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Federico Klausner direttore responsabile Federica Giuliani direttore editoriale Devis Bellucci redattore Silvana Benedetti redattore Francesca Spanò redattore Paolo Renato Sacchi photo editor Isabella Conticello grafica Willy Nicolazzo grafico Paola Congia fotografa Antonio e Giuliana Corradetti fotografi Vittorio Giannella fotografo Fabiola Giuliani fotografa Monica Mietitore fotografa Graziano Perotti fotografo Emanuela Ricci fotografa Giovanni Tagini fotografo Bruno Zanzottera fotografo Progetto grafico Emanuela Ricci e Daniela Rosato Indirizzo: redazione@travelglobe.it Foto di copertina: ZAMBESI | Bruno Zanzottera Tutti i testi e foto di questa pubblicazione sono di proprietà di TravelGlobe.it® Riproduzione riservata TravelGlobe è una testata giornalistica Reg. Trib. Milano 284 del 9/9/2014 Questo testo è realizzato con il font: Carattere ad alta leggibilità per tutti. Anche per i dislessici. www.easyreading.it
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E DITOR IAL E
L E GG E R E M E G L IO P E R L E GG E R E DI PIÙ EasyReading® è stato concepito con un approccio alla metodologia progettuale del “Design for All” dove la diversità è vista non come un problema, ma come un valore che agevola tutti. A livello internazionale EasyReading® è l’unico carattere esplicitamente “dedicato” ai lettori dislessici che, sottoposto a ricerca scientifica autonoma e indipendente sul suo grado di leggibilità, ha ottenuto risultati positivi. Per questo motivi - facilitare l’accesso universale ai nostri prodotti e condurre una campagna etica di avanguardia com’è nel suo DNA, – TRAVELGLOBE ha voluto essere tra i primi a utilizzare EasyReading® e ringrazia quanti, con serissime ricerche, hanno messo a disposizione del pubblico questi font innovativi. Buona lettura e soprattutto Buone Vacanze!
TRAVELGLOBE
Cari lettori, mentre voi siete in vacanza, TRAVELGLOBE è un cantiere in fermento, che lavora per offrirvi sempre nuovi e accattivanti contenuti e che questa volta ridisegna anche i caratteri (font) con cui sono scritti i nostri articoli. Con il numero di agosto TRAVELGLOBE abbandonerà il carattere Avenir, che lo ha contraddistinto finora, per utilizzare EasyReading®. Che cosa è EasyReading®? EasyReading® è un font ibrido, dal disegno essenziale, che presenta sia lettere con “grazie” (allungamenti ortogonali alle estremità), che senza. Il suo specifico design contrasta l’affollamento percettivo e previene lo scambio di lettere simili per forma. Anche la spaziatura della interlinea è aumentata per facilitare la lettura. 3
Vinci una Vacanza di 3 giorni a Helsinki all'insegna dell'Arte Cultura nelle Isole Nordiche Vivi una vacanza all'insegna dell'Arte a Helsinki con un solo Pass Vai su visitfinland.com/it/nordicislandsculture e raccontaci cosa vorresti vedere nella terra dei Finlandesi 7
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TO TICKET H NIS 250 FIN MS MUSEU Customer number
Museum Week Card
Date of first use
Full name
List of museums and attractions – Museums.fi
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Ateneum, Museo d'Arte
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Kiasma, Museo di Arte Contemporanea
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HAM, Museo d'Arte di Helsinki
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Museo d'Arte Amos Anderson e nuovo Museo d'Arte Amos Rex
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Sinebrychoff, Museo d'Arte
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EMMA - Museo di Arte Moderna di Espo
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Artsi Museo d'Arte di Vantaa, museo di street art e performance
Per ulteriori informazioni sul Pass settimanale dei Musei finlandesi e sulle vacanze culturali in Finlandia: visitfinland.com/it/nordicislandsculture
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S O M M A R I O
03 11 81 147
EDITORIALE di Federico Klausner GRECIA
Amorgos la sacra isola dei mulini e le sue sorelle Foto e testi di Giovanni Tagini QUANDO FOTOGRAFIA FA RIMA CON POESIA
Foto e testi di Vittorio Giannella ZAMBESI
Un viaggio nella storia Foto e testi di Bruno Zanzottera
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06 41 115
NEWS ITALIA
Taranto le perle nere dello Ionio Foto e testi di Giovanni Tagini CAMPAGNA PICENA
La terra delle colline morbide Foto e testi di Giuliana e Antonio Corradetti
LA REGINA A VERONA
70 ANNI DI ALPITOUR
Per la prima volta la città scaligera, e I’ltalia, accolgono in un’esposizione unica e inedita la più completa raccolta di francobolli dedicati alla regina d’Inghilterra, Elisabetta ll. The Stamps of the Queen Homage to Elizabeth II, visitabile dal 5 agosto al 15 settembre nel seicentesco Palazzo della Gran Guardia, in piazza Bra, accanto all’Arena, nel centro storico di Verona, ripercorre la vita di Elisabetta II, da quando è stata incoronata nel 1953, a soli 27 anni, fino a oggi, attraverso oltre 6.000 francobolli del Regno Unito, delle ex colonie e del Commonwealth. Francobolli provenienti da una collezione privata ed esposti al pubblico per la prima volta. Tra le curiosità le cartoline, che ricordano il viaggio compiuto alle Isole Cook dal principe William, Duca di Cambridge, e dalla moglie Catherine, spedite dall’ufficio postale più̀ piccolo della Terra, che si trova su One Foot Island, isola disabitata dell’arcipelago di Aitutaki nelle Cook. Per l’occasione Poste Italiane ha previsto uno speciale annullo filatelico. Ingresso ridotto per chi presenterà̀ alla cassa della mostra un francobollo con l’effige di Elisabetta II. Info:ifrancobollidellaregina.it
ANSA e Alpitour insieme hanno dato vita al progetto fotografico “L’Italia in vacanza”, che ha voluto tracciare l’evoluzione del modo di viaggiare. Negli ultimi 70 anni molte cose sono cambiate, a livello economico, sociale e culturale. Dal Dopoguerra in avanti gli italiani hanno viaggiato sempre di più̀, grazie al maggior benessere raggiunto, alla tecnologia più̀ avanzata, che ha facilitato l’accessibilità̀, e a quell’innata curiosità̀ che contraddistingue questo “popolo di santi, navigatori, eroi”. È giusto celebrare un’azienda che naviga felice nel mare del turismo da 70 anni, anche perché́ viaggiare è uno degli interessi più̀ sentiti dalle persone: è una passione che non si esaurirà̀ mai e lo confermano anche i dati dell’UNWTO (World Tourism Organization), che tracciano un trend in continua crescita dei flussi turistici internazionali. Il progetto fotografico ha visto l’allestimento di una mostra, a cui si è aggiunta una pubblicazione che ripercorre le tappe più̀ significative legate al modo di viaggiare degli italiani, legandole all’evoluzione del costume e della società̀. Due foto inserite nel libro sono del nostro Graziano Perotti. Alpitour
Peter Pan porta una ventata di dolcezza e libertà nei celebri Moleskine. La nuova collezione si ispira al bambino che non voleva diventare grande: i taccuini, in edizione limitata, sono proposti in giallo, blu e verde, con disegni originali ispirati al personaggio, riprodotti non solo sulle copertine e sui risguardi, ma anche sulla speciale fascetta a tema. Il taccuino Moleskine è uno strumento che consente a chiunque, qualunque sia il suo modo di essere e dovunque si trovi, di esprimersi in totale libertà, sia casa che in viaggio. Con questa collezione in Moleskine invita ognuno di noi a lasciarsi ispirare da Peter Pan dando libera espressione al proprio lato fanciullesco. Info
La colazione è il pasto più importante della giornata e non solo da un punto di vista nutrizionale: ne segna l’inizio ed è il modo in cui ci diciamo che si ricomincia. È proprio per venire incontro alle diverse esigenze dei suoi ospiti, che per gli hotel a marchio Ibis la prima colazione è diventata uno dei valori aggiunti dell’offerta e dell’esperienza di soggiorno. Seguendo il trend lanciato dalle strutture francesi, anche gli indirizzi del marchio in Italia hanno trasformato il format della prima colazione, per offrire un momento speciale sia nell’allestimento, che è ora ispirato a un vero e proprio mercato rionale. La sala colazione degli Ibis è allestita con prodotti esposti in cassette di legno e lastre in ardesia per favorire un’atmosfera autentica e naturale e rendere il primo pasto della giornata un momento conviviale e familiare. I prodotti sono organizzati per banchi (proprio come al mercato): dalla frutta alla verdura, dai prodotti da forno ai latticini, dalle bevande agli affettati, con particolare attenzione alle esigenze degli ospiti intolleranti al glutine. Info
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TRAVELGLOBE
MOLESKINE COLAZIONE LIMITED EDITION IBIS
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| AMORGOS LA SACRA ISOLA DEI MULINI E LE SUE SORELLE
Appartenente al gruppo delle microcicladi, Amorgos è una delle isole greche più intatte. Il tempo scorre lento tra piccole taverne, pergolati e bicchierini di ouzo. E le chiacchiere si sprecano.
