Federico Klausner direttore responsabile Federica Giuliani direttore editoriale Devis Bellucci redattore Silvana Benedetti redattore Maddalena De Bernardi redattore Francesca Spanò redattore Paolo Renato Sacchi photo editor Isabella Conticello grafica Willy Nicolazzo grafico Paola Congia fotografa Antonio e Giuliana Corradetti fotografi Vittorio Giannella fotografo Monica Mietitore fotografa Graziano Perotti fotografo Emanuela Ricci fotografa Giovanni Tagini fotografo Bruno Zanzottera fotografo Progetto grafico Emanuela Ricci e Daniela Rosato Indirizzo: redazione@travelglobe.it Foto di copertina: Vittorio Giannella - Isole FærØer Tutti i testi e foto di questa pubblicazione sono di proprietà di TravelGlobe.it ® Riproduzione riservata TravelGlobe è una testata giornalistica Reg. Trib. Milano 284 del 9/9/2014
EDITORIALE
Bentornati viaggiatori. Il rientro dalle vacanze è sempre difficile, ma per noi il viaggio continua. Un anno fa, il 22 settembre per la precisione, TravelGlobe veniva messo online per la prima volta e oggi possiamo dire di essere davvero orgogliosi del prodotto, che in molti definiscono elegante usandolo come best practice. Abbiamo fatto scelte estreme, come la decisione di non trattare argomenti generalisti o superficiali, per poter lasciare un’impronta indelebile in questo grande mare di sabbia al vento che è il web. Con un occhio alla SEO e l’altro all’originalità, abbiamo voluto distinguerci per contenuti e immagini di qualità. Un’altra scelta fuori dal coro, in campo giornalistico, è l’aver selezionato a monte un team di giornalisti e fotografi a cui affidare il lavoro, senza disperdere energie nel coordinare troppe teste che magari non condividono gli obiettivi del progetto. In questo modo, possiamo vantare uno staff coeso fatto da professionisti, certo, ma soprattutto da un gruppo di amici che remano tutti nella stessa direzione con un unico intento: continuare a diffondere bellezza e cultura. Voi potete aiutarci nella nostra impresa continuando a seguirci, condividendo i nostri articoli e iscrivendovi alla newsletter. In questo modo, continuerete a viaggiare anche a vacanze finite.
TRAVELGLOBE
Buon compleanno TravelGlobe
S O M M A R I O EDITORIALE di Federica Giuliani
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NEWS
COMACCHIO Viaggio dell’anguilla Foto e testi di Bruno Zanzottera
CAMERUN Regno delle tribù Foto e testi di Bruno Zanzottera
Isole FærØer Incontenibile bellezza Foto e testi di Vittorio Giannella Mauritania
La memoria del deserto Foto di Monica Mietitore testi di Monica Mietitore Leonardo Paoluzzi 5
CAMBOGIA Angkor Wat, la città tempio Foto e testi di Graziano Perotti FOTOGRAFO DEL MESE
Monica Mietitore LEGENDA
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M E N T E C U O R E N AT U R A G U S T O CORPO
DOLOMITI SLOW
SAPORI
Dolomiti Walking Hotel è un club di prodotto specializzato in escursioni e camminate attraverso i paesaggi delle Dolomiti, che raggruppa i migliori alberghi in grado di offrire servizi ad hoc per gli escursionisti. A partire da 385 euro a persona in mezza pensione, offrono servizi pensati per camminatori ed escursioni settimanali con guide esperte. Info: Dolomiti Walking Hotel
Una guida per raccontare il patrimonio enogastronomico del viterbese, che vuole promuovere, valorizzare e incentivare la commercializzazione dei prodotti tipici di questo territorio. Prodotti diversificati tra loro, ma che insieme costituiscono un paniere da presentare sotto forma di offerta unica di qualità. Inoltre, presenta cinque itinerari turistici che si identificano con le principale aree di attrazione. Guida enogastronomica della Tuscia - A tavola con gli Etruschi | Info
TEAM BUILDING
VIET FOOD
Slow Drive ha ideato una nuova proposta di Team Building (o addio al nubilato/celibato): Enigma Vintage Tour. Un’esperienza coinvolgente da vivere in autonomia su auto d’eccellenza. Oltre 30 vetture dal design unico e inconfondibile: dalle fiammanti Alfa spider alle roadster inglesi (Morgan, Triumph, MG), dal mitico maggiolino cabriolet fino alle simpatiche Fiat 500 e Mini Cooper. Info: Slow Drive
A Torino è arrivato il Vietnam. Ha infatti aperto un autentico ristorante che propone cucina tradizionale vietnamita con un tocco thailandese. Se volete ritrovare o scoprire i sapori del Paese del Drago, il proprietario del locale saprà accompagnarvi in un percorso sensoriale appassionante. Gli ingredienti unici e originali vi trasporteranno oltre Oceano, almeno con la mente. Tan Than Trattoria del Vietnam | Via delle Orfane 17/f, Torino | t 011 4367140
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PERÙ GOURMET
In Val d’Ega, tra i paesi di Collepietra e San Valentino del comune di Cornedo, si trova il primo Astrovillaggio d’Europa, raggiungibile in mezz’ora da Bolzano dove l’Osservatorio Astronomico “Max Valier” e l’Osservatorio Solare “Peter Anich” offrono uno sguardo nelle profondità dello spazio cosmico. Oltre a questo, l’Altopiano comprende hotel a tema con cannocchiali sui balconi, info point sui pianeti, il sistema solare nelle reception, orologi solari sulla struttura o nel giardino, librerie a disposizione degli ospiti con testi sull’universo e le stelle. Info: Val d’Ega
Konrad Travel propone un itinerario di 10 gg a partenze individuali da Lima. Una full immersion nella cucina peruviana, fusione unica di elementi e sapori provenienti dalla cucina francese, italiana, giapponese e cinese. Spiccano le influenze della gastronomia spagnola e africana, frutto delle colonizzazioni e della presenza degli schiavi arrivati dal continente nero. Il tour prevede anche un’escursione a Machu Picchu con treno Vistadome 1st class Orient Express. Info: Perù Gourmet
NEW YORK SEGRETA
MILANO BEER WEEK
Scopri i bar segreti di New York (speakeasy) dell’epoca del Proibizionismo con il Bar Experience Tour. Con questo tour scoprirai i bar dove vendevano alcolici clandestinamente a Manhattan durante gli anni Venti. Ricorda: per parteciapre devi avere compiuto i 21 anni. Info e prenotazioni: Bar Experience
Dopo il grande successo ottenuto dalla prima edizione, svoltasi nel 2014, ritorna la Milano Beer Week dal 21 al 27 settembre. Come lo scorso anno, la Milano Beer Week vuole celebrare la ricchezza del mondo birrario insieme al talento e alla competenza dei migliori publican e chef. Ci saranno delle new entry - locali che sono stati osservati nel corso di questi mesi e che si sono meritati i riflettori della Milano Beer Week - ma l’elenco sarà svelato a poco a poco sul sito ufficiale dell’evento. milanobeerweek.it 7
TRAVELGLOBE
ASTROVILLAGGIO
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Un Paese tradizionalista dove sopravvivono regole ferree e cerimonie ataviche.
