Alla scoperta di antiche Pievi, Abbazie e dipendenze...

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Dolceterra

ITINERARI D’ARTE NEL NOVARESE

Alla scoperta di antiche Pievi, Abbazie e dipendenze...


SOMMARIO

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AGRATE CONTURBIA: Chiesa di San Vittore e Battistero di San Giovanni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 6-7

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ARONA: Chiesa dei Santi Martiri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8-9

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BELLINZAGO: Badia di Dulzago . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10-11

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BRIONA: Chiesa di Sant’Alessandro al Cimitero . . . . . . . . . . . . . . 12-13

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CARPIGNANO: Chiesa di San Pietro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14-15

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CASALVOLONE: Antica Pieve di San Pietro al Cimitero . . . . . . . 16-17

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CUREGGIO: Chiesa di Santa Maria Assunta e Battistero . . . . . . 18-19

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GATTICO: Rovine della Pieve di San Martino . . . . . . . . . . . . . . . . 20-21

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GOZZANO: Basilica di San Giuliano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22-23

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GRIGNASCO: Antica Pieve di Santa Maria in Bovagliano . . . . . 24-25

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GRIGNASCO: Chiesa di Santa Maria delle Grazie . . . . . . . . . . . . 26-27

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MANDELLO VITTA: Chiesa di San Lorenzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28-29

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MASSINO VISCONTI: Abbazia di San Salvatore . . . . . . . . . . . . . . 30-31

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NOVARA: Chiesa di Ognissanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32-33

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OLEGGIO: Antica Pieve di San Michele . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34-35

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ORTA SAN GIULIO: Basilica di San Giulio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36-39

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PELLA: Chiesa di San Filiberto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40-41

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POMBIA: Chiesa di San Vincenzo in Castro . . . . . . . . . . . . . . . . . 42-43

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POMBIA: Oratorio di San Martino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44-45

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ROMAGNANO SESIA: Abbazia di San Silvano - Cantina dei Santi 46-47

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SAN NAZZARO SESIA: Abbazia dei Santi Nazzaro e Celso . . . . 48-51

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SAN PIETRO MOSEZZO: Chiesa dei Santi Vito e Modesto . . . . 52-53

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SIZZANO: Chiesa di San Vittore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54-55

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SUNO: Antica Pieve di San Genesio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56-57

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VARALLO POMBIA: Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio . . . 58-59

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VESPOLATE: Antica Pieve di San Giovanni Battista . . . . . . . . . . . 60-61


SVIZZERA Passo del Lago Sempione Domodossola Lago Maggiore di Como VALLE Verbania Varese Lecco D’AOSTA L. d’Orta Como A8 A9 Aosta A 5 Biella MILANO

Traforo del Monte Bianco

A 26 A 4 Malpensa

Novara

FRANCIA

Linate

A 4-5

Caselle Vercelli LOMBARDIA A7 A1 A 32 PIEM ON TE

Fréjus

TORINO

A 21

A6

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EMILIAROMAGNA

GENOVA

Cuneo

FRANCIA

Pavia A 21 Alessandria Asti A7

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Colle di Tenda

LIGURIA

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Savona

MAR LIGURE


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AGRATE CONTURBIA

Chiesa di S.Vittore e Battistero di S. Giovanni

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consacrazione.Raro esempio di battistero romanico, il San Giovanni di Agrate è formato da una parte inferiore circolare irregolare, ed è sovrastato da una parte superiore ottagonale. Gli innumerevoli studiosi che si sono occupati dell’antico monumento sono quasi tutti concordi nel ritenere che la parte inferiore, realizzata in pietre più rozzamente squadrate e ciottoli disposti a spina di pesce, sia databile attorno al X secolo. Si ritiene, invece, che la parte superiore, costruita con pietre sapientemente squadrate e corredata di due monofore alte e strette a doppia strombatura, con una serie di trifore cieche, rette da colonnine in serizzo, disposte su ogni lato e tenute da una cornice di archetti pensili, sia una costruzione dell’XI - XII secolo. L’edificio, nel corso dei secoli, ha subito varie modifiche. Nel seicento fu costruito davanti all’in-

a chiesa parrocchiale dedicata a San Vittore si trova nel centro del paese, di fronte all’antico Battistero. Viene già citata nel 976 come “basilica Sancti Victoris constructa infra castro Agredade” e donata da Ottone I ai canonici di San Giulio dell’isola d’Orta. Pertanto i canonici ne sono i legittimi proprietari, ma la chiesa è sottoposta alla giurisdizione del Vescovo di Novara. In seguito, nel basso medioevo, passa alle dipendenze della Pieve di Suno. È a tre navate, orientata. Ampiamente rimaneggiata nel seicento e nei primi anni del novecento, al suo interno sono conservati alcuni affreschi di antica fattura. Il Battistero, dedicato a San Giovanni, fu sicuramente consacrato tra il 1122 ed il 1148 durante il vescovato di Litifredo, come documentato nei testimoniali del 1157, in cui il preposito di San Giulio d’Orta testimonia di aver assistito alla sua

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di affreschi del XV - XVI secolo decorano alcune arcate e la volta sovrastante. Nel corso del XX secolo un susseguirsi di restauri mirati hanno portato il battistero al suo antico splendore.

gresso un portico che collegava il battistero con la chiesa, venne demolita l’absidiola nord e si edificò una cappella quadrata. Al suo interno una vasca ottagonale è incassata nel pavimento e una serie

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ARONA

Chiesa dei Santi Martiri

metà ottocento, quando venne interamente affrescata, secondo il gusto romantico dell’epoca: in stile neogotico. Di grande pregio artistico è la pala di Ambrogio da Fossano detto il Bergognone (1489) collocata sulla parete del coro dietro l’altare. Il dipinto raffigura la Vergine in trono con Bambino, l’abate commendatario Calagrani inginocchiato alla sua destra, alle spalle i Padri della Chiesa: San Gerolamo, San Gregorio Magno, Sant’Agostino e Sant’Ambrogio, alla sua sinistra i quattro Martiri compatroni della chiesa. Interessanti due vetrate policrome del presbiterio raffiguranti i Santi martiri e la Natività, commissionate nel 1502 dall’allora priore del monastero benedettino don Milarione.

a chiesa dedicata ai Santi martiri Graziano, Felino, Fedele e Carpoforo sorge nella parte alta della città. Si accede al sagrato percorrendo un’ampia scalinata e le sue origini sono molto antiche. Già abbazia benedettina, è menzionata nel X secolo come chiesa, dedicata ai martiri Graziano e Felino, annessa al monastero del Salvatore fondato dal conte Amazzone del Seprio che trasportò da Perugina ad Arona le reliquie dei due Santi martiri. Dell’antico impianto romanico non rimangono tracce. Ha facciata barocca, è a navata unica di due campate con quattro cappelle laterali. Fu oggetto di varie riedificazioni avvenute nel corso dei secoli: le più significative sono riconducibili alla fine del quattrocento, al cinquecento e a