GRECIA
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Nella pagina d’apertura: i famosi mulini a vento di Amorgos si trovano sul promontorio della Chora il punto più alto e ventoso dell’isola. Da questa posizione si gode una vista spettacolare a 360°, inutile aggiungere che il momento migliore per visitarli è al tramonto. Nella pagina precedente: la costa di Amorgos, prevalentemente rocciosa, offre angoli spettacolari, dove i colori accesi delle rocce rossastre amplificano i colori verdi e blu del mare.
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A sinistra: una delle poche taverne presenti a Schinoussa. Questa piccola isola è tra le più autentiche e selvagge di tutte le cicladi, poco pubblicizzata e poco turistica è probabilmente l’ultima a mantenere lo stile di vita contadino, che ha caratterizzato le isole greche fino all’inizio del ventunesimo secolo. Sotto: l’unico bar di Arkrsini, un piccolo paese interno di Amorgos. Gestito da un simpatico e baffuto signore con la moglie, è il posto ideale per bere un ouzo ghiacciato all’ombra di un grosso platano e integrarsi con i locali, che passano le ore seduti ai tavolini a chiacchierare.
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Sotto: lo spettacolare monastero della Panagia Hozoviotissa sembra fuoriuscire da un costone di roccia del mote Profeta Elia a 300 metri a strapiombo sul mare. Uno dei posti meno accessibili e impervi di Amorgos. Ci si arriva salendo ben 320 gradini che s’inerpicano sulla roccia, ma la fatica è ricompensata dalla bellezza del panorama e la visita del monastero guidati dai simpatici monaci che ci abitano.
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Sopra: una vista di Katapola di Amorgos e del suo porto naturale, uno dei più riparati e protetti di tutte le Cicladi. Sin dall’antichità, questa baia, grazie alle acque profonde e calme, era utilizzata come punto di scambio fra la Grecia e l’Oriente. Da qui ogni giorno ad ogni ora, partono piccole imbarcazioni che accompagnano i turisti alla bella spiaggia di Maltezi, non raggiungibile dalla terraferma.
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Sopra: nella piazza principale della Chora di Amorgos verso sera, quando la calura estiva diminuisce e la brezza marina si fa sentire, il bar Sole si affolla di simpatici anziani che si ritrovano per giocare a carte o semplicemente per chiacchierare fino all’ora di cena.
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Sotto: nella via principale di Schinoussa si trova un piccolo e autentico bar/emporio, a gestirlo sono un’arzilla vecchietta e sua figlia. Mentre quest’ultima si preoccupa di accogliere i clienti all’interno, la mamma passa parte della giornata seduta all’ingresso per intrattenere e invitare la gente ad accomodarsi. Se passerete di lì rimarrete affascinati dalla forza e simpatia di questa donna.
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Nelle pagine precedenti: la classica chiesa bianca con il tetto dipinto di blu in stile cicladico affacciata al porto turistico di Stravos di Donoussa, una piccola isola a metà strada fra Naxos e Amorgos. Prevalentemente montuosa, è fra le meno abitate e turistiche delle Cicladi, un solo paesino, 4 magnifiche spiagge e pochissimi ristoranti e hotel, luogo ideale per chi cerca una vacanza di solo mare e relax. Sotto: la spettacolare Kendros beach di Donoussa, considerata una delle piÚ belle spiagge delle Micro Cicladi.
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Sopra: il relitto della nave Olympia, incagliata ormai da molti anni nell’insenatura di Ormos. È diventata famosa grazie a una scena del film di Luc Besson “Le grand bleu”, quando Jean Reno, che interpreta l’apneista Enzo Molinari, entra nel relitto per salvare un sub principiante. Non è l’unica scena del film girata ad Amorgos, molte delle riprese iniziali sono state girate in varie location dell’isola.
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Sopra: una solitaria anziana aspetta seduta sui gradini dalla chiesa di Donoussa l’inizio della cerimonia ortodossa, che si svolge tutte le sere alle 20. A destra: l’insegna del caffè nel centro di Donoussa, uno dei bar più amati e frequentati. Questa piccola isola, nella mitologia greca, fu il luogo dove Dioniso nascose Arianna quando Teseo l’abbandonò. Pure Virgilio fa riferimento a Donoussa nell’Eneide e nel medioevo era l’isola dei pirati.
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Sotto: la più piccola delle 5 chiese di Katapola si trova appena fuori il paese, in aperta campagna. Pur essendo lontana dal centro e molto semplice, è tra le più amate e numerosi sono i fedeli che si recano tutti i giorni per la messa delle 19.00.
A destra in alto: da Mana, una piccolissima taverna greca nella Chora di Amorgos, sono specializzati in piatti preparati alla griglia, qui troverete i migliori souvlaki e pita di tutta l’isola. A destra sotto: la via principale della Chora di Amorgos. Tutte le vie di questo paese sono molto strette e le auto non possono passarci, trasformandola così in una delle pochissime cittadine completamente pedonali!
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Nella pagina precedente: l’interno vintage del ristorante Capitano Dimos di Katapola. Questa bella taverna tradizionale, è senza ombra di smentita la più famosa di Amorgos. Lo chef e proprietario Vangelis cucina solo con i migliori ingredienti dell’isola. Tra i piatti più richiesti si trovano: il polpo cucinato in ouzo, zenzero e lemongrass e il maiale cotto con birra, mele e prugne.
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Nella foto di sinistra: se volete provare l’autentica cucina greca, quella fatta in casa da mani esperte, dovete andare alla taverna Parvus, la prima che trovate sulla sinistra entrando nella Chora di Amorgos. Locale semplicissimo e un menÚ composto da pochissimi piatti, ma preparati con prodotti freschissimi e dalle mani di due simpatiche vecchiette che hanno passato la loro vita a i fornelli. Sopra: alcune marionette Caragiorgis, usate da secoli in tutta la Grecia per intrattenere con spettacoli teatrali i piÚ giovani, sono vendute in un negozio di souvenir nella Chora di Amorgos.
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Nella pagina precedente: il tratto della costa est di Amorgos è caratterizzato da alte formazioni rocciose che si gettano in mare creando piccole baie raggiungibili solo in barca. A sinistra: il ripido e tortuoso sentiero panoramico che con i suoi 320 gradini conduce al monastero della Panagia Hozoviotissa. Sotto: una panoramica della Chora di Amorgos al tramonto. Il paese conta 350 abitanti e si sviluppa intorno alla rocca veneziana di Kastro che serviva per avvistare e difendersi dai pirati.
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Sotto: la bell’insegna della taverna To Kyma di Donoussa. Si trova direttamente sulla spiaggia a pochi metri dal piccolo porto di pescatori. Essendo anche un minimarket, è aperta tutto il giorno ed è molto frequentata dai locali. Propone una cucina della tradizione contadina, pochi piatti ma cucinati alla perfezione con prodotti freschissimi e a Km 0.
A destra in alto: l’ingresso del museo archeologico di Amorgos, ospitato nella torre di Gayras, un antico edificio veneziano appartenuto a ricchi mercanti. Qui si possono ammirare oggetti ritrovati nella città di Minòa oggi Katapola e che raccontano la storia di Amorgos nei secoli. A destra sotto: direttamente sull’unico sentiero che conduce a Laki beach di Koufonisi, un ragazzo prepara e vende piccoli gioielli realizzati a mano.
