Alla Scoperta di Cascine Storiche nel Novarese

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ITINERARI D’ARTE NEL NOVARESE

Alla scoperta di cascine storiche, mulini, ghiacciaie della Bassa Novarese


Si ringraziano per la preziosa collaborazione le Famiglie Cremona, le Famiglie Ferrari, le Famiglie Michelon, le Famiglie Chirio, la Famiglia Cattaneo, le Famiglie Schenone, la Famiglia Donati, la Famiglia Sempio, la Famiglia Ferraris, la Famiglia Meli, l’Associazione Irrigazione Est Sesia di Novara, le Famiglie Gallina, la Famiglia Caresana, la Famiglia Francese, il Comune di San Nazzaro Sesia, le Famiglie Battioli e Chiò, la Famiglia Torre e la Signora Liliana Quaregna, Paolo Cirri, Claudia Baratti, Mauro Caneparo, Antonio Rinaldi, i Sindaci e le Amministrazioni comunali. © 2008: Agenzia di Accoglienza Turistica della Provincia di Novara e Provincia di Novara

Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione dell’opera o di parti di essa.


L’apertura delle cascine storiche, delle ghiacciaie e dei mulini della Bassa Novarese arricchisce gli itinerari d’arte della nostra Provincia. La riscoperta di luoghi abitati da molti secoli, carichi di storia e di ricordi, ci aiuta nella ricostruzione della nostra memoria. Il patrimonio che viene proposto con questa pubblicazione diventa fruibile per tutti gli appassionati di storia locale. Rivisitare questi microcosmi è una riscoperta di ambiti di vita quotidiana vissuta all’interno delle cascine che erano l’unico mondo disponibile per tanti braccianti, mondine e lavoratori che si sono dedicati all’agricoltura. Alcune di queste cascine hanno saputo trasformarsi in aziende agricole al passo con i tempi, con moderne e sofisticate attrezzature, ma orgogliose di mostrare il loro patrimonio storico e le loro origini. Con questo progetto si tenta di sensibilizzare l’opinione pubblica ed i proprietari dei beni legati all’agricoltura per salvaguardare un pezzo importante della nostra storia e delle nostre tradizioni in cui le architetture rurali sono la testimonianza delle radici più profonde di queste terre di riso.

Maria Rosa Fagnoni

Presidente dell’Agenzia Turistica Locale della Provincia di Novara

Silvana Ferrara

Assessore al Turismo e all’Agricoltura della Provincia di Novara


LE CASCINE. TIPOLOGIA, MATERIALI E COLTURE DI UN TEMPO Gli edifici rurali del Novarese possono essere classificati – a grandi linee – in tre tipologie: cascina a corte chiusa, cascina con corte cintata e cascina a corpo unico. La cascina a corte chiusa, cioè interamente circondata da edifici, è tipica della campagna padana occidentale. Questo impianto caratterizza i complessi di dimensioni grandi e medio-grandi, volti ad una organizzazione agraria razionale ed imprenditoriale. La composizione degli edifici vede la presenza di corpi abitativi per il fittavolo o il conduttore della cascina, per i braccianti e per i lavoratori stagionali. Le stalle occupano ampio spazio (il ruolo dell’allevamento era e resta importante nelle imprese agricole maggiori). I fienili sono ricavati sopra le stalle, coperti spesso da lunghe e ampie tettoie spioventi, separate da cortine antiincendio dalle abitazioni loro affiancate. Porticati per rimessa, magazzino e granaio contribuiscono a chiudere la corte. Non mancano nella corte o all’esterno porcilaie e pollai, orti, pozzi per l’acqua. Talvolta vi si trova un mulino e una cappella per le celebrazioni religiose. La cascina con corte cintata, è caratterizzata da edifici che occupano solo due o tre lati, mentre gli altri sono chiusi da muro, siepe o altra recinzione. Si tratta di strutture in prevalenza di dimensioni mediopiccole, situate a presidio di proprietà minori o in aree meno agevoli, per morfologia o qualità dei terreni. La composizione dei fabbricati e le loro caratteristiche non variano rispetto a quelli della cascina a corte chiusa, cambiano il numero, i volumi e le superfici; in particolare, le stalle e i magazzini occupano spazi di gran lunga inferiori: gli animali erano allevati come “mezzi da lavoro” e per il consumo familiare. La cascina a corpo unico è l’unità rurale minore e si trova situata soprattutto in prossimità dei centri abitati o di gruppi di cascine oppure isolata, in zone particolarmente disagiate. Si compone dell’abitazione del piccolo proprietario o del “pigionante” (colui che pagava l’affitto per godere dei locali con la sua famiglia), affiancata da una piccola stalla con fienile e da uno spiazzo. Il ruolo economico era estremamente modesto, ma permetteva il sostentamento a nuclei familiari poco numerosi. Tutte le cascine indistintamente, qualunque sia la tipologia, risultano realizzate con gli stessi materiali: mattoni pieni o ciottoli di


