INTRODUZIONE ALLA STORIA E ALLE TEORIE DEL VIDEOLUDICO
PREFAZIONE DI EMILIO COZZI
INTRODUZIONE
UN PERCORSO SUI VIDEOGIOCHI, UN PERCORSO FRA I VIDEOGIOCHI
Nonostante la vita del medium videoludico non superi i sessant’anni di età , descriverne la storia è un’operazione lunga e tutt’altro che semplice. Il tema del videogioco, in inglese video game, è dibattuto nella OHWWHUDWXUD FULWLFD H VFLHQWL¿FD SL GL TXDQWR VL SRVVD FUHGHUH *OL DPbiti disciplinari che hanno preso parte alla discussione teorica sono la sociologia, la psicologia, le scienze cognitive, le teorie delle comunica]LRQL GL PDVVD OD VHPLRORJLD H SHU¿QR OœHVWHWLFD 7DOL VHWWRUL KDQQR LQquadrato, talora con obiettività , talaltra con un atteggiamento di parte (in positivo o in negativo), una tematica che non può che essere multiforme, poichÊ il videogioco è un medium, un linguaggio e un formato d’intrattenimento altamente composito. Ciò che manca allo stadio DWWXDOH GHO GLVFRUVR ŠVXOª JLRFR HOHWWURQLFR q XQD GH¿QL]LRQH FRQGLYLsa che permetta di scegliere una posizione metodologica chiara per la ricostruzione storica e teorica del medium. Non esiste cioè un pensiero FKH GH¿QLVFD TXDOLWj H FRQ¿QL GHO YLGHRJLRFR DOOœLQWHUQR GL XQ XQLYHUVR PHGLDOH RUPDL GH¿QLWLYDPHQWH FRQYHUJHQWH H LEULGR 6HQ]D TXHVWR WLSR di fondamenta non è possibile, di fatto, distinguere un’analisi istituzionale da letture marginali o divergenti. L’atteggiamento di parte può essere interpretato come una tendenza alla difesa o all’attacco di questa forma ludico-narrativa dovuta al fatto che il videogioco, in quanto nuovo medium, ha generato una grandissima varietà di reazioni rispetto ai diversi posizionamenti culturali e JHQHUD]LRQDOL GHJOL RVVHUYDWRUL ,Q HIIHWWL ¿QR D TXDOFKH DQQR ID OD PDJJLRU SDUWH GHOOH ULÀHVVLRQL VXO YLGHRJLRFR SURYHQLYD GD VHWWRUL ŠDOWULª che studiavano questa nuova forma d’intrattenimento con strumenti
teorici ed empirici non sempre idonei, data l’assoluta novità del mezzo. Ancora oggi vari sociologi dei media, armati di teorie obsolete e una frammentaria conoscenza dell’argomento, producono testi che nelle intenzioni vorrebbero essere resoconti fondati sul videogioco ma che VL ULGXFRQR D ULDVVXQWL VXSHU¿FLDOL H D WUDWWL IXRUYLDQWL FRPH LO ODYRUR di Arthur Asa Berger [2002]. Solo di recente studiosi di preparazione multidisciplinare, caratterizzati quasi tutti da un’età che non supera i quarant’anni, hanno preso in mano quelli che oggi si suole chiamare game studies, affrancando lo studio del tema dall’inadeguatezza e dall’avversione, anche ideologica, che aveva caratterizzato gli analisti della generazione precedente. I game studies sono diventati oggi una disciplina autonoma di insegnamento e di ricerca, il cui programma non è soggetto alle pretese tiranniche di una comunità accademica accondiscendente, quando non apertamente ostile [Aarseth 2002]. Del resto, va osservato un elemento che raramente viene preso in FRQVLGHUD]LRQH ¿QR D SRFKL DQQL ID LO YLGHRJDPH1 era una delle poche forme d’intrattenimento, se non l’unica, studiata da persone che non l’avevano mai direttamente sperimentata come normali fruitori e che anzi la osservavano a distanza e con atteggiamento sospettoso, laddove invece da generazioni gli studiosi di letteratura, di teatro, di cinema, sono fondamentalmente, a livello passionale, degli amatori della forma espressiva da loro indagata. Ma non appena la generazione dei primi videogiocatori, che erano bambini negli anni Settanta e Ottanta, è cresciuta, alcuni suoi componenti si sono dedicati allo studio approfondito del loro amore di gioventÚ, entrando all’università , nel mondo della ricerca e della produzione, aggiungendosi cosÏ in pochi anni agli studiosi delle generazioni precedenti, che non erano per nulla partecipi dell’immaginario e delle strutture mentali videoludici, similmente D TXDQWR q DYYHQXWR SHU GXH DOWUH IRUPH JUD¿FR QDUUDWLYH RVWHJJLDWH dall’establishment LQWHOOHWWXDOH ¿QR D SRFKL DQQL ID LO IXPHWWR H LO FLQHma d’animazione [Pellitteri 1999 e 2005c]. Ciò ha comportato una grande varietà di opinioni teoriche sul videogame, e non solo a causa di questi due atteggiamenti che – come già QRWDWR ¹ VL SRVVRQR GH¿QLUH JHQHUD]LRQDOL PD DQFKH LQ EDVH D XQD QRQ ancora raggiunta teoria generale del videogioco, che forse è una chimera irraggiungibile, dal momento che il videogame non è un sistema conchiuso in sÊ ma un conglomerato composito di componenti psico1
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BenchÊ in inglese il termine sia video game, con i due termini separati, qui useremo da questo SXQWR LQ SRL OœRUWRJUD¿D ŠYLGHRJDPHª SHUFKp q FRVu FKH LO WHUPLQH LQJOHVH YLHQH UHVR LQ LWDOLDQR Cfr. sul tema Salvador 2013: 11-2. CONOSCERE I VIDEOGIOCHI
logiche, cognitive, pragmatiche, emozionali, estetiche, comunicative; quindi un universo molto sfaccettato che richiede, per la sua completa analisi, l’apporto di molte discipline, oggi per l’appunto coacerbate nei game studies. Anche nel raccontare la vicenda storica del videogioco non possiaPR DI¿GDUFL D PHWRGL R D SXQWL GL YLVWD VLFXUL 3HUFKp SHU HVHPSLR QRQ preferire una lettura esclusivamente tecnica, che periodizzi un percorso sulla base dell’evoluzione dei supporti e delle tecnologie? Una posizione esplicitamente determinista che però renderebbe conto in modo preciso e puntuale del susseguirsi delle generazioni di console (gli apparecchi elettronici di interfacciamento su cui girano i giochi VWHVVL GHOOD SURJUHVVLYD LQWURGX]LRQH GHOOD JUD¿FD D o della rivoluzionaria adozione di interfacce innovative, arrivate oggi a concedere la possibilità di giocare senza controller ¿VLFL GDO IDPRVR joystick in poi). Oppure sarebbe possibile concentrarsi sul linguaggio, descrivendone l’evoluzione sia attraverso le marche di genere sia seguendone i cambiamenti a livello formale, il tutto attraverso il confronto del videogame con gli altri media e con le loro rispettive grammatiche. Da un’aQDOLVL GL TXHVWR WLSR HPHUJHUHEEHUR UHFLSURFKH LQÀXHQ]H OLQJXLVWLFKH e differenze fra le etichette di genere legate alle meccaniche di gioco (¿UVW SHUVRQ VKRRWHU, real time strategy, hack ’n’ slash ecc.; i termini sono spiegati in seguito) e quelle legate invece alle tradizionali clasVL¿FD]LRQL SURYHQLHQWL GD OHWWHUDWXUD H FLQHPD KRUURU IDQWDV\ QRLU azione ecc.). Una terza possibilità invece sarebbe quella di pensare al videogame come medium innanzitutto interattivo e quindi di leggerne l’evoluzione in base ai cambiamenti nelle pratiche d’uso. In questo modo si andrebbe a delineare una sorta di storia dei giocatori, facilmente riconducibile agli strumenti utilizzati, passando cioè a descrivere prima una fase legata ai luoghi di aggregazione pubblici come le sale giochi, poi una fase domestica caratterizzata da un pubblico straordinariamente competente a livello sia tecnico che linguistico. Un’altra distinzione che emergerebbe sarebbe quella fra giocatori hardcore, che si moltiplicano con la diffusione delle console appunto domestiche, e quelli casual, che nascono e si affermano con l’esplosione dei social game seguita al riaffacciarsi della Nintendo sulla ribalta internazionale a metà degli anni Duemila. In queste poche righe abbiamo tracciato già tre possibili percorsi evolutivi: uno tecnico, uno linguistico e uno relativo alle pratiche. Nel ragionare su quale di queste possa adattarsi meglio alle esigenze di UN PERCORSO SUI VIDEOGIOCHI, UN PERCORSO FRA I VIDEOGIOCHI
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questo testo, ne vengono tuttavia in mente ancora altre. Per esempio la descrizione storica del gioco a livello sociale, non solo osservando gli usi che i giocatori ne fanno ma anche il valore culturale che il medium porta con sé, una periodizzazione cioè dei cambiamenti riguardanti la ricezione del videogioco da parte dell’opinione pubblica. Com’è cambiata dagli anni Ottanta, quando il videogioco era considerato una vera e propria sottocultura di nicchia, alla contemporaneità, caratterizzata da un lato da un prepotente panico moralizzatore, dall’altro da un successo transgenerazionale senza precedenti per un medium rappresentativo? Anche un’analisi del punto di vista economico e commerciale meriterebbe un discorso a sé, con particolare attenzione alle rivalità fra i giganti della distribuzione e della produzione, alle loro strategie di marketing e di posizionamento, passando per le ragioni delle nascite e GHOOH FDGXWH GHL FRQFRUUHQWL VWRULFL 3HU QRQ SDUODUH LQ¿QH GHL UDFFRQWL relativi alla scena indie («indipendente» cioè dalle grandi società) e serious (i giochi a scopo didattico e professionale), due universi in costante espansione e in grado di rappresentare a buon diritto una fetta consistente della realtà videoludica contemporanea. Altre poche righe, altri possibili percorsi. Nel marasma delle posizioni FKH GH¿QLVFRQR L SRVL]LRQDPHQWL RQWRORJLFL GHO YLGHRJLRFR FRPH DWWLYLtà, del resto, a emergere è quella di Ian Bogost, accademico e designer statunitense, che nell’illuminante articolo «Videogames are a mess» [2009] li descrive come detentori di molteplici possibili identità. Il vecchio videogame E.T. della Atari per esempio è, secondo Bogost, contemporaneamente undici cose diverse: 8 Kb di valori alfanumerici; una ROM dei medesimi valori espressa in un linguaggio comprensibile all’uomo; XQ ÀXVVR GL PRGXOD]LRQL RF generato dalla combinazione degli input dell’utente e delle risposte procedurali del software e trasformato in frequenze radio interpretate da un apparecchio televisivo; un circuito integrato; una cartuccia di plastica con incollatavi sopra l’etichetta del gioco; un prodotto di consumo all’interno di una confezione collocata in un negozio; un sistema di regole e meccaniche che produce una certa esperienza; un’esperienza di gioco appunto, da condurre da soli o in compagnia; una proprietà intellettuale; un oggetto da collezione; un simbolo del crollo del mercato statunitense dei videogame nel 1983. Considerare allora il videogioco come l’insieme di queste cose, tutte dotate di pari dignità, consente di affrontarlo con metodologie varie anche da un punto di vista storico senza il timore di non rendergli giustizia: dai principali e imprescindibili protagonisti delle fasi di nascita e crescita del mondo videoludico passeremo a narrare le storie di singole 6
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console, di titoli particolari, di team di sviluppo, ritenuti esemplari per comprendere l’evoluzione del medium. Il tutto sarĂ trattato attraverso la redazione di microstorie di ginzburghiana memoria2 attraverso cui cercare di narrare gli avvenimenti principali dei decenni coinvolti. Parallelamente a questo lavoro di ricostruzione storica, la nostra materia sarĂ trattata a livello teorico a partire da una premessa, forse scontata per molti, relativa al termine con cui si designa questa forma espressiva. Il neologismo ÂŤvideogiocoÂť deriva dal fatto, evidente, che questi giochi si svolgono dinnanzi a uno schermo, a un video appunto: il giocatore ha gli occhi rivolti su un televisore o su un monitor e interaJLVFH FRQ OH D]LRQL DOOÂśLQWHUQR GHO PRQGR ÂżWWL]LR GHO YLGHRJDPH PHGLDQte il citato joystick, il joypad o altri strumenti di dialogo fra l’uomo e la macchina. Questo appellativo, però, ha provocato una riduzione della complessitĂ insita nel videogioco, cosĂŹ come per altre forme espressive XQD GHÂżQL]LRQH HUURQHD SRL GLYHQXWD WUDGL]LRQH QH KD VPLQXLWR OD ULFFKH]]D VL SHQVL DO IXPHWWR LO FXL QRPH LWDOLDQR OR GHTXDOLÂżFD ULVSHWWR a tradizioni culturali che ne hanno colto con maggiore attenzione gli aspetti strutturali, come la Francia, dove i fumetti si chiamano bandes dessinĂŠes, ‘strisce disegnate’ [Raffaelli 1997]. V’è dunque chi ha propoVWR SHU LO YLGHRJLRFR XQD GHÂżQL]LRQH SL GHQVD TXHOOD GL ŠVWRULD LQWHrattivaÂť [Garassini – Romano 2001: 176], la quale però si scontra con il fatto che non tutti i videogiochi sono storie: anzi in parecchi videogame la dimensione puramente narrativa è sullo sfondo, appena accennata, oppure è del tutto assente, come si vedrĂ in seguito. Molti ricercatori del settore dei game studies, come Carlo Molina in Italia o Espen Aarseth DOOÂśHVWHUR ULWHQJRQR LQYHFH SL DSSURSULDWR GHÂżQLUOL computer game, ponendo l’accento sulla natura informatica di questo medium di svago. 6L SHQVL LQÂżQH DO FRQFHWWR VWHVVR GL ŠJLRFRÂŞ L YLGHRJLRFKL VRQR VHPSUH ŠJLRFKLÂŞ" 6RQR VHPSUH TXDOLÂżFDELOL FRPH WDOL" 3RWUHPPR GLUH FKH Vu L videogiochi sono in sĂŠ e per sĂŠ giochi e questo non è un difetto ma una caratteristica da valutare con neutralitĂ , tuttavia il fatto stesso che sia la SDUROD ŠJLRFRÂŞ D LGHQWLÂżFDUOL VSHVVR VL q WUDPXWDWR LQ XQD VRUWD GL DUPD per i suoi censori, che lo hanno additato come passatempo vacuo proprio in quanto gioco: come se il gioco, come attivitĂ , fosse qualcosa di futile. In ciò si manifesta uno dei peggiori equivoci di cui certo mondo 2
