ZERO11
21 DICEMBRE 2014 1 20 MARZO 2015
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PERIODICO DI CONTAMINAZIONE LOCALE
concept & impaginazione: Print Studio Grafico snc via Martiri di Belfiore, 19 . 46026 Quistello (MN)
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PHOTO © STEFANO BAGGIO
Provincia di Mantova
GLOCAL UN PO' GLoBALE, UN PO' LoCALE "Adoro le grandi feste; sono così intime, in quelle piccole non
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qualcosa o qualcun altro.
c'è nessuna privacy". A meno che non si parli di economia,
È pensando a questo che mi è tornata alla mente la festa
“locale” o “globale” credo sia solo una questione mentale.
del Grande Gatsby, una miscellanea di volti, lustrini, musica
La sensazione che abbiamo davanti a queste due idee di
e divertimento sfrenato con il solo obiettivo di attirare una
spazio dice molto di noi, perchè non è mai casuale il luogo
donna, oggetto d’amore e devozione.
in cui decidiamo di stare, o stiamo per convenzione. Locale
Eppure in quel chiacchiericcio violento e inarrestabile, in
è una stanza in una casa o un edificio, è una Mantova della
quella quantità di occhi, voci e pensieri c’è più spazio per sè e
quale immaginiamo - e talvolta amaramente constatiamo
per la propria libera autenticità di quanto mai non accada nei
- confini ad abbracciarla o chiuderla. È un luogo comodo,
piccoli spazi, più delineati e silenziosi, più esposti al giudizio
vicino, ristretto, forse sicuro. Globale è invece tondo,
e alla rigidità di pensiero. Ho respirato la fredda aria del nord
diciamo pure gigante, aperto, possibilista, fa più paura
quest’estate, quando per lavoro ho conosciuto Stoccolma:
perchè include ciò che non si controlla. E l’ignoto o il
cieli variabili, approcci glaciali, 14 isole che si lasciano
lontano personalmente mi affascinano molto, con una sana
circondare dal Mar Baltico, tante facce sconosciute e una
dose di recondito timore. Globale è anche il più diffuso
nuova geografia da imparare dentro e fuori di me, eppure un
termine per indicare un dominio delle reti che connettono
senso di intimità estremo, che solo un piccolo sguardo in un
irrimediabilmente tutta la nostra esistenza a quella di
grande mondo può provare. continua a pagina 3
PHOTO: ELISA SIVIERI
saLe in zucca... mantovana DE.C.O! La nostra Bassa profuma di generosa terra arata. Nei campi si può apprezzare una diversa concezione del tempo, scandita dai momenti delle semine e dalle fasi lunari. È in questo contesto che troviamo l'Azienda Agricola Calciolari di Lorenzo e Giuliano della frazione San Rocco di Quistello. Un'azienda a conduzione familiare, che nonostante le difficoltà della attuale situazione economica globale, si ritrova ancora più appassionata e determinata nel perseguire i propri obiettivi. Occorre tanta dedizione, amore per la natura, rispetto per i suoi ritmi e tanta attenzione per la tradizione. Grazie a questa consapevolezza è stato possibile ricevere la denominazione comunale di origine, De.c.o, riconoscimento concesso dalle amministrazioni comunali per tutelare e valorizzare produzioni locali tipiche come il Vin Cot e la zucca "cappello del prete" . Questa zucca dalla forma particolare, che somiglia appunto a un turbante o a un cappello, è conosciuta fin dal 1600 per la
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sua polpa soda e colorata. Ogni anno questa azienda raccoglie (come si faceva una volta) i semi delle zucche più squisite, in una accurata selezione che consente di ottenere le migliori zucche del territorio. Oltre alla prelibatezza che contraddistingue questi ortaggi a frutto, le zucche di questo tipo si conservano egregiamente per molti mesi anche in casa, senza particolari accorgimenti. In questa stessa azienda si producono anche mele, pere e uva che viene destinata alla produzione del vino della cantina sociale di Quistello, così da avere un prodotto a chilometri zero. Il terreno argilloso conferisce note fruttate al lambrusco e una particolare fragranza alla zucca e agli altri prodotti. Presso la propria Azienda, Calciolari ha aperto un punto vendita esclusivamente stagionale (da giugno a dicembre), sempre nel rispetto dei tempi della natura e di ciò che il territorio può offrirci. Ma non solo! È fornitore di famosi ristoranti e agriturismi della nostra zona, garantendo sempre prodotti freschissimi e sempre a chilometro zero. Con la partecipazione di quest'anno al Salone Internazionale del Gusto di Torino (Slow Food), si sono potuti portare
all'attenzione di un pubblico ancora più vasto i prodotti tipici della nostra zona: il Vin Cot, il sügul, le mele campanine, la zucca, le mostarde e l'anguria bianca. Queste eccellenze dimostrano che l'impegno e la dedizione pagano e permettono alle aziende di crescere, nonostante il periodo di crisi. Per concludere il nostro piacevole incontro Lorenzo Calciolari ci regala altri consigli anticrisi: un esempio su tutti, la collaborazione di ogni membro della famiglia, per rendere speciale il lavoro, condividere le soddisfazioni (e la fatica!) e per ottimizzare le risorse. Quando le braccia della famiglia non sono sufficienti, si passa alle assunzioni stagionali, preferibilmente di persone del posto, motivate e che abbiano voglia di impegnarsi in questa splendida avventura per amore della propria terra e delle proprie tradizioni. Questa testimonianza evidenzia la reale possibilità di crescere e raggiungere l'eccellenza puntando sul locale per valorizzare il nostro territorio. Azienda Agricola Calciolari via Matilde di Canossa, 69A . S.Rocco di Quistello MN info: 348 176 3586
Adozioni che fanno bene aL CU|RE
La nostra redazione ha incontrato i ragazzi dell’Associazione Gattorandagio di Mantova che ci hanno raccontato il loro progetto, nato nel 2004 dal rispetto e dall’amore per gli animali, dando così formalità al lavoro dei volontari che da tempo si occupavano della cura dei gatti.
È importante tener presente che nel caso insorgano problemi di varia natura è possibile riportare il micio all’associazione che si prenderà nuovamente cura di lui. Gli affidatari firmano un modulo in cui si impegnano a vaccinare ogni anno il gatto e a sterilizzarlo.
Come lavora concretamente l’Associazione Gattorandagio? I gatti randagi o abbandonati vengono accolti dai volontari che cercano successivamente di affidarli a nuovi proprietari, si effettuano campagne di sterilizzazione degli animali (sia maschi che femmine) e, last but not least, si cerca di sensibilizzare la comunità tramite materiale informativo e banchetti.
Campagna adotta un Gatto fiv-felv L’Associazione Gattorandagio, in collaborazione con l’Associazione Culturale per i Monumenti Domenicani, si impegna nella campagna pro-adozione gatti fiv e felv, ovvero tutti i mici che sono affetti da queste malattie virali che, è bene ricordare, non sono contagiose per l’uomo.
La filosofia dell’Associazione Gattorandagio è quella di offrire un soggiorno temporaneo ai mici in difficoltà e di promuoverne l’adozione. Inoltre, per tutti gli amici pelosi che presentano problemi fisici e che faticano a trovare una nuova famiglia, sono stati creati degli spazi in cui possono rimanere, in attesa comunque di essere adottati.
E per tutti coloro che non possono adottare un felino, ma vogliono aiutare l’associazione? Durante l’anno vengono organizzati eventi per raccogliere fondi e informare la comunità sulle varie attività. Durante questi incontri viene anche portata avanti la campagna tesseramento. I tesserati, in qualità di soci sostenitori, possono in ogni momento chiedere di diventare volontari attivi dell’associazione.
E se leggendo questo articolo vi è venuta voglia di adottare un micino, ecco un po’ di informazioni che possono esservi utili! L’adozione dei mici non comporta spese per i nuovi padroni. L’importante è che gli animali vengano rispettati e amati, l’Associazione chiede di poter effettuare visite post-affido per controllare che l’animale stia bene.
L’Associazione Gattorandagio da sempre opera in sinergia con il Rifugio del Cane, l’Asl, la Lav, l’Enpa e l’Anpana e sempre più frequentemente con Associazioni animaliste a carattere nazionale come ad esempio Animalisti Italiani, Aba, Lipu.
Associazione Gattorandagio Onlus Mantova www.gattorandagio.com gattorandagioonlus@gmail.com 347 7587816 Fernanda . 347 9339927 Erika PER I VOSTRI CONTRIBUTI: IBAN - IT 17 B 01030 58030 000010044749 (oppure poste pay nr.4023600554181059 intestata a Coizzi Erica in qualità di Presidente dell'Associazione Gattorandagio Onlus) Per devolvere il 5xMILLE C.F. 93044440209
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LocaLe
segue dalla copertina Il segreto sta tutto nella libertà di catturare davvero quei dettagli che decidiamo debbano diventare nostri, sta nel costruire per se stessi quei minuscoli gesti quotidiani e personali che rassicurano. Il locale è sempre un punto di vista, siamo noi a dover cercare in noi stessi quella forma di intima e rassicurante apertura verso ciò che ci accoglie come parte di un tutto. Se posso spingermi umilmente nel dare un consiglio a voi che leggete, evitate di
SceLte aLimentari & impatto gLobaLe In una logica distorta e troppo spesso parzialista come quella nella quale viviamo, “locale” e “globale” sono spesso interpretati come termini e concetti contrapposti. A partire dagli anni 80 però, tra le fazioni dei ferventi sostenitori di un’economia liberalizzata e globalizzata, e gli strenui difensori della dimensione locale dell’economia, si è intromesso un terzo punto di vista, il così detto “Glocal”, una visione di un sistema che si orienti su scala globale ma al contempo non distrugga il fondamento di ogni società in ogni epoca, ovvero la comunità locale. Questa visione purtroppo stenta a trovare la giusta voce in capitolo vivendo noi in una società in cui gli interessi e le pretese del libero mercato finiscono spesso per relegare nelle retrovie i bisogni e le necessità delle comunità locali, con tutti gli effetti nefasti che ciò comporta. Locale/globale, micro/macro, non sono aspetti contrastanti, ma profondamente interrelati ed interdipendenti. Se le cellule dell’organismo sono ammalate, lo è anche l’organismo nel suo complesso. Se l’organismo è affetto da qualche problema nel suo insieme, tale malfunzionamento ben presto finisce per influenzare tutte le cellule, più o meno direttamente, anche quelle che fino ad ora hanno goduto di ottima salute. Questa profonda influenza del locale sul globale e viceversa, si esprime in modo preponderante, ma non sempre evidente, nel peso che le nostre scelte alimentari (locale) hanno sull’intero Pianeta (globale). La triste e cruda verità è che ci stiamo letteralmente mangiando la Terra a causa di ciò che ogni giorno, tre volte al dì, 365 giorni l’anno, scegliamo di mettere nel piatto: ogni “cellula” (persona) ha il potere di contribuire alla salute o alla patologia dell’intero “organismo”, scegliendo semplicemente di cosa cibarsi. La produzione di carne in particolare è quella che comporta i costi più elevati in termini di emissione di gas serra, deforestazione, dispendio di risorse idriche e geologiche. Questo poiché la produzione di 100 gr di carne comporta l’utilizzo di 15.000 litri di acqua e l’emissione di 3,6 kh di anidride carbonica, senza contare che gli allevamenti intensivi sono uno dei primi fattori di emissione di gas serrà, nonché dell’inquinamento sempre più diffuso delle falde acquifere. Gli animali che alleviamo, ingrassiamo, trucidiamo e poi mangiamo, consumano parecchio foraggio, il quale deve essere ovviamente coltivato. Per questo le multinazionali dell’industria della carne deforestano interi ettari di foresta amazzonica, trasformandoli in campi e pascoli, terreni che dopo qualche anno diventano totalmente improduttivi.