fiume, specie vicino ai corsi d’acqua e salendo verso l’alta pianura e la collina; legno per travature, infissi, portoni, ballatoi (spesso recentemente rifatti in cemento); pietra - per lo più granito - per strutture di sostegno, pavimentazioni, balconi e ballatoi; ferro per ringhiere, inferriate e cancelli; cotto per le pavimentazioni interne (quando non sono in terra battuta). Gli intonaci - presenti quasi sempre (sono pochi gli edifici con mattoni a vista e per lo più si tratta di stalle) - sono di colore prevalentemente grigio, giallino o bianco, ma capita di rinvenire anche il rossiccio e il rosa salmone. Le coperture – in tempi antichi in paglia o in legno – sono per la gran parte in coppi; laddove sono stati effettuati recenti rifacimenti si trovano materiali più recenti (specie per stalle, porticati e magazzini). È difficile rinvenire decorazioni. Con l’eccezione di qualche costruzione e di oratori, i fabbricati si presentano alquanto dimessi. Solo qualche raro affresco, a soggetto prevalentemente religioso, spesso consunto dal tempo, orna la facciata o il fianco di qualche cascina. A fronte della nessuna concessione al lusso - nemmeno per i fittavoli più abbienti - e dell’umiltà del lavoro che vi si svolgeva, sta la ricchezza e la vita prodotte a favore di generazioni di persone, sia di campagna che di città. Oggi, dove i terreni non sono sottratti all’uso agricolo dall’estendersi dell’urbanizzazione, le coltivazioni prevalenti sono il riso, il granoturco, il frumento, la soia, le piante da fusto. Fino all’estensione generalizzata della rete irrigua (seconda metà dell’Ottocento) la maggior parte dei terreni era destinata ai cereali asciutti, soprattutto segale, frumento e granoturco. Le risaie si trovavano in posizione più arretrata rispetto all’attuale ed erano confinate nelle aree più umide, dove vi era anche la presenza di marcite. I terreni a prato e pascolo occupavano superfici piuttosto estese, come pure rilevanti erano gli spazi lasciati a bosco. Il legname era molto importante nell’economia del passato, sia come materiale edilizio che da riscaldamento. Una parte significativa delle terre, specie presso gli scoscendimenti e nelle vicinanze delle cascine, era coltivato a vite, anche in pianura, dove però si trattava di magri vigneti, la cui produzione - scarsa per resa e qualità - era sufficiente per l’autoconsumo e, parzialmente, per le esigenze delle plebi urbane. Il resto dei terreni era occupato da gelsi (la bachicoltura costituiva un’importante integrazione del reddito contadino), alberi da frutta, orti e incolto. Paolo Cirri


SOMMARIO 1 Borgolavezzaro - Cascina Caccia

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2 Cameri - Cascina Argine

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3 Casalino - Tenuta Graziosa

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4 Casalbeltrame - Tenuta Fisrengo

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5 Casaleggio - Mulino

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6 Galliate - Villa Fortuna

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7 Garbagna Novarese - Cascina Buzzoleto Vecchio

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8 Gionzana (Novara) - Cascina Canta

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9 San Nazzaro Sesia - Ghiacciaia “comunale�

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10 San Pietro Mosezzo - Cascina Motta

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11 Vicolungo - Tenuta Torre di Gargarengo

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BORGOLAVEZZARO Cascina Caccia

