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Federico Klausner direttore responsabile Federica Giuliani direttore editoriale Devis Bellucci redattore Silvana Benedetti redattore Maddalena De Bernardi redattore Dario Marcucci redattore Francesca Spanò redattore Paolo Sacchi photo editor Ilaria Bianchi grafica Willy Nicolazzo grafico Paola Congia fotografa Antonio e Giuliana Corradetti fotografi Vittorio Giannella fotografo Monica Mietitore fotografa Graziano Perotti fotografo Emanuela Ricci fotografa Giovanni Tagini fotografo Bruno Zanzottera fotografo Progetto grafico Emanuela Ricci e Daniela Rosato Indirizzo: redazione@travelglobe.it Foto di copertina: Bruno Zanzottera - Istanbul Tutti i testi e foto di questa pubblicazione sono di proprietà di TravelGlobe.it © Riproduzione riservata TravelGlobe è una testata giornalistica Reg. Trib. Milano 284 del 9/9/2014
Le ultime settimane rimarranno nella storia per la missione spaziale Futura, che vede come protagonista per la prima volta un’astronauta italiana donna. Il nome riassume gli scopi della missione: esplorazione, ricerca, ispirazione, avventura, sogno e tecnologia. Samantha Cristoforetti, però, non è solo la donna sorridente che fa sognare tutti noi. È soprattutto un pilota da guerra super addestrato con oltre 500 ore di volo su sei diversi jet da combattimento. Dopo un lancio avvenuto senza inconvenienti dalla base russa di Baikonur, nel Kazakhstan e dopo un tranquillo viaggio di sei ore, la navetta Soyuz si è agganciata alla Iss alle 4 del 24 novembre 2014. Una data che tutti noi ricorderemo a lungo e che, con un po’ di orgoglio nazionale, ci fa sentire parte di un progetto d’importanza epocale. Durante i sei mesi di permanenza Samantha e gli altri cinque astronauti che l’accompagnano dovranno effettuare almeno 200 esperimenti, tra cui due italiani: la stampante in 3D che in futuro permetterà di fabbricare in orbita pezzi di ricambio per i veicoli spaziali, e l’angolo bar che, al di là della pausa caffè per gli astronauti, permetterà di comprendere meglio il comportamento dei fluidi. Nutrizione e salute sono, infatti, il tema di fondo della sua missione. Aspettando gli aggiornamenti dalla donna che vola tra le stelle, esplorate il nostro pianeta attraverso le suggestioni di questo mese.
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EDITORIALE
S O M M A R I O
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NEWS
EDITORIALE di Federica Giuliani
MEKONG La madre delle acque Testi e foto di Vittorio Giannella
KENYA Fuga sul Monte Kenya. Testi e foto di Bruno Zanzottera
ISTANBUL Per le strade con Ohran Pamuk Testi e foto di Bruno Zanzottera FRANCIA La Cattedrale dei re. Testi e foto di Antonio e Giuliana Corradetti
CARAIBI
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LEGENDA
Isole di melograni e marinai. Testi e foto di Giovanni Tgini M E N T E C U O R E N AT U R A G U S T O CORPO
BENESSERE
HOTEL
A Leukerbad, in Svizzera, trovate i bagni termali alpini più grandi d’Europa. L’acqua, che va dai 28 ai 43 °C, ha proprietà rivitalizzanti ed è ricca di minerali. Docce a getto, whirlpool e una grotta in pietra naturale offrono un’indimenticabile esperienza, in ogni condizione atmosferica. La piscina per bambini, dotata di due scivoli lunghi più di 100 metri, assicura divertimento e attivismo ai più piccoli. I bambini fino a 8 anni godono di accesso gratuito ai bagni termali e alla Sportarena.
Le strutture del gruppo INC Hotels Group di Parma e Reggio Emilia sono da sempre attrezzate per accogliere nel migliore dei modi cani e gatti. Ma c’è di più. Il Best Western Hotel Farnese di Parma, l’Hotel San Marco di Pontetaro (Pr), l’Holiday Inn Express di Parma, l’Holiday Inn Express di Reggio Emilia ed il Best Western Classic Hotel di Reggio Emilia hanno in serbo una nuova attenzione: ad attendere i cani sarà una confezione di mangime secco prodotto dalla Pet Express Montechiarugolo. INC Hotels
IN VOLO
CITY BREAK
EasyJet ha inaugurato la nuova rotta Roma-Vienna. Le capitali adesso sono collegate con quattro voli settimanali a partire da 43,50 euro a tratta a persona tutto incluso. La nuova rotta è interessante sia per coloro che viaggiano per motivi di lavoro, sia per i passeggeri che desiderano scoprire le attrazioni turistiche della capitale austriaca. EasyJet
Dar Darma, tradizionale dimora marocchina e oasi di pace ed eleganza nel cuore di Marrakech, è la location ideale per trascorrere un memorabile soggiorno durante le Feste. Qui la cuoca Maria cucinerà per gli ospiti deliziosi piatti tradizionali come l’harira, una zuppa calda di verdure in cui intingere delicate fette di pane arabo, la tajine uno stufato di carne tenera, e un dessert di dolci mandorle, miele e datteri da degustare comodamente seduti sui cuscini dei salotti, nel patio o sulle terrazze con vista sulla Koutubia. Dar Darma
MOSTRE
CURIOSITÀ
Fino al 18 gennaio 2015 a Roma, presso i Musei Capitolini, c’è in mostra l’arte di Giambattista Tiepolo. Le quattro sezioni della mostra riuniscono i disegni e una scelta di acqueforti secondo nuclei tematici salienti, declinandole al contempo secondo la gamma delle loro modalità tecniche: dal progetto ai pensieri, dai ricordi ai divertimenti e alle repliche sempre originali di Giandomenico e Lorenzo, come esercizio emulativo dell’opera paterna.
Sogni di sposarti all’estero? Las Vegas potrebbe essere la meta giusta per te, se ami le cerimonie stravaganti. All’ MGM Grand Hotel & Casino potrai fare un matrimonio d’epoca, adeguatamente truccato e vestito da professionisti del settore, mentre il The LINQ, la più grande ruota panoramica del mondo, offre una vista mozzafiato per la coppia di sposi e 38 ospiti. Per sentirti una star, invece, scegli la Graceland Wedding Chapel, dove sono stati celebrati i matrimoni di molte coppie celebri, tra cui Elvis Presley, Jay Leno, Johnny Depp e Jon Bon Jovi. Matrimoni a Las Vegas
GUSTO Se ami la cucina thai e desideri imparare a prepararla, a Bangkok c’è un luogo dove vale a pena programmare una giornata: Amita Thai Cooking Class, una delle più particolari scuole di cucina della Thailandia. Si trova infatti sull’acqua, lungo il Canale Yai, una delle arterie che dal grande fiume Chao Phraya si snodano verdo il centro storico della città. La lezione inizia presto, intorno alle 8 di mattina, per concludersi con un pranzo collettivo. Amita Thai Cooking Class
EVENTI Fino al 30 gennaio 2015 a Chiang Rai torna la mostra notturna, che trasforma il parco Mae Fah Luang Art in una magnifica esposizione serale di centinaia di candele accese. Il Candlelight Museum è un evento temporaneo, della durata di due mesi, unico nel suo genere. Inoltre, il Mae Fah Luang Art and Cultural Park ospita una delle più grandi collezioni di manufatti della cultura Lanna in Thailandia ed è, già di per sé, un luogo molto interessante da visitare. Turismo Thailandese
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LA MADRE DELLE ACQUE
È il significato in laotiano del nome del grande fiume, uno dei più imponenti dell’Asia, che tocca 6 Paesi, serpeggiando tra villaggi e foreste dalle vette del Tibet al Mare Cinese meridionale
MEKONG.
