Riflessioni attorno all’inchiostro di china - L’arte della pittura a monocromo

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Maria Teresa Pansino

Riflessioni attorno all’inchiostro di china

L’arte della pittura a monocromo


Progetto grafico Maria Teresa Pansino Sovraccoperta Carlo Giaccone Font Adobe Garamond Pro, 新宋体 NimSun, 小塚明朝體 Kozuka Mincho Pro Carta Fedrigoni, Corolla Book bianco 100gr/m2 Fedrigoni, Corolla Book avorio 120gr/m2 Takeo, Orihime nero 116gr/m2 Canson, Mi Teintes nero 160gr/m2 Stampa Idea Digitale s.n.c.




Questo testo vuole essere un analisi sull’utilizzo dell’inchiostro di china nel contesto Orientale analizzando una delle principali forme artistiche che si servono del suo impiego, ovvero, la pittura di paesaggio a monocromo. Partendo da un analisi storica per comprendere le origini di quest’arte, la sua evoluzione e le caratteristiche principali, si proseguirà verso un analisi del pensiero e dei concetti fondamentali dietro alla via del pennello. A conclusione alcune note e riflessioni personali nate dalla messa in pratica dei principi qui esposti grazie alla guida del Maestro Carlo Giaccone.


指 数


指 数 Indice

pag 11

Introduzione

pag 15

La pittura di paesaggio

pag 17

Analisi storica — Cina

pag 41

Analisi storica — Giappone

pag 65

Gli strumenti I pennelli L’inchiostro La pietra per l’inchiostro Il sigillo

pag 73

La tecnica Il vuoto L’inchiostro Il tratto Le tre distanze

pag 89

Un approccio diretto


介 绍 Introduzione


介 绍

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L’origine degli inchiostri risalirebbe al terzo millennio a.C., quando una particolare lacca per scrivere sarebbe stata inventata dal cinese Tien Tcheu, vissuto ai tempi del leggendario Hwang Ti (2500 a.C. circa) detto “l’imperatore Giallo”, considerato l’antenato della Dinastia Han. Alle origini i bastoncini cinesi di lacca erano formati da colla animale e nerofumo ottenuto da lampade, pestato fino a divenire finissimo. Altre ricerche indicano come inventore della formula dell’inchiostro Wein Tsu, vissuto tra il terzo e il quinto secolo d.C. Naturalmente si tratta di informazioni incerte, che si rifanno alla tradizione orale cinese.

Questo inchiostro viene ancora fabbricato a partire dal nerofumo(fuliggine di legno), reso compatto tramite l’aggiunta di colla animale, quindi mescolata ad olio di sesamo o di tong(un tipo di pianta oleosa). Ad alcuni inchiostri di qualità venivano e vengono incorporati degli additivi come muschio, canfora di Bormeo, e perfino polvere d’oro, che conferiscono profumo e particolari riflessi al prodotto finito. L’artista attraverso l’uso esclusivo dell’inchiostro giunge a risultati unici, in una rappresentazione che va oltre il dato oggettivo, raggiungendo lo spazio dello spirito, lo spazio del sogno.



Pennello e pensiero intessuti partecipano alla manifestazione; picchi nuvolosi e colore delle rocce sorpassano i segreti del Cielo. Wang Wei


Nell’e

山 水

La pittura di paesaggio


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Il paesaggio sintesi degli opposti. Roccia ed Acqua. eterno non essere innominabile sta l’essenza intima di tutto ciò che esiste: nell’essere perituro e nominabile sta il suo formale volgimento.

Lo Shanshui (山水), letteralmente “montagna e acqua”, è il termine cinese che denota la pittura di paesaggio che nelle raffigurazioni è sempre mutevole e mai fermo o stabile. Lo shanshui infatti mostra la natura nella sua armonia universale: all’artista cinese non importa riprodurre il reale quanto la propria intima visione, il sogno1. La vitalità del mondo nelle sue “mille trasformazioni” viene catturata, custodita e coltivata nella memoria del pittore, in modo che, uno volta interiorizzata pienamente possa trasferirla sulla tela.

