzo di trame noir che la scrittrice vi ha intessuto sopra. E’ chiaro, però, che proprio il fascino del silenzio, la pace perfetta dell’isolamento, e quell’atmosfera incantata da fiaba nordica, costituiscono lo scrigno ideale di segreti e di drammi psicologici che spesso affondano le radici nel passato. Fjällbacka non è uno sfondo, ma il protagonista assoluto di ognuna di queste storie.
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Camminando per le vie del paese, l’impressione di essere dentro una fiaba accompagna ogni passo. Salendo in cima al Vetteberget, la sensazione diventa ancora piÚ forte. Dall’alto il villaggio sembra costruito provvisoriamente, appoggiato sul bordo del mare come un gioco di costruzioni per bambini, pronto ad essere smontato e portato via per lasciare solo una solitaria distesa di rocce levigate, prati vellutati ed erica.
Lo scoprimmo per caso. Eravamo in viaggio verso Capo Nord, tempi stretti e tanti chilometri da percorrere, nessuna visita e divagazione intermedia prevista. Arrivammo a notte inoltrata a Fjällbacka, giusto il tempo di un buon sonno, col programma di una sveglia antelucana e poi subito via verso nord. Quel posto doveva rimanere niente più che uno di quei nomi più o meno impronunciabili e anonimi di fine e inizio tappa che scrivevamo sul diario. E invece ci rubò il cuore. Bastò una piccola passeggiata mattutina per sgranchirci le gambe prima di ripartire, per rimanere irrimediabilmente stregati dalla sua bellezza. Contro ogni previsione, restammo intrappolati un intero giorno e da allora quel nome venne incluso come sosta obbligata in ogni nostro successivo viaggio scandinavo.
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Le case si addensano e si serrano verso il porto. Dal suo piccolo nido di roccia, tutta Fjällbacka si raccoglie e si protende verso il mare, come se in esso fosse ogni pericolo da avvistare e ogni salvezza da attendere. Fjällbacka è un idillio naif. Piccole case di legno dipinte a tinte gentili, staccionate, stradine acciottolate, tetti spioventi che dall’alto sembrano uno sciame di farfalle rosse. La chiesa di granito scuro, è un guardiano severo e appartato, in contrasto con l’animazione del molo, il Bryggan, coi suoi tavolini all’aperto e le barche ormeggiate davanti. Sulla riva, i casotti dei pescatori, color rosso cupo, sembrano cresciuti direttamente su rocce lisce come ossi di seppia. Scogli e massi dai colori rosati e dalle forme morbide, scolpiti e levigati dalle glaciazioni e dai secoli, affiorano ovunque dalla terra e dal mare come una strana transumanza di animali preistorici.
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Un sito antichissimo, abitato fin dall’età del bronzo, come testimoniano le pitture rupestri, patrimonio dell’umanità dell’Unesco, che si possono visitare nel vicino Vytlicke Museum. Oggi Fjällbacka è un villaggio di circa 1000 anime nella municipalità di Tanum, contea di Västra Götaland, nella provincia del Bohuslän, sulla costa occidentale della Svezia meridionale. Queste le coordinate geografiche. Per quelle dell’anima, semplicemente “Il mio posto nel mondo”, come lo definiva Ingrid Bergman, che qui era solita trascorrere le sue vacanze.
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La presenza del mare è ovunque: paesaggi marini dipinti sulle cassette della posta, modellini di barche alle finestre, e all’interno della chiesa quadri di velieri ed ex voto per antichi naufragi scampati. Tributi, omaggi, preghiere a una divinità forte e temibile, generosa e crudele.
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Adrenalina e suspence nei romanzi della signora in giallo di Fjällbacka, Camilla Läckberg. Veri e propri tuffi nelle acque apparentemente serene e pacifiche di una tranquilla cittadina svedese, per andare a scoprire, al di sotto della superficie tranquilla, la realtà complessa, spesso malevola e feroce di un piccolo mondo di provincia chiuso e soffocato da intrighi e segreti.
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Il mare arriva davanti alle case senza un’onda, senza un rumore, come stremato dalla fatica di insinuarsi in quel labirinto di isole. L’immagine di Fjällbacka, capovolta nello specchio fermo dell’acqua, si scompone e si fonde in un caos di colori fluidi ad ogni passaggio di barca, per poi riformarsi, immobile e perfetta, nel suo incantesimo.
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Quiete e dolcezza insuperabili nelle luminose giornate della stagione estiva. Il villaggio sembra galleggiare in mezzo a un giardino di isole che invita alla scoperta. Allo stesso tempo, però, quel mare può essere freddo e incantatore. Un paesaggio magnetico e remoto che incute rispetto e timore.
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La storia di Fjällbacka è legata sia al mare che alla terra. Dal primo venne una ricchezza basata sulla pesca e la lavorazione delle aringhe. Si trattava di un tipo di aringhe particolari, le anchovies, molto piccole e saporite, che venivano conservate con sale e spezie ed esportate in tutto il mondo. Dalla terra proveniva invece la seconda risorsa che alimentò l’economia locale a partire dalla fine dell’Ottocento: il pregiato granito della zona. Oggi la maggior parte delle attività della cittadina si basa sul turismo.