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“E’uno dei luoghi più romantici e quieti dell’Asia. Un popolo del passato che solo per puro caso , il caso di trovarsi in mezzo all’Indocina, è stato costretto a vivere fisicamente nella violenza del mondo contemporaneo”. Così raccontava il Laos odierno il giornalista scrittore Tiziano Terzani che di quei luoghi era un grande conoscitore. Nella foto una bambina accudisce il fratellino in un villaggio dell’altipiano delle Giare, un luogo bombardato massicciamente dai B-52 americani durante la guerra del Vietnam perché da qui passava il sentiero di Ho Chi Min, che riforniva di armi i vietcong . Una follia, costata la vita a migliaia di laotiani inermi, per un paese pacifico, non in guerra e che detiene il record da Guinness della nazione più bombardata del mondo. 13
Quando il sole non fa ancora ombra i marciapiedi di Luang Prabang (in laotiano significa “ Reale piccolo Buddha”) si animano di persone devote che aspettano, come ogni alba, il transito a passi veloci delle centinaia di bonzi di ogni età per il rito della questua. Stracci colorati, stuoie e foglie di banani per apparecchiare una sorta di tavola gigantesca, per disporre cesti di vimini ricolmi di riso fumante. Da non perdere. In fila indiana e in ordine di età, sfilano scalzi e a passo veloce i bonzi. Le signore inginocchiate sul duro cemento o su sassolini, versano una manciata di riso caldo nei contenitori che i bonzi hanno a tracolla: servirà a sfamare per 24 ore i sessanta templi della città sacra, i centinaia di bonzi che praticano il digiuno per darsi anima e corpo a Buddha.
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Tra i sessanta templi che coronano Luang Prabang quello di Watt Mai Suwannphu è uno dei più affascinanti. Lo chiamano il tempio d’oro per via dei suoi pannelli dorati che ritraggono la vita di Vessantara, la penultima reincarnazione del Buddha. Un bonzo ci osserva nella nostra frenetica ricerca dell’inquadratura e avvicinandosi con molta calma ci dice : “Il mondo ormai sembra occupato in una gara continua, vedete, come quelle barche a motore, nuove veloci e rumorose che violentano il fiume. Noi qui nel silenzio preghiamo perché comprendiate che Buddha non ha mai fretta”.
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E’ a nord, al confine cinese, che si può vedere il Laos vero, il Laos delle etnie Lanten, Lao, Iko, Yao, Hmong, (nella foto una donna in un villaggio Hmong) Akha e molte altre, circa 130, disseminate in territori ancora vergini tra montagne alte anche tremila metri assediate dalla giungla, una delle aree più ricche al mondo per biodiversità con 1200 specie di pesci, altrettante di piante e animali. E’ la parte dove si coltiva l’oppio, dove le leggende s’intrecciano con le tradizioni, tra spiriti maligni e spiriti guardiani.
Lento e placido il Mekong accarezza le rive del Laos per duecento chilometri dispensandolo di fertile terra e acqua abbondante che permette nelle vicinanze di Muang Sing, di avere due raccolti annuali di riso, prima risorsa alimentare della nazione. Fazzoletti di risaie curate e spianate con l’aiuto di enormi bufali ma che a volte nascondono ancora oggi, insidie pericolose; le mine antiuomo inesplose, disseminate a milioni e non ancora del tutto bonificate, e che a volte provocano menomazioni e lutti, e fanno riaffiorare l’impatto del conflitto vietnamita sulla popolazione laotiana inerme.
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Il Mekong a Luang Prabang si restringe, diventa impetuoso e pericoloso per la navigazione per i tanti massi che affiorano in superficie quando c’è poca acqua e insidiosissimi quando non si vedono in caso di piene. Al tramonto, quando le ultime piroghe sfilano sulle acque del grande fiume Luang Prabang, l’antica capitale appare come una città votata alla meditazione e alla preghiera,
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A un’ora di navigazione da Luang Prabang si arriva alla confluenza del Mekong con uno dei suoi più importanti affluenti; il Nam Ou. La riva destra del Mekong si eleva con delle rocce calcaree verticali, e in una di queste secoli fa è stata ricavata la caverna di Pak Ou. Ospita più di quattromila raffigurazioni del Buddha illuminati solo da candele e meta di
Un tour nella capitale Vientiane è d’obbligo col suo miscuglio di luci colorate da metropoli, i localini sul Mekong e l’antica tradizione con i suoi monumenti religiosi come nella foto scattata nel parco dei Buddha a Watt Xieng Khuan a pochi chilometri dalla città.
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Il mercato mattutino di Oudomxai con le bancarelle approntate al momento e che offrono una panoramica dei prodotti della foresta raccolti dalle etnie che vivono qui, a pochi chilometri dal confine cinese. Ogni mattina dalle valli laterali gruppi di etnie diverse si incrociano in questo mercato ma paradossalmente non comunicano fra di loro perchÊ semplicemente non parlano lo stesso idioma pur vivendo quasi gomito a gomito; birmane o tibetane, cinesi e laotiane. Un consiglio; non mangiate i pesci pescati e cotti in questi mercati popolari perchÊ qui è diffusa la schistosomiasi, malattia da parassiti ittici (Schistostoma mekongi) che affligge gli abitanti che vivono lungo le rive del fiume.
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Al tramonto le ultime piroghe alleggerite dalle mercanzie vendute in giornata, solcano il Mekong per raggiungere i villaggi sparsi sulle rive del fiume.
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Un’intera famiglia in navigazione sul fiume Nam Ou su una zattera di bambù, che venderanno al mercato di Luang Prabang distante pochi chilometri. Il bambù che cresce abbondante sui fianchi dei monti Phou Loì è molto richiesto per le sue doti di elasticità e resistenza, per questo viene utilizzato per ricavarne ponteggi e costruzioni.
Ci si prepara a passare la notte sulle case barconi a Luang Prabang. L’acqua del Mekong marrone e melmosa si riempie di schiume per i bagni serali degli abitanti e il bucato che si fa come una volta, con bastoni e sapone. I ragazzini approfittano per divertirsi ancora un po’ prima che il sole tramonti del tutto, poi l’ultimo volo che parte dalla pista dell’aeroporto a poche centinaia di metri da qui, e di nuovo il silenzio, rotto di tanto in tanto dai salti dei pesci gatto a caccia nel fiume.
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Una giovane donna Yao col caratteristico “pitone� rosso al collo e il figlioletto in un villaggio del nord. Una donna Laoloum in cammino su una pista polverosa con il piccolo sulle spalle, si difende dal feroce sole tropicale con un ombrello.
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Una farfalla Ninfalide che vive nelle intricate giungle del nord dai colori mimetici.
Sulle piste che portano al villaggio di Nam Tha è facile imbattersi in coltivazioni di papaveri da oppio. Siamo nel cosi detto “ triangolo d’oro” al confine con la Thailandia e Birmania. Il tempo di una foto e poi è meglio proseguire alla svelta. Nel villaggio aspettando la cena
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Una donna Lanten intreccia foglie di palma per ricavarne tettoie per il villaggio. Scene di vita arcaiche tra queste montagne aspre che suscitarono in Tiziano Terzani grandi emozioni. “Se il Laos non è un posto, è uno stato d’animo” disse. Come dargli torto.
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INFO UTILI Testi e foto di Vittorio Giannella
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Il clima del Laos è influenzato dai monsoni da maggio a ottobre, periodo in cui potrebbe essere difficile spostarsi e si può incorrere in qualche imprevisto. Il periodo migliore va da novembre a dicembre, quando la stagione delle piogge è appena finita, i fiumi sono ricchi d’acqua la vegetazione è rigogliosa. C O M E
A R R I V A R E
Dall’Italia non esistono voli diretti per raggiungere l’aeroporto internazionale Wattay (VTE) di Vientiane. Il Paese è raggiungibile passando per il Vietnam o la Thailandia. I
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Per rispetto verso la popolazione locale, che è molto tradizionalista, è bene vestirsi in modo semplice e dignitoso. È quindi preferibile indossare abiti che coprano le spalle, le braccia e il petto, gonne e pantaloni sotto il ginocchio. Durante la stagione secca può essere piuttosto fresco, conviene quindi portare un maglione e una giacca a vento. Non dimenticate creme solari, cappellino e occhiali da sole. L
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PER LE STRADE CON OHRAN PAMUK
Insieme al grande scrittore per le strade di Istanbul. Dove i monumenti non sono reliquie protette, ma rovine che convivono con la città . Ed è questo ad affascinare viaggiatori e scrittori di viaggi [O.P]
ISTANBUL.