gLoBaLe “Pensare globalmente, agire localmente” è lo slogan che la Comunità Europea ha adottato per lanciare il programma EIE: Energia Intelligente in Europa. Il perché di tale scelta è presto detto. Se da un lato fenomeni come il cambiamento climatico, l’effetto serra, l’inquinamento da fonti fossili per produrre energia hanno valenza mondiale e quindi sono al di sopra delle nostre singole capacità di controllo, dall’altro è pure vero che localmente, a ciascun livello (politico, amministrativo per arrivare infine a quello più personale) è possibile fare qualcosa. Ciascuno può dare un proprio singolare contributo alla riduzione dei succitati fenomeni qualora decidesse di assumere atteggiamenti più virtuosi. Si pensi ad esempio a quante auto possediamo: in Italia vantiamo un record europeo. Circa 700 auto ogni 1.000 abitanti. Quasi un’auto a testa! Immaginate se avessimo lo stesso rapporto in Cina. Sarebbe una catastrofe ambientale… Oggi si parla di car pooling, car sharing come sistemi per condividere l’utilizzo dell’automezzo e quindi ridurne la concentrazione sulle strade. Ma esistono anche soluzioni che possono essere messi in atto fin da ora a costi ridotti e a massimo beneficio dell’ambiente: camminare di più, pedalare, usare i mezzi pubblici… Che dire poi delle nostre abitazioni? Un terzo del consumo complessivo di energia, nell’UE, è rappresentato dai consumi domestici (riscaldamento, raffreddamento e condizionamento, illuminazione, alimentazione degli apparecchi elettrici). E qui le misure da mettere in atto sono tantissime: dal rinunciare ad 1°C di confort, al mantenere efficienti le caldaie, all’uso delle valvole termostatiche fino ai sistemi di isolamento delle nostre case (il cosiddetto “cappotto”). Insomma ciò che possiamo fare a livello a locale è davvero tanto e anche la fantasia ci può aiutare.
innalzare paletti attorno a voi, se il mondo vi lascia liberi di fare. Sentitevi protagonisti globali ovunque voi siate. Pensiamo agli abitanti di un piccolo paese di provincia, che guardano alla città. O alla città, che guarda la metropoli, o alla metropoli che guarda al continente. Una cosa che ho sempre fatto è pensare a cosa stia succedendo in piccoli angoli di mondo mentre io scrivo, mangio, dormo, cammino. E non penso a grandi eventi di portata storica, mi immagino un bambino che gioca in una stanza di New York, un anziano che va a fare la spesa in Cina, una donna che partorisce in Nepal, una coppia di innamorati da qualche parte in Scozia, un uomo che ordina il pranzo in un ristorante a Buenos Aires, un adolescente che balla in Australia. Mi dispiace perchè se avessi più spazio questo elenco sarebbe lunghissimo e appassionante. Se ci pensate bene è già la storia vera del mondo in un secondo. Adesso ditemi: cos’è locale e cos’è globale secondo voi?
Valeria Dalcore
GLOCAL
UN PO' GLoBALE, UN PO' LoCALE
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Qualcuno ha ipotizzato che per risparmiare l’acqua calda della doccia è meglio fare la doccia in due. Ancora non disponiamo di riscontri scientifici sulla bontà del metodo, ma pare che gli effetti collaterali siano interessanti. Da provare.
Francesco Dugoni
La produzione di carne, proprio per questo è uno dei principali fattori di deforestazione e desertificazione.
Ognuno di noi nel suo piccolo (locale) può fare moltissimo per risanare a livello globale un Pianeta moribondo che urla disperatamente chiedendo di essere ascoltato, prima che sia troppo tardi.
Associazione Z O E • associazionezoeveg@gmail.com
PHOTO: VALERIA DALCORE
Basti pensare che dal 1970 al 2011 sono stati deforestati 742.000 km quadrati di foresta Amazzonica di cui l’80% per fare spazio ad allevamenti e coltivazioni di foraggio. Qui mi fermo, ma si potrebbe continuare parecchio a parlare di questi effetti scellerati legati alla produzione di un cibo inutile e spesso dannoso alla salute come la carne, nonché comportante enormi sofferenze per milioni di esseri senzienti trucidati ogni giorno in nome della nostra gola.
Succede che in un pomeriggio uggioso di fine novembre, durante una festa in piazza a Canneto sull'Oglio, mi capita di ascoltare un gruppo che trasmette una carica e una voglia di non stare fermi meravigliose, e succede che tornata a casa li cerco su Spotify e diventano la mia nuova ossessione musicale. Vado sul loro sito e leggo: "Le Mosche di Velluto Grigio sono un gruppo celtic punk di origine italiana formatosi a Canneto sull’Oglio, Mantova." Beh, direi che siamo in tema con lo ZERO11… Chiedo ad Andrea "THE KING" Cagnini di raccontarci un po' la storia delle MVG partendo proprio dal concetto locale-globale. "THE KING": Siamo nati nel lontano 2001 probabilmente perché in un paese di 4000 anime non è che ci sia un granché da fare e la start up è stata come quella di qualsiasi gruppo della zona: un po' di punk, un po' di Hard Core… Subentrata Lalla un po' di Ska, un po' di Ska Core sino all'album "Nel Cuore", il nostro primo disco, dove nei pezzi "Caro Fratello" e "Contro Vento" abbiamo riconosciuto un specie di proto-genere che negli anni è diventato quello che facciamo oggi. Diciamo che al 90% ci siamo resi conto che NON SIAMO AMERICANI e che veniamo da una terra, musicalmente parlando, fatta di fisarmoniche, mandolini, sax... fatta di balere e lo abbiamo mischiato ad una matrice punk, tenendo una base di batteria ballabile. Sin qui direi che ha funzionato, no? ;) Nel 2001, assieme a mia sorella, ci siamo detti: qui, o si fanno cover, o se si vuole fare roba nostra servono presenza scenica e batteria che la gente possa ballare, in pratica abbiamo costruito una macchina scenica che spostasse l'attenzione dai testi, al quanto scadenti, e dal fatto che eravamo gli ultimi arrivati sulla scena! SERENA: Ahahaha, molto bene! Avete cominciato da subito a fare sul serio? "THE KING": ma vah! Credo siano passati 3 o 4 anni ed almeno 3 formazioni prima di "Nel Cuore"; tutto sommato comunque siamo sempre stati dell'idea di non voler fare i quarantenni. Per la serie: ci troviamo,
the HaLLeLujah Singers
GospeL Choir
Hallelujah Singers Gospel Choir nasce nel 2011 su iniziativa di un piccolo gruppo di amici uniti dalla stessa passione per il canto. Il nome “Hallelujah” in ebraico significa “lode al Signore” ed è tramite gli insegnamenti del Signore che le voci del coro si innalzano arrivando ai cuori di chi le ascolta. Il termine “Gospel” in inglese significa “Vangelo”, e sono proprio le parole del Signore ad ispirare questo genere musicale. Il coro ha partecipato a numerosi stages di musica Gospel tenuti da reverendi e musicisti americani per avvicinarsi maggiormente al vero spirito di questo genere musicale. Inoltre alcuni componenti del coro fanno parte del Italian Gospel Choir. Gli Hallelujah Singers hanno partecipato ad eventi musicali ed artistici presso chiese, centri culturali, teatri e piazze di tutta Italia, esibendosi con repertori adatti ad ogni occasione. Il repertorio comprende sia brani appartenenti al Gospel tradizionale, sia canzoni appartenenti al genere contemporaneo e brani non propriamente Gospel, ma portatori di un messaggio altrettanto spirituale. Tutto ciò è reso possibile grazie alla direzione ed alla tenacia del maestro Alessandro Manara. Egli si appassiona al pianoforte giovanissimo, diplomandosi -col massimo dei voti e la lode- in Organo e Composizione organistica e collezionando, in seguito, numerosissimi successi professionali nel corso della sua carriera.