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Amorgos è conosciuta anche come l’isola sacra, non a caso è tra le isole delle cicladi con più chiese per abitante, solo nella Chora se ne contano più di 40 e molte risalgono al periodo bizantino e post bizantino. Nel dettaglio la piccola chiesa che si trova su una collina, appena fuori il paese, nei pressi dei mulini a vento.
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INFO UTILI Foto e testi di Giovanni Tagini D OV E M A N G I A R E Taverna Capetan, sul porto di Katapola, Amorgos. Taverna Parvu, sulla strada principale della Chora di Amorgos. Taverna Liostasi, Arkesini, Amorgos. Taverna To Kyma, sul porto di Donoussa. Taverna Mersini sul porto di Schinoussa. Taverna Venetsanos, vicino alla spiaggia di Laki, Koufonisi.
D OV E D O R M I R E Aegialis Hotel Aegialis, Amorgos. tel. +30 2285073393. Hotel Vigla Tholaria, Amorgos. tel. +30 228073288. Hotel Aqua Petra St Paul, Amorgos. tel. +30 2285073011. Panorama Studios Chora, Amorgos, tel. +30 2285071606. Ammos Studios Donoussa, tel. +30 2285079027. Anatoli Studio Schinoussa. Tel. +30 6932731036. Sito ufficiale del turismo
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| TARANTO, LE PERLE NERE DELLO IONIO
Coltivate dall’anno mille, saporitissime, cucinate in cento modi diversi, costituiscono la ricchezza segreta di Taranto. Frutto di una combinazione unica di acqua salmastra, calda e stagnante.
ITALIA
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Nella foto d’apertura: un mitilicoltore durante la fase di recupero. Mediamente una cozza può vivere fino a 4 anni. Purtroppo per lei ne occorrono solo 14 mesi per arrivare alla giusta dimensione e “maturazione”. Nella pagina precedente: le strutture portanti di legno o metallo fissate al fondale sono chiamate semplicemente “pali”, lunghe una decina di metri e ancorate al fondale, supportano le corde dove sono agganciati i filari di cozze.
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In queste pagine: alcuni momenti delle fasi della mitilicoltura. Si inizia aggrappando sulle corde piccolissime cozze appena nate, man mano che crescono vengono separate, divise e rimesse in acqua per un nuovo ciclo di crescita fino alla completa maturazione. Una volta raccolte passano all’impianto di depurazione, dove sostano in vasche irradiate da raggi ultravioletti per 24 ore prima di essere confezionate e vendute.
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Un dettaglio dei filari ancorati ai pali di sostegno. Ogni filare può raggruppare oltre 200 cozze e pesare decine di chili.
Nella foto sopra: alcuni filari di cozze appesi ad asciugare, ben protetti dalla luce diretta del sole. Nella foto di destra: un operaio riempie un cassone con i mitili confezionati e pronti per raggiungere ogni angolo del paese. Le norme per produrre e commercializzare i molluschi sono sancite da un Decreto Legge che regolamenta le condizioni sanitarie nelle fasi di raccolta, manipolazione, conservazione, trasporto e distribuzione, per garantire un prodotto sicuro sia dal punto di vista igienico sanitario che nutrizionale. Costituiscono una notevole ed economica fonte di proteine nobili alternative.
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Nella foto di sinistra: un divertito e colorito mitilicoltore ci racconta la tradizione vuole che le cozze siano più buone nei mesi senza la “R” e ancor meglio se in fase riproduttiva, quando risultano leggermente lattiginose e particolarmente delicate; i buongustai prediligono le femmine che sono molto più dolci e profumano maggiormente di iodio, ma, avendo l’involucro uguale ai maschi, si riconoscono solamente una volta aperte: non sono gialle ma bensì rosse arancio (foto sopra).
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Considerati tra i migliori al mondo, i mitili tarantini sono il fiore all’occhiello di una città che da oltre mille anni è la capitale indiscussa della coltivazione delle tanto amate cozze. A Taranto si consumano in diversi modi; vengono gustate crude, lisce o con un filo di limone
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(foto centrale), unite ad altri prodotti del mare per insaporire una pasta ai frutti di mare (foto a sinistra) o per preparare la piÚ classica delle ricette tarantine che richiede l’utilizzo della pasta a forma di tubetti, condita con cozze, fagioli e pomodoro.
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Le cozze alla marinara sono probabilmente il piatto piÚ conosciuto, apprezzato e cucinato. Dopo averle pulite, si mettono in padella con mezzo bicchiere di vino bianco, uno spicchio d’aglio e un cucchiaio di olio; si mette il coperchio e a fuoco vivo si aspetta finchÊ si aprono. Si unisce abbondante prezzemolo tritato e si servono calde.
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Il 2017 si prospetta un anno eccezionale: si prevede una produzione di circa quarantamila quintali, con un incremento del 30% rispetto alle medie passate, che la identificherà come la maggior area di produzione al mondo di militi allevati. Grazie a questo crescente mercato, nell’ultimo decennio con l’aiuto dei ricercatori del CNR si sperimenta anche l’allevamento di vongole veraci e ostriche, che vengono infilate in particolari ceste insieme a ricci di mare, che fanno da spazzini e tengono lontani i predatori.
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In queste pagine: un mitilicoltore, che lavora da 15 anni nel settore, ci spiega che secondo errate credenze, la cozza prospererebbe bene nelle acque sporche e inquinate da scarichi fognari, traendo alimento dalla carica batterica. Non è così. Al contrario l’inquinamento arreca alle cozze molti più svantaggi che vantaggi. La cozza è un animale filtratore e predilige le acque pulite, ricche di plancton e particelle organiche. Viene da chiedersi come mai, in molte città d’Italia, si dia della “cozza” a una ragazza poco avvenente visto che il mollusco ha così tanti ammiratori e sostenitori. Mentre dire “mi si è attaccato come una cozza” riferendoci a una persona morbosa è molto più appropriato, visto che le cozze sono in grado di attaccarsi tenacemente a qualsiasi superficie.
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Le cozze tarantine sono allevate nel “Mare Piccolo”, un lago su cui si affaccia la città pugliese, unito al “Mare Grande” da uno stretto canale. In questi bacini l’acqua, grazie alle numerose sorgenti marine che sgorgano dai fondali, è leggermente salmastra e viene chiamata
“acqua grassa”. Proprio questa combinazione unica di salinità, la semi stagnazione e un clima caldo asciutto, creano una condizione ideale per la coltivazione dei mitili, favorendo la proliferazione del plancton, che è la fonte necessaria al nutrimento e allo sviluppo della cozza.
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Nelle pagine precedenti: una terrazza del castello Aragonese si affaccia sul mar Ionio, luogo perfetto per ammirare il tramonto. In queste pagine: momenti di vita quotidiana nella città vecchia, da sempre il borgo dei pescatori. In realtà la città vecchia è un’isola con strade strette, dove le auto non passano, unita alla terraferma solo da due ponti, il ponte di porta Napoli e un Ponte Girevole, il San Francesco da Paola, probabilmente il simbolo stesso della città, che però, durante le procedure di apertura e di chiusura del ponte che richiedono circa 20 minuti, divide per più volte al giorno in due la città.
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Nella foto di sinistra: il campanile e la cupola della Cattedrale di San Cataldo, nel cuore della città vecchia. È la più antica e una delle più belle dell’intera Puglia, fu costruita nella seconda metà del X secolo ad opera dei bizantini. Gli interni, impreziositi da marmi e stucchi, conservano le spoglie del Santo.
Nella foto sopra: le bancarelle del negozio storico “L’albero della frutta”. Il più conosciuto e fornito negozio di frutta e verdura nel cuore della città vecchia, all’angolo di via De Tullio e via Duomo.
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Nella foto sotto: una Madonna è affacciata sull’unico canale che unisce il mare con il porto di Taranto nel “Mare Grande”. Si trova a pochi passi dal ponte girevole e protegge i pescatori e i marinai che passano ogni volta che escono in mare.
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Nella foto sopra: nella città vecchia si può ammirare un concentrato di storia e bellezza che, in assenza di una riqualificazione, rischia di scomparire per sempre. Quasi del tutto abbandonata nel dopoguerra, in questi ultimi anni si sta ripopolando grazie ai pescatori che sono tornati ad abitarla.