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BELLINZAGO

Badia di Dulzago

tuale Badia sorse nel XII secolo e non fu soltanto un luogo strettamente di culto religioso, ma anche un importante centro agricolo perché i monaci ed i coloni che abitavano il complesso bonificarono in breve tempo la zona circostante rendendo i terreni agricoli tutt’intorno molto produttivi. Strutturalmente la Badia era organizzata come un vero e proprio complesso residenziale, ove trovavano sede la chiesa, l’abitazione dell’Abate e dei canonici, le case dei coloni ed infine il cimitero. La chiesa è dedicata a San Giulio ed è coeva al nucleo abbaziale. Si presenta a tre navate, delle quali quella centrale è coperta da volta a crociera costolonata, mentre le

a Badia di Dulzago sorge a sudovest del paese, sui resti delle colline moreniche della vallata del fiume Terdoppio, in prossimità di alcuni fontanili, ed è forse per questo particolare morfologico che anticamente venne denominata “dulcis acquae”. L’antico paese di Dulzago che sorgeva alla sinistra dell’odierna Badia, fu nominato già nell’892 in un documento che riferiva di una permuta di terreni tra il vescovo di Novara ed un tale Curiberto di Dulzago: successivamente altri cenni sono in documenti del 1013 e poi ancora del 1132 che confermano di un possesso da parte del vescovo Litifredo. Dell’antico paese di Dulzago oggi non esiste più nulla. L’at-

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raffigurato San Giulio, opera di Clemente Salsa, pittore locale. Il campanile settecentesco sorge sul lato sinistro: fu edificato per volontà dell’Abate commendatario don Lorenzo Cristiani. La parte più integra dell’edificio resta la zona absidale esterna: pregevoli archetti pensili poggiano su mensoline in cotto. Oggi il complesso abbaziale è meta di molti visitatori che ritrovano in questo luogo ancora intatta la suggestione ed il senso di pace propri di quell’epoca: dei luoghi di culto e di preghiera. Ogni anno, alla fine di gennaio, si rinnova la tradizionale “sagra della fagiolata” richiamo imperdibile di una folla di devoti e curiosi appassionati anche delle buone attrazioni culinarie.

due laterali sono voltate a botte e si concludono in tre absidi semicircolari. Interessanti gli affreschi collocati sulla parete ovest del tiburio che raffigurano gli Angeli ed i Santi. Questi ed altri piccoli frammenti di pittura coeva sono stati ritrovati all’interno della chiesa in seguito a lavori di restauro. L’Abbazia venne infatti ampiamente restaurata e decorata tra la fine del seicento ed il settecento, numerosi sono gli affreschi e gli stucchi che hanno modificato l’originaria struttura romanica. La facciata, ricostruita nel XVIII secolo è sormontata da un frontone, ai lati dell’ingresso sono sagomati due portali chiusi a tutto sesto, aperti solo nelle lunette. Nella lunetta sopra il portale principale è

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BRIONA

Chiesa di Sant’Alessandro al Cimitero

parte solo abbozzati (sinopia), che costituiscono un raro documento della tecnica pittorica dell’epoca. Sulla facciata d’ingresso, sotto il portico, i resti di una Deposizione duecentesca e tratti di una pittura trecentesca raffigurante un santo. La facciata è tripartita, a doppi spioventi con corpo centrale sopraelevato, l’ingresso è ad arco con una centina a tutto sesto e una bifora parzialmente nascosta dal portichetto antistante. Preziose decorazioni ad archetti rampanti incrociati orlano il timpano e i lati esterni. Si è a conoscenza che durante i lavori di consolidamento della parete sud, sono venute alla luce tombe del periodo romano. A pochi metri, nei pressi della Mora, sorge il piccolo oratorio di San Bernardo, che presenta un ‘interessante ciclo di affreschi quattrocenteschi, sapientemente restaurati in questi ultimi anni.

a chiesa di Sant’Alessandro, già dipendente della pieve di Sizzano, si trova all’interno del cimitero e, anticamente, era la parrocchiale del paese. Viene citata per la prima volta nel 1335-36, ma l’analisi strutturale dell’edificio lo riconduce, però, al XI secolo. Si presenta a tre navate, la maggiore coperta da tetto ligneo, le minori con volte a crociera cupoliformi. Termina con tre absidi semicircolari, la centrale è preceduta da una volta a botte. Sono da segnalare (lato nord) i preziosi capitelli incisi con motivi di foglie stilizzate, rosette, cerchi e testine. L’interno è riccamente decorato: una Madonna del Latte di scuola toscana e risalente al trecento, si ammira sopra una semicolonna; si aggiungono lungo le pareti e le absidi altri affreschi del XIV e XV secolo di scuola locale. Nell’absidiola a giorno sono visibili degli originali affreschi, in

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CARPIGNANO

Chiesa di San Pietro

da pilastri cruciformi addossati alle pareti e si interrompono a due terzi di altezza, proprio dove l’edificio venne sopraelevato nel XIII secolo. Le due navate laterali, di piccole dimensioni, sono coperte da volte realizzate nel seicento, ad eccezione della navatella sud (presso l’absidiola) che conserva una rudimentale volta a crociera dell’XI secolo, raro esempio rimasto nel nord Italia. Le pareti interne, dopo l’importante e recente restauro, sono coperte da importanti e antichi affreschi: nella parte alta della calotta absidale si trova Cristo Pantocratore; nel registro sottostante gli Apo-

’antica chiesa di San Pietro ha sempre destato, tra gli studiosi, grande interesse storico e artistico. Edificata nel “castrum” di Carpignano, secondo gli storici, nella prima metà dell’ XI secolo forse inizialmente come cappella castrense. Il primo documento che ci parla della chiesa risale al 1184, anno in cui il Papa Lucio II riconosce San Pietro e altre chiese locali appartenenti al Priorato dei monaci benedettini cluniacensi di Castelletto (Castelletto Cervo) nel vercellese. La chiesa di San Pietro è totalmente inglobata nell’antico “Castello”. Si presenta a tre navate. La centrale è scandita

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pensili di cotto. Vari sono stati i proprietari e le destinazioni d’uso di questo edificio nel corso dei secoli, ma il più rovinoso è sicuramente quello avvenuto nel 1885, cioè quando le leggi del Regno di Sardegna hanno imposto la requisizione di quasi tutti i beni degli immobili degli ordini religiosi. E così anche San Pietro di Carpignano, già appartenente ai beni del Vescovo di Biella, viene dapprima sconsacrato e in seguito venduto a privati che lo utilizzano senza scrupoli come cantina e ricovero di mezzi agricoli. Ora l’edificio è di proprietà comunale.

stoli, purtroppo parzialmente danneggiati dall’apertura di due finestre, e ancora, nella parte sinistra dello zoccolo, un lacerto raffigurante l’”uomo selvatico”. Altri affreschi , risalenti al periodo gotico, sono visibili su di un arco tra la navata centrale e la meridionale, raffigurano l’Angelo Gabriele e la Madonna dell’Annunciazione, mentre, Santa Caterina è su di un pilastro. La parte muraria esterna si presenta per lo più in ciottoli del fiume Sesia, alternati a mattoni e laterizi di epoca romana e medievale di recupero. Le tre absidi, visibili in via Carducci, sono decorate da archetti