Gli Hallelujah Singers Gospel Choir vi aspettano numerosi
NESSUNO campa di musica e basta... o per lo meno nessuno di noi sei potrebbe farlo, ma ripeto non è male l'introito! SERENA: Cosa frena l'acceleratore? "THE KING": eh! Bella domanda! Oggi funziona, e domani? Il lavoro? Una famiglia? Considera che io sono anche fortunato perché la mia è elastica, ovvero io me la porto ovunque vado. Sai siamo in sei nelle mosche, chi lo sa chi ci sta più o meno dentro, o meglio fino qui tutti uniti, ma sino a qui non abbiamo avuto ancora nulla che ci spingesse a dover decidere... SERENA: Un uccellino con barba e kilt mi ha detto che avete registrato un singolo di Natale, dove lo possiamo trovare? "THE KING": Ah sì?!?! :) Il singolo sarà in uscita assieme al video il prossimo 23/12 su distribuzione digitale iTunes, Spotify, Amazon… assieme a tutto il resto della discografia MVG già presente su questi canali. SERENA: Qualche anticipazione sul pezzo e sul video? "THE KING": Mah! anticipazioni… spacca! C'è il Natale, c'è la cornamusa, ci sono i disoccupati, c'è la rabbia di chi vive a stretto contatto con sto mondo di merda! Chi lo vede ma non può fare niente, non riesce a fare niente, può solo vivere il suo Natale del cazzo consapevole che veramente non c'è niente da festeggiare… che si dovrebbe festeggiare ogni volta che un'agenzia interinale riesce a trovare un lavoro, ogni volta che viene stabilito un contratto di lavoro decente, ogni volta che brucia un contratto co.co.pro., un contratto co.co.co.. Ogni volta che qualcuno non paga il DAZIO del canone RAI, ma anche ogni volta che qualcuno sceglie di avere due lire in meno per dare un lavoro, per dare una dignità a qualcuno! Non è politica, è vita! Non è politica, è vita e la vita è anche musica, per fortuna… ed è meraviglioso sentire tutta l'energia che le Mosche di Velluto Grigio emanano mentre si esibiscono. Sono un bene di conforto! Grazie di cuore ad Andrea "THE KING" Cagnini per la bella chiacchierata. Stay Tuned… Let's go Mosche! Serena Gallini Mosche di Velluto Grigio web: www.moschedivellutogrigio.com
PHOTO: GENNY SABBADINI
Mosche di VeLLuto Grigio
strimpelliamo, facciamo un pezzo, una cover ecc... SERENA: La vostra attuale formazione? "THE KING": Andrea "THE KING" Cagnini Lead Vox, chitarra ritmica, highland bagpipe, bouzouky irlandese. Laura "LALLA" Cagnini - Sax (tutti i sax), Tin Whistle, armonica a bocca, diamonica, clarini, piano, organo, harmonium, trombone. Pietro "RAPAX" Arfini - II° Vox, chitarra elettrica, mandolino, bouzouky irlandese, slyde guitar, organo, harmonium. Francesco "FRANKIE" Fornasari - III° Vox, basso, contrabbasso. Matteo "THE BEAVER" De Ieso - Scream Voice, batteria. Fabio "PHABIUS FROM THE GARLIC" Dall'Aglio Fisarmonica, organetto, tromba, concertina, Whistle, Flauto traverso irlandese. Credo siano tutti ;) SERENA: Come nascono i vostri pezzi? "THE KING": Allora per 12 dei 14 anni, io scrivevo testo e musica, mia sorella aggiungeva le parti degli aerofoni e della fisarmonica. Negli ultimi due anni, con la maturazione un po' di tutti, io scrivo i testi ed una base di giro di chitarra, la sala prove poi fa il resto! Più proficuo in termini di pezzi e meno sbatti per me perché coordinare sei persone che suonano sei cose non è semplice, meglio che si auto-coordinino. Non avrei più neanche il tempo oggi per fare tutto come una volta e forse neanche la voglia perché dal confronto e da dodici mani saltan fuori cose più fike! SERENA: Fantastico!!! Senti, e il vostro nome? Omaggio a Dario Argento? "THE KING": No, di Dario Argento non gliene frega una ceppa a nessuno. Andavano di moda i nomi lunghi nel 2001 ed abbiamo scelto, assolutamente a cazzo, un nome lungo. Abbiamo anche provato a cambiarlo nel corso degli anni nel brevissimo periodo in cui siamo stati sotto etichetta discografica assieme a Cisco, Folkabbestia ecc… ma non ha funzionato, per cui su suolo italiano siamo Mosche di Velluto Grigio, per tutto il resto del mondo MVG. SERENA: ...per tutto il resto del mondo, perché siete famosi, avete successo... portate il valore del local nel global, siete glocal?!??! "THE KING": Polonia, Germania, Austria, Scozia, Svizzera, Inghilterra... Europa latina e non. Andiamo dove veniamo contattati e cuciamo in mezzo altre date lavorando alla stesura di un tour. Per gli stati più lontani, tipo la Polonia, per ammortizzare le spese, non si riparte senza aver fatto almeno 3 o 4 serate. SERENA: Parlavi di etichetta, ora siete indipendenti? "THE KING": Ora e per sempre! Autoprodotti, autofinanziati ed autogestiti e, credimi, va da Dio, la band ne ha in tasca il triplo di quando avevamo un'etichetta. SERENA: Quindi se ti chiedono che lavoro fai, tu dici il musicista? "THE KING": Magari!!! Ma ti posso assicurare che per 6 mesi all'anno se chiudessi lo studio e spingessimo sull'acceleratore, si guadagnerebbe meglio suonando. Comunque, ad oggi credo
nella Chiesa Del Ss.Mo Nome Di Maria a Poggio Rusco domenica 11 gennaio 2015 alle ore 17:00 Special Guest Star: Moris Pradella eccezionale cantante nonché musicista the Hallelujah Singers Gospel Choir Cremona
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LocaLe o gLoBaLe?
Il mondo, finalmente, è la mia casa. "Nessun vento è favorevole per chi non sa dove andare, ma per noi che sappiamo, anche la brezza sarà preziosa" Rainer Marie Rilke
ILLUSTRAZIONE: ELISA SIVIERI
Jacopo M.
Si
viaggiare
"Chi si svegLia presto arriva Lontano” (Proverbio rumeno)
VLAD lll Di VaLacchia
Una laurea. Un'altra laurea. Tanti stage, tanti "Le faremo sapere", "troppe qualifiche", "manca esperienza", "troppa esperienza". Il caos. Non riuscivo a trovare la mia strada. Volevo sentirmi finalmente libero. Libero di muovermi, di spostarmi, di viaggiare. E soprattutto libero di gestire il mio tempo. Perché la vera ricchezza è il tempo. Il tempo per fare quello che mi piace, quello che voglio, il tempo da dedicare alle persone che amo, alle relazioni, il tempo da dedicare a me. Decido di partire. Vado a Londra, dove ho l'appoggio di un'amica che lavora in una piccola casa editrice e che può ospitarmi. Trovo lavoro da Poppies, un locale fish & chips in stile anni '50. La vita è molto cara, piuttosto frenetica. Non sto rispettando i miei ritmi e il mio corpo inizia a mandarmi segnali: mi sento fiacco, appesantito (e non solo per il fish & chips!) la mia mente è appannata. Non ho vere gratificazioni e spesso sono irascibile. Non mi riconosco. Allora decido di muovermi. No, non mi iscrivo in palestra. Parto per Bali. Decido di sfruttare la mia laurea, divento freelance sul web e apro un'attività indipendente, tutta mia. Trovo spazi di co-working, un luogo non solo di lavoro (per capirci, il co-working è un vero e proprio stile lavorativo che permette di condividere l'ambiente di lavoro, un ufficio ad esempio, mantenendo un'attività indipendente), ma un ambiente ad alto tasso relazionale, in cui scambiarsi idee, progetti e aiutarsi. Cooperazione e non competizione. Concetti che ai tempi dell'università, mi sembravano lontanissimi. I ritmi sull'isola sono tranquilli e io ritrovo la mia pace, ma non è facile ottenere il permesso di soggiorno e rinnovare il visto turistico è troppo costoso. Riparto. Ed è da qui che posso dire sia iniziata la mia vita seminomade. Rimango in un Paese finchè le mie esigenze non cambiano, allora mi sposto altrove. Ci sarà qualcuno che leggendo si chiederà: ma non starà scappando dai problemi? No. Mi sento finalmente felice, indipendente da luoghi, abitudini e routine. Mi sento me stesso. Ho disegnato la mia vita secondo le mie passioni e mi sono liberato da molti dogmi del sistema economico: non posso dire di "guadagnare", ma sopravvivo benissimo. La corsa al profitto non mi interessa, vivo una vita low cost, ma ho tutto ciò di cui ho bisogno. Non rinuncio a nulla, ma consumo in modo intelligente.
PHOTO: ELISA SIVIERI
SceLgo Nomade digitaLe!
Un volo low cost: siamo tre amici con un compare che ci attende in Romania. In un attimo atterriamo a Cluj-Napoca, antica capitale della Transilvania, di vampiri però nemmeno l’ombra. A colpirmi è subito il paesaggio generoso, dal momento che la città è incastonata tra foreste e vasti spazi naturali: alberi, greggi, campi, cieli vuoti. Il silenzio tutt’attorno. Un’atmosfera quasi surreale, ormai dimenticata anche nelle nostre province più piccole. Facile definirla depressa, ma a me evoca mistero. Il buio autunnale poi scende presto e soprattutto nei villaggi l’illuminazione non abbonda, ne risulta quindi un luogo fuori dal tempo. Il weekend evapora veloce vagabondando per viali e stradine, sbirciando dentro dorate chiese ortodosse e vicoli pieni zeppi di cafè, birrerie, locali moderni e cosmopoliti. Poche ore di sonno ma tanti drink, ottimo cibo e feste universitarie, tutto alla portata delle nostre tasche grazie alla valuta favorevole. Il freddo è pungente ma non importa, la compagnia è troppo avvolgente per badarci. Partire per la Romania con qualche preconcetto è normale, ma vi assicuro che le strade immacolate del centro, sicure anche a tarda notte, parlano da sé. Certo, sottolineo
Margherita Bacchi http://www.mousycomics.altervista.org/joomla/ https://www.facebook.com/mousymarghe e-mail: margheritabacchi@gmail.com
Globale e locale: nel piccolo e nel grande, genitori e figli, la casa e la camera da letto, la scuola e la classe, il comune e le frazioni, l’insieme e il sottoinsieme, l’enciclopedia e il libro, la ditta e l’ufficio, la foresta e l’albero, l’albero e il ramo, l’amore e una promessa, l’Italia e la sua storia locale, globale difficile qui stabilire un confine... questo merita un capitolo a parte. Globale e locale: il creativo e una sua idea, il mare e l’onda, la catena montuosa e la neve, il fiume e un suo affluente, il quadro e il particolare, il dappertutto e un luogo in particolare, la diversità e il tutto uguale, la chiesa e i gradini di un altare, l’aritmetica e un numero per nulla divisibile se non per sé stesso, un’immensa fatica e come frutto solo un minuscolo progresso, il gruppo e il singolo e...la chiave giusta da girare, la porta aperta da infilare, la strada da percorrere, il riposo nel coricarsi e/o per ricaricare, ricominciare a camminare tenendo in testa gli obiettivi a cui ambire per arrivare dove globale e locale hanno un fine comune: farci stare bene. Tra una collezione e un pezzo rarissimo di essa, tra una vita intera e un singolo giorno c’è tutto da scoprire, perché quando stiamo bene si affrontano le cose senza patemi, e ne vale la pena. Non tracciate confini, non mettete troppi freni, ma guardate il paesaggio quando viaggiate, vi sembrerà bello un giorno anche ciò che ora non vi piace.