Usufruendo unicamente dell’inchiostro di china il pittore fissa con tratti essenziali del pennello ciò che vede e sente: una commistione di forze vitali che si combinano ed intergiscono, generando concentrazioni e dispersioni, lontananze e vicinanze, pieni e vuoti. Il paesaggio è quindi corpo vivente. La pittura diviene vita stessa2. È una pittura che si libera dai vincoli del visibile. Sfuggendo a qualsiasi struttura, il soggetto è più suggerito che disegnato, è una pittura aperta che accoglie il vuoto ed i più lievi echi del reale che sfuggono alla limitata visione sensoriale3, è pittura da “ascoltare” più che da guardare, in una sorta di rituale meditativo, dove la realtà cede il posto alla verità. Un’arte che cerca di imporsi, più che esteticamente, come “arte di vita”3.


16 Nella sua storia millenaria, la nazione cinese ha creato una cultura splendida, e uno dei tesori più preziosi del patrimonio culturale è proprio la pittura tradizionale ad inchiostro di china. La pittura, insieme alla calligrafia, gode di grande considerazione perchè capace di raggiungere ad un piena conoscenza dell’animo umano e del mondo che lo circonda. Per mille anni i pittori cinesi si sono proposti, tramite la mediazione del pennello, di giungere ad una totale comunione con la Natura. Attraverso una costante disciplina gli artisti giungono ad interiorizzare gli aspetti infinitamente vari del mondo, in una pratica che si dimostra essa stessa spiritualità.

Prodotto di numerose osservazioni, mature mediazioni e di esperienze pratiche, quest’arte offre una forma di completezza nella quale l’uomo può inserirsi nella sua totalità. Ciò si verifica per l’artista nell’atto stesso di dipingere. Quando il pittore si pone all’opera, le forme, i tratti, i gesti derivano dalla proiezione del mondo interiore nel quale gli elementi del mondo esterno sono già pienamente assimilati. L’artista viene considerato alla pari di un saggio, di un filosofo, colui che tramite la pratica della via del pennello riesce a ricongiungersi con l’invisibile origine4. È quindi un’arte fatta di forme simboliche, di metafore, riflessioni sull’uomo e sulla sua esperienza del mondo. Un’arte da guardare con gli occhi della mente.

Un vero artista osserva, studia, impara a conoscere la Natura, ma cerca l’immagine del proprio cuore, nella profondità della propria interiorità. Zhang Zho

1. Cheng, François, Mille anni di pittura cinese, pag 7 2. idem 3. idem pag 9 4. idem pag 10


Analisi storica Cina

历 史 分 析


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19 Zhao Ji, Colori autunnali tra ruscelli e montagne, XII secolo, National Palace Museum, Taipei

Le prime testimonianze mostrano come già 2000 anni fa l’arte pittorica fosse già molto evoluta, ma la nascita della pittura a china si attesta durante la Dinastia T’ang (唐朝 618–907), un momento che vede una prosperità senza precedenti nella storia della Cina, e successivamente culminerà con la Dinastia Sung (宋朝 960–1279). A Wu Daozi (吳道子 680–759) si deve l’inizio di questa grande tradizione: fu il primo ad elevare il paesaggio come forma di pittura autonoma. Putroppo delle numerose opere compiute non rimangono che copie, incisioni e numerose descrizioni letterarie dei contemporanei che riconobbero il profondo valore artistico delle sue opere.

In tarda epoca T’ang il genere paesaggistico viene promosso da due scuole: la prima detta “Scuola Settentrionale” che vedeva a capo Li Sixun (李思訓 651–716) e successivamente suo figlio Li Zao–dao (李昭道 670–750). Padre e figlio si caratterizzano da uno stile pittorico estremamente particolareggiato, a cui al tratto si unisce l’utilizzo di colori quali oro, azzurro e verde. Le opere oscillano fra il realismo, dato dalla vasta serie di dettagli minuziosi, e l’immaginario in cui predominano i colori vivaci.


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Li Zhaodao, Il viaggio dell’Imperatore Minghuang a Shun, 720 circa, National Palace Museum, Taipei


22 Di tendenza opposta è la “Scuola Meridionale” fondata da Wang Wei (王維 699–759), pittore e poeta, che sviluppa una particolare tecnica detta po–mo (破 墨), ovvero “inchiostro guazzato”, tecnica derivata dalla pratica calligrafica, fondata sull’accostamento di diverse sfumature d’inchiostro per rendere l’idea della densità e della profondità nella rappresentazione delle rocce e delle montagne. La linea si dissolve, gli elementi non sono pienamente definiti consentendo di cogliere l’aspetto essenziale delle cose.