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Nella breve estate scandinava le sere sono lente e radiose. Splendore d’oro chiaro, raggi radenti, cielo color latte e miele e lunghe ombre azzurre. Finestre spalancate, assetate di luce, vegliano già in attesa dell’’alba. Quando, dopo un interminabile tramonto, scende infine l’oscurità, nell’aria azzurra e fresca il profumo delle rose si fa struggente e, al di là degli steccati bianchi e delle siepi, dietro i vetri si accendono fioche lampade dorate. Piccoli giardini preziosi coltivati con amore, ordinati e perfetti, oppure folli e straripanti. Fatati giardini selvatici e ribelli, che sembrano fioriti in una sola notte di pioggia e brezza marina. Fiori ovunque, fiori incontenibili, più alti degli steccati, più colorati delle case e fugaci come l’estate stessa
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Dall’alto del Vetteberget l’orizzonte si spalanca su un arcipelago sconfinato. Ogni vecchio pescatore di Fjällbacka conosce a memoria le insidie e la mappa intricata delle vie d’acqua, e potrà snocciolare come un rosario il nome aspro e antico di ogni isola e insenatura. “..... La rotta le era familiare. Conosceva ogni isola, ogni scoglio. Puntò verso Väderöbod e proseguì sempre più in là lungo la fascia costiera. Le onde avevano cominciato a sollevarsi un po’ e la prua sbatteva sulla superficie dopo ogni cresta. Si concesse di chiudere gli occhi per qualche secondo, godendo della sensazione degli spruzzi di acqua salata sul viso. Riaprendoli, vide in lontananza Gråskär e il cuore le balzò nel petto. Era sempre così, quando avvistava l’isola e la casetta con il faro che svettava bianco e fiero verso il cielo azzurro. Era ancora troppo distante per poter vedere il colore della casa, ma ricordava la sfumatura grigia del legno e i cantoni bianchi, e anche le malvarose che crescevano contro la parete meno esposta al vento. Era il suo rifugio, il suo paradiso. La sua Gråskär. “ “Il guardiano del faro” Camilla Läckberg
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INFO UTILI Foto e testo di Giuliana e Antonio Corradetti Clima Il periodo migliore per visitare Fjällbacka è quello estivo. Gli inverni sono rigidi e piovosi con temperature medie che oscillano tra -7°C e +2°C. Estati fresche e frizzanti., con temperature medie dai 13°C ai 22°C. Come arrivare Fjällbacka dista 176 km dall’aeroporto di Oslo e 402 da quello di Stoccolma. Lo scalo internazionale più vicino è comunque quello di Göteborg, a 119 km di distanza. Da qui si può proseguire con un auto a noleggio, oppure in treno fino a Uddevalla o Dingle e poi in autobus fino alla meta.
Mangiare Al ristorante Bryggan il menù è a base delle ricette tratte dal libro Flavours of Fjällbacka scritte da Camilla Läckberg e dal suo amico d’infanzia e chef Christian Hellberg. Ente svedese per viaggi e turismo. Libri I romanzi gialli di Camilla Läckberg ambientati a Fjällbacka: La principessa di ghiaccio Il predicatore Lo scalpellino L’uccello del malaugurio Il bambino segreto La sirena Il guardiano del faro Il segreto degli angeli
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La vita semplice
Una cittĂ che sembra venire dal futuro, ma fedele alle tradizioni. Soprattutto quelle gastronomiche.
SHANGHAI.
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Il tempio Jing ‘An – letteralmente: tempio della pace e della tranquillità - è tra i più visitati e apprezzati di Shanghai. Si trova in una delle principali vie dello shopping, circondato da alti e palazzi, ha saputo mantenere un’atmosfera autentica. I cortili sono ricchi di sculture dorate e al suo interno c’è la più alta statua in giada del Buddha Shakyamuni: quattro metri di altezza e nove tonnellate di peso. Nanjing West Road è la meta di chi ama fare shopping. Qui troverete i più esclusivi ed eleganti negozi di moda, design e lusso; tra un acquisto e l’altro i numerosi ristoranti e bar presenti in ogni centro commerciale, vi permetteranno di riposare e assaggiare i piatti tipici delle cucine del mondo.
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Pagina precedente: vista di Pudong dalla terrazza dell’hotel Hyatt on the Bund. Non è solo la lunga passeggiata lungo lo Huangpu River da cui si gode della miglior vista su Pudong, ma soprattutto il quartiere più esclusivo della città. Nei prestigiosi palazzi neoclassici si trovano i locali più alla moda, che si contendono il primato per la terrazza maggiormente panoramica. Uno dei più famosi è senza alcun dubbio il Bar Rouge che intorno alle ore 19 si affolla di turisti desiderosi di godersi una magnifica vista sorseggiando un ottimo cocktail. Man mano che si avvicina la notte, invece, si trasforma nel locale più trendy di Shanghai: luci rosse e bella musica creano l’atmosfera giusta per i giovani alla moda che hanno voglia di divertirsi e ballare fino all’alba.
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Numerosissimi sono i colorati mercati alimentari. In ogni angolo della cittĂ ne troverete uno, ma a differenza di quelli italiani, a Shanghai frutta e verdura vengono vendute su bancarelle separate: non vedrete mai un banco che espone carote e pomodori insieme a mele e pesche. Paese che vai usanza che trovi.
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La Cina è un Paese vastissimo con infinite tradizioni gastronomiche, che convergono a Shanghai, dove, oltre a ristoranti internazionali di altissimo livello, si possono gustare piatti dell’autentica cucina cinese. Lo street food è il modo migliore per provare i piatti della tradizione; in ogni quartiere, dalla grande via al più piccolo vicolo, troverete numerose cucine attrezzate, non ci sarà nessun menù in inglese e spesso neanche dove sedersi. Ogni banco offre quasi esclusivamente un singolo piatto, questo garantisce qualità e freschezza di ogni singolo prodotto.
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Partendo dai classici e buonissimi xiao long bao, fagottini di pasta cotti al vapore, ripieni di carne o verdure tipici di Shanghai, potete trovare ogni sorta di alimento: uova centenarie, tofu fritto o fermentato, la rinomata anatra laccata, il maiale impanato fritto, nonchĂŠ i noodles in zuppa e i superbi Dim Sum ai cinque sapori. Se vi sembra buono assaggiatelo! Unico avvertimento, scegliete sempre locali puliti e molto frequentati.
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Ristorante sul Bund in riva al fiume, da cui si può godere del panorama sui grattacieli che sembrano appartenere a un set cinematografico. 75
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A Shanghai lo spazio coltivabile è ridottissimo e spesso è necessario ingegnarsi per riuscire a far crescere, ad esempio, le erbe aromatiche, che sono molto usate per insaporire i piatti. Considerato da noi occidentali uno dei cibi più puzzolenti al mondo, il tofu fermentato e fritto piace molto ai cinesi e, anche se sempre meno giovani lo consumano, rimane in assoluto uno dei piatti più gettonati dalla popolazione. La preparazione può risultare fastidiosa: si lascia macerare il tofu in un latte acido,contenente verdure, carne o pesce, per qualche giorno o addirittura per anni, si dice che più puzza e più sia buono. È uno dei pochi piatti che non sono mai riuscito a mangiare, ha un odore davvero troppo forte per me, ma chi ha avuto il coraggio di provarlo sostiene che in realtà il sapore, a differenza dell’odore, sia delicato e dolce. Non resta che provare!
