Il Libro Perduto di Monster Allergy

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Capitolo I

Ancora scatole. Scatole da riempire, scatole da chiudere ed etichettare. Se provava a immaginare il suo futuro, Elena vedeva solo un’enorme stanza piena di scatole con le scritte “alto – basso – fragile – non rovesciare”, impilate una sopra l’altra, fino al soffitto. E sotto, in una piccola nicchia illuminata dalla luce fioca di una candela, il suo letto. Una misera brandina, minacciata dall’equilibrio precario di quella montagna di cartone. Magari i suoi genitori avevano preparato una scatola anche per lei: ci si sarebbe volentieri chiusa dentro. Con una torcia elettrica, l’intera collezione dei fumetti di Ghosto e sette confezioni di snack ai pistacchi. Un bel giro di nastro isolante e... “Chi s’è visto s’è visto, avvisatemi a trasloco finito!”

Era da un paio di settimane che si sentiva così: chiusa in un pacco e dimenticata. Una scatola su cui era stato scritto, con un pennarello nero: “figlia, fragile, non rovesciare. Destinazione: sotterranei”. «Quanto ti piace fare la melodrammatica!» le disse Charlie, ridacchiando.

Seduto a gambe incrociate accanto al letto, le tirò una treccia, come se fosse la catena di una campana. «I tuoi genitori non ti chiuderebbero mai in una scatola...»

«Lo dici tu, porca bomba!» protestò Elena. Sollevò i piedi, scura in volto, e si studiò i lacci penzolanti delle scarpe da ginnastica. «Non li riconosco più, quei due. È come se due alieni si fossero impossessati dei corpi dei signori Patata!»

«Alieni che si sfiniscono caricando e scaricando i vostri mobili, i vostri vestiti e i vostri libri dalla mattina alla sera?» replicò l’amico.

«E che ne sai?! Magari è una razza aliena che si nutre di traslochi...» Le piaceva portare le ipotesi fantascientifiche fino in fondo.

«Sì, e che ti prepara colazione, pranzo e cena. Inoltre io non starei sdraiata sul letto con le scarpe... lo sai che tua madre si arrabbia».

«Ultimamente non si accorge nemmeno se mi sono lavata i denti...» borbottò lei, togliendo un sassolino incastrato nella suola. «E poi, Charlie Schuster, da quando in qua ti preoccupi della mia educazione?»

«Da quando ti sei messa a fare discorsi assurdi. Sai bene quanto i tuoi genitori tengono a te! Però adesso sta per arrivare un nuovo bambino, è normale che siano un tantino fuori di testa!»

«Ma tu da che parte stai? Non eri il mio migliore amico?» sbottò Elena Patata, tirandosi a sedere sul letto per fissare Charlie dritto negli occhi. Minacciosamente, a palpebre strettissime.

«Sai benissimo che lo sono!» ribatté il ragazzino, per nulla intimorito da quegli occhiacci.

«E allora? L’idea che ci trasferiremo in un altro quartiere, a milioni di chilometri da qui, non ti fa né caldo né freddo?!» continuò lei, alzando il tono della voce.

Milioni di chilometri è una misura leggermente esagerata e poi... non ne abbiamo già parlato?»

«Bah! Non ne posso più dei tuoi “Per te ci sarò sempre, lo sai che sono speciale...”» proseguì Elena, con una vocetta stridula.

«Bla, bla, bla... Blablabla... Bla... Bla bla. Le solite baggianate!»

Charlie la ignorò, prendendo a sfogliare uno degli albetti di Ghosto che Elena teneva tutti schiacciati e in disordine sotto il letto.

«E se a Oldmill mi facessi dei nuovi amici?» continuò lei, cambiando tono. Un tono calmo ma perfido. «Se conoscessi qualcuno ancora più speciale di te? Eh?! Che mi dici adesso, babbeo de’ babbei!»

«Dico che mi farebbe piacere, anzi che me lo auguro! Gonza de gonzis...» le rispose, senza alzare lo sguardo dal fumetto. «A scuola non ti stai comportando molto bene. Invece di socializzare, fai l’esatto contrario».

«Charlie, quando fai questi discorsi da bambino vecchio, non ti sopporto!» esplose Elena, alzandosi in piedi di scatto e facendo sussultare l’amico. «Che cosa avrei dovuto fare?! Ce l’ho messa tutta per integrarmi. Mi sono interessata ai discorsi delle mie compagne, ho fatto loro i complimenti per gli orecchini nuovi, ho distribuito dolcetti fatti con le mie mani, mi sono persino messa un dannatissimo fiocco giallo sulla testa! E poi, quell’idiota di George Cassarole ha attaccato con la filastrocca... Pela una carota, facci l’insalata con Elena Patata!» E qui prese un respiro. «Almeno nella scuola di prima componevano delle rime migliori, porca bomba!»

«Però tu non lo dovevi picchiare!» Charlie levò gli occhi al cielo con fare sconsolato. «Avevamo detto...»

