Federico Klausner direttore responsabile Federica Giuliani direttore editoriale Devis Bellucci redattore Silvana Benedetti redattore Maddalena De Bernardi redattore Francesca Spanò redattore Paolo Renato Sacchi photo editor Isabella Conticello grafica Willy Nicolazzo grafico Paola Congia fotografa Antonio e Giuliana Corradetti fotografi Vittorio Giannella fotografo Fabiola Giuliani fotografa Monica Mietitore fotografa Graziano Perotti fotografo Emanuela Ricci fotografa Giovanni Tagini fotografo Bruno Zanzottera fotografo Progetto grafico Emanuela Ricci e Daniela Rosato Indirizzo: redazione@travelglobe.it Foto di copertina: Bruno Zanzottera – India Tutti i testi e foto di questa pubblicazione sono di proprietà di TravelGlobe.it® Riproduzione riservata TravelGlobe è una testata giornalistica Reg. Trib. Milano 284 del 9/9/2014 2
EDITORIALE Il senso del bello
Quando scegliamo e componiamo i reportage del nostro magazine, l’interrogativo che ci poniamo sempre è: piaceranno ai lettori? Piacerà questo numero nel suo insieme? La domanda è in realtà meno banale di quanto sembri perché non vorrebbe fermarsi alla risposta sì o no. Ma coinvolge la percezione, il Senso del Bello, terreno quanto mai scivoloso e dai più ritenuto assolutamente soggettivo. Mi piacerebbe provare ad affrontare l’argomento con voi lettori, chiedendovi di esprimere la vostra opinione. Innanzitutto è stato dimostrato dai ricercatori dell’University College di Londra che il senso del bello artistico ha in noi proprio una sua sede fisica che è nel cervello e precisamente nella corteccia orbifrontale. Una regione neurale la quale, in un certo senso, si accende di fronte a una opera d’arte (scusate l’immodestia del paragone con TravelGlobe) o a una musica che apprezziamo, generando piacere e appagamento. Quindi non sarebbe l’opera d’arte in sé a “essere bella”, ma la Bellezza assomiglierebbe più a un concetto astratto, che nasce nel nostro cervello, come insieme delle qualità che percepiamo attraverso i nostri cinque sensi e che suscitano sensazioni piacevoli e immediate, attribuibili a quanto osserviamo. L’emozione suscitata viene poi confrontata con riferimenti che 3
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abbiamo, innati o acquisiti durante la nostra esperienza di vita. A questo punto dovremmo distinguere tra Bellezza soggettiva e oggettiva: della prima nulla si può dire perché influenzata dal gusto personale, mentre la seconda è un insieme di qualità rispondenti a dei canoni, a loro volta funzioni della propria cultura e del tempo in cui viviamo. Senza addentrarci in profondi discorsi filosofici, diciamo che c’è spesso confusione tra interesse (qualcosa che appassiona) e Bellezza. Noi chiamiamo bello qualcosa che ci interessa, che altri non trovano bello perché a loro volta non li interessa. Ma così facendo compiamo una sovrapposizione indebita di due concetti che porta all’ ammissione dell’esistenza di più forme di bellezza e quindi all’impossibilità di parlare di una Bellezza in senso assoluto. La soluzione sta nel non vedere la Bellezza come una espressione di interesse e gradimento personale di un oggetto, ma allargarne il concetto alla categoria di appartenenza. Si potrà dire quindi che non è bello un fiore che non piace, ma la Natura nel suo complesso è bella. Altrettanto potrà non piacere un pittore, ma non sostenere che l’arte non sia Bellezza. E così pure noi di TravelGlobe risolviamo il dilemma iniziale: vi piacciono i nostri reportage? Magari no (ma speriamo di sì), ma la Fotografia in sé è Bellezza.
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S O M M A R I O
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EDITORIALE di Federico Klausner CANADA Ma che freddo fa Foto e testi di Bruno Zanzottera Italia Sapore di sole, sapore di mare Foto e testi di Vittorio Giannella INDIA E per sentiero un fiume di ghiaccio Foto e testi di Bruno Zanzottera
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NEWS
Italia O che oche! Foto di Graziano Perotti Testi di Federico Klausner Panama Un abito nuovo, un cuore antico Foto e testi di Federico Klausner
Redattore DEL MESE Devis Bellucci LEGENDA
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CHECK IN
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MA CHE FREDDO FA.
Anche se la temperatura raggiunge i -20° e la neve resta fino a marzo, in Québec non è tempo di chiudersi in casa. Ma di sfruttare il suo manto soffice per ogni tipo di sport.
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Vanessa Quintard è una bretone amante degli animali e della natura. Prima di trasferirsi in Canada organizzava escursioni con slitte trainate dai cani nella regione del Jura tra Francia e Svizzera. Separatasi dal marito una decina di anni fa, ha scelto l’avventura canadese trasferendosi a l’Anse St. Jean, uno sperduto villaggio del Québec. “Qui mi sono innamorata due volte: del luogo e di un uomo” racconta lei. In realtà si è innamorata soprattutto dei suoi cani, con cui vive un vero e proprio rapporto di simbiosi e che lei chiama “i miei bebè”. I suoi cani sono trattati come dei piccoli principi: hanno cucce personalizzate e basta un suo semplice cenno perché si mettano in movimento. Vanessa non ricorre mai alla frusta per incitare le proprie creature: “sarebbe come frustare me stessa”. L’ultima cucciolata nata da poco ha anche un papà incrociato con un lupo.
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In inverno in Canada, la motoslitta è uno tra i mezzi di trasporto più utilizzati su strade che la neve ha trasformato in piste. Nelle foreste laurenziane - conosciute anche con il nome di North Woods - che si estendono dall’Ontario, nel nord degli Stati Uniti, ai Grandi Laghi e il fiume San Lorenzo, nei territori francofoni del Québec canadese, è possibile percorrere centinaia di chilometri senza mai incrociare strade asfaltate. 15
La motoslitta in Canada è utilizzata dagli abitanti come mezzo di trasporto invernale veloce e agevole per spostarsi lungo le piste, innevate per diversi mesi all’anno. Ma è anche un mezzo per effettuare escursioni turistiche di vari giorni tra tundra e foreste, per viaggiatori in cerca d’avventura che vogliono fare una vacanza lontani dalla “civiltà”. Per questo tipo di viaggio esistono veri e propri tour operator in grado di pianificare un percorso che possa portarvi fino alle zone più estreme del territorio canadese.