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Moschea di Mehmet Pascià. In questi anni sono tornato a Istanbul molte volte, l’ultima per seguire le proteste dei giovani di Gezi Park, testimonianza di una città in evoluzione. Giovani disinibiti con molta voglia di divertirsi, musei d’arte moderna, teatri, musica e tutto quanto può vantare una metropoli ‘globalizzata.’. Ma parallelamente continua a esistere una Istanbul dalle atmosfere antiche. Una città raccontata nei libri di Orhan Pamuk, innamorato delle rovine dell’ex capitale imperiale: “Ho vissuto la Istanbul della mia infanzia come un luogo a due tinte: il bianco e il nero”
Nell’antico quartiere greco di Fener, sulla collina che domina il Corno d’Oro, un gruppo di Pope, giunti in visita dal monte Athos mi guidano verso la piccola chiesa della Vergine Maria, che nasconde una fonte miracolosa. La chiesa, precedente all’invasione turca, fu l’unica di tutta la città a non subire il destino di essere trasformata in moschea.
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Una Istanbul che mi sorprende in una notte di gennaio, durante una tempesta di neve mentre passeggio in compagnia di un paio di amici di fronte all’ingresso della Moschea Blu. Gli alberi come scheletri dietro cui si stagliano le forme affusolate ed eleganti dei sei minareti del monumento voluto dal sultano Ahmed I nel XVII sec. e deve il suo nome a 21.043 piastrelle di ceramica turchese .
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La tormenta prosegue anche davanti all’obelisco del faraone Tutmosi III che originariamente si trovava nel tempio di Karnak. L’imperatore romano Costanzo II lo fece trasportare ad Alessandria d’Egitto e nel 388 d.C. un altro imperatore, Teodosio lo fece erigere nell’ippodromo di Costantinopoli, oggi conosciuto con il nome di P.za Sultanahmet
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Un luogo bellissimo e struggente che ritroviamo nelle fotografie di Ara Güler, il grande fotografo turco del realismo postbellico. Se ci sforziamo possiamo ancora vederli dal vivo i suoi scatti, con le vecchie case in legno del popolare quartiere di Kumkapi, le anziani signore ad i ragazzini che giocano per strada. I battellieri al lavoro tra i vapori del porto, o i pescatori affacciati alla balaustra del vecchio ponte di Galata. Il ponte non è più lo stesso, ma loro sono sempre lì, con lo sguardo teso in attesa del passaggio dei branchi di sardine attraverso il Corno d’Oro
Il quartiere di Kumkapi lo si raggiunge facilmente a piedi da Sultanahmet. Conserva il fascino dell’antica ‘città pirata’. Qui ci si può perdere tra le case in legno fatiscenti, anche se alcune iniziano oggi ad essere restaurate e si trasformano in piccoli hotel di charme, fino a raggiungere il piccolo porto sul Mar di Marmara per cenare in uno dei ristorantini di fronte alle barche dei pescatori
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E’ nei quartieri popolari più nascosti e dimenticati che ritrovo l’autentico volto di Istanbul. Quel volto dal fascino decadente tanto caro ad Orhan Pamuk, che emerge dalle pagine di Istanbul, il libro autobiografico in cui dedica uno straziante canto d’amore verso la sua città. Ed è cercando la sua Istanbul, che mi trovo a passeggiare nel quartiere di Fener, dove i panni stesi da un’abitazione all’altra sommergono le stradine acciottolate in ripida salita davanti all’imponente edificio in mattoni rossi della scuola greca.
L’atmosfera autentica del vecchio quartiere greco di Fener, con le sue stradine ripide e le chiese ortodosse semi-deserte, così come di quello ebraico di Balat, addossato alle antiche mura romane di Teodosio, o ancora di Kumkapi adagiato di fronte al Mar di Marmara, li hanno trasformati nel set ideale per troupe cinematografiche che vengono sempre più spesso a girarvi film ambientati nella Istanbul d’antan.
Mi capita di andare a zonzo nei quartieri popolari e incrociare lo sguardo curioso di un cane lupo affacciato ad una finestra, sotto la bandiera nazionale. Il nazionalismo turco instillato dal fondatore della Turchia post Ottomana Mustafa Kemal, alias Atatürk (il padre di tutti i turchi) si manifesta anche in questo modo. Dopo le proteste di Gezi Park, esporre alle finestre la bandiera turca, é diventato anche un indiretto appoggio verso una Turchia laica, contrapposta all’islamismo strisciante fomentato dal partito di Erdogan
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La moschea di Sokollu Mehmet Pascià, così coma la ‘Piccola Santa Sofia’ ricavata dalla chiesa bizantina dei Santi Sergio e Bacco, sebbene si trovino ad una decina di minuti a piedi da Sultanahmet, sono poco frequentate. Al loro interno si gode un’atmosfera tranquilla e rilassata lontana dalle lunghe code per accedere alle più celebri Santa Sofia e Moschea Blu. Dentro a Mehmet Pascià vi é anche una scuola coranica e nel giardino una sala da tè, dove poter osservare gli studenti recarsi a una delle preghiere quotidiane. Il Gran Bazar é uno dei luoghi più affollati di Istanbul e anche una delle maggiori attrazioni turistiche della città. Con le sue 4.000 botteghe dislocate su più di 300.00 m2 é anche uno dei mercati coperti più grandi e antichi al mondo. Venne costruito nel 1461. La sua struttura originaria in legno venne successivamente sostituita da una in pietra a causa dei numerosi incendi. Oggi come allora le sue vie portano i nome delle corporazioni: orefici , venditori di tessuti, tappeti o ceramiche. Oggi vi si trovano molti oggetti dozzinali, ma anche merci di ottima qualità.
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Köy in turco significa villaggio. Moltissimi quartieri di Istanbul portano questo suffisso: Bakirköy, Kadıköy, Karaköy, Ortaköy. Sono tutti villaggi assorbiti nel tempo dalla metropoli tentacolare. Ortaköy, con la sua moschea adagiata direttamente sulle acque, in prossimità del primo avveniristico ponte sul Bosforo, é uno dei luoghi più suggestivi per passare una serata lontano dal centro cittadino
Ali Haşhaş é un violinista Rom, fino a qualche tempo fa abitava in questa casa nel quartiere Sulukule. I Rom vi si stabilirono sin dai tempi dell’impero bizantino. In seguito furono apprezzati dai sultani per la loro abilità di fabbri, ma anche per la sensualità delle loro danzatrici del ventre. Proprio per questo Sulukule aveva il soprannome di ‘Belly Republic’. Lo scorso anno un piano di ‘ristrutturazione’ ha rdistrutto l’intero quartiere e gli abitanti spostati di forza nonostante un forte movimento di opposizione. Oggi Sulukule é un agglomerato di casette senz’anima semi-disabitate.
Anche Sema era un’abitante Rom di Sulukule. Mentre mi mostra una sua foto di quando era giovane, mi racconta con la sua voce roca e compassata che in gioventù fu un’animatrice delle notti del ‘peccaminoso’ quartiere arroccato dentro le mura bizantine volute da Teodosio. Anche la sua casa, come quella di Ali, fu rasa al suolo dalle ruspe dei nuovi piani urbanistici di Erdogan.