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Nelle pagine precedenti: particolari di alcuni balconi riccamente decorati di un antico palazzo su via D’Aquino, la strada pedonale e dello shopping di Taranto. A sinistra: una fase di restauro di alcune imbarcazioni da pesca nel cantiere di Cosimo Basile, il maestro d’ascia della città di Taranto. Sotto: la struttura coperta in ferro battuto che ospitava il mercato del pesce. Oggi in una struttura adiacente più piccola si trova il “Caffè frutti di mare” che propone piatti a base di polpa di ricci.
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In queste pagine: il dedalo di strette vie, la luce fioca, gli odori e il brusio di gente che chiacchera sono interrotti da un Apecar 50, che sfreccia a tutta velocità a pochi centimetri dai muri, camminare tra queste viuzze dà l’impressione di trovarsi in un mondo diverso, dove il tempo e i riti scandiscono una vita semplice e di routine.
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Al termine di Corso Due Mari, rivolto al mare, si trova il monumento di bronzo dedicato ai marinai della marina militare, realizzato dall’artista scultore Vittorio Di Cobertaldo nel 1974. La scultura, alta circa 7 metri, raffigura due marinai intenti a salutare le imbarcazioni che si accingono a navigare il canale che unisce il Mare Grande al Mare Piccolo.
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Alcuni bambini giocano per le strade, incuranti del pericolo del traffico, le vie strette non permettono il passaggio di automobili e la strada diventa cosĂŹ il luogo perfetto per incontrarsi e instaurare una ottima vita sociale tra gli abitanti della cittĂ vecchia.
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Sotto: un’immagine storica che riprende il momento della raccolta delle cozze. L’allevamento dei mitili tarantini sembra risalga all’anno mille e da allora è una delle maggiori risorse economiche della città.
INFO UTILI Foto e testi di Giovanni Tagini D OV E M A N G I A R E Ristorante La Paranza via Cariati, 68, Taranto, tel. 099 4608328 Ristorante Conte piazza Fontana, 61, Taranto, tel. 099 4706311 Trattoria del Pescatore piazza Fontana, 47, Taranto, tel.099 4707121 Ristorante Brezza Marina via D’Aquino, 8, Taranto, tel. 099 4525097
D OV E D O R M I R E Hotel Akropolis Vico Seminario 3, Città vecchia, Taranto, tel. 099 4704110 Hotel Arcangelo piazza Fontana, Città vecchia, Taranto, tel. 099 4715940 Hotel Pisani via Cavour 43, Taranto, tel. 099 4534087 B&B Il Melograno via Mazzini, 132, Taranto, tel.329 1139186.
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Libellule | L’universo sarebbe incompleto senza l’uomo; ma sarebbe incompleto anche privo della più microscopica creatura che vive al di là della nostra vista e conoscenza presuntuosa. | John Muir
QUANDO FOTOGRAFIA FA RIMA CON POESIA
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Deserto occidentale egiziano Il deserto è sovrano‌ / Anche se troppi uomini oramai, vi si precipitano senza aver imparato a rispettarlo. Ci sono cose che un essere ben educato non farà mai in una chiesa, in una sinagoga, in un tempio od in una moschea. Il deserto è la stessa cosa: bisogna entrarci in punta di piedi. Milan Kundera
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Foglia imprigionata in un lago ghiacciato Già matura / la foglia pel sereno suo distacco / discende / nel cielo sempre verde dello stagno. / In calmo / languore della fine, l’autunno s’immedesima / dolcissima / la foglia s’abbandona al puro gelo. Da “Albero autunnale” Jorge Guilleri
Mareggiata a Monterosso nelle Cinqueterre Rombando s’ingolfava dentro l’arcuata ripa un mare pulsante, sbarrato da solchi,
cresputo e fioccoso di spume. Di contro alla foce d’un torrente che straboccava il flutto ingialliva. Da: “Fine dell’infanzia” di Eugenio Montale (Ossi di seppia)
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Nebbia in appennino E guardai nella valle: era sparito / tutto! sommerso! Era un gran mare piano, / grigio, senz’onde, senza lidi, unito. // E c’era appena, qua e là, lo strano / vocìo di gridi piccoli e selvaggi: / uccelli spersi per quel mondo vano Da: “Nella nebbia” di Giovanni Pascoli (I due fanciulli - I due orfani)
Corolle di fiori di tutte le forme e colori ‌In 25 anni di Asia ho visto tanti fiori, a volte straordinari, grandi. Gli orsignani hanno visto pochi fiori, forse piccoli, ma ci sono stati accanto, li hanno visti sbocciare, crescere, morire. E di quello straordinario ciclo della vita sono diventati esperti‌ Da: l’Orsigna di Tiziano Terzani
Finestra con pioggia …Ogni goccia di pioggia trema sul vetro sporco e vi lascia divine ferite di diamante. Sono poeti dell’acqua che hanno visto e meditano ciò che la folla dei fiumi ignora… Da: “Pioggia” di Federico Garcia Lorca
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Radici di larici in val d’Aosta …Tra le loro fronde stormisce il mondo, le loro radici affondano nell’infinito; tuttavia non si perdono in esso… Gli alberi sono santuari. Chi sa parlare con loro, chi li sa ascoltare, conosce la verità… Da: “Gli alberi” di Herman Hesse
Cannucce in un lago in lake District (UK) Vagavo solitario come una nuvola che fluttua in alto sopra valli e colline, quando all’improvviso scorsi una folla, un mare, di narcisi dorati; vicino al lago, sotto gli alberi, tremolanti e danzanti nella brezza. Da: “ I Wandered Lonely as a Cloud” di William Wordsworth
Orme sulla sabbia a Isla Negra in Cile “I miei piedi voglion seguire la traccia sua, perché la traccia sua sia la mia, perché concluda dove io concluda e sia la mia allegria la sua allegria.” Laus Deo P. Neruda
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Nevicata su un torrente Scende la neve su la terra madre, placidamente… ..Scendi con pace, o neve; e le radici difendi e i germi, che daranno ancora erba molta agli armenti, all’uomo il pane. Da: “Neve” di Gabriele D’Annunzio
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Nevicata a parco Sempione di Milano Neve che turbini in alto e avvolgi le cose di un tacito manto. Neve che cadi dall’alto e noi copri coprici ancora, all’infinito… “Neve” Umberto Saba
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Merlo morto su un torrente in Garfagnana Autunno, io non sentii mai così forte la tristezza che tu solo diffondi quante di me né tuoi boschi profondi son cose morte tra le foglie morte! 103
Da: “Autunno” di Gabriele D’Annunzio
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Paesaggio onirico in Basilicata Io non ho bisogno di denaro / ho bisogno di sentimenti / di parole /… / di fiori detti pensieri / di rose dette presenze / di sogni che abitino gli alberi /… / di stelle che mormorino / all’orecchio degli amanti. / Ho bisogno di poesia / questa magia che brucia / la pesantezza delle parole / che risveglia le emozioni e dà colori nuovi. Da:” Io non ho bisogno di denaro” di Alda Merini
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Vernazza con una forte libecciata …Dal porto di Vernazza le luci erano a tratti scancellate dal crescere dell’onde invisibili al fondo della notte… Da “Le Occasioni” Eugenio Montale
Anziana a Modica (Ragusa) Ognuno sta solo sul cuore della terra trafitto da raggio di sole: ed è subito sera. “Ed è subito sera” Salvatore Quasimodo
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Girasoli Portami il girasole ch’io lo trapianti nel mio terreno bruciato dal salino, e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti del cielo l’ansietà del suo volto giallino./…/ Portami tu la pianta che conduce dove sorgono bionde trasparenze e vapora la vita quale essenza; portami il girasole impazzito di luce. Da: “Girasole” di Eugenio Montale (Ossi di seppia)
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QUANDO FOTOGRAFIA FA RIMA CON POESIA Foto di Vittorio Giannella Testi di AA.VV. “La poesia è una lettera d’amore indirizzata al mondo.” Charlie Chaplin “Soltanto la poesia - l’ho imparato terribilmente, lo so - la poesia può recuperare l’uomo”: ne era convinto Giuseppe Ungaretti, ne sono convinti i saggi dell’UNESCO, l’organizzazione delle Nazioni Unite per la cultura e le scienze, che nel 1999 hanno istituito, in concomitanza con ogni 21 marzo primo giorno di primavera, la Giornata mondiale della poesia con questo obiettivo: sensibilizzare l’umanità verso quanto di bello è stato ed è in grado di suscitare l’ascolto di una poesia. A prescindere dalla lingua originale del poeta, i versi diventano così un vero e proprio patrimonio dell’Umanità.