Enea Araldi
del centro storico, poiché le periferie e i grigi palazzoni sovietici sono infondo come tutti li immaginiamo. Tuttavia anche l’Italia forse ha qualcosa da imparare da un paese che ha voglia di fare e crescere ma ancora legato alla propria storia e alla propria terra. Ora non pretendo d’insegnare a nessuno come impiegare soldi e tempo, ad ogni modo credo che oggigiorno viaggiare sia indispensabile, in particolar modo per noi giovani. Vedere, visitare, conoscere: solo questo ripaga in pieno del denaro investito e arricchisce umanamente. Prima ancora di rincorrere formule contro la crisi e la celebre “fuga dei cervelli” sarebbe utile incentivare la voglia di scoprire delle nuove generazioni. Confrontarsi con realtà diverse è infondo una palestra di vita, oltre che fonte di stimoli e idee. Siamo stati per secoli un popolo di conquistatori e navigatori, per vincere di nuovo domani occorre ricordarsi questo passato, riscoprire il sano spirito d’avventura, buttarsi in esperienze vere e percorrere sentieri non battuti. Impariamo a essere meno turisti e più viaggiatori.
Alberto Tosi
letteraL Mente
FavoLeLette Una lettrice ad alta voce e un appassionato lettore fanno nascere il canale YouTube FavoleLETTE, una raccolta di video multisensoriali: audiolibri incorniciati da splendide illustrazioni. Nato per i bambini -ormai sempre più innamorati dei tablet e della tecnologia- ma destinato a tutti i lettori che si lasciano emozionare dai testi. Secondo l'indagine Doxa Kids "una famiglia su tre ha in casa un tablet e nell'82% dei casi lo fa usare ai propri figli", inutile
specificare quindi che la tecnologia sta cambiando l'approccio alla lettura. FavoleLETTE vorrebbe essere il naturale trait-d'union fra le App e il libro della buonanotte, un approccio (permettetemi il termine) più "sano" alla tecnologia, e un modo per spolverare il concetto classico di lettura. Ma perché proprio un canale YouTube? Semplice: gratis, accessibile da qualsiasi piattaforma e disponibile in qualsiasi momento e in ogni luogo. Per tutti i bambini che in macchina si annoiano e vogliono ascoltarsi una storia, per i bambini che mentre fanno merenda non hanno la possibilità di guardare i cartoni (FavoleLETTE è una fantastica alternativa alla tv!), per chi ha bisogno di un po' di compagnia, in qualsiasi momento :) Il piccolo "Pezzettino" in cerca della propria identità di Leo Lionni, il lupo di "Sono io il più forte" di Mario Ramos, il pesce di Arturo che grazie a "Questa è la poesia che guarisce i pesci" di Jean-Pierre Simèon e Olivier Tallec ritroverà la salute, il gattone "Gedeone" di Sam Lloyd che vivrà una spericolata avventura: sono solo alcuni dei libri che potete trovare sul canale. E se c'è un libro che avete amato particolarmente, che vorreste vedere e ascoltare sul canale FavoleLETTE scrivete a favolelette@gmail.com o lasciate le vostre richieste sulla pagina Facebook www.facebook.com/favolelette A presto con tante fantastiche avventure!
Lo sguardo di bambina la pioggia che profuma la radio stamattina il tuo caffè che fuma le voci dei mestieri rinascono pulite le stesse d'ogni ieri eppure inaudite nel ritmo dei pensieri nei gesti che ripeti nelle cose che speri nei fantasmi segreti nel tuo piccolo stare si concentra l'onda nel tuo nuovo vegliare la canzone profonda di tutti i mattini del mondo del fare civile fecondo nel lavoro più duro nel sentire più puro
YouTube “favolelette” "Le favoLe non dicono ai bambini che i draghi esistono. Perché i bambini Lo sanno già. Le favoLe dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti".
Gilbert Keith Chesterton
nel caldo di una mano senti tutto l'umano in questa sera quieta parla tutto il pianeta
La Rondine e iL Bruco
ILLUSTRAZIONE: SRIMALIE BASSANI
C’era una volta una rondine bellissima. Gli animali della prateria aspettavano ogni anno con trepidazione la primavera, per vederla tornare. Stavano incantati col muso all’insù a guardare le sue rocambolesche acrobazie in cielo e quando planava giù i ciuffi d’erba novella frullavano agitatati da tanta velocità.
Tutti la invidiavano e la ammiravano perché era bella ma soprattutto perché la sua eleganza aveva sfiorato le nuvole di tutto il mondo, quel mondo che loro potevano solo farsi raccontare. Solo un animale non ne voleva sapere proprio nulla della rondine, anzi, si guardava bene da incrociare il suo sguardo: un piccolo bruco. Naturalmente era la sua stessa natura a costringerlo a nascondersi dalla rondine, per non rischiare di diventare il suo spuntino. Il bruco passava i suoi giorni tranquillo, serpeggiando tra i ciuffi e odorando i boccioli, mirando ogni sfumatura che riluceva nel timido sole primaverile. Un giorno però, il bruco si trovò a gironzolare su un rametto piuttosto alto, attratto dal profumo delle fresche foglie appena spuntate. All’improvviso, sentì una fitta nel corpo e in un attimo si trovò sospeso in alto, nel cielo. Capì che era la rondine a tenerlo prigioniero nel suo becco, ed ebbe paura. I suoi occhietti vedevano per la prima volta il mondo dall’alto e, spaventati, liquidi, non distinguevano nulla, solo macchie confuse di colori e tanto, troppo blu. Non avendo ormai nulla da perdere, trovò la forza di balbettare al suo predatore: | Mi ucciderai vero? Non sei stupida, lo so, non aprirai il becco per rispondermi, lasciandomi cadere… Mi ucciderai. Ma prima di mangiarmi, avrei un favore da chiederti: dimmi cosa c’è di tanto bello, lontano da qui, nel mondo. Fermati da qualche parte, raccontamelo come se lo scoprissi ora per la prima volta, così riuscirò quasi a scorgerlo, nei tuoi occhi. Lo sai bene, non proverò a fuggire, sono lento e piccolo io, mentre tu sei grande e veloce, non avrei scampo. Ascolterò la tua bella favola, e avrò meno paura. La rondine aveva poco tempo, doveva sfamare i suoi piccoli e l’istinto la spingeva ad ignorare le richieste del bruco, ma non aveva mai parlato con un esserino così piccolo e diverso da lei e la curiosità, come fortunatamente talvolta accade, vinse sulla fretta. Si poggiò sul davanzale di un terrazzo, ben attenta che la sua preda non potesse scappare.
| Lo sai, vero, che mi dispiace darti la morte? Devo sfamare i miei piccoli e sfamare anche me per loro… è la mia natura, non posso sceglierla. Il bruco con gli occhietti pieni di paura riuscì solo a fare un piccolo cenno di assenso. | Il mondo è bellissimo, come dico a tutti. La vostra prateria è un tappeto uniforme ma la terra a volte svetta in alto improvvisa, così in alto che io non riesco nemmeno ad arrivare a vedere certe cime e lassù vivono animali molto più forti, belli e grandi di me. Lassù ci sono anche le cascate, fiumi che si gettano nel vuoto e si frangono a terra facendo un rumore assordante. Così tanta acqua che precipita ma in modo elegante, sicuro… sa dove andare, e, composta, continua il suo cammino. Un giorno ho voluto seguire il fiume, per vedere dove corresse con così tanta fretta. E ho trovato la più grande meraviglia del mondo: l’oceano. È come una distesa infinita di acqua, nessuna rondine sa dove conduca… alcune dicono che da qualche parte si sciolga e diventi aria e nuvole. Luccica al sole come mille occhi ammiccanti e qua e là è trasparente e… mi ci vorrebbe un’altra vita solo per provare a spiegarti cosa ho intravisto, là sotto! Forme di vita impossibili da immaginare: non hanno piume, sono lisce ma hanno delle piccole ali che servono loro per volare dentro l’acqua, ci pensi? Io credevo di avere visto tutto attraversando il cielo, invece di ciò che sta sotto di esso, non so nulla! Ti svelo un segreto, amico mio: io raramente posso fermarmi, vado sempre di fretta e nonostante scorga tante cose da lontano, ne osservo così poche da vicino! Non saprei descrivere le sfumature dell’erba, o distinguere le foglie di una rosa rispetto a quelle di un albero. Non immagino il profumo di un fiore o la sensazione che dà accarezzare una foglia di lattuga. Tu conosci cose che io non conosco! Il mondo sta stretto a ognuno di noi: chi lo vede da vicino vorrebbe ammirarlo da lontano, chi lo vede da lontano vorrebbe osservarlo da vicino. Io ho capito che ogni porzione di mondo è meravigliosa: un piccolo sasso, per chi lo sa guardare, è bello quanto una montagna e come lo vedi tu il mondo tanti non lo vedranno mai! Le piccole cose, le sfumature più belle, sfuggono a chi corre veloce. Il bruco incantato da quelle parole, non si accorse nemmeno quando con uno scatto la rondine lo riprese nel becco, e se lo mangiò. Aveva troppa fame ormai, doveva nutrirsi altrimenti non avrebbe avuto la forza di cercare altro cibo per i piccoli. Si chiese se il bruco sapesse che un giorno avrebbe potuto volare anche lui, se fosse diventato farfalla. A lei sarebbe piaciuto balzare leggera sopra una distesa di fiori inebrianti. Ma subito scacciò via la malinconia, provando ad ascoltare l’ultimo pensiero sussurrato dal piccolo insetto: le parve un pensiero felice.