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uori dall’abitato di Borgolavezzaro, lungo la strada che conduce a Nicorvo, incontriamo nella sua maestosità la Cascina Caccia. Di antica origine, appartenne nel Seicento ai Conti Caccia, proprietari terrieri e fondatori di Borgolavezzaro già nel Cinquecento. La cascina viene citata nel Catasto Teresiano del 1724. È la tipica cascina a corte quadra, con ampio cortile circondato da edifici, in cui troviamo ancora visibili segni decorativi tipici dell’epoca barocca oltre ad una preziosa meridiana all’interno della corte; sono settecentesche le volte sor-

rette da colonne in granito nella stalla. Un’imponente colombaia quadrangolare sembra quasi dominare la campagna circostante; alla cascina è collegato un mulino dotato di pista da riso. Anche qui come in molte altre cascine della piana risicola hanno prestato la loro preziosa e faticosa opera le mondine; ne è testimonianza un antico dormitorio che ha ospitato migliaia e migliaia di giovani donne stanche del duro lavoro in risaia. Il complesso è tuttora abitato e vi si svolge ancora l’attività agricola legata alla coltivazione del riso.

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CAMERI Cascina Argine

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er raggiungere la Cascina Argine, che sorge fuori dall’abitato di Cameri, si imbocca la stradina in prossimità della rotonda con le tre onde verdi lungo la Statale che conduce a Bellinzago Novarese. Il nucleo è di antiche origini ed è composto da edifici rustici, civili e da un oratorio dedicato alla Madonna della Neve. Documenti datati 1347 fanno risalire il complesso come possedimento dei Canonici Regolari di Sant’Agostino. Nel 1782 venne soppressa la canonica per passare, tre anni dopo, sotto la giurisdizione del Demanio. Nel 1810 sappiamo che il convento venne usato come caserma e l’oratorio come scuderia. Successivamente l’intera proprietà venne frazionata e venduta a privati. La cascina, di vaste dimensioni, si

presenta oggi in forme architettoniche disomogenee in quanto alcune parti sono state oggetto di ristrutturazione a partire dagli anni Sessanta del Novecento fino ai giorni nostri, mentre altre parti sono in avanzato stato di degrado e disabitate. Di particolare importanza è l’edificio centrale dislocato su tre piani, a pianta rettangolare: al piano terra sorge l’antico oratorio a cui si accede attraverso l’androne che divide i due cortili principali della cascina. Interessanti i rustici sul lato est, le cui stalle hanno copertura a volte e fienili sovrastanti, il tutto preceduto da tettoie sotto le quali trovano ricovero gli attrezzi agricoli. Il complesso rurale si trova in una posizione di grande fascino: da un lato le risaie, dall’altro i boschi ed il fiume Terdoppio che scorre adiacente.

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CASALINO Tenuta Graziosa

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a Cascina Graziosa sorge poco distante dalla strada regionale che da Novara conduce a Vercelli, nel territorio di Cameriano (Comune di Casalino). È un complesso importante e di antica data, le sue origini sono legate alla famiglia Graziosi, già presente nel territorio a partire dal Trecento. Pur non conoscendo l’epoca di edificazione, sappiamo da documenti che nel 1604 un tale Francesco Graziosi ne era il proprietario; altre fonti citano che già nel 1495 un appartenente alla famiglia Graziosi aveva affittato in Casalino dei terreni agricoli. Si presume quindi che l’origine possa risalire a quest’epoca. Sempre Francesco Graziosi, nel 1613, vendeva la tenuta agricola al Capitolo di Santa Maria di Novara. Nel corso dei secoli il complesso conservò il nome dei fondatori. La cascina si sviluppa attorno a più corti; di bella fattura è la casa padronale sormontata da un piccolo campanile a vela, a lato le case coloniche, le stalle ed i fienili. Un

tempo vi erano le scuole ed una cappella gentilizia non più esistente. Non dimentichiamo i locali che ospitavano le mondine, un silos, la casa del camparo e del lattaio. Alla Cascina Graziosa nel 1953 fu girato il film “La risaia” con Folco Lulli ed Elsa Martinelli come protagonisti, in cui appaiono come comparse diverse persone di Cameriano e dei paesi vicini. Si tratta di un melodramma tra le risaie, in cui una sceneggiatura non priva di finezze, una bella fotografia e il fascino di una fulgida Martinelli fanno rivivere uno spaccato di vita abbastanza consueto in quell’epoca: gli amori, il duro lavoro e la povertà. La pellicola è stata proiettata come il film “Riso Amaro” diverse volte in televisione. Oggi la Tenuta Graziosa è un’azienda agricola ancora attiva; si affianca alla coltivazione del riso e di cereali un importante allevamento di vacche della razza Jersey con annesso spaccio per la vendita dei prodotti locali.