Quella delle Microstorie è stata una collana diretta da Giovanni Levi e Carlo Ginzburg per Einaudi negli anni Ottanta. Ogni testo ricostruiva un microcosmo relativo a un personaggio comune, un avvenimento, un luogo, allo scopo di descrivere, dal particolare al generale, i caratteri di un periodo storico. UN PERCORSO SUI VIDEOGIOCHI, UN PERCORSO FRA I VIDEOGIOCHI
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benpensante è vittima. Va anche detto che alcune di queste avventure in effetti, nel loro essere giochi, sono dotate anche di una componente narrativa di tipo, ovviamente, interattivo. Quale che sia la piÚ corretta GH¿QL]LRQH DG RJQL PRGR LQ TXHVWR OLEUR VL XVHUDQQR LQGLIIHUHQWHPHQte videogame e videogioco, perchÊ sono questi i nomi che, a torto R D UDJLRQH VRQR VWDWL RUPDL FRGL¿FDWL QHOOœXVR FRPXQH Nel Capitolo I, a titolo introduttivo, sono segnalati alcuni riferimenti iniziali al tema del successo dei videogiochi e al concetto di generazioni applicabile ai loro utenti, ai videogame stessi e al possibile conÀLWWR IUD JLRYDQL H DGXOWL FKH QH LQYHVWH OœXVR 6XFFHVVLYDPHQWH LO OLEUR rende conto, secondo una suddivisione per argomenti che è solo una delle tante possibili (ed è quella che abbiamo scelto noi), delle principali voci del dibattito internazionale. Si è cercato il piÚ possibile di OLPLWDUH OH QRWH ELEOLRJUD¿FKH DJOL LQWHUYHQWL SL ULJRURVL WXWWDYLD YD subito osservato che spesso le analisi, tanto teoriche quanto empiriche, si sono involontariamente miscelate alla divulgazione, in ragione della relativa novità tematica del videogioco; se ne renderà quindi conto. Il percorso storico è stato invece composto attraverso l’integrazione di diversi punti di vista, i principali di stampo anglosassone e alcuni italiani.3 Sarà inevitabile concentrarsi sugli Stati Uniti e il Giappone come contesti storici piÚ indicativi, lasciando all’Europa continentale il ruolo di comprimario, anche se i tempi sarebbero ormai maturi per procedere alla scrittura di una storia del videogioco di stampo europeista. Insomma i videogame, nonostante una storia assai breve – cominciata a livello commerciale nei primi anni Settanta del secolo scorso – sono oggi una delle forme di divertimento e di cultura popolare piÚ lucrative e fra le piÚ presenti nella vita quotidiana di centinaia di milioni di persone, la cui età oggi non comprende solo i bambini e gli adolescenti ma anche una larghissima e sempre crescente porzione di giovani adulti e adulti: sondaggi nemmeno troppo recenti [NPD et al. 2006] attestano che l’età media dei videogiocatori, nei principali mercati mondiali, è di trentatrÊ anni e quella dell’acquirente medio è di quaranta. La tendenza è in progressione e oggi possiamo aspettarci anche età lievemente maggiori. 3
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In particolare si farà riferimento a Wolf [2008], Herman [2001], Kent [2001], Herz [1998], Poole [2000], Ascione [1999], Bittanti [1999], Carlà [1993, 1996, 2001] e Rossi [1993] per descrivere soprattutto il periodo che va dagli esordi alla metà degli anni Ottanta; ad Alinovi [2000], Cerigioni [2002], Chaplin – Ruby [2005], Kushner [2005 e 2012], Takahashi [2002 e 2006], Kohler [2009] e Goldberg [2011] per parlare degli ultimi trent’anni. CONOSCERE I VIDEOGIOCHI
In un mondo in cui la potenza mediale del videogioco è sempre piÚ pervasiva, anche il discorso pubblico e quelli privati su questo effervescente medium d’intrattenimento si sono fatti piÚ presenti a livello sociale. Da un lato la saggistica popolare e divulgativa e dall’altro gli studi e le ricerche sul medium si sono occupati in questi quarant’anni delle tante sfaccettature del videogioco: la sua vicenda storica e le sue dinamiche commerciali, i suoi pionieri e inventori, i personaggi e i titoli di maggior successo, la sua espansione in tanti luoghi e media diversi (sale giochi, PC domestici, palmari4 e telefonini, internet e social network), le teorie psicologiche e sociologiche per interpretarne le caUDWWHULVWLFKH H LO VXFFHVVR QRQFKp OœLQWLPD UHOD]LRQH HPRWLYD ¿VLFD D volte viscerale intrattenuta con essi dai videogiocatori. Questo libro presenta pertanto le due facce del discorso. Non solo una trattazione storica sul medium, ma anche una rassegna ragionata GHOOH YRFL SL UDSSUHVHQWDWLYH GHO GLEDWWLWR FULWLFR H VFLHQWL¿FR LWDOLDQR H internazionale, articolata secondo le sue tematiche portanti: gli aspetti considerati positivi e negativi dei videogame, le loro implicazioni cognitive nei confronti degli utenti, la loro intrinseca natura di ludus, l’impatto sulla società . Abbiamo costruito il libro Conoscere i videogiochi5 come uno strumento conoscitivo allo stesso tempo di introduzione e di approfondimento all’argomento, abbinando e armonizzando la storia del medium FRQ OD VWRULD GHO GLEDWWLWR FULWLFR H VFLHQWL¿FR VX GL HVVR ,O WXWWR GDQGR a questo volume una struttura che media fra le esigenze manualistiche e quelle dell’approfondimento critico, pensando agli studenti e studiosi universitari, ai professionisti di questo medium e ovviamente a tutti i videogiocatori.
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Utilizziamo qui – e lo useremo anche in seguito – il termine italiano palmare consapevoli che nel gergo tecnico videoludico è preferito l’inglese hand-held. Che vuol dire precisamente palmare: un oggetto che si tiene nel palmo della mano. I due termini sono usati nel corso del libro come sinonimi. Il titolo di questo libro, piÚ per caso che altro, è lo stesso del titolo del primo capitolo del libro di Francesco Alinovi Mi gioco il cervello [Alinovi 2000]; sostanzialmente è stato da noi pensato come riproposizione, adattata al medium videoludico, del titolo del manuale critico Conoscere l’animazione [Pellitteri 2004], dedicato al cinema animato per ragazzi. UN PERCORSO SUI VIDEOGIOCHI, UN PERCORSO FRA I VIDEOGIOCHI
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ALBORI, CRESCITA E PRIMO SUCCESSO DEI VIDEOGIOCHI
I
La nascita del medium videoludico è relativamente recente. Anche considerando le prime rudimentali macchine a gettone (il cui nome originale, che useremo spesso nel testo, è coin-operated o coin-op, cioè, appunto, ‘funzionanti a gettone’), si tratta di poco piĂš di mezzo secolo di storia. Stabilire la data esatta della nascita del videogame è un’operazione complicata, che richiederebbe innanzitutto una presa di posizione netta,1 anche perchĂŠ il videogioco viene indicato come una vera e propria invenzione ÂŤcasualeÂť. 1HJOL 6WDWL 8QLWL GDOOD ÂżQH GHJOL DQQL 4XDUDQWD DOOÂśLQL]LR GHJOL DQQL Settanta del secolo XX, fra curiositĂ e goliardia nei laboratori di ingegneria e in quelli di informatica diversi scienziati realizzarono strumenti interattivi che permettevano all’utente di manipolare immagini [Sullivan 1983, Breton 1987, Jolivalt 1994, Bruno 1997, Dodsworth 1997, Bittanti 1999]. A fare da schermo erano gli oscilloscopi, monitor che mostrano linee e traiettorie invece di immagini, o dispositivi a tubo catodico come i vecchi televisori. La letteratura sul tema, fra nostalgia e archeologia della comunicazione [Cohen 1984, Herman 2001], indica che fra i tanti aspetti di quell’epoca aurorale le caratteristiche piĂš importanti che permisero l’emergere di questa nuova forma di intrattenimento furono elementi come l’invenzione delle leve e manopole di azionamento dell’utente, la libertĂ di circolazione fra i vari atenei e ricercatori del software dei primi, rudimentali videogame e chiaramente la spinta umana al gioco [Rossi 1993, Herz 1998, Poole 2000, Kent 2001 e 2002, DeMaria – Wilson 2004]. 1
In Kent 2001, per esempio, Tennis for Two q OLTXLGDWR FRPH XQÂśLVWDQ]D LVRODWD H SRFR VLJQLÂżFDWLYD
I.1 Panoramica iniziale I.1.1 Nascita dei giochi da sala e da casa
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La reale storia commerciale e culturale del videogioco inizia negli anni Settanta, quando i cabinati coin-op e le console domestiche iniziarono a diffondersi in modo capillare. L’avvio della prima generazione di console domestiche si può far coincidere con il lancio dell’apparecchio Odyssey della Magnavox e del sistema basato sul chip del celebre Pong della Atari nel 1972. Dopo la crisi del mercato statunitense attraversata fra il 1977 e il 1978, i principali produttori di hardware rinnovarono le proprie tecnologie creando delle macchine in grado di leggere le ÂŤcartucceÂť e dunque notevolmente piĂš longeve e slegate dai singoli titoli. Anche l’offerta di cabinati coin-op si rinnovò, con nuove compagnie ad affacciarsi sul settore e l’importazione dei maggiori successi dal Giappone: l’etĂ dell’oroÂť delle macchine cosiddette arcade (‘sala giochi’) era alle porte. Da quegli anni l’evoluzione del settore domestico non ha conosciuto sosta: sette sfuggenti generazioni all’incirca quinquennali e strettamente legate alle evoluzioni dell’hardware, notoriamente rapidissimo a rinnovarsi. Oggi siamo entrati nell’ottava, con WiiU della Nintendo, Xbox One della Microsoft e PlayStation4 della Sony. All’interno di questa singolare storia tecnologica emergono cosĂŹ due ÂżORVRÂżH TXHOOD GHO JLRFR FRVLGGHWWR DUFDGH >7ULQNDXV @ H TXHOOD GHO gioco domestico [Ascione 1999, Bittanti 1999]. La distinzione fondamentale che venne istituita dal punto di vista hardware fu quindi quella tra un gioco da svolgersi in una sala apposita e un gioco da fruire fra le pareti di casa, con tutte le differenze situazionali e tecnologiche del caso. A livello di fruizione, gli arcade differiscono dai giochi domestici perchĂŠ nella quasi totalitĂ dei casi si riferiscono a partite contro il programma della macchina, scontri accumulativi che si sa giĂ che sarĂ il computer a vincere e che per essere giocate il piĂš a lungo possibile necessitano di parecchie sedute di gioco e dunque dell’inserimento di molte monete (ÂŤinsert coinÂŞ /D ÂżORVRÂżD GHO JLRFR GRPHVWLFR q GLYHUVD SHUFKp LO JLRcatore può giocare quando e quanto vuole e potrĂ arrivare a terminare la partita: in tal senso, nei giochi progettati per le console domestiche viene accentuata la dimensione narrativa [Herz 1998, Tanoni 2003]. Come riferiscono CarlĂ e Herz, fra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta i videogiochi si diffusero fra migliaia di programmatori e appassionati tramite un circuito internazionale grazie al quale ci si passava i codici geQHUDWLYL GHL SURJUDPPL FKH YHQLYDQR PRGLÂżFDWL PLJOLRUDWL LQ SDUDOOHOR 12
CONOSCERE I VIDEOGIOCHI
con l’avanzare della tecnologia. Ăˆ soprattutto grazie a questi hacker (termine che non ha in origine nulla di negativo e che solo nella vulgata ha assunto l’accezione di ÂŤpirata informaticoÂť), oltre che ai primi pionieri della programmazione e alle prime, piccole e artigianali software house, FKH L YLGHRJLRFKL GDOOD ORUR IDVH DXURUDOH VL VRQR HYROXWL ÂżQR D UDJJLXQJHUH QHJOL DQQL DOWL OLYHOOL GL VRÂżVWLFD]LRQH >&DUOj H +HU] @ I.1.2 Giocattoli o qualcosa di nuovo? La storia del videogioco è anche, forse soprattutto, una storia di numeri [Vogel 1986]. I fatturati delle piĂš importanti case produttrici di videogame sono milionari e hanno generato giri d’affari enormi [Provenzo 1991]. Per esempio, solo nel 2000 nel mondo erano stati venduti circa 75 milioni di console PlayStation della Sony [Berens – Howard 2002: VII]. Sempre la Sony ha dichiarato nel 2009 di aver venduto complessivamente, dall’esordio della console, quasi 139 milioni di esemplari della PlayStation 2 FRPXQLFDWR VWDPSD XIÂżFLDOH GHO DJRVWR OD 0LFURVRIW KD YHQGXWR ÂżQR al 2013 incluso, in totale oltre 78 milioni di esemplari della piattaforma XBox. I dati sono impressionanti in generale [List 2014]. Negli USA l’etĂ media dei giocatori si aggirava una dozzina d’anni fa intorno ai 28 anni e il 60% degli statunitensi oltre i sei anni trascorreva un po’ di tempo con i videogiochi [Berens – Howard 2002: VII]. Oggi l’etĂ media è aumentata a 31 anni ed è il 59% degli statunitensi a trascorrere un po’ di tempo ogni settimana con i videogiochi [ESA 2014]. Tuttavia, all’inizio della sua storia, il videogioco fu caratterizzato da grossi errori di valutazione strategica, soprattutto perchĂŠ i primi direttori commerciali di questo settore erano in realtĂ ingegneri-demiurghi che commercializzavano in proprio le loro idee; inoltre negli anni Settanta, all’alba della commercializzazione dei videogame, ancora non si aveva una chiara idea di cosa in effetti i videogiochi fossero, dal punto di vista sia linguistico-comunicativo sia merceologico [Cuneo 2002]. Forse questa fu una delle ragioni per le quali il mercato subĂŹ ben due crisi nell’arco di sei anni, nel 1977 e nel 1983, per poi risalire la china e assestarsi sui successi piĂš recenti [Herz 1998]; e, fra le cause di questi FUROOL FRPH DQWLFLSDWR VRSUD YÂśHUD LO SUREOHPD GL GHÂżQLUH L YLGHRJLRFKL a livello concettuale: ÂŤun giocattolo oppure un prodotto di elettronica di consumo?Âť [Cuneo 2002: 39]. Oggi il mistero è risolto e, come si vedrĂ in seguito, è attestato che è corretto vedere i videogiochi anche come narrazioni interattive e non solo come giocattoli o semplici prodotti di elettronica per la casa [Wolf 2001]. ALBORI, CRESCITA E PRIMO SUCCESSO DEI VIDEOGIOCHI