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CASALVOLONE

Antica Pieve di San Pietro al Cimitero

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i pilastri di separazione rettangolari. Solo in un secondo momento venne rimaneggiata formando i pilastri a fascio, le volte ed i contrafforti attuali e la ricostruzione di parte dei muri perimetrali. Il campanile (di incerta datazione ma più antico della chiesa) è a pianta quadrata, con cinque piani di finestre e cornici, conserva su due pareti interne alla chiesa una serie di archetti pensili. La muratura esterna, per lo più irregolare, è formata da ciottoli di fiume e cotto, in alcuni tratti disposti a spina di pesce. All’interno si possono ammirare numerosi affreschi del XV e XVI secolo, molti dei quali datati (1424-1495). Nella zona absidale campeggia la raffigurazione del Cristo in Mandorla con le simbologie degli Evangelisti e con una serie

a Chiesa di San Pietro, situata presso il cimitero, è l’antica Pieve di Casalvolone. Già citata come “Plebem de Casali” nella bolla di papa Innocenzo II del 26 giugno 1133 al vescovo di Novara Litifredo. Viene consacrata tra il 1118 e 1119 dal vescovo Riccardo e dichiarata nei testimoniali del 1157 come “Ecclesia de Casali”, ma sicuramente le sue origini sono antecedenti. L’edificio, ampiamente restaurato dal 1976, ora si presenta come una preziosa testimonianza dell’arte romanica del basso novarese. È a tre navate con altrettanti absidi, ben suddivisa in quattro campate, coperte da volta a crociera rialzata, quasi cupoliforme. Si suppone, secondo il Verzone, che originariamente la chiesa fosse coperta da capriate lignee con

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duta in trono fra i SS. Pietro e Paolo ed ai lati San Giuseppe e San Giovanni. Risale, invece, ai primi decenni del XVII secolo l’ossario adiacente al lato destro della facciata, decorato internamente e chiuso da un’elegante inferriata in ferro battuto. In paese, presso la Parrocchiale, è ora collocato provvisoriamente, dopo il restauro, l’affresco staccato dall’absidiola posta a nord dell’antica pieve di San Pietro.

di Santi e Profeti. Interessante l’iscrizione che compare sulla parete nei pressi dell’abside: “Mafeus de rigonibus de vale Taegis armiger fecit fieri hoc opus 1478 de mense aprilis”. Anche le pareti laterali, riccamente affrescate, presentano figure di Santi e frammenti di decorazione parietale (databile verso il XII secolo, simile a quella del battistero di Novara). Sulla facciata troviamo un affresco raffigurante la Vergine se-

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CUREGGIO

Chiesa di Santa Maria Assunta e Battistero

to semicircolare. Si ipotizza fosse già, fin dalle sue origini, a tre navate divise da pilastri rettangolari. La muratura esterna è in ciottoli, con tratti a spina di pesce ed archetti pensili a gruppi di tre ( se ne notano le tracce). Secondo il Verzone, la chiesa viene datata al terzo quarto dell’XI secolo, mentre il campanile è successivo (1100–1125) dal momento che risulta più raffinato nella muratura e nella decorazione degli archetti pensili. Al suo interno sono conservati alcuni affreschi databili al XV – XVI secolo. Grande gioiello della località è l’antico Battistero che sorge di fronte alla parrocchiale, con tutta probabilità si tratta del Battistero della pieve e potrebbe risalire alla metà dell’XI secolo. Si presenta a pianta

anta Maria Assunta, ora chiesa Parrocchiale del paese, sorge nella piazza principale davanti all’antico Battistero. Viene citata per la prima volta nel 1013 in un elenco di pievani, presenti ad una donazione fatta dal vescovo alla chiesa di Novara. Successivamente, nel 1132, la località Cureggio certamente già riconosciuta come “curtis”, viene esplicitamente definita pieve e nei testimoniali del 1157, si nomina tale Stefano come arciprete di Cureggio. Attualmente è una costruzione della seconda metà del seicento, ma conserva ancora tratti murari propri dell’epoca romanica: visibili sopra le coperture delle navate laterali e lungo il muro posto a tramontana, ove si può notare una porta, ora tamponata, con archivol-

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con sottili strati di malta. La facciata, posta su di un lato dell’ottagono, ha una piccola porta con lunetta semicircolare in pietra. All’interno un affresco del XIII secolo raffigura la Madonna in trono con Bambino benedicente e due Santi. Al centro l’importante vasca battesimale ove sono visibili, secondo gli studiosi, le due diverse fasi costruttive: una dell’ XI secolo e una seconda, successiva.

ottagonale, con quattro absidi sporgenti, due (ad E e O) conservano ancora la muratura originaria, realizzata con lesene in pietra che suddividono gli archetti pensili a gruppi di quattro. Ogni abside, o nicchione, ha una monofora a doppia strombatura con archivolto in pietra, tamponate però nel XVI secolo. L’edificio è realizzato in pietre grosse squadrate, alternate a corsi di pietre più piccole, legate

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GATTICO

Rovine della Pieve di San Martino

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che oggi si presenta privo di tetto e di pavimento. È una chiesa a tre navate con tre absidi semicircolari, sei arcate sorrette da grossi pilastri quadrati, e, in facciata, sopra il portale d’ingresso si può intravedere un archivolto trapezoidale, sovrastato da lunetta semicircolare. La muratura è composta per lo più da grossi blocchi di pietra squadrata. La datazione di San Martino potrebbe aggirarsi attorno al primo quarto del XII secolo. In questi ultimi vent’anni molto si è fatto per consolidare la struttura e ripulire l’apparato murario dell’antica pieve, rinnovando così nel visitatore quel senso del mistero e fascino che emana l’antico monumento.

resti dell’antica pieve si trovano a nord del paese, fuori dell’abitato, ai margini di una zona boschiva. Viene già menzionato in una bolla del 1113 da Innocenzo II, come “ Plebem de Gatico cum capellis suis” e, successivamente, tale Stefano, arciprete di Cureggio testimonia la sua presenza nella consacrazione di varie chiese, tra il 1118 ed il 1144, tra le quali anche Gattico. Soltanto, però, nel 1357, nel “Liber Cleri” si nomina chiaramente San Martino come sede pievana. Da una visita pastorale del vescovo Meraviglia (1677) si apprende che la chiesa versa in cattive e malandate condizioni. E da allora, con tutta probabilità, nulla è stato fatto per migliorare la staticità dell’edificio, tanto

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GOZZANO

Basilica di San Giuliano

colare e cappelle laterali voltate a botte. Dell’antico edificio rimangono soltanto alcuni frammenti di capitelli del IX e X secolo, murati nella nuova costruzione: uno presso l’ingresso e l’altro adiacente lo spigolo della sagrestia. Il maestoso campanile, risalente all’XI secolo, è collocato nella parte più elevata del colle, tanto da sembrare ancora più slanciato; è scandito da sei specchiature decorate da archetti pensili a gruppi di tre separati al centro da lesene. Le aperture di mezzo hanno l’archivolto contornato da una ghiera, sono monofore nella parte inferiore e bifore in quella superiore. All’interno di particolare pregio sono gli affreschi che decorano la

a chiesa parrocchiale, la cui facciata appare incompiuta, sorge su un’altura che domina il paese, sui resti dell’antico edificio pievano risalente al IX secolo e già dedicato a San Giuliano Martire. Documenti che riportano a quest’importante sede pievana sono già rintracciabili in un “diploma” di Berengario del 17 novembre 919 al vescovo di Novara, ove si consente di tenere un mercato settimanale e una fiera annuale nella data del 24 ottobre, giorno della “traslatio” di San Giuliano. Originariamente la chiesa era a tre navate con abside orientata: ora dopo la ricostruzione avvenuta tra il XVIII ed il XIX secolo, si presenta a navata unica con abside semicir-

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cappella della Madonna del Rosario, opera di Lorenzo Peracino, che raffigurano i 15 Misteri del Rosario ed i santi Domenico e Caterina e un antico affresco sulla controfacciata d’ingresso sinistra. Sotto il presbiterio trova posto un settecentesco scurolo ove, in un’urna d’argento e cristallo, sono conservate le spoglie di San Giuliano.