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Se i Rom di Sulukule sono stati sfrattati dalle loro case e deportati a 40 km dalla città, in altri quartieri l’anima di questo popolo é ancora forte e vitale. A Kustepe partecipo ad una festa di matrimonio di una famiglia Rom. E’ il mese di gennaio e la temperatura ad Istanbul é piuttosto rigida, ma la giovane sposa si esibisce per strada incurante del freddo. Danza con il suo sposo avvolta in un vistoso abito giallo canarino, per mostrare a tutti la propria bravura di ballerina.
La moschea Blu é uno dei luoghi più famosi di Istanbul. Per entravi i turisti si sottopongono a lunghe code, ma i giochi di luce che centinaia di grandi vetrate creano sopra le maioliche provenienti da Iznik (l’antica Nicea) valgono senz’altro l’attesa. Nonostante la sua bellezza, i puristi sostengono che l’edificio non può competere con le forme perfette di Santa Sofia o della moschea di Suleyman (Solimano il Magnifico) costruita dal celebre architetto Sinan nel XVI sec.
Il ristorante Yacup é senz’altro uno dei luoghi amati da Pamuk. Posto al centro del quartiere di Beyoğlu, dove si alternano romantiche stradine a locali rumorosi e affollati, il ristorante mantiene un’atmosfera da vecchia Istanbul, con le pareti ricoperte da fotografie di personaggi più o meno famosi, oltre all’immancabile volto di Ataturk fotografato e disegnato in molteplici pose. E’ sempre molto affollato e la cucina si richiama ai piatti della tradizione a base di carne, melanzane, peperoni verdi, jogurt aglio e cetrioli
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L’atmosfera invernale si addice al piccolo cimitero della moschea di Mehemt Pascià. Le foglie degli alberi cadute sopra le vecchie tombe gli conferiscono un senso di pace e abbandono allo stesso tempo. Ricordo una piacevole passeggiata attraverso il cimitero sopra la collina di Eyup per raggiungere un caffè dove Julien Viaud, alias Pierre Loti, un ufficiale di marina francese trasformatosi in scrittore innamorato dell’Oriente, passava le giornate in compagnia della sua amante e musa ispiratrice, la bellissima odalisca dagli occhi verdi Aziyadè.
Un uomo getta del pane ai gabbiani in volo sul Bosforo. Questo braccio di mare tra i più trafficati al mondo, é l’arteria vitale di una città con le radici sopra due continenti. Una città divisa tra Asia ed Europa, tra Oriente e Occidente, due civiltà talmente innamorate tra loro da combattersi per secoli una guerra senza fine. Lungo i 31,7 km dello stretto vi transitano 700.000 navi mercantili all’anno. Centinaia di vaporetti lo attraversano ogni giorno per spostare migliaia di abitanti da una parte all’altra di questo gigantesco formicaio che risponde al nome di Istanbul.
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La torre di Galata é senz’altro uno dei simboli più importanti di Istanbul. Costruita nel 1348 da coloni genovesi, faceva parte di una fortificazione a difesa della cittadella di Galata. Quando venne costruita era l’edificio più alto della città e ancora oggi é visibile da quasi ogni punto di Istanbul. Dalla terrazza circolare posta sotto il tetto conico, si godono magnifiche panoramiche sul Corno d’Oro, sulle moschee di Sultanahmet e sul Bosforo Molto belli sono anche i palazzi storici che sorgono ai suoi piedi.
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INFO UTILI Testi e foto di Bruno Zanzottera
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La Turchia ha un clima mediterraneo con estati calde e inverni freddi e nevosi. Istanbul gode di un clima un po’ più mite rispetto al resto del Paese grazie alla vicinanza del mare. C O M E
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Turkish Airlines opera dalle maggiori città italiane. E
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Giugno e luglio – International Music Festival | settembre e ottobre – Biennale L
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Ente del Turismo Turchia L
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Rosso Istanbul di Ferzan Ozpetek, Istanbul di Orhan Pamuk
Vapore e relax Per provare l’esperienza del bagno turco, consiglio di evitare quelli più turistici. Addentratevi nella cultura ottomana e raggiungete Üsküdar, sulla sponda asiatica di Istanbul. Il più antico hamam è “Sifa Hamam”, che risale alla fine del XV secolo. “Valide Atik Hamam” è invece opera del geniale architetto Mimar Sinan ed è datato 1583. Infine, il “Bulgurlu Hamam” custodisce il lavabo usato da Aziz Mahmud Hüday Efendi, l’imam che recitò il primo sermone nella Moschea Blu (nel 1616). Avvolgetevi nel peştemal – il tipico telo di cotone – e lasciatevi abbracciare dal calore. Per godere appieno degli effetti benefici del bagno è bene sottoporsi al trattamento completo con savonage, peeling e massaggio. 63
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FUGA SUL MONTE KENYA
Nel gennaio 1943, Felice Benuzzi e due compagni di prigionia fuggirono dal campo per conquistare la vetta della misteriosa montagna che si stagliava oltre i reticolati
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Gennaio 1943, tre prigionieri di guerra italiani guidati dal triestino Felice Benuzzi, fuggono dal campo di prigionia 354 di Nanyuki alle pendici del monte Kenya. Obbiettivo, conquistare la vetta della misteriosa montagna che si staglia oltre i reticolati diventando un mero oggetto del desiderio, un simbolo di libertà per degli uomini in prigionia. Riusciranno a conquistare la cima del Lenana a 4.985 m, fallendo il tentativo sulla cima più alta il Batian a 5.199 m.. Sulla vetta lasceranno ‘un tricolore d’Italia finalmente, dopo tante, tante bandiere bianche’ ed un messaggio in una bottiglia.
Da Shipton Camp a 4.250 m. l’occhio spazia sulla distesa di seneci che degradano verso la Mackinders Valley, dal nome del britannico che per primo conquistò la vetta nel 1899. Sullo sfondo la cima Sendeyo. Mackinders, dedicò alle principali vette del monte Kenya i nomi di quattro capi Masai: Batian, Nelion, Lenana e Sendeyo. ‘I Masai, benché crudeli, erano una grande razza. Immaginavano che il loro dio vivesse sulle vette del Kenya e sentivo che fosse giusto far passare alla storia un ricordo di quei nobili selvaggi’ disse ad una conferenza alla Royal Geographic Society.
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Tra i massi e la vegetazione che circonda Shipton Camp non é difficile scorgere famigliole di rock hyrax (procavie delle rocce), probabilmente la stessa specie che Enzo Barsotti, uno dei 2 compagni d’avventura di Benuzzi, scambiò per topi suscitando l’ilarità degli altri. Vivono in branchi numerosi e spesso abitano tane abbandonate da altri animali. La vicinanza del rifugio permette loro di trovare facilmente del cibo tra gli avanzi degli escursionisti. Questo particolare le rende curiose e non particolarmente difficili da avvicinare.
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Lobelie e seneci giganti nella Liki North Valley. Sono al secondo giorno di cammino e ho già raggiunto quota 3990 m. Oggi é tutto più semplice, a Benuzzi e compagni ne servirono ben 10 per raggiungere i piedi del massiccio roccioso dove piazzare il campo. I paesaggi però sono rimasti gli stessi, la foresta, i boschi di bambù, le brughiere di eriche e la caratteristica vegetazione di seneci e lobelie che contribuiscono a creare un paesaggio incantato, ‘sembrava davvero un albero da pianeta Marte...’, sono quelli visti dai miei ‘compagni di viaggio’ di 70 anni fa.
Primo piano di una lobelia deckenii nella Liki North Valley a 3.990 m. d’altezza. Si tratta di una specie di lobelia gigante (può raggiungere i 5 m d’altezza) della famiglia delle margherite particolarmente diffusa sulle montagne dell’Africa Orientale . Cresce per alcuni decenni a alla fine produce un’unica infiorescenza con centinaia di migliaia di semi che sparge sul terreno circostante. Quindi muore.
