Storie del Barrio (Beltrán-Seguí)

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Traduzione di Diego Fiocco

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tutta un'altra storia


Gabi Beltrán

Storie de l Ba r r i o Bartolomé Seguí

tunué


Storie del Barrio Collana «Prospero’s Books» n. 74 I edizione: novembre 2016 Edizione originale: Historias del barrio Beltrán – Seguí © 2011 per la sceneggiatura: Gabi Beltrán © 2011 per i disegni: Bartolomé Seguí; per i colori: Gabi Beltrán © 2011 per il prologo: Óscar Palmer © 2011 Astiberri Ediciones per l’edizione originale in spagnolo Soggetto e sceneggiatura: Gabi Beltrán Disegni: Bartolomé Seguí Colori: Gabi Beltrán Traduzione e impaginazione: Diego Fiocco Lettering: Francesco Paolo Cusano Per l’edizione italiana Copyright © 2016 Tunué S.r.l. Direzione editoriale: Massimiliano Clemente Tunué S.r.l. Via degli Ernici 30 – 04100 Latina – Italy tel. 0773 661760 | fax 0773 1875156 info@tunue.com | www.tunue.com ISBN

978-88-6790-207-1

Finito di stampare nel mese di ottobre 2016 Printed in Slovakia With the support of:


Se sai di non valere nulla, solo la scommessa con la morte può gratificare la vanità . Underworld, D ON D E L ILLO



Portaerei


Benjamín viveva il suo incubo.

Un incubo che sarebbe durato per i successivi cinque anni…

… fino alla notte in cui lo hanno trovato morto per overdose nei bagni del parcheggio di Plaza de Coll.

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Tutto ha avuto inizio quell’estate del 1980. L’estate in cui abbiamo cominciato a vivere più velocemente rispetto alla maggior parte dei ragazzi della nostra età.

Quando Benjamín veniva a cercarmi mi trovava sempre a disegnare. Era ciò che più mi piaceva fare: disegnare. Allora lo sentivo gridare il mio nome dalla strada.

Gabiiiiii! Gabi!

Quasi sempre doveva farlo diverse volte.

Quindi mi affacciavo dal balcone.

Mi si è forata la bicicletta. Allora andiamo alla sala biliardo.

Che c’è?

Scendi?

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I biliardi erano in Plaza Mayor. Andavamo lĂŹ ogni tanto, di pomeriggio, a giocare a biliardino e a fumare le sigarette che compravamo sciolte.

Una Sombra costava quattro pesetas. Una Marlboro sei.

Non ho i soldi per rattopparla.

Ho io delle toppe a casa.

E perchĂŠ non ripari la foratura?

Non so come gli era venuto in mente. Però molti ragazzi del quartiere lo facevano.

E comunque so come ottenere i soldi.

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Le navi da guerra nordamericane attraccavano nella baia di Palma. Fregate, cacciatorpediniere, portaerei.

Le portaerei erano ancorate a diverse miglia dal porto. Si vedevano da qualsiasi punto della costa.

Quando i marinai erano in licenza sbarcavano tramite delle scialuppe. La loro priorità era trovare una donna.

Nel molo dove attraccavano le scialuppe installavano un ufficio removibile. I marinai firmavano lì i loro permessi di entrata e di uscita.

E noi sapevamo dov’erano. Era lì che li abbordavamo.

C’era anche un chiosco dove potevano mangiare e bere qualcosa mentre aspettavano la scialuppa di ritorno e decidevano come passare il loro permesso.

Señorita? Tu señorita?

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Oh yeah! “Señorina”.

Next.


Li portavamo così nel nostro quartiere. Lì c’erano un sacco di señoritas.

Ok: qui señoritas.

Ok. Tu seguimi, io señorita.

La maggior parte delle madri dei miei amici erano o erano state prostitute. Così sceglievamo molto bene le vie e i club dove portare gli americani.

Gli americani ci pagavano in dollari. Le puttane ci davano una quota per portare i marinai fino a lì. Cambiavamo poi i dollari in pesetas.

In più venivano pagate in dollari, e questo significava che guadagnavano il doppio.

A volte, alcune di quelle donne ci riconoscevano. Ma non dicevano mai niente. Portavamo loro il lavoro proprio davanti alle porte dei club.

Era una buona ragione per starsene zitte.

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Io avrei portato i marinai lì anche gratis. Per qualche motivo ero diventato sensibile al sesso prima dei miei amici. Così entrare in quei club era per me eccitante.

Vedere quelle donne sedute nei loro sgabelli, dentro minigonne impossibili e scollature prorompenti, era già di per sé un premio. E soprattutto potevo portare quell’odore con me.

Una sera di giugno le cose a casa mia stavano andando male. Ero abituato alle grida e ai litigi. Ero anche arrivato ad accettare che ogni tanto i piatti volassero e si schiantassero contro le pareti.

Un odore che ricordavo durante la notte, appena prima di dormire.

Ma quel giorno le cose si erano messe veramente male. Non ho resistito oltre e mi sono allontanato. Sono andato a cercare Benjamín. Viveva in Calle Sindicato.

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Benjamín!


Ci siamo messi seduti sulla panchina dei lustrascarpe di Plaza Mayor.

Al porto? Che si fa?

Ho visto una portaerei stamattina. Sono stato a Las Rocas.

Possiamo andare al porto…

Las Rocas era la scogliera del lungomare. La chiamavamo così: Las Rocas. Quando scappavo di casa andavo sempre lì, a sedermi di fronte al mare.

E che sei andato a fare a Las Rocas?