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Guidare una motoslitta non è particolarmente difficile. È come una moto mono-marcia, basta accelerare e frenare. Non bisogna però mai dimenticarsi che i mezzi moderni possono raggiungere velocità di circa 150 km orari. I lunghi rettilinei tra le foreste inducono alla velocità e a volte non ci si rende conto di viaggiare sulla neve, una superficie che può essere particolarmente scivolosa se frenate in maniera troppo brusca. Incidenti anche gravi non sono rari tra le motoslitte. Inoltre ricordatevi che per guidare una motoslitta è necessaria la patente di guida, e che una pattuglia di polizia potrebbe trovarsi anche nei luoghi più solitari e impensabili.
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Nel 1608, cinque anni dopo la prima colonia francese di Tadoussac, Samuel De Champlain fondò un insediamento in un punto che gli indiani Algonchini chiamavano “Quebec” (dove il fiume si stringe). Con l’arrivo dalla Francia di 6000 nuovi coloni prese il nome di Québec Ville, e divenne il punto di partenza dell’occupazione francese di questa regione, in aperta concorrenza con la Gran Bretagna che rivendicava i territori sull’isola di Terranova e della Nuova Scozia. La parte centrale della città - conosciuta come Vieille Ville – è probabilmente il posto più simile ai modelli urbanistici europei, di tutto il Canada. Potrebbe essere un mix tra la cittadina bretone di Saint-Malo, da dove arrivarono i primi coloni, e il quartiere parigino di Mont Martre. Vi si trovano scalinate, basse case multicolori, trompe-l’œil sulle facciate, ristorantini e bar che richiamano l’atmosfera dei bistrot parigini.
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Un ponte coperto sopra il fiume Saguenay nel minuscolo villaggio dell’Anse Saint-Jean rievoca l’atmosfera del celebre film “I Ponti di Madison County” girato in Iowa con Clint Eastwood e Maryl Streep. Il villaggio assurse a una certa notorietà nel 1997, quando i suoi 1200 abitanti votarono la trasformazione della municipalità nel Regno dell’Anse Saint-Jean, creando la prima monarchia municipale del continente americano. Il primo cittadino Denys Tremblay fu incoronato il 24 giugno, giorno di San Giovanni, con il nome di Re Denys.
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La strada statale 138 segue il fiume San Lorenzo per buona parte del suo percorso verso l’Oceano Atlantico. Nel suo tragitto attraversa foreste d’acero - che in autunno si vestono di colori fiammeggianti dando vita alla famosa Estate Indiana - oltre a villaggi da fiaba con minuscole casette in legno, che durante i mesi invernali scompaiono sotto una folta coltre di neve. Nel suo percorso verso oriente i centri abitati si fanno sempre più rari. Natashquan è l’ultimo villaggio raggiunto dalla strada, o per dirla con Magella Landry, un pescatore riciclato in gestore del piccolo e grazioso Auberge Le Port d’Attache ‘Tutti dicono che siamo al termine della strada, ma io dico che invece siamo all’inizio’ questione di punti di vista. Natashquan è anche la patria di Gilles Vigneault, il celebre cantastorie bandiera del Québec francofono. I suoi abitanti hanno trasformato la vecchia scuola in un museo interattivo dove ascoltare le sue storie. Ogni anno organizzano anche il Festival du Conte et de la Légende de l’Innucadie, in un contesto di generale rivalutazione di questo genere artistico tra le comunità francofone nel mondo.
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La Cabane à Sucre è un popolare locale situato tra i boschi di acero nei dintorni di Québec Ville. In inverno vi si danno appuntamento gli amanti della musica folk che si scatenano in danze e canti collettivi. In autunno, quando gli aceri si colorano di rosso, al ristorante si aggiunge l’attività di érablière (erable significa acero in francese), per trasformare la linfa d’acero raccolta in primavera in uno sciroppo dolcificante, con un procedimento ereditato dagli indiani irochesi che ne facevano cristalli zuccherini.
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La chiesa di un villaggio lungo il Saguenay, un affluente del San Lorenzo con le caratteristiche di un fiordo. Proprio all’incrocio tra i due fiumi, dove l’estuario del San Lorenzo inizia seriamente ad allargarsi con oltre 20 km tra le due rive opposte, in vari periodi dell’anno si incrociano diverse specie di balena, tra cui gli argentei ed eleganti beluga. Il loro movimento sinuoso è reso ancora più armonico dalla mancanza della caratteristica pinna dorsale, sostituita da una lunga cresta dura e fibrosa, con cui in inverno rompono i ghiacci per poter respirare. Sebbene molto diverse dal mostro marino che popolava gli incubi del capitano Achab, e che la caccia commerciale, oltre a quella sportiva e di sussistenza siano vietate ormai da alcuni decenni, il numero di balene beluga ospiti stabili tra le acque del San Lorenzo, stenta a incrementarsi. “Colpa dell’inquinamento ambientale che provoca mortalità per tumori e difficoltà nella riproduzione”, spiegano gli studiosi del Gremm (gruppo di ricerca e di educazione sui mammiferi marini) che sono seriamente impegnati per portare la popolazione di beluga al riparo da rischi di estinzione.
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L’hockey su ghiaccio è lo sport in assoluto più popolare di tutto il Canada. Viene praticato in tutto il territorio nazionale anche nei più piccoli e sperduti villaggi. La National Hockey League in cui si confrontano le migliori squadre di Canada e Stati Uniti è senza ombra di dubbio il campionato più importante al mondo di hockey su ghiaccio. Con otto vittorie olimpiche e diciannove campionati mondiali, la nazionale canadese è tra le squadre più titolate al mondo in questo sport.
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Le foreste laurenziane, che occupano i territori di confine tra il Canada e gli Stati Uniti, sono una zona di transizione tra le foreste temperate e le foreste boreali settentrionali. Sono composte da latifoglie (aceri, pioppi, betulle, querce) e conifere (ginepri, pini, abeti rossi). Man mano che si sale verso nord, sotto le raffiche impetuose del vento, gli alberi si fanno piĂš piccoli per necessitĂ di sopravvivenza. Si entra gradualmente nel regno di muschi e licheni che iniziano a ricoprire tutte le rocce e il terreno.
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Alla fine del XIX secolo molti taglialegna, che abitavano la zona delle foreste laurenziane, si trasferirono in altre aree del Paese e il territorio venne occupato da famiglie benestanti, che vi costruirono case di villeggiatura per andare a pesca nei numerosi laghi della regione. Le tradizionali capanne di tronchi a travi massicce, con camino e fondamenta in pietra divennero sinonimo dei North Woods. Oggi sono poche le capanne che hanno mantenuto questa struttura antica: la maggior parte delle costruzioni mantengono il legno come materiale, ma all’interno sono dotate di tutti i comfort.