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Dopo circa un’ora di cammino un piccolo segnavia con la scritta ‘Shipton via Liki North’ mi indica la deviazione sulla sinistra verso la valle adiacente. Si continua a salire attraversando minuscoli corsi d’acqua fino a raggiungere il punto di valico con la panoramica che si apre sulle cime gemelle del Monte Kenya Batian e Nelion. La salita per oggi termina qui e l’ultimo tratto di sentiero lo percorro scendendo nella valle camminando sopra prati ingialliti su un terreno semipaludoso per raggiungere il bivacco dove passeremo la notte.
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La minuscola capanna di Liki North che funge da bivacco ha subito un incendio ed il tetto ĂŠ completamente sfondato. La guida ed i due portatori che, oltre a me compongono la nostra minuscola spedizione, scelgono di dormire sul pavimento di assi annerite dal fumo. Io monto la tenda e mi rilasso leggendo alcuni passi del libro di Benuzzi: ‘ Ed ecco tra gli alberi oltre il ponte, spuntò improvvisamente, nero-violaceo, non ancora toccato dal sole, il Kenya con le sue guglie dentellate, stagliato contro il cielo opalino, in un’aria ultra-nitida, fantastica visione di durezza e di
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Le vette gemelle Nelion ( 5.188 m) e Batian (5.199 m). In primo piano il piccolo lago Curling ai piedi del bivacco Austrian Hut situato a 4.700 m d’altezza. E’ il punto di partenza per chi abbia già esperienze alpinistiche e voglia cimentarsi nella scalata verso le due cime principali, con difficoltà di 4° grado e passaggi di 5° lungo la via più semplice della ‘normale’
Da Austrian Hut il rifugio visto da Benuzzi sulla cima del Lenana tento anch’io la salita al Batian. E’ la mia prima vera esperienza alpinistica di una certa importanza. All’alba attraverso quel che resta del ghiacciaio Darwin per raggiungere la parete rocciosa. Tutto procede bene fino ai 5.000 m quando, un forte mal di testa ed alcuni passaggi particolarmente esposti mi consigliano di interrompere la salita. Alla fine mi sento un po’ come Benuzzi, felice dell’esperienza, ma con un certo rammarico per aver mancato gli ultimi 100 m che mi separavano dalla vetta più alta.
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Una nectarinia johnstonii sopra la fioritura appassita di una lobelia gigante. Questi uccelli, si nutrono del nettare delle piante immergendo il lungo becco tra le corolle dei fiori. Come i colibrì americani, anche se non sono imparentati tra loro, possono rimanere sospesi in aria quasi immobili, grazie ad un rapidissimo movimento delle ali. Sulle montagne dell’Africa Orientale contribuiscono all’impollinazione di piante come lobelie e seneci che vivono oltre i 3.000 m d’altitudine
Durante la loro marcia di avvicinamento alla montagna i fuggiaschi attraversano una foresta allora ancora piena di animali potenzialmente pericolosi. Questa è una delle loro maggiori preoccupazioni anche perché nei primi giorni camminano solo di notte per evitare di essere scoperti da qualche pattuglia e non possono accendere fuochi. Oggi questi animali sono nettamente diminuiti, anche se l’incontro con bufali e iene nella zona di foresta tra i 2.500 ed i 3.000 d’altezza non é per niente escluso.
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Raggiunta la cima Lenana a 4.985 m. aspetto il sorgere del sole che illumina le vette e crinali circostanti. La salita oggi non presenta molte difficoltà, a parte la riduzione d’ossigeno. Ma per i nostri eroi, spossati dal tentativo alla vetta principale, senza viveri ed un ghiacciaio da attraversare, fu molto più faticosa: ‘Eravamo stanchissimi ed il vetrato delle rocce ci dava parecchia noia, ma più si saliva più il cielo si faceva limpido. Alla nostra destra l’immane possente muraglia nord-est del Nelion splendeva d’un giallo così luminoso, da farci dimenticare ogni fatica’.
Scendo dalla cima Lenana verso il bivacco di Austrian Hut, dopo aver goduto il piÚ possibile lo spettacolo del sole nascente che illumina tutte le creste intorno ed aver scattato le foto di rito. Passo il resto della giornata passeggiando intorno al rifugio con il pensiero alla salita del giorno seguente. Nel mio girovagare senza meta, l’occhio si sofferma su una croce solitaria sopra la tomba di un alpinista senza nome che giace ai piedi delle principali vette del Monte Kenya 82
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Oggi ĂŠ iniziata la discesa. Le vette piĂš alte sono ormai alle mie spalle, ma la giornata presenta panoramiche tra le piĂš belle di tutto il massiccio del Monte Kenya. Lentamente le rocce lasciano il posto a praterie punteggiate dai seneci, mentre il sentiero si accosta alla spettacolare Gorges Valley. La vista che si apre su strapiombi verdeggianti dove un torrente forma il bellissimo lago Michaelson, un occhio di smeraldo circondato da nere rocce vulcaniche.
‘Improvvisamente le nubi si spostarono e dal grigiore si stagliò il Monte delle Meraviglie, in mezzo al brillare dei ghiacciai. Nello spirito del prigioniero entrò un raggio di luce. No la bellezza non é morta ed é a portata di mano. E se Osassi?’ . Inizia così a farsi strada nella mente del triestino l’idea di una fuga temporanea per conquistare la vetta di quel monte che lo sfida oltre i reticolati ‘Non avevo mai creduto in una possibilità di vera fuga. Ma una fuga provvisoria, con rientro dopo l’ascensione? Ubriacarsi di luce e poi rientrare nel reticolato......’
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Esemplare di gladiolus watsonioides che cresce tra la foresta montana e la brughiera fra i 3.000 ed i 4.000 m. Il genere Gladiolus contiene circa 260 specie, di cui 160 sono endemiche in Africa meridionale e 76 in Africa tropicale. Oltre ai gladioli sono presenti un centinaio di altre specie di fiori. A queste altitudini le ghiacciate notturne sradicano le piante e possono danneggiarne le radici. Alcune specie come licheni e muschi si sono evolute per vivere senza radici. Le lobelie hanno piccoli serbatoi tra le foglie dove l’acqua può congelare ogni notte senza danneggiare le piante. Sono ormai al termine del viaggio. Dopo una lunga giornata di marcia, raggiungo il Meru Mount Kenya Bandas lodge sotto un cielo coperto di nubi che minacciano un temporale imminente. Le vette del Kenya sono ormai scomparse all’orizzonte e la vegetazione si é nuovamente trasformata in una foresta con bambù ed alberi ad alto fusto intervallati da praterie. I rangers che sorvegliano l’ingresso al Mount Kenya National Park, fanno la fila per telefonare alle fidanzate nell’unico punto di ricezione di tutta l’area circostante
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Benson Kinaro, Ê la guida che mi ha accompagnato lungo tutto il percorso sulle tracce di Felice Benuzzi, il prigioniero che ha voluto ribellarsi alla sua condizione per riscoprire l’esistenza della bellezza. La sera, smessi i panni della guida, si trasforma in cuoco per preparare la cena nella cucina illuminata da una semplice lampada a petrolio del Meru Mount Kenya Bandas lodge
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E’ l’ultima notte. Il fuoco del camino riscalda le gelide stanze del Meru Mount Kenya Bandas lodge. Certo la mia avventura é lontanissima dalle fatiche dei tre italiani. Rileggo le sue considerazioni davanti alla scoperta di una via tracciata verso la vetta: ‘Bella bravura partire da un caldo rifugio, dove sei giunto scortato dai portatori, in libertà di movimento e con normale nutrizione e guidato da uno che c’è già stato. E’ grande aiuto morale, quando arrampichi, avere la sensazione che qualcuno (forse molto più in gamba di te, ma sempre un uomo in carne e ossa) c’è già passato’.
