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Paco Roca
Le strade di sabbia
– Può dirmi, per favore, che direzione devo prendere per uscire da qui? – Dipende da dove vuoi andare, rispose Stregatto. – Mi interessa poco dove andare…, rispose Alice. – Allora, poco importa la via che prendi, replicò il gatto. LeWiS CArroLL, Alice nel paese delle meraviglie
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Le strade di sabbia (ed. or. Les Rues de Sable) Collana «Prospero’s Books» n. 21 i edizione: settembre 2009 Copyright © 2009 text and illustrations by Paco roca/Guy Delcourt Productions First published by agreement with Guy Delcourt Productions. All rights reserved. Soggetto, sceneggiatura e disegni: Paco roca Traduzione: Alessandra Papa Lettering e grafica di copertina: Tunué Copertina e illustrazioni interne: Paco roca Per l’edizione italiana Copyright © 2009 Tunué S.r.l. Direzione editoriale: Massimiliano Clemente Tunué S.r.l. Via Bramante 32 – 04100 Latina – italy tel. 0773 661760 | fax 0773 1875156 info@tunue.com | www.tunue.com iSBN-13, GS1 978-88-89613-83-2 Finito di stampare nel mese di settembre 2009 presso: Arti Grafiche Civerchia S.r.l. Via Pantanaccio 82/B 04100 Latina – italy Carta: Hello Silk + 300 g/m2 (copertina) GardaMatt Art 150 g/m2 (interni) Le strade di sabbia è stampato su carta «amica delle foreste» certificata FSC Di Paco roca presso Tunué: Il faro (Collana «Prospero’s Books» n. 2) Rughe (Collana «Prospero’s Books» n. 20 –
NuoVA eDizioNe)
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Paco Roca (Valenzia, 1969) è un artista eclettico, capace di raccontare e disegnare diversi tipi di storie con la stessa intensità emotiva. Autore di diversi graphic novel, tra i quali Gog, Il gioco lugubre, Figli della Alhambra, Il faro (Tunué), premiato come miglior sceneggiatura realista dal Diario de Avisos di Tenerife, e Rughe (Tunué), unanimemente considerata come una delle migliori opere del fumetto contemporaneo, apprezzata dai lettori e dalla critica specialistica, vincitrice del premo Diario de Avisos (miglior fumetto 2007), del Salone internazionale del fumetto di Barcellona (miglior opera e miglior sceneggiatura 2008), del premio nazionale di Spagna (miglior fumetto 2008) e del Gran Guinigi a Lucca Comics & Games come miglior opera lunga del 2008.
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Prologo di Juan Manuel Díaz de Guereñu
Leggendo e rileggendo Paco roca, mi viene da pensare che nell’infinità di particolari motivazioni che esistono nello scrivere e disegnare un fumetto, queste si riducono essenzialmente a due. C’è chi crea un fumetto perché sa come farlo e c’è, invece, chi lo crea perché non sa come farlo ma è comunque deciso a raggiungerlo. Paco roca è tra questi ultimi. Non lo dico io, ma lui stesso che ha confessato che gli costa «trovare soluzioni diverse» ai problemi narrativi con cui si scontra. Praticamente le cerca perché ancora non le ha. Gli autori, come Paco roca, cercano di capire come possono raccontare quello che sono spinti a raccontare, lo rendono difficile a loro stessi e forse anche ai loro lettori, ma questi sono solo quei benedetti contrattempi che precedono la felice scoperta che può provocare un’opera abbastanza audace, quel misto di originalità e imperfezione che la rende appassionante. Questa motivazione non mi serve per dargli dell’ingegnoso, ma qualcosa di stile, come diceva Faulkner quando i suoi studenti gli chiedevano quale fosse il suo libro preferito e lui anteponeva Moby Dick ad altri romanzi molto più acclamati, a ragione del suo fallimento: era un progetto troppo ambizioso per le forze umane. Secondo il suo illustre parere, il valore di un’opera letteraria si misura nell’audacia del progetto che l’ha generata, non per la perfezione del prodotto finito. Più modestamente – escludendo il premio Nobel – Baroja sosteneva lo stesso. il vecchio scontroso vedeva «due metodi principali» per fare letteratura: leggere i classici e imitarli, oppure guardare la realtà intorno e cercare di scrivere ciò che si intuisce in essa. Con il primo si realizza bene l’opera ma solo con il secondo si raggiunge l’originalità. Se questa introduzione mi sta uscendo molto letteraria, la colpa è di Paco roca che ci propone un’altra volta un’opera infarcita di citazioni e allusioni. il titolo ricorda il racconto di Borges e a questo si aggiungono molti altri echi: l’irruzione del fantastico nel quotidiano, fino a sommergerlo, lo prende da