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CASALBELTRAME Tenuta Fisrengo

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a Tenuta Fisrengo sorge in campagna ai margini della roggia Busca, poco distante dalla Cascina Sant’Apollinare (anticamente sede templare) e dal piccolo nucleo di Pisnengo. Considerata una frazione di Casalbeltrame, molto popolata fino alla metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, oggi conta una decina di abitanti. Al suo interno vi era la chiesa, un tempo vi era anche la scuola, il caseificio e il forno; la tenuta si configurava come una comunità autonoma sotto tutti gli aspetti. È un grande complesso di origini antiche, citato per la prima volta in documenti dell’Archivio Capitolare di Santa Maria di Novara che

risalgono all’Alto Medioevo (anno 959) dove appare il toponimo Florseringo, Floseringo (anno 962) e Floserengo (anno 1091). La pronuncia popolare divenga Fisrengh che si evolve nella forma odierna di Fisrengo. Il nucleo di Fisrengo fu governato nel corso dei secoli dai Signori Crotti, dal 1470, dai Caccia all’inizio del XVII secolo, dai Cicogna a partire dal 1674, mentre dai Brusati dal 1703. Ora è proprietà privata. Di grande interesse è il dormitorio delle mondine che custodisce le testimonianze dei graffiti incisi sulle pareti dalle giovani donne provenienti da tutta Italia che hanno duramente lavorato nelle risaie della tenuta.

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CASALEGGIO Mulino di Casaleggio

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’antico mulino di Casaleggio, dell’Associazione Irrigazione Est Sesia di Novara, si trova a sudovest del paese lungo le sponde della roggia Molinara di Casaleggio che deriva le sue acque dalla roggia Busca. Si pensa che l’edificio sia di origine molto antica e abbia accompagnato la storia delle acque della roggia Busca, la cui prima memoria scritta risale al XIII secolo. I riferimenti alla roggia Busca si trovano negli Statuti di Biandrate (1242) e in due Atti contenuti negli archivi dello stesso comune (1259). Originariamente il corso d’acqua era chiamato “rugia Nova Novarensis”, essendo stato costruito tra la fine del sec. XII e il sec. XIII per opera del Comune di Novara, a vantaggio dei terreni e dei molini della parte occidentale del territorio comunale. Nel XV secolo la roggia diventa

proprietà dei Duchi di Milano, che a loro volta la cedettero a Luca Crotti. Tra il 1578 ed il 1616 appartenne a diversi proprietari, fino a pervenire al conte Ludovico Busca, che le diede il nome che conserva tuttora. Il mulino è attualmente inattivo e possiede una caratteristica architettura in buono stato di manutenzione che ospita all’interno le tipiche macine da cereali azionate dagli originali marchingegni in ferro e legno. Il manufatto si trova lungo la strada comunale Casaleggio-Vicolungo e si identifica facilmente grazie alla presenza di due originarie ruote in ferro che ne movimentano il prospetto altrimenti austero. Le volumetrie dell’edificio ne fanno una struttura imponente che ospita le stanze di macinazione, la residenza dei mugnai e grandi casseri.