«Avevamo detto che il mondo è pieno di gente simpatica. Eppure io incontro soltanto stuoli di teste di rapa, che cantano filastrocche, controllano come ti vesti, ti chiedono dove abiti, che lavoro fanno i tuoi genitori, se hai la televisione in camera... E per cosa?»

«George Cassarole ha perso un dente» eccepì l’amico con frustrazione. «Gliene mancava già uno dall’altra parte...» sbuffò la ragazzina, agitando la mano con noncuranza. «Io gli ho solo armonizzato il sorriso!»

Ma il ricordo dell’episodio la rattristò. Si sdraiò di nuovo sul letto e tacque. Qualcosa si mosse sopra l’armadio, sollevando una nuvola di polvere.

«Vieni qua, Sfruscio, stupido gatto».

Un grosso felino dello stesso colore dei suoi capelli saltò dall’armadio alla scrivania, scivolò e ruzzolò per terra. Si ricompose scuotendo la testa, spiccò un balzo e le piombò direttamente sulla pancia. «Ouff! Ma quanto pesi!» disse Elena, accarezzandolo, mentre il micione le strofinava il naso

umido contro il suo. «E quanto puzzi! Dove hai pranzato oggi, all’all you can eat della fogna?»

«Bene» commentò Charlie, ridendo all’idea. «Mi sembra che questa sia risolta. È ora che vada...»

«Conosci la strada...» lo congedò Elena, con un gatto avvolto intorno alla testa, come se non le interessasse.

«Si può?» La voce di Julie Patata si insinuò discretamente nella stanza della figlia, subito accompagnata dal suo pancione, che ormai la precedeva, qualunque porta varcasse.

«Si può cosa? Devi specificarlo, mamma. Non ho idea di cosa tu abbia intenzione di fare. Se vuoi rubarmi qualcosa, no, non si può. Ma anche se vuoi cantare, preferirei che tu non lo facessi in questo momento...»

La donna di sedette sul letto accanto a Elena. Non era abituata alle sue nuove dimensioni e lo spazio non bastava mai. «Puoi spostarti un poco così ci stiamo anche noi?»

La bambina le fece spazio, continuando a tenere gli occhi sul fumetto che stava leggendo.

«Un’altra cosa che non puoi fare è usare il “plurale da donna incinta”. So che lo fai per rendermi simpatico il bambino, ma così mi sembri ancora di più posseduta da un alieno».

«Va bene, Elena. Userò solo il singolare, promesso!» rispose la madre sorridendo e accarezzandole i ciuffi della frangetta. «Ti ho sentito chiacchierare... Con chi parlavi?»

«Con nessuno. Cioè... con Sfruscio» rispose la ragazzina rimettendosi a posto i capelli.

«Eri con Charlie?» proseguì la donna con dolcezza.

«Sì, e allora?! Se n’è appena andato...» replicò Elena sulla difensiva.

«Va bene così. Riparleremo di Charlie quando ci saremo stabiliti a Oldmill e saremo tutti più sereni. Lo sai che c’è un vecchio mulino?»

«Be’, se si chiama Oldmill, un motivo ci sarà...!» commentò con sarcasmo, sempre senza guardare la madre.

«Sembra proprio un bel posto, sono sicura che ti piacerà!» Julie sembrava decisa a non perdere la pazienza. «Anche la scuola, vedrai. Si tratta solo di partire con il piede giusto e...»

«Mamma, io ci provo sempre, ci provo ogni volta!» la interruppe la figlia, guardandola, finalmente partecipe della discussione. «Ma se fra sei mesi

dovremo di nuovo cambiare casa, il piede con cui parto ha poca importanza! Tanto alla fine devo sempre lasciare tutti!»

E, raggomitolandosi su sé stessa, si girò verso la parete. Seguì un attimo di silenzio, in cui la madre si fissò le mani riflettendo bene sulle parole che stava per usare. Elena aveva appena aperto una porticina, lasciando intravedere qualcosa del marasma che le si agitava dentro. Non era il caso di infierire, ma la donna doveva approfittare di quella piccola apertura per parlare di alcuni argomenti spinosi. Al tempo stesso sapeva che, facendolo, quella porta le sarebbe stata subito sbattuta in faccia. «Be’, considerando le risse delle ultime settimane...» cominciò cautamente. «Non mi sembra che tu stia per lasciare degli amici a cui tieni così tanto... Volevo appunto parlare con te di una comunicazione che la tua insegnante ha scritto per noi sul diario...»

«Non mi piacciono, mamma!» La ragazzina si voltò di scatto con un’espressione quasi disperata. «Io ci provo, ma proprio non mi piacciono! Possibile che non esista al mondo un bambino diverso, a cui non interessino tutte quelle cose futili e stupide di cui parlano i miei compagni?! Se uno è bello o se è brutto, se è ricco o se è povero, se vince nelle competizioni o se perde sempre, se è popolare o se è strano... Quanto vorrei trovare un amico strano! Stranissimo! Vorrei incontrare un mostro!»