Francesca Battisti
«Ricordo mani che fumavano dita arcuate che suonavano le unghie sempre curate, e a volte la fede. Ricordo che un giorno respirai il gelo del nord per vivere per perdermi così, leggermente. Ricordo la felicità! La felicità? Della mia felicità: risparmio passatismi, pregiudizi e futurismi, per vivere con tutto quello che non posso conoscere di me stesso; il corpo allora è la più piccola parte di me e il tempo non esiste. Quando percepisco, contrariamente, il corpo imporre il proprio peso, denso e presente, significa che è giunto il momento della verità, e la felicità è lontana, e il tempo non esiste. Ancora costretto al risparmio di ciò che in realtà non mi appartiene. Rimango con una cultura, delle pagine ammuffite e del cibo ben conservato. Una fatica perché arrivi mezzanotte. Quest'ora che m'imposi fatica ad arrivare. Magari il tempo brontolasse così sempre,
tra il mio sedere e la sedia respira un vuoto di dieci centimetri.
Oggi ho posseduto! Oggi si! Ho seguito il desiderio come dolci sirene al canto, la libertà come castigo.
Solo vizi di gola. Nell'attimo in cui l'umile onestà ci afferra veniamo derisi, e tutto nel tempo cola "Lui" verrebbe anche volando se un paio di ali avesse, ma le brucerebbe pur di esser lì e di cadere al suolo fra i tuoi piedi.
Ora con un vino bianco fermo anche i ricordi, e finalmente, così, lasciar correre le emozioni.
Tra poco il giorno suonerà se sarò io a scovarlo come un cieco. A tatti ogni piccolo buco è una meta
Tutto è passato, se uccido i ricordi rimango io da solo con voi con sapori francesi che dall'orizzonte a noi si avvicinano invecchiati sulla lingua e una notte pronta a tramontare. »
Forse ero più vivo ieri di oggi, forse ieri abitavo nell'universo, mentre oggi mi trovo solamente di fronte a un foglio di carta, con belle parole che voleranno fuori da quella finestra, cosicché possano tornare a danzare con i fumi della legna e con le stelle del cielo.
Federico Aprile
The game Doctor
Affacciandosi dalla finestra, qui a Reggio Emilia in via Raffaello Motta numero 8, è possibile sentire il profumo di legna bruciata che accende la gravità. Torno a sedermi.
INGA, l'assistente di
"DaLLa Legna aLLa gaLassia"
Pensando al Globale-Locale mi sono subito venuti in mente i giochi gestionali e tra tutti uno dei titoli più importanti uscito a maggio di quest'anno: Tropico 5. Ultimo capitolo della fortunata serie Tropico sviluppato dalla bulgara Haemimont Games e pubblicato dalla Kalypso Media, giocabile su tutte le console e su PC sia con sistemi Windows che su Mac Os X compreso Linux. Il gioco è del genere Gestionale, ovvero il giocatore ha un controllo completo e globale su tutte le attività; in Tropico 5 si tratta di gestire una intera isola caraibica fittizia ed in questo capitolo della saga non solo ci potremmo divertire a fare i dittatori, ma potremmo farlo attraverso quattro epoche storiche partendo dall'età coloniale fino a giorni nostri attraversando i più importanti eventi storici che hanno segnato le epoche. Il Gameplay è simile agli altri capitoli della serie, lo scopo primario del gioco, è quello di mantenere il potere raggiungendo gli obbiettivi proposti dalle missioni e cercando di non far infuriare la popolazione. Un difetto che si può riscontrare è che sostanzialmente il gioco non cambia riproponendo una formula ben collaudata anche se con qualche piccola variante e la scarsità di contenuti extra rispetto a quelli che sono usciti per il capitolo precedente. Una innovazione, invece, è che sarà possibile anche la modalità multiplayer, attraverso questa modalità più giocatori potranno lavorare insieme o contro gli altri, all'interno delle mappe presenti sull'isola. Pronti a diventare “El Presidente” e a gestire la vostra isola?
SPORT
tempo
liBERO LE SEMPREVERDI GLORIE DEL FOOTBALL LOCALE Il nostro territorio può vantare da più di un secolo, nel caso del Moglia Calcio, e da quasi un secolo, nel caso dell’U.S. Governolese, una fertile tradizione in ambito di calcio dilettantistico. Questi due sodalizi, infatti, hanno spesso nobilitato con le loro performances sportive le classifiche dei gironi lombardo-emiliani, distinguendosi per ardore, spirito di squadra ed abnegazione. Nelle fila della Mogliese hanno militato, in passato, autentici “artisti” del pallone, doverosamente ricordati un anno fa nell’ambito delle celebrazioni legate alla ricorrenza del centenario. Non meno gloriosa è la “storia” dei rossoblu della Governolese, nata nel 1919 e assurta ai vertici della Coppa Emilia in ben tre occasioni a cavallo degli anni settanta-ottanta e capace, di recente, di approdare nella prestigiosa categoria di Promozione al cospetto di realtà lombarde ben più popolose come le bresciane Ciliverghe, Rodengo Saiano, e così via. Al di là dei successi sul campo, comunque, ciò che accomuna i due sodalizi è la cura e la dedizione con cui tutto un paese si prodiga per “allevare” talenti calcistici, a beneficio dei numerosi giovani che si avvicinano a questo nobile sport popolare.
Armando Araldi
07
Linda DalPan
Lucca Comics & Games... dove inizia La fantasia! Come di consuetudine, anche quest’anno si è svolto a Lucca la più importante manifestazione europea dedicata ai fumetti, all’animazione, ai videogames e ai giochi di ruolo, seconda come numero di presenze solo al Comiket di Tokyo. Nel periodo compreso tra fine ottobre e inizio novembre la città muta radicalmente eclissando quasi totalmente la sua severa immagine di borgo medievale per fare sorgere il regno dove sogno e realtà si fondono creando il mondo parallelo della fantasia. Passeggiando all’interno delle storiche mura non è difficile spostarsi nel tempo e nello spazio da un paese all’altro, da una galassia all’altra, da un epoca ad un’altra, viaggiando fino in Sol Levante con un quartiere dedicato interamente alla cultura giapponese, nell’universo fantascientifico delle saghe culto come Star Wars e Battlestar Galactica, nel mondo medievale-fantasy amato da chi gioca di ruolo, per approdare ad un intero padiglione dedicato ai games. Durante la manifestazione grande visibilità viene data al fenomeno del cosplay, la pratica nata in Giappone di indossare i panni di un personaggio e imitarne i modi di fare. Ogni anno un numero sempre maggiore di persone almeno per un giorno smette i panni della vita quotidiana per trasformarsi nel suo personaggio preferito. Tra le attrazioni principali a cui i visitatori possono assistere la gara cosplay è certamente la più sorprendente, seguita da molto pubblico e ambitissima per i cosplayer partecipanti che concorrono per essere eletti miglior personaggio, gruppo, interpretazione, ecc... da una giuria, che assegnerà i premi in base alla difficoltà dei costumi, degli accessori e allo svolgimento della scena interpretativa. La mia esperienza personale con la pratica del cosplay nasce nel 2006, quando andando per la prima volta a Lucca Comics, rimasi talmente colpito da questo fenomeno che quasi subito decisi che dovevo farne parte. Quest’anno per la seconda volta ho partecipato alla gara cosplay salendo sul palco per interpretare il mio personaggio preferito in assoluto, Devilman, dall’omonimo
manga di Go Nagai. Assieme a me un gruppo di 24 amici, che vestivano i panni dei personaggi delle sigle dei cartoni del gruppo storico I Cavalieri del Re, tra cui Tiger Man, Lady Oscar, Gigi la trottola, Yattaman, La spada di King Arthur, Kimba e molti altri. L’idea originale è nata da due carissimi amici di Firenze che più di un anno fa decisero di portare sul palco tutti i personaggi citati nella canzone “C’erano una volta i Cavalieri del Re”, una sorta di medley di quasi tutti i brani del gruppo. I costumi hanno richiesto diversi mesi di preparazione al fine di assomigliare il più possibile a quelli dei personaggi, curando con estrema attenzione anche le parrucche, il trucco e i vari accessori. La nostra dedizione è stata così premiata dalla giuria con il premio speciale “Fantasia, sogno e realtà”, motto che simbolicamente racchiude lo spirito che anima questa nostra passione. Tra le varie emozioni che si sono susseguite, particolare piacere ha fatto ricevere numerosi complimenti, soprattutto dagli autori delle nostre sigle, Riccardo Zara, Clara Serina, Guiomar Serina e Jonathan Zara, che hanno voluto perfino la nostra foto, sembrando per una volta loro i fan anziché noi. Perciò non posso far altro che consigliare a chi sogna un mondo di fantasia di visitare almeno una volta nella vita questo evento e vivere almeno un giorno nella magia.
Marco Testolin
PHOTO: ANDREA BORIAOLI
A oggi è molto sottile la linea di confine. Hashtag, Tweet, Tag. Possiamo (e vogliamo) essere ovunque, senza uscire di casa e le distanze sono sempre più relative. Siamo porte d’accesso a esperienze non nostre, e questo toglie identità. Portare quindi nel “GLOBO” la nostra “LOCALITÀ” è un modo per non perdersi nell’etere, un testamento di “Esistenza”, oltre che un dovere imprescindibile. Locale-Globale: il confronto non è perdita, ma conoscenza.
PHOTO: IULIAN PUSCASU
EVENTfool_Immagine è comunicazione
Un posto nella Società, un posto nel tuo Cuore.
Berg.ART©2014
Graphic Designer - Illustrator Vj Visual Performer Pop Culture Expert - Song Writer - Poet
LOLLIPOP CUORE è amore per l’artigianato e qualità italiani. La moda però è figlia del mondo, e da essa l’artigiano prende ispirazione per creare. L’esotico influenza e arricchisce: dona quella particolarità, quel non-ancora-visto grazie ai quali l’occhio e la mente sognano. Ovunque nel mondo ogni cultura, religione, etnia celebra il matrimonio. LOLLIPOP CUORE si fa influenzare dal mondo proponendo alle sue spose accessori unici e inconsueti dalle origini lontane. Cerchielli gioiello e coroncine dal Texas, preziosi decori giapponesi sono solo alcune delle contaminazioni che caratterizzano lo store.
Change Maker
social network: chi scrive che la sua vita è solo eccezionalmente bella non vi sta raccontando tutto ciò che gli succede, d'altro canto chi scrive cose tristi e polemiche non è una persona sempre negativa e sul piede di guerra.