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Il San Lorenzo è un fiume con numeri da primato: il suo bacino di 1.030.000 km2, che comprende i Grandi Laghi nord-americani, rappresenta la piÚ grande riserva mondiale d’acqua dolce. La sua portata media di 12.600 m3/s, pari a circa 8 volte quella del Po, permette a navi di grosso tonnellaggio di penetra-
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re nel cuore del continente americano, fino all’estremità occidentale del lago Superiore, diventando la maggiore via fluviale al mondo. Dopo 1.140 km dalla sua nascita nel lago Ontario, sfocia nell’Oceano Atlantico con un vastissimo estuario che ne autorizza l’appellativo di fiume oceano.
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L’ Hotel de Glace, nei pressi di Québec Ville, è un’esperienza decisamente insolita. Come dice il suo nome, è completamente realizzato in ghiaccio: la reception, le camere, il bar, ma anche il letto, gli arredi. La temperatura è costantemente intorno ai -5° e si va a dormire vestiti di tutto punto, avvolti in un sacco a pelo termico. Al suo interno vi è anche una cappella, sempre di ghiaccio, dove si possono celebrare ‘gelidi’ matrimoni.
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Costa mediamente sui 250 dollari canadesi a persona, ma nonostante la cifra non proprio popolare, le 44 camere di cui è composto sono quasi sempre piene. Dal 2001, anno di apertura dell’hotel i visitatori hanno superato il milione. Se non siete così coraggiosi da affrontare una notte al gelo, potete più semplicemente partecipare a una vista guidata e assaporare un cocktail servito in un bicchiere logicamente di ghiaccio. Per ovvi motivi l’hotel funziona solo in inverno - dal 4 gennaio al 28 marzo - poi si scioglie e ne verrà costruito uno nuovo l’anno successivo.
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Marina sul San Lorenzo. Benoit Lavoie abita a Baie Saint-Paul e per un quarto di secolo ha navigato, da semplice marinaio a capitano, lungo il San Lorenzo. Pochi come lui possono raccontare, come in una ballata, la storia e la grandiosità di questo fiume vissuto da bordo di grandi navi. I suoi bassifondi, le sue nebbie improvvise, le burrasche con “onde alte come montagne che ti arrivavano da ogni parte e la nave sballottata come una barchetta”. L’impossibilità di rilassarsi anche solo per un attimo, con il pericolo di incidenti sempre in agguato, così come i periodi invernali quando il fiume trasformato in una gigantesca lastra di ghiaccio ti obbligava a mesi di sosta forzata.
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Il San Lorenzo si è rivelato un’arteria vitale per la penetrazione del continente nord americano da parte degli esploratori/conquistatori europei. Il fiume fu risalito per la prima volta nel 1534 dal francese Jacques Cartier, all’inizio della lotta per accaparrarsi nuovi territori che per secoli oppose le potenze europee nel mondo. Ma il primo insediamento stabile europeo lungo le sue rive fu opera di Samuel de Champlain, che nel 1603 fondò la colonia di Tadoussac alla confluenza con il Saguenay, un affluente lungo 155 km con le caratteristiche di un fiordo, con alte falesie e gole profonde.
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Il relitto del peschereccio L’Acalmie, arenato sulla spiaggia di Baie Saint Paul, assomiglia ai modellini realizzati dall’ex capitano in pensione Benoit Lavoie nel suo laboratorio, situato alla periferia di questo borgo che si affaccia sul fiume San Lorenzo. La sua popolazione di poco più di 7000 abitanti è composta in buona parte da artisti 40
che espongono i propri lavori nelle numerose gallerie d’arte. Fu proprio qui che nei primi anni ‘80 i funamboli del Cirque du Soleil iniziarono la loro folgorante carriera, esibendosi alla Fete Foraine de Baie Saint Paul nel 1984.
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Tra i cani da slitta della muta di Vanessa Quintard vi sono varie razze. Si passa dai piÚ conosciuti Husky siberiani, ai possenti Malamute originari dell’Alaska e agli Eskimo della Groenlandia. Otto cani trainano una slitta con tre persone a bordo. Per una slitta con solo due persone ne bastano sei. Ogni cane ha un suo posto fisso all’interno della muta. Dia e Mikette, due Husky siberiani, sono i cani guida della slitta di Vanessa.
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INFO UTILI Foto e testi di Bruno Zanzottera Come arrivare Turkish Airlines, è senz’altro la compagnia più economica per un viaggio in Canada con voli a/r a partire da 409 Euro. Air Canada, effettua voli da quasi tutte le capitali europee (Bruxelles, Francoforte, Londra, verso Montreal con tariffe dai 600 Euro in su. ATTIVITÀ Entre Chien et Loup, 190, Chemin Perigny. L’Anse St Jean, QC email: entrechienetloupquebec@gmail.com. È il sito di Vanessa Quintard dove potete organizzare un’escursione con slitte trainate dai cani. Raids Motoneige Nord Expé, 996. Avenue Sainte-Brigitte Sainte-Brigitte-de-Laval (Québec) email: info@nordexpe.com È un tour operator specializzato in escursioni con motoslitte Il Parc de la Chute Montmorency Comprende una rete di pas-
seggiate che si diramano attorno a un’imponente cascata di 83 m raggiungibile anche con una funivia. La cascata in inverno è quasi sempre completamente ghiacciata. Whale-watching sul San Lorenzo. Le acque del San Lorenzo ospitano una dozzina di specie di balene. All’imbocco del fiordo di Saguenay è possibile avvistarle anche da terra ma per avvicinarle potete uscire in gommone, in battello o in catamarano nei periodi da maggio a ottobre. A Tadoussac e nella Baia di S.te Catherine operano Croisiéres AML, e Croiséres 2001. Reserve nationale de faune du cap Tourmente (Cap Tourmente National Wildlife Area) è il luogo ideale per osservare la migrazione autunnale delle oche delle nevi con 20 km di sentieri pedestri che vi faranno scoprire il suo prezioso eco-sistema. Aperta da metà aprile fino a fine ottobre.
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O CHE OCHE!
La bellezza delle oche è il titolo dell’artistico lavoro di Graziano Perotti. Uno dei 40 fotografi che racconteranno le bellezze dell’Italia in importantissime mostre in Cina nel 2016. E naturalmente fotografo di TravelGlobe.
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ANGELI Sciame di angeli attraversa la mia notte inquieta. Ricordati il fruscio, Il bianco scomposto la frenesia e la passione. E Il silenzio dopo. Come lame nel buio ancora a squarciare sogni. A lasciare cosĂŹ senza fiato immersi in un limbo scuro che tutto avvolge. Tranne quei lampi che ancora rischiarano, ultimi sussulti, il tuo sorriso accennato. Federico Klausner
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Lambita dal Tirreno ma aggrappata alle montagne, la Liguria offre una cucina variegata e dai sapori raffinati. Che sfruttano il meglio di ciò che i due ambienti offrono.