La uditiva, sinestetica, pa


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pittura è un’esperienza di esplorazione non soltanto visiva, ma anche tattile, , un’esperienza di ambientamento, nel senso che il pittore si fa tutt’uno con il aesaggio, con il mondo che lo circonda; si riconosce con esso, attraverso di esso. Ambiente è ciò che circonda il pittore, ma non gli resta esteriore, estraneo; l’uno e l’altro si compenetrano, si completano. Shi T’ao

Queste parole del pittore di epoca Ch’ing (清朝 1644–1911), Shih T’ao (石濤 1641–1710), che illustrano appieno ciò che la pittura di paesaggio rappresenta per l’artista: un’esplorazione attraverso i sensi della più intima essenza della Natura, dove pittore e Natura diventano un unico corpo. La pittura di paesaggio già conosciuta a partire dal periodo delle Sei Dinastie (六朝 265–587), raggiunge il suo apice durante i Sung (宋朝 960–1279) e gli Yuan (元朝 1271–1368). Il paesaggio in epoche precedenti era servito soltanto come scenario per l’ambientazione e sfondo delle figure, animali, divinità e demoni, ma mai fino ad ora era diventato il protagonista dell’opera d’arte.


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25 Nelle pagine precedenti: Wang Wei, Paesaggio d’inverno sul fiume Yangtze Fan Kuan, Seduto da solo ai bordi di un ruscello, XI secolo, National Palace Museum, Taipei

Da qui il pittore Chan aveva bisogno di un’atmosfera adatta per meditare, liberare la mente da ogni pensiero e lasciarla aperta nella quiete, per recepire “quei lampi di illuminazione, quando improvvisamente la verità si rivela”1. Con l’affermazione del buddhismo Chan e l’ascesa del neoconfucianesimo intorno al XI–XII secolo, il ricorso alla dimensione cosmica e al principio universale di tutte le cose, denominato li, l’uomo veniva posto al centro dell’universo, fra il cielo e la terra, come l’espressione più alta della natura. Tutta la produzione pittorica di questa epoca, le forme dei fiori e uccelli, le trame delle rocce, il corso delle acque, il realismo naturale dei Sung e gli Yuan, rispecchia il profondo esame del mondo visibile e la ricerca del principio li2. Questa nuova corrente si pone in antitesi con il modello del beihua (北华), pittore di corte tipico della “Scuola del Nord”, che propone un’arte di matrice Accademica puramente decorativa e mondana, interessata solo all’aspetto esterioire delle cose.


26 Quando l’impero Sung crolla di fronte della pressione Mongola, viene fondata una nuova dinastia, gli Yuan. La caduta dei Sung comporta anche la caduta dello stile pittorico Accademico di corte e la comparsa della pittura dei letterati wenrenhua (文人画) iniziata da Mi Fu (米 黻 1051–1107) e che vede fra i massimi esponenti i “Quattro grandi Maestri degli Yuan”, ovvero Huang Kung–wang (黃公望 1269–1354), Wu Chen (吴镇 1280–1354), Ni Tsan (倪瓚 1301–1374) e Wang Meng (王蒙 1308–1385). Questa pittura nasce da un’ispirazione letteraria e dall’equilibrio fra l’aspetto spirituale e quello soggettivo3. In questo periodo la somiglianza formale lascia spazio agli stati d’animo e ai sentimenti personali dell’artista e il principio della “vitalità ritmica” diviene il principio ispiratore della pittura di paesaggio, in cui dovevano riflettersi le emozioni. I pittori–letterati cominciano a servirsi della poesia all’interno dei dipinti, non solo come espressione del legame intimo tra pittura, poesia e calligrafia, ma perché i loro dipinti non erano più rappresentazioni realistiche della natura, quanto invece quadri astratti. Con l’inserimento della poesia il pittore consente più possibilità di lettura del dipinto4.