Un’arte che è la base di tutte le forme di creatività letterarie e artistiche, con un ruolo privilegiato: ha dalla sua parte una potenza evocativa straordinaria e la capacità di toccare le più profonde corde dell’anima. Eugenio Montale, Giacomo Leopardi, Pablo Neruda, e poi ancora Emily Dickinson e William B.Yeats, tanto per fare qualche nome: atmosfere, luci, paesaggi che hanno affascinato e ispirato le rime indimenticabili di poeti e scrittori, vedere questi luoghi con i loro occhi, grazie alle loro parole. Insomma in queste foto si crea una sorta di “viaggio per il verso giusto”per dare luce alle parole, un umile tentativo di cogliere con l’obiettivo attimi di questi luoghi, che guarda la natura e l’ambiente con gli occhi della poesia. Vittorio Giannella
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| LA TERRA DELLE COLLINE MORBIDE
La bellezza segreta di un piccolo mondo rurale a misura d’uomo.
CAMPAGNA PICENA
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Nelle pagine precedenti: nel sud delle Marche, attorno alla città di Ascoli Piceno, splendente di chiaro travertino e irta di torri, si estende una campagna di incomparabile e segreto incanto. Non per caso nascono i capolavori e non per caso si formano paesaggi come questo. Occorrono secoli, stratificazioni, elaborazioni, cambiamenti, fusioni. Non basta la natura. Qui l’uomo con il suo lavoro ha plasmato la sua terra e questo è il frutto di un lento addomesticamento, attraverso continui adattamenti funzionali che hanno generato benessere, identità, carattere. Il risultato è pura bellezza. Un’armonia gentile e luminosa, una grazia tutta italiana fatta di equilibrio, perfezione, cultura, umanità. È un paesaggio che emoziona come un quadro del Rinascimento. È una terra che racconta. In queste pagine: c’è qualcosa in questa campagna che suscita sentimenti antichi e profondissimi, legati alle radici dell’essere umano, del suo rapporto con l’ambiente, del suo legame con la terra come fonte di vita. Si respira una quiete immensa. Un’intima sensazione di familiarità. Una pace agreste, antica e benedetta, legata ai ritmi della natura e del lavoro dei campi. Ci si sente bene. Ci si sente a casa.
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Doppia pagina precedente: in questo piccolo regno delle linee curve che si infossa e si impenna, si inclina e si adagia, pazienti trattori tessono tele dalla trama minuta e precisa, su cui il ricamo punteggiato degli ulivi e della loro diradata ombra, traccia segni di sobria, asciutta eleganza.
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In queste pagine: alla fine del giorno l’aria è satura di una pace insondabile. Arriva come una risacca lenta, sospinta dall’onda lunga delle colline, scivola giù dalle linee perfette dei declivi e inonda di dolcezza la campagna. Nel silenzio solo belati di pecore e un frinire elettrico di grilli e cicale. La luce è una sciabolata tagliente che estrae l’essenziale dall’ombra e mostra ciò che prima non vedevi, sullo sfondo nero degli avvallamenti e dei fossi, dove già si annida la sera umida e azzurra.
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Ci sono sempre vasi di gerani e una pergola sulla facciata delle vecchie case di campagna, cantine piene di ottimo vino e dispense ricche di ogni ben di dio. L’ospitalità della gente picena è proverbiale.
Ogni incontro inizia con una prudente diffidenza, per poi sfociare in una fratellanza senza riserve. Il carattere piceno è schietto, sornionamente ironico e decisamente dissacrante. Che siate re o operai, vi sarà riservato il medesimo trattamento.
Tra queste dolcissime colline c’è un sorriso che aleggia nell’aria. Un’onda di energia buona che sale dalla terra, allieta il cuore e infonde serenità. Guardi le vigne, gli uliveti, i campi di grano e immagini vino, olio e pane, e pensi subito alla tavola, alla casa, al focolare, alla gioia primordiale di vivere e godere dei frutti della terra.
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Erano sabini, giovani figli di una Primavera Sacra, il rito secondo il quale i primogeniti, anziché essere sacrificati come gli animali, venivano consacrati agli dei e destinati a partire, una volta raggiunta l’età adulta, per fondare una nuova colonia. Fu un picchio verde a guidarli, animale totem, sacro al dio Ares. Si fermarono in questa terra piena di promesse e diedero vita a una nuova popolazione. Tra mito e storia, è così che, a partire dall’Età del Ferro (IX secolo a.C.), ebbe origine la gente e la cultura picena. Il picchio, Picus, resta alla radice del nome Piceno e nello stemma della regione Marche.
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Il Piceno è terra impregnata di miti e leggende e anche i reali personaggi e i veri fatti della storia sembrano spesso avvolti da un’aura misteriosa. Sibille, fate, stregoni e negromanti avevano dimora sulle selvagge montagne dei Sibillini e della Laga. Eretici e folli predicatori, che sembrano usciti da Il nome della rosa, vagavano per borghi e vallate. Sul Monte Ascensione, Meco del Sacco infiammava i suoi seguaci e il povero Cecco d’Ascoli finiva per ardere davvero su un rogo, a causa delle sue idee. A fare da baluardo all’orda oscura degli spiriti malefici, o presunti tali, tutta una schiera agguerrita di santi, beati, frati e anacoreti, nella linea di trincea di abazie, chiese e grotte sperdute. Ma qui, nella pace ascetica delle colline, era il quotidiano, faticoso lavoro dell’uomo che lentamente, oltre il buio, le paure, il fuoco, seminava pace sotto il cielo.
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Sulle colline che dai monti digradano lente verso il mare, aleggia ancora un genius loci magico e ieratico. Si manifesta in visioni senza tempo, echi di medioevo e di paesaggi sognati, che sembrano sfondi di dipinti pieni di significati da decifrare. Rari borghi in cima ai colli, case isolate dentro distanze ondeggiant, e stradine bianche che portano chissà dove. Le linee curve del terreno mostrano e nascondono, espongono e occultano, in un gioco ingannevole che confonde la mente ed esalta la fantasia. Un cavallo, una contadina, un albero, uno specchio d’acqua si rivelano come apparizioni e poi, dietro un pendio o una svolta della strada, nel saliscendi che dà un tuffo al cuore, repentinamente svaniscono.
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Pagina precedente: dai Sibillini, i leopardiani Monti Azzurri, fino all’Adriatico, è tutto un susseguirsi fluido di rilievi e avvallamenti. Un fantastico tappeto patchwork composto da piccoli appezzamenti e diverse coltivazioni, derivato dall’antico sistema mezzadrile che in passato regolava l’agricoltura locale. Non esiste monotonia in questo paesaggio mosso e variegato. L’occhio si perde in tanta multiforme ricchezza. È un mosaico minuto, una filigrana sottile, un gioiello cesellato. Un vero quadro naïf dipinto dal lavoro umano. Un microcosmo bucolico a misura d’uomo. In queste pagine: un territorio antico, fedele a se stesso che in nulla eccede e nulla trascura, dedicando la medesima cura a vigneti, uliveti, campi di frumento, prati di erba medica, pascoli per greggi, orti e piccoli frutteti. Misura ed equilibrio governano queste terre. Grazia e armonia ne sono il risultato. Ogni casale è un minuscolo mondo a sé, quasi autosufficiente, organizzato sulle basi di una saggezza antica tramandata per generazioni.
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Doppia pagina successiva: onde di terra che si incalzano e si accavallano, colline morbidissime, campi ondulati su cui la luce sfuma vellutata. I solchi tracciati dall’uomo, le impronte degli attrezzi agricoli, graffiano la pienezza intatta del verde. La brezza scuote le chiome grigio-verde degli ulivi e ne estrae argento puro e un fruscio delicato, come un’antichissima voce. Dove le linee confluiscono e i declivi si incontrano, freschi boschetti e piccole valli segrete si annidano, ombrose. Ăˆ una terra materna, dalle forme sinuose. Una preistorica dea Madre, sensuale e feconda.