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GRIGNASCO

Antica Pieve di Santa Maria in Bovagliano

è ora la chiesa cimiteriale. Venne abbandonata durante il periodo medievale dalla popolazione che cercava maggior protezione preferendo, all’indifesa zona pianeggiante, l’insediamento ai piedi del

ià citata nel 1132 in una bolla papale di Innocenzo III come pieve di Grignasco e successivamente, nel 1151, compare in un documento anche il nome di tale “Martinus diaconus de Grignasco”,

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raffiguranti San Giovanni Battista e San Pietro collocate nella pala secentesca dell’altare maggiore. Sono da segnalare inoltre la tela di Francesco Gianoli che rappresenta San Giovanni Battista tra San Gaudenzio e San Carlo Borromeo (1650 circa) e una copia (l’originale è stata trafugata) di un’opera riconducibile alla cerchia di Carlo Francesco Nuvolose (XVII secolo) raffigurante Sant’Antonio da Padova, il Bambino e Sant’Antonio Abate.

castello di San Genesio. Dell’antica struttura romanica rimangono solo alcuni tratti murari che raffigurano un falso intreccio musivo di triangoli di pietra e di cotto. Rimaneggiata nel corso dei secoli, la struttura attuale è settecentesca. Al suo interno, sotto la cantoria dell’organo, si possono intravedere una scritta e frammenti di affresco relativi ad Angelo De Canta, datati 1539. Interessanti sono le due tavole cinquecentesche di scuola gaudenziana

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GRIGNASCO

Chiesa di Santa Maria delle Grazie

Nel corso del XV e XVI secolo venne ristrutturata e successivamente ampliata nel Seicento. Di notevole pregio e importanza sono i due cicli di affreschi all’interno della chiesa. Uno risale al Quattrocento (1489) e viene attribuito alla bottega di Tommaso Cagnola. Nella zona absidale sono rappresentati Cristo Pantocratore con le simbologie dei quattro evangelisti, gli apostoli e lungo le pareti sono ben visibili altri riquadri con figure di santi. L’altro ciclo, datato 1543, è opera del pittore novarese Angelo De Canta (nipote di Tommaso Cagnola) che realizza sulle pareti dell’antica navata una sorta di architettura pittorica bramantesca, ricca di colon-

a chiesa dedicata a Santa Maria delle Grazie si trova all’interno del Borgo medievale. Venne utilizzata per vari secoli come chiesa parrocchiale e come centro della vita sociale e civile del paese, tanto da essere ricordata ancora oggi come “gésa vègia”. Rimase sotto il rettorato della famiglia Durio dalla fine del XV secolo fino al 1989, anno in cui fu donata definitivamente al Comune. L’edificio è di antiche origini, potrebbe risalire alla fine dell’XI secolo. Ad avvalorare questa tesi è l’antica abside semicircolare elegantemente decorata con ciottoli disposti a spina di pesce, archetti pensili in cotto e con una cornice di mattoni collocati a dente di sega.

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ne, nicchie, archi e finestre tanto da movimentare le scene di ordine religioso qui raffigurate. Vi troviamo una Crocifissione, purtroppo degradata, sull’arco trionfale, lungo la parete destra la Pietà tra S. Antonio Abate e S. Graziano, S. Martino e il Povero e, nella parte alta, S. Eusebio e S. Lucia, seguono ancora l’Adorazione dei Magi, i SS. Francesco, Bernardino, Rocco e Sebastiano, sulla parete opposta il Battesimo di Gesù.

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MANDELLO VITTA

Chiesa di San Lorenzo

è a tre navate, con archi longitudinali retti da pilastri rettangolari e facciata a salienti. Nel corso dei secoli la chiesa ha subito numerose modifiche ed ampliamenti: le due absidi in mattoni, come il campanile, risalgono al XV e XVI secolo. Nel 1631 venne demolito l’antico altare e realizzata la nuova sacrestia, soltanto nel 1757 ricostruirono l’altare maggiore sistemando definitivamente il presbiterio, mentre la cappella dedicata al SS. Crocefisso risulta esistente già nel 1784. Numerosi interventi di restauro si sono

a Chiesa di San Lorenzo, parrocchiale dell’antico borgo, sorge nella piazza del paese. Si suppone sia stata edificata verso la fine del secolo XII, ma viene citata per la prima volta nel “Liber Cleri” del 1357 come chiesa dipendente dalla Pieve di Proh-Camoidea. Di nuovo citata nel 1512 e poi ancora nel 1590 durante le visite del vescovo Speciano e del Bascapè nel 1597, risulta che l’edificio era ..“ampio di forma antica, a tre navate con tetto a volta, la sacrestia angusta, oscura e priva di tutti i requisiti”. L’impianto

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di allegorie sui Misteri del Rosario e parte di un più grande affresco raffigurante la SS. Trinità, della seconda metà del XV secolo. Inoltre, sotto la decorazione ottocentesca della navata destra, sono emerse due differenti partiture decorative, una risalente al XVI secolo e raffigurante alcuni santi ed una decorazione a finto marmo. L’altra presenta frammenti di immagini sacre del XV secolo. Nella navata sinistra, sul fondo, si scorgono parte di un’Annunciazione, lo stemma della famiglia feudale Caccia, una Madonna con il Bambino e particolari di santi.

succeduti in questi ultimi anni: quello risalente al 1963 ha messo in evidenza l’originaria struttura tardo-romanica esaltando parte della muratura esterna, realizzata in ciottoli di fiume disposti a spina di pesce, intervallati da corsi di mattone. Mentre, in seguito all’ultimo lotto di restauri , ossia dopo il 1992, sono venute alla luce numerose testimonianze decorative, realizzate in più periodi. Nella navata destra troviamo una serie di affreschi: una Madonna del Rosario tra i Santi Domenico e Caterina che risalgono al 1591 - 1597, continua una serie

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MASSINO VISCONTI

Abbazia di San Salvatore

1400 vi portarono il culto della Madonna della Cintura e che vi rimasero per più di due secoli, per lasciarlo poi ad eremiti mandati dal parroco di Massino. La forte pendenza che costrinse la costruzione della chiesa ad uno spazio limitato ed il continuo afflusso negli anni di pellegrini da tutto il Vergante sono alla base dei continui rimaneggiamenti dell’eremo nel corso dei secoli e dell’irregolare configurazione architettonica attuale del complesso. Dal cortile dell’attuale trattoria, aperta nei locali dell’antico cenobio, si riesce a cogliere una suggestiva veduta d’insieme della struttura, con le tre belle absidi

l culmine di una lunga strada panoramica, che per quattro chilometri partendo dalla strada provinciale di Massino Visconti, sale ad un ampio piazzale che domina il sottostante paesaggio del lago, sorge l’Abbazia di San Salvatore. Questo luogo, per la sua invidiabile posizione all’interno di un pendio boschivo di faggi e di betulle, ha da sempre ispirato nei secoli la vocazione monastica, affermandosi come luogo privilegiato di culto e di devozione. Infatti del suo possesso hanno beneficiato dapprima i Benedettini, verso l’anno mille, ai quali si deve la costruzione originale, poi gli Agostiniani, che nel