CAMERUN | Regno delle tribU'
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Il territorio del nord del Camerun è stato in gran parte islamizzato dalle popolazioni Fulbé (originariamente allevatori nomadi) ed è stato diviso in lamidati, guidati da sultani (lamido), che mantengono ancora oggi forti poteri. Il più famoso e tradizionalista è tuttora quello di Rey Bouba. Fondato all’inizio dell’Ottocento da Bouba Ngjida, ha visto succedersi sette lamido. Particolarmente potente e temuto, il predecessore dell’attuale sultano, è noto per essere stato uno spietato padre-padrone, che controllava con pugno di ferro il suo territorio, più vasto del Belgio, e aveva diritto di vita e di morte sui suoi sudditi. La disciplina ferrea si nota anche nel trattamento che ricevono i giovani delle scuole coraniche. Se non si sono comportati in maniera corretta, vengono costretti a studiare il Corano con i piedi incatenati.
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Quattro ore di pista e alcuni secoli, separano la città di Garoua nel nord del Camerun dal lamidato di Rey Bouba. 36.000 Kmq di savana dove il Lamido, è sovrano assoluto, detentore del diritto di vita e di morte, sui propri sudditi. Uno stato nello stato, dove il potere centrale è timido e complice allo stesso tempo. Fino all’inizio del XXI secolo a Rey-Bouba, la capitale tradizionale e religiosa, non c’era alcun segno di modernità e si finiva in prigione anche solo per aver aperto una pompa di benzina. Durante le celebrazioni dell’ Eid-al-Kabir (Tabaski in Africa nera) in cui i musulmani uccidono un montone per commemorare la richiesta fatta da Dio ad Abramo di sacrificargli il figlio, si esibiscono in fantasie i cavalieri di corte.
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Con la morte dell’anziano Lamido e l’ascesa al trono di Aboubakary Abdoulaye - il figlio che per tornare a regnare nel suo ‘Stato’ ha dovuto rinunciare a una carica di ministro nel parlamento di Yaoundé - si notano alcuni timidi segni di modernismo. Uno di questi è l’apertura di un internet café con un paio di computer situati in una capanna sulla piazza dove si affaccia il palazzo del Lamido. Durante la stagione delle piogge, tra luglio e settembre, le piste del territorio di Rey Bouba (in tutto il lamidato non esistono strade asfaltate) si trasformano spesso in acquitrini e i villaggi rimangono spesso completamente isolati o raggiungibili con piroghe che navigano tra i campi.
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Durante le celebrazioni dell’ Eid-al-Kabir (Tabaski in Africa nera) durante cui i musulmani uccidono un montone per commemorare la richiesta fatta da Dio ad Abramo di sacrificargli il figlio, nel palazzo del Lamido vengono cucinati numerosi pasti a base di montone e pasta di manioca, che vengono distribuiti a tutta la popolazione.
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Sempre durante la stessa cerimonia giungono a Rey Bouba gli abitanti di buona parte del lamidato. Tra questi si distinguono i pastori fulbé o fulani le cui donne, decorate con l’henné e abbigliate con i vestiti più belli, si esibiscono in danze e cantando le lodi del sovrano.
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Ragazzini in preghiera nel cortile della grande moschea, la stessa dove si reca il Lamido seguito da tutta la sua corte, nelle occasioni importanti. I due ragazzi con il cappello in testa hanno da poco terminato il periodo di iniziazione, che si è concluso con la circoncisione. A Rey Bouba questo rito si consuma ancora collettivamente e dura diversi giorni. Al termine le centinaia di giovani che vi hanno partecipato appaiono in pubblico sontuosamente vestiti per annunciare il loro nuovo stato di credenti.
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Una ragazza, ospite di un orfanotrofio gestito da una signora tedesca, mostra le raffinate decorazioni a base di henné, composto polverizzando la pianta essiccata mischiata a olii essenziali e caffè, in occasione della cerimonia dell’Eid-al-Kabir (Tabaski in Africa nera). La realizzazione di un orfanotrofio, gestito da una donna europea, è una delle aperture in senso liberale dell’attuale lamido Aboubakary Abdoulaye.
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Dogari (dignitari del governo) durante la cerimonia di iniziazione dei giovani sudditi di Rey Bouba. In realtà il Lamido non è il sovrano assoluto, ma deve confrontarsi con la Fada (il consiglio degli anziani raffigurato in parte nella foto della doppia pag. successiva), di cui questi dignitari fanno parte. Sono i depositari della tradizione e spesso si oppongono ai tentativi di modernizzazione all’interno del lamidato.
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A Rey Bouba la struttura educativa è composta principalmente da madrase (scuole in lingua araba, ma termine generalmente utilizzato per indicare le scuole coraniche). Lo scopo di questi istituti è quello di sviluppare un percorso formativo imperniato sullo studio della storia e della letteratura sacra dell’Islam. Per questo motivo è fondamentale l’apprendimento della lingua araba. Le madrase si occupavano esclusivamente di insegnare il diritto religioso e le verità teologiche islamiche. In anni recenti gli istituti più importanti si sono trasformati in una sorta di università, dove si insegnano anche materie scientifiche, o non direttamente legate alla religione. Nelle piccole scuole come quelle di Rey Bouba però l’insegnamento si limita all’apprendimento del Corano, impartito anche con metodi molto rigidi, come dimostra il ragazzo con i ceppi ai piedi.
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Percussionisti scandiscono il ritmo delle danze notturne sulla piazza del palazzo di Rey Bouba la notte prima della cerimonia per la circoncisione dei ragazzi. Ăˆ un momento di grande festa in cui tutti gli abitanti, e i giovani in particolare, si lanciano in danze sfrenate, liberi dagli obblighi cerimoniali del giorno successivo.
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I portatori e i suonatori dei grandi tamburi reali di Aboubakary Abdoulaye Lamido di Rey Bouba si esibiscono durante le celebrazioni dell’ Eid-alKabir (Tabaski in Africa nera). Questi enormi tamburi vengono mostrati al pubblico e suonati solo nelle grandi occasioni ufficiali al seguito del corteo reale. Per poter essere suonati in movimento vengono trasportati sulla testa di un servo di corte e percossi da un musicista alle sue spalle.
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Una ragazza fulbé munge la vacche della mandria di famiglia. Sparsi nella fascia saheliana dell’Africa Occidentale il loro nome significa “nuovo”, ma sono conosciuti con vari altri nomi: fulani in arabo, peul in francese o mbororo per i gruppi che abitano in Niger e sono rimasti totalmente nomadi. Di pelle chiara e lineamenti sottili i fulbé sono l’unica popolazione di questa zona d’Africa antropologicamente non negroide. Proprio per questo motivo sulla loro origine sono sorte numerose teorie e leggende. Una di queste ipotizza che siano i discendenti di una delle tribù perdute di Israele.
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Si tratta di una popolazione originaria dei territori sahariani, che intraprese una migrazione verso Ovest raggiungendo le aree attorno ai due grandi fiumi Niger e Senegal. Islamizzatasi in massa nel XVIII secolo si lanciò in una serie di guerre, che portarono alla creazione di regni teocratici in Mali, Senegal, Nigeria e Camerun.
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Aboubakary Abdoulaye, Lamido di Rey Bouba, rientra al palazzo dalla moschea dopo aver celebrato l’Eid-al-Kabir, rito in cui i musulmani sacrificano un montone per commemorare la richiesta fatta da Dio ad Abramo di sacrificargli il figlio. I servi di corte lo trasportano seduto dentro una portantina, al riparo di grandi ombrelli parasole. Ogni uscita pubblica del Lamido avviene con una coreografia studiata nei minimi particolari per impressionare lo spettatore.