ITALIA | SAPORE DI SOLE, SAPORE DI MARE
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Il borgo di Manarola, alto sul mare con le case color pastello poggiate su due speroni rocciosi, giÚ un minuscolo approdo riparato, per piccole imbarcazioni. Dopo Corniglia è il borgo piÚ piccolo delle Cinque Terre. 69
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A sinistra la chiesa di Cervo (IM) dedicata a S. Giovanni Battista del 1722, uno dei piĂš interessanti esempi di barocco della Riviera di Ponente. I locali la chiamano anche Chiesa dei corallini, perchĂŠ le spese di costruzione furono pagate con i proventi della pesca del corallo, una volta molto florida. Sotto: la scultura bronzea che Manarola ha dedicato alle vendemmiatrici delle Cinque Terre.
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La lunga spiaggia di sabbia fine di Alassio, che arriva fino al borgo marinaro di Laigueglia, tre chilometri piĂš in lĂ , verso Capo Mele. Furono gli Inglesi a metĂ Ottocento, a frequentare assiduamente la cittadina e ancora oggi il mare rappresenta per Alassio, perla 72
della Riviera delle Palme, la risorsa piÚ importante. Da non perdere una passeggiata nel centro storico, detto budello per via dei carruggi molto stretti, oggi animati da svariati negozi e boutique. Sullo sfondo fondo l’isolotto di Gallinara a guardia della baia. 73
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Foto pagina precedente: naselli in vendita al mercato di Porto Maurizio. A sinistra: una scultura abbellisce i muri di Oneglia a Calata Cuneo. A destra: porte dipinte da vari artisti nei vicoli di Vernazza per abbellire i vicoli del borgo dopo che, nella notte del 25 ottobre del 2011, una bomba d’acqua provocò l’alluvione che portò morte e rovina qui e a Monterosso, provocando 7 vittime. Gli artisti si mobilitarono nei giorni successivi, durante i lavori di ripristino, per rendere meno grigi i carruggi.
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Foto pagina precedente: i terrazzamenti a vigne sopra Manarola. A sinistra, il faro dell’attrezzato porto turistico di Porto Maurizio. Imperia è capoluogo della provincia omonima e dal 1923 ha accorpato le amministrazioni di due borgate: Oneglia e Porto Maurizio divise dal torrente Impero. Oneglia è da sempre il borgo più votato all’industria alimentare (olio e pasta), mentre Porto Maurizio alla pesca. A destra, l’insegna del forno-trattoria U Papa molto noto a Imperia. Tra i vicoli, di fronte al mercato coperto di Oneglia, la trattoria offre piatti strettamente del territorio e la sera si può assaporare la farinata tipica ligure, croccante e molto apprezzata.
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Case colorate liguri si affacciano su Calata Cuneo a Oneglia, animata da tanti ristoranti e sciamadde trattorie tipiche. Il molo è dedicato a Giovanni Battista Cuneo, nato qui nel 1809, marinaio, giornalista e patriota. E’ sua la prima biografia di Giuseppe Garibaldi. Foto sotto: lo chef del ristorante Dau Cila a Riomaggiore, il borgo piÚ meridionale del parco nazionale delle Cinque Terre. In posizione invidiabile, si mangiano piatti tipici liguri e pesce freschissimo, appena sopra il porticciolo colorato da decine di gozzi.
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Riflessi nel porticciolo riparato di Vernazza, borgo delle Cinque Terre. Nel 1997 l’UNESCO dichiarò questo tratto di costa ligure di Levante, tra i più belli e caratteristici d’Italia, Patrimonio Mondiale dell’Umanità. 85
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A sinistra in alto, l’orata al pepe rosso del ristorante Tumelin a Levanto. Sotto: la coltura dell’olivo in Liguria raggiunse la sua massima espansione circa trecento anni fa, sfruttando i terrazzamenti per rubare ai ripidi pendii montani un po’ di terra coltivabile. La difficoltà poi a meccanizzare la raccolta e la coltivazione ha causato negli anni la diminuzione della superficie a oliveti, rimasti solo nelle zone più vocate. La Liguria è stata la prima regione a certificare con DOP il proprio olio extravergine di oliva, prodotto in tre zone geografiche ben distinte: Riviera dei Fiori (area di Imperia), Riviera del Ponente savonese (Savona) e Riviera di Levante (Genova-La Spezia). Fruttato, sentori erbacei e sapore dolce, sono le caratteristiche organolettiche dell’olio ligure. A destra, polpo e verdure del ristorante Gambero Rosso di Vernazza.
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A sinistra, tronchetti di baccalà con carciofi di Albenga. A destra: sapori della gastronomia ligure al ristorante Colle del Telegrafo, sopra Vernazza. Acciughe salate e pesto, simbolo culinario delle riviere. Deve il suo nome al fatto che gli ingredienti vengono pestati in un mortaio rigorosamente di marmo e battuti con un pestello di legno. Basilico a foglia piccola, due spicchi d’aglio, formaggio pecorino e parmigiano, pinoli, amalgamati con olio extravergine d’oliva ligure.
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Pagina precedente: Gli scampi di Portofino e i gamberi di Santa Margherita Ligure sono ricercatissimi e divenuti spesso soggetto di narrazione. Manuel Vasquez Montalbán, in occasione della sua visita a Genova per il Festival Internazionale di Poesia, sguinzaglia Pepe Carvalho sulle tracce della preziosa ricetta, ad oggi segreta. A sinistra: la sapienza contadina, trasmessa ai giovani che “ritornano alla terra”, può essere un volano formidabile per il rilancio dell’economia rurale. Come per il prodotto d’eccellenza autoctono delle Cinque Terre: lo Sciacchetrà, vino liquoroso invecchiato almeno due anni. L’uva, scelta acino per acino, delle varietà Albarola, Vermentino e Bosco, viene lasciata appassire fino al giusto livello zuccherino. Ottimo anche il fresco Vermentino, che accompagna piatti di pesce e crostacei. A destra: il limoncello di Monterosso.
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Un veliero solca veloce le acque prospicienti Porto Maurizio. Ogni due anni qui si tiene la manifestazione “Vele d’autore”, una kermesse coreografica di quattro giorni, di regate e barche d’epoca. Nella scorsa edizione, settembre 2014, oltre 70 imbarcazioni di lunghezza compresa tra i 7 e gli 85 metri, si sono sfidate in queste acque ricche di storia. Porto Maurizio ha dato i natali al premio Nobel per la chimica Giulio Natta.
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Pagina precedente: gabbiani comuni in volo dal torrione di Vernazza. Qui sotto: Il murale dell’artista italo argentino Silvio Benedetto, a Riomaggiore, rappresenta le difficoltà del fare agricoltura sui versanti scoscesi delle Cinque Terre, per l’esiguità dei terreni coltivabili. Dalle terrazze a picco sul mare, coltivate a vigna, si producono vini DOC molto apprezzati.