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Sono le 3 di notte quando esco dal rifugio per iniziare la salita verso la cima Lenana (4.985 m.), la stessa conquistata da Benuzzi con il compagno Giovanni Balletto. Il cielo tersissimo è cosparso da una miriade di stelle ‘La notte stellata era stupendamente limpida ed il freddo polare’. La luna illumina le vette gemelle Batian (5.199 m) e Nelion (5.188 m) oltre ai pochi ghiacciai sopravvissuti. Buona parte di quelli descritti e affrontati da Benuzzi sono ormai scomparsi a causa del riscaldamento globale, che in pochi decenni ridurrà tutti i ghiacciai africani ad un mero ricordo.
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INFO UTILI Testi e foto di Bruno Zanzottera
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Se si vuole fare un safari intorno al monte si consiglia di andare nelle due stagioni secche, anche se durante la prima (gennaio-marzo) sarà più caldo. Se invece si intende arrampicarsi verso la vetta del Monte Kenya le vie di accesso vedono le migliori condizioni meteo da fine dicembre fino a metà marzo e dalla fine di giugno a metà ottobre. C O M E
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Voli bisettimanali collegano l’Europa a Nairobi. La compagnia nazionale Kenya Airways collega le città di Nairobi, Mombasa, Kisimu, Malindi e altre piccole località. I treni sono molto usato risultando sicuri e puntuali. E
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La più importante festività coincide con il Ramadan: nome che si dà al nono mese dell’anno lunare musulmano. L
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Ente del Turismo del Kenya
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Bat Tour Mongolia arranges adventure tours across M to a nomadic culture that has barely changed for hun encounter rare animals in the Mongolian wilderness. Adventures: Trekking in Khuvsgul & Altai Mountain biking Fishing Mountaineering in the west Horse, camel riding Classical and Cultural: Southern, Northern Mongolia Buddhist Eagle festival Winter festival Naadam festival Other tour service Air and train ticketing Car rental Hotel booking Logistics Guide service
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Mongolia`s unspoiled landscape. Be introduced ndreds of years, learn about their history as you .
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Tour name: Discover Northern Mongolia Highlights: 2 days horse riding at Khuvsgul & hiking Tour duration: 14 days 13 nights Destinations: Khuvsgul, Khorgo and Kharkhorum Group size: Minimum 4pax Total distance: 2400 kms Accommodations: 2 days in hotel & 11 days in GER camp Guide: English speaking (Other languages are available)
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LA CATTEDRALE DEI RE
Viaggio tra le volte e le vetrate della Cattedrale gotica di Reims, una delle più belle d’Europa, in cui furono incoronati tutti i re di Francia.
FRANCIA.
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La Cattedrale di Notre Dame splende come un gioiello nel cuore della città di Reims. Nella quiete di una serena notte d’estate, la mole poderosa della grande abside sovrasta la piazza e gli affollati tavolini dei bar col suo sorprendente e complicato intreccio di archi rampanti, le cappelle radiali, i contrafforti e i pinnacoli.
Come un fiore di luce soprannaturale il rosone illumina l’interno e una singolare serie di sculture orna la controfacciata. L’intero edificio è caratterizzato da una mirabile unità stilistica. I lavori ebbero inizio nel 1211, in seguito all’incendio di una precedente abbazia carolingia, e si conclusero nel giro di appena un secolo. I nomi dei vari maestri d’opera che si succedettero nella direzione della costruzione erano iscritti nell’enorme labirinto ottagonale che ornava l’ingresso. Purtroppo esso venne rimosso nel 1779 a causa del fastidio provocato dai bambini che giocavano a percorrerlo durante le messe.
Per meglio comprendere l’evoluzione dallo stile romanico al gotico e apprezzare appieno lo slancio verticale della Cattedrale, si può visitare la vicina chiesa di Saint Remi. Questo edificio abbaziale venne costruito al principio del sec. XI in forme romaniche per poi subire rifacimenti in stile gotico primitivo. Come si vede, esso conserva ancora archi a tutto sesto e finestre molto piccole.
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Tempio di luce, splendore sacro che illumina l’ombra, rivelazione spirituale. La luce che piove dall’esterno e inonda le navate è un elemento essenziale delle chiese gotiche. Essa simboleggiava il divino e trasformava l’edificio nella rappresentazione della Gerusalemme celeste. Ogni elemento materiale, pesante, ordinario doveva essere eliminato. Chi varcava la soglia doveva restare abbagliato e trasportato in un mondo di pura bellezza, libero dai vincoli terreni. Il passaggio dalle chiese romaniche cupe e massicce come fortezze, a questi nuovi capolavori architettonici fu una vera rivoluzione.
Ci si può perdere e incantare davanti alla meraviglia dei tre portali della facciata esterna e smarrire la nozione del tempo. Come alle porte del paradiso si è accolti da una schiera di santi e di angeli, si srotolano storie, piovono sguardi, sorrisi leonardeschi, battiti d’ali e benedizioni da mani sollevate con grazia sublime. Maestria duecentesca capace di tramutare la pietra in carne, stoffa, barbe, capelli, emozioni, pensieri e sentimenti.
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Rêve de Couleurs, Sogno di colori. Uno straordinario spettacolo di luci viene proiettato in estate e in occasione di varie festività sulla facciata della Cattedrale. Una policromia dinamica crea effetti prodigiosi e illusioni di metamorfosi sull’architettura. La favolosa schiera di statue dei portali sembra prendere vita. Ma non si tratta solo di un gioco di fantasia. Al termine della rappresentazione, l’immagine smagliante di colori ricostruisce, secondo una seria indagine storica, l’aspetto originario delle sculture che erano dipinte con tinte sgargianti nei minimi dettagli.
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Una delle cinque cappelle radiali che, insieme a una doppia fila di navatelle caratterizzano l’abside e il coro. La penombra e la luce colorata proveniente dalle bifore invitano al raccoglimento e alla preghiera. Pregevoli grandi finestre policrome duecentesche si aprono sulle testate del transetto e, nel deambulatorio, risplendono di blu profondo, le vetrate moderne disegnate dal pittore Marc Chagall.
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“L’Ange au sourire” , l’angelo sorridente, diffonde serenità e pace con la sua ineffabile espressione, dal portale nord della facciata occidentale. La Cattedrale di Reims è detta la Cattedrale degli angeli perché vanta numerose statue di queste celesti creature, sempre con ali spiegate e soavi sorrisi , ma questo in particolare è divenuto il simbolo della città per la sua storia leggendaria. Durante un bombardamento della prima guerra mondiale la sua testa cadde al suolo sbriciolandosi. I pezzi furono raccolti e messi in salvo. La statua decapitata divenne un emblema nazionale. In seguito i frammenti furono ricomposti e restaurati e il 13 febbraio 1915 la testa fu ricollocata al suo posto e l’angelo tornò a sorridere.
Pochi istanti e lo spettacolo Rêve de Couleurs avrà inizio. Tutte le luci si spegneranno all’improvviso, una musica celtica potente ed evocativa vibrerà nel buio totale, poi delle semplici linee bianche, come segni di gesso, tracceranno sulla facciata, nera come una lavagna, un abbozzo di disegno. E’ l’idea del progetto, il primo passo di un’avventura esaltante che porterà alla realizzazione di uno dei più grandi capolavori dell’arte gotica.
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Basta allontanarsi di pochi passi dalla Cattedrale ed è come uscire da un incantesimo e rientrare nel normale corso della vita. Edifici settecenteschi, strade animate, luci, vetrine. Reims ha origini preromane, e un glorioso passato. Oggi è una vivace città nella regione della ChampagneArdenne, dipartimento della Marna, nel cuore della terra di produzione del celebre vino.