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Un importante aspetto del successo dei videogiochi, a livello commerFLDOH VL GHYH DO IDWWR FKH OH FRQVROH ¿Q GDJOL DQQL 1RYDQWD VL YHQGRQR molto anche nei negozi di strumenti musicali, di musica in generale e di home-video, e coinvolgono un pubblico che altrimenti non ne sarebbe stato raggiunto [Berens – Howard 2002: VIII-IX]. Fra gli elementi merceologici connessi alla mission strategica delle aziende di hardware vanno considerati alcuni divari di condotta delle società , che rivelano incompatibilità ideologiche sul ruolo assegnato ai rispettivi sistemi di gioco. Per esempio la società nippoamericana Sony vende le sue console della serie PlayStation come oggetti di intrattenimento casalingo, la statunitense Microsoft non ama che la propria XBox venga inquadrata come un computer ridotto ma l’ha inizialmente posizionata sul mercato solo come una (potente) console per giochi, la GameCube della giapponese Nintendo aveva anch’essa potenzialità da PC ma era stata progettata per lo piÚ per il gioco su internet [ivi: X]. A questo proposito si consideri il grande exploit della citata Sony che negli anni Novanta, aggredendo il mercato, introdusse l’idea forte che i videogiochi non fossero solo roba da bambini (Leitmotiv usato invece dalla Nintendo) ma indicati per tutti i tipi di utente [Cuneo 2002 e Hayes – Dinsey – Parker 1995]. Se ne parlerà in modo piÚ approfondito in seguito. Inoltre va tenuta presente la grande varietà di strategie pubblicitarie, commerciali, di sensibilizzazione, di creazione delle tendenze e delle mode che i videogiochi hanno innescato. Ripercorrere una storia delle pubblicità per i videogiochi sarebbe un modo che oltre a rendere ¿ORORJLFR XQ DSSURFFLR FKH SHU OR SL VL FRQVLGHUD EDVDWR VXOOœLURQLD svelerebbe molti aspetti sulle dinamiche della popolarità di questo fenomeno [Carzo – Centorrino 2002]. E difatti un settore dei game studies si occupa del marketing dei prodotti videoludici e dei suoi effetti sociali [Kline et al. 2003]. Ad esempio il ricercatore neozelandese Mark McGuire si è concentrato su una delle piÚ formidabili campagne pubblicitarie del settore, quella relativa al lancio della famosa console Sony PlayStation 2 [McGuire 2003]. In effetti la spettacolare e originale campagna della Sony, basata sullo slogan The Third Place associato alla pratica videoludica mediante la PlayStation, ha avuto a suo tempo risultati estremamente positivi [Asakura 2000]. Il concetto di third place infatti, come McGuire annota, sta per un luogo che esula dalla consueta divisione fra posti di lavoro e di svago. Sarebbe quindi una sorta di non luogo, per utilizzare un concetto introdotto dall’antropologo francese Marc AugÊ [1995], una dislocazione quasi surreale in cui i videogiocatori siano in grado di incontrarsi e in cui le realtà piÚ in14
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credibili possano essere vissute; e questo spazio è la rete, la modalità di gioco per la quale la PlayStation 2 in effetti è stata prodotta. Del resto, prima ancora che in relazione a internet, il concetto di third place era JLj VWDWR LQGDJDWR LQ PHULWR DJOL VSD]L ¿VLFL RYH VL SRVVD FUHDUH XQ TXDOche tipo di «comunità livellatrice», come bar, librerie, parrucchieri, in cui tutti sono uguali e dove ci si sente a proprio agio [Oldenburg 1989]. Un importante fattore del videogioco è quindi il suo impatto sociale: i giochi elettronici portatili e le console per i giochi in televisione erano [molto diversi]. A differenza delle console domestiche, quelle portatili erano piccole al punto di stare in una mano e venivano commercializzate in un arcobaleno di contenitori plastici colorati. Funzionavano a pila. Abitavano nel cestino dei giochi, sul sedile posteriore di una familiare o sul pavimento della cameretta di un ragazzino, non nel sacro «centro del divertimento casalingo», che ospitava il costoso impianto stereo e l’onnipotente televisore. In sintesi, i nuovi giochi elettronici non erano minacciosi. [Herz 1998: 45]
Ciò vuol dire che le strategie commerciali dei produttori di hardware videoludico non sono mai state scisse da attente valutazioni di marketing circa l’impatto sugli utenti, sull’immagine (aggressiva o accogliente, innovativa o rasserenante) data ai genitori degli utenti e agli utenti stessi. Ecco perché ad esempio risulta che la maggior parte degli utenti di console portatili sono bambini e preadolescenti e quelli delle console domestiche sono adolescenti e giovani adulti [Herz 1998]. I.1.3 Tecnologie per videogiocare: le interfacce Bisogna considerare un altro fondamentale elemento del successo dei videogiochi, l’interfaccia, cioè il collegamento «materiale» fra il videogioco e il suo utente. Le interfacce di comando più note sono il joystick, simile alla cloche di un aereoplano, e il joypad, prima dotato del solo cross keypad (cioè i comandi direzionali disposti a croce) e poi di uno o due stick o levette analogiche, divenute il nuovo standard per comandare il movimento e l’inquadratura nella maggior parte dei giochi per console; ma non vanno dimenticati il mouse e la normale tastiera del computer, con cui vengono giocati moltissimi giochi. Un’altra tecnologia affermatasi nel corso degli anni è quella tattile, dal touch screen del Nintendo DS con il suo caratteristico stilo in plastica, ai touch pad integrati nei joypad di ultima generazione. ALBORI, CRESCITA E PRIMO SUCCESSO DEI VIDEOGIOCHI
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Ăˆ interessante, a proposito delle interfacce, riportare l’evoluzione tecnica e merceologica descritta da Fulco per il concetto di ÂŤestensioneÂť (o prolungamento del gioco). Da un livello ÂŤzeroÂť di sfruttamento GHOOÂśLGHD GL HVWHQVLRQH L SULPL YLGHRJLRFKL D XQD VHFRQGD IDVH GHÂżQLWD ÂŤmultilivelloÂť (il gioco procede per stadi successivi, sempre piĂš ardui); da una terza fase con l’introduzione dei cosiddetti goodies (elementi di ricompensa virtuale come nuove modalitĂ , opzioni, immagini) a una quarta tappa in cui l’estensione è costituita da sezioni di software acquistabili su supporti a parte che rivitalizzano il gioco originale (antesignani dei contemporanei DLC, downloadable content, espansioni in IRUPDWR GLJLWDOH LQÂżQH OD TXLQWD IDVH VL FRQWUDGGLVWLQJXH SHU SURGRWWL particolari come il Mega-CD della Sega o il Transfer Pak della Nintendo, esempi di add-on hardware che consentono nuove potenzialitĂ a XQD FRQVROH R D XQ GHWHUPLQDWR WLWROR H LO SL GHOOH YROWH SUHYLVWL ÂżQ dall’inizio nel loro piano commerciale [Fulco 2002: 85-6]. Un’ulteriore versione del concetto di ÂŤestensioneÂť si può individuare in riferimento alla reazione della Microsoft e della Sony al successo del Nintendo Wii. All’introduzione dei comandi ÂŤsensualiÂť, direttamente legati al moviPHQWR ÂżVLFR UHDOH GHL JLRFDWRUL SHU PH]]R GHO 7HOHFRPDQGR :LL H GHO Balance Board, i due rivali hanno risposto fornendo ÂŤestensioniÂť in forma di periferiche in grado di aggiornare le proprie interfacce di conseguenza: il PlayStation Move e il Kinect. &LDVFXQD GHOOH PRGDOLWj GL FRPDQGR GHVFULWWH KD LQÂżQH GDWR YLWD D evoluzioni nell’uso manipolativo dei videogiochi e nella relazione visuomotoria fra occhio, cervello, mano e quindi della giocabilitĂ [Masuyama 2002], tanto che ÂŤci sono molte cose da imparare dai quadri di comando dei giochi, che possiamo utilizzare nelle interfacce della vita quotidiana, come le macchine bancomat e i sistemi di navigazione per le automobiliÂť [ivi: 33]. I.1.4 I videogiochi come terreno fertile per statistiche e misurazioni Anni fa si era stimato che il numero di videogiocatori andasse oltre i 140 milioni di utenti e che la tendenza fosse alla crescita [Interactive Digital Software Association 2001]. Secondo l’IDSA, nel 2002 i videogiocatori nel mondo erano 145 milioni, dei quali il 47% uomini e il 53% donne, con un’etĂ media di 28 anni, il 34% con meno di 18 anni, il 26% con etĂ compresa fra i 18 e i 35 anni e il 40% con piĂš di 35 anni. Il 72% dei giochi piĂš amati erano di competizione, il 42% di ruolo o sociali e il 36% d’azzardo. L’ERSB [Entertainment Software Rating Board, in Car16
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zo – Centorrino 2002] ha rilevato anni fa che piÚ del 55% dei giochi in commercio era valido per un’ampia platea di fruitori di tutte le età , che il 27% dei giochi era adatto agli adolescenti e che il 13% era destinabile solo agli adulti. In Europa, in Giappone e negli Stati Uniti il fatturato annuale dell’industria dei videogiochi supera di molto quello del settoUH FLQHPDWRJUD¿FR >&DU]R ¹ &HQWRUULQR @ H LQ ,WDOLD LQ SDUWLFRlare, dal 1995 al 2000 è stato rilevato un aumento del 23% nell’utenza maschile dei videogiochi e del 42,6% in quella femminile, con il 73,8% da parte degli individui dagli 11 ai 24 anni [ISTAT 2000: 55-9]. Negli scorsi anni anche in Europa sono state realizzate inchieste sulla diffusione dei videogame, e in paesi attenti all’infanzia come la Francia JOL VWXGL KDQQR IRUQLWR ULVXOWDWL FKH LQGLFDQR FRPH DOOD ¿QH GHO già il 64% dei minori di 16 anni usassero videogiochi, come risulta da un’indagine delle società di ricerca MÊdiametrie e Diapason [in Gruau et al. 1987]; dati confermati da altre ricerche di minore estensione ma FRPXQTXH GL EXRQD DI¿GDELOLWj FRPH TXHOOD GL 3DWULFN /RQJXHW QHOOH scuole savoiarde nel 1994 [Longuet 1996a e 1996b]. La tendenza, in questo paese, è stata molto interessante, perchÊ se nel 1979 solo il 7% circa della popolazione era il mercato potenziale di materiale videoludico e nel 1983 esso era aumentato al 10% [Cregut et al. 1983], già solo nel 1997 era salito al 35%, cioè a circa 7,5 milioni di famiglie [Le Diberder – Le Diberder 1998: 90]. In Francia analisti di piÚ settori si VRQR GHGLFDWL DOOR VWXGLR GHO IHQRPHQR H ¿Q GDJOL DQQL 2WWDQWD YDUL HQWL hanno prodotto documenti e ricerche al riguardo, come il CEO e il CESTA sotto la direzione di HÊlène Monnet [Cregut et al. 1983] e l’agenzia OCTET, un organismo – purtroppo di breve vita – dedito alla promozione degli aspetti culturali delle nuove tecnologie fondato nei primi anni Ottanta dal Ministro della Cultura di quel periodo, Jack Lang, e diretto da Daniel Populus [OCTET 1983]. Tuttavia, nonostante questi e altri studi [Kempf 1983, FrÊmeaux 1983-’84, BÊcherraz – Graber 1983], pare che in Europa si sia ancora molto indietro nell’integrazione delle innovazioni portate dai videogiochi nel tessuto sociale e nella contemporaneità [Le Diberder – Le Diberder 1998: 235]. In una ricerca del 2002 sui consumi culturali dei giovani [Tirocchi – Andò – Antenore 2002] si fa molta attenzione a tutti i passatempi mediatici degli adolescenti e fra questi non si dimenticano naturalmente i videogiochi. I dati dello studio dicono che il 24% dei ragazzi oggetto dell’analisi ritenesse il gioco l’aspetto piÚ piacevole dei computer e che oltre il 70% di loro possedesse una console videoludica; solo il 10% circa invece era estraneo al videogame; fa invece un certo effetto venire a ALBORI, CRESCITA E PRIMO SUCCESSO DEI VIDEOGIOCHI
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conoscenza che, dopo il grande exploit degli anni Ottanta, le sale giochi fossero frequentate solo dal 6% del campione indagato [ivi: 121]. Un segnale in qualche modo positivo sulle pratiche di gioco è quello secondo cui circa il 30% dei ragazzi videogiocasse con gli adulti, specie i piÚ piccoli, con il risultato di generare forti momenti di socializzazione [ivi: 122]: segno che, sembra quasi banale annotarlo, quando lo scambio IUD JHQHUD]LRQL DYYLHQH LQ XQ WHUUHQR GœLQWHUHVVH GHL ¿JOL LO GLDORJR H l’armonia se ne giovano. Desta interesse anche la rilevazione secondo la quale in Italia i giochi piÚ amati fossero quelli sportivi (34%, specie fra i maschi) e quelli di ruolo e strategia (21%, specie fra le femmine); il tempo quotidiano dedicato al gioco era in media di un’ora (54%), ma non manca, dai risultati, chi vi trascorresse da due a quattro ore (25%), e ben il 73% dei giovani preferiva usare il computer per i videogame [Mediamonitor Minori 2001]; si sarebbe però potuto anche indicare con chiarezza, nello studio citato, se i giochi fossero fruiti con macchine e software propri o di DPLFL SUHVWDWL R ŠSLUDWDWLª HFF H VH FLz DYHVVH LQÀXHQ]DWR OH GLIIHUHQ]H fra utenti soft e heavy. L’operato di Mediamonitor Minori comunque è estremamente utile e si differenzia per qualità dalle ricerche sui media di altri enti, caratterizzate talvolta da vari problemi metodologici. In un altro rapporto di quegli anni [CENSIS-UCSI 2004], ad esempio, si indagano giovani e media concentrando l’attenzione su televisione, cellulare, radio, internet, libri, quotidiani e periodici, senza citare altri supporti e formati mediatici come il fumetto o il videogioco e in mancanza di una chiara individuazione di una tipologia dei consumi, dei contenuti fruiti e della varietà delle situazioni di provenienza. I.1.5 Videogiochi e nostalgia Esiste una realtà nostalgica indicativa del grande successo dei videogiochi, che si lega al concetto, spiegato nella subsezione seguente, di generazioni di giocatori e per estensione alle generazioni dei videogame avvicendatisi dagli anni Settanta a oggi. Tale realtà ha preso il nome di retrogaming e ha a che fare con il recupero dei videogiochi del SDVVDWR DO ¿QH GL HPXODUQH OD SURJUDPPD]LRQH RULJLQDOH SHU SRWHUYL giocare di nuovo, nonostante l’obsolescenza del materiale hardware su cui i vecchi giochi, vero e proprio modernariato software, funzionavano in origine. Di retrogaming si è occupato in un saggio illuminante e completo Andrea Babich [2002], che annota, oltre a numerosi particolari tecnici riguardanti le modalità di emulazione dei vecchi giochi 18