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Molto interessanti sono anche le ampie aree di pertinenza: alcune coperte da una grande tettoia a spiovente, altre adibite a prato, frutteto e giardino. Attualmente il mulino di Casaleg-

gio costituisce un bene culturale caro agli abitanti e viene gestito da un gruppo di pensionati che ne custodiscono con passione i preziosi marchingegni. Arch. Claudia Baratti

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GALLIATE Villa Fortuna

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’antico complesso di probabili origini cinquecentesche sorge sulla prima balza del Ticino, nel Comune di Galliate, e si affaccia sulla vallata sottostante e sul Naviglio Langosco. La villa, già documentata in una mappa del 1707, è suddivisa in due parti: una di carattere agricolo, a sud, l’altra destinata a residenza signorile con corte interna e giardino. L’edificio patronale, a due piani, è unito a due edifici rustici a ovest ed a est; a nord l’antico giardino, un tempo con impianto all’italiana, è circondato da un alto muro di cinta. Eleganti balconcini in fer-

ro battuto ricordano l’impianto settecentesco della villa. All’interno del complesso sono presenti due oratori, uno dedicato a San Carlo edificato nel 1625 e poi restaurato nel 1762, l’altro dedicato alla Beata Vergine Addolorata, settecentesco, aperto al culto fino agli anni ’30 del Novecento. Documenti fanno risalire come proprietari dell’antica villa un ramo collaterale degli Sforza già nella prima metà del Seicento (ad esempio donna Costanza Sforza); vi fu un successivo passaggio di proprietà alla facoltosa famiglia galliatese Migliavac18


ca, poi, nel Settecento, risulta un bene comunale ed in seguito un bene del Consorzio del Naviglio Langosco. Ora è di proprietà dell’Associazione Irrigazione Est Sesia di Novara. Data l’importanza strategica del luogo, si ha

testimonianza che, nel giugno del 1859, la villa divenne quartier generale di Vittorio Emanuele II in attesa di passare il Ticino. Ancora oggi alcune firme sbiadite dei soldati si leggono sulle pareti sotto il portico interno.

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GARBAGNA NOVARESE Cascina Buzzoleto Vecchio

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a Cascina Buzzoleto Vecchio si raggiunge percorrendo la strada che collega Olengo a Terdobbiate (un chilometro prima incontriamo Buzzoleto Nuovo). Il complesso rurale è composto da diversi corpi di fabbrica di epoche differenti e le sue origini sono sicuramente antiche. A suffragare questa tesi troviamo, a Garbagna, all’interno dell’oratorio campestre di Santa Maria di Campagna, la preziosa Madonna in trono con Bambino e committente presentato da San Francesco. Un’iscrizione in latino inserita in una “pergamena” cita che “Bernardino, figlio del fu Zaneto dei Rognoni di Taleggio, abitante a Buzzoleto, fece fare quest’opera ad onore della Vergine Maria e di San Francesco. E Tommaso Cagnoli abitante a Novara la dipinse”. L’affresco è datato e risale al 27 aprile del 1481.

Intorno alla metà del XIX secolo Buzzoleto con Calzavacca (cascina adiacente), a quei tempi frazione di Garbagna, contavano ben 220 residenti, ora circa una decina. Il complesso venne diviso in due parti da un alto muro intorno agli anni Trenta del Novecento, interessando anche parte della facciata dell’oratorio della Presentazione di Maria Vergine al Tempio, che conserva al suo interno due stemmi delle famiglie Cacciapiatti e Tornielli, antichi proprietari. Stalle, ora non più utilizzate, casseri con funzioni di ricovero per macchinari agricoli, abitazioni civili in parte disabitate, un antico silos e altri moderni rendono questa azienda agricola circondata da risaie, un luogo di fascino ricco di storia che ha visto nel corso dei secoli numerose trasformazioni proprie di ciascun’epoca.

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GIONZANA (Novara) Cascina Canta

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a Cascina Canta sorge a Gionzana in località Case Sparse, poco distante dall’antico oratorio campestre dedicato alla Madonna del Latte. È sicuramente di antiche origini. Documenti attestano che questo insediamento esisteva già nel 1595 e pare che la famiglia fondatrice fosse quella del pittore cinquecentesco Angelo Canta. I caratteri edilizi rimandano ad un impianto tardo ottocentesco, mentre sono recenti alcuni lavori di restauro conservativo. Campeggia sulla facciata sud un’importante meridiana decorata con festoni floreali di fine Settecento. La Cascina Canta nel 1905 fu teatro di una rappresaglia o imboscata agli ultimi esponenti di una banda di briganti, conosciuti anche come “Mandian d’la Canta” che qui trovavano rifugio dopo le loro