Immaginazione, poesia, e ricostruzione storica si fondono in visioni oniriche nella rappresentazione Rêve de Couleurs realizzata, servendosi di un’alta tecnologia, dalla società Skertzò. “Silenzio, essi sognano. Sono passati dall’altro lato dello specchio. Dietro questo spettacolo di un nuovo genere, un nome: Skertzò. Lo spazio urbano è la loro scena teatrale. I monumenti, il soggetto della loro drammaturgia.” Le Figaro Magazine, 6 Maggio 2011 “Grazie al talento della scenografia di Skertzò, essa (la Cattedrale) è d’ora in poi raggiante di luce e colore, come nei suoi primi giorni.” Connaissance des Arts, Hors série 2011
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Durante lo spettacolo Rêve de Couleurs vengono rievocate alcune fasi della costruzione della chiesa. Qui un suggestivo balletto rappresenta in pochi attimi i complicati lavori per l’innalzamento delle torri. Spesso i progetti degli architetti erano talmente audaci che raramente arrivavano a compimento. Anche in questo caso, l’opera restò incompiuta. La torre della crociera e quelle del transetto non furono mai costruite e quanto alle due innalzate ai lati della facciata, dovevano essere coronate da guglie e raggiungere i 121 mt. di altezza ma si fermarono a soli 81 mt.
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Passeggiata notturna alla luce dei lampioni lungo il fianco della Cattedrale. I contrafforti serrati e i pinnacoli svettanti compongono un ritmo musicale che accompagna il rumore dei propri passi e trasporta i pensieri in alto verso la vertigine aerea delle guglie puntate come frecce verso il cielo.
Notte gotica. Animali fantastici si affacciano da nicchie e balaustre. Particolari che emergono dal buio e parlano la lingua di un fantastico bestiario medioevale di cui abbiamo da tempo perduto le chiavi di lettura. In contrapposizione, tutto un popolo di profeti, santi e angeli abita le loggette e le edicole lungo i fianchi e la parte absidale della chiesa in un’eterna lotta pietrificata tra il bene e il male.
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Ogni dettaglio torna al suo colore d’origine nella messa in scena del Rêve de Couleurs. Anche la corona del re ha le sue gemme. Nella Cattedrale di Reims furono incoronati tutti i re di Francia dall’828 al 1825. Per la sacra unzione veniva usato l’olio inestinguibile contenuto nella Santa Ampolla. Una curiosità, nel film di Luc Besson, Giovanna d’Arco, si può vedere una scena in cui la madre di Carlo VII, alla vigilia dell’incoronazione, interpellata dai preti angosciati dal fatto che l’olio della Sacra Ampolla era terminato, vi versa dentro dell’olio comune, dicendo tranquilla “compio il miracolo!” 112
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A partire dalla seconda metà del XII sec. lo stile gotico iniziò a svilupparsi nel Nord della Francia. La volontà di costruire chiese sempre più alte, cosa che i massicci muri delle chiese romaniche e gli archi a tutto sesto non potevano consentire, portò alla concezione di ardite soluzioni architettoniche. Un’autentica impresa temeraria contro le leggi della fisica. L’idea di utilizzare archi ogivali, volte a nervature incrociate, contrafforti e archi rampanti, consentì di alleggerire i muri e aprirvi enormi finestre e rosoni, senza incorrere nel pericolo di crolli.
Forse non potremo mai immaginare lo sbalordimento di chi vide la Cattedrale all’epoca della conclusione dei lavori. Probabilmente per la maggior parte di quelle persone, abituate a vivere nella cruda realtà di un mondo angusto di misere casupole, ritrovarsi davanti a questo magnifico gigante fu un’esperienza sconvolgente. Ancora oggi però restare in contemplazione della prodigiosa armonia della facciata, magari nel silenzio notturno della piazza, è un’emozione che lascia il segno.
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“La Cattedrale, l’arcivescovado e la vecchia abbazia di Saint-Rémi sono strettamente legati alla storia della monarchia francese e quindi più in generale alla storia della Francia. È in questi luoghi che si svolgeva una parte della cerimonia d’incoronazione, fondata sul perfetto equilibrio tra Chiesa e Stato che fece della monarchia francese un modello politico per tutta l’Europa, fino ai giorni nostri”. Questa la motivazione con cui l’Unesco ha inserito nella lista dei patrimoni dell’umanità i tre gioielli di Reims. Nella foto di destra archi romanici e gotici nella chiesa di Saint Remi.
A fianco della Cattedrale sorge il Palazzo di Tau, antica sede dell’Arcivescovado. L’edificio ha origini remote, risalenti a un’antica villa romana, poi trasformata in palazzo carolingio, dalla cui pianta a forma della lettera greca tau derivò il nome. In seguito a varie ricostruzioni e rimaneggiamenti, assunse le forme attuali intorno al XVII sec. Le sue stanze ospitavano i re di Francia in occasione della loro incoronazione nella vicina Cattedrale. Oggi è sede museale.
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La sfida dei costruttori si è realizzata. Difficile oggi pensare a un edificio di simili proporzioni tutto costruito in pietra, senza ossature d’acciaio, né travi metalliche. Mai si era visto prima di allora una costruzione di tale magnificenza. Nella notte le luci della rappresentazione esaltano la fragilità di filigrana, l’essenza immateriale propria dello stile gotico. Solo pietra e vetro. Luce e colore. La Cattedrale sognata si fonde nel blu cosmico di una visione e si accende di stelle. L’Angelo si Reims continuerà per sempre a sorridere.
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INFO UTILI Foto di Antonio e Giuliana Corradetti
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Il periodo migliore per visitare Reims va da maggio a settembre. C O M E
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Ăˆ situata nella Francia settentrionale, nella regione dello Champagne, facilmente raggiungibile in auto e in treno. Dista soli 45 minuti di treno da Parigi. L
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Rendez Vous en France Ufficio del turismo di Reims
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Le Grenadine, arcipelago caraibico, devono il loro nome ai colonizzatori che vi importarono il melograno. Ora le loro acque cristalline sono solcate da yacht in cerca dell’ultimo paradiso
CARAIBI. ISOLE DI MELOGRANI E MARINAI
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Geograficamente vicine alle blasonate isole caraibiche, quelle dei mega resort all inclusive, del divertimento sfrenato american style e delle noiose escursioni in bus, le Grenadines risultano lontane anni luce da questo tipo di turismo: l’atmosfera è ancora quella degli anni 70 e lo stile di vita è ancora british colonial dove il dolce far niente ha un suo perché. Fino agli anni ‘90 erano meta esclusiva dei vip in cerca di privacy, ma negli ultimi decenni, l’apertura di boutique hotel, numerosi b&b e gradevoli guesthouse a prezzi abbordabili, le hanno rese una delle mete più ambite per chi cerca relax, mare turchese e fascino d’antan.
Sulla lunga spiaggia di Wallylabu Bay a St. Vincent, l’isola più grande delle Grenadines, sono state girate alcune scene di “Pirati dei Caraibi”, tra le tante, quella di apertura del film, dove Johnny Depp scende dalla sua nave su un lungo pontile di legno. Questo pontile e parte della scenografia originale sono tuttora presenti e visitabili. Numerose sono le scolaresche che vengono in gita in questa divertente location, inserita in un parco naturale che costeggia il mare, dove i semplici divertimenti, come un’altalena improvvisata, non mancano di regalare momenti di svago.
Uno splendido bialbero d’epoca ancorato nella baia di Palm Island. La navigazione è sicuramente il modo migliore per apprezzare le Grenadine. Solo dal mare si possono raggiungere e trovare angoli paradisiaci altrimenti irraggiungibili, dove godersi spiagge deserte dalla sabbia bianchissima e un mare blu, calmo e caldo, lontani da tuto e da tutti i confort, l’ideale per una vacanza all’insegna del relax assoluto. La lunga lingua di sabbia bianca di Princess Margaret Beach, deve il suo nome alla principessa Margaret, che negli anni sessanta la ricevette in dono dall’eccentrico lord Colin Tennant proprietario dell’isola dal 1958.