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29 Nelle pagine precedenti: Huang Kung–wang, Sul monte Yu, 1350, National Palace Museum, Taipei Wang Meng,Villaggio fra le montagne autunnali, 1343, National Palace Museum, Taipei Shen Zhou, Monte Lu, 1467, National Palace Museum, Taipiei Wang Shimin, Alla maniera di Wang Wei “Neve su fiumi e montagne”, 1668, National Palace Museum, Taipei


30 Il connubio tra calligrafia e pittura rappresenta l’importanza attribuita all’uso del pennello e dell’inchiostro e nel fluire delle linee si traducono emozioni e vigore, effetti temporali e spaziali. I pittori aggiungono spontaneità e libertà nel movimento del pennello, ricorrono a linee ascendenti e discendenti, usano l’inchiostro secco o umido, scuro o chiaro trasmettendo al meglio le proprie emozioni sulla tela.

La legge interiore del dipingere e il metodo del pennello consistono nel cogliere È possibile per lo spirito umano esprimere lo spirito dell’u

Nel gesto pittorico accade l’incontro tra dimensione fisica esteriore e dimensione spirituale interiore. Il dipingere si rivela un atto naturale. Soltanto un dipinto che ha raggiunto la spontaneità è un dipinto vitale, autentico e soltanto questo modo di dipingere è in grado di cogliere la natura intima di ogni cosa5.


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la sostanza e l’apparenza dell’universo. universo attraverso l’opera del pennello. Lin Yutang

La pittura di bambù perfezionata in seguito dai pittori–letterati, la cui gamma monocromatica si avvicina all’arte della calligrafia, è espressione di questa spontaneità e unicità. Nella zhuzihua (竹子 画, pittura di bamboo) le proporzioni di ogni foglia e ramo devono essere chiaramente delineati, ogni sfumatura d’inchiostro deve essere eseguita precisamente, l’equilibrio tra lo spazio vuoto e lo spazio pieno deve essere perfetto. Inoltre per i letterati il bambù era simbolo delle virtù del junzi (君子, gentiluomo) e le opere di questo genere venivano considerate come esempi di pittura virtuosa.


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Nella pegina precedente: Wu Chen, BambÚ al vento, 1340 circa, National Palace Museum, Taipei Chen Chun, Giardino d’estate, 1540 circa, Metropolitan Museum of Art, New York


Chen Zhou, Corvo sull’albero, 1495 circa, Palace Museum, Beijing


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35 Con l’instaurarsi della nuova dinastia Ming (明朝 1368–1644) la pittura perde quello slancio creativo che l’aveva caratterizzata precedentemente. Si erge prepotentemente un’artista degno di essere considerato come l’iniziatore della pittura moderna: questi è Hsu Wei (徐渭 1521–1593). Dotato di una straordinaria sensibilità, nonostante l’infermità mentale giunse a risultati sorprendenti. Opponendosi ad ogni regola compositiva, la sua pittura risulta intensamente espressionista; le piante, i frutti, gli insetti prendono forma dall’inchiostro guazzato, e si mantengono sulla tela con un sorprendente equilibrio, fra delicatezza ed intensità di tratti.

Prima di dipingere un bambù, lascialo germogliare in te stesso. Su Tung–Po

Hsu Wei, Bambù, 1560, Freer Gallery of Art, Washington D.C.


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Hsu Wei, Dodici fiori e poemi (particolare), 1560 circa



38 Con l’ultima dinastia cinese dei Ch’ing (清朝 1644–1911) si pone fine a questa grande tradizione. Complice la dura censura esercitata dal governo gli artisti assumeranno un atteggiamento di profondo distacco e di rifiuto nei confronti del nuovo ordine, percorrendo la via eremitica come ad esempio i “Quattro eminenti monaci pittori”: Hung Jen (华弘仁 1610– 1663), K’un T’san (髡殘 1612–1693), Chu Ta (朱耷 1626–1705) e Shih T’ao (石濤 1641–1710).

Wu Li, Autunno, 1667, collezione privata

Figura isolata e unica è Wu Li (吳歷 1632–1718) fra gli ultimi pittori di questa tradizione. In seguito all’incontro con un prete europeo abbraccia la fede cristiana, intraprendendo studi di Teologia e successivamente assumendo gli ordini. Assieme all’attività monastica, affianca quella di pittore. La sua arte si manifesta particolarmente luminosa e rivelatrice sul conflitto di due mondi opposti che si scoprono l’un l’altro. I suoi paesaggi esprimono una certa aura di mistero e un’influenza occidentale. Con l’opera di Li si giunge ad un incontro fra l’arte occidentale e quella orientale.