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Pagina precedente: preparazione di pozioni mediche in una farmacia locale. La medicina cinese è famosa per l’utilizzo di rimedi prodotti con ingredienti vegetali e animali. Si dice che i cinesi mangino qualsiasi animale, non so se l’affermazione sia vera o meno, ma certo è che anche in Cina non tutti mangiano carne. A Shanghai ci sono molti ristoranti vegetariani; tra i tanti spicca il Gongdelin, che si contraddistingue per una spiccata ispirazione al buddismo. La cosa buffa è che molti piatti sono imitazioni di pietanze a base di carne e pesce, che vengono citati anche nel nome: agnello arrosto, passero fritto e pesce rosolato in padella. Non temete però: in questo ristorante non vi è traccia di animali, sono usati esclusivamente ingredienti vegetariani e il gusto a volte è meglio di qualsiasi piatto a base di carne.
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Il Vegetarian Life Style è un altro ristorante vegetariano, elegante e raffinato, che molte guide indicano come il migliore della città. Pochi piatti, ma dal gusto incredibile e se ci andate una volta sicuramente tornerete una seconda e forse una terza, così da riuscire a provare l’intero menù.
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Renmin Square, è una delle aree cittadine dedicate alla cultura. Affacciati sul parco, ci sono i principali musei cittadini, lo Shanghai Grand Theatrre e lo Shanghai Municipal People’s Governnement. I cinesi amano molto passare il tempo libero nei giardini pubblici, che nelle ore di punta si affollano.
Preparazione di caramelle. Un grosso e pesante cilindro di zucchero misto ad aromi viene steso su un piano riscaldato e allungato fino a raggiungere lo spessore di pochi millimetri, ancora tiepido con una spatola viene sminuzzato in deliziosi bon bon.
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Non c’è quartiere o via che non abbia un rivenditore di anatra laccata. È probabilmente uno dei piatti cinesi più conosciuti e apprezzati in tutto il mondo. Durante la cottura la carne viene costantemente spennellata da un insieme di spezie e miele mentre, per staccare la pelle dalla carne, si soffia aria in un piccolo foro praticato sulla schiena. Il modo migliore per gustarla è tagliata in piccole fette che vengono insaporite in una salsa agrodolce e arrotolate insieme a porro e cipolla fresca in una sottile crespella. Il tutto è accompagnato dal brodo, che si ricava dagli scarti della carcassa. Un assaggio non può mancare.
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Nel quartiere della Città Vecchia, in Dongtai Road, c’è il più grande mercato di antiquariato della città: un centinaio di bancarelle vendono oggetti di ogni provenienza ed epoca, per lo più riproduzioni per turisti, ma se si ha pazienza per cercare, si possono trovare oggetti molto carini, ben realizzati ed economici. Ovviamente nessuno di questi è realmente un autentico pezzo d’antiquariato risalente alla dinastia Tang o Ming. Un consiglio: contrattare il prezzo con fermezza, una statuetta di Mao non pagatela più di 10€!
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Un caro amico che vive ormai da anni a Shanghai sostiene che i cinesi sappiano fare veramente bene due cose: mangiare e dormire. Effettivamente a qualsiasi ora del giorno e in qualsiasi luogo, si vede qualcuno che mangia o si fa un riposino; se non fosse cosÏ, non si spiegherebbero le numerose bancarelle sempre affollate, che vendono cibo dall’alba fino a tarda notte. Proverbio teorizzato da un cino-napoletano: ogni momento è buono per mangiare o farsi un riposino.
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L’ingresso del grattacielo Jin Mao Tower, nel quartiere finanziario di Pudong. Fino a pochi anni fa era il più alto della città oggi il terzo e il 13° al mondo. 93
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A nord del Bund, nel quartiere Jing’An - il più famoso distretto per lo shopping - c’è un piccolo parco con lago artificiale, che prende il nome del quartiere: è il luogo giusto per rilassarsi e riprendersi dopo una mattinata intensa di compere.
Affacciato sul lago si trova il ristorante Bali Laguna, elegante e raffinato, offre piatti tipici della cultura indonesiana; pittoreschi e divertenti i camerieri che indossano il tradizionale sarong. Essendo uno dei ristoranti più romantici e alla moda di Shanghai è quasi sempre necessaria la prenotazione. Se il meteo lo consente, suggerisco di pranzare o cenare a lume di candela nel dehors in riva al lago; tra i numerosi piatti proposti viene servito un pesce al curry con ananas buonissimo, in alternativa potete assaggiare lo strepitoso Kalio Daging (manzo con latte di cocco e citronella).
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La sede del primo congresso del Partito Comunista Cinese. 97
Ritratto di un contadino che tutti i giorni trasporta con il carrettino i suoi ortaggi vendendoli lungo una strada nella periferia di Pudong.
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Il ristorante pluripremiato Din Tai Fung di Nanjing West Road, è senza alcun dubbio il miglior locale di Shanghai per gustare tutti i tipi di ravioli in circolazione. Nella cucina a vista lavora un esercito di cuochi, che in men che non si dica vi prepareranno quelli cotti al vapore, alla piastra o fritti, ma anche quelli dolci e spugnosi.
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Una fotografia tra amiche davanti a una parete di fiori lungo la passeggiata sul Bund.