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sui nuovi supporti informatici, come il mondo del retrogaming si sia sviluppato su internet, quella ÂŤcomunitĂ virtualeÂť di cui parlava giĂ Rheingold [1994] agli inizi della pubblica diffusione della rete. Il retrogaming è sostanziato dalla ÂŤsincera volontĂ di dedicarsi ai gioFKL DXWHQWLFDPHQWH ÂłUHWUz´ GL DUFKLYLDUOL HG RUGLQDUOL DIÂżQFKp LO ORUR ricordo sopravviva [‌]. Ăˆ questa [‌] la tendenza piĂš feconda ed interessante del retrogaming, che si trasforma cosĂŹ in uno strumento del piĂš ampio movimento per la preservazione e l’archiviazione dei documenti informaticiÂť [Babich 2002]. La questione non è di poco conto, se il Research Library Group, un ente patrocinato da oltre 160 universitĂ , ha negli scorsi anni dato vita a un gruppo di ricerca, la Task Force on Archiving of Digital Information (abbreviato TFADI), per la produzione di un dettagliato documento che analizza questo tema nei particolari [TFADI 1996 sgg.]; ma un po’ in tutto il mondo vari ricercatori si sono dedicati e si stanno dedicando alla questione della preservazione del software videoludico, in termini sia teorici [Chartier 1993] sia tecnici [TOSEC 2000]. E poichĂŠ, come anche Babich annota, il retrogaming è indissolubilmente legato a internet, nella questione va tenuto conto della diffusione del fenomeno dell’open source, che consiste nella libera diffusione di molti software caratterizzati dalla possibilitĂ di essere PRGLÂżFDWL GD WXWWL JOL XWHQWL D SDUWLUH GDO ŠFRGLFH VRUJHQWHÂŞ >FIU Opensource.org e Sourceforge.net@ ÂżQ GDOOD VXD LQWURGX]LRQH DOOD TXHVWLRne si è dedicato, fra gli altri, Eric Raymond del Massachusetts Institute of Technology [Raymond 1997 e 1998]. Ciò investe problemi legati alla diffusione di materiale protetto da copyright e quindi all’aumento del fenomeno della pirateria: la questione è complessa e se ne accenna in un’altra sezione di questo libro. I.1.6 Generazioni di videogiocatori Un altro aspetto preliminare di cui tenere conto per lo studio dei videogiochi è quello generazionale. Infatti, come scrive Herz, autrice del piĂš interessante contributo sul tema delle generazioni di videogiocatori (seppure dal solo punto di vista statunitense), ÂŤal giorno d’oggi, sono giĂ due le generazioni di ragazzini cresciute assieme a cinque generazioni di videogiochi. Non stiamo parlando di un piccolo gruppo di persone. Non stiamo parlando di una sottoculturaÂť [Herz 1998: 11]. Fra i vari aspetti dell’avvicendamento generazionale nel mondo dei videogiochi non vi sono da considerare solo l’etĂ dei giocatori e il grado d’avanzamento di macchine e programmi, ma anche quello, da non ALBORI, CRESCITA E PRIMO SUCCESSO DEI VIDEOGIOCHI
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sottovalutare, delle occasioni di incontro e di gioco. Scrive Herz: la sala giochi degli anni Ottanta era uno dei pochi ritrovi davvero diversi nel regno degli adolescenti. Si rivolgeva allo stesso modo ai liceali ben vestiti e a quelli che la scuola l’avevano lasciata, ai secchioni e ai guerrieri della palestra [‌] Ed essendo i videogiochi grandi equalizzatori, la sala giochi era piÚ o meno una meritocrazia [ivi: 57], laddove invece oggi il popolo delle sale giochi è diventato il popolo online [ivi: 667]. In questo libro si parla del gioco in rete in seguito. L’argomento delle generazioni di videogiocatori formatisi in sala giochi è importante, fra gli altri motivi adducibili, a proposito delle rea]LRQL HPRWLYH H ¿VLFKH FRLQYROWH QHOOD UHOD]LRQH OXGLFD WUD JLRFDWRUH H videogame: in sala giochi si cerca la reazione forte. Se un giocatore non s’interessa abbastanza a un gioco da prendere a calci lo sportello della gettoniera o da rompere il vetro, sai che non è un granchÊ, come gioco [ivi: 85] e questo, chiaramente, investe anche il valore intrinseco del gioco. Un altro elemento, è proprio il caso di dirlo, in gioco, riguarda l’uso che i videogiocatori, crescendo, hanno cominciato a fare delle competenze tecnico-linguistiche acquisite in ore e ore di pratica sui videogame: oggi i videogiocatori infatti scovano i bachi o bug (i difetti dei giochi), dialogano con le aziende produttrici, cercano un equilibrio nelle varie sezioni dei giochi utilizzati, insomma si sono fatti molto competenti ed esigenti e ciò ha prodotto giocoforza un’evoluzione del mercato e della qualità dei prodotti proposti [ivi: 122-3]. Le differenze generazionali di cui sopra però non riguardano soltanWR XQ RYYLR H ¿VLRORJLFR DYYLFHQGDPHQWR GœHWj ,Q HVVH VRQR FRQWHQXWL anche elementi molto problematici di incompatibilità fra le fasce d’età , VSHFLH IUD JHQLWRUL H ¿JOL Šq LQ FDXVD XQD YHUD H SURSULD FULVL JHQHUD]LRnale, che mette dalle due parti della barricata digitale adulti impacciati e bambini esperti. [‌] tutto se ne può dire tranne che siano realtà marginali e secondarie [Garassini – Romano 2001: 175]. In questo studio di Garassini e Romano sono presenti numerosi riferimenti al contrasto, non certo cercato ma comunque esistente, fra generazioni e alla temaWLFD GHOOD WHFQRORJLD SHUYDVLYD FKH SRWUHEEH LQ¿FLDUH OD FRPXQLFD]LRQH IUD L JHQLWRUL H L ¿JOL L SULPL LPEDUD]]DWL GDOOH QRYLWj GHOOœLQIRUPDWLFD H dei linguaggi a essa associati e i secondi molto competenti riguardo ai computer, a livello istintivo, ma non sempre in grado di farsi utenti critici di queste tecnologie. Ha opportunamente scritto David Bennahum a proposito delle generazioni di programmatori e quindi, per estensione, dei videogiocatori degli anni Settanta e Ottanta: per una generazione per cui tutto sembrava già fatto prima, che cos’altro resta20
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va da fare? Droghe giĂ dato, musica giĂ dato, manifestazioni giĂ dato. Tutto sembrava vecchio. Tranne [il computer]Âť [Bennahum 1998]. Dopo questa primissima panoramica iniziale e trasversale, in cui sono stati molto sinteticamente presentati in prima battuta e da varie prospettive alcuni dei temi fondanti inerenti al videogioco, addentriamoci nella storia del medium.
I.2 Giocare nei laboratori Il fatto è che [mio padre] non voleva essere ricordato solo per quel gioco. William Higinbotham, Jr
, SULPL YLGHRJLRFKL QDVFRQR QHL ODERUDWRUL GL ÂżVLFD VWDWXQLWHQVL ,O dicembre del 1948 Thomas T. Goldsmith, Jr e Estle Ray Mann brevettano presso gli Allen B. DuMont Laboratories di Passaic nel New Jersey il Cathode Ray Tube Amusement Device, uno strumento per controllare un raggio catodico allo scopo di abbattere bersagli mobili visualizzabili su un oscilloscopio. Interessanti sono le prime righe del brevetto: ÂŤThis invention relates to a device with which a game can be played. The game is of such a character that it requires care and skill in playing it or operating the device with which the game is played. Skill can be increased with practice and the exercise of care contributes to successÂť [United StaWHV 3DWHQW 2IÂżFH @ 2
1RQ VL WUDWWD GXQTXH GL XQD VLPXOD]LRQH R GL XQ HVSHULPHQWR VFLHQWL¿FR con risvolti ludici ma di un gioco a tutti gli effetti, pensato come tale, con espliciti riferimenti alle abilità necessarie per utilizzarlo e la descrizione di un’abbozzata curva di apprendimento per il giocatore. Goldsmith è prima di tutto un pioniere della televisione e non continua sulla strada dell’intrattenimento elettronico [Weinstein 2004]. La natura del suo piÚ grande successo televisivo, Captain Video and His Video Rangers, in onda dal ’49 al ’55 sul canale DuMont, rivela comunque anche qual2
‘Quest’invenzione si riferisce a uno strumento tramite il quale ci si può intrattenere con un gioco. Le caratteristiche del gioco sono tali da richiedere attenzione nel praticarlo o abilitĂ nel manovraUH OD VWUXPHQWD]LRQH PHGLDQWH OD TXDOH LO JLRFR VWHVVR YLHQH VYROWR /ÂśDELOLWj SXz HVVHUH DIÂżQDWD con la pratica e l’uso attento contribuisce al risultato’. ALBORI, CRESCITA E PRIMO SUCCESSO DEI VIDEOGIOCHI
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cos’altro: si tratta di una serie di fantascienza, la prima del suo genere negli Stati Uniti. Non è un caso che il creatore della prima macchina a essere descritta in tutto e per tutto come un videogioco abbia questo tipo di fantasia e lavori con questi contenuti: il videogame è un’invenzione in grado di affascinare e di esercitare un’attrattiva sul pubblico, proprio come il cinema una cinquantina d’anni prima, tecnologia avanzata e all’avanguardia, uno sguardo sul futuro. Il rapporto fra videogame e fantascienza non è in realtĂ mai venuto meno, lo ritroviamo ancor oggi anche solo scorrendo i principali titoli sul mercato o pensando al radicato UDSSRUWR FKH LO YLGHRJLRFR KD FRVWUXLWR FRQ OD OHWWHUDWXUD IDQWDVFLHQWLÂżFD di cui è stato da subito tema e luogo di profondo interesse. I.2.1 Tennis for Two Esattamente dieci anni dopo l’esperimento di Goldsmith, nel 1958, William Higinbotham realizza, con l’aiuto del tecnico Bob Dvorak, un gioco 004 di tennis interattivo sfruttando un oscilloscopio e il gigantesco calcolatore dotato di costosissimi transistor in germanio del Brookhaven National Laboratory a Yaphank, nello stato di New York. Come Goldsmith, anche Higinbotham coltiva interessi diversi dal videogioco, un tantino piĂš distanti dal mondo dell’intrattenimento rispetto al suo predecessore: dopo aver lavorato attivamente al Progetto Manhattan (per la realizzazione delle bombe atomiche durante la Seconda guerra mondiale), lo scienziato è profondamente tormentato dal rimorso e assume la direzione della Federation of Atomic Scientists allo scopo di tenere sotto controllo i possibili utilizzi della tecnologia nucleare. Inoltre contribuisce alla fondazione della Atomic Energy Commission, l’ente alle spalle del Brookhaven National Laboratory, inaugurato nel 1947 con l’obiettivo di approfondire ulteriormente la ricerca sull’energia atomica.3 Ăˆ lĂŹ che in poco meno di un mese Higinbotham e Dvorak creano Tennis for Two, pensato esclusivaPHQWH FRPH LQWUDWWHQLPHQWR VFLHQWLÂżFR H SXUD IDVFLQD]LRQH WHFQRORJLFD SHU L YLVLWDWRUL GHO ODERUDWRULR XQD GLPRVWUD]LRQH LQ JUDGR ÂżQDOPHQWH di coinvolgere il pubblico e di far comprendere in modo semplice le tecnologie utilizzate in quel luogo. Ancora come Goldsmith, i due scienziati non sono interessati a brevettare lo strumento nĂŠ sono consapevoli del potenziale culturale ed economico che hanno in mano. Anni dopo, come EHQ UDFFRQWDWR GD +DUROG *ROGEHUJ LO ÂżJOLR GL +LJLQERWKDP VL GLFKLDUHUj 3
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Cfr. il breve ma esaustivo resoconto nel sito internet dell’iniziativa William A. Higinbotham Game Studies Collection della Stony Brook University (Stonybrook.edu/libspecial/videogames). CONOSCERE I VIDEOGIOCHI
fermamente convinto del disinteresse del padre per quel progetto di svago, ispirato al manuale dell’oscilloscopio in cui alcune delle traiettorie UDSSUHVHQWDELOL VRQR HVHPSOL¿FDWH FRQ LO ULPEDO]R GL XQD SDOOD $QFKH XQ eventuale brevetto non avrebbe cambiato le cose. Nonostante le accuse GL ¿OR FRPXQLVPR ULFHYXWH GXUDQWH OD FDFFLD DOOH VWUHJKH GHO VHQDWRUH McCarthy, Higinbotham ha continuato a lavorare al laboratorio per l’energia nucleare allo scopo di sensibilizzare governi e opinione pubblica sui rischi di quella tecnologia. Fino alla sua morte nel 1994, lo scienziato non ha mai voluto menzionare Tennis for Two come una delle sue principali realizzazioni: non voleva, non gli interessava, essere ricordato per quello [Goldberg 2011]. Tennis for Two non è ovviamente un capolavoro di longevità e carisma, ma è sicuramente il primo gioco elettronico multiplayer della storia: mette di fronte due avversari che devono scambiarsi un punto luminoso sopra una rete bidimensionale con due antesignani del joystick, dotati di leva analogica e di un solo pulsante. Rimasto sconosciuto alla maggior parte dei successivi pionieri del videogame, è stato spesso ignorato anche dagli storici, poichÊ non utilizzava uno schermo catodico ma solamente un oscilloscopio come strumento di visualizzazione. Non considerarlo un esempio di videogame appare tuttavia una forzatura, se non altro per il fenomenale coinvolgimento che riuscÏ a creare fra i visitatori e i dipendenti del museo, entusiasti di provare questo strumento interatWLYR H GL SRWHU PRGL¿FDUH SHU OD SULPD YROWD LQ WHPSR UHDOH OH LPPDJLQL che avevano di fronte: pura fantascienza.