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pelle del complesso religioso: scendendo la cosiddetta “scala santa” si accede a quella di Santa Margherita, risalente al XIII secolo, mentre quella di San Quirico è del XII secolo e proprio attraversando quest’ultima i monaci accedevano ai loro alloggi. Sono inoltre da segnalare, in paese, l’oratorio della Madonna di Loreto, già residenza dei Benedettini prima del loro trasferimento all’Abbazia di San Salvatore, ricca di affreschi del XV secolo e la chiesa di San Michele che conserva un prezioso ciclo di affreschi del quattrocento e un particolare campanile pendente.

dai centenari tetti di pietra. La chiesa di San Salvatore era originariamente disposta nella direzione est-ovest, con una sola navata chiusa da un’abside (l’attuale cappella di sinistra), gli affreschi che ne decorano le pareti risalgono al XV secolo e sono opera di Johannes de Campo, autore anche delle decorazioni della Chiesa di San Michele. Ora l’asse principale è orientato in direzione nord-sud e, nell’architrave all’ingresso, è scolpita la data 1499, a testimonianza dell’epoca agostiniana. Nel 1690 la chiesa fu dotata di un campanile e nel 1699 di una sacrestia, di un nuovo presbiterio e di una navata maggiore ortogonale. All’interno sono conservati un reliquiario di santi ed un’infinita serie di ex voto. Sul piazzale si trovano due cappelle: quella dedicata a Sant’Uguccione conserva una Crocifissione, risalgono, invece, al XV secolo gli affreschi presenti nella cappella dedicata alla Beata Panacea e Sant’Abbondio. Pareti affrescate di buon pregio artistico si ritrovano anche nelle altre cap-

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NOVARA

Chiesa di Ognissanti

no visibili alcuni affreschi, fra i quali una Madonna del Latte attribuita, dalla critica, a Giovanni de Campo, risalente alla metà del XV secolo. Esternamente la muratura dell’edificio è in mattoni disposti in corsi regolari, eleganti archetti pensili che poggiano su mensoline variamente decorate in cotto, decorano la parte sottostante della grondaia. Nel corso degli anni cinquanta, l’antico edificio religioso ha subito un’importante restauro strutturale tanto da modificare gli adattamenti avvenuti nel XVIII secolo e ricondurlo all’aspetto originale romanico.

’antica chiesa di Ognissanti sorge sull’angolo di vicolo Ognissanti e via Silvio Pellico, nel centro storico della città. Le sue origini sono remote, è già ricordata nel 1124, al tempo di Litifredo, fra le chiese cittadine il cui clero è dispensato di recarsi presso la cattedrale per le preghiere del mattino durante le feste principali. Viene poi citata nel 1132 fra i beni confermati al vescovo da Innocenzo II. Si presenta a tre navate, di quattro campate ciascuna, con abside semicircolare, dotata di un elegante tiburio ottagonale illuminato da monofore e bifore. All’interno so-

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OLEGGIO

Antica Pieve di San Michele

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resse sono i cicli pittorici all’interno della basilica, fra i pochi esempi di arte romanica ancora visibili nel Nord Italia. Sulla controfacciata d’ingresso è rappresentato un Giudizio Universale di gusto medievale, con il Cristo Giudice al centro, purtroppo rovinato a causa di un’antica apertura oggi tamponata. Nel primo ordine vediamo raffigurati gli Angeli, la Vergine e gli Arcangeli; nel secondo ordine, a mezzobusto, gli Apostoli e nel successivo le Anime dei Credenti. Parecchi sono gli affreschi di epoca romanica, il più discusso dei quali è quello denominato “I cavalieri”, collocato nella parte centrale del tamburo absidale, di cui non si conosce una datazione e tanto meno il significato dei temi rappresentati. Di grande pregio sono anche gli altri affreschi presenti

a chiesa dedicata a San Michele si trova all’interno del cimitero di Oleggio. È di antiche origini, viene già citata nel 973. Nel 1133 Oleggio assume la dignità pievana, e nel 1347 è ricordata nelle Consignationes come chiesa parrocchiale del borgo. Durante il XVI secolo viene abbandonata per la nuova chiesa di San Pietro, situata nell’antico “castro”. È a tre navate, terminanti con tre absidi semicircolari, delle quali la centrale è di dimensioni maggiori ed orientata, il presbiterio è sopraelevato di nove gradini e la cripta sottostante si presenta a tre navate scandite in dodici campatelle: è coperta da volte a crociera. La facciata rivolta ad ovest, a salienti, è scandita da lesene che si raccordano tra loro con archetti pensili. Di grande inte-

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scovi nella cripta risalgono al XIV secolo. Il San Michele Arcangelo, sul primo pilastro a destra, è opera del pittore di origine polacca (ma oleggese d’adozione) Joannes Maria de Rumo, e risale alla prima metà del XVI secolo.

nella chiesa: nella navata maggiore la Resurrezione di Cristo, databile tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI attribuibile al pittore novarese Franceschino Cagnola, i santi con arma nobiliare e Sant’Antonio Abate, del XIV secolo, mentre i santi Ve-

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ORTA SAN GIULIO

Basilica di San Giulio

ottagonale; il portale ad arco è preceduto da un pronao a due colonne, sormontato da una grande finestra. Dietro l’abside di sinistra si eleva il campanile a bifore e trifore, pregevole per i suoi materiali e per lo stile molto vicino al romanico lombardo. Splendido e ben conservato è l’ambone in serpentino d’Oira, uno dei più alti esempi di scultura romanica. Di forma quadrangolare, è sostenuto su quattro colonne tra loro diverse (le due posteriori sono ornate). I parapetti del pulpito sono decorati da una fitta rete di sculture riproducenti immagini tipi-

i antichissima origine, con resti archeologici paleocristiani, pare che la prima chiesa sia stata voluta qui da San Giulio nel IV secolo. Alcuni scavi effettuati nel 1983 sembrano aver tolto credibilità all’ipotesi secondo cui tale chiesa si sarebbe trovata all’interno del castello (e quindi presso la sommità dell’isola) e sembrerebbero piuttosto collocarla nella zona occupata dall’attuale Basilica. Quest’ultima è un edificio di chiaro impianto romanico, con pianta a croce latina, a tre navate absidate. Il presbiterio è coperto da una cupola poggiante su tamburo

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Gaudenzio Ferrari: dei pittori della famiglia Cagnola e di Giovanni Battista Cantalupi di Miasino. A partire dai primi anni settanta una comunità di monache benedettine è giunta a raccogliere l’eredità spirituale dell’Isola di San Giulio. La comunità occupa ora, oltre all’antica “domus episcopalis” l’ex seminario diocesano (l’Abbazia “Mater Ecclesiae”) presso cui è stato allestito un importante centro per il restauro dei tessuti antichi ed un laboratorio per la confezione delle ostie e del locale “pane di San Giulio”.

che della simbologia cristiana (sono presenti un centauro, un drago, un’altra fiera ed un cerbiatto), i simboli degli evangelisti e una probabile raffigurazione dell’abate benedettino Guglielmo di Volpino (nato nel 962 e precursore della riforma monastica). Interessanti sono pure gli affreschi, risalenti ad epoche diverse, che decorano con colori vivaci l’interno della Basilica. Si tratta di raffigurazioni di Santi, in parte opera di un’ingenua arte popolare ed in parte produzioni della “Scuola Gaudenziana”, formata da allievi del

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PELLA

Chiesa di San Filiberto

bassa, mentre nella parte alta si aprono bifore con capitelli a stampella ed archivolto in mattoni. Gli ultimi due piani presentano archetti pensili a gruppi di quattro, composti da conci di pietra. La chiesa, ampiamente restaurata e rimaneggiata alla fine del XVI secolo, si presenta ad aula unica absidata con facciata a capanna. Nel corso del XVIII secolo viene eliminata l’abside originaria e sostituita con una costruzione che amplia l’edificio, dando un’impronta architettonica, del tutto nuova rispetto all’originale romanica. Di quella stessa epoca sono le cappelle della Via Crucis, che circondano la Chiesa.