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INFO UTILI Foto e testi di Giovanni Tagini
QUANDO ANDARE il periodo migliore per visitare Shanghai va da aprile a ottobre, durante la bella stagione. Ăˆ necessario richiedere il visto prima della partenza. COME ARRIVARE Cathay Pacific effettua voli giornalieri da Milano e Roma con transito a Hong Kong. DOVE DORMIRE Hyatt on the Bund 199, Huang Pu Road, Shanghai Jin Jang Hotel 59, Mao Ming Road, Shangai. DOVE MANGIARE Din Tai Fung 1376, Nanjing West Road Vegetarian life style 258, Fengxian Road Bali Laguna 1649, Nanjing West Road
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Sorprendenti atmosfere
Vecchi cantieri sostituiti da edifici di archistar, giardini botanici lussureggianti, calcio e concerti rock. Glasgow è tutta un’altra musica.
GLASGOW.
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Un particolare del parcheggio della nuova sala per concerti Hydro progettata dall’architetto Norman Foster. In questi ultimi anni, la chiusura di buona parte dei cantieri navali della città, che un tempo era famosa per essere una tra le più tetre della Gran Bretagna, ha portato alla realizzazione di una serie di moderne strutture come l’Hydro Park di Norman Foster, il Riverside Museum firmato da Zaha Hadid o il Global Science Center, che stanno contribuendo a trasformarla in uno dei più intriganti epicentri culturali d’Europa. La cattedrale cattolica di Glasgow che sorge lungo le rive del Clyde si riflette in un moderno edificio. La tradizione portuale e industriale della città ha portato, dopo la rivoluzione industriale, a una forte immigrazione di irlandesi cattolici. che si distinguevano dagli austeri presbiteriani scozzesi anche nella tifoseria calcistica. Qui infatti il Celtic, con le maglie verdi e il trifoglio come simbolo è la squadra cattolica, che storicamente si contrappone ai protestanti Rangers.
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Il pubblico ad un concerto dei Suede al Barrowland. Glasgow è una tra le capitali della musicali del Regno Unito. Vi sono decine di clubs dove si esibiscono quasi quotidianamente gruppi musicali piÚ o meno famosi. Personaggi come Donovan e Mark Knofler, rock band quali Simple Minds, Franz Ferdinand, Belle & Sebastian, solo per citarne alcune, sono nate e cresciute proprio in quella che un tempo fu la capitale industriale e portuale scozzese.
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Il celebre architetto designer e pittore scozzese Charles Rennie Mackintosh, è uno dei nomi più indissolubilmente legati a Glasgow. Esponente di punta della Scuola degli Spettri, o più semplicemente Scuola di Glasgow, ha lasciato un’impronta rilevante sul movimento Art Nouveau, con opere influenzate dalla tradizione scozzese, anche se il rigore delle sue linee si ispira all’arte giapponese. Il più importante edificio realizzato da Mackintosh è la Glasgow School of Art, i cui arredi equivalgono ad una lezione di storia del design. Oggi è frequentata da studenti di tutto il mondo e proprio uno di loro può accompagnarvi nella visita alle parti pubbliche dell’edificio.
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Le serre vittoriane dei giardini botanici, che si trovano nel west end di Glasgow. Quella dei britannici per i giardini botanici, potremmo definirla una vera e propria mania. Il fatto di essere stati padroni, per un certo periodo storico, di un impero che abbracciava l’intero globo terrestre, deve aver esaltato la loro naturale predisposizione verso la flora. Hanno quindi disseminato ogni città del regno di giardini botanici con tanto di serre con la maggior parte della flora esotica mondiale.
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La torre dell’Università di Glasgow si innalza oltre gli alberi che costeggiano il piccolo fiume Kelvin, che attraversa il West End della città. Fondata nel 1451 per volere di Papa Niccolò V, questa università è una tra le più antiche e prestigiose di tutta la Gran Bretagna. Originariamente situata accanto alla cattedrale. L’edificio attuale che appare nella foto risale al 1870, quando l’università si spostò in questo luogo sulla collina di Gilmorehill.
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La gigantesca insegna luminosa del Barrowland, la storica sala da ballo costruita nel 1934 in una zona popolare di Glasgow, nello stesso edificio dove si trova il mercato di Barras. L’edificio originario fu completamente distrutto da un incendio nel 1958. Riaprì i battenti la vigilia di Natale del 1960. Nel corso del tempo la sala si è trasformata in uno dei palcoscenici per concerti rock tra i più noti del Regno Unito. Al suo interno i Simple Minds, tra i più famosi gruppi New Wave britannici e originari di Glasgow, girarono nel 1983 il video del loro successo planetario ‘Waterfront’. La tradizione musicale di Glasgow la ritroviamo anche nei suoi musei, come in questa scultura raffigurante un Elvis Presley circondato da un’aureola luminosa realizzato dall’artista Seen Read nel 1996 ed esposto in una sala del Kelvingrove Art Gallery and Museum. Molti turisti si fanno ritrarre davanti alla scultura nel suo stesso atteggiamento.
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Brett Anderson, il cantante del gruppo inglese di alternative rock o britpop Suede, si esibisce davanti ai suoi fans al Barrowland. La storica sala da ballo aperta nel 1934 si è successivamente trasformata in una sala da concerto vintage (buona parte della struttura è tuttora in legno) tra le più famose del Regno Unito. Rolling Stones, Oasis, U2, The Clash, David Bowie Beastie Boys, Blondie, The Stranglers, REM sono solo alcuni tra i più famosi dei gruppi che hanno fatto la storia della musica rock in Gran Bretagna che hanno calcato le assi stagionate del suo palcoscenico.
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Una scultura all’interno dei Winter Gardens, la serra in stile vittoriano connessa al People’s Palace, il museo che racconta la storia della città e dei suoi abitanti. Oltre a vestigia della Glasgow medioevale, sono esposti oggetti e documenti che raccontano la vita sociale dei suoi abitanti. Ricordi e testimonianze sulle grandi famiglie del tabacco e su James Watt, il padre della rivoluzione industriale. Per contrappasso, poco distante, c’è una ricostruzione dell’ufficio dove, quando non era in prigione, lavorava Joan Mc Lean, il più grande leader socialista dell’inizio del ‘900. In pratica nelle sale di questo museo vengono messe a confronto due diverse visioni del mondo: quella capitalista e quella operaia così importante nella storia della città.