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La cavalleria del Lamido scorta l’uscita di Aboubakary Abdoulaye. Il lamidato è tuttora un governo di tipo feudale a forte impronta teocratica. I vari lamidati presenti nel nord del Camerun, di cui Rey Bouba è il più importante e tradizionalista, si formarono con l’avvento dei nomadi fulbé o fulani provenienti dal nord della Nigeria. Allevatori nomadi, i fulbé si islamizzarono nel XVIII secolo e lanciarono la jihad espandendosi in questi territori del Camerun settentrionale.
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I ragazzi che hanno superato l’iniziazione e sono stati circoncisi, come vuole la tradizione islamica, sfilano in corteo sulla piazza davanti al palazzo del Lamido. Costruito dal capostipite della dinastia tra il 1805 e il 1808, il palazzo occupa una superficie di cinque ettari circondati da una muraglia in fango alta 7 m e lunga 800 m. Al suo interno vi è una vera e propria cittadella dove vivono, oltre al Lamido e le sue mogli, i notabili più prestigiosi, i servitori o schiavi come molti li definiscono, e vi si svolgono svariate attività artigianali. Nel 2006 è stato iscritto tra i Patrimoni Culturali Mondiali dell’Umanità dell’UNESCO.
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Studenti di una scuola coranica di Rey Bouba. Sebbene oggi il Camerun sia una Repubblica Presidenziale e ufficialmente il Lamido di Rey Bouba debba sottostare alle leggi dello Stato, la sua influenza e il suo potere verso quelli che definisce “suoi sudditi” sono ancora molto forti. Ogni giorno decine di persone vengono a rendergli omaggio, ma anche a chiedergli di ripianare molte questioni aperte e diatribe. Il suo ruolo rimane molto importante soprattutto per quanto riguarda la giustizia, esclusi i casi più gravi, e l’amministrazione del territorio.
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Maschere Gueke e Nyagoko delle etnie Mboum e Dourou, che hanno seguito i ragazzi nella savana per l’iniziazione e circoncisione, danzano la notte e il giorno della festa per la conclusione del rito. Sono maschere delle popolazioni animiste, che abitavano originariamente nel territorio del lamidato e che, seppur sconfitte militarmente, hanno mantenuto una sorta di diritto simbolico sulla terra, che consente loro di seguire la parte iniziatica dei giovani abitanti.
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INFO UTILI Foto e testi di Bruno Zanzottera COME ANDARE Brussels Airlines collega le varie città italiane con Yaounde e Douala via Bruxelles. Camair-Co effettua i voli interni da Yaounde e Douala verso Garoua. FOTOGRAFIA Per quanto riguarda le fotografie alle persone, l’Africa è sempre un continente abbastanza delicato per questo tipo di approccio. Le popolazioni del nord del Camerun sono in genere abbastanza gentili, ma non sempre disponibili a essere fotografate. È buona norma chiedere loro il permesso prima e non essere troppo invadenti nei villaggi per evitare situazioni imbarazzanti per loro. Potrà capitarvi che vi chiedano una mancia per le foto, non siatene scandalizzati. Anche merci come zucchero e tabacco saranno sicuramente molto gradite. Durante le cerimonie in genere non ci sono problemi e la gente è quasi sempre disponibile. link Turismo in Camerun
CLIMA Inverno, primavera e autunno sono tutte stagioni buone per un viaggio in Camerun. La stagione delle piogge, che ha i suoi picchi tra luglio e agosto sarebbe da evitare perché, pur non piovendo sempre, il possibile allagamento delle pianure alluvionali può rendere impraticabili le piste per raggiungere il lamidato di Rey Bouba. Libri Nigel Barley, Il giovane antropologo appunti da una capanna di fango, ed. Socrates, 12,50 euro. La storia degli esordi di un antropologo inglese di fama conclamata, raccontata in un libro che è oggi un classico dell’antropologia contemporanea la quale si fa disciplina irriverente e divertita, capace di ridere e di sorridere di sé e degli altri e di conquistare i lettori con avventure che se non fossero vere andrebbero inventate. André Gide, Viaggio al Congo ritorno dal Ciad, ed. Einaudi. Narra il viaggio compiuto da Gide nel 1925 nel cuore dell’Africa equatoriale francese. Un viaggio che segnò profondamente la sua vita, che gli fece scoprire la realtà occultata dello sfruttamento e della schiavitù. 49
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Il viaggio dell’anguilla
Antico centro storico dalla storia nobile è rinomato per la pesca dell’anguilla, che qui si può gustare in tutte le sue declinazioni.
COMACCHIO |
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Importante centro storico nel delta del Po, Comacchio ha una storia antichissima. Durante il XVI secolo fece parte Ducato di Ferrara. Torquato Tasso, ospite del Duca Alfonso II d’Este. Inserì Comacchio e la pescosità delle sue paludi in un passaggio del VII canto del suo capolavoro “Gerusalemme Liberata”. Il testo oggi si può leggere su una targa di marmo sopra un arco del ponte di Trepponti. Sull’altro arco si trova invece una frase del III canto dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto: ”[...] e la città ch’in mezzo alle piscose paludi, del Po teme ambe le foci, dove abitan le genti disiose che ‘l mar si turbi e sieno i venti atroci.”
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Comacchio si creò grazie all’unione di tredici piccole isole formate dall’intersecarsi della foce del Po di Primaro con il mare. Per questo motivo ha orientato il proprio sviluppo economico e urbanistico sull’acqua. Entrata in concorrenza con Venezia, venne da questa attaccata e saccheggiata a più riprese. Oggi le sue case si riflettono nell’acqua dei canali di una tipica città lagunare, anche se, dal 1821, la costruzione del terrapieno stradale che la collega a Ostellato, l’ha privata della sua caratteristica insulare.
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Il ponte di Trepponti é sicuramente l’elemento architettonico più caratteristico di Comacchio. Venne costruito nel 1638 sotto la direzione dell’architetto Luca Danese. Situato nel punto in cui l’antico canale navigabile Pallotta, che metteva Comacchio
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in comunicazione con il Mar Adriatico, si divide in altri quattro canali, rappresentava la porta fortificata della cittĂ con le sue due torri di guardia aggiunte in un periodo successivo.
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Nel corso del tempo le anguille sono diventate il simbolo di Comacchio e nella sede del Parco del Delta si continua a pescare con il tradizionale metodo del lavoriero, una sorta di grande punta di freccia a fior d’acqua, a far da barriera sulle bocche di uscita delle valli. Si tratta di uno strumento antico, ma tuttora importante per la pesca in valle. Permette di catturare le anguille separatamente da cefali e altri pesci, durante le loro migrazioni a mare, stimolate dall’istinto riproduttivo. Un tempo era interamente costruito in grisole (fasce di canna palustre legate da paviera, come questo ricostruito per le visite lungo il percorso del Museo delle Valli) e pali, mentre oggi è in cemento e griglie metalliche.
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Le Valli di Comacchio si formarono intorno al X secolo a causa dell’abbassamento del suolo, con il conseguente impaludamento della zona costiera. Inizialmente le valli erano riempite di acqua dolce, proveniente dalle ricorrenti alluvioni dei fiumi. Nel corso del tempo iniziarono a riempirsi di acqua marina, assumendo l’aspetto di valli salmastre. Oggi le Valli di Comacchio sono un Paradiso d’acqua fatto di suggestivi canali, meta degli appassionati di birdwatching. Ma fino agli inizi del ‘900 questo territorio di lagune e paludi era un luogo ostile e isolato, dove la malaria regnava sovrana e gli uomini sopravvivevano solo grazie all’abilità nella pesca, nella conservazione e trasformazione delle anguille.