I.3 Giocare nelle università Mi è capitato di trovarmi sul posto per primo.4 Steve Russell
Il videogame nasce fra tecnici e inventori, prima di tutto come tentativo di intrattenere attraverso la fascinazione di uno schermo inteUDWWLYR 1HJOL DQQL &LQTXDQWD DQFKH QHOOH XQLYHUVLWj VFLHQWL¿FKH SL importanti cominciano a esserci studiosi interessati alla questione. A Cambridge, nel Regno Unito, nel 1952 lo studente di Dottorato Alexander S. Douglas crea OXO, versione su schermo del classico gioco Tris (o Tic-Tac-Toe), a corredo della sua tesi dedicata all’interazione uomo/ 4
Riferito in Herz 1998: 18. ALBORI, CRESCITA E PRIMO SUCCESSO DEI VIDEOGIOCHI
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macchina. Il gioco è gestito da un enorme calcolatore, l’Electronic Delay Storage Automatic Calculator (EDSAC), ed è visualizzato a video. Il videogame inizia pian piano a essere percepito non più come un prodotto eccezionale, ma come un vero e proprio strumento sperimentale a livello accademico. Le capacità informatiche per utilizzare prodotti di questo tipo del resto si trovano solo nelle università, nelle grandissime aziende o nei laboratori governativi. Negli anni Cinquanta tuttavia nessuno di questi possibili incubatori tecnologici pare aver ancora compreso le potenzialità del medium nascente. Anche il secondo padre fondatore del medium videoludico, Steve Russell, inizia la sua avventura videoludica in un’università. Studente del MIT di Boston e affascinato, guardacaso, dai romanzi di fantascienza di E.E. Smith, a cavallo del 1960 «Slug» Russell entra a far parte del Tech Model Railroad Club. Il circolo è una sorta di affascinante confraternita pre-geek in cui si usa il termine hack SHU GH¿QLUH XQ WDOHQWR IXRUL GDO comune. Non appena il club inizia a utilizzare con assiduità i calcolatori nei laboratori di ingegneria dell’università, i suoi membri vengono ribattezzati hacker, i primi della storia, anche se privi del romanticismo legato all’anonimato e all’illegalità [Lévy 1984]. In questo contesto, fra il 1961 e il 1962, insieme ad alcuni colleghi fra cui Martin Graetz5 e Wayne Wiitanen, Russell crea Spacewar!. Il gioco è un semplice combattimento fra due navicelle spaziali installato su uno dei calcolatori più potenti dell’epoca, dotato di transistor ma ancora molto ingombrante e tutt’altro che popolare, il PDP-1 della Digital Equipment Corporation (DEC). Dopo HVVHUVL HVHUFLWDWR FRQ XQD VHULH GL DSSOLFD]LRQL JUD¿FKH LQWHUDWWLYH VXO vecchio Transistorized Experimental (TX-0) del MIT, Russell sfrutta l’enorme potenza di calcolo del nuovo PDP-1 per creare un software molto elaborato e ricco di particolari. Oltre alle due navicelle, come sfondo viene integrato il software Expensive Planetarium elaborato da Pete Samson,6 una dettagliata mappa stellare che rende più riconoscibile e di conseguenza meglio modulabile la variazione di velocità delle astronavi; Dan Edwards realizza invece una simulazione della gravità, collocando al centro dello schermo un sole che esercita attrazione sui mezzi volanti dei giocatori; Sanders e Alan Kotok creano invece un sistema di controllo portatile dotato di quattro pulsanti, destra, sinistra, acceleratore, missile, collegato al calcolatore con un cavo. 5 6
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Del quale si legga il rivelatorio articolo «The Origin of Spacewar» [Graetz 1981]. Expensive proprio nel senso di ‘costoso’. In Herz 1998 viene descritta la famiglia di software realizzati con questa etichetta: si trattava di sperimentazioni realizzate con il Pĉĕ-1, semplici traduzioni informatiche di strumenti esistenti e, per questo motivo, più costose degli originali. CONOSCERE I VIDEOGIOCHI
I.3.1 Spacewar! Spacewar! è senza dubbio il primo gioco progettato in modo approIRQGLWR FRQ WHPSL GL UHDOL]]D]LRQH JLXVWL¿FDWL QRQ VROR GDOOH TXHVWLRni tecniche ma dal vero e proprio design delle meccaniche di gioco, dell’interfaccia, dei controlli. L’esperimento ottiene una tale visibilità da essere distribuito con i nuovi computer della serie DEC, ma prima ancora esplode come fenomeno proto-virale, copiato e distribuito praticamente su tutti i principali calcolatori degli Stati Uniti, a livello sia universitario (che in realtà , oltre che al MIT, si trovano solo all’Università dello Utah e a Stanford) che governativo o militare. Russell e colleghi, infatti, nonostante percepiscano la grande risonanza che il loro prodotto sta avendo, decidono di non brevettare l’invenzione. Lo stesso giovane ingegnere è un puro creativo che non ha mai nutrito interessi economici per le sue creazioni, un hacker a tutti gli effetti; è felice di aver avvicinato le persone allo studio dell’informatica ma soprattutto, proprio come Higinbotham, di aver realizzato uno strumento per far capire all’esterno con quali tecnologie lavorano lui e i suoi colleghi del ODERUDWRULR XQLYHUVLWDULR >0DUNRII @ ,Q¿QH FRPH SHU VRWWROLQHDre una posizione tanto illuminata, Russell ha affermato spesso che, se non lo avessero inventato loro, il primo videogioco sarebbe comunque apparso nello stesso periodo storico. 4XHVWœLGHD FHUWDPHQWH ¿JOLD GL XQD PRGHVWLD HFFH]LRQDOH SUREDELOPHQWH FRUULVSRQGH DO YHUR 3RFKL DQQL GRSR H ¿QR FLUFD DOOœLQL]LR GHO decennio successivo, lo sviluppo di videogiochi all’interno dei mainframe universitari diventa una pratica consolidata. Esistono poche testimonianze a cui fare riferimento poichÊ i software ludici non vengono messi in commercio e sono ancora considerati utilizzi impropri di costosissimi hardware di proprietà degli atenei. Possiamo tuttavia citare i piÚ importanti. Esistono innanzitutto almeno due hardware di riferimento per la diffusione dei propri lavori: il sistema gestionale PLATO, creato all’Università dell’Illinois ed esportato presto presso altri atenei, e il gruppo DECUS della DEC. Gli esperimenti testuali di Don Daglow sul baseball e su Star Trek al Pomona College di Claremont, in California [Daglow 1986], fanno parte di questa categoria di prodotti, denominati Mainframe Computer Game, come i successivi giochi di esplorazione testuale, per esempio Adventure di Will Crowther, rielaborato poi da Don Woods a Stanford, o il mitologico Hunt the Wumpus di Gregory Yob, un centinaio di righe di codice in BASIC descritte da J.C. Herz come il mostro di Loch Ness del periodo, ALBORI, CRESCITA E PRIMO SUCCESSO DEI VIDEOGIOCHI
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D FDXVD GHOOH HQRUPL GLI¿FROWj LQFRQWUDWH GDOOD JLRUQDOLVWD VWDWXQLWHQVH per confermarne l’esistenza. Questi prodotti e molti altri sono creati nelle università e di rado escono dalla rete dell’accademia, per un motivo abbastanza evidente: calcolatori dotati della potenza necessaria a farli girare non sono ancora disponibili, se non all’interno di strutture all’avanguardia, e la diffusione casalinga è ancora un miraggio lontano.
I.4 Nascono le console domestiche Con l’Odyssey interagisci con la televisione, non ne sei solo spettatore!7 Dal Manuale del Magnavox Odyssey
Il terzo luogo in cui individuare la genesi del videogioco, dopo il Brookhaven National Laboratory di Yaphank e il Tech Model Railroad Club al MIT, sono i laboratori nel New Hampshire della Sanders Associates, che lavora per il Ministero della Difesa statunitense. Nel 1966 Ralph Baer, un ingegnere ebreo di origine tedesca, fuggito prima della Seconda guerra mondiale dal suo paese natale, convince i dirigenti dell’a]LHQGD D ¿QDQ]LDUH LO SURJHWWR GL XQ VLVWHPD GRPHVWLFR SHU YLGHRJLRFKL da collegare al televisore: «Channel Let’s Play!».8 Dal carattere determinato e rigido, Baer ragionava su quest’idea da più di quindici anni e aveva intuito già nel 1951, mentre progettava e sviluppava tecnologie per apparecchi televisivi alla Loral Electronics di New York, le potenzialità insite nel rendere interattivo proprio il televisore. Guidato da un’inventiva e da capacità ingegneristiche fuori dal comune, tentò già allora di convincere il proprio datore di lavoro a investire in un’idea simile ma fu respinto con decisione. Alla Sanders, invece, abbastanza sorprendentemente dato che l’azienda si occupava di sistemi di difesa elettronici antiaerei e antisommergibili, Baer riesce D RWWHQHUH XQ FRVSLFXR ¿QDQ]LDPHQWR H OD FROODERUD]LRQH GL %LOO +DUULson, esperto ingegnere interno, e Bill Rusch, fresco di laurea al MIT. I tre inventori creano Chase, un semplicissimo gioco visualizzabile su un apparecchio televisivo catodico in cui due punti di luce si inseguono sullo schermo. I tre lavorano anche a diversi sistemi di controllo da collegare alla loro macchina, integrando agli spostamenti sull’asse orizzontale e verticale, unici comandi a disposizione del giocatore, una pistola gio7 8
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Riferito in Goldberg 2011: 16. Baer stesso ricostruisce con grande precisione la genesi del videogame in un breve articolo a cui rimandiamo [1998]. Per approfondire ulteriormente cfr. anche Baer 2005. CONOSCERE I VIDEOGIOCHI
cattolo interattiva, una mazza da golf e addirittura una pompa da vigile del fuoco, tutte collegabili all’apparecchio televisivo. Dopo l’approvazione del progetto, tuttavia, il presidente della Sanders, Harold Pope, inizia a chiedere con insistenza un prodotto commercializzabile. Dopo sette diverse versioni del sistema, che durante la lavorazione è ribattezzato TV *DPHVª L WUH LQYHQWRUL SUHVHQWDQR XI¿FLDOPHQWH DL YHUWLFL aziendali una piattaforma di gioco chiamata Brown Box, in grado di utilizzare diverse applicazioni ludiche, la maggior parte delle quali riduzioni degli sport piÚ famosi. La prima console domestica è una realtà . L’effetto visivo tuttavia è per forza di cose deludente: per riuscire a distinguere i diversi sport, Baer crea delle mascherine in plastica da collocare sul televisore in modo da contestualizzare i diversi giochi. Fra questi c’è anche un titolo di tennis, o meglio di ping-pong caratterizzato da un’innovativa visuale dall’alto, ideato da Rusch e molto diverso da Tennis for Two, che i tre colleghi hanno sempre sostenuto di non aver PDL FRQRVFLXWR %DHU LQ¿QH QRQ ULQXQFLD DOOD SURSULHWj LQWHOOHWWXDOH GHO suo progetto originale, registrando il brevetto del sistema con il nome di Television Gaming Apparatus and Method nel 1969. I.4.1 Il Magnavox Odyssey 'L IURQWH DOOD FULVL FKH FROSLVFH OD 6DQGHUV $VVRFLDWHV DOOD ¿QH GHJOL DQQL 6HVVDQWD H DOOD VFDUVD ¿GXFLD FKH L VXSHULRUL GLPRVWUDQR SHU il progetto, Baer decide di rivolgersi ai produttori di apparecchi televisivi via cavo per provare a commercializzarlo. Dopo alcuni tentativi a vuoto con le grandi aziende Teleprompter Corporation, Manhattan Cable e Warner Cable, trova un accordo con la Magnavox. Il rapporto con il colosso della televisione è però tormentato: il nome del prodotto è cambiato nel deludente Skill-O-Vision; molte periferiche sono eliminate per ridurre i costi; si rinuncia al colore ed è scelta una star in declino come Frank Sinatra in qualità di testimonial. Nei mesi precedenti la commercializzazione del prodotto, tuttavia, sono introdotti DQFKH FDPELDPHQWL HI¿FDFL LO FRORUH SULQFLSDOH QRQ q SL LO PDUURQH ma la console è costruita con plastiche bianche e nere minimaliste, che Harold Goldberg accomuna ai computer di 2001: Odissea nello spazio [2011: 14], mentre il nome diventa, evidentemente non per caso, il de¿QLWLYR H LQWULJDQWH Š2G\VVH\ª 1HO LQ¿QH OD PDFFKLQD q PHVVD LQ commercio sul mercato statunitense. In tre anni ne vengono acquistate all’incirca 300.000 unità , ma non è un successo tale da indurre la Magnavox a insistere sulla strada dei ALBORI, CRESCITA E PRIMO SUCCESSO DEI VIDEOGIOCHI
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television game. Baer tuttavia cerca a più riprese di convincere i suoi interlocutori ad adottare la strategia commerciale «dei rasoi e delle lamette» per dare una decisiva spinta al mercato nascente. Vuole in sostanza commercializzare più giochi, in modo da non dare la sensazione di vendere un prodotto dalla scarsa longevità, rendendolo un po’ come XQ UDVRLR VX FXL VRVWLWXLUH OD ODPHWWD TXDQGR QRQ q SL DI¿ODWD &RQ XQD costante fornitura di nuovi titoli, il pubblico avrebbe più volentieri acquistato la console ma soprattutto sarebbe stato possibile guadagnare proprio sulla vendita dei singoli giochi. Nonostante questa strategia sia stata uno dei punti cardine delle successive lotte fra grandi produttori videoludici, il sistema Odyssey avrebbe dovuto essere radicalmente rivoluzionato: non prevedeva, infatti, cartucce programmabili con giochi installati al loro interno, ma semplici chiavi di attivazione che, una volta inserite nel sistema, avviavano un gioco invece di un altro, tutti integrati nella console stessa. È indubbio che Baer avesse intuito molto di quanto avrebbe riservato il futuro al medium videoludico. Nonostante questo decise di tornare al suo ruolo di primo piano alla Sanders, pur continuando ad apparire in quel mondo come consulente, salvatore o avversario e inventando il gioco Simon, uno dei prodotti di intrattenimento elettronico più venduti di tutti i tempi.