’antica chiesa di San Filiberto sorge sulla riva occidentale del lago d’Orta, fra Alzo e Pella. Venne donata dal vescovo Gualberto ai Canonici dell’Isola nel 1039, ed è pertanto considerata fra le più antiche chiese appartenenti alla Pieve di San Giulio. Dell’impianto romanico è rimasto intatto soltanto il campanile (datato tra il 1075 ed il 1100), a pianta quadrata, edificato davanti alla facciata della chiesa. Il materiale è di recupero: ciottoli alluvionali, disposti in modo irregolare con qualche frammento di laterizio e soltanto negli spigoli si notano pietre squadrate. Le aperture sono strette: appaiono sottili feritoie nella parte

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POMBIA

Chiesa di San Vincenzo in Castro

na; sul primo pilastro a sinistra e, risalente al quattrocento, è la Madonna del Latte con Bambino. La facciata è a capanna, decorata da archetti pensili, è in parte nascosta da un nartece che si alza su due piani, a pianta quadrata e che poggia, nell’angolo anteriore destro, su di un cippo di epoca romana. Al piano inferiore del nartece, nella parete destra, è un piccolo sacello ricavato in una nicchia sormontata da una lunetta con lacerti di affreschi, coperta da volta a crociera cupoliforme. All’interno del loculo, una volta chiuso da una pietra, si leggono tre tipiche croci longobarde delicatamente dipinte di bianco su sfondo rosso. Di grande interesse il vano superiore del nartece che presenta una cappella con absidiola aggettante sul lato sud, ove,

a chiesa parrocchiale dedicata a San Vincenzo sorge in località Castello, poco distante dal “Castel Domino”. Si apprende, da documentazioni, che il vescovo Bascapè attribuisse fino al 1347 la sede pievana a Varallo Pombia, mentre nelle Consignationes (1347) si attesta che Pombia assume la dignità pievana proprio in quello stesso anno. La chiesa conserva sia all’interno che all’esterno la tipica struttura romanica, anche se l’interno è stato ricoperto da forme barocche. Si presenta a tre navate, con la sola abside centrale, le due laterali sono state demolite nel settecento. Frammenti di affreschi di un grande Giudizio Universale sono visibili in controfacciata d’ingresso, presso l’organo, riferibili ad età roma-

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Tutto questo, secondo gli studiosi, fa pensare a una cappella espiatoria, ove venivano svolte funzioni in onore del defunto. Ma quale defunto? Si pensa potrebbe trattarsi di Litulfo, figlio di Ottone il Grande, le fonti lo dicono morto proprio a Pombia nel 957.

nella parte inferiore è affrescato un velario con motivi da riferirsi all’oltre tomba: il gallo simbolo della vigilanza, il pavone dell’immortalità dell’anima e il cane tricefalo, demone infernale, che si muovono fra palmette e ciuffi d’erba simbolo della speranza nella vita eterna.

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POMBIA

Oratorio di San Martino

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boccali di diversa capacità (un’unità di misura utilizzata in quel periodo) e alcune lettere. La navata centrale è coperta da travatura in ferro (soppalco) costruita intorno al XIX secolo. Il pavimento è in terra, nella zona absidale trova posto un vecchio torchio, il che conferma la destinazione d’uso dell’antico locale: magazzino e cantina. La facciata è a salienti: sono visibili due coppie di archetti pensili piuttosto grossi e tracce di due monofore oggi allargate e murate. L’abside semicircolare ha gruppi di archetti pensili a due a due, divisi da larghe lesene, si aprono due monofore a doppio strombo con archivolto in piccoli conci disposti a

’oratorio di San Martino è un edificio sconsacrato e privato, si trova ai margini del paese lungo la strada che conduce alla chiesa di San Vincenzo in Castro. Viene menzionato per la prima volta nel 1048 come dipendenza dell’Abbazia dei S.S. Graziano e Felino di Arona, anche se un esame strutturale lo assegnerebbe al X-XI secolo. È un edificio di piccole dimensioni, suddiviso in tre navate, le minori sono strette e basse, termina con la sola abside centrale. Le navate sono divise da pilastri per lo più in muratura, la seconda colonna sinistra è un monolito ricavato da una costruzione di epoca romana sulla quale sono visibili tre

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raggiera. Va menzionato il ritrovamento, intorno all’abside, di tombe in mattoni forse di epoca romana e di due sarcofaghi in pietra oltre alla già citata stele funeraria. L’at-

tenzione e la disponibilità che mostra l’attuale proprietario nella cura e nel desiderio di migliorare e conservare l’antico patrimonio sono encomiabili.

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ROMAGNANO SESIA

Abbazia di San Silvano - Cantina dei Santi

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naria Abbazia Benedettina di San Silvano, centro monastico di rilievo di tutto il novarese. Il complesso è formato da un corpo di fabbrica posto al piano seminterrato. È costituito da un ampio atrio a doppio portico con soffitto di tavole sostenute da travi e, da un altro portico, con volte a vela, di epoca settecentesca. Si accede, dal portico, a due ampi locali uno dei quali ha pareti e volta riccamente decorate da interessanti affreschi riconducibili alla seconda metà del XV secolo. Anche la destinazione d’uso originale ci è sconosciuta: forse refettorio, cap-

’antico complesso conosciuto come “Cantina dei Santi” si trova nel centro del paese poco distante dalla parrocchiale di San Silvano, in via Abbadia. È stato nominato per la prima volta nel 1777 come “Cantina dei Santi” in un documento dei “Beni dell’Abbazia di San Silvano di Romagnano” si sa tuttavia che le sue origini sono ben più lontane. Ma quanto? Questo è per ora difficile da stabilire, scarse documentazioni storiche e archivistiche non sono d’aiuto in questa ricerca. Con certezza sappiamo che è l’unica e autentica testimonianza della mille-

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tanza perché rappresentano un ciclo di iconografia inconsueto per la nostra zona. In origine, si succedevano ben ventotto riquadri affrescati, ora ne rimangono leggibili poco meno e rappresentano scene della Bibbia, in particolare episodi della vita di Re Davide, tratti dal I e II libro di Samuele. L’autore degli affreschi è ancora incerto. Secondo la critica sono attribuibili a Bartulonus da Novara, pittore che ha operato in zona nella seconda metà del quattrocento.