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INFO UTILI Foto e testi di Vittorio Giannella Come arrivare Per Imperia e la Riviera di Ponente con l’autostrada A10 per Ventimiglia. Per le Cinque Terre e Riviera di Levante uscire a Carrodano/ Levanto. Un consiglio è quello di lasciare l’auto a Levanto e muoversi con i comodi e veloci treni per raggiungere i borghi delle Cinque Terre. Le strade sono tortuose e poco comode, inoltre i parcheggi sono in numero limitato.
Dove mangiare Trattoria forno Upapa a Oneglia, si mangiano specialità liguri e la sera una farinata ottima. T. 183 294310. Dau Cila a Riomaggiore, tavoli sul porticciolo, ottimo il vino della casa abbinato a piatti di pesci e crostacei. T. 0187 760032 Dove dormire: B/B Il giardino di Ninito a Imperia, dominante la città e immerso tra uliveti e boschi, con piscina. T. 338 1496352. B/B Casa dei limoni a Monterosso, immerso in un limoneto profumatissimo, a due passi dal mare. T.0187 819243. Info
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| UN ABITO NUOVO, UN CUORE ANTICO
Casco Viejo è il cuore storico di Panama. Protetto dall’UNESCO e testimone di un passato che i nuovi quartieri progressivamente cancellano.
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PANAMA
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Alla pagina precedente lo skyline di Panama, una città in pieno boom grazie anche a convenienti norme fiscali, che hanno attratto investitori esteri e grandi multinazionali. Basti pensare che tutti gli edifici di nuova costruzione sono esentati dalle imposte sulla proprietà immobiliare per 20 anni e che gli stranieri residenti a Panama non pagano tasse sul reddito guadagnato all’estero. Inoltre l’IVA è al 7% su quasi tutti i beni e la massima aliquota sulle persone fisiche è del 25%. Panama ha il PIL più elevato di tutta la regione centro americana ed è la terza economia dell’America Centrale dopo il Guatemala e la Costa Rica. Una economia che cresce annualmente “solo” dell’8,6% in media dal 2006 a causa della crisi finanziaria del 2009, che ha ridotto a una crescita del 2,4% quella che l’anno prima era del 10,6%. Negli ultimi 14 anni l’aspetto della città è radicalmente cambiato. Una selva di grattacieli ha sfrattato le vecchie case in stile coloniale, recuperando terreno anche dal mare.
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Panama fu fondata nel 1519, ma nel 1671 fu bruciata dal governatore Juan Perez de Guzman per impedirne l’attacco e il saccheggio da parte del pirata Henry Morgan. Nel 1673 fu ricostruita sulla punta di una penisola, in una posizione ritenuta più sicura, circondata dal mare e da una cinta di mura. Il suo cuore costituisce il Casco Viejo – appunto il Quartiere Antico - costruito nel 1673, che ancora ospita i vecchi palazzi di governo e che dal 1997 è parte del Patrimonio dell’Umanità UNESCO.
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Le case coloniali, dalle tinte sgargianti, fiancheggiano vie strette e buie, che riparano un po’ dai raggi del sole e accompagnano in interessanti passeggiate. Strade sono come cortili, estensioni delle abitazioni, che vi riversano i loro segreti. Ăˆ facile fermarsi su un gradino a chiacchierare con gli abitanti che prendono il fresco, specie alla sera, ad ascoltare storie stupende.
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Qui a destra. 4 operai in pausa dal lavoro. La vita a Panama scorre senza fretta, lasciando molto tempo agli incontri e ai rapporti umani, che contribuiscono a fare di questo uno dei Paesi piÚ accoglienti del Centro America. Sotto. Lavori minimi. Una venditrice di biglietti della lotteria vende alcuni tagliandi a un giocatore, con un piccolo sovrapprezzo, che gli eviterà una lunghissima coda all’ufficio dove altrimenti li dovrebbe acquistare.
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Un pescatore pulisce e rivernicia la sua barca. A Panama esiste un attivo porto peschereccio, dove è vietato l’accesso ai non addetti. Le barche riescono ad avvicinarsi alla banchina solo in condizioni di alta marea. Poi tutto si ferma. Appena fuori la gente si affolla al mercato, dove i pescatori scaricano i loro prodotti freschissimi. Spettacolari le aragoste. Sullo sfondo i grattacieli contrastano questa scena senza tempo.
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A sinistra la chiesa di san Francesco di Assisi, una delle più piccole e decorate chiese nel Casco Viejo. Si trova su Plaza Bolivar. Come molti dei palazzi intorno, la chiesa fu distrutta da un incendio nel 1737 e ancora nel 1756. Il definitivo restauro del 1998 ha restituito al quartiere uno dei suoi gioielli. Cappelli Panama in vendita su una bancarella. Questo tipo di cappello, che si ottiene intrecciando a mano le fibre di una palma nana, porta il nome della città di Panama, ma in realtà è fabbricato in Ecuador (Cuenca) e in Messico. La sua peculiarità è che si può arrotolare e riporre senza che perda la forma, tanto che viene venduto in una scatoletta di legno di balsa. Il cappello tradizionale panamense è invece il sombrero pintado, molto più spartano, realizzato artigianalmente nella cittadina di La Pintada.
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A sinistra. Dalle porte aperte sulla strada per arieggiare l’interno delle case, si ha uno scorcio della vita quotidiana dei cordiali e amichevoli abitanti del Casco Viejo. A destra un culturista si allena nella striscia di prato di un giardinetto fiancheggiato dall’Oceano Pacifico e dalla Cinta Costera, all’ombra dei grattacieli del centro della città di Panama. Le attrezzature sono liberamente disponibili per chiunque voglia sudare un po’.
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Le auto scorrono veloci lungo el Corredor Sud e la Cinta Costera, che attraversano Panama City fiancheggiando l’Oceano. Su questi viali si affacciano faraonici hotel e grattacieli delle Company. Non ci abita nessun privato. La Cinta Costera prosegue verso il Casco Viejo, abbracciandolo da lontano con un largo giro su un ponte nell’oceano, in modo da osservare gli standard dettati dall’UNESCO per la protezione del quartiere.
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A sinistra. Cerimonia nuziale di famiglie di origini cinesi. A Panama City c’è una popolosa Chinatown, nei pressi del quartiere di San Felipe, vicino a Casco Viejo. Di origine cinese è il 6% degli abitanti, anche se non tutti vivono qui. La zona è il punto di riferimento per reperire prodotti made in China, dato che praticamente tutti i negozi sono di proprietà cinese. Sotto. Le facciate dai colori brillanti di molte case del Casco Viejo sono un assist irresistibile per gli appassionati di fotografia: uno sfondo su cui immortalare suggestive scene di vita quotidiana.