I.5 I cabinati a gettone e la nascita della Atari Evita di mancare la pallina per aumentare il tuo punteggio Istruzioni sul cabinato di Pong
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Se da un lato le console domestiche avevano fatto il loro stentato debutto, un altro tipo di videogiochi stava per dare il primo vero impulso positivo al mercato. I sistemi arcade coin-operated appaiono per la SULPD YROWD QHO QHOO¶HGL¿FLR 7UHVLGGHU 8QLRQ GHOOD 6WDQIRUG 8QLversity. Galaxy Game è creato dal neolaureato Bill Pitts e dal suo caro amico Hugh Tuck, ma non è altro che una versione cabinata di Spacewar! installata su un DEC PDP-11, il primo minicomputer economico GRWDWR GHOOD SRWHQ]D VXI¿FLHQWH SHU LO JLRFR LGHDWR GD 5XVVHOO H VRFL , due creatori della macchina, il primo un programmatore con nozioni di ingegneria elettrica, il secondo un ingegnere meccanico puro, hanno fondato l’anno precedente la Computer Recreations e si sono dedicati alla costruzione di Galaxy Game, il cui costo per cabinato era molto 28
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alto, attorno ai 20.000 Dollari. Pitts e Tuck piazzano alcune delle loro PDFFKLQH QHOOD FDIIHWWHULD GHOOD 7UHVLGGHU 8QLRQ H OH ODVFLDQR Ou ÂżQR DO 1979), facendo pagare ogni partita dieci centesimi. Nonostante la decisione di collegare allo stesso hardware piĂš monitor per rientrare dei costi di produzione, i due tecnici non sono mai riusciti ad avviare una reale produzione e a diffondere la loro creatura. Parlare della nascita degli arcade conduce necessariamente alla quarWD H XOWLPD ÂżJXUD IRQGDPHQWDOH GHL SULPL DQQL GL YLWD GHO YLGHRJLRFR quel Nolan Bushnell a tutti gli effetti responsabile del boom di metĂ anni Settanta, sia nel settore dei coin-op sia in quello delle console domestiche. Dopo essersi laureato nel 1968 presso l’UniversitĂ dello Utah, che come abbiamo visto era una delle poche ad avere a disposizione un computer DEC per giocare a Spacewar!, Bushnell inizia a lavorare per l’azienda ingegneristica Ampex. Ăˆ convinto che l’unico modo per sfondare sia creare un’azienda di videogame tutta sua. Realizza, ispirandosi proprio a Spacewar!, Computer Space, rielaborazione del software originale installata all’interno di un minicomputer creato ad hoc e dedicato esclusivamente al gioco. Attorno all’hardware, Bushnell crea un rudimentale cabinato con un vecchio televisore in bianco e nero come monitor. Per produrre in serie il suo prototipo si accorda con la Nutting Associates per 1500 esemplari. Nonostante lo scarso successo di questo primo tentativo, soprattutto a causa dell’eccessiva complessitĂ delle istruzioni fornite e il conseguente abbandono della Nutting, Bushnell decide comunque di provare a fondare la propria azienda.
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I.5.1 La Atari e Pong La Atari (che doveva chiamarsi Syzygy, ma il nome scelto era purtroppo, o per fortuna, già utilizzato da un’altra azienda) nasce nel 1972 dall’accordo fra lo stesso Bushnell, Ted Dabney e Larry Bryan, due colleghi di vecchia data della Ampex. La prima mossa della neonata azienda è assumere un promettente ingegnere, Allan Alcorn, allo scopo di cominciare a lavorare su un nuovo sistema di gioco, piÚ semplice di Computer Space PD HVWUHPDPHQWH SL UDI¿QDWR ,O JLRYDQH QHRDVsunto si dimostra un brillante acquisto e inizia a lavorare, su ordine di Bushnell, a un gioco di ping-pong. Decide di introdurre l’accelerazione della pallina, distingue diverse traiettorie dipendenti dal punto con cui la racchetta virtuale la colpisce e crea per la prima volta una serie di suoni sintetizzati. Il progetto è in realtà un semplice test: Bushnell voleva mettere alla prova Alcorn con un compito concreto per poi farlo ALBORI, CRESCITA E PRIMO SUCCESSO DEI VIDEOGIOCHI
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lavorare, nel caso si fosse dimostrato capace, a un gioco di corse automobilistiche che la Midway gli aveva richiesto. I tre fondatori della Atari rimangono tuttavia talmente colpiti dai risultati raggiunti che decidono di fare dell’esercizio di Alcorn un gioco a tutti gli effetti: Pong. Memore del precedente fallimento, le uniche istruzioni stampate sul cabinato recitano ÂŤAvoid missing ball for high scoreÂť (‘Evita di mancare la pallina per aumentare il tuo punteggio’): l’importante è che sia giocabile e comprensibile per chiunque. La mitologica e quasi malfamata Andy Capp’s Tavern di Sunnyvale, nella Silicon Valley, è il luogo prescelto per la prova al pubblico. Dopo circa due settimane il gestore del locale chiama la Atari perchĂŠ la macchina si è guastata, raccomandandosi di ripararla al piĂš presto perchĂŠ sta avendo un discreto successo. In realtĂ non si tratta di un guasto ma i quarti di dollaro hanno semplicemente riempito il contenitore interno PRQWDWR GD 'DEQH\ XQ Ă€DFRQH GHO ODWWH WDJOLDWR D PHWj VWUDULSDQGR CosĂŹ vuole la leggenda; in realtĂ Loni Reeder, assistente personale di Bushnell, racconta che le monetine erano state introdotte dai dipendenti Atari, in modo da creare un effetto di passaparola fra gli avventori. Comunque siano andate le cose, Bushnell decide di trasformare la Atari da semplice creatore di software a vero e proprio produttore di cabinati. Per allontanare i produttori che aveva giĂ contattato per una dimostrazione del prodotto, si narra che disse semplicemente a Bally che la Midway non era piĂš interessata e viceversa, dimostrando una scaltrezza che avrebbe fatto le fortune (e le sfortune) della ditta negli anni a venire. Nel 1974, per esempio, il piĂš grande rivale di Bushnell sul mercato è la Kee Games, una piccola azienda fondata da alcuni fuorusciti dalla Atari. La rivalità è molto accesa e i contendenti non si risparmiano caustici commenti e mosse sleali. In realtĂ però la Kee Games è segretamente controllata dalla stessa Atari. Bushnell ha creato in casa un rivale in modo da poter saturare il mercato con le proprie macchine, ottenendo contratti con i principali distributori e al contempo con i concorrenti. Che quello dei quarti di dollaro straripanti sia solo un mito è insomma piĂš di una possibilitĂ ; Bushnell del resto non è un game designer brillante e innovativo, piuttosto un instancabile uomo d’affari pieno di risorse. Qualche anno dopo, nel 1976, Pong deve affrontare la causa legale per plagio dei brevetti di Baer, intentata da Sanders e dalla Magnavox. Baer è un inventore che crede fermamente nel diritto d’autore, mentre Bushnell considera diverse sfumature di grigio, soprattutto quando non si tratta dei suoi prodotti. Nonostante il vero creatore di Pong, Alcorn, non abbia mai provato il gioco di tennis della Magnavox, 30
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%XVKQHOO q VWDWR YLVWR QHO D XQD GLPRVWUD]LRQH XI¿FLDOH SULPD GHO lancio dell’Odyssey, a Burlingame (California). L’accusa dunque deVFULYH %XVKQHOO FRPH XQ SODJLDWRUH LVSLUDWR ¿Q GDOOœLQL]LR GDOOD FRQVROH concorrente. Per contenere la causa, data l’enorme differenza di risorse fra la neonata azienda e il colosso Magnavox, la Atari si accorda e paga XQD FLIUD XQD WDQWXP SHU GLYHQWDUH OLFHQ]LDWDULD XI¿FLDOH GHOOD SURSULHtà intellettuale dei giochi registrati da Baer, ovvero Pong e cloni. Non è ancora dato sapere se di fatto Bushnell abbia copiato il lavoro di Baer, certo è che una mossa di questo tipo lo ha messo al riparo da ulteriori controversie e al contempo ha generato una barriera all’entrata consistente per tutti i futuri concorrenti. I.5.2 L’ascesa di un’azienda anomala )DFHQGR XQ SDVVR LQGLHWUR DO OœDWWHJJLDPHQWR GHOOD $WDUL q ¿Q dalla fondazione, caratterizzato da un sorprendente lassismo. Bushnell assume senza distinzioni detenuti in libertà vigilata e tossici, bikers (in America, motociclisti appartenenti a bande) e hippy. Uso di droghe, alcol, furti interni, lentezza nella produzione sono problemi noti, ma lo stesso Bushnell continua a preferire uno stile di vita e di lavoro divertente e brillante piuttosto che costrittivo e opprimente. Il successo di Pong del resto è enorme, ogni macchina guadagna circa 200 dollari alla settimana e non si intravedono nubi all’orizzonte. Le conseguenze di uno stile di lavoro tanto sregolato stanno tuttavia per manifestarsi. La lentezza con cui la Atari brevetta il suo sistema hardware originale permette a numerosissimi concorrenti di invadere il mercato con semplici UHSOLFKH $OOD ¿QH GHO VROR XQ WHU]R GHL YLGHRJDPH GL SLQJ SRQJ VXO PHUFDWR DPHULFDQR q SURGRWWR GDOOD $WDUL ,O PRPHQWR GL GLI¿FROWj rende insanabili le differenze fra i due fondatori dell’azienda: Dabney, legato a uno stile di lavoro piÚ rigido, viene licenziato. Per far fronte al proliferare degli sciacalli, intanto, Bushnell decide di provare la strada dell’innovazione, producendo nuovi titoli, come Track 10, Gotcha, Space Race, in modo da porsi come l’unica azienda in grado di rinnovare un ripetitivo listino composto prevalentemente da cloni di Pong. Il titolo piÚ famoso prodotto in quel periodo è Breakout, opera di due giovani e brillanti dipendenti, Steve Jobs e Steve Wozniak, gli stessi che di lÏ a poco lasceranno l’azienda per fondare la Apple. Il concorrente piÚ pericoloso è invece la stessa Midway, con cui la Atari non aveva trovato un accordo per la distribuzione qualche anno prima. *UD]LH D XQœLQWHVD FRQ OD JLDSSRQHVH 7DLWŎ GXUDWD ¿QR DO QHO ALBORI, CRESCITA E PRIMO SUCCESSO DEI VIDEOGIOCHI
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la Midway inizia a distribuire sul mercato americano *XQÂżJKW, creato GDO GHVLJQHU 7RPRKLUR 1LVKLNDGR /D 7DLWĹŽ HUD D WXWWL JOL HIIHWWL OD FRQtroparte nipponica della Atari e avrebbe allo stesso modo contribuito alla crescita del mercato negli anni successivi. La stessa Atari aveva provato D HVSDQGHUVL QRQ VHQ]D LQFRQWUDUH QXPHURVH GLIÂżFROWj LQ *LDSSRQH Âżnendo per siglare un accordo con la Namco, altra realtĂ di primo piano, per la sola distribuzione in quel paese. L’anno successivo la Midway diVWULEXLVFH LO VXR SL JUDQGH VXFFHVVR ÂżQR D TXHO PRPHQWR Sea Wolf, il primo arcade dotato di controlli originali e la riproduzione di un periscopio da utilizzare per affondare navi e sommergibili nemici. /D FRQFRUUHQ]D H OH GLIÂżFROWj LQ (VWUHPR 2ULHQWH FUHDQR QRQ SRFKH GLIÂżFROWj DOOD $WDUL PD LO YLGHRJDPH LQWHVR FRPH FDELQDWR FRLQ RS q RUPDL entrato a far parte della cultura e della realtĂ quotidiana a livello globale. Bushnell decide allora di provare ad aggredire anche il mercato dei television game, producendo la versione domestica di Pong, una macchina simile all’Odyssey, quantomeno come posizionamento sul mercato, ma molto piĂš economica. La console Home Pong, in origine chiamata Darlene in onore di una dipendente particolarmente avvenente, ha il vantaggio di non essere legata a una sola marca di apparecchi televisivi e può di conseguenza accedere a un mercato piĂš ampio. Tuttavia la Atari mette a disposizione un solo gioco mentre l’Odyssey, per obsoleta che sia, ne fa girare ben dodici. Per la distribuzione è trovato nel 1976 un accordo con la Sears, che in cambio di un anno di esclusiva offre pubblicitĂ gratuita nel suo seguitissimo catalogo. L’azienda richiede 150.000 esemplari per il lancio, costringendo la Atari ad allargare le sue capacitĂ produttive attraverso l’ingresso di investitori esterni. Quell’anno la Home Pong vince la battaglia con la Magnavox, vendendo l’intera produzione contro le 100.000 console del concorrente. Ăˆ interessante sottolineare il fatto che le macchine di questa prima generazione non basano la propria architettura su un microprocessore attraverso cui far girare software differenti, ma su un sistema discreto di circuiti logici. Ogni gioco è in un certo senso legato alla meccanica dell’hardware ed è il chip montato sulla console a fare la differenza. Il timore di avere decine di console prodotte da diversi soggetti con montato lo stesso chip di Pong è palpabile e si realizza puntualmente poco dopo. Elencare tutte le diverse versioni è un compito troppo arduo; basti sapere che le principali alternative all’apparecchio Odyssey, l’unico esportato anche in Europa, e Home Pong sono, se non altro per l’importanza che le due aziende avrebbero rivestito negli anni successivi, il COLECO Telstar e, solo in Giappone, il Nintendo Color TV Game. 32