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Una delle strutture architettoniche tra le più caratteristiche di Comacchio è il Loggiato dei Cappuccini, formato da 142 archi sostenuti da altrettante colonne di marmo e lungo oltre 400 metri. I Padri Cappuccini si insediarono nella monastero al termine del loggiato nel 1570 per volere del Duca Alfonso II d’Este. Ma già dal X secolo in questo luogo vi era la presenza di un altro monastero conosciuto con il nome di Santa Maria in Auregiario. Sopra l’altare dell’edificio attuale si trova una statua in terracotta della Beata Vergine, venerata col titolo di Santa Maria in Aula Regia: protettrice della città e della maternità comacchiese.
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Due pescatori della stazione di pesca delle Valli di Comacchio raccolgono i cefali catturati con il lavoriero formato da una serie di bacini comunicanti, a forma di punta di freccia. Il sistema di cattura è oggi lo stesso del passato. Tutti i pesci di valle in un certo periodo dell’anno, sentono l’istinto di emigrare verso il mare e viceversa di ritornare alla valle. Il lavoriero li fa convergere in passaggi obbligati e li cattura. Nel primo sbarramento, a maglia più larga, restano impigliati tutti i pesci, tranne l’anguilla, che essendo più sottile riesce a oltrepassarlo, ma viene bloccata al secondo sbarramento, caratterizzato da maglie più fitte.
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Tramonto sulle imbarcazioni di pescatori e sui casoni dalle caratteristiche reti da pesca a bilanciere nelle Valli di Comacchio. Questo tipo di pesca si svolge prevalentemente di sera: le reti vengono calate e l’acqua sovrastante viene illuminata per attirare i pesci. Quindi si sollevano le reti intrappolando i pesci. 69
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Pesca alle anguille alla stazione di pesca delle Valli di Comacchio. Una volta pescate le anguille vengono tenute in vita dentro a contenitori sferici forati depositati in acqua (un tempo venivano conservate nelle marte, tradizionali imbarcazioni forate che rimanevano a pelo d’acqua con le anguille all’interno). Rimarranno in questo modo fresche fino al giorno in cui vengono uccise e cotte, marinate e inscatolate dall’antica Manifattura dei Marinati che dopo anni di chiusura ha recentemente riaperto i battenti
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Due pescatori nella Valle Foce. Sullo sfondo la casa costruita per il film ‘L’Agnese va a morire’ di Giuliano Montaldo (1976). L’edificio doveva essere una piccola caserma. Per realizzarlo una parte della valle è stata prosciugata e quindi nuovamente allagata per restituire alla valle l’aspetto originario.
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Alcuni casoni per il ricovero di attrezzi nei campi attorno all’Abbazia di Pomposa, di cui vediamo il campanile sullo sfondo. Costruita nel IX secolo, è una delle abbazie più importanti di tutto il nord Italia. All’interno dell’edificio attuale, consacrato nell’XI secolo, si trovano veri e propri capolavori, come il prezioso pavimento in marmo con motivi geometrici, floreali e zoomorfi, oltre a numerosi affreschi trecenteschi.
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Nel 1933, l’Azienda Valli Comunali di Comacchio, che svolgeva l’attività di pesca e cultura ittica, iniziò a gestire una fabbrica per la marinatura delle anguille. Attiva fino agli anni ’90, la manifattura ha recentemente ripreso la lavorazione tradizionale all’interno dei vecchi edifici. Il “cuore” della lavorazione è la sala dei fuochi, dove si trovano 12 enormi camini con vari spiedi su cui vengono infilate le anguille tagliate.
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La procedura tradizionale prevede la decapitazione dell’anguilla, la divisione in tronchi per poterla infilare negli spiedi e quindi cuocerla sui camini. Qui è molto importante saper governare il fuoco in modo corretto. Al termine l’anguilla viene messa in salamoia (aceto, sale e acqua) e inscatolata.
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Nei ristoranti di Comacchio e di tutta le zone limitrofe l’anguilla è uno dei piatti piÚ gettonati. La tradizione natalizia comacchiese prevede la preparazione dell’anguilla in umido, accompagnata da polenta e privata del suo sugo, per poterlo utilizzare nella ricetta del risotto.
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Oltre a Comacchio un altro posto per gustare dell’ottima anguilla è Porto Garibaldi situato alla foce del canale che collega le Valli al mare. Il borgo prende il nome dell’eroe risorgimentale perché tra queste paludi vi morì la compagna Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva, per tutti Anita, durante la fuga dalla disfatta della Repubblica Romana.
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Bar e negozi lungo la Via della Pescheria dove si trova anche il Museo della Nave Romana. Si tratta di una nave per il commercio fluviale di epoca imperiale (fine del I secolo a. C.) rinvenuta nel 1981 in località Valle Ponti. Il suo naufragio presso l’antico litorale romano, molto più arretrato rispetto a quello odierno, e il rapido insabbiamento hanno consentito la conservazione per duemila anni dell’intero carico di 102 lingotti di piombo, anfore vinarie, contenitori per vino pregiato resinato e ceramiche di vario genere. Tutto questo è stato oggi trasferito all’interno del museo. Il padiglione dove si trova lo scafo, ancora in fase di restauro, verrà aperto al pubblico al termine dei lavori.
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INFO UTILI Foto e testi di Bruno Zanzottera
sciuto grazie a due (e prossimamente tre) percorsi guidati.
COSA VEDERE
t +039 0533.328930 +039 0533.328904 email info@vallidicomacchio.it
Ecomuseo delle Valli di Comacchio Le Valli sono un museo vivente, una dimensione misteriosa e senza tempo, per la flora, la fauna, i dossi, i casoni, i pescatori che vi s’incontrano, per le memorie di un’antica vicenda che vi aleggiano, portando col vento l’eco del passato. Ai visitatori l’invito a leggere il dramma plurisecolare di questo mondo d’acque nei casoni, nelle tabarre, nelle cavanne, nelle barche e negli “atrezi” per la pesca, nelle suppellettili della quotidianità dei vallanti, un tempo vincolati alla valle come servi della gleba. L’originale paesaggio naturalistico delle Valli di Comacchio può essere ammirato e cono-
Manifattura dei Marinati L’antica Manifattura dei Marinati rappresenta un pezzo importante della storia di Comacchio, perché ha rimesso in moto l’intero ciclo di lavorazione delle anguille e delle acquadelle. Dove: Via Mazzini, 200 | t 0533 81742 | email: manifatturadeimarinati@parcodeltapo.it EVENTI Dal 25 Settembre all’11 Ottobre si svolge la Sagra dell’Anguilla Per informazioni turistiche e programma: t 0533 314154, email: comacchio.iat@comune. comacchio.fe.it
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Diciotto piccoli gioielli immersi nel silenzio e nella spettacolarità della natura, resi così verdi dalle interminabili piogge.