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Biciclette esposte all’interno del Riverside Museum, lo Scotland’s Museum of Transport and Travel. Aperto nel 2011, è stato progettato dall’archistar anglo-irachena Zaha Hadid. A differenza di tutti gli altri nuovi monumenti che stanno cambiando il volto dell’antica città portuale, i glaswegian (abitanti di Glasqow) non hanno ancora definito il soprannome ufficiale con cui ri-battezzarlo (per ora in pole position, per via della sua facciata frastagliata, c’è The Crashed Can, la lattina schiacciata). All’interno c’è spazio per tutti i mezzi di trasporto che hanno battuto le strade (e le acque) della città. Da una bicicletta datata 1846, che viene presentata come la più vecchia al mondo, ai vagoni della metropolitana di fine Ottocento.
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Il tragitto lungo il fiume Clyde, nelle zone dove si trovavano gli antichi docks e i cantieri navali, è oggi percorso da una pista ciclabile, che sfiora le nuove costruzioni delle piÚ famose archistar, da Norman Foster a Zaha Hadid. Nella foto sulla sinistra si scorge uno degli edifici che compongono il Glasgow Science Centre, che ospita una biblioteca dedicata alle scienze, una torre panoramica e una spettacolare sala cinematografica in 3D.
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All’esterno del Riverside Museum, situato lungo il Clyde, dove un tempo si trovavano i bacini dei grandi cantieri navali, è ancorato un veliero a tre alberi varato nel 1896, che a bordo ospita una mostra dedicata alla storia dell’imbarcazione e alle condizioni in cui vivevano i marinai all’inizio del XX secolo. Anche questa nave leggendaria ha ricevuto il suo soprannome e da Glendee si è trasformata in ‘The Tall Ship’ in omaggio alla sua maestosità. 123
Oltre ai molti club dedicati alla musica rock e new wave, a Glasgow non mancano certo i pub dove ascoltare concerti di musica folk, che peschi dalla sterminata produzione celtica. In questi locali, come l’Islay Inn di Argyle st. (nella foto), non è raro trovare delle vere e proprie ‘vecchie glorie’ di questo genere musicale, sempre molto popolare. Il pubblico è molto eterogeneo e i giovani non disdegnano certo di mischiarsi agli avventori più ‘grandi’ soprattutto in quanto a consumo di birra.
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Se il Barrowland è il palcoscenico di molte band già affermate, il King Tut’s Wah Wah Hut di Vincent St. lo è per i giovani gruppi che iniziano la scalata verso il successo. In questo minuscolo locale si sono esibiti mostri sacri del rock, come Oasis e Radiohead, quando erano praticamente sconosciuti. Sui gradini che portano al minuscolo palcoscenico sono stampate in ordine cronologico, (1 anno per ogni gradino), tutte la band che sono passate da questa ‘scuola’ di rock cittadina. Nella foto il concerto del gruppo di alternative rock My Vitriol.
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L’obelisco del Glasgow Green tra i palazzi della periferia orientale e la ciminiera della fabbrica di birra. Il Glasgow Green è forse il più antico parco esistente al mondo. Qui da 800 anni il concetto di proprietà privata non è mai sbocciato. Per tutti il Glasgow Green è “property of the people” e, a conferma di ciò, già nel 1450, il vescovo di Glasgow aveva deciso di accordare il diritto di
pascolo su questi terreni. Per secoli vi pascolarono mandrie di mucche e greggi di pecore. Paragonabile allo Speaker’s Corner di Londra, il Glasgow Green fu per molto tempo una tribuna politica permanente e molti leader sindacali, politici e membri del parlamento sono venuti qui a testare i propri discorsi. Di loro si diceva che erano diplomati alla “Glasgow Green University�.
Un gruppo di giovani festeggia la notte di Halloween al The Arches. Questo locale è una gigantesca discoteca ricavata nel labirinto di tunnel con strutture ad arco, che corrono sotto l’ottocentesca Glasgow Central Station. Halloween, che si celebra il 31 ottobre, è una festività particolarmente sentita nel mondo anglosassone. Vari studiosi l’hanno identificata con la festa celtica di Sambhain, che nell’antica lingua irlandese significava ‘la fine dell’estate’ e il termine Halloween sembra rappresentare una variante scozzese del nome completo in inglese arcaico All Hallows Eve (la festa di Ognissanti). Come tutte le teorie che si richiamino a origini e termini antichi, altri studiosi hanno contestato queste versioni e rimesso in discussione sia l’etimologia, che l’origine.
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La riduzione dei religiosi praticanti e del numero di preti che ha investito la Gran Bretagna, così come buona parte del mondo occidentale, ha portato praticamente all’abbandono di molte chiese. Nel west end della città una di queste è stata sconsacrata e trasformata in centro culturale, con tanto di sala per cerimonie e spazio per concerti.
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Il Kelvingroove Art Gallery and Museum è uno dei più importanti musei di Scozia. Costruito in un curioso stile barocco spagnolo dagli architetti John William Simpson ed Edmund John Milner Allen, il museo è stato aperto nel 1901 dopo l’esposizione internazionale d’arte, scienza e industria del 1888. Al suo interno vi si trovano cimeli e opere dei generi più disparati. Si va da aerei della seconda guerra mondiale ad animali impagliati, installa-
zioni artistiche come the ‘Floating Heads’ dell’artista Sophie Cave con centinaia di enormi facce sospese sopra le teste dei visitatori e una collezione di quadri, che spaziano dal Rinascimento al Surrealismo. L’opera più pregiata del museo è il ‘Cristo di San Giovanni della Croce’ di Salvador Dalì, la cui acquisizione, nel 1952, suscitò vigorose proteste dei cittadini per il suo alto costo (8.200 sterline) a pochi anni dalla fine della guerra.
In città non mancano certo ristoranti lussuosi come il Corinthian Club di Ingram st., nel pieno centro cittadino. Soprattutto nei week end, la buona borghesia locale si ritrova per cenare in quest’elegante struttura vittoriana, circondata da colonne corinzie, che originariamente ospitava la sede della Glasgow Ship Bank.