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I.6 1977: il primo crollo del mercato videoludico negli Stati Uniti Improvvisamente, cani e porci VL LQÂżODURQR QHOOÂśDIIDUH YLGHRJLRFKL J.C. Herz, Il popolo del joystick
La Connecticut Leather Company (COLECO) nel 1976 riesce a portare la sua console Telstar ai vertici. Dopo aver risolto un problema di interferenze radio generate dalla console con l’aiuto nientemeno che di Ralph Baer, nel 1976 la macchina viene lanciata conquistando il mercato statunitense. Si sta tuttavia avvicinando il primo brusco stop, dopo un quinquennio di crescita costante. Da un lato la Magnavox e la Atari hanno la necessità di aggiornare i propri hardware (del resto cinque anni sono la durata media di una generazione e la prima non fa eccezione); dall’altro iniziano a emergere nuovi concorrenti, come la Radio Corporation of America (RCA) e la Fairchild Camera and Instruments. Questa grande mobilità produttiva arriva però con tempistiche micidiali. Il Channel F della Fairchild inizia a essere distribuito nell’agosto del 1976, portando una vera e propria rivoluzione tecnologica: le cartucce programmabili. La console ha tutte le caratteristiche delle macchine contemporanee: hardware all’avanguardia e parco titoli da cui scegliere in grado di allungarne la vita sul mercato in modo sensibile. Il pubblico, una volta intravista questa possibilità , non è piÚ intenzionato a comprare console dedicate a singoli giochi. Non solo: nel 1977 il tasso GL GLVRFFXSD]LRQH QHJOL 6WDWL 8QLWL V¿RUD Oœ H LO PHUFDWR QRUGDPHULcano dei videogame è talmente saturo che le vendite dell’Home Pong stanno FDODQGR ¿Q TXDVL DG D]]HUDUVL $QFKH LO PHUFDWR DUFDGH q LQ GLI¿FROWj H SHU OD $WDUL H OH DOWUH VL SURspettano tempi duri. Dopo la presentazione l’anno precedente del circuito integrato AY38500 della General Instruments, contenente ben sei variazioni di paddle game (cioè sul modello di Pong), i cloni sul mercato diventano davvero troppi, soprattutto per la scarsa disponibilità di chip. Il circolo vizioso conseguente è inarrestabile: troppi produttori non riescono a fornire le macchine richieste ai rivenditori per mancanza di componenti. I rivenditori stessi smettono di acquistare le macchine, abbassandone in modo radicale i prezzi. Diversi piccoli produttori decidono di vendere sottocosto e lo squilibrio economico risultante spazza via la maggior parte dei concorrenti, lasciando sul mercato solo la Magnavox e la Atari, le uniche ditte in grado di sopravvivere a un biennio di perdite, la prima grazie alle solide radici nel mercato ALBORI, CRESCITA E PRIMO SUCCESSO DEI VIDEOGIOCHI
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degli apparecchi televisivi, la seconda grazie al recupero della produ]LRQH GL ÀLSSHU XQ PHUFDWR DSSDUHQWHPHQWH LQRVVLGDELOH H VRSUDWWXWWR in costante evoluzione.9
I.7 L’impatto planetario di Space Invaders Space Invaders dà una sensazione di tensione. Un piccolo errore può portare a gravi conseguenze 6 ,NDZD UHVSRQVDELOH GHOOH LPSRUWD]LRQL GHOOD 7DLWŎ10
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Nel 1978 Space Invaders, il primo titolo a contribuire in modo evidente all’affermazione del videogioco a livello culturale, inizia a essere GLVWULEXLWR GDOOD 7DLWŎ VXO WHUULWRULR JLDSSRQHVH ,O FDELQDWR RWWLHQH XQ successo tale da rendere introvabili le monete da 100 yen necessarie per giocare. Nell’ottobre dello stesso anno la Midway introduce il gioco negli Stati Uniti, dando il via alla cosiddetta età dell’oro delle sale arcade a livello mondiale. Durante questo periodo, che solitamente viene fatto coincidere con gli anni fra il 1978 e il 1986, gli introiti continuano a crescere, generando fenomeni di massa come i tornei di videogame11 e rappresentazioni FLQHPDWRJUD¿FKH DG DOWR EXGJHW 12 Il grande successo dei cabinati inoltre sta oscurando quello delle console domestiche. Sia per potenza di FDOFROR FKH SHU OLYHOOR JUD¿FR OH PDFFKLQH FRLQ RS VRQR GL JUDQ OXQJD superiori agli apparecchi domestici e le sale giochi hanno anche una profonda ed evidente vocazione all’aggregazione sociale che ancora PDQFDYD DOOH FRQVROH GRPHVWLFKH /D ¿QH GHOOD golden age sarà un lenWR GHFOLQR FRLQFLGHQWH FRQ OD GH¿QLWLYD HYROX]LRQH WHFQRORJLFD SURSULD delle console domestiche. La seconda metà degli anni Ottanta è, infatti, un periodo di recessione, a cui seguirà una solo parziale rinascita all’inizio degli anni Novanta, in seguito al grande successo di sparatutto a scorrimento e picchiaduro13 come Mortal Kombat o Street Fighter, oppure all’introduzione di interfacce elaborate (sedili, volanti, pedali, IXFLOL SHGDQH HFF SHU GLYHUVL¿FDUH OœHVSHULHQ]D OXGLFD GD VDOD $QFRUD 9
In quegli anni, a partire da Hot Tip, iniziano ad apparire le prime macchine con punteggi memorizzabili, suoni e display. Riportato in Bloom 1982: 21. 11 Il primo torneo di videogiochi fu organizzato dalla Atari utilizzando Space Invaders. I partecipanti furono oltre 10.000. Cfr. Kunkel – Katz 1982. 12 ,O SL FHOHEUH ÂżOP GL DUJRPHQWR YLGHROXGLFR GHOOÂśHSRFD q FHUWDPHQWH Tron, di Steven Lisberger, ĘĆ 1982. 13 /H GHÂżQL]LRQL ULJXDUGDQWL L JHQHUL YLGHROXGLFL VRQR WUDWWDWH LQ XQD VH]LRQH GHO OLEUR VXFFHVVLYD 10
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oggi ingombranti strutture sono visibili nelle sale giochi superstiti o in luoghi di aggregazione che le utilizzano come divertente diversivo [Day 1998]. Solo il Giappone pare avere mantenuto una grande propensione per le sale arcade, rinnovando continuamente l’offerta sia dal punto di vista dell’hardware che da quello del software, oltre a recuperare titoli vintage per far presa sui giocatori piÚ esperti. Ad avviare il boom delle sale arcade è come detto Space Invaders, opera di quello stesso Tomohiro Nishikado che aveva fatto le fortune della Namco negli Stati Uniti con *XQ¿JKW ,O JLRFR Gj GH¿QLWLYD YLVLbilità al videogame, facendo nascere a tutti gli effetti una sottocultura giovanile, di cui gli stilizzati alieni vengono ancora oggi utilizzati come simboli. I mass media iniziano a interessarsene e i cabinati coin-op tornano a essere macchine incredibilmente redditizie. Il fatto che la rinascita del mercato videoludico statunitense passi principalmente per un titolo d’importazione evidenzia le ragioni puramente creative alla base dello stallo precedente: in mancanza di nuovi titoli di successo il mercato non poteva piÚ basarsi esclusivamente sulle variazioni di paddle game; era necessario innovare e rinfrescare il parco titoli a livello visivo e soprattutto tecnologico. Space Invaders ha fatto questo e non solo: da un lato propone un gameplay completamente nuovo, in cui il giocatore controlla una torretta laser che si sposta solo in orizzontale e spara D RQGDWH GL DOLHQL FKH VL DYYLFLQDQR DOOD VXSHU¿FLH WHUUHVWUH VHPSUH SL velocemente, qualcosa di molto diverso rispetto ai combattimenti uno contro uno o ai giochi sportivi a cui è abituato il pubblico; dall’altro introduce una colonna sonora continua, con quattro note basse dalla velocità crescente a ritmare l’invasione. Sono 360.000 i cabinati venduti sul solo territorio americano. Fra il 1978 e il 1980, inoltre, successi come Space Wars della CinePDWURQLFV LO SULPR JLRFR D XWLOL]]DUH XQD JUD¿FD YHWWRULDOH H QRQ raster scan,14 Lunar Lander, Super Breakout, Asteroids, Centipede, Battlezone e Missile Command della Atari, Galaxian della Midway, il complicatissimo Defender della Williams Electronics creano un vero e proprio fenomeno di massa. Anche in questa fase di rinascita negli Stati Uniti la rivalità principale è quella fra Atari e Midway. Nonostante l’ampio parco titoli della prima, la seconda può contare sull’inventiva dei designer della Namco, che si stanno dimostrando assolutamente senza eguali. Per la prima volta, accanto ai cloni dei titoli di maggior successo nascono veri e propri generi. 14
I due standard si spartirono equamente le macchine di maggior successo. ALBORI, CRESCITA E PRIMO SUCCESSO DEI VIDEOGIOCHI
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I.7.1 Pac-Man
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Un altro passaggio chiave si realizza lâ&#x20AC;&#x2122;anno dopo, nel 1979, quando proprio uno di questi designer, Toru Iwatani, decide di provare a creare un gioco dotato di presa sul pubblico femminile, privo di violenza e incentrato sul concetto di taberu, in giapponese â&#x20AC;&#x2DC;mangiareâ&#x20AC;&#x2122;. Con lâ&#x20AC;&#x2122;aiuto di un gruppo di nove persone e ispirato da una pizza senza uno spicchio, o almeno cosĂŹ vuole la leggenda, crea Puck-Man, un gioco di esplorazione con protagonista un cerchio giallo che deve mangiare tutti i pallini bianchi allâ&#x20AC;&#x2122;interno di un labirinto, fuggendo al contempo da quattro fantasmini colorati. Preoccupata da cosa sarebbe potuto succedere se qualche vandalo avesse raschiato la P sui cabinati facendola diventare una F, la Namco decide di rinominare il nuovo prodotto Pac-Man. Il gioco sarĂ in grado di rivoluzionare il medium ancora piĂš in profonditĂ rispetto a Space Invaders, spingendo ancora oltre la sperimentazione sulle meccaniche: dallo sparare si passa allâ&#x20AC;&#x2122;esplorazione di labirinti e dalla riduzione GL VLWXD]LRQL UHDOL VL SDVVD D FRQWHVWL H D]LRQL FRPSOHWDPHQWH ÂżWWL]L H LQ vario modo ÂŤastrattiÂť. Pac-Man prosegue inoltre sulla strada della legittimazione culturale avviata dal predecessore, di cui batterĂ tra lâ&#x20AC;&#x2122;altro il record di vendite con 400.000 unitĂ . Al gioco sono, infatti, dedicati giocattoli, canzoni pop, disegni animati e il marchio viene utilizzato a piĂš riprese su prodotti commerciali di vario genere. Nei tre anni successivi, seguendo lâ&#x20AC;&#x2122;esempio della Namco diverse soFLHWj JLDSSRQHVL VL HVSDQGRQR ROWUH L FRQÂżQL QD]LRQDOL )UD TXHVWH OD Nintendo, celebre produttrice di carte da gioco che si sta pian piano avvicinando allâ&#x20AC;&#x2122;intrattenimento elettronico. Nonostante un inizio stentato, con titoli scarsamente popolari negli Stati Uniti come Radar Scope, Sheriff e Space Fever, la Nintendo riesce a spiccare il volo grazie a Donkey Kong, opera prima di uno dei piĂš grandi creatori di videogiochi di sempre, Shigeru Miyamoto. Fra il 1981 e il 1983, altri grandi successi colpiscono il mercato USA: Qix GHOOD 7DLWĹŽ Frogger della neonata Sega, Tempest della Atari, Ms. Pac-Man GHOOD 0LGZD\ ULVXOWDWR GHOOD PRGLÂżFD GHO JLRFR RULJLQDOH GD parte della General Computers, ovvero due studenti del MIT di Boston. In quegli stessi anni le cause fra produttori non riguardano piĂš i brevetti KDUGZDUH DQFKH VH OD $WDUL KD SURYDWR LQYDQR D EORFFDUH OH PRGLÂżFKH che la General Computers apportava liberamente ai suoi giochi) ma sono diventate vere e proprie battaglie per i diritti. La piĂš celebre probabilmente ha coinvolto la Universal Studios e proprio la Nintendo a proposito della somiglianza fra Donkey Kong e King Kong. Lâ&#x20AC;&#x2122;azienda giapponese 36
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è riuscita a prevalere, dimostrando che la Universal non deteneva i diritti del personaggio, decaduti poiché ideato oltre quarant’anni prima, e ha posto le basi per un dominio decennale del mercato mondiale.