Isole Fær Øer | Incontenibile bellezza
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Breaking News Il 25/7 a numero di settembre già chiuso, abbiamo appreso della strage avvenuta nelle isole Fær Øer il 23/7, le cui immagini sono state diffuse su youtube e rimbalzate in molti siti. 250 globicefali (vari tipi di delfini, balene dal naso a bottiglia, balene pilota ecc.) sono stati attirati all’interno delle insenature di Bour e Torshavn, spinti verso riva fino a spiaggiarsi e fatti crudelmente a pezzi, sotto gli occhi di un pubblico che comprendeva anche bambini. Secondo gli animalisti, che hanno provato a intervenire e che sono stati arrestati, si tratterebbe del “più grande massacro della stagione di caccia nell’arcipelago”. Questa barbarie è chiamata Grindadráp ed è una pesca storica locale, che si ripete da secoli, aperta a tutti. Ma se un tempo la caccia alla balena era una importante fonte di sostentamento per gli abitanti, ora assomiglia più a un passatempo gratuito. Le autorità locali cercano di impedire la diffusione di immagini e di tacitare la stampa, in modo che le notizie giungano al mondo a strage avvenuta. Finora a nulla sono valse petizioni online con decine di migliaia di firme, né interventi di ambasciatori presso il governo danese, di cui le Fær Øer sono un protettorato, quindi territorio UE. È una vergogna per tutta l’Europa, capace di dettare regole per le dimensioni delle vongole e sanzionarci (2,3 anziché 2,5 cm.) e non di impedire una inutile, crudele mattanza, che neppure ha giustificazioni alimentari. TravelGlobe pubblica questo servizio per rispetto di chi ci ha lavorato, ma stigmatizza quanto accaduto e si fa promotore di un’azione di boicottaggio del turismo verso le Fær Øer, e più in generale verso la Danimarca, finché tale barbara tradizione non sarà proibita. Mandateci una mail con le vostre osservazioni digitando su questo link. Ci impegniamo a girarle tutte all’Ente del Turismo Danese, perché consideri i danni che la Grindadráp gli arrecherà.
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Pioggia e vento sembrano essersi alleati per tenere alla larga gli uomini dall’arcipelago delle Fær Øer. Diciotto isole sparse nel vasto Oceano Atlantico tra Scozia, Norvegia e Islanda, percorse per gran parte dell’anno da nubi gravide di piogge e venti tempestosi. Centinaia di migliaia di pecore, presenze comuni in questi incontaminati paesaggi con pochissimi segni di presenza umana, sfidano i forti venti che spazzano le isole dal clima oceanico, che garantisce sì inverni miti, con temperature medie di 3-4 gradi, ma anche estati che definire fresche, con 10°C di massima, pare un eufemismo. Se le pecore sono centinaia di migliaia, sull’isola di Mykines, la più occidentale delle Fær Øer, gli uccelli che a luglio popolano le scogliere a picco, e l’erba ondeggiante dei prati, sono milioni: pulcinella di mare, sule, cormorani, beccacce di mare, simbolo delle isole e urie. Un sentiero facile di due ore conduce al faro, posto all’estremità dell’isolotto di Mykinesholmur, collegato con un ponticello sospeso sul mare. Uno spettacolo osservare nuvole di uccelli, che letteralmente galleggiano nell’aria sfruttando la corrente ascensionale. Altri sono occupati a preparare il nido. Più sotto le enormi onde spumose, in perpetua lotta con le dure rocce vulcaniche (pagina successiva).
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Il minuscolo villaggio di Gjogv è posto alla fine dell’ampia valle di Ambaladur. Tutto intorno gli fanno da corona i monti Grafelli, i più elevati delle Fær Øer. Sentieri tra i più belli e impegnativi di tutto l’arcipelago, offrono splendidi panorami, torrenti e cascate tumultuose. Molto suggestiva è l’alba che illumina il villaggio di case colorate vivacemente, e per pochi minuti il profondo porticciolo naturale, che protegge le piccole barche dai marosi. I pochi abitanti vivono di pesca e della sua trasformazione.
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Il grigiore che per molti mesi ammanta l’arcipelago, ha spinto i faroesi a dipingere le loro casette con colori vivaci, come questa in alto sul mare e di fronte all’isolotto disabitato di Koltur. Da qui un sentiero tra la brughiera, conduce lungo la costa alta e frastagliata fino a Trolkonu finger, una serie di pinnacoli di roccia lavica erosi dalle onde. Percorrendo la N Finsen Gota, la via pedonale nel cuore di Torshavn, capitale delle isole Fær Øer, ci si imbatte in un negozio molto noto per la qualità delle sue lane pregiate, il Gudrun e Gudrun. Qui si possono acquistare maglioni e capi di alta moda esportati in tutto il mondo.
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Lane colorate in vendita nel negozio Sizzi a Torshavn. Come in tutti i territori e isole colonizzate dai Vichinghi, anche nelle FĂŚr Ă˜er si coltiva la tradizione del lavoro della lana a maglia, qui con l’aspetto rustico e voluminoso, tipico delle lane nordiche.
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Ritratto di donna faroese. Chi volesse acquistare opere di artisti locali si può fermare a dare un’occhiata al negozio- atelier Ostrom lungo il molo del porto di Torshavn. Qui si acquistano le opere dell’artista vetraio Mikkalina, molto noto nell’isola di Vagar per i suoi personaggi immaginari coloratissimi. Foto pagina precedente: La profonda baia di Sundini con il villaggio di poche anime Tjomuvik sull’isola di Streymoy. A destra e a sinistra, fin dove spazia lo sguardo, pareti vulcaniche tra le più alte d’Europa, intrise di acqua, messe ancora più in risalto dal verde dell’erba. Qui l’alta marea si insinua in ogni anfratto e arriva a lambire le prime case del paese.
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Nella pagina precedente: le case in legno di Gasadalur hanno i tetti ricoperti di torba. Tutto cominciò migliaia di anni fa grazie all’azione delle abbondanti piogge, che hanno reso il terreno fortemente acido. Di conseguenza l’ossigeno, diminuendo in modo notevole, ha causato la riduzione dell’attività batterica e microbica, rendendo il terreno compatto e infiammabile: torba appunto. Grazie alla facilità di taglio, trasporto e isolamento viene utilizzata nei paesi nordici come materiale coibentante per tetti e anche per riscaldare le case. Al contrario del legno, che fa scintille pericolosissime in queste strutture altamente infiammabili, la torba non ne fa. E tante sono le “garadahusie” ovvero case ospitalità diffuse alle Fær Øer, ideali per chi preferisce a una asettica camera d’albergo, il calore e la gentilezza, dei padroni di casa e i piatti che si gustano con loro. Le case del piccolo villaggio di Gjogv dominate dai monti Grafelli dalla perfetta forma conica.
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La barca da crociera del capitano Birgir Enni, all’ancora nel porto di Torshavn. Personaggio da conoscere, che racconta di storie, leggende e naufragi su queste isole in mezzo all’oceano meta, secoli fa, di navi baleniere provenienti dall’America a caccia dei grossi cetacei. Ora invece la sua barca organizza crociere per il loro avvistamento e per godere del mare. Con un boccale di birra artigianale Okkara, ci consiglia di andare a visitare una casa tradizionale in legno risalente al XVII secolo, in parte restaurata con i legni pregiati della Pomerania, una nave che naufragò qui durante una furiosa tempesta nel 1828.
La capitale, Torshavn, è la città più grande dell’arcipelago: conta 21000 abitanti sui 50000 totali delle Fær Øer ed è tra le più piccole al mondo. Per entrare in porto si sfiora la piccola penisola di Tinganes, sede amministrativa della nazione, con bei palazzi e case a picco sul mare. Una bella e interessante cittadina che a chi vuole esplorare riserva belle sorprese, come i vari locali dove ascoltare musica dal vivo - il più noto è Sirkus - sorseggiare ottimo sidro, o visitare vecchie tipografie, che stampano opere di artisti locali in vendita a prezzi accessibili.
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Ogni anno a luglio una folla oceanica si raccoglie attorno al palco del G! Festival della musica folk a Gota. Una kermesse di artisti provenienti da tutto il mondo che si esibiscono per tre giorni in uno scenario suggestivo sulle rive dell’oceano, dando risalto al contrasto tra la musica faroese e quella internazionale.