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Sotto. Il multicolore artigianato di Panama, qui rappresentato da bellissime maschere tradizionali degli EmberĂ , una delle 7 tribĂš di nativi del Paese, in fibra di palma colorata con tinte naturali, solitamente a foggia di animale. Accanto. Tessuti come quadri: le molas intrecciate e indossate come unico capo di abbigliamento dalle donne della tribĂš dei Kuna, costituiscono dei meravigliosi souvenir da appendere alle pareti delle nostre case al ritorno.
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Un murales su un muro del Casco Viejo dipinto da un ignoto artista per salutare e ringraziare i visitatori
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INFO UTILI Foto e testi di Federico Klausner Come arrivare Tutti i voli internazionali arrivano all’Aeroporto Tocumen di Panama City. Si deve volare via Madrid, Parigi, Amsterdam, Francoforte o Lisbona perché dall’Italia non ci sono voli diretti. Da considerare anche la possibilità di uno scalo negli USA per poi proseguire con una compagnia aerea americana (American Airlines, Delta ecc.) Quando andare Il clima è tropicale e caldo tutto l’anno, con temperature che oscillano tra 23° e 32° senza grandi escursioni. Ci sono due stagioni: quella delle piogge che va da maggio a dicembre, con rovesci al pomeriggio o in serata, e quella secca, che va da metà dicembre a fine aprile, che è anche il periodo migliore per un viaggio. Ci sono forti differenze climatiche tra la costa pacifica e caraibica, tra la pianura e l’altitudine, più una
serie di microclimi, che rendono le previsioni del tempo un vero azzardo. Nessun timore invece per gli uragani dato che Panama non è sulla loro rotta. COSA PORTARE In un viaggio a Panama non si devono perdere: una visita a Panama City, al famoso Canale e alle incantevoli isolette di San Blas gioielli di mare e palme. Il luogo più popolare per il turismo è Bocas del Toro, dalla affascinante atmosfera caraibica: sole, spiagge orlate dalla giungla e onde perfette per il surf. Poi la provincia di Chiriquí, con le sue montagne e foreste, il parco Nazionale di Portobelo, con i suoi splendidi fondali marini e quello di Isla Coiba, che racchiude straordinari ecosistemi marini e terrestri. Per i più avventurosi c’è il Darién, una delle zone più inesplorate del pianeta, con il Parco Nazionale il più grande e selvaggio di Panama (579.000 ha).
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E PER SENTIERO UN FIUME DI GHIACCIO.
Nella remota valle dello Zanskar, in Ladakh, l’inverno isola numerosi villaggi dal resto del mondo. Ma il fiume ghiacciato diventa per i loro abitanti un provvidenziale sentiero.
INDIA |
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Lo Zanskar è una regione remota dell’India settentrionale incastonata fra la grande catena himalayana e il Karakorum, a metà strada tra il Kashmir e l’antico regno tibetano del Ladakh, (il Paese degli alti valichi). Regno indipendente fino al 1842, fu successivamente annesso all’India che cercò, senza molto successo, di imporvi lingua e cultura. All’interno di questo deserto d’alta quota, villaggi sparuti si alternano a monasteri lamaisti simili a fortezze in miniatura, che dominano l’omonimo fiume. In questo luogo immoto nel tempo, alla fine di gennaio, quando la terra si lascia ricoprire da un candido lenzuolo, le temperature crollano oltre – 30°C, sotto le raffiche dei venti himalayani. Le acque del fiume, impetuose durante tutto l’anno, iniziano a rallentare il passo, fino a lasciarsi imprigionare completamente nel proprio alveo. È il momento, per certi aspetti magico, in cui lo Zanskar, che scende serpeggiando verso nord fino alla confluenza con l’Indo, si trasforma nel Chadar, il fiume di ghiaccio.
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Questo importante evento atmosferico offre agli abitanti, bloccati nella valle dalla fine del mese di ottobre, quando la neve rende impraticabile l’unica strada carrozzabile e i sentieri che mettono in comunicazione questo antico regno con il resto del mondo, una nuova possibilità: camminare sul ghiaccio. Il percorso sul fiume si snoda attraverso gole lunghe circa 70 km. La notte ci si ripara dal gelo dormendo dentro a grotte create dall’erosione nella soffice arenaria. Gli abitanti dello Zanskar lo percorrono ancora oggi per trasportare il burro, particolarmente profumato e apprezzato, verso il mercato di Leh, la capitale del Ladakh. In questi ultimi anni l’unicità di questo itinerario ne ha fatto anche una meta per trekkers amanti dei luoghi estremi.
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Il percorso lungo il fiume è transitabile solo nei mesi di gennaio e febbraio. Anche in questo periodo però non sempre le temperature si abbassano al punto da ghiacciare completamente le acque vorticose dello Zanskar. A volte la superficie si presenta liscia come uno specchio per mostrare sotto di sé disegni fantasmagorici e richiedere buone doti di equilibrismo. In altri momenti, gli strati superiori del ghiaccio si sciolgono lasciando in superficie una pellicola d’acqua gelida dentro cui immergersi con gli stivali o a piedi nudi, se i primi non sono sufficientemente alti. Succede anche che il ghiaccio sia troppo sottile per sostenere il peso di uomini e slitte. Gli incidenti con persone cadute in acqua e trascinate dalla corrente non sono una rarità.
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Oggi come un tempo, sono necessari dai cinque ai sette giorni per percorrere l’intero corso del fiume dalla sua confluenza con l’Indo fino al termine delle gole, quando la valle si allarga e si incontrano i primi villaggi. I capricci meteorologici, però, che possono alterare la consistenza del ghiaccio nel giro di poche ore, trasformando una distesa liscia come uno specchio in un vortice d’acqua impossibile da attraversare, possono rendere l’impresa particolarmente avventurosa. In certi punti è possibile superare gli ostacoli creati dal fiume non completamente ghiacciato, arrampicandosi alcune decine di metri sopra l’alveo. In questo caso i portatori sono costretti a caricarsi in spalla le pesanti slitte che in genere trascinano sul ghiaccio. Nella parte più stretta delle gole però questa pratica è resa impossibile dalle ripide pareti di roccia.
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Capita che sulle pareti innevate che scendono ripide verso il fiume facciano capolino gli occhi curiosi di famiglie di Ibex (stambecco siberiano), che si muovono elegantemente tra la neve per raggiungere la sommitĂ della falesia. Si tratta di una specie i cui esemplari adulti sono alti circa un metro per un peso di 130 Kg. Le corna dei maschi possono crescere fino a 130 centimetri, mentre nelle femmine difficilmente superano i 20 centimetri. In genere vivono in alta quota sul limite delle linea di crescita della vegetazione, ma in inverno sono costretti a scendere piĂš in basso in cerca di muschi e licheni che trovano rimuovendo il manto nevoso. I maschi sono spesso in lotta tra loro per conquistarsi il maggior numero di femmine possibile, che poi mantengono in una sorta di harem.