1. Kostova, Zatlina, Pensiero filosofico ed estetico cinese, pag 4 2. Cheng, Franรงois, Mille anni di pittura cinese, pag 37 3. Kostova, Zatlina, Pensiero filosofico ed estetico cinese, pag 8 4. Sandri Fioroni, G. & Giannelli, L., Aspetti della pittura di paesaggio tra Oriente e Occidente, pag 50 5. Cheng, Franรงois, Mille anni di pittura cinese, pag 43



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Analisi storica Giappone

履 歴 分 析


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43 Tani Buncho, Monte Fuji, 1802, Metropolitan Museum of Art, New York

All’epoca Kamakura (鎌倉時 1192– 1333), ovvero nel periodo in cui il potere passò dalle mani della nobiltà a quella dei guerrieri samurai, i pellegrinaggi dei monaci Zen in Cina e i contatti commerciali con quest’ultima, favorirono l’arrivo in Giappone di numerosi dipinti e manufatti cinesi determinando una notevole influenza sugli artisti al servizio dei templi a cui venivano commissionate opere da parte di mecenati e collezionisti. Gli artisti nipponici rimasero affascinati dai paesaggi del tardo periodo Sung, dall’uso del colore, dal disegno di architetture, di persone e di quant’altro emergente pur mantendo sempre un carattere immaginativo.

Al contatto con il pensiero nipponico la filosofia Chan (Zen) subisce profonde modifiche: incontrando lo Shinto, Chan scompare nella sua tipicità cinese1. Il termine Shanshui venne tradotto in suibuki e lo stile pittorico come suibokuga (水墨画), in cui “sui”(水) è acqua, “boku”(墨) inchiostro, “ga”(画) pittura. Successivamente nel periodo Muromachi (室町時代 1333–1568) verrà coniato il termine sumi–e (墨絵), in cui “sumi” (墨) designa l’inchiostro di china ed “e” (絵) l’ideogramma stile pittorico, che serve ad indicare qualsiasi dipinto realizzato con inchiostro di china.


44 Lo sviluppo della pittura monocroma in Giappone si può suddividere in quattro fasi: una prima dal XII secolo alla fine del XIV secolo, vede ancora uno stadio formativo in cui i soggetti sono per lo più figurativi; la seconda, che si sviluppa durante la prima metà del XV secolo, in cui si concentra l’opera di Shubun; una terza, seconda metà del XV secolo, che coincide con la vita e l’opera di Sesshu, e in ultima la quarta che prosegue fino alla fine dell’era Muromachi e vede la diffusione della pittura a china nelle province ed il sorgere della scuola di Kano. L’epoca Muromachi (室町時代 1336– 1573) è il periodo della pittura dei monaci Zen. Questi monaci, in stretto contatto con la Cina grazie ai continui scambi commerciali, sviluppano una pittura vicina allo stile Yuan. Fra i più rinomati si ricorda Josetsu (如拙 1380–1496). Caratteristica la sua impostazione asimmetrica, tipica dei Maestri Ma Yuan e Xia Gui, per il dettaglio nella rappresentazione del paesaggio e l’uso di colpi di pennello sottili e accurati.

Josetsu, Porte del villaggio al chiaro di luna, XV secolo


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47 Erede dell’opera di Josetsu è Tensho Shubun (天章 周文 ?–1463) a cui si deve la prima opera pittorica di matrice sansuiga. Shubun fu monaco Zen e pittore ufficiale sotto lo shogun Ashikaga, promosse l’arte ad inchiostro di china a corte. Con la sua opera superò la pittura cosiddetta “primitiva” che imitava i maestri cinesi, aprendo la strada agli artisti successivi per il consolidamento di uno stile nazionale. Il più famoso successore di Shunbun fu Sesshu Toyo (雪舟 等楊 1420–1506). Sesshu inviato in Cina per conto della famigli Ouchi, vi rimase per circa due anni dove ebbe l’occasione, visitando Pechino, Hangzhou ed i principali templi Zen, di studiare a fondo la pittura di paesaggio. Le sue opere si svincolano da allusioni e intenti filosofici proponendo un’arte indipendente da quelle che erano le restrizioni formulate dai monaci Zen.