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C’è un segreto nella terra delle colline morbide: il contrasto. La sua bellezza si esalta nell’antitesi degli opposti e diventa unica. Quando l’armonia delle forme si fa estrema, ecco che bruscamente si interrompe, tramutandosi nel suo contrario. Il precipitare inaspettato dei calanchi spezza la soavità vellutata dei colli, apre baratri selvaggi e rovinosi, appena ingentiliti dalla fragranza di miele delle tenaci ginestre, e il paesaggio, così amabile e ridente, si fa di colpo cupo e drammatico. È questa la sua vera natura: dolce e aspra, selvatica e domestica, liscia e rugosa, umida e arida. Una terra di folle e sublime meraviglia.
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Sempre caro mi fu quest’ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo; ove per poco Il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l’eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare. L’infinito. Giacomo Leopardi
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I campi coltivati seguono i rilievi con una superficie sottile e duttile, come una lastra di rame battuto sotto la luce radente del sole. E là , oltre il bordo, dove la crosta si spezza, emerge la terra turbolenta e ruvida, il caos sottostante, mai del tutto domato. Dirupi scoscesi e argille compatte che si spaccano in ragnatele di crepe profonde e poi macchie intricate, regno di cinghiali e caprioli, e forre, fratture e greti pietrosi. Due mondi opposti e sovrapposti. Il velo strappato dei campi porta alla luce ciò che prima era ovunque.
In un mondo semplice, in armonia con la natura, ogni attrezzo, ogni strumento di vita quotidiana assume un valore piÚ profondo e concreto. Ogni cosa è preziosa e ha una sua precisa funzione. Si consuma con l’uso e col tempo, diventando un elemento vivo dell’ambiente. Silenzioso testimone di storie di vite di uomini e animali.
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Le colline si increspano in pieghe morbide. La terra bruna e calda, segue una melodia dolce nel ritmo lento e ondivago della linea dell’orizzonte. Vigneti lussureggianti, uliveti e boschetti interrompono la distesa di grana grossa dei pendii argillosi e intarsiano la coltre fina dei terreni lavorati. Querce solitarie e vecchi casali sparsi marcano il territorio come punti fermi di riferimento in un mare di terra mosso, senza fine.
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Sarà, come ben sapeva Leopardi, per questo gioco di crinali che rimanda continuamente a un orizzonte più lontano, accendendo la curiosità di nuovi infiniti mondi, sarà per troppa bellezza, ma chi ha la fortuna di essere nato in questa terra, spesso è spinto a lasciare il “natio borgo selvaggio” per cercare realtà diverse e dimensioni più ampie. Poi, col tempo, accade che un’alchimia segreta si mette in moto. È come rispondere a un richiamo, a una voce ancestrale, a un suono di campana. Si scopre allora che quel paesaggio ha modellato l’anima, stratificandosi nel profondo. La fuga delle colline è il fluire dei sentimenti. La forma delle valli è il nido delle emozioni. Il cuore si strugge e, in qualche modo, si ritorna. Sempre.
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INFO UTILI Foto e testi di Giuliana e Antonio Corradetti PRODOTTI TIPICI DELLA CAMPAGNA PICENA Vini di alta qualità (Pecorino, Passerina, Offida Rosso, Rosso Piceno, Falerio, Terre di Offida) Vino cotto. Viene considerato il vino del territorio. La sua produzione è legata alla tradizione contadina. In ogni casa rappresentava l’ospitalità e la festa. Oliva tenera ascolana. Grande, tenera e dolcissima, si degusta conservata in salamoia, aromatizzata con finocchio selvatico, oppure farcita e fritta, secondo la tradizione ascolana.
Mela rosa dei Sibillini (oltre che in montagna, coltivata in tutta l’area collinare nel tradizionale frutteto familiare) Tartufo pregiato, sia bianco che nero. Anice verde di Castignano. Pianta aromatica coltivata sulle colline di Castignano, usata in passato per la produzione del liquore locale: Anisetta Meletti Ciaiuscolo. Salame di suino spalmabile. Viene consumato fresco, dopo una brevissima stagionatura. Pecorino marchigiano. Formaggio di antichissima tradizione, fatto con latte ovino crudo. LINK UTI LI Turismo delle Marche Terre del Piceno
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| UN VIAGGIO NELLA STORIA
Un viaggio nel cuore dell’Africa selvaggia dove il grande Zambesi scorre per 2660 km. Attraverso sei Paesi, foreste tropicali e savane, per disperdersi con un vasto delta nell’Oceano Indiano.
ZAMBESI
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In apertura: le cascate Ngonye, conosciute anche con il nome di Sioma Falls, nei pressi del villaggio di Sioma nella regione del Barotse, Zambia occidentale. Offuscate dalla notorietà delle Vittoria Falls, queste cascate mantengono intatto tutto il loro potere selvaggio e sono frequentate esclusivamente da pescatori che piazzano le proprie nasse tra i gorghi delle rapide. Doppia pagina precedente: Un isolotto sul lago artificiale Kariba in Zimbabwe, creatosi agli inizi degli anni ‘60 del secolo scorso, dopo la costruzione dell’omonima diga. Lo Zambesi è il quarto fiume più lungo dell’Africa (2660 km con un bacino di 1.330.000 km2). Il suo corso è interrotto in molti punti da rapide e salti che lo rendono difficilmente navigabile. Se ne accorse a proprie spese anche David Livingstone, che il 16 novembre 1855 fu il primo occidentale ad avvistare Mosi-oa-Tunya (il fumo che tuona), le spettacolari e celeberrime cascate che egli ribattezzò Vittoria in onore della sua Regina.
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Il preside della scuola elementare di Ngamu con una giovane allieva. La comunità si trova ai confini con il Parco Nazionale di Hwange in Zimbabwe. La scuola è in parte aiutata da Imvelo Safari Lodge, una società che cerca di coinvolgere le comunità locali in attività di anti-bracconaggio, in modo che i benefici economici portati dai turisti in visita ai parchi nazionali diventino una fonte di reddito anche per loro.
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La missione delle suore comboniane a Kalabo, nella regione del Barotseland lungo la parte iniziale dello Zambesi nello Zambia occidentale. Ci troviamo nel territorio del Re dei Lozi.
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Chris Esterhuizen è nato a Bulawayo in Zimbabwe. Per molti anni ha lavorato come ingegnere civile, ma la sua passione era vivere a stretto contatto con la natura. Per questo con sua moglie Debbie ha iniziato a lavorare per i vari lodge nei parchi lungo lo Zambesi. Oggi sono i manager del Gorges lodge, situato sopra le gole a valle delle cascate Vittoria dove nidificano aquile e falchi. Per questo è diventato un esperto di rapaci.
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Nduna Inet, Nduna Mawunda, Nduna Noy sono alcuni dei ministri del Litunga, il Re del popolo Lozi. Qui sono fotografati nella sua residenza estiva a Limulunga nella regione del Barotse nello Zambia occidentale. Attualmente il piccolo regno dei Lozi, che durante la colonizzazione inglese godeva di un regime privilegiato, sta chiedendo con insistenza l’indipendenza dal resto dello Zambia.
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Nel 1997 Lukwua Mkomo era il responsabile per il pompaggio dell’acqua nella pozza di Basha, in una zona molto remota del parco. Da tempo non riceveva provviste e gasolio per alimentare il motore della pompa e la pozza si era completamente prosciugata, quando arrivò un branco di elefanti assetati. Non riuscendo a trovare l’acqua, gli elefanti allo stremo delle forze, distrussero il capanno terrorizzando il responsabile, che si diede alla fuga.
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Doppia pagina precedente: il porto fluviale di Kalabo su uno degli affluenti dello Zambesi nella regione del Barotse, Zambia occidentale. Dopo l’indipendenza dalla Gran Bretagna, il Barotseland rimase una delle regioni più arretrate dello Zambia. Questo è uno dei motivi per cui oggi la regione è in fermento per il tentativo di secessione da parte del piccolo regno dei Lozi. Qui sopra: per sopperire alla cronica mancanza di fondi da parte del governo, alcuni proprietari di lodge presenti nel Parco Nazionale di Hwange decisero di supportare il programma di pompaggio dell’acqua nelle pozze asciutte durante la stagione secca. Mark Butcher, un ex ranger dello Zimbabwe Parks & Wildlife Authority, oggi è direttore del gruppo Imvelo Safari Lodge ed è tra i più assidui sostenitori del progetto di pompaggio dell’acqua per la sopravvivenza degli elefanti e di sostegno alle comunità rurali. Spesso si occupa personalmente del funzionamento dei motori diesel che pompano l’acqua.