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Cortàzar; la lotta con il doppio, dal William Wilson di Poe; il prolungamento infinito del lavoro delle retrobotteghe, per portare avanti lavori smisurati senza senso, da Kafka; la mappa impossibile e inutile con scala 1:1, sempre da Borges; le magnifiche installazioni di cui nessuno si preoccupa mai, da Garcia Marquez; la bara salvavita, ancora da Melville. Queste e altre allusioni, con le quali ogni lettore disegnerà la sua mappa, non tramutano tuttavia questa storia in un’opera erudita. Non sia che un prologo come questo lo faccia. Nemmeno furono eruditi i suoi lavori precedenti, dove i protagonisti ricordavano Dalì, Long John Silver, Gulliver o Ismael. Paco Roca non si accontenta di fare come molti fumetti prima dei suoi, si avvicina a ciò che vive o legge per dare poi forma alle sue storie, per trovare soluzioni o per trovarsi problemi, cioè, per evitare strade spianate e uscite convenzionali, che nonostante li adornino, danno noia e le rendono vane. Lo fa con la naturalezza di chi prende ciò che ha in mano per proseguire con il lavoro narrativo che si è proposto e anche con un pizzico di birbonate, perché sa che ogni strizzata d’occhio può aprire nel lettore una finestra su ricordi di letture passate, a condizione ovviamente, che non appesantisca la storia con il peso morto di citazioni erudite. Paco Roca mette insieme prestiti, allusioni, calcoli e ammiccamenti in una storia che segue la sua propria logica, ferrea e sottile come ogni buona storia deve avere. Che un distratto impenitente come il protagonista, sempre sulla luna, si perda tra strade che non conosce è quasi inevitabile. Da lì a vedersi rinchiuso in un labirinto ci vuole un attimo, o uno scivolone che lo fa cadere in un universo un po’ più assurdo di quello in cui viviamo. Quindi il fantastico di Paco Roca, come tutta la sua finzione, è fatto di vita corrente. Il personaggio di Borges descrive il «mostruoso» Libro di Sabbia come «un incubo, un qualcosa di osceno che infamava e corrompeva la realtà». Quello di Paco Roca percorre strade meno minacciose, anche se paradossali e impossibili. Il suo fantastico non fa paura, ma provoca perplessità, disagi, fastidi, stanchezza dopo il lavoro, malintesi; in pratica ciò che ci crea giorno dopo giorno la vita che conosciamo. Non equivale dunque a un allontanamento dal reale, ma a qualcosa di strano da cui deriva una intensificazione. L’humor attenua anche quello che può essere inquietante. I frequenti tocchi comici che non spingono fino alla risata, ma al sorriso, sottolineano naturalmente l’assurdo ma lo rendono umano. Come quell’esploratore cartografo agorafobico o quel conte pallidino condannato a tagliarsi mentre si rade perché gli specchi non riflettono la sua immagine. Il conte Diogene precisamente, che rispettando il suo nome ha accumulato cianfrusaglie per secoli, rivela il paradosso nel quale vivono ingarbugliati i personaggi delle fantastiche strade di sabbia di Paco Roca. Mentre i mortali si affannano in attività incessanti e assurde che rendono le loro vite cantilene collettive dove
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non hanno tempo per niente, cioè per vivere, all’immortale lo affligge l’apatia di chi ha troppo tempo e non ha urgenza e voglia per fare qualcosa. Nella galleria di strani tipi che diventano protagonisti, la norma è la preoccupazione di ciascuno in un lavoro senza effetti né fine, nella tristissima circolarità di una ossessione con la quale si identifica l’esistenza stessa. Questo determina fallimenti descritti con la stessa precisione di una parabola, come la storia del giovane che va a trovare la ragazza nel giardino: lei crede che venga a vederla, ma lui è solo interessato al pezzo di terra dove è seduta per costruirci la sua tomba. Tutto sommato, questo ingranaggio di rotelline umane, fin troppo umane, che si rompe a causa di un sogno, in una sorta di reazione a catena che va verso la sua completa demolizione, risulta congruente con l’universo narrativo che Paco Roca traccia titolo dopo titolo, pagina dopo pagina. In questo universo, un incubo non porta al risveglio, perché è un sogno che merita di essere sognato. Di questa materia sono fatti anche i suoi esseri della finzione. E ciò che sembra essere importante, ancora una volta – e nello scoprire anche il modo di farlo – è come ognuno si aggiusta ciò che la vita gli mette in mano, come l’essere umano è capace, a volte, di fare suo il destino, accettarlo o voltargli le spalle con la ingenua risoluzione di chi ha cose più importanti da fare. Paco Roca, da narratore di razza che è, avrà già tra le mani un’altra storia che non sa ancora come raccontare. Magari ci metterà del tempo a scoprirlo, e noi con lui.