Tensho Shubun, Lettura in un bosco di bambù,1446, Tokyo National Museum, Tokyo Sesshu Toyo, Pesaggio d’inverno, 1497, University of Michigan Museum of Art, Ann Arbor


48 Fra i suoi dipinti si elencano tre capolavori che segnano il processo del passaggio da sansuiga a suiboku e infine sumi–e, e sono: “Haboku Sansui” (visione del paesaggio di Haboku, 1495), “Shuto Sansuizu” (paesaggio d’autunno e d’inverno, 1497) e “Amanohashidate”, 1501, che rppresenta il panorama della zona Ovest della Baia Wakasa (che insieme a “Matsushita” e “Itsukushima” vengono definiti dai giapponesi Nihon Sankei, ovvero le tre più famose vedute nipponiche). In “Haboku”, Sesshu, attraverso pochissime linee precise ed essenziali ci suggerisce la presenza in questo paesaggio di montagne, acqua, alberi, una locanda ed una barca: nessuno degli elementi è ben definito o immediatamente riconoscibile, tutto è appena accennato, sfumato, immerso nella nebbia.

Sesshu Toyo, Haboku, 1495, Tempio Myoshin–ji, Kyoto


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In “Amanoashidate” tutta la composizione è estremamente bilanciata, e la straordinaria abilità con cui è utilizzato il pennello è immediatamente percettibile: si ammira la perfezione tecnica nella resa delle colline sullo sfondo, realizzate con poche, essenziali macchie grigie, e il modo in cui la città, data dai sui tetti, è resa tramite piccoli colpi netti in mezzo alle chiazze dense degli alberi; la presenza di luoghi sacri è sottolineata dalla discreta presenza del colore rosso. In “Amanoashidate” nulla è immaginario, è la risultanza di un dipinto paesaggista secondo l’animo nipponico e totalmente reale2. Sesshu, con la sua opera pone fine al processo di giapponesizzazione della pittura di paesaggio, aprendo la strada a quei pittori che consolideranno un vero e proprio stile nazionale ammirato dal mondo come l’ukiyo–e. Alla morte del maestro l’arte della pittura ad inchiostro inizia a diffondersi fra le province, vedendo la nascita di numerose scuole.


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Sesshu Toyo, Amanoashidate, 1501, Kyoto National Museum, Kyoto


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Si forma la scuola Kano, la più importante e longeva scuola pittorica del Giappone: nata a Kyoto nel XV secolo e spostatasi successivamente a Edo, la sua influenza si è protratta fino al XIX secolo; esercitando una egemonia culturale per più di trecento anni. A ragione di questa longevità vi è sicuramente il fatto che gli insegnamenti e i canoni di pittura siano stati trasmessi all’interno di una stessa famiglia, di generazione in generazione. Il fondatore fu Kano Masanobu (狩野 正信 1434– 1530, periodo Muromachi) che adottò la tecnica cinese; lo stile fu elaborato e fissato dal figlio Kano Motonobu (狩野 元信 1476–1559) e portato al massimo fulgore, adeguandolo alle esigenze ed al gusto della committenza, dal nipote Kano Eitoku (狩野 永徳 1543–1590, periodo Momoyama).

Dalle origini questa scuola guarda alla pittura cinese a inchiostro, con soggetti tipicamente cinesi quali i paesaggi, per poi fondersi mirabilmente con la pittura giapponese Yamato–e dalle vivide superfici colorate e dai soggetti come fiori, uccelli, alberi. Tale scuola ha poi ampiamente usato il fondo oro per conferire un senso di sontuoso splendore e ha adottato, come supporti, i paraventi e le porte scorrevoli, diventando, così, la corrente artistica prediletta dell’aristocrazia guerriera dagli ampi castelli i cui interni, riccamente decorati, dovevano trasmettere potenza e incutere soggezione.


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A contrastare questa egemonia si citano pittori come Hasegawa Tohaku (長谷川 等伯 1539–1610) e Kaiho Yusho(海北 友松 1533–1615). Tohaku grande ammiratore di Sesshu e del pittore–monaco Muqi della dinastia Sung, realizza una coppia di paraventi utilizzando la tecnica ad inchiostro diluito, omaggiando la tecnica degli antichi maestri. Suddivisi in quattro gruppi i pini emergono da una leggera bruma, le linee che suggeriscono il terreno e le montagne danno profondità allo spazio. Il pennello si muove liberamente, l’inchiostro regala infinite tonalità dal nero al grigio perla. Yusho attraverso l’uso di rapide pennellate, un numero limitato di tocchi di inchiostro e linee irregolari realizza una pittura estremanete sintetica, lontana dalla profusione di Kano.