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Elefanti si abbeverano ad una pozza nel Parco Nazionale di Hwange in Zimbabwe. Il parco ospita 44.000 elefanti. Al suo interno non ci sono fiumi e durante la stagione secca, quando tutte le pozze d’acqua si prosciugavano, gli elefanti migravano verso lo Zambesi. Oggi con l’aumento della popolazione questo non è più possibile e per evitare la morte di un altissimo numero di animali, lo Zimbabwe Parks & Wildlife Authority ha iniziato a pompare acqua nelle pozze prosciugate.
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Doppia pagina precedente: panoramica aerea del corso dello Zambesi tra le gole di Batoka, a valle delle cascate Vittoria. Questo tratto di fiume è interessato dal progetto di una nuova diga, che dovrebbe far scomparire le rapide creando un nuovo lago, con il conseguente stravolgimento ambientale di un territorio Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO. La moglie attende il pescatore che sta solcando con la propria piroga uno degli stagni creati dalle acque dello Zambesi, dopo essersi ritirato nel suo alveo durante la stagione secca. Questa regione dello Zambia occidentale è occupata da una vastissima pianura che, durante le piogge, viene invasa dalle acque del fiume creando un gigantesco acquitrino.
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Un’abitante di un villaggio nei pressi di Mongu nello Zambia occidentale, attraversa uno stagno creato dalle esondazioni dello Zambesi dopo le piogge, per recarsi a raccogliere l’argilla necessaria alla costruzione di fornelli realizzati da una cooperativa di donne del villaggio.
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Doppia pagina precedente: la catechista di una piccola chiesa cattolica in un villaggio nei pressi di Kalabo nella regione del Barotse, Zambia occidentale, con un curioso strumento a corde utilizzato durante le cerimonie religiose. In questa pagina: Conrad Magwaro, una guida di etnia Shonadel, su un’imbarcazione che solca le acque del lago Kariba nel Parco Nazionale di Matusadona in Zimbabwe. Dopo la costruzione della diga e la creazione del lago, la sua famiglia fu costretta ad abbandonare il proprio villaggio lungo le rive del fiume, che venne sommerso come molti altri.
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Uno dei motivi del basso tasso di bracconaggio nel Parco Nazionale di Hwange, è dovuta alla capacità di convincere le popolazioni locali dell’importanza della presenza di animali nel parco, che attraggono turismo e apportano vantaggi anche alla comunità stessa, in modo che tutte le persone si attivino per contrastare il bracconaggio. Rumbizai Majonga è un’insegnante della scuola elementare della comunità di Ngamo, in parte finanziata dai lodge presenti nel parco.
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Pesca in uno stagno lungo la pista per Kalabo, nella piana alluvionale dello Zambesi nella regione del Barotse, Zambia occidentale. Durante la stagione secca le acque dello Zambesi si ritirano lasciando solo degli stagni, in cui si concentra una grande quantitĂ di pesce. I pescatori ne chiudono delle porzioni e quindi si lanciano nella pesca armati di fiocine.
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Eleonore è una ‘Lady of the night’ del villaggio di pescatori di Musango sul lago Kariba. Il villaggio nacque dopo la creazione del lago susseguente alla costruzione della diga. I suoi clienti, quasi tutti pescatori del villaggio, spesso la pagano con pesci essiccati che lei poi rivende ai commercianti.
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Pagina precedente: panoramica della Main Cataract delle cascate Vittoria, nel mese di settembre con la portata d’acqua ridotta al 20%. Sotto: ippopotami sul lago Kariba. Con la sua formazione tra il 1958 ed il 1963, susseguente alla costruzione della diga, molti animali rimasero intrappolati su minuscole isole nel mezzo del nuovo lago. Per far fronte a questo problema il governo dell’allora Rhodesia lanciò l’operazione Noè, che durò più di un anno, durante la quale un gruppo di esperti riuscì a salvare più di 6.000 animali, inclusi leoni, bufali, elefanti e rinoceronti, trasferendoli sulla terra ferma.
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Una barca usata dai Tonga per pescare nel lago Kariba, formatosi dopo la costruzione della diga. Il popolo Tonga credeva che nel fiume abitasse il dio Nyaminyami (metà pesce e metà serpente), lo spirito che portava loro l’acqua per i raccolti e la pesca. Il Dio viveva a monte del fiume con la moglie, ma quando la diga fu eretta, marito e moglie rimasero separati sulle due sponde opposte del lago. Questo fece infuriare la divinità, che per ricongiungersi alla moglie, distrusse una parte della diga. La leggenda vuole che fu proprio l’ira di Nyaminyami a causare il crollo di una parte del muro della diga che uccise 86 operai italiani durante i lavori di costruzione.
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Doppia pagina precedente: panoramica aerea dello Zambesi, all’uscita dalle gole a valle delle cascate Vittoria e all’inizio del grande lago artificiale di Kariba. L’esplorazione del fiume si rivelò per Livingstone un grosso insuccesso commerciale ed un duro colpo al suo orgoglio e alla sua reputazione. Proprio per il suo corso, che alterna piane alluvionali a cascate e gole con numerose rapide, lo Zambesi si è sempre rivelato un cliente difficile per qualsiasi spedizione. Sopra: il capanno in lamiera di un responsabile del pompaggio dell’acqua di una delle numerose pozze del Parco Nazionale di Hwange in Zimbabwe. In primo piano il teschio di un bufalo. Grazie a questo progetto e al basso tasso di bracconaggio, la popolazione di elefanti è cresciuta in maniera impressionante, fino al numero di 44.000 esemplari. Si potrebbe dire che il programma ha avuto fin troppo successo. Ora si pone il problema di gestirli, visto che sono dannosi per la vegetazione, che ne sta soffrendo in maniera vistosa, con il risultato che in futuro mancherà anche il cibo per i pachidermi.
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Mark Butcher, un ex ranger dello Zimbabwe Parks & Wildlife Authority. Oggi è direttore di alcuni lodge nel Parco Nazionale di Hwange. Nonostante la sua nuova posizione, nei momenti di tempo libero Mark continua a pattugliare il parco con ogni mezzo, anche in bicicletta se necessario. Dell’immenso parco nazionale, Mark conosce ogni dettaglio. Lasciato il lavoro di ranger, ha iniziato a occuparsi di turismo responsabile sviluppando una catena di lodge il cui motto è ‘Connecting people and nature’ (mettiamo in comunicazione persone e natura). “Dopo anni di collaborazione, abbiamo instaurato un rapporto molto stretto con le comunità locali. I bimbi delle scuole di Ngamu, un villaggio ai confini con il parco, ricevono aiuti per poter studiare. Gli abitanti di Sidinda, una comunità lungo lo Zambesi, ora hanno una clinica più moderna, anche grazie alla presenza dei nostri lodge”.
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Doppia pagina precedente: una piuma di una ghiandaia marina pettolilla, forse vittima di un’aquila, sopra un albero morto alla pozza di Basha nel Parco Nazionale di Hwange, completamente prosciugata durante la stagione secca. Da tempo il motore per il pompaggio dell’acqua è fuori uso in questa zona remota del parco. Qui sopra: una barca di pescatori all’alba, tra gli alberi morti del lago Kariba in Zimbabwe. La creazione del lago artificiale portò all’esodo di 57.000 abitanti, in gran parte appartenenti all’etnia di pescatori Tonga, che abitavano i villaggi lungo lo Zambesi, che vennero sommersi dalle acque. Successivamente vennero creati alcuni nuovi villaggi, sulle rive del lago, che accolsero una piccola parte degli sfollati. Adesso però i pescatori devono pagare una tassa al governo per avere il diritto di pescare nel lago. A destra: alba sulle cascate Vittoria. Il primo occidentale che si trovò ad avvistarle fu l’esploratore scozzese David Livingstone, il 16 novembre 1855. Come tutti i buoni esploratori dell’epoca, si arrogò il diritto della scoperta dedicandola all’allora Regina Vittoria d’Inghilterra. Questo nonostante la zona fosse stata abitata fin dal neolitico e le popolazioni locali, che non aspettavano certo un personaggio venuto dalla Scozia per battezzarle, chiamassero le cascate Mosi-oa-Tunya, il fumo che tuona.
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Alcuni percussionisti della ComunitĂ Dibutipu Chisuma situata lungo le gole dello Zambesi a valle di Victoria Falls, scaldano i tamburi prima di esibirsi nella danza Isithandamadoda, in cui un pretendente della comunitĂ presenta le proprie doti alla famiglia della futura moglie.