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Le placide acque nella profonda baia di Vestmanna, villaggio di un migliaio di abitanti a 40 chilometri dalla capitale Torshavn. Siamo sull’isola di Streymoy e una cosa da non perdere, oltre agli ottimi ristoranti che servono pesce nordico freschissimo, è il Saga Museum, dove si ripercorrono 110
gli avvenimenti e le date storiche delle FĂŚr Ă˜er, grazie a installazioni e sculture davvero efficaci. Dalle conquiste vichinghe alle lotte contro i pirati fino alle epidemie che decimarono gran parte della popolazione. 111
Lungo le banchine pedonali del porto di Torshavn qualche anno fa c’era una grande struttura adibita a ghiacciaia per la conservazione del pesce. Ora smessa la sua funzione è diventata lo studio di registrazione di Jonas Bloch, chitarrista noto nell’ambiente faroese, che dà modo a gruppi e cantanti di tutti i generi, di incidere e commercializzare i propri lavori. Il suo motto: più musica e meno soldati.
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Per avere una panoramica ampia sulla musica faroese bisogna fermarsi con calma al Tutl, negozio specializzato di musica, in centro a Torshavn, con centinaia di copertine di molti autori locali.
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Pagina precedente. La gastronomia faroese mette in risalto il legame strettissimo fra il territorio, difficilissimo, e la sopravvivenza di tante generazioni in condizioni estreme. Lo si intuisce dallo spuntino tipico di queste isole: grasso di balena con grossi pezzi di patate, accompagnate da stoccafisso o pezzi di montone essiccato nelle ”hjallur”, le piccole casette aperte per fare entrare il vento e la salsedine. Nella foto lo chef Kari Khristiansen del famoso ristorante Koks a Torshavn, che utilizza tutto quello che offre di commestibile il territorio trasformando ogni piatto in un “pezzo d’autore”. Licheni che creano quasi un dipinto su un masso in cima ai monti Grafelli.
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INFO UTILI Foto e testi di Vittorio Giannella COME ARRIVARE Volo diretto da Milano Malpensa, nei mesi estivi, con la compagnia aerea di bandiera Atlantic airways per Vagar, oppure fino a Copenaghen e Vagar. LINK Visit Fær Øer
QUANDO ANDARE Il clima presente in questo territorio è temperato freddo oceanico: questo a causa della corrente del golfo che bagna le isole e a causa dei caldi venti sudoccidentali. Gli inverni sono quindi abbastanza miti, con temperature tra i 3 e i 4°C; le estati invece sono molto fresche, con temperature che vanno dai 9 ai 10°C. In primavera e in autunno si registrano in media 8°C.
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Angkor Wat, la cittĂ tempio
Patrimonio UNESCO e luogo magico per antonomasia, attira sempre piĂš viaggiatori che vogliano sentirsi esploratori, almeno per un attimo.
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Angkor Wat. Un monaco al tempio Ta Prohm, reso celebre anche dal film Tomb Raider. Il tempio fu infatti usato come location per narrare le gesta di Lara Croft, interpretata da Angelina Jolie. Il luogo fu scoperto dall’esploratore francese Henri Mouhout nel 1860. Angkor Wat.Il tempio Bayon fu costruito agli inizi del tredicesimo secolo come tempio di stato dal re Jayavarman VII. Presenta magnifici bassorilievi ed è uno dei più ricchi templi di Angkor Wat, l’unico a essere stato costruito principalmente come tempio buddista. La sua spettacolarità è data dalle centinaia di giganteschi visi sorridenti posti ai lati delle numerose guglie.
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Nella pagina precedente: I numerosi templi di Angkor Wat sono situati nei dintorni della cittadina di Siem Reap. La vasta area è considerata l’Ottava Meraviglia del mondo. Il capolavoro dell’impero Khmer è anche il sito archeologico religioso più grande del mondo. Ta Prohm. Il sito rimasto custodito dalla giungla per secoli era un monastero buddista e una università. la sua particolarità sono i Ficus strangolatori che sembrano voler custodire tutte quelle sacre pietre avvolgendole con le loro impressionanti radici.
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Angkor Wat. Al bellissimo tempio di Banteay Srey si arriva attraversando una splendida zona rurale, giusto preambolo per avvicinarsi a un capolavoro. Costruito interamente in arenaria rosa, che nel tardo pomeriggio si infuoca assumendo tutti i toni del rosso, ha appassionato studiosi di arte Khmer ed è famoso per la raffinatezza delle decorazioni e statue. Ăˆ dedicato alla religione induista e fu costruito in onore del dio Shiva attorno all’anno 960 d. C.
Ta Prohm è il tempio che più di ogni altro dà il senso dell’avventura e della scoperta. La scelta vincente degli archeologi francesi che l’hanno restaurato è stata di lasciare il sito quasi come è stato ritrovato. Nei secoli la Natura si è rimpossessata dei templi Khmer: le radici degli enormi Ficus avvolgono i vari edifici e le mura di cinta, entrano nei cortili interni come tentacoli che a volte sembrano poter stritolare tutto.
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Angkor Wat, in lingua Khmer, significa “ il tempio della città “. Fu il re Suryavarman II a volere questa meraviglia iniziando i lavori nel 1113. Il tempio è diventato il simbolo nazionale della Cambogia, tanto da apparire anche sulla bandiera. All’interno di templi dedicati all’induismo è facile trovare anche statue di Buddha.
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Battambang. Al Monastero di Watt Damrey Soor si respira un’aria di altri tempi ma senza rinunciare alle nuove tecnologie.
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La romantica atmosfera che si respira nel tempio di Banteay Srey, ad Angor Wat, dove le pietre di arenaria rosa si riflettono nel piccolo stagno adiacente.
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Siem Reap. Una danzatrice di danze tradizionali Khmer con il ricco costume di scena. La danza Khmer simbolo, di eleganza e sensualità, è un vero e proprio linguaggio del corpo. Tramandata da secoli si è interrotta solo durante il regime di Pol Pot, che l’aveva abolita, e fu reintrodotta con grandi festeggiamenti nel 1988, alla caduta della dittatura. Due bambini portati in pellegrinaggio ad Angkor Wat annunciano salutando i passanti la loro imminente entrata al monastero buddista per gli studi. Pagina successiva: Nell’antico monastero di Wat Damrey Soor c’è una vera e propria università dove oltre cento monaci vivono dedicandosi allo studio. I monaci più anziani alla sera danno lezioni anche a studenti esterni che ne hanno bisogno.
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Nei dintorni della cittadina di Siem Reap i contadini coltivano vaste distese di fiori di loto, che vengono utilizzati sia come cibo che nell’industria cosmetica e floreale. Statue Khmer ad Angor Wat, poste sul ponte di una delle entrate del sito archeologico.
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Nella pagina precedente. Una famiglia in navigazione sul fiume in direzione del lago Tonle Sap trasporta legname per il restauro della sua casa, la cui quota sul livello delle acque deve essere attentamente progettata, per tenere conto del loro innalzamento durante la stagione delle piogge. In questa foto, dettaglio di un tempio.
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INFO UTILI Foto e testi di Graziano Perotti ABBIGLIAMENTO Per la visita è meglio calzare scarpe da trekking. Sconsigliate le infradito inadatte alle ripide rampe di scale o a camminare in mezzo a erba e fango. Un cappello e degli occhiali da sole sono la indispensabile protezione dalla luce e dal caldo. Ricordiamo che oltre che in un sito archeologico ci si trova in un luogo sacro: rispettare le usanze del posto con ginocchia e spalle coperte. VISTO Il visto ha validità di un mese e può essere fatto comodamente online oppure all’arrivo in aeroporto in Cambogia. Il passaporto Deve avere una validità di almeno sei mesi.