I.8 La rivoluzione delle cartucce Quest’anno il maggiore successo nei negozi di giocattoli non sarà un giocattolo Pubblicità dell’Atari VCS
Poco prima dello stallo del 1977, la Fairchild Camera and Instruments rilascia il Channel F, la prima console in grado di leggere delle cartucce su cui i giochi sono preprogrammati. Robert Noyce, futuro fondatore della Intel, crea un processore in grado di dedicarsi di volta in volta al software presente nelle «videocarts», liberando le macchine dalla costrizione dei chip installati al loro interno. Non solo, la console SUHVHQWD LQQRYDWLYL FRPDQGL WULDQJRODUL H XWLOL]]D FRQ JUDQGH HI¿FDFLD il colore. Il Channel F non riesce a sopravvivere al crollo che di lì a poco investirà il mercato, ma ha il merito di introdurre un nuovo standard e di farlo percepire al pubblico come una necessità. Uno standard che si mantiene ancora oggi, attraverso l’evoluzione dalle cartucce al CD e poi al DVD e al Blu-ray, in grado di imprimere un impatto decisivo sulla cultura videoludica generando anche una nuova pratica, quella collezionistica, che diventerà importantissima negli anni a venire. In punta di piedi insomma si entra nella seconda generazione e la Atari comprende subito la necessità di far evolvere le proprie macchine. Home Pong non ha più mercato e Bushnell decide di concentrare gli sforzi aziendali sulla creazione di un nuovo chip proprietario, basato sul MOS Technologies 6502, più economico dei concorrenti ma egualmente potente. Il risultato è «Stella», chiamato così non in onore della bella segretaria di turno ma della bicicletta turchese di Joe Decuir, uno degli ingegneri al lavoro sul progetto. Nasce così il Video Computer System (VCS), lanciato in Europa come Atari 2600. Per evitare di essere nuovamente plagiato dai rivali, Bushnell decide di provare a saturare il mercato, consapevole di possedere una macchina migliore e più economica delle concorrenti che stavano allora avendo successo. C’è un solo problema: il 1977 sta arrivando e con esso il disinteresse del pubblico. Bushnell dapprima pensa di quotare in borsa l’azienda per ottenere i capitali necessari alla produzione e distribuzione del 2600, poi sceglie una soluzione più rapida e redditizia, cedere la società a uno ALBORI, CRESCITA E PRIMO SUCCESSO DEI VIDEOGIOCHI
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dei colossi dellâ&#x20AC;&#x2122;entertainment. La Warner Communication acquista la Atari per 28 milioni di dollari, con lâ&#x20AC;&#x2122;accordo di mantenere lâ&#x20AC;&#x2122;intero organigramma aziendale. Forte del nuovo proprietario, la produzione della console inizia a pieno regime, con la consapevolezza che i veri guadagni arriveranno dalla vendita dei giochi, che al momento del lancio sono nove, e non da quella delle macchine. Per un breve periodo il rapporto IUD OH GXH VRFLHWj q LGLOOLDFR H SURÂżFXR PD OH GLYHUJHQ]H IUD %XVKQHOO H 5D\ .DVVDU LO FRQVXOHQWH FKH OD :DUQHU JOL DIÂżDQFD SHU IDU IURQWH DOOD crisi del mercato, diventano ben presto insanabili. Il fondatore della Atari vorrebbe rapidamente creare un nuovo hardware, vendendo a prezzi ribassati tutti gli esemplari del 2600 rimasti, consapevole che i tempi di vita delle console sono estremamente brevi. Kassar, spalleggiato dai vertici della Warner, è invece convinto di dover insistere sulla vecchia console. La frattura porta nel 1978 allâ&#x20AC;&#x2122;allontanamento dello stesso Bushnell, che lascia la Atari ed è interdetto, come da contratto stipulato al momento della cessione dellâ&#x20AC;&#x2122;azienda, a qualunque tipo di PDQVLRQH QHO VHWWRUH GHL YLGHRJDPH ÂżQR DO Ă&#x160; OD ÂżQH GL XQÂśHSRFD I.8.1 Il trasformismo della Atari
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Nonostante queste profonde scissioni interne, che portano allâ&#x20AC;&#x2122;abEDQGRQR GL QXPHURVH ÂżJXUH FKLDYH GHOOÂśD]LHQGD IUD FXL DQFKH $OODQ Alcorn, la Atari riesce a mantenere il controllo su una buona fetta del mercato post-crisi, dividendosi fra un comparto arcade e una consumer division dedicata al 2600 e al mercato domestico. Le due sezioni sono molto differenti per consuetudini lavorative: nella prima i designer agiscono in squadra, collaborando alla creazione dei loro prodotti; nella seconda i singoli designer si occupano autonomamente dei propri titoli. Warren Robinett, impiegato nella consumer division, ricorda: ÂŤOgni titolo per il 2600 era realizzato interamente da una sola persona, il programmatore, che concepiva lâ&#x20AC;&#x2122;idea del gioco, ne scriveva il codice, QH UHDOL]]DYD OD JUDÂżFD Âą GLVHJQDWD SULPD VX FDUWD PLOOLPHWUDWD H SRL convertita a mano in esadecimale â&#x20AC;&#x201C; e ne componeva la colonna sonoraÂť [Agger 2009].15 Una posizione autoriale cosĂŹ forte è completamente nuova per il mondo dei videogame e ben presto i designer iniziano a sentirsi poco valorizzati dallâ&#x20AC;&#x2122;azienda, cosa mai accaduta con Bushnell, che raramente non riconosceva il lavoro altrui. Paradossalmente, an15
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Robinett fu anche il creatore del primo Easter egg della storia dei videogame, una stanza segreta svincolata dal percorso di gioco standard del suo Adventure, accessibile solo a chi fosse stato in grado di trovarne la posizione e tutte le chiavi. CONOSCERE I VIDEOGIOCHI
che lâ&#x20AC;&#x2122;armonia della divisione arcade viene intaccata, portando i suoi membri ad accusare i nuovi dirigenti di favorire esclusivamente lâ&#x20AC;&#x2122;altra sezione. I designer ribelli sono ben consapevoli che piĂš della metĂ degli introiti della Atari provengono dalla vendita dei software, opere creatiYH D ORUR SDUHUH GD HTXLSDUDUH DOOH FDQ]RQL H DL ÂżOP Ă&#x160; HYLGHQWH WXWWDYLD che la mentalitĂ imprenditoriale di Kassar, deciso a sfruttare al massimo il momento propizio, ha avuto anche degli effetti molto positivi: in quegli anni la Atari diventa, in assoluto, lâ&#x20AC;&#x2122;azienda con il maggior tasso di crescita degli interi Stati Uniti. Nonostante questo, nuovi problemi emergono allâ&#x20AC;&#x2122;orizzonte: innanzitutto le nascenti case di produzione di software, intenzionate a produrre titoli per il 2600 e a prendersi una fetta di quel mercato che stava sostenendo la supremazia della Atari, diventano particolarmente agguerrite. La Activision, fondata proprio da alcuni fuorusciti della Atari tra cui Alan Miller, è immediatamente citata in giudizio per impedire che essa produca programmi per lâ&#x20AC;&#x2122;Atari 2600. Nascono cosĂŹ gli svilupSDWRUL GL WHU]H SDUWL L SURWDJRQLVWL GHOOD ÂżOLHUD SURGXWWLYD VX FXL VL IRQda lâ&#x20AC;&#x2122;industria videoludica odierna. Nello stesso periodo la Magnavox e la COLECO rientrano in gioco con nuove console: lâ&#x20AC;&#x2122;Odyssey2 nel 1978 e il COLECOVision nel 1982, il cui brevissimo successo è tutto basato sullâ&#x20AC;&#x2122;esclusiva semestrale per la distribuzione della versione domestica di Donkey Kong.16 La ragione del prevalere della Atari è da cercare ancora una volta nel design giapponese. Ă&#x2C6; il contratto di licenza che permette di distribuire la versione per console domestica di Space Invaders a dare la spinta decisiva al 2600 [Cohen 1984: 71-2]. Inizia una nuova fase, quella delle licenze dei giochi coin-op per console casalinghe. La Atari ne intuisce le potenzialitĂ e, sfruttando il desiderio dei clienti di mettere le mani sul loro arcade preferito e di giocarci da casa senza dover spendere un quarto di dollaro a partita, riprende a vendere migliaia di 2600. Nel 1982, lâ&#x20AC;&#x2122;azienda cerca di replicare il successo precedente mettendo in commercio la versione domestica di Pac-Man, opera del designer Tod Frye, producendone a scatola chiusa dodici milioni di esemplari. Nonostante il gioco sia una versione davvero scadente dellâ&#x20AC;&#x2122;originale â&#x20AC;&#x201C; a causa della limitata capacitĂ di calcolo della console, FRQ JUDÂżFD ULGRWWD DOOÂśRVVR H SULYD GL VHTXHQ]H DQLPDWH Âą DJOL DYYHUVDUL rimangono di nuovo le briciole, comunque molto consistenti, poichĂŠ il PHUFDWR q DQFRUD XQD YROWD LQFUHGLELOPHQWH Ă&#x20AC;RULGR 16
Le altre macchine degne di nota della seconda generazione sono lâ&#x20AC;&#x2122;Intellivision della Mattel, uscito nel 1977 e dotato di 10 bit di potenza invece dei consueti 8, e il Vectrex della General Computer Electronics ( Ä&#x2C6;Ä&#x160;) e Milton Bradley, uscito nel 1982. ALBORI, CRESCITA E PRIMO SUCCESSO DEI VIDEOGIOCHI
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I.9 1983: Il secondo collasso Beâ&#x20AC;&#x2122;, assicurai a Spielberg proventi per 25 milioni di dollari, a prescindere da quanto avremmo incassato noi. Ray Kassar17
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Nel 1983 arrivano titoli coin-op interessanti come Dragonâ&#x20AC;&#x2122;s Lair della Cinematronics, il primo disegno animato interattivo; il popolarissimo Q*Bert FKH VDQFLVFH OÂśLQJUHVVR GHOOD SURGXWWULFH GL Ă&#x20AC;LSSHU ' *RWWOLHE & Co. nel mercato dei videogiochi; Robotron 2084 della Williams Electronics, il primo gioco controllato da un doppio joystick, uno per muovere il proprio personaggio, lâ&#x20AC;&#x2122;altro per mirare e sparare. Nonostante questo e la riconosciuta affermazione a livello mediatico e culturale, il mercato nordamericano, che funge da cartina di tornasole della salute GHOOÂśLQWHUR VHWWRUH q GL QXRYR VDWXUR H VPHWWH GL HVSDQGHUVL /D ÂżQH della seconda generazione delle console e con essa la crisi che porterĂ alla chiusura della maggior parte dei produttori di hardware nordamericani è iniziata. Il grande protagonista del crollo è proprio il colosso Atari. Kassar annuncia un inaspettato calo della crescita prevista per lâ&#x20AC;&#x2122;ultimo trimestre del 1982: dal consueto 50% si scenderĂ al 10-15% e, poco prima di fare lâ&#x20AC;&#x2122;annuncio, vende una larga fetta del suo pacchetto azionario della Warner Communications; oltre a questo, il nuovo prodotto hardware, lâ&#x20AC;&#x2122;Atari 5200, non sta avendo il successo previsto a cauVD GHJOL DOWL FRVWL GL SURGX]LRQH XQD JUDÂżFD SRFR LQWULJDQWH H XQ ULGRWWR QXPHUR GL WLWROL LQÂżQH OÂśD]LHQGD KD GD XQ ODWR SURGRWWR WURSSH FRSLH GL Pac-Man rispetto ai reali possessori di 2600 realizzando un porting18 scadente del gioco, dallâ&#x20AC;&#x2122;altro câ&#x20AC;&#x2122;è il problema di E.T. E.T. Lâ&#x20AC;&#x2122;extraterrestre (1982) è uno dei maggiori successi cinematoJUDÂżFL GHO SHULRGR /D $WDUL KD FHGXWR DOOH SUHVVLRQL GL 6WHYHQ 6SLHOberg, con cui esisteva un contratto per la trasposizione videoludica del ÂżOP VWLSXODWR GDOOD :DUQHU ÂżQHQGR SHU SURGXUUH FRQ WURSSD IUHWWD un gioco impresentabile, sia dal punto di vista visivo che della giocabilitĂ . La maggior parte dei cinque milioni di copie del gioco rimane cosĂŹ nei magazzini e viene successivamente seppellita nel deserto del New Mexico.19 Nel 1984 la Warner Communications vende lâ&#x20AC;&#x2122;azienda 17 18
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Riferito in Kent 2001: 237. Con porting si intende la traduzione di un software in una versione adatta a una piattaforma diversa dallâ&#x20AC;&#x2122;originale. In questo caso si fa riferimento alla traduzione di Pac-Man dalla versione per cabinati a quella per cartucce dellâ&#x20AC;&#x2122; Atari 2600. I dubbi sulla veridicitĂ di tale episodio sono rimasti e rimangono forti (cfr. Montfort â&#x20AC;&#x201C; Bogost 2009) nonostante nellâ&#x20AC;&#x2122;aprile 2014 la discarica sia stata disseppellita grazie allo Xbox Entertainment Studio e alla produzione di un documentario sul tema, senza però che si siano trovati i CONOSCERE I VIDEOGIOCHI
mantenendo solo la divisione arcade, che pare immune alla crisi; il COLECO9LVLRQ LQL]LD XQ OHQWR GHFOLQR ÂżQR DOOD EDQFDURWWD GHO H LO Vectrex sparisce dal mercato; anche la Mattel rinuncia alla divisione hardware. Alla base di una crisi di questa portata non sembra esserci di nuovo lâ&#x20AC;&#x2122;incapacitĂ delle aziende di rinnovare le proprie macchine, ma il maldestro tentativo di sfruttare al massimo la resa dei software, spremendo i designer con scadenze improbabili e pubblicando giochi VHQ]D SULPD DYHUOL FROODXGDWL D VXIÂżFLHQ]D 'L IURQWH DO FDOR GHOOD TXDOLtĂ i clienti hanno deciso di ignorare lâ&#x20AC;&#x2122;offerta. Troppi titoli, troppe macchine, troppe produzioni: il business dei videogame è di nuovo in crisi. Nonostante la situazione americana, i mercati europeo e giapponese si mantengono invece abbastanza solidi. Il primo perchĂŠ molto legato alla realtĂ dei personal computer e poco orientato alle console dedicate esclusivamente al gioco, il secondo perchĂŠ costituito da aziende piĂš soOLGH H GLYHUVLÂżFDWH ULVSHWWR D TXHOOH VWDWXQLWHQVL Ă&#x160; SURSULR LQ (VWUHPR Oriente che si sposterĂ il cuore dellâ&#x20AC;&#x2122;industria videoludica, con aziende in costante crescita e in grado di interpretare con successo i segnali di un mercato diverso da ogni altro.
volumi di cartucce attesi (cfr. Claiborn 2014), anche se in effetti delle cartucce sono state trovate. Câ&#x20AC;&#x2122;è, infatti, chi sostiene che in quel luogo furono seppellite alcune cartucce Atari, ma insieme a numerosi altri materiali provenienti da una fabbrica della zona (cfr. Vendel â&#x20AC;&#x201C; Goldberg 2012). ALBORI, CRESCITA E PRIMO SUCCESSO DEI VIDEOGIOCHI
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I videogiochi, nonostante una storia assai breve – cominciata a livello commerciale nei primi anni Settanta del secolo scorso – sono oggi una delle forme di divertimento e di cultura popolare più lucrative e fra le più presenti nella vita quotidiana di centinaia di milioni di persone, non solo bambini e adolescenti ma anche una larghissima e sempre crescente porzione di giovani adulti e adulti. In un mondo in cui la potenza mediale del videogioco è sempre più pervasiva, anche il discorso pubblico e quelli privati su questo LɈLY]LZJLU[L TLKP\T K»PU[YH[[LUPTLU[V ZP MHUUV WP WYLZLU[P H livello sociale. Da un lato la saggistica popolare e divulgativa L KHSS»HS[YV NSP Z[\KP L SL YPJLYJOL Z\S TLKP\T ZP ZVUV VJJ\WH[P PU X\LZ[P X\HYHU[»HUUP KLSSL [HU[L ZMHJJL[[H[\YL KLS ]PKLVNPVJV! la sua vicenda storica e le sue dinamiche commerciali, i suoi pionieri e inventori, i personaggi e i titoli di maggior successo, la sua espansione in tanti luoghi e media diversi (sale giochi, casa, palmari e telefonini, internet e social network), le teorie psicologiche e sociologiche per interpretarne le caratteristiche L PS Z\JJLZZV UVUJOt S»PU[PTH YLSHaPVUL LTV[P]H ÄZPJH H ]VS[L «viscerale» intrattenuta con essi dai videogiocatori. Questo libro presenta pertanto le due facce del discorso sui ]PKLVNPVJOP! UVU ZVSV \UH [YH[[HaPVUL Z[VYPJH JVTWSL[H L PSS\Z[YH[H sul medium, ma anche una rassegna ragionata del dibattito JYP[PJV L ZJPLU[PÄJV P[HSPHUV L PU[LYUHaPVUHSL HY[PJVSH[H ZLJVUKV SL Z\L [LTH[PJOL WVY[HU[P! NSP HZWL[[P JVUZPKLYH[P WVZP[P]P L ULNH[P]P dei videogame, le loro implicazioni cognitive nei confronti degli utenti, la loro intrinseca natura di ludus S»PTWH[[V Z\SSH ZVJPL[n
ISBN 978-88-6790-130-2
9 788867 901302
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