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Un giovane missionario dell’ordine dei Missionari d’Africa, meglio conosciuti come Padri Bianchi, in un momento di preghiera nella sua camera della missione di Mongu nella regione del Barotse, Zambia occidentale. Fondato ad Algeri nel 1868, l’ordine si propagò successivamente in quasi tutta l’Africa.
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Un’aquila pescatrice sta catturando la sua preda nelle acque del lago Kariba in Zimbabwe. Il lago si formò agli inizi degli anni ‘60 del secolo scorso dopo la costruzione dell’omonima diga. Lungo 220 km, con una larghezza massima di 40 km e una superficie 5.580 km², il lago Kariba é uno dei bacini artificiali più estesi al mondo. L’abbondanza di pesce presente nel lago ne fa un luogo ideale per le aquile pescatrici e l’avifauna in generale. Dopo la sua formazione, il territorio circostante é stato oggetto di un’intensa attività sismica, molto probabilmente a causa dell’enorme pressione esercitata dall’acqua.
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INFO UTILI Foto e testi di Bruno Zanzottera D O C TO R L I V I N S TO N E I PR ESUME “Scrivo questo diario con l’ardente desiderio di contribuire all’apertura delle terre africane, ancora assurdamente vietate all’iniziativa europea, e di consegnare questo spazio così fecondo e così vasto al nostro spirito d’impresa. Accarezzo inoltre la speranza che le mie pagine possano incoraggiare la diffusione del Vangelo in queste contrade sino a poco tempo fa sconosciute”. Queste parole di David Livingstone sono abbastanza eloquenti sul pensiero dell’esploratore, missionario e medico scozzese. Livingstone trascorse trent’anni a esplo-
rare l’Africa compiendo svariate spedizioni, e nell’immaginario comune rappresenta, senza ombra di dubbio, l’icona classica dell’esploratore ‘civilizzatore’ e ‘amico degli africani’. Personaggio alquanto controverso e ambizioso, Livingstone oscillò spesso tra vari ruoli. Denunciò con forza la ‘tratta degli schiavi’, ma fu un convinto sostenitore della ‘missione civilizzatrice’ dei bianchi e del fatto che le esplorazioni avrebbero portato grandi vantaggi economici alle nazioni europee. Il fiume Zambesi fu uno dei principali crucci di Livingstone. La sua esplorazione si risolse in un grave insuccesso commerciale e gli portò pesanti critiche da parte dei suoi compagni di viaggio, ma fu anche una miniera di nuove conoscenze botaniche, geologiche ed etnografiche.
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PE RIODO Sono diversi i periodi che possono essere interessanti per un viaggio lungo lo Zambesi. Per vedere le cascate Vittoria al massimo della loro portata d’acqua i mesi migliori sono da marzo a giugno, al termine della stagione delle piogge. Lo stesso dicasi per vedere i parchi ricchi di vegetazione, ma per poter osservare la fauna al meglio, i mesi migliori sono da maggio ad ottobre quando il culmine della stagione secca li obbliga a concentrarsi nei punti d’acqua e la scarsa vegetazione li rende più facilmente visibili. La stagione delle piogge è da novembre a marzo: a gennaio e febbraio le piogge possono essere molto consistenti, mentre ottobre è il mese più caldo. In inverno, la temperatura media piu’ bassa è in maggio, che a Victoria Falls e Hwange va da 9,1 a 25.2 °C. N O R M E S A N I TA R I E Per un viaggio in Zimbabwe e Zambia non sono richieste vaccinazioni particolari arrivando dall’Europa. La profilassi antimalarica è sempre consigliabile quando si viaggia in Africa tropicale. Per il resto i 2 Paesi presentano meno problemi igienici di molti altri stati africani. È comunque consigliabile fare sempre attenzione all’acqua da bere, evitare se possibile di fare bagni in fiumi o laghi, che potrebbero essere affetti da bilarzia, oltre che frequentati da coccodrilli. Portarsi un kit di farmacia da viaggio con medicinali attivi contro i germi della diarrea
del viaggiatore, sali e soluzioni reidratanti, antipiretici contro la febbre, antisettici per le piccole ferite, analgesici. CO S A P O RTA R E Indumenti leggeri e comodi in tutte le situazioni. Le serate sull’altopiano sono fresche e un maglione è senz’altro utile. Una giacca a vento leggera è necessaria anche durante la stagione secca se volete visitare Victoria Falls perché sarete immersi in una nuvola d’acqua. Se volete fare dei safari fotografici a piedi vi consigliamo scarponcini leggeri da trekking e indumenti dai colori tenui. Occhiali da sole, cappello, collirio, burro cacao, creme per la pelle. Una torcia può essere utile se andrete in campi tendati nei parchi nazionali, anche se in genere questi lodge ne sono provvisti. F OTO G R A F I A Le cascate Vittoria sono più facilmente fotografabili durante la stagione secca invernale, quando la portata d’acqua è minore perché, anche se meno spettacolari, il minor flusso d’acqua permette di avvicinarsi maggiormente alle cascate altrimenti avvolte in enormi nubi d’acqua. Se volete scattare delle foto aere delle cascate tenete un tempo di otturazione almeno di 1/250 di secondo o più veloce. Per i fotosafari vi sarà necessario almeno un teleobiettivo da 300 mm per poter avvicinare gli animali. Nel container camuffati del Parco Nazionale di Hwange si possono ottenere foto spettacola-
ri di elefanti, fotografati dal basso con un grandangolare. Per il resto valgono le regole di educazione comuni a qualsiasi luogo del mondo, cioè di chiedere il permesso di fotografare le persone e non essere troppo invadenti nei villaggi, come se tutto fosse dovuto al turista occidentale solo perché economicamente più ricco dei locali. D OV E D O R M I R E E MANGIAR E Gorges Lodge, a picco sulla gola di Batoka a 30 minuti da Victoria Falls, con 10 suite. Bomani Tented lodge, nella piana di Ngamo (a 4 ore e mezza da Victoria Falls) nel sud-est del parco di Hwange, dove si effettuano safari in 4x4 e a piedi e si visitano i villaggi delle comunità limitrofe al parco. Jozibanini Camp, il campo più piccolo e isolato, per attività di avventura come safari a piedi e in mountain bike, a 6 ore dal Bomani Tented Lodge. Nehimba lodge, in una concessione privata nella parte settentrionale del parco di Hwange. Zambezi Sands River Camp (a 1 ora da Victoria Falls), nel cuore dello Zambezi National Park con 8 suite che si affacciamo sullo Zambesi (qui sono offerte attività legate al fiume e al parco, come safari a piedi, in 4x4, in barca, in canoa e pesca al pesce tigre). Per prenotare tutti questi lodge contattare Imvelo Safari Lodges, 68 Townsend Road, Suburbs, Bulawayo, Zimbabwe. Tel: +263 9 232331, Fax: +263 9 232331, Email: res1@imvelosafarilodges.com
V I C TO R I A FA L L S Purple Patch, Bruce Wilkes +263.773469444, per affittare un bellissimo cottage con tetto in paglia e giardino. Lui e la guida Clive Wakefield organizzano anche transfer dall’aeroporto in città e tour personalizzati. KARIBA Musango Safari Lodge: Musango Island, Lake Kariba,Zimbabwe Tel. +263 77 230 7875. È un lodge con annessa una riserva privata completamente isolato dal resto del mondo. Steve Edwards e sua moglie Debbie vi accompagneranno nelle escursioni in barca o in fuoristrada. Steve organizza anche safari all’interno del Matusadona National Park alla ricerca dei pochissimi rinoceronti rimasti. I proprietari del lodge si possono occupare delle prenotazioni per il volo aereo. AT T I V I TÀ S P O RT I V E Wild Horizon, tel. +263-1342013, 44571, è un’agenzia specializzata in tutte le attività sportive che si possono svolgere a Victoria Falls, oltre che nei voli in elicottero e safari di vario genere all’interno dello Zambezi National Park. V I S I TA R E Victoria Falls - Orari dalle 06.00 alle 18.00. Durante i giorni di luna piena c’è la possibilità di visite serali per ammirare l’arcobaleno formate dalle cascate con la luce della luna. Ingresso 30 USD.
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