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Le strade di sabbia
A rachele, per il suo aiuto e l’infinita pazienza
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sì? spero tu non ti sia dimenticato che giorno è oggi.
o-oggi?
oggi è…
certo… come posso dimenticarmi…
il nostro… il nostro… anniversario?
quasi. oggi abbiamo l’appuntamento con la banca.
con la banca?
dobbiamo firmare l’ipoteca dell’appartamento. non te lo ricordi?
oh, sì, certo… ma visto che non mi avevi detto niente, avevo dimenticato questa riunione importante di oggi, e poi avevo promesso di aiutare…
non ti ho detto niente? ma se è tutta la settimana che te lo ricordo.
ho litigato con il capo per avere un giorno libero, lo sai?
sì, va bene… ci vediamo in banca tra un’ora.
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come tra un’ora? eravamo d’accordo di vederci qui alle dodici in punto e sono già e dieci. dove sei? la banca chiude all’una.
ho ritardato un po’ perché ti ho comprato una cosa per la nostra nuova casa.
sono in metro, in direzione della banca.
io? s-sono…
vedrai, ti piacerà.
sono stufa della tua immaturità. siamo gli unici tra i nostri amici che ancora non si sono comprati casa.
se fosse per te, non avremmo neanche la macchina.
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spero sia qualcosa di utile e non uno di quei pupazzi orribili che solo a te piacciono.
oggi è l’ultima opportunità che ti do. se vuoi vivere sulla luna, sarà senza di me, capito?
bene, se mi sbrigo posso farcela.
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saverio? senti, non ci possiamo vedere.
mi ero dimenticato che avevo un appuntamento in banca con maria.
e non hai tempo per una birra?
ma come no? ti sto aspettando.
che vuoi che faccia? maria mi uccide se non arrivo prima che la banca chiuda.
mancano venti minuti alla chiusura.
mi piacerebbe, però non posso, davvero. ci vediamo un altro giorno, quando ho tempo.
sempre il solito. sono mesi che cerchiamo di vederci.
in bocca al lupo con il prestito e grazie per la birra.
non hai mai tempo per niente. dai su, birra veloce.
come ho potuto fare cosĂŹ tardi?
se non arrivo in tempo, stavolta non mi perdona.
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il quartiere vecchio…
attraversandolo è la direzione più breve per arrivare…
ma mi perdo sempre…
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va bene… è l’unico modo per arrivare in tempo.
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bene… e adesso qual è la strada giusta? se non mi sbaglio e vado dritto, arriverò in dieci minuti.
di qua.
e adesso dove? cazzo! non c’è una sola strada dritta.
dove cavolo sono?
tutti staranno mangiando.
e non c’è nessuno a cui chiedere.
bene, è arrivato il momento di chiamare maria e riconoscere che sono un inutile e che non arriverò mai in tempo.
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LE NATE G E E SE I R NT D SE AS
cazzo! no!
n-no… non è possibile…
cazzo! non posso avere tanta sfortuna.
dai, tranquillo. non devo innervosirmi.
si sta facendo notte e sono ancora perso.
cazzo! cazzo! cazzo!
cazzo!
… preparate la tavola che è pronta la cena. papà è già arrivato…
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vi siete lavati le mani?
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… si è fusa ancora, signora ester.
e adesso che…?
la lampadina della 515…
prendi e dai un’occhiata se ne manca qualcun’altra nel corridoio.
oddio, qui non si finisce mai…
buona sera, vorrei sapere come faccio… ha valigie?
signora ester, l’impiegata del settimo dice che quella dell’ottavo le ha detto che non funziona il riscaldamento.
vede, io vorrei solo sapere…
un’altra volta?
signor rueda! per favore…
dove si sarà cacciato quell’uomo?
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lei ha già firmato?
quella vecchia caldaia ha lasciato un’altra volta l’ottavo piano senza riscaldamento.
che succede ester?
no, no… io voglio solo chiedere come posso…
scusi, potrebbe dirmi come faccio a uscire da qui? ecco, questo vorrei tanto fare! uscire da qui anche fosse solo per un momento.
uscire da qui?
qualcosa come succede alla signora karen nel libro. magari arrivasse qualcuno speciale da quella porta e mi portasse via in braccio, lontano da questa reception.
dovrebbe succedere un miracolo…
ma questo succede solo nei romanzi d’amore. stanza 818.
signor rueda, vada ad aggiustare quella caldaia il prima possibile.
stanza 818, ottavo piano. forza! non rimanga lì in mezzo.
le ho già detto che è colpa della pressione. da solo non ce la faccio… 24 |
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