Dall’alba al tramonto. Dopo un paio di giorni alle Grenadines, il nostro fisico si abitua subito all’orologio naturale che è in tutti noi. Inspiegabilmente ci si sveglia all’alba: la luce è mozzafiato, il silenzio surreale, solo qualche cinguettio di uccelli e il suono delle onde che accarezzano la spiaggia. Man mano che il sole si alza tutto si sveglia, le barche ancorate per la notte partono alla scoperta di nuove isole, i pescatori riparano le imbarcazioni ricoverate e le spiagge pian piano si animano.
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Il tempo è scandito dalla luce, e come in un film che si rispetti, arriva sempre il gran finale: il tramonto. Il cielo si colora di un rosso fuoco dalle mille sfumature e le silhouette delle palme piegate sul mare accompagnano il sole fino all’orizzonte. È l’ora giusta per l’aperitivo, al De Reef Cafè, noto locale sulla spiaggia, frequentato da velisti e lupi di mare, servono un Fruit Punch straordinario. Si passa il tempo ascoltando musica caraibica e chiacchierando con il vicino, in attesa della grigliata di pesce sulla spiaggia.
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Quello che veramente rende indimenticabile una vacanza alle Grenadines sono le escursioni alle Tobago Cays, considerati gli angoli piÚ belli e suggestivi di tutti i Caraibi. La spettacolare barriera corallina, animata da numerosissimi pesci colorati, è un richiamo per tutti gli appassionati di snorkeling. Ci si arriva solo con la barca e ogni giorno sono numerose le escursioni che vi ci porteranno, pagando circa 70 euro, avrete diritto a maschera con boccaglio, pinne, pranzo a bordo, bevande e merenda pomeridiana.
Tappa obbligatoria delle Tobago Cays è l’isola dei pescatori Mayreau; acque cristalline e sabbia finissima, sono il posto perfetto per prendersi qualche ora di assoluto relax , magari all’ombra di una palma sorseggiando latte di cocco. Se invece amate l’avventura, potete sempre salire sulla collina dove godere di una vista unica a 360° sulle Tobago Cays.
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Mentre qualche ragazzino si cimenta in equilibrismi sulle palme sdraiate sulla spiaggia, gli appassionati di snorkeling passano intere giornate in acqua, la barriera corallina del parco marino delle Tobago Cays , è tra le più spettacolari e “vive” di tutti i Caraibi, capita sovente di nuotare con le tartarughe verdi o le aquile di mare, mentre per gli appassionati d’immersioni con erogatore è Sail Rock il posto più “gettonato”: gorgonie, numerose specie di coralli, e una quantità di pesci coloratissimi rimarranno un ricordo indelebile.
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Quando si è ragazzi, ogni scusa è buona per divertirsi, il pontile di Port Elizabeth, diventa un trampolino per esibirsi in tuffi acrobatici, ma chi non vuole cimentarsi dovrebbe visitare l’adiacente mercatino dell’usato alla ricerca di oggetti antichi o perdersi nei numerosi negozietti d’artigianato caraibico, tra i più gettonati il Basil’s Art Gallery, dove si possono trovare scatole di legno intagliate e decorate a mano o mobiletti di rattan; o visitare la Tropical Wawe Boutique, che vende coloratissimi parei, abiti e costumi.
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Le Grenadines, si trovano nelle Piccole Antille e sono formate da isole (125 per l’esattezza) per lo più disabitate e si possono raggiungere solo in barca. Alcune sono abitate da piccoli nuclei di pescatori e altre sono private, dove, immersi nella natura rigogliosa sorgono resort di lusso. Young Island Resort, nell’omonima isoletta, è un resort di lusso discreto e apprezzato dalle celebrities (durante le riprese del film “Pirati ai Caraibi” Jonny Deep la scelse come dimora).
Le isole sopravento: Petit Bateau, Petit Rameau, Barabel, Jamesby e Petit Tabac sono le più belle delle Tobago Cay. Completamente disabitate sono sicuramente le più spettacolari. Anche in questo caso ci si può arrivare solo con un’imbarcazione e verso sera le piccole baie protette si affollano di barche che cercano riparo per la notte. È tradizione che i vari equipaggi si riuniscano sulla spiaggia per cenare tutti insieme e passare parte della serata intorno a un fuoco a raccontarsi esperienze di mare.
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A St. Vincent, nella vivace capitale Kingstown, c’è la vera anima commerciale. Tutti i giorni in Bay Street si può visitare il mercato della frutta, verdura, pesce e carne. I produttori arrivano da ogni angolo dell’isola, esponendo su piccole bancarelle di legno tutto quanto la natura offre, grazie al clima mite tutto l’anno e una terra di origine vulcanica molto fertile. Merita una visita anche il più antico giardino botanico dei Caraibi, con alberi rari e secolari circondati da colorate abitazioni in stile coloniale. Se volete godere di un panorama a 360° dovete assolutamente salire sul punto più alto dell’isola, a Fort Charlotte, costruito su un crinale a 600m di altezza per difendere Kingstown dagli attacchi dal mare.
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La simpatia dei locali è contagiosa. Le persone sono sempre sorridenti e pronte a scherzare con i turisti. Perfino i colori della bandiera sono stati scelti per rappresentare l’ospitalità (il giallo) e la vitalità degli abitanti (il verde); anche i resort più esclusivi attingono dalla mano d’opera locale, in quanto molto disponibile, attiva e volenterosa.
Come in tutti i Caraibi, la musica è molto “sentita” e amata. Sono pochi i locali che non prevedono musica dal vivo. Ovunque si ascolta musica e la gente si lancia in balli sfrenati e sensuali. Solitamente si tratta di reggae e calypso e spesso succede di ascoltare una cover dell’amatissima “Banana boat song” di Harry Bellafonte, il re del calipso. Tutti gli anni nei mesi estivi si svolge il Vincy Mas, un festival di cultura africana, tradizioni europee e folklore caraibico. Una delle attrazioni del festival è il Mardi Gras, che vede la sfilata di numerosissime bande musicali, con ballerini in costume tradizionale che suonano e ballano per le strade della capitale, una sorta di carnevale musicale.
Numerose sono le feste/eventi durante tutto l’anno. Una in particolare, il Breadfruit Festival, molto sentita e amata, celebra l’emancipazione della schiavitù. Si festeggia con danze e attività locali durante i fine settimana di agosto e coinvolge l’intera comunità afro. Per l’occasione viene preparato e servito un piatto della tradizione africana, diventato da anni piatto nazionale delle Grenadines, a base di frutto dell’albero del pane. A settembre si svolge il “National dance festival”, con performance di balli tradizionali e hip-hop.
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INFO UTILI Testi e foto di Giovanni Tagini
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Il periodo ideale per fare una vacanza alle Grenadine va da novembre a maggio, quando la temperatura è gradevole allietata dagli alisei costanti e rade piogge. Durante l’estate gli alisei smettono di soffiare e arriva la stagione umida. C O M E
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10 ore di volo per raggiungere le isole dall’Europa con le maggiori compagnie aeree. L’isola di St.Vincent è collegata con voli quotidiani a St.Lucia, Barbados e Grenada. Voli settimanali su San Juan. A Bequia, Mustique, Canouan e Union Island ci sono piccoli aeroporti collegati tra loro via aerotaxi. E
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Ad aprile c’è il Gospel Festival mentre agosto è il mese dell’emancipazione e si svolgonomolti eventi per festeggiare l’abolizione della schiavitù. L
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Ente del Turismo di St. Vincent & Grenadine
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Völlan • Vigiljoch • Tscherms Burgstall •Gargazon IM MERANER LAND Foiana • Monte S.Vigilio • Cermes Postal • Gargazzone A MERANO E DINTORNI
Monte San Vigilio 1.486-1.814 m Dove l’orologio pare essersi fermato Un’area dall’atmosfera romantica Per gli amanti della natura…
www.lana.info/monte-san-vigilio
mente cuore MILANO. Architetture impossibili
INDIA. Siliguri slum
natura SVIZZERA. Lenzerheide
gusto corpo MAROCCO. Marrakech
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