Pensavo che tutto il bene fosse al di là dell’orizzonte. Pensavo che laggiù, oltre la linea sotto la quale sparivano le barche, alle madri non saltassero i nervi e i padri non fossero alcolizzati.

Pensavo che fosse sempre giorno, che l’estate abitasse lì e che ci potessi arrivare in barca.

Beh… non lo so. A volte vado a… non so. Mi piace andare. Questo è quanto.

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Sei strano lo sai? Immagino.

Sicuramente Benjamín aveva ragione. Pensavo che non mi sarei mai adattato in nessun posto. Né nel Barrio, né nella mia famiglia… Questo era il mio incubo. Parte di quello di Benjamín era la sua bruttezza.

Da sempre i ragazzi lo avevano umiliato e le ragazze disprezzato. Immagino fosse quella la ragione per cui guardava sempre per terra. Perché la terra non ha occhi.

Da ragazzo sei capace di trovare cose con cui allontanare il dolore, con cui distrarlo. Crescendo queste cose tendono a scomparire.

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Così il dolore si prende tutto. Finché non rimane nessun posto dove guardare. Forse solo verso l’interno, verso se stessi. Per questo credo che l’incubo di Benjamín sia terminato in quei bagni.

Che intendi dire? Parlate spagnolo?

Tu señorita?

Sì, certo. Siamo di Porto Rico.

Ed è America?

Come tutti i marinai, quei due ragazzi volevano stare con una donna. Solo non sembrava essere una priorità. Così per prima cosa abbiamo fatto un giro per la città.

Ah ah… Sì, ragazzo: è America. Ah ah…

Ci chiedevano molte cose sull’isola. Sembravano realmente interessati a tutto quello avevamo da raccontargli. Erano educati e simpatici, però si poteva vedere la malinconia infiltrarsi tra le loro parole.

È molto grande o è piccola?

Maiorca. L’isola. È grande?

È… non so.

Che?

Può darsi che si sentissero soli come noi.

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Però voi vivete qui?

Sì… ma non usciamo mai dal quartiere.

Quello delle puttane.

Quale quartiere?

“Quello delle puttane”… Ah ah ah… Hai sentito? “Quello delle puttane”… Ah ah ah.

Allora non sono señoritas… Ah ah ah…

Ma quanti anni avete? Quattordici.

Ea quattordici anni già sapete cos’è una puttana?

Può darsi che da allora abbiate imparato molte cose.

Lo sapevamo a otto.

Può darsi.

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Dopo aver camminato per la città li abbiamo portati in un club di Calle Estrella. Ci hanno dato cinque dollari e ci hanno chiesto di aspettarli. Abbiamo cambiato i soldi da una puttana e siamo andati a bere una coca-cola in un fast food nella stessa strada.

Mezz’ora dopo ci sono venuti a cercare.

Abbiamo bisogno di un posto economico dove andare a dormire. Ne conoscete qualcuno?

So io dove c’è una pensione. Non è lontano.

Li abbiamo portati in una pensione di Plaza Banc de s’Oli. Stava in uno dei vicoli che arrivano alla piazza.

Allora andiamoci!

È qui.

Sì, sembra piuttosto economico.

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Io e Benjamín ne avevamo parlato.

Ah no? E che volete fare? Non so… Però preferiamo non tornare. Non oggi almeno.

Non vogliamo tornare a casa nostra.

Suppongo che dovessero aver visto molte cose del mondo. Così dovevano sapere che non era tutto bello quello che conteneva.

Parlarono tra di loro. Non ci hanno chiesto perché non volessimo tornare a casa.

D’accordo. Facciamo una cosa: prima saliamo noi due e lasciamo i borsoni. Dopodiché scenderò io e mentre Héctor distrae il proprietario risaliamo noi senza farci vedere.

Io e Benjamín abbiamo dormito per terra. I marinai avevano improvvisato due letti con le coperte e ci avevano lasciato i cuscini.

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La mattina dopo ci hanno invitato a fare colazione in un bar del lungomare. Uova e pancetta, succo d’arancia, caffè, frittelle con sciroppo d’acero. Erano americani, questo era chiaro.

Abbiamo passato la mattinata con loro e poi, all’ora di pranzo, loro sono ritornati al porto e noi a casa.

Mia madre ha chiesto dove fossi stato.

E io gli ho detto la verità.

In America!

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tutta un'altra storia


Palma di Maiorca, anni Ottanta. Ogni angolo del quartiere cinese ha una storia da raccontare. Gabi, protagonista non ancora adolescente, girovaga per le strade del suo piccolo mondo insieme ai suoi amici Benjamín, Arnaud, Falen, Ramos… cercando di capirli e di capirsi. Gabi prova le droghe, scopre il sesso, si rifugia nella letteratura e nel disegno, si sente più unito ai suoi HTPJP JOL HSSH Z\H MHTPNSPH ZJVWYL JOL SL KPɈLYLUaL ZVJPHSP ZVUV anche frontiere, e che queste, a volte, sono insormontabili. Questa è la cornice entro la quale si muove Storie del Barrio \U NYHWOPJ UV]LS YLHSPaaH[V H X\H[[YV THUP da Gabi Beltrán e Bartolomé Seguí, che ha vinto PS ͸ 7YLTPV KL *}TPJ *P\[H[ KL 7HSTH

“Un gioiello di quelli che si incontrano solo raramente. Il lettore, all’ultima pagina, si ritrova emozionato”. Enric González, El Mundo

“Il desiderio di fuggire si respira fra i bordi di ogni vignetta”. Le Monde

¸<UH YPÅLZZPVUL LTVaPVUHU[L e dolorosa sull’insularità”. Les Inrockuptibles

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ISBN 978-88-6790-207-1

9 788867 902071

Euro 24,90


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