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I vortici cristallizzati del fiume si trasformano in percorsi della mente per gli uomini dello Zanskar, che si tramandano i racconti delle avventure sul Chadar da molte generazioni. Durante il cammino il sottile strato di ghiaccio superiore scricchiola terribilmente sotto il peso degli scarponi, producendo rumori secchi che vengono amplificati dall’eco delle 144
gole e dal silenzio ovattato prodotto dalla neve. In alcuni punti il fiume sembra dissolversi completamente sotto un manto di neve fresca, e il cammino diventa apparentemente più facile, ma è solo un’illusione. Superata una curva, le acque si ripresentano impetuose e il ghiaccio si fa sempre più piccolo fino a costringere a una scalata sulle rocce a strapiombo. 145
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Il commercio del burro rappresenta uno dei principali introiti per le famiglie che possiedono numerosi capi di bestiame nei villaggi e nelle malghe ad alta quota. In questa regione si vive ancora in una sorta di autarchia, dove il baratto non è stato completamente dimenticato come elemento di scambio. Quando questa forma commerciale arcaica era in vigore, in tutto il territorio himalayano, un chilo di burro prodotto in Zanskar equivaleva a quaranta chili di grano, e il suo possesso rappresentava un vero e proprio status symbol. Un tempo la carovana annuale era composta da un centinaio di persone che viaggiavano in piccoli gruppi per oltre 120 km lungo il fiume ghiacciato. Gli uomini intabarrati dentro le gont-cha (il pesante pastrano tradizionale dal colore di prugna) e armati di bastone scivolavano sul ghiaccio come pattinatori in lunghe file indiane trasportando sulle spalle cesti con circa 15 kg di burro, oltre al cibo da consumarsi lungo il percorso.
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Oggi sul fiume di ghiaccio si avventurano anche gli studenti delle scuole di Leh, che tornano nella propria valle durante le vacanze invernali, e piccoli gruppi di turisti in cerca di avventure esotiche in terre estreme, lungo uno dei percorsi di trekking più unici e affascinanti del pianeta. Per gli appartenenti a questa categoria, affrontare il fiume ghiacciato è un’esperienza fuori dal comune. Più che la risalita di un corso d’acqua sembra di compiere 150
un viaggio nel tempo. Senza accorgercene ci si ritrova in una sorta di paradiso terrestre, un luogo quasi completamente privo di contatti esterni. Si viaggia nell’ombra, stretti tra gole dove il sole non riesce a penetrare neanche a mezzogiorno. Si cammina su uno strato di ghiaccio che cambia continuamente aspetto e consistenza. 151
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Dal villaggio di Nerak, arroccato alcune centinaia di metri sopra le gole, Chering Tashi scende correndo lungo il pendio innevato. Nel suo zaino porta due preziosi palloni duri come pietre avvolti dentro al budello di una capra: il burro dello Zanskar. In questi ultimi anni l’importanza commerciale della carovana si è notevolmente ridotta e sono ormai poche le persone che affrontano il fiume con il carico di burro sulle spalle. La maggior parte degli abitanti preferiscono trasportarlo in corriera prima che la strada carrozzabile venga chiusa dalla neve, nonostante il rischio di deperibilità a causa delle temperature troppo alte. Proprio per questo motivo lui e pochi altri continuano a seguire l’antico percorso, sicuri che il burro trasportato in questo modo mantenga un profumo inimitabile, il profumo della fatica di un piccolo popolo di 15000 abitanti orgogliosi delle proprie tradizioni e di uno stile di vita immutato nei secoli.
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Dopo 6 giorni di cammino la valle si allarga e il sentiero risale dall’alveo del fiume per attraversare villaggi da cartolina, con le case semi sommerse da una candida coltre di neve e i bambini che scivolano su rudimentali sci fatti con tubi di gomma legati ai piedi. Il territorio dello Zanskar è composto da minuscoli villaggi con la sola eccezione di Padum, che con circa 1000 abitanti è di gran lunga il centro più importante della valle. Padun era anche la capitale dell’antico regno dello Zanskar e dal 1980 è collegata a Leh da una strada carrozzabile, che rimane chiusa per la neve da ottobre fino a primavera inoltrata.
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Durante i giorni di trekking, i turisti normalmente dormono in piccole tende igloo, mentre le guide e i portatori locali riposano nelle grotte sparse sui fianchi delle gole. All’imbrunire, i fuochi dei bivacchi brillano nell’oscurità creando un’atmosfera da presepe montano sotto la neve. Guanti e calzini fradici penzolano dai bastoni posti sopra le braci su cui si trova l’immancabile bricco per il tè aromatizzato alla cannella. La lenta trasformazione del percorso da Via del Burro a esperienza di trekking in luoghi estremi, ha permesso a molti abitanti dello Zanskar di crearsi una nuova professione, diventando portatori e guide turistiche per incrementare le poche risorse economiche di una vita difficile.
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All’interno delle abitazioni in inverno la gente si stringe attorno alle stufe alimentate da sterco di yak e recita mantra nell’impossibilità di recarsi ai monasteri. La sera donne e ragazze si riuniscono per filare e cardare la lana oltre a raccontarsi storie e pettegolezzi su mariti e possibili fidanzati. Sonam, la guida che mi accompagna in questo viaggio, si aggira tra loro come un perfetto anfitrione. Alle pareti fa bella mostra di sÊ un manifesto con disegni di aerei ed elettrodomestici oltre a una sua foto. Fu il periodo della sua avventura politica per cercare di togliere lo Zanskar dal suo isolamento, condizione che tanto affascina i viaggiatori occidentali.
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I circa 15000 abitanti che oggi vivono nella valle dello Zanskar sono un misto di popolazioni tibetane e indo-europee come i Dard: gruppo etnico presente prevalentemente nell’Afghanistan orientale, il cui nome deriva da Erodoto che descrisse il loro territorio come Dardikae. Il 95% pratica il buddismo tibetano, mentre esiste una piccola comunità musulmana i cui antenati si stabilirono a Padum nel XIX secolo. Il quasi totale isolamento durante i mesi invernali, porta gli abitanti a vivere in un sistema di semi-autarchia basato sull’allevamento e sullo sfruttamento intensivo degli scarsi terreni coltivabili grazie al terrazzamento. Per mantenere un efficiente controllo sulle nascite gli abitanti hanno in passato utilizzato il sistema della poliandria, secondo cui diversi fratelli sposano un’unica moglie.