«Oh, mio Dio, Elena... Ma cosa dici?!» commentò la mamma, con gli occhi sgranati e una mano sulle labbra.

«Qualcuno con cui andare nei boschi e nelle foreste» continuò la ragazzina presa dall’entusiasmo, «dormire all’aperto, immergersi nelle paludi, raccontarsi storie di paura...!»

«Che orrore! Ora un po’ mi preoccupi, Elena. Non è che hai conosciuto dei delinquenti?» chiese Julie, guardandola negli occhi.

«Ma no!» rispose la bambina ridendo. La divertivano sempre i commenti un po’ antiquati della madre e si ricordò di quanto le voleva bene. «Non è questo che intendo. Semplicemente vorrei incontrare qualcuno... qualcuno come Charlie!»

«Come Charlie che ora sono costretta ad abbandonare!» aggiunse abbassando lo sguardo.

La madre la strinse a sé e la ragazzina non oppose resistenza. Anzi chiuse gli occhi e la abbracciò a sua volta.

«Elena, lo sai che tu e Charlie prima o poi avreste dovuto lasciarvi comunque...» disse Julie, dopo qualche secondo. «E non a causa del trasloco. Forse approfittare di questo momento per dirvi addio è la cosa migliore...»

«Non comincerai anche tu con questi discorsi?!» rispose lei, allontanandosi di scatto.

«No, non comincerò» concluse la madre, spostandole nuovamente il ciuffo dagli occhi. «Però almeno una cosa la devi fare...»

«Che cosa?» la ragazzina alzò gli occhi al cielo.

«Avevi promesso di scrivere il diario. Hai iniziato?»

«Ti prego, mamma! Il diario no! È veramente una cosa da... bambine con i codini!»

«Tu sei una bambina con i codini! E poi la psicologa della scuola ha spiegato che è importante! Serve a tirare fuori le cose che hai dentro!»

«Lo faccio già tutte le mattine al bagno!»

«Elena, solo questo. Ti chiedo solo questo...»

«E io “solo questo” non lo farò, mamma. Mi dispiace!»

«Va bene. Vado a preparare la cena. Per favore, non stare sul letto con le scarpe ai piedi» disse Julie, seccamente, lasciando la stanza.

Elena seguì il rumore dei passi nervosi lungo le scale, avvertendo nascere in lei una leggera preoccupazione.

Caro Diario, parlare con un quaderno mi fa sentire un po’ fuori di zucca, ma quando le mamme si imputano su una cosa, meglio assecondarle. Altrimenti diventano isteriche e pericolose. Per fortuna tu mi piaci, perché non sei un borioso diario col lucchetto, ma un vecchio taccuino perso negli scatoloni da migliaia di anni. Chissà di chi eri... chissà perché nessuno hai mai scritto sulle tue pagine... sei come un misterioso libro perduto! Che però io ho trovato e ora sei MIO! Verserò su di te le mie calde lacrime e ti scriverò addosso tutti i miei segreti più orribili e inconfessabili... molti saranno inventati!

Ecco, così mio cugino Lonzo, frugando nei miei cassetti ti trova e se li legge tutti!!!

LONZO, se in questo momento stai leggendo, sappi che ho usato un inchiostro al cianuro e, visto che ci avrai sicuramente passato le dita sopra e poi te le sarai ciuc- ciate, sappi che ti restano pochi secondi di vita!

Va be’... che segreti vuoi che abbia da raccontarti?! Magari ne avessi! Nella mia vita non capita mai niente di assurdo, strano o spaventoso che sia degno di nota. Non faccio altro che cambiare casa e fare traslochi, porca bomba! Appena sto per creare un piccolo segreto di cui vergognarmi, è già ora di andarsene! Chissà come sarà questo nuovo quartiere... tu che dici?!

Troverò un amico del cuore? Ci saranno delle vicine sim- patiche ad accogliermi con delle ciambelle? E soprattut- to, ci saranno gatti con cui Sfruscio farà amicizia??? Come farei senza il mio Sfruscio! Lo so, sembra stupido e imbranato, ma è il più dolce e affettuoso gatto del mondo. Anche quando mi sbava sui compiti o quando mangia le falene e poi ha un alito pestilenziale... è sempre il mio micione preferito.

LA CASA DEI MOSTRI

COPERTINA #1

Disegni: Alessandro Barbucci

Colori: Barbara Canepa LA CASA

Soggetto: Katja Centomo

Sceneggiatura: Francesco Artibani

Disegni: Alessandro Barbucci

Colore: Barbara Canepa

Collaborazione ai colori: Paolo Lamanna

Il Libro Perduto di

La storia che avete tanto amato e la storia che nessuno vi ha mai raccontato... insieme in un solo libro. Un viaggio incredibile attraverso la prima serie di Monster Allergy, per scoprirne i segreti, saperne di più sui suoi creatori e conoscere tutti gli autori che hanno contribuito al successo di un’epopea senza tempo. Un romanzo inedito per accompagnarvi verso una nuova avventura.

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