Volevo parlarvi con le mie competenze e i miei studi tutti in mano e nella testa. Volevo scrivere un pezzo in cui mettere più della mia professionalità che della mia creatività. Volevo parlare del concetto di Glocalizzazione, di come spesso sia stato mal interpretato e utilizzato, di quanto sia importante ed essenziale per fare del locale e del globale un'unione vincente. Poi mi sono sentita in colpa, perché sono proprio questi accenni superficiali a produrre nel mercato risultati mediocri e spesso autoreferenziali che del concetto del Glocal hanno davvero ben poco. Quindi mi son riseduta, ho cancellato tutto ciò che avevo minuziosamente scritto ed ho iniziato a pensare. In questo periodo molti amici stanno vivendo esperienze piuttosto negative di come il globale, in specifico i social networks, impattino con la loro vita reale e privata. Quindi ecco una piccola, piccolissima guida per sopravvivere alla tempesta globale-social: | ciò che vedete e ciò che accade realmente nella vita delle persone non è quasi mai la stessa cosa | mediate col vostro buon senso sull'idea che vi fate di qualcuno nei
| evitate le polemiche inutili, nonostante ci siano articoli e provocazioni interessanti e stimolanti (la maggior parte delle volte di singoli utenti, non di pagine pubbliche), molta gente usa i social per giudicarvi e per sfogare la propria aggressività. Un po' come quelli che vi giudicavano solo vendendovi in piazza o al bar... le cose non sono cambiate: si sono solo sposate on-line. | filtrate e documentatevi sulle notizie che leggete: il numero di bufale, tecniche di screditamento di un marchio, avvistamenti di ufo, teorie del complotto e chi più ne ha più ne metta sono tecniche di viral marketing ben escogitate. Non cadete in queste trappole e non diffondete notizie false. | non basate la vostra autostima sul numero di like: la dinamica dei like e di quanto i vostri post siano visibili sulla time-line è complesso. Per quel che riguarda la pagina delle vostre attività poi è strettamente legato ad un algoritmo che vincola fortemente la visibilità. Per voi stessi pensatela così: la vostra vita e la vostra socialità quando uscite di casa non sono in alcun modo determinate da quanti like avete on-line. Nemmeno i vostri valori, la vostra etica e la vostra sincerità sono misurabili in like... figuriamoci la vostra serenità o felicità.
LOLLIPOP CUORE di Monica Luitprandi | i social network sono diventati più una vetrina in cui esporre se stessi, che un luogo in cui essere se stessi. Un tempo non era così. Sui social molti trovavano la forza di esprimere pensieri e sentimenti che avevano paura di dire ad alta voce nella vita reale. Questo era magnifico e positivo. Abbiate ben chiaro nella mente che non è più così. | fate di queste parole il vostro mantra social: i bugiardi restano bugiardi, gli esaltati restano esaltati, i bulli restano bulli, i pettegoli restano pettegoli, ed i vigliacchi pure. Come si suol dire da molti anni nel mondo degli "smanettoni" de computer come me è "haters gonna hate". | usate i social per quello per cui sono stati creati: trovare informazioni, connettersi con persone che hanno le nostre stesse passioni, stringere rapporti nella vita reale. La gente resta gente, nel bene e nel male, sia nel contesto locale che in quello globale. Il mio consiglio? Cercate di usare la globalizzazione delle informazioni e la vostra voce on-line per comunicare le vostre passioni e condividerle.E ricordatevi di fare e pubblicare qualcosa di positivo ed altruistico. Perché fare del bene non ha confini e non può essere frainteso. Ricordatevi di spegnere il pc, un abbraccio e una chiacchierata restano il sale della vita.
Sara Ferrari
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TUTTI ! CONTAMINAZIONI LOCALI
GRATUITI QUISTELLO / SAN GIACOMO delle SEGNATE, 30 OTTOBRE 2014 – start up del Bando Volontariato 2014/2015 "QUI TUTTI - contaminazioni Locali" promosso da CSV Lombardia, Co.Ge e Fondazione Cariplo per rafforzare la realizzazione di progetti attivati dalle reti delle organizzazioni di volontariato. In tutta la regione Lombardia sono stati presentati 340 progetti circa e solo 172 hanno ottenuto il finanziamento. Nella provincia di Mantova i progetti presentati sono stati 38 e 21 quelli finanziati. Il progetto “TUTTO QUI - CONTAMINAZIONI LOCALI” è stato costruito da una rete di sei associazioni in collaborazione con le amministrazioni comunali di Quistello e San Giacomo delle Segnate e finanziato per un totale di 13.527 €. Il costo totale del progetto pari a 19.325,00 € è dato dal contributo richiesto(13.527 €), da un 10% di raccolta fondi in capo alle associazioni (1.933 €) e da un 20% di valorizzazione dell’attività del Volontariato interna al progetto (valorizzazione simbolica che andrebbe a significare quanto sarebbe costata l’attività se retribuita).
Quistello e S.Giacomo delle Segnate
L'attuale crisi socio-economica e l’evento sismico che ha colpito nel 2012 in maniera forte il Destra Secchia stanno mettendo a dura prova il territorio e soprattutto le comunità locali. Nello specifico le fasce più deboli della comunità: le famiglie fragili, le famiglie straniere con situazione di disagio sociale ed economico, le famiglie con difficoltà di gestione dei figli, le persone anziane sole ed assolute o le persone in stato di grave disagio psichico, sociale ed economico. All’interno di questo contesto, si vorrebbero creare sinergie tra Associazioni-Cittadini-Istituzioni locali, per sviluppare la partecipazione ed il sostegno alla comunità ed alle sue necessità. L’idea che proponiamo è di lavorare su San Giacomo e Quistello, sulla comunità intera, attraverso azioni culturali, sociali, aggregative ed educative. Attraverso laboratori ludico-educativi trasversali rivolti a ragazzi e adulti, vorremmo creare momenti d’incontro e di scambio, per avviare un dialogo inclusivo che possa contenere l'eterogeneità dei soggetti coinvolti, rispettando le loro diversità che diventeranno anzi il punto di forza di questo progetto di contaminazione locale. Il progetto "Qui tutti" ha la finalità di attivare iniziative centrate e calate sulle situazioni di fragilità del territorio, sulle famiglie fragili e sui loro figli per provare a costruire processi di mutualità tra le famiglie e processi di sostegno per i ragazzi, per restituire loro motivazioni da spendersi nell’ambito scolastico e nella vita civica di San Giacomo d/Segnate e di Quistello in un momento storico in cui i processi sociali sono messi a dura prova da tutto quanto sta accadendo: dalla crisi economica al dramma del terremoto. L'orizzonte di senso, la finalità prima del progetto è lo sviluppo della relazionalità. Incontrarsi, parlarsi, ascoltarsi, aiutarsi sono medicine con un principio attivo che cura molte malattie del tempo e dell'anima. Per questo, l’idea del progetto è quella di riprendere in mano la situazione (sociale, civile e scolastica) di questi nuclei critici, provando ad offrire un sistema d’opportunità in grado di andare ad incidere su alcuni livelli di difficoltà/ fragilità attivando un modello collaborativo tra le associazioni locali, capaci di interfacciarsi con le rispettive amministrazioni attivando legami forti di comunità per sviluppare inclusione e cittadinanza attiva perché nessuno si senta escluso. I due assi di riferimento che sentiamo chiaramente di voler sviluppare con questa progettazione hanno fortemente a che fare con i legami tra le Associazioni in rete e con i legami con/tra la comunità.
TavoLestrette
Le attività si svolgeranno dal mese di novembre 2014 al mese di dicembre 2015 e vorranno: 1) favorire la partecipazione di bambini e ragazzi di Quistello e San Giacomo d/S. alle attività artistico-espressive, culturali ed educative organizzate con il sostegno dei volontari delle associazioni. 2) favorire il sostegno, l’affiancamento, l’ascolto delle famiglie fragili, in particolare dei loro figli, coinvolgendoli in laboratori sperimentali di cittadinanza attiva. I laboratori che verranno attivati a partire da Gennaio 2015 saranno GRATUITI ed aperti a TUTTI: • Laboratorio di GRAFICA "QUI si crea" per veicolare le proprie emozioni attraverso le arti visive. Oltre al corso di grafica, verrà organizzato dalla redazione un open day per poter partecipare direttamente alla realizzazione del magazine. • Laboratorio di GIORNALISMO "giornalismo QUI" che porterà anche alla creazione di contenuti per il magazine, attraverso la trattazione di temi di interesse sociale e locale. • Realizzazione dell'ORTO urbano "QUI si coltiva". Un’occasione per creare socialità trasversale, con la partecipazione di ragazzi, famiglie e qualche nonno che metta a disposizione la propria saggezza popolare. Fare l'orto è di moda (Michelle Obama e la Regina Elisabetta coltivano l'orto!) ma è anche noto che coltivare verdure e ortaggi migliora l'umore e attenua lo stress, provare per credere! • Laboratorio di CUCINA "QUI in cucina" senza l'uso di fuochi (così anche i più piccoli possono partecipare) con l'utilizzo dei prodotti dell'orto urbano e tanta fantasia! • Laboratorio MUSICALE "QUI in musica". Una percussion band atipica con tanto di concertone finale. La musica è un ottimo modo per incanalare energie e per trovare una valvola di sfogo positiva. • Percorso di SUPPORTO EDUCATIVO "QUI si studia" nelle scuole per aiutare la gestione di casi complessi e per diminuire il senso di frustrazione nei ragazzi, aumentando le competenze, l'autonomia e le strategie di apprendimento. 3) creare momenti di festa, ritrovo per raccogliere sostenere il progetto e sensibilizzare i cittadini a stare "in rete" sul proprio territorio. Queste sono solo alcune delle iniziative che abbiamo in programma. Tutte le attività verranno organizzate in modo volontario dalle Associazioni interessate attraverso lavori di gruppo specifici, laboratori di pianificazione e organizzazione delle azioni e, nello stesso tempo, di comunicazione delle stesse alla cittadinanza per poterne attivare l'interesse, la curiosità e la partecipazione di tutti. Attraverso questo progetto e le azioni concrete ad esso collegate, ci aspettiamo di far crescere nella comunità di Quistello e San Giacomo, un significativo senso di appartenenza e di interesse rispetto ai temi dell'inclusione sociale dei soggetti fragili, della relazionalità da riscoprire e ritrovare, della crescita di consapevolezza attorno al significato di coordinamento organizzativo tra le Associazioni e le competenze di promozione e comunicazione delle attività delle Associazioni (sia quelle previste dal progetto che quelle che le Associazioni portano avanti annualmente nella comunità), dell'ascolto dei cittadini che avranno la possibilità di esprimere bisogni, problemi, idee e proposte.