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Forse il locale più affascinante di tutto l’edificio è il bootleg bar (foto a sin.), ricavato nello spazio occupato dalla hall della banca. Il suo pavimento a mosaico è stato realizzato dall’artista Nichol Wheatley con più di mezzo milione di tessere, per rappresentare una banconota Scozzese.
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Come a Londra anche l’East end di Glasgow rappresentava la parte più povera e popolare della città. Qui si concentravano buona parte degli irlandesi venuti a lavorare al porto o nei grandi cantieri navali, che rappresentavano uno dei vanti della Gran Bretagna della rivoluzione industriale. Gli irlandesi arrivarono soprattutto dopo la Grande Carestia (tra il 1845 ed il 1849) che causò oltre un milione di vittime e altrettanti emigranti. Allora Glasgow era una delle città con le condizioni igieniche e sanitarie tra le peggiori del Regno Unito e ancora oggi, in questa fascia della popolazione l’aspettativa di vita è nettamente più bassa che nel resto del Paese.
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INFO UTILI Clima Glasgow non è certo la città più soleggiata al mondo. Sembra che le previsione meteorologiche della BBC iniziassero sempre con ‘A Glasgow piove’, ma i mesi di agosto e settembre sono forse quelli che danno maggiori probabilità di trovare il sole, insieme a cieli particolarmente tersi. L’autunno anche può essere piacevole con i parchi della città che assumono le colorazioni più svariate. Inoltre la variabilità del clima, con frequenti acquazzoni e successivi squarci di sereno, regala spesso arcobaleni e luci drammaticamente fotogeniche. Come arrivare Flybe, collega Milano Malpensa con il Glasgow International. Ryanair,, www.ryanair.com, vola da Orio al Serio, Pisa e Ciampino su Glasgow Prestwick, collegato al centro città da 30 minuti di treno. LIVE MUSIC Il Barrowland (244 Gallowgate), con il suo parquet in legno, è il locale storico di Glasgow. Qui il prossimo 26 agosto si esibiranno i Franz Ferdinand. Scottish Hydro Arena (Exhibition Way) è la sede deputata ai grandi eventi internazionali. Il 14 set si esi-
Foto e testo di Bruno Zanzottera
biranno Florence e The MacHine. King Tut’s Wah Wah Hut (272a St Vincent Street), il suo palco è frequentato da giovani band che vogliono scalare le classifiche. Òran Mór (alla fine di Byres Road) è una ex chiesa sconsacrata che al suo interno ha ricavato sale per concerti e un ristorante. Islay Inn, (1256 Argyle Street) musica live tutti i giorni, tranne martedì e mercoledì, in questo classico pub frequentato dai pasdaran della musica scoto-irlandese. The Arches (30 Midland Street), consiste in un dedalo di locali ricavati nel labirinto di tunnel che corrono sotto la Glasgow Central Station: nella stessa serata propone concerti, pieces teatrali e dj set. Glasgow City Halls & Old Fruitmarket Candleriggs (Merchant City, Glasgow’s Concert Halls): lavori di ristrutturazione hanno trasformato i due edifici vittoriani in un unico ed elegante centro per concerti. BBC Scottish Symphony Orchestra, ospita concerti di classica, jazz e folk. Glasgow Royal Concert Hall, (2 Sauchiehall Street) sala concerti tra le più prestigiose del Regno Unito, ha in cartellone Crosby Stills & Nash per il 15 set.
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Non c’è traccia della ribellione orwelliana negli animali del Masai Mara. Da sempre padroni indiscussi dei loro spazi infiniti.
KENIA. LA FATTORIA DEGLI ANIMALI
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Un guizzo striato nella savana del Masai Mara National Reserve. Tra le specie di zebre che popolano le vaste praterie erbose africane la più diffusa è la zebra di Burchell, nella foto. La vita media di questi equidi è di 28 anni e la loro esistenza è scandita dalle grandi migrazioni per trovare acqua ed erba, che dissetino e sfamino milioni di esemplari. Molti zoologi sostengono che le striature del loro mantello, fungano da meccanismo di mimetizzazione tra le erbe alte della savana, altra teoria è che potrebbero servire, grazie alla loro unicità, per riconoscersi. Ci si rende conto di trovarsi in Africa quando, nella vastità della savana secca per la perdurante siccità, col cielo dove corrono innocue nubi destinate a dissolversi, si vedono volteggiare gli avvoltoi e i marabù, gli unici a godere di queste condizioni ambientali durissime, che falcidiano prede e predatori. Nella foto un bufalo che in poche ore verrà “consumato”a turno dagli avvoltoi. Il Masai Mara National Reserve regala un’altra emozione a chi decide di vistarla: l’atterraggio sulla pista di terra battuta del minuscolo Keekorok airport, in piena savana, dove gli orici pascolano nell’erba alta dorata dalla luce del tramonto.
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Nel cuore del Masai Mara, dove i confini si mescolano con quelli del Serengeti National Park (Tanzania), nel momento piÚ duro della stagione secca le mandrie di gnu si avviano verso le poche pozze d’acqua non inaridite, nelle anse del fiume Mara, che permettono a ogni sorta di animale di sopravvivere. Anche gli gnu, a maggio, compiono l’annuale migrazione alla ricerca di pascoli verdi. 142
Le nascite avvengono nel periodo estivo e i piccoli, a pochi minuti dalla nascita, sono già in grado di camminare e seguire la mandria. Nell’ecosistema delle vaste savane africane gli gnu hanno un importante ruolo, in quanto il loro letame fertilizza la terra e, inoltre, sono la piÚ importante fonte di cibo dei predatori, dai piccoli licaoni, alle iene, ai leoni e ghepardi. 143
Il Kenya è ricco di santuari naturali primordiali; si contano ben 56 aree protette tra parchi e riserve. Spazi immensi che ospitano alcune delle specie animali più antiche e per questo più vulnerabili del pianeta. Un ambiente unico per quantità e varietà di paesaggi e animali, che si possono osservare solo qui. Tra questi, il più visibile per la sua altezza è senza dubbio la giraffa, sempre intenta a mangiare le piccole foglie di acacia spinosissime. E’ l’essere vivente più alto sulla Terra: può raggiungere 5,50 metri d’altezza e pesare più di una tonnellata. Dorme in piedi perché sdraiata sarebbe impacciata e facile preda di leoni e leopardi. Nella foto un gruppo di giraffe del Masai.