CLIMA La Cambogia è visitabile tutto l’anno. La temperatura media si aggira sui 25°C. Soltanto il passaggio dei monsoni crea il divario fra due stagioni. Tra febbraio e aprile abbiamo la stagione secca e calda. Da maggio a ottobre abbiamo la stagione delle piogge che però sono poco frequenti e di scarsa intensità. Da novembre a gennaio è il periodo migliore per visitare il paese. VIAGGIO ORGANIZZATO Tour Operator molto consigliato per la Cambogia (ma anche per Laos, Birmania e Vietnam) sia per la qualità dei servizi che per la conoscenza del Paese è Eurasiatravel che dispone di guide parlanti Italiano. Il reportage in Cambogia è stato fatto con il patrocinio del Ministero del turismo della Cambogia.
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La memoria del deserto
Lungo le piste carovaniere alla scoperta delle antiche biblioteche del deserto.
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“La conoscenza è una fortuna che non impoverisce chi ne offre”. Questo è un motto della saggezza africana che riprende le parole del saggio di Bandiagara, Amadou Ampâté Bâ. Chinguetti, Biblioteca Ahel Hamoni. Sulla strada, un’insegna dipinta sul legno ci indica l’ingresso a questa importante biblioteca privata. Un edificio di quattordici stanze, con annesso un museo molto ricco, dove sono custoditi circa quattrocentocinquanta manoscritti. Il locale dove veniamo accolti è buio e la vista si abitua lentamente. L’odore di polvere avvolge tutto e prude nelle narici. Appena il primo libro viene aperto, lo stupore ha il sopravvento. Questi antichi testi erosi dal tempo, dalla polvere e dalle termiti, decorati da magnifiche e raffinate miniature e splendide scritte colorate in rosso, oro, nero e blu indaco rivivono sotto i nostri occhi.
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Ogni anno a gennaio a rotazione, una delle antiche cittĂ carovaniere (Chinguetti, Ouadane, Tichitt e Oualata) ospita Il “Festival des villes anciennesâ€?. Si tratta di evento molto atteso che riunisce per una settimana genti e culture provenienti da tutto il Paese.
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La città si anima di conferenze, visite di delegazioni ministeriali, esposizione di merci, carovane, esposizione e scambio di articoli artigianali, spettacoli musicali coronati dalla spettacolare grande corsa dei cammelli (in realtà dromedari). L’ultimo festival si è tenuto a Chinguetti, a gennaio 2015.
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La raccolta dei datteri si svolge tra luglio e agosto e coincide con la festa chiamata Guetna - fête des dattes. In questo periodo molta parte della popolazione abbandona le città e si trasferisce nelle oasi e nei palmeti. Le famiglie si riuniscono ed è l’occasione per celebrare matrimoni e feste tradizionali. Dopo il raccolto i datteri vengono essiccati e poi venduti durante tutto l’anno.
La musica riveste un ruolo importantissimo in Africa ed è sicuramente una delle manifestazioni artistiche piÚ universali. Canti e danze permeano la vita quotidiana di ogni africano e accompagnano qualsiasi celebrazione rituale o evento cerimoniale. Ogni popolo ha le proprie armonie, propri ritmi e strumenti musicali e i testi delle canzoni parlano spesso di leggende e tradizioni differenti da etnia a etnia. Gli strumenti tradizionali sono fatti di materiali del posto, legno e pelli di animali per i tamburi, conchiglie, zucche. Assistere a uno spettacolo di musica e danze è un’esperienza unica, coinvolgente e ipnotica.
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La principale minaccia per l’ambiente e per la sopravvivenza è data dalla lenta e inesorabile avanzata del deserto del Sahara. La desertificazione e l’insabbiamento progressivo e irreversibile di oasi e città è un processo in atto da millenni. E’ difficile immaginarlo, ma dove oggi si ergono imponenti dune di sabbia un tempo scorrevano fiumi e ruscelli, tra terreni fertili e vallate ricche di pascoli.
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“E’ meglio accendere una piccola candela piuttosto che maledire l’oscurità” Diadié Haidara Biblioteca Fondazione Habott- La Biblioteca più ricca di Chinguetti è quella intitolata al suo fondatore, Sid Mohamed Habott, esponente di una antica famiglia di eruditi e mercanti. La biblioteca conserva oggi oltre mille manoscritti datati tra l’XI e il XVIII secolo. Sono testi di algebra, astronomia, matematica, grammatica araba, medicina, poesia, geografia, medicina e di tutto il sapere umano. Copertine consumate e pagine deteriorate dal tempo e dall’uso. Storia e conoscenza che si tramanda di generazione in generazione. Al temine della visita, Med Lemine Ghoulam, ci invita a partecipare alla tradizionale cerimonia del te: tre bicchierini consecutivi. Il primo è il più forte e amaro (come la morte), il secondo è dolce (come la vita), l’ultimo molto zuccherato (come l’amore).
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Chinguetti, ci accoglie in una nuvola di sabbia e polvere. È l’Harmattan, il vento del Sahara, che soffia ormai da qualche giorno e tutto avvolge. Settima città santa dell’Islam, fu una delle più belle tra le antiche città carovaniere del Sahara e per secoli fu capitale religiosa e intellettuale della Mauritania. Colpita negli anni settanta da una disastrosa siccità, resiste oggi coraggiosa alla continua avanzata del deserto. Per leggere il suo passato bisogna attraversala a piedi e perdersi nella città vecchia. Il mercato, la moschea, i vicoli stretti, i cortili e le case basse.
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Il bubù è il bellissimo abito tradizionale indossato dagli uomini. Può essere di colore celeste o indaco o anche bianco candido, con preziosi ricami dorati sul davanti. Più il ricamo e la qualità sono ricchi, più alto è il grado di nobiltà della persona che lo indossa.
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Il dromedario è l’animale simbolo del deserto. Vera e propria fonte di reddito, fornisce il latte, la carne e la pelle, che viene lavorata in cuoio, ed è il capo di bestiame più commercializzato. È l’animale maggiormente allevato dai nomadi e costituisce ancora il loro mezzo di trasporto prediletto.
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L’artigianato locale è legato soprattutto alla lavorazione della pelle, del metallo e delle pietre, impiegati nella produzioni di oggetti di uso comune, o inizialmente tali, piÚ che decorativi: cofanetti con intarsi in argento, pugnali e gioielli in ambra finemente lavorati, tappeti di pelo di dromedario, cuscini e manufatti in cuoio dipinto, variopinte tajine e teiere e le tradizionali kiffa, le perle di pasta di vetro colorata.
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Lasciata la capitale, dopo un’ora circa di auto deviamo dalla strada principale e ci dirigiamo a nord verso il Banc d’Arguin. Avanziamo lungo la battigia aiutati dalla marea favorevole. Qua la natura è davvero incontaminata. Le onde dietro di noi cancellano i solchi dei pneumatici e i gabbiani spaventati si alzano in volo per riposarsi un po’ più in là. Attraversiamo villaggi di pescatori e ci fermiamo a osservare le piroghe rientrare dalla pesca. Sono in prevalenza mauri e senegalesi. Molti sono qua senza la famiglia, che è rimasta nel paese d’origine. Sono allegri e sorridono. Si lasciano fotografare, curiosi e fieri.