pella, aula capitolare o, cella sepolcrale o abitazione dell’Abate. Di certo si sa che nel corso dei secoli l’utilizzo improprio dell’edificio lo ha portato ad un vero degrado tanto da essere utilizzato come deposito agricolo. Solo in questi ultimi anni grazie all’impegno economico dell’Amministrazione Comunale, della Pro-loco e dei romagnanesi l’”edificio storico” ha riacquistato grande dignità. Come si diceva, gli affreschi che decorano la “Cantina dei Santi” sono di grande impor-

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SAN NAZZARO SESIA

Abbazia dei Santi Nazzaro e Celso

scorre tra un’alternanza di lotte, saccheggi e momenti di tregua fino al 1492, anno in cui viene designato abate, con bolla pontificia, Antonio Barbavara, esemplare abate e “signore feudale”. La sua reggenza durerà a lungo: fino al 1567. Durante questo periodo vengono compiute, nel complesso abbaziale, grandi migliorie sia dal punto di vista patrimoniale che di organizzazione agricolo-comunitaria, introducendo nuove colture e bonificando i terreni circostanti. I secoli trascorrono tra momenti di splendore e decadenza fino a

’abbazia benedettina dedicata ai Santi Nazzaro e Celso è sicuramente il complesso abbaziale fra i più significativi del nord Italia. Fu fondata nel 1040 dal vescovo di Novara Riprando unitamente ai suoi fratelli Conti di Biandrate, che l’affidò ai monaci benedettini, riservando per sé e la sua famiglia il diritto di decima. Situata in una posizione strategica, nei pressi di un guado del fiume Sesia, viene fortificata a partire dal XIII secolo per difendersi dalle sanguinose lotte fra Novara, Vercelli, Milano. La vita all’interno dell’abbazia

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datato 1480, riconducibile, secondo la critica, a Giovanni Antonio Merli. L’altro affresco raffigura la Madonna in trono con Bambino, ai lati angeli musicanti, inseriti in un’ insolita struttura architettonica fra San Sebastiano a destra e Sant’Agata a sinistra. Il chiostro, quattrocentesco, di forma quadrangolare ha grandi arcate con volte a crociera, ricchi fregi in cotto lo decorano perimetralmente. Recentemente restaurati e di grande interesse il ciclo di affreschi quattrocenteschi, sulle pareti del chiostro, che “raccontano” episodi della vita di San Benedetto.

che la Repubblica Cisalpina, nel 1801, confisca i beni abbaziali. Questi vengono in seguito venduti a privati che, noncuranti del prezioso patrimonio, adibiscono i locali a depositi agricoli così portandoli a uno spaventoso degrado. Solo verso la metà del XX secolo, grazie alle importanti opere di restauro, l’abbazia riprende il suo originale splendore. Dell’antica costruzione romanica rimangono l’atrio disposto su due piani con nartece incorporato e la torre campanaria. Quest’ultima è una massiccia costruzione a pianta quadrata, la muratura è in ciottoli di fiume disposti a spina di pesce, intercalati da mattoni collocati orizzontalmente, le sei specchiature sono scandite da una serie di archetti pensili. La chiesa costruita nel XV secolo è un esempio di architettura gotico-lombarda. La facciata a capanna con portale ogivale e rosone centrale sono riccamente decorati da cornici fittili. L’interno si presenta a tre navate con volte a crociera costolonate. Sulle pareti laterali, a destra, si possono ammirare due affreschi quattrocenteschi. Uno commissionato dall’Abate Antonio Barbavara, raffigura San Nazzaro a cavallo fra Santa Caterina e San Rocco a destra e, San Celso e un martire a sinistra,

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22 SAN PIETRO MOSEZZO Chiesa dei Santi Vito e Modesto

pareti laterali e l’abside centrale abbondantemente decorate da affreschi. Di questi, ne rimangono solo alcuni poco leggibili, sicuramente altri sono coperti da pitture successive soprattutto nella navata meridionale. Poi ancora nel seicento viene adattata la campata a nord per accogliere una cappella per il battistero, si demolisce l’abside maggiore romanica coperta da antichi affreschi (testimoniati) e si sistema la zona presbiteriale. L’interno, viene abbondantemente decorato nel corso del XIX secolo. Della costruzione romanica rimangono alcune tracce, visibili all’esterno nella parete sud, altre, nascoste sotto la falda del tetto, quali due monofore centinate a doppio strombo con feritoia centinata.

a parrocchiale dedicata a San Vito e Modesto, già sede pievana dall’XI secolo, si trova nella parte meridionale del paese, lungo la strada che conduce al cimitero. Viene ricordata nella donazione del vescovo Pietro alla Chiesa di S.Maria di Novara e di S.Gaudenzio, nel 1013, risulta dagli atti una sottoscrizione di tale “Angelberto de plebe Mosetio”. San Vito ha però origini anche più antiche, già nel 953 è implicitamente nominata come proprietaria di terre. La chiesa si presenta a tre navate con campanile inglobato nella navatella sud, allineato alla facciata, preceduta da un piccolo portico. Vari rimaneggiamenti si sono succeduti nel corso dei secoli, a partire dal quattrocento, quando le tre navate vengono coperte da volte, mentre le

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SIZZANO

Chiesa di San Vittore

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sbiterio e coro, nove sono le cappelle laterali ricche di affreschi, tele e altari marmorei per lo più secenteschi e settecenteschi. Il campanile di epoca medievale, sorge in calce alla chiesa, è decorato da archetti pensili, pesantemente intonacati, che scandiscono i piani, la cella campanaria risale al seicento. La chiesa di San Vittore custodisce da ormai duemila anni due importanti testimonianze epigrafiche collocate sui due lati di una lastra di marmo bianca. Una è un’iscrizione funebre della piccola Augusta, sepolta con rito cristiano nel 519. L’altra iscrizione, posta sul lato opposto, non fu

a parrocchiale dedicata a San Vittore sorge nel centro del paese, attorniata dalle case dell’antico castello medievale. Già chiesa pievana, è citata in documenti del 1000 e del 1013, viene poi confermata nella bolla di Innocenzo II, del 1132, come possesso del vescovo di Novara. La chiesa parrocchiale si presenta oggi come il risultato di vari interventi di restauro succedutisi nel tempo a partire dalla metà del seicento, periodo in cui iniziarono i lavori di riedificazione sull’area della preesistente chiesa medievale. È a tre navate divise da archi sostenute da pilastri di pietra, con ampio pre-

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scoperta di resti di un edificio, probabilmente del II secolo, forse a uso termale. All’interno di tale struttura, nel periodo paleocristiano, è stata impiantata una costruzione a tre navate con colonne fittili che poggiano su di un parallelepipedo di serizzo. È ancora visibile l’originale pavimentazione. Compaiono anche i resti dell’impianto romanico. Da segnalare l’interessante recupero della mensa dell’altare romanico con decori floreali. Vista l’importante scoperta archeologica della pieve di San Vittore, sono previsti, per un prossimo futuro, nuovi scavi esplorativi che porterebbero così ad una definitiva conoscenza dell’intera costruzione.