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Bambini di un villaggio Masai davanti alle loro caratteristiche capanne in fango, impastate con la paglia. In Kenya sono oltre quaranta i gruppi culturali e nomadi, ciascuno con la propria storia, la propria lingua e le proprie antiche tradizioni, come quella dei Masa, i leggendari uomini delle pianure dai mantelli rossi, noti anche per la loro caratteristica danza rituale saltante, che mette in rilievo la prestanza fisica dei guerrieri.
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“Vuoi vederli facile?” Il Kenya è il posto giusto per gli appassionati di birdwatching e lungo è l’elenco delle specie multicolori che si possono osservare nei vari ecosistemi e parchi del Paese. Ghiandaie marine, che sembrano uscite da un quadro di Mirò, marabù, cicogne di varie specie e fogge, anatre dei luoghi umidi difficili da vedere altrove, piccoli passeriformi endemici. Insomma in Kenya si contano l’11% delle specie di uccelli che svolazzano sulla terra, con 1.089 varietà attualmente conosciute, ma sempre in aumento per la scoperta di nuove specie.
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Un leone di pochi anni si ripara dai cocenti raggi solari all’ombra di alberi di acacia. Quando il sole è alto tutti i felini, ansimando per il caldo soffocante, si riposano e accumulano le energie da scatenare in lunghe corse di caccia al tramonto, quando il silenzio torna a regnare nella savana, l’aria si fa fresca e le prede si avvicinano alle pozze d’acqua per abbeverarsi. Questione di poche ore e l’aurora riporterà i barriti degli elefanti, i canti degli uccelli e l’odore della terra bagnata dalla rugiada; il quotidiano equilibrio che tiene in vita “il più grande spettacolo naturale del mondo”.
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Quando la siccità rende l’erba dorata, i predatori come i ghepardi seguono le loro prede senza essere visti, ben mimetizzati tra gli steli. Gli unici alleati degli gnu, delle gazzelle e delle zebre restano solo le narici, il fiuto, la direzione del vento. L’Africa è un luogo selvaggio, scandito dai ritmi naturali, dall’istinto animale di non consumare in fretta l’acqua rimasta nelle pozze, per poter sopravvivere tutti. O dal calcolo misurato istintivo dei predatori delle risorse alimentari, con un autocontrollo e un razionamento, che dovrebbe essere una severa lezione primitiva a noi bipedi umani, grandi sfruttatori e distruttori di risorse fondamentali bene comune.
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Nelle pagine precedenti: chilometri e chilometri di paesaggi incontaminati nell’Amboseli National Park. Dall’alto si possono ammirare le verdi praterie, dovute al sistema di paludi che fa concentrare qui un gran numero di animali, e il monte Kilimanjaro, che domina tutto con i suoi 5895 metri, spesso coperti di neve. Un parco tutto da scoprire, grazie a guide competenti, in un safari con tante buone opportunità fotografiche. Cui si aggiunge a volte l’emozione di trovarsi nel pieno di una tempesta improvvisa e violenta, che solleva un gran polverone.
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Accanto: Amboseli National Park. Sono gli elefanti a conquistare subito i visitatori, grazie ala loro imponenza e al tempo stesso tenerezza. Qui la mamma protegge e allatta il suo “piccolo”.
Il coinvolgimento delle minoranze etniche che vivono sul territorio dei parchi africani nella gestione del patrimonio naturale, appare oggi una necessità . Dalla quota di chi partecipa a un safari in campi tendati mobili viene trattenuta una percentuale poi versata ai villaggi, per l’acquisto di beni di prima, seconda necessità , per costruire pozzi, acquistare pompe e pagare gli eventuali
danneggiamenti da parte degli animali selvatici. Un circuito virtuoso che invoglia gli abitanti locali a collaborare, facendo loro toccare con mano gli effetti positivi della salvaguardia della natura. Chi meglio dei Masai, che conoscono il territorio e i suoi ecosistemi in modo approfondito, può accompagnare i visitatori alla loro scoperta? Nella foto Masai e safari nell’Amboseli National Park.
Un piccolo bar dipinto sulla strada che da Nairobi porta al lago Naivasha, noto per i suoi sollevamenti che allagano la foresta riparia. Ricco di uccelli, ippopotami e altri mammiferi ha nel suo centro l’isola di Crescent, dove è possibile partecipare a trekking per interagire con l’ecosistema.
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Al tramonto i marabù sostano sui rami degli alberi scheletriti per passare la notte. Sono grossi uccelli che si nutrono dei resti di carcasse già ripulite da avvoltoi e iene, per questo vengono soprannominati “gli spazzini delle savane”.
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Il Masai Mara vanta specie animali di notevoli proporzioni, come l’ippopotamo e il rinoceronte. Nelle pozze più grandi del Sand river si riuniscono gruppi numerosi di ippopotami, dal greco “cavallo di fiume,”dall’aria tranquilla e pacifica, in realtà causa del maggior numero di incidenti mortali di tutto il continente africano. Molto territoriali, difendono il loro harem con la forza di tre tonnellate di peso di un maschio geloso. Riescono a sonnecchiare anche 16 ore al giorno e restare in apnea per cinque minuti. Più difficile da vedere il rinoceronte bianco, un gigante da 4 metri di lunghezza e pesante 3.500 kg, che ci vede poco e per questo è un tipo molto collerico, che si arrabbia e attacca per un nonnulla qualsiasi cosa si muova. In Africa vivono due specie di rinoceronti, sulle cinque esistenti: quello bianco (nella foto) più comune, e il nero, quasi in estinzione per la caccia sconsiderata dei bracconieri, alla ricerca spasmodica del suo corno ritenuti, a torto, fonte di sostanze miracolose.