scorribande e dove perirono tre di essi. La leggenda narra che qui forse trovò asilo anche il famoso “Biondino” che divenne celebre per la sua attività di brigantaggio, operata dalla fine dell’800 all’inizio del ‘900, in una vasta zona da Milano all’Alessandrino, attraverso il Novarese, la Lomellina, il Vercellese e il Biellese. Macchiatosi di alcuni crimini, mantenne per lunghi anni la latitanza, anche grazie alla protezione di cui godeva nei nascondigli di campagna. Si è diffusa la leggenda che fosse bene accetto alle classi contadine perché “rubava ai ricchi per dare ai poveri”. Un novello “Robin Hood” della risaia, con spiccati caratteri, come il buon portamento, l’eleganza nel vestire, la galanteria con le donne, la passione per il ballo, che fanno di lui, ad un secolo di distanza dalla morte, un brigante temuto, reo

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di azioni delittuose, ma circondato, tuttavia, da un alone leggendario di vago stampo romantico. Ancora oggi è attiva un’azienda agricola a conduzione familiare che affianca alla coltivazione la tra-

sformazione e la vendita dei prodotti della terra. Al suo interno è in funzione una riseria per la pilatura del riso; è una pileria tradizionale in legno che riprende le vecchie riserie dell’inizio Novecento.

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SAN NAZZARO SESIA Ghiacciaia “comunale”

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a costruzione della ghiacciaia comunale, situata nel centro di San Nazzaro Sesia, adiacente al Circolo, fu deliberata dal Consiglio Comunale di San Nazzaro Sesia in data 14 ottobre 1870 in quanto “... comprovato ormai fino all’evidenza l’utilità dell’uso del ghiaccio in diverse malattie, pressoché tutti i Comuni dove non esistevano fecero costruire una ghiacciaia pubblica per somministrare nell’estate il ghiaccio agli ammalati poveri...” (Tratto dal verbale della riunione del Consiglio Comunale di cui sopra). In precedenza veniva utilizzata l’antica ghiacciaia facente parte del complesso abbaziale, ma da diverso tempo non garantiva più la fornitura di ghiaccio nel periodo estivo; infatti già nel mese di agosto veniva a mancare in

quanto utilizzato dal fittabile per uso personale. Il periodo estivo era un momento critico per lo svilupparsi delle malattie legate alla “mal’aria”, malattia molto diffusa a quei tempi nelle nostre campagne. Per poter utilizzare il ghiaccio a scopo terapeutico era necessaria la prescrizione del medico condotto che, unitamente al sindaco, custodiva le chiavi d’accesso. Il costo del ghiaccio allora ammontava a 5 centesimi al chilogrammo. Il progetto del Geom. Luigi Caccianotti di Biandrate, prevedeva una struttura circolare di metri 6,50 di diametro interno, con una profondità di oltre due metri per contenere il ghiaccio, ed una volta semisferica di raggio uguale a quello della circonferenza interna, cioè metri 3,25. Non era previsto il

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tetto, ma solo uno strato di terra a coprire la volta della costruzione. Da documenti esistenti nell’archivio comunale veniamo a sapere che il costo preventivato per la realizzazione della ghiacciaia ammontava a L. 2.734,93 centesimi. Era d’uso a quei tempi indire le “aste al ribasso” per affidare l’incarico dei lavori e la conclusione dell’asta coincideva con l’estinzione della terza candela. L’edificazione, alla fine dell’asta, venne affidata al Sig. Sereno Porati di Biandrate per l’importo di L. 2.350. L’edificio fu realizzato nel 1871 e collaudato nello stesso anno. Nel 1892 si resero necessari alcu-

ni lavori di restauro tra i quali la copertura della ghiacciaia con un tetto in coppi, tuttora esistenti, dal costo preventivato di L. 1.288,60, che fu realizzata con il solito sistema di “aste al ribasso” per L. 845. Negli anni ‘70 del Novecento, la ghiacciaia fu trasformata in sala multiuso inserita nel complesso del Circolo ricreativo. Nota interessante e curiosa riguarda l’acustica all’interno della struttura, in quanto si può dialogare bisbigliando rivolti verso la parete, pur rimanendo dalla parte diametralmente opposta dell’interlocutore. Mauro Caneparo