più visibile dall’epoca del Bascapè perché murata in una parete della chiesa. Si tratta di un’iscrizione di età romana, che ricorda la donazione di un terreno fatta da Caio Attilio ai “paganis Agaminis” affinché si realizzasse un’opera pubblica (ora l’epigrafe è stata rimossa perché sottoposta a restauro). Bisogna sapere che nell’anno 2001 ha avuto inizio una campagna di scavi all’interno della chiesa di San Vittore che ha portato alla luce importanti ritrovamenti che hanno permesso agli studiosi di conoscere le origini dell’antica pieve. Gli edifici preesistenti si trovavano ad un livello del suolo inferiore di oltre un metro rispetto all’attuale. Ne risulta pertanto la

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SUNO

Antica Pieve di San Genesio

quattro sono le finestre; che in seguito agli ordini vescovili dovranno essere chiuse, ad eccezione di una che sarà di forma “orbiticularis”. Ci risulta ancora, che all’interno la navata centrale è divisa dalle laterali da grossi pilastri e, nel coro, proprio dietro l’altare maggiore, c’è la tomba che raccoglie le reliquie di San Genesio. Dalla descrizione del vescovo Speciano il campanile appare “de novo aedificatum”. Un portico, ricoperto da coppi e sorretto da colonne in serizzo è antistante la facciata, attiguo il battistero di San Giovanni, descritto come ampio e rotondo, raggiungibile attraverso tre gradini in discesa e coperto da un ciborio piramidato (demolito purtroppo

ituata fuori dell’abitato, nei pressi della provinciale che conduce a Vaprio d’Agogna, l’antica parrocchiale e pieve di San Genesio (conosciuta dai sunesi anche come chiesa del diavolo) si presenta al visitatore in disastrate condizioni strutturali. La chiesa, già menzionata come capo pieve nell’XI secolo, viene di nuovo ricordata nel 1132 in una bolla di Innocenzo II e poi ancora nelle “Consignationes” del 1347. Il Bascapè durante la visita pastorale del 1595 la descrive “..di struttura antica, a tre navi con pavimento adatto, ma solo nella nave centrale, mentre nelle altre è rustico…” La facciata è corredata di tre porte, in corrispondenza di ogni navata,

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La critica, considerando ciò che resta dell’apparato murario, data l’edificio alla prima metà dell’XI secolo. Al suo interno si trova l’antica tomba sepolcrale della famiglia Della Porta, appena sopra un antico affresco, purtroppo in precarie condizioni di conservazione, raffigurante una delicata Madonna in trono con Bambino, San Genesio, l’Arcangelo Michele che trafigge una serpe ed un Santo (poco riconoscibile) che scaccia il diavolo. Un altro affresco, settecentesco, copre la volta della navata maggiore.

nel 1840). Nel 1843 venne demolita la facciata ed il coro e venne cambiato l’orientamento. Oggi l’antica pieve si presenta a navata unica, ampia, con un presbiterio profondo, in cui si apre una piccola sacrestia. All’esterno, sul fianco sud, è ancor oggi visibile un tratto di muratura decorato con archetti pensili a gruppi di due, scandito da lesene. La muratura dell’edificio è piuttosto irregolare ed è composta da ciottoli e frammenti di mattoni disposti in corsi orizzontali, con piccoli tratti a spina di pesce.

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VARALLO POMBIA

Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio

mezzogiorno, il campanile ed alcuni tratti murari all’interno. Gli storici suppongono che l’edificio sia sorto sui resti di un tempietto pagano dedicato a Nettuno: ne testimoniano la lapide conservata nel quadriportico della Canonica di Novara e quella murata nella facciata sud della chiesa. La facciata a capanna è suddivisa in tre parti da grandi lesene. Il portale maggiore, con archivolto in conci di pietra disposti a raggiera, forma una lunetta, risale al seicento l’aggiunta di un protiro. Sul frontone si aprono una finestrella a croce ed un oculo tamponato. Alquanto inconsueta è la de-

a Chiesa si trova nel centro storico del paese, è di antiche origini e viene già ricordata nel 1132 come sede pievana. Gli storici hanno studiato a lungo il problema di dignità pievana, dibattuto e conteso tra Varallo Pombia e Pombia, giungendo a sostenere la tesi, grazie alla documentazione in loro possesso, che Varallo Pombia fosse, almeno fino al XII secolo, sede di Pieve. La costruzione originaria potrebbe risalire alla fine dell’XI secolo. Venne però ampliata e rimaneggiata decisamente nel periodo barocco: del primitivo edificio ci restano solo la facciata, il muro a

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centesco, raffigurante San Sebastiano, di probabile area novarese. Pregevole è la tela posta sul transetto destro raffigurante la “Madonna con Bambino fra Sant’Anna e San Giuseppe che appare a San Vincenzo”, e assegnato, da Marina Dell’Omo, a Carlo Francesco Nuvolone (1631 – 1632), pittore milanese molto attivo nel novarese ed allievo dell’accademia diretta dal Cerano.

corazione con archetti pensili, posta sotto lo spiovente della facciata, che poggiano su grosse mensole decorate con motivi arcaici. Il campanile (più antico della chiesa), a pianta quadrata, è a tre piani, con cornici ed archetti pensili, ha un’apertura a monofora ed all’ultimo piano una bifora murata. All’interno della chiesa, sulla parete sinistra, troviamo un affresco cinque-

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VESPOLATE

Antica Pieve di San Giovanni Battista

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terribile guerra tra Galeazzo Visconti e il Marchese del Monferrato Giovanni II che porta morti e distruzioni. È così che anche la pieve di San Giovanni, allora a tre navate, rimase gravemente danneggiata. Ora si presenta ad aula unica con abside semicircolare. Il campanile è collocato sul lato meridionale mentre, addossato alla parete nord, si trova un locale con funzione di sacrestia. Importanti restauri e rimaneggiamenti hanno avuto luogo nel corso del XVIII secolo tanto da alterare profondamente l’antica struttura romanica. L’ interno fu ampiamente affrescato nel corso del XV secolo: di particolare pregio è l’ancona fittile po-

’antica pieve dedicata a San Giovanni Battista sorge fuori dall’abitato, lungo la strada che conduce a Tornaco. Già citata nel 1024-1028 quando venne ceduta dal vescovo Pietro III al Monastero di San Lorenzo in Novara, fu nuovamente menzionata nel 1132 quando rientrò in possesso della Chiesa novarese. Forse edificata sulle rovine di un tempio pagano, nel corso del quattordicesimo secolo una serie di sventure colpiscono l’edificio religioso, tutto il paese e le zone limitrofe. Nel 1339 un’ eccezionale nevicata d’aprile distrugge le viti e il frumento, poi la peste con le conseguenti carestie e poi ancora, nell’anno 1361, la

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ci, uno dei quali appartiene ai Cavallazzi. Nella parete di sinistra, campeggia un altro affresco quattrocentesco: la Madonna, coperta da un ampio manto, seduta in trono con Bambino, tra San Domenico, San Pietro Apostolo, San Francesco e San Paolo Apostolo. Vicino l’ingresso della sagrestia un solitario e gigantesco Sant’Andrea. Nei pressi dell’ossario è visibile una Madonna del latte seduta in trono.

sta sopra l’altare maggiore che raffigura una delicata Madonna in trono con Bambino benedicente, un offerente (forse un Cavallazzi feudatario locale), San Giovanni Battista con cartiglio, San Gaudenzio, San Giovanni Evangelista e San Francesco d’Assisi, attribuibili (P. Venturoli) al Maestro di Borgomanero. Sopra l’ancona è rappresentata un’Annunciazione ai cui lati appaiono alcuni stemmi araldi-

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