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Le dune di Aouja, alte fino a 300 metri, sono uno dei siti pi첫 emozionanti di tutto il Sahara.
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Atar non ha il fascino delle antiche città carovaniere, ma è il più importante centro commerciale della regione montana dell’Adrar (il vasto altipiano desertico nel nordovest della Mauritania). La sua parte più viva è senza dubbio il mercato, dove i nomadi vengono a vendere il bestiame e dove è possibile acquistare un po’ di tutto. Sacchi di cereali, carne appena macellata, verdura, frutta, gli immancabili datteri, tessuti, abiti, carriole piene di baguettes. Noi compriamo datteri, mestoli da cucina in alluminio e frittelle: sono dolci e buonissime.
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La storia della Mauritania racconta di guerre tra nomadi e della necessità di difendere le città dagli attacchi dei predoni del deserto. Per questo venivano costruite come fortezze, su dirupi che dominavano le valli e perfettamente mimetizzate con l’ambiente circostante. Identica sorte toccò a Oudane, l’antica città delle Carovane dell’Oro fondata dai Berberi nel 1141. Ciò che rimane oggi è purtroppo solo il ricordo del suo antico splendore. Percorrendo le sue stradine polverose è ancora possibile vedere le corti interne delle vecchie case, i suoi pozzi fortificati, le due moschee e l’antica via dei 40 saggi, i fondatori della città.
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“Terra degli Uomini”, così definiva la Mauritania all’inizio del ‘900 Saint Exupery, l’autore del Piccolo Principe.
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INFO UTILI Foto di Monica Mietitore Testi di Monica Mietitore Leonardo Paoluzzi
DOCUMENTI Il passaporto deve avere una validità residua di almeno sei mesi e con almeno due pagine contigue libere a disposizione. È necessario richiedere il visto all’Ambasciata di Mauritania a Roma o direttamente all’arrivo in aeroporto a Nouakchott (rilascio immediato, 50 euro). CLIMA Occupata per il 75% dal deserto, la Mauritania è uno tra i paesi più caldi e secchi dell’Africa. La stagione migliore per visitarla è l’inverno, nel periodo compreso tra dicembre e marzo. FESTIVAL Aïd al-Adha (festa del sacrificio, anche detta grande festa o Tabaski, nelle zone a sud) è la ricorrenza religiosa più importante per l’Islam e si svolge quaranta giorni dopo la fine del Ramadan. Festa della Guetna (raccolta dei datteri), nei mesi di luglio e agosto. Festival delle città antiche carovaniere, ogni a anno a gennaio a rotazione in una delle storiche città carovaniere (Chinguetti, Ouadane, Tichitt e Oualata). LINK Kanaga Adventure Tours t +223 76723946
UN FOTOGRAFO AL MESE In questo numero vi presentiamo il nostro fotografo Monica ora ci lavora il figlio che è diventato a sua volta mio amico e fornitore ufficiale di materiale fotografico. 2) Quale corredo usi?
1) Quando e come è iniziata la tua passione per la fotografia? È tutta colpa di mio papà! Scherzo ovviamente, diciamo merito. Ricordo come fosse ieri quando, al ritorno da un viaggio a Hong Kong, portò a casa una Nikon F3 nuova di zecca. Da lì a un mese mi portò con lui a comprare rullini dal suo amico fotografo; stavamo per partire per le vacanze e do-
veva fare scorta abbondante E così ogni anno tornavamo dai viaggi con la borsa piena di rullini da sviluppare. Mi ricordo le ore passate a riguardarle. Ricordare i luoghi, i nomi delle persone che avevamo conosciuto, gli aneddoti e le piccole sventure. Poi sono cresciuta e ho iniziato a viaggiare e a fotografare da sola. Direi che le due passioni sono nate insieme. Nota: Il negozio c’è ancora,
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Mi fa sorridere la domanda perché, se ci penso, è un po’ come scegliere quale abito indossare prima di uscire. Dipende dall’occasione! Diciamo che se sono in città, non ho progetti fotografici specifici e, soprattutto, non posso uscire senza borsetta (dove per borsetta non intendo una borsa fotografica piccola), mi infilo in tasca o al collo una Panasonic Lumix LC7. È una compatta leggera e veloce da usare. Elegante, luminosa e praticamente invisibile. Per tutto il resto ho una Nikon D610 e Nikon D7000 e tutte le Nikon vecchie da cui non mi sono mai separata. La D610 è la mia macchina più recente e la mia preferita. L’ho presa lo scorso anno a marzo ed è stata inaugurata in Nepal. A proposito di viaggi: quando parto, porto sempre con me due corpi macchina e tre obiettivi (17-35, 24-120, 50 o 85). Certo è un corredo pesante e, a volte, a fine giornata la schiena urla di stanchezza, ma è un sacrificio che per ora sopporto volentieri.
Mietitore autrice del servizio sulla Mauritania.
Direi colore. Ma anche in questo caso, dipende da quello che sto fotografando, perché e per chi. Cosa voglio comunicare? Se devo (o voglio) riprodurre fedelmente, quindi trasferire in immagine fotografica quello che vedono i miei occhi, allora non c’è scelta: il mondo è a colori. Altre volte invece, se voglio aggiungere drammaticità tolgo il colore, se voglio esaltare una forma, la svesto e rinuncio al colore. Anche questo è un modo di comunicare. Altre volte invece è solo il caso, un tentativo, un esperimento. Il risultato ottenuto in un momento diverso. Lo so, la scelta andrebbe fatta e meditata a priori, ma io non sono una fotografa professionista, sono solo una che aspira a diventarlo. 4) Per te la fotografia è arte o un modo di comunicare? Diciamo che probabilmente ho già risposto nella domanda precedente e che la mia non è sicuramente arte ma un modo o un tentativo di comunicare. Per tentare di rispondere posso però citare una frase che fa riflettere “I problemi che oggi ci interessano o do-
vrebbero interessarci maggiormente non sono quelli della fotografia in quanto arte, bensì dell’importanza che l’immagine fotografica ha oggi nel contesto della nostra vita”. Antonio Arcari, marzo 1968 5) Se potessi fotografare un luogo per te perfetto, quale sarebbe?
Svela un trucco della magia delle tue foto Penso che se ci fosse veramente un trucco nessuno lo vorrebbe svelare. Comunque, nessuna magia nelle mie foto. Il vero incantesimo è fuori, è altrove, nel mondo che incontriamo.
Ogni luogo è perfetto se lo è lo stato d’animo nel preciso istante in cui lo stai fotografando. 6) Cosa cerchi in una fotografia? Durante i miei primi viaggi fotografavo qualsiasi cosa attraversasse la mia vista. Ricordo ad esempio la prima volta in India dove tutto era sorpresa e meraviglia. A giugno di quest’anno ci sono tornata per la nona volta e non fotografo più tutto quello che vedo. Che sia l’India o un altro Paese, che lo visiti per la prima volta o meno, ora cerco le Storie; mi ci infilo, chiedo, mi faccio raccontare, creo l’occasione, aspetto e torno. Cerco di fissare il ricordo e la memoria quell’attimo, l’anima di una persona o di un luogo. La sua storia. Un racconto.
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3) Preferisci le foto in bianco e nero o colore?
Völlan • Vigiljoch • Tscherms Burgstall •Gargazon IM MERANER LAND Foiana • Monte S.Vigilio • Cermes Postal • Gargazzone A MERANO E DINTORNI
Monte San Vigilio 1.486-1.814 m Dove l’orologio pare essersi fermato Un’area dall’atmosfera romantica Per gli amanti della natura…
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