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Nella pagina precedente: gli alberi scheletriti sulle rive del lago Naivasha che, a causa del sollevamento delle acque, crea questo paesaggio spettrale. I grossi uccelli becchi a sella africani vanno alla ricerca di piccoli pesci e rane, e nel periodo della cova fanno i nidi sulle cime degli alberi. Il campo tendato Nairobi Safari Camp nel bosco fitto, l’unico nel Nairobi National Park, un’area protetta alle porte della capitale Nairobi. 113 chilometri quadrati di pianure, savane e foreste protette e fruibili da tutti, per osservare i grandi felini, giraffe, rinoceronti, struzzi, antilopi e gazzelle.
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INFO UTILI Foto e testo di Vittorio Giannella Fuso orario + 2 ore rispetto all’Italia Moneta La moneta locale è lo scellino kenyano 1 euro = 120 scellini Elettricità: prese elettriche a 220 volts di tipo inglese Vaccinazioni Esiste il rischio in tutto il Kenya, un rischio elevato nelle valli delle regioni montuose. Clima Stagione secca da dicembre ad aprile e da luglio a ottobre. Maggio – giugno qualche pioggia.
Per organizzare al meglio il viaggio safari Magical Kenya tel. 02 83660917 www.porinisafaricamps.com per i campi tendati dislocati nei vari parchi e riserve del Kenya. Per arrivare: Brussels Airlines, a Nairobi e Mombasa, offre tariffe convenienti. Visto Per entrare in Kenya ci vuole un visto che si ottiene all’arrivo negli aeroporti di Nairobi e Mombasa. Lo si può ottenere prima della partenza attraverso l’Ambasciata o il Consolato attivandosi due settimane prima, almeno, dalla partenza.
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UN FOTOGRAFO AL MESE
In questo numero vi presentiamo il nostro fotografo Fabiola obiettivi Nikkor: uno zoom18200, un 18-55 e un 35-105. Ogni tanto uso anche una Nikon 1 V1 con due zoom, un 10-30 e un 30-100. Aggiungo alla lista anche un computer Hp per la post produzione, quando necessario e per divertimento. 3) Preferisci B/N o colore? Amo la fotografia di reportage, fotografare la natura, le persone che s’incontrano in viaggio e i panorami, per cui preferisco il colore. Fotografando in bianco e nero, in questo caso, mi sembra di togliere qualcosa. Ultimamente però mi sto appassionando anche alla fotografia di ritratto e se anche in questo campo continuo a preferire il colore, trovo che il bianco e nero possa dare dei risultati artistici notevoli. 1) Come e quando è iniziata la passione per la fotografia? Ho iniziato a fotografare quando avevo circa16 anni, prendendo in prestito la Nikon F di mio padre, fino a quando non mi regalò una Nikkormat con un obiettivo Nikkor da 50 mm da macrofotografia. Per anni ho fotografato principalmente in bianco e nero.
Il motivo era prettamente economico, visto che il bianco e nero potevo stamparmelo da sola nella camera oscura, che approntavo nel bagno di casa. 2) Quale corredo usi? Non ho mai abbandonato la passione per la Nikon. Attualmente uso una Nikon D7100 e una Nikon D60, con
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4) Per te la fotografia è arte o un modo di comunicare? Penso possa essere entrambe le cose. Guardando le foto di fotografi come Irene Kung o Ed Gordeev, non posso che pensare che la fotografia sia una forma d’arte. Ma la fotografia è anche una forma di comunicazione, quando viene usata ad esempio dai reporter di guerra o nei reportage di viaggio.
a GIuliani
Me ne vengono in mente due. Il primo è un mercato orientale. Con la sua confusione, le persone, le merci esposte, i colori. Potrei passare delle ore cercando di cogliere le persone senza essere vista. Il secondo è l’Islanda, Paese che ho visitato nel 1990 senza un’attrezzatura fotografica adeguata e che vorrei tornare a vedere solo per rifare le foto di allora con l’attrezzatura di oggi. 6) Cosa cerchi in una fotografia? Fermare un momento irripetibile, un istante di bellezza, un’emozione, per non dimenticare, per cercare di condividerla con altri. Questo mi spinge a guardare il mondo con occhi diversi cercando la bellezza e l’armonia, anche dove a una prima occhiata, sembra non esserci. Svela un trucco della magia delle tue foto Aspettare il momento giusto per lo scatto, quando non ci sono elementi estranei che potrebbero rovinarlo. Aspettare la luce giusta. Provare a guardare le cose in modo di-
verso cercando di riprodurre quello che si ha in mente tramite lo scatto. E poi scattare, scattare, scattare e in questo il digitale aiuta molto: se la foto non è venuta bene, si butta e si riprova modificando i parametri di scatto o l’inquadratura. Altra cosa importante è prendere ispirazione dagli altri fotografi. Osservare gli scatti degli altri può essere una fonte d’ispirazione. Fabiola Giuliani Nata nel 1960 a Firenze, di professione analista programmatore. Fotografare è la passione che si sposa perfettamente con l’amore per il viaggio. I miei percorsi preferiti sono quelli poco frequentati, fuori dalle rotte del turismo di massa. Per questo motivo mi piace partire da casa con la mia Land Rover per poter percorrere anche le strade sterrate che, in passato, mi hanno portato più volte nel deserto del Sahara. Non per niente il viaggio che sogno, parte da casa mia e arriva in Cina lungo la Via della Seta, sulle orme di Marco Polo. Nel 2010 una mia foto ha vinto il Nital Forum Photo Contest.
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5) Se potessi fotografare un luogo perfetto quale sarebbe per te?
Völlan • Vigiljoch • Tscherms Burgstall •Gargazon IM MERANER LAND Foiana • Monte S.Vigilio • Cermes Postal • Gargazzone A MERANO E DINTORNI
Monte San Vigilio 1.486-1.814 m Dove l’orologio pare essersi fermato Un’area dall’atmosfera romantica Per gli amanti della natura…
www.lana.info/monte-san-vigilio
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mente cuore mauritania La memoria del deserto
Cambogia Angkor delle meraviglie
natura faroe Incontenibile bellezza
gusto corpo ITALIA Le anguille di Comacchio
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