info: quituttibandovolontariato2014@gmail.com
MADAGASCAR, Qui Alla mia amica Giovanna piace viaggiare, è risaputo. Cioè, tanto per capirci, a metà ottobre scorso ha prenotato il volo per la vacanza di agosto 2015: Australia. Giovanna ha sempre le gambe in movimento e se proprio è costretta a stare ferma un weekend, comincia a smanettare con internet per prenotare l’ennesimo viaggetto. Quelli di Booking.com stanno progettando di nominarla “migliore cliente della galassia”. Titolo meritatissimo. Poi Giovanna, quando viaggia, mica lesina in avventure. Cioè, non pernotta in resort sul mare o chalet di montagna. No, affatto. I posti dove va se li gira in lungo e in largo in autobus, in treno e persino in canoa, con tanto di mal di piedi, caldo, freddo, nervosi e una buona dose di cagotti. Altrimenti che gusto c’è? Di quella volta che è andata in Madagascar, per esempio, potrei riportare tanti racconti, primo fra tutti quello dei lemuri, o meglio, dei lemuri fantasma, considerando che la mia amica in tre settimane non li ha nemmeno avvistati. Ma i tre giorni in canoa sul fiume, con tanto di guida, vogatore e notti passate in tenda nella foresta sono ciò che ha colpito di più la mia fantasia. Anche perché io una cosa del genere non l’avrei fatta neanche sotto minaccia. Giovanna, invece, è stata benissimo e mi ha portato a casa il senso di un viaggio emozionante e ricco di sensazioni e, perché no, anche di sapori. A proposito di sapori, il tipo che per tre giorni ha vogato per portare i suoi ospiti a spasso sul fiume era pure un cuoco provetto: tra una remata e l’altra ha cucinato manicaretti davvero interessanti, con un'unica padella, un fornellino da campo e le provviste caricate in canoa all’inizio del viaggio. Io, per tramite di Giovanna, gli ho rubato persino l’idea per un piatto che poi ho sviluppato secondo le mie capacità e il mio gusto.
SQUiSITEZZE MONDiALi Giulia Casoni
Lo spezzatino del vogatore malgascio Ingredienti: 1 pollo vivo che vi accompagnerà e vi farà da mascotte per parte del viaggio in canoa, è terribile, lo so, ma è andata proprio così; zenzero fresco; scalogno; pomodorini pachino; farina; vino bianco; olio extravergine d’oliva, sale e pepe q.b. In una padella capiente (io uso il saltapasta) fate soffriggere l’olio, un pezzo di scalogno e una quantità esagerata di zenzero grattugiato. Se non avete lo zenzero fresco, utilizzate quello in polvere. In ogni caso mettetene molto. Gettatevi i pomodorini ridotti a cubetti, salate e pepate, quindi fate saltare a fuoco medio. Prendete il pollo, uccidetelo con la tecnica che vi è più affine, spennatelo e pulitelo. Se non avete il cuore di far fuori il pollo potete sostituirlo con del semplice petto di pollo da batteria Aia, già pronto e confezionato, non è uguale, ma è stata la mia unica chance per provare la ricetta. Riducete la carne a pezzetti, infarinatela leggermente e aggiungetela al pomodoro. Qui scatta l’obiezione di mia mamma (la Stella): «Assolutamente no! Prima fai rosolare il pollo, dopo aggiungi i pomodorini». Sì, può essere, ma in questo caso faccio il contrario e mi pare che il risultato non sia niente male. Provare per credere: la Stella ha provato e approvato. Dicevamo… avete aggiunto i pezzi di pollo al pomodoro… salateli e pepateli con moderazione, rigirateli nel sugo, innaffiateli di vino bianco (ingrediente aggiunto da me che nulla ha a che vedere con il vogatore malgascio). Coprite con un coperchio e lasciate cuocere a fuoco lento. E qui anche Giovanna si è messa a obiettare. «Anna, non lo guardi il pollo?». Infatti in questa fase è necessario che impieghiate tutto l’ardimento e la scellerataggine risparmiati quando avete deciso di non far fuori il vostro amico pollo, compagno di avventure in canoa sul fiume, e siete andati al supermercato a compare il petto di pollo Aia. La carne, infatti, deve cuocere finché prende colore (rossiccio) e il pomodoro deve tendere a caramellarsi. È difficile resistere alla paura di bruciarlo… e anche alla tentazione di toglierlo dal fuoco e mangiarselo perché a questo punto il profumino è delizioso. Coraggio! Una volta ottenuto il massimo di colore del pollo e di caramellizzazione del pomodoro che la vostra coscienza culinaria vi permette, togliete la padella dal fuoco. Servite con bruschette di pane ai cereali e magari un po’ di ceci saltati con bacche di coriandolo e cumino. Se volete proprio fare gli esotici, da bere preparate succo di mela mescolato con tè alla menta fatto raffreddare e zenzero grattugiato (si è capito che mi piace lo zenzero?). Sì, però queste ricette, scopiazzate dal ristorante libanese, le tengo per il prossimo numero. Anna Giraldo
Pita, Spaghetti e mandoLino Cosa mangia un'italiana che vive in Israele “La gente è molto passionale con il cibo, provate a portare via un salame ad un italiano!” Leggo in un’intervista ad un responsabile per i controlli di sicurezza sui cibi negli aeroporti. Mi viene da sorridere perché potrei essere io quell’italiano col salame nascosto nel cappotto. Da qualche mese mi sono trasferita in Israele e spesso mi trovo a contrabbandare prodotti dall’Italia. Non che qui si mangi male, ma il conforto del cibo di casa non si può sostituire o imitare. Fette di Prosciutto di Parma sottovuoto, Parmigiano Reggiano e caffè sono i generi alimentari che solitamente incastro nella valigia prima di partire. In Israele, la cucina è sottoposta ad alcune regole religiose; è proibito ad esempio consumare carne e latticini insieme, mangiare gamberetti e frutti di mare e, come nella religione musulmana, anche il maiale è bandito. Tutti gli ebrei osservanti sono tenuti a nutrirsi solo di cibo kosher, che significa “conforme alle regole”, “consentito”, di conseguenza la maggior parte dei supermercati e dei ristoranti non sono riforniti dei prodotti al di fuori di queste norme. Tutti i salumi a base di maiale sono difficili da trovare, nello specifico il prosciutto crudo è irreperibile. A sopperire la mancanza di queste pietanze ci sono vari generi di insaccati di manzo speziato o di tacchino. In Israele non si producono molti tipi di formaggio stagionato, la maggior parte di quelli presenti nelle corsie dei supermercati provengono dall’Italia e dalla Francia e, a causa delle accise sulle importazioni altissime, sono cibi di lusso e un chilo di Parmigiano Reggiano costa come una cena al ristorante. Qui si mangiano ottimi formaggi freschi come la feta o il labaneh, una crema bianca che viene servita con l’imperdibile israeli breakfast, la tipica colazione israeliana. A differenza dell’Italia, dove brioche e cappuccino vanno per la maggiore, qui si consumano deliziose insalate, omelette, olive e formaggi locali. Il venerdì mattina, per iniziare il fine settimana è d’obbligo
Tanto Lontano, tanti vicino
Un’arca per una nuova aLLeanza
In questi anni di globalizzazione incessante si fa largo una nuova sensibilità verso ciò che stiamo perdendo. Passata la sbornia da boom economico del dopoguerra, dove quello che era locale sapeva di vecchio, fatica e miseria, e quello che arrivava dal mondo di bello, buono e moderno, oggi stiamo pagando il conto, ed è salato. Impoverimento del territorio, perdita di biodiversità, di sapori, saperi, e qualità dell’alimentazione. Come Noè, che quando il mondo è andato a rotoli la prima volta, ha caricato ciò che c’era di buono su un’arca per salvarlo dal diluvio, per rimediare a questa situazione oggi abbiamo l’“Arca del gusto” di Fondazione Slow Food per la biodiversità. Il progetto nasce a Torino nel 1996, in occasione del primo Salone del Gusto, “Per preservare la piccola produzione agroalimentare artigianale di qualità dal diluvio dell'omologazione industriale”. L’obiettivo è salvaguardare e incentivare la piccola produzione agroalimentare artigianale a rischio di sparizione con progetti di ricerca scientifica, documentazione, divulgazione e promozione in tutto il mondo.
Al Salone del Gusto 2014 l’Arca era presente nel padiglione internazionale Oval in forme evocanti una grande imbarcazione sulla quale ogni visitatore ha potuto depositare qualunque alimento importante per la sua tradizione o cultura. Il colpo d’occhio era emozionante: decine e decine di prodotti davano il polso di quanto rischiamo di perdere e allo stesso tempo evidenziavano come le realtà locali siano parte di un contesto globale più ampio, ridicolizzando certe idee di "diverso". Il cibo è un grande aggregatore e può svelare affinità che vanno oltre i confini politici e religiosi. Prendiamo la piadina, un disco sottile di acqua, farina, lievito e sale. Ha origini etrusche, in Grecia, Turchia e Israele diventa pita, nei paesi arabi yufka, e in America latina tortilla (arepas per gli Atzetchi). Un unico alimento mette in relazione popoli di mezzo mondo. Al contrario, può disorientare la varietà di mele che esistono in Italia e viene un brivido pensare che alcune rischieremo di non assaggiarle più per colpa dell’omologazione industriale. Ben vengano quindi progetti come l’Arca del Gusto.