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Un tempo gli uomini dello Zanskar che dovevano affrontare il Chadar consultavano un astrologo, per avere lumi sulla tenuta del ghiaccio e sul pericolo di valanghe, prima di partire con lo zaino colmo di burro sulle spalle. La Carovana del Burro che permette di far arrivare sui mercati di Leh l’apprezzatissimo burro prodotto dal latte di drimo (la femmina dello yak) o di dzo-mo (un incrocio tra yak e vacca) sugli alti pascoli ricoperti di fiori delle valli dello Zanskar, è il più caratteristico percorso commerciale tutt’ora frequentato in Himalaya. A Leh, anche oggi in cui il costo del burro in scatola è di circa un quarto inferiore a quello prodotto in Zanskar, ladakhi e tibetani che possono permetterselo, preferiscono questo prodotto locale, perché considerato più ricco e nutriente.
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INFO UTILI Foto e testi di Bruno Zanzottera Come arrivare In aereo: Quasi tutte le compagnie aeree europee e arabe collegano le maggiori città italiane con gli scali internazionali di Parigi, Londra, Francoforte, Kuwait City, Amsterdam e Vienna, da cui proseguire con le coincidenze per Delhi. Da Delhi a Leh voli giornalieri di Jet Airway, Kingfisher, Indian Airlines . DOCUMENTI È necessario richiedere il visto dall’Italia e per ottenerlo è necessario allegare al passaporto (con sei mesi di validità e due pagine libere), tre foto e il formulario compilato e sottoscritto.
COSA PORTARE Consigliati i canadian boot la cui suola ha una mescola che permette aderenza sul ghiaccio. Abbigliamento da alta montagna e sacco a pelo per bassissime temperature (considerare di dover dormire in tenda o in grotta anche a –30°). Inutile la piccozza. una corda da alpinismo permette di affrontare in sicurezza eventuali guadi. Sacchi impermeabili dentro cui infilare abiti e sacco a pelo e attrezzatura fotografica e video. Le basse temperature notturne, inoltre, riducono le prestazioni delle fotocamere digitali: estrarre batterie e memory card e tenerle al caldo nel sacco a pelo.
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UN redattore AL MESE
In questo numero vi presentiamo il nostro redattore Devis B
3) Cosa significa per te viaggiare Cercare e contemplare la bellezza, imparando a distinguerla dove non è manifesta; non avere fretta, dato che adoro viaggiare coi piedi per terra, prendendo l’aereo il meno possibile; non smettere di indignarmi davanti a condizioni di povertà o disagio sociale e, dove possibile, portarne testimonianza. In fondo iniziai a viaggiare partecipando a campi di lavoro nei paesi del Sud del Mondo. 4) Quale area del mondo preferisci e perché
1) Come hai iniziato questo lavoro? Nel mio caso il percorso è stato un po’ particolare, dato che lo scrivere di viaggi ha affiancato nel tempo e con naturalezza la mia principale vocazione, ossia la narrativa. In passato viaggiando trovavo spunti per quelli che sarebbero diventati i miei romanzi, fermandomi lì. Solo in un secondo momento ho iniziato a raccontare direttamente luoghi e destinazioni,
cosa che faccio con immenso piacere. Oggi mi definisco semplicemente scrittore, anche perché non sono giornalista. Da scrittore trasfiguro molto, cerco di rendere vivo un luogo, se possibile lo trasformo in una storia che coinvolga il lettore. 2) Quattro aggettivi che ti descrivono come persona e come scrittore? Mi definirei curioso, irrequieto, meditativo, un po’ ermetico.
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Indubbiamente l’America Latina. È una passione viscerale da quando ero bambino. Là mi sento a casa, tanto a San Paolo del Brasile, dove tra l’altro ho molti amici, quanto a Città del Messico. C’è la sensazione di stare in un Paese che è giovane e antichissimo, vitale, ottimista e al contempo straziato, una sinergia di etnie e colori. La gente ti butta addosso le proprie storie e parla, parla… Una meraviglia. 5) Scrivi in viaggio o quando torni? E quando sei via quale supporto usi (carta o digitale?)
Fino a una decina di anni fa avevo sempre il classico diario. Adesso mentre viaggio non scrivo quasi mai: è tutto rimandato al ritorno, a parte qualche appunto. Una volta a casa scrivo al computer e lo odio, ma purtroppo è più comodo.
taccuino per qualche appunto da prendere al volo, macchina fotografica e poco altro. Ho sempre con me dei sacchetti in cui raccolgo piccoli oggetti del posto: un pugnetto di sabbia, una pietra, una foglia, il tappo di una bottiglia.
6) Se esiste qual è il tuo reportage dei sogni?
8) Quando viaggi per fare un servizio preferisci partire in gruppo o da solo?
Ovviamente ho dei sogni nel cassetto. Il primo, dai tempi che giocavo a Risiko e lo ritrovavo sulla cartina, è fare un viaggio alla scoperta della penisola di Kamčatka, tra vulcani e ghiacciai. Poi vorrei visitare l’arcipelago di Tristan da Cunha, nell’Oceano Atlantico meridionale. Qui c’è uno degli insediamenti umani più remoti del mondo, a causa della distanza dai continenti. 7) Cosa mette in valigia uno scrittore di viaggi? Cosa non deve mancare? Innanzi tutto sostituisco la parola valigia con zaino o sacca: mai avuto una valigia. Mi piace portare la mia roba sulle spalle per essere sicuro di averne poca. Io e mia moglie ci siamo addirittura sposati con lo zaino in spalla. Nel mio caso non mancano mai il romanzo di un autore del luogo dove sto andando, magari una raccolta di poesie, un
Non amo viaggiare in gruppi che superino le quattro o cinque persone, se no la logistica si complica troppo. Il più delle volte vado in giro da solo o con mia moglie. Il viaggio più bello è sempre in estate, quando ci regaliamo almeno un mese intero via coi nostri bambini e maciniamo migliaia di chilometri parlando di tutto. Nota biografica Nato a Vignola nel 1977, laureato in fisica, ha visitato più di quaranta Paesi, alternando lunghi viaggi on the road a campi di lavoro nel Sud del Mondo. Ha pubblicato i romanzi La sete dei pesci (2013), La ruggine (2011), L’inverno dell’alveare (2010) e La memoria al di là del mare (2007). Attualmente si occupa di ricerca in campo biomedicale e al contempo collabora con diverse testate che si occupano di viaggi e turismo.
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NUMERI
One mine One life Three heroes project Cambodia
In vendita il portfolio di 4 foto del reportage di Graziano Perotti in una elegante copertina, per una offerta minima di 15 â‚Ź spese di spedizione incluse. Quanto raccolto sarĂ devoluto in beneficienza alle organizzazioni di assistenza citate.
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cuore
Italia La Verona di Giulietta
corpo gusto Spagna Canarie, il carnevale di Las Palmas
Martinica Rhum e velae
Italia Via francigena: Ora et Labora
Gioielli di gelo e brina
mente natura
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