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SAN PIETRO MOSEZZO Cascina Motta

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orge in campagna nel Comune di San Pietro Mosezzo, con accesso sia dalla Strada Provinciale per Biandrate, sia dalla Strada Statale 11 per Vercelli, subito dopo l’abitato di Cameriano. È una località di antiche origini; da fonti dell’Archivio di Stato di Novara (Fondo Caccia), veniamo a conoscenza di un istrumento datato 2 agosto 1380 con cui il Principe Galeazzo Visconti vende ad Antonio Pozzo i fondi di Vinzaglio ed altre terre compresa la Motta. Sappiamo anche da un’istanza risalente al 1545 del Magistrato Straordinario di Milano che “li fittabili dei beni della Motta non vengano molestati pel seminerio dei risi non ostante le grida in proposito pubblicate”; numerosi sono

stati nel corso dei secoli i proprietari della tenuta (ad esempio la Famiglia Piatti, la Famiglia Brusati, l’Ospedale Maggiore di Novara, la Parrocchia di Ponzana, la Famiglia Cavalli ed infine il Nobile Collegio Caccia) che l’hanno mantenuta viva ed operativa fino ai nostri giorni. È la tipica cascina a corte chiusa, con più cortili. Troviamo la casa padronale di impianto settecentesco, la casa delle mondine, la casa del lattaio, le stalle tardo ottocentesche, ora non più usate, i fienili, il granaio e ciò che resta di un’antica ruota di pietra e una pista di granito per la pilatura del riso. Ora la tenuta è gestita da agricoltori che applicano ai terreni innovative tecniche di agricoltura per la coltivazione del riso e dei cereali.

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VICOLUNGO Tenuta Torre di Gargarengo

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condurci alla Tenuta Torre di Gargarengo è una comoda strada fiancheggiata alla sua destra da un lungo filare di pioppi cipressini e alla sinistra dalla roggia Busca, con le sue acque che corrono veloci. Gargarengo è una località di antica data, situata nel Comune di Vicolungo, che viene già ricordata come vicus in una pergamena del 943. Da documenti conservati presso l’Archivio della Canonica di Santa Maria veniamo a sapere che Gargarengo era un’azienda agricola o manso nel XII secolo e qui si coltivava segale, miglio, panico, ma si allevavano anche animali da cortile, ad esempio i capponi. Attraverso i versamenti dei censi da parte dei fittuari ai canonici si

conoscono i tempi delle semine e dei raccolti e si conclude che era in atto “un sistema di rotazione triennale con semine autunnali e primaverili, mentre una parte della terra era lasciata ogni due anni incolta per il necessario riposo” (G.C. Andenna, Andar per castelli. Da Novara tutto intorno). In occasione della guerra tra il Marchese del Monferrato ed i Visconti nel 1362 sappiamo che la località fu risparmiata per ordine di Galeazzo II e, come cita l’Azario nelle sue “Cronache”, Gargarengo viene nominata per la prima volta come “castello”. Il feudo ed il castello verso la fine del Cinquecento passarono alla Famiglia Caccia; nel 1666 il feudo fu devoluto allo Stato spagnolo. Passò alla Famiglia Bellini nel Set-

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tecento; nella metà del Novecento passò ad una società facente capo alla Banca Popolare di Novara; dal 1997 diventa Tenuta Torre, proprietà privata. È una tenuta ben ristrutturata. Conserva ancora in parte i tratti dell’antico castello, al piano terreno dell’ala residenziale si apre un elegante portico a sei campa-

te, ad archi ribassati sostenuti da colonne in serizzo e coperto da volte a crociera. Vi è una chiesa settecentesca, un piccolo cimitero, una ghiacciaia con pareti e volta in mattoni, sepolta dalla terra con cancello in ferro battuto, la ruota del mulino con parte degli antichi ingranaggi e ciò che resta di una pila del riso in granito.

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PER INFORMAZIONI: Agenzia di Accoglienza e Promozione Turistica Locale della Provincia di Novara Tel. 0321 394059 - Fax 0321 631063 e-mail: info@turismonovara.it - www.turismonovara.it


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