Acqua&menta www.acquaementa.com
uscire a colazione negli affollati caffè del centro di Tel Aviv o Gerusalemme in compagnia degli amici e dilungarsi in chiacchiere oziose all’ombra degli enormi alberi della gomma. Il caffè di qui mi piace molto, lo si fa per infusione nello stile turco ed è molto forte e saporito. Dall’Italia però ho portato il vizio della napoletana ed acquistare la miscela adatta, il classico Lavazza per intenderci, è molto costoso (lo si paga fino all’equivalente di 7 euro alla confezione); per questo, quando parto da casa preferisco rinunciare a qualche vestito per fare spazio ad un pacchetto di caffè in più. Anche se apprezzo la cucina israeliana non posso rinunciare ai buoni sapori di casa e benché non ami interpretare la macchietta dell’“italiana all’estero”, mi faccio sempre sorprendere dai controlli aeroportuali con qualche ben di dio nascosto nel fondo della valigia, che fortunatamente non mi hanno mai sequestrato! Dopo questa confessione però, vorrei spezzare una lancia in mio favore: la mia piccola attività di contrabbando non è a senso unico, a volte mi capita anche di importare prodotti tipici israeliani in Italia. La tahina ad esempio, una crema di semi di sesamo che si usa come condimento per verdure cotte ed insalate o nella preparazione del famoso hummus. L’hummus, per chi non l’avesse mai provato, è una soffice e saporita crema di ceci, aglio, limone e tahina; viene servito abitualmente nei piatti fondi colorati, in stile mediorientale, decorato con qualche pinolo o con la salsa piccante. Si mangia con un pane arabo cotto nel forno a legna, la pita. Gli israeliani adorano l’hummus e lo mangiano a tutte le ore, sfidandosi tra amici a chi conosce il migliore e meno noto ristorante. Anche i turisti ne vanno pazzi e spesso tornano a casa con una vera e propria dipendenza! Un’altra specialità mediorientale di cui ormai non posso più fare a meno è la halva, un dolce realizzato con la tahina (cavallo vincente non si cambia!). Ha la forma di una grande torta ma è più compatta e filamentosa. Si trova in molti gusti, da quello naturale al sapore
di sesamo al cioccolato, alle mandorle, ai pistacchi, il mio preferito. Al mercato di Carmel, nel centro di Tel Aviv, c’è un banco specializzato che offre ai passanti assaggi gratuiti da cui non mi sottraggo mai. Come tutti i dessert locali la halva ha un gusto dolcissimo e, quando al ritorno dall’ultimo viaggio, l’ho fatto assaggiare a mia madre, ottima cuoca di tradizione romagnola, l’ha inghiottito per educazione ma con l’aria disgustata. Cambiare le consuetudini, soprattutto alimentari, non è facile. Forse i responsabili dei controlli di sicurezza all’aeroporto, aprendo la mia valigia e vedendo la mia collezione di generi di conforto, rideranno sotto i baffi e imiteranno scherzosamente la “macchietta dell’italiano” che ci fa tanto arrabbiare, magari muovendo la mano chiusa nel gesto tipico del “che vuoi?”. Loro però ignorano che tra gli stereotipi io sono un caso atipico: sono un’italiana “pita spaghetti e mandolino”.
Chiara Alberini http://www.chiaraalberini.com
Ci piace proporre piatti che per qualche motivo più o meno stravagante siano partiti geograficamente o storicamente da molto lontano per giungere poi fino a noi assorbendo le contaminazioni delle terre percorse o delle vicissitudini politiche patite. Abbiamo così voluto studiare una ricetta davvero antica: il Gulasch. Si tratta di una corposa zuppa di carne e verdure che i mandriani cucinavano dentro un grande paiolo messo sopra un fuoco alimentato dalla legna all'aperto quando trasportavano i pregiati bovini dalle lunga corna verso i mercati di Moravia, Vienna, Norimberga e Venezia. Lo abbiamo seguito dalle pianure ungheresi fino alla corte dei Dogi, trasformando la necessità dei bovari di camuffare con spezie ed erbe sapori non sempre gradevoli con la bellezza di una profumazione che ad oggi ha il solo scopo gastronomico di arricchire le nostre pregiate carni di profumi ed aromi esotici. Tanto lontano? Macché! È nel nostro menù.
Clara Zani www.lapavona.blogspot.it
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Dieci, forse undici anni mal spesi e sapevo già benissimo, contrariamente a qualche mio incerto coetaneo, cosa avrei voluto fare da grande: un cazzo. Vivevo al margine di un paese che contava sì e no cinquemila anime e casa mia era l’ultima di una strada cieca, nemmeno asfaltata. Oltre, un campo di terra taccagna e scura che, a fatica, regalava sostentamento alla famiglia che devotamente gli dedicava tutta se stessa. Le mie giornate si consumavano tra un’inadeguata vocazione allo studio e una disorientata attività onirica che mi portava ad essere lì e in altro luogo allo stesso tempo. Ma più spesso in altro luogo. Così vivacchiavo su insinceri successi scolastici, riscossi più per una connaturata sagacia che per reali meriti sul campo e sul più radicato fancazzismo locale che consisteva nell’errare bicimuniti senza meta e nel trasformarsi, rinfrancati dal vuoto pneumatico, in indolenti cascamorto al bar del centro. Il nostro mondo era lì, anzi, era tutto lì. C’era la Ada, la barista dall’enigmatica acconciatura nero pece, responsabile indiretta delle nostre attuali, critiche funzioni epatiche, e suo marito, l’Aldo, sempre in giaccaecravatta, avesse servito ai tavoli o spurgato un pozzo artesiano. C’era “l’Americana”, mamma di una ventina di gatti, che con il suo sgraziato dialetto e poco altro, nell’immediato dopoguerra se n’era andata a Uàscintòn a fare la cuoca ed era tornata carica di speranze e un male strano nella testa. C’erano i miei amici di sempre, complici di impudenti scorrerie giornaliere. C’erano quelli più grandi, signori della piazza, fatalmente imprigionati nella loro aria da sputasentenze. C’era il Mauro che aveva il Gilera verde mela e che guidava con le mani sul serbatoio, che quando arrivava, per scendere, scavalcava la moto come Giònuein il cavallo. C’era l’Arrigo che aveva sedotto la più bella del paese, diventato bersaglio della nostra più livida invidia (e anche di qualche pertinente malaugurio), c’era il Cino,
Lavoro ad Arte:
un allampanato marcantonio, alto come il canestro del campo del prete e l’Albis (ma in Comune faceva Albertino) che al posto dei muscoli c’aveva il cemento con il ferro dentro. Accanto al bar, sotto il portico, faceva bella mostra di sè una drogheria. No, “la” drogheria. L’unica. Dentro, ovviamente, qualsiasi genere di conforto avremmo potuto immaginare, convenientemente esposto alla nostra e all’altrui vista secondo i dettami del marketing in voga. Nel mezzo di una spenta mattina ci veniva fame? Due passi, il pane ancora caldo, l’etto di cotto cheabbiamosolonoi per spedire l’intestino in paradiso. Il caldo ci schiacciava sulle seggiole? Due passi, una coppetta, due gusti e il respiro tornava regolare. Insomma, che altro avremmo potuto chiedere e desiderare?! Niente, questa è la risposta, niente. Invece, come spesso accade, qualcosa o qualcuno si presenta, non invitato, a sgangherare i piani e, più sinteticamente, a rompere i coglioni. Nel mio caso mia nonna, garante della mia scialba educazione in assenza dei miei genitori, entrambi quotidianamente rapiti dalle rispettive occupazioni, si fece appassionata promotrice di escursioni fuori porta verso la città, che mai avevo visto ma della quale avevo abbondantemente sentito parlare, nemmeno troppo bene. Vestito della festa, cappello, corriera - che passa ogni mezz’ora biglietto e alè, verso la metropoli. Il viaggio è breve anche se mi sembra di non arrivare mai. Nel paesaggio, che si fa via via più severo, intravedo case più alte della mia e anche del bar e della drogheria e automobili veloci (che compaiono da tutte le parti, quando meno te lo aspetti). Sembra anche più caldo e il trambusto oltremodo sgradevole. Quando scendiamo della corriera vengo soffocato da uno sciame di donne dissolute, che si dirigono in massa, come api tutte attratte dallo stesso fiore, verso un grande palazzo, la UPIM, come recita la scritta luminosa. La nonna mi trascina dentro a forza e io sono talmente stordito che nemmeno mi accorgo. La luce e il caldo opprimono e
il brusio (che rapidamente diventa rumore) penetra la corteccia e si insabbia nel cervello. Facciamo su e giù per i piani affollati almeno una quindicina di volte, tra servizi da tavola in fine porcellana, golfini all’ultima moda, vasche di Moplen e tende floreali. L’unico reparto che mi interessa, quello dei giocattoli, viene inadeguatamente battuto e il mio umore ne risente. “Vedi, qui c’è di tutto, tutto per tutti!”. Ma tutto cosa? E tutti chi? Io qui non conosco nessuno e nessuno sa nemmeno chi sono. Non ci sono la Ada, “l’Americana” e nemmeno il Mauro. Questo posto è smodatamente grande, la gente passa e non ti vede, se hai fame non sai dove andare, se hai sete te la tieni. Voglio tornare a casa, voglio andare al bar, sedermi, centellinare un ghiacciolo che mi ha dato l’Aldo in persona e permutare qualche baggianata con gli amici. La città è troppo diversa, troppo affollata, troppo anonima. Forse troppo grande. Ci saranno i palazzi, le auto, i piatti in ceramica e le tende, ci sarà anche tutto per tutti ma quel tutto, credetemi, fa cagare.
Grego Ricorso
a.a.a. sostenitori cercasi...
un progetto LocaLe che vuoLe diventare gLobaLe!
Credi anche tu che il cambiamento debba partire da ognuno di noi, e che i paesi debbano essere amati e tenuti in vita innanzitutto da chi li abita? Se ti rispecchi in questi valori, ti innamorerai di “Lavoro ad Arte”, un film-documentario a cura di due importanti realtà bolognesi, l’associazione culturale Cuore di Pietra e Ethnosfilm. Il film è un work in progress che racconta e interpreta un percorso di arte partecipativa sviluppato nelle aree industriali di Pianoro (Bo), periferiche, anonime e non valorizzate, con l’obiettivo di restituire bellezza e identità affettiva a luoghi confinati ai margini della memoria collettiva. Il progetto ha coinvolto anche i cittadini in performance e installazioni curate da artisti internazionali, facendo emergere lo straordinario nell’ordinario, in una sorta di arte del quotidiano. Un magico incontro fra lavoro e arte: immagina che i marciapiedi raccontino frammenti di ricordi legati alle aziende che non ci sono più, immagina di poter entrare dentro gli oggetti che si producono nelle fabbriche e cogliere la materia astratta che li fa sembrare piccoli caleidoscopi, immagina che il battito dei cuori dei lavoratori diventi una musica che invade tutto il paese… Immagina ciò che già abbiamo fatto, e che vogliamo raccontare in un film-documentario per condividerlo con chiunque creda nei nostri valori.
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