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Nelle pagine precedenti: Motonobu Kano, Quattro stagioni, fiori e uccelli, XVI secolo, Suntory Museum of Art, Tokyo Hasegawa Tohaku, Pini (paravento), XVI secolo,Tokyo National Museum, Tokyo



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Dipingere uno spazio bianco dove nulla è disegnato: questo è il più difficile compito della pittura. ike taiga

Con l’insediamento del potere nella nuova capitale Edo con lo shogun Tokugawa (徳川幕府) prende avvio una grande espansione economica che porta alla formazione di una fiorente classe media e alla nascita di differenti scuole pittoriche. Numerosi artisti attratti dalle numerose committenze si stabiliscono nella nuova capitale. Un piccolo gruppo di artisti tenta di dare un ultimo alito alla pittura di ispirazione cinese. Questi pittori si riuniscono sotto il movimento di pittura nanga, ovvero “pittura dei letterati”, che va a riprendere il modello cinese wenrenhua (文人 画), di estrazione elevata questi artisti rifuggono dai piaceri e dalla mondanità di Edo in favore della tranquilla Kyoto.

Con artisti quali Ike Taiga(池 大雅 1723–1776) e Yosa Buson (与謝 蕪村 1716– 1784) il movimento nanga trasforma e adatta alla sensibilità giapponese quella che in origine era una meccanica imitazione estetica dei canoni cinesi. Per i suoi quadri Taiga si basava su vecchie pitture cinesi o prendendo ispirazione dalla poesia, come ad esempio il paravento “Paesaggio con padiglioni”, che riprende panorama dal padiglione di Zuiyeting, arricchendo la composizione con colori vivaci e fondo dorato. Buson celebre fra i suoi contemporanei per le sue poesie di haiku (tipico componimento in diciasette sillabe) accompagna i suoi testi con illustrazioni semplici date da tratti morbidi e tenui che evocano all’osservatore visioni profonde in perfetto stile poetico.


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IYosa Buson, Paesaggio con abitazioni, XVIII secolo


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Ike Taiga, Vista dal monte Asama, XVIII secolo, Kyoto national museum, Kyoto


60 L’ultimo contributo dato dagli artisti giapponesi all’arte della pittura ad inchiostro si deve ad un gruppo di artisti denominati i “Tre eccentrici”: Nagasawa Rosetsu(長沢 芦雪 1754–1799), Ito Jakuchu (伊藤 若冲 1716–1800) e Soga Shohaku (曾我 蕭白 1730–1781). Propongono un arte fortemente contestatrice rispetto ai modelli rigidi e canonizzati della tradizione Zen. Le loro opere e la loro stravaganza formano un nuovo modello di artista “ribelle”, vicino all’idea di artista indipendente moderno ed occidentale, proponendo tele prettamente espressionistiche.

Il dipinto è la tua rappresentazione, te s la tua ment

Nagasawa Rosetsu, Studio, XVIII secolo Nagasawa Rosetsu, Paesaggio al chiaro di luna, 1754, Egawa Museum of Art, Hyogo Nelle pagine successive: Ito Jakuchu, Gallo, XVII secolo, Hosomi Museum, Kyoto Ito Jacuchu, Nirvana,1780, Kyoto National Museum, Kyoto


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stesso, con il tuo carattere, il tuo corpo, te, i tuoi sentimenti, le tue aspirazioni. Chang Yanyan

Rosetsu abbandona la pennellata tipicamente lineare cinese a favore di umide e larghe macchie di inchiostro stese su ampie superfici, alla maniera occidentale, come nel caso di “Ritratto di Kanzou e Jittoku”. Il risultato è elettrizante e vivace. Gli anni della maturità lo conducono ad un cambio di registro, utilizza pennellate moderate e leggere velature di inchiostro, il racconto che ne risulta è lirico e romantico come in “Paesaggio al chiaro di luna”.


62 Ito Jakuchu affascinato dagli studi naturalistici si dedicò alla raffigurazione di natura: uccelli, fiori, pesci, soggetti per cui i precedenti artisti non avevano posto alcuna attenzione, considerandoli poco degni. Le sue tele raffiguranti la flora e la fauna sono descrizioni realistiche e minuziose come ad esempio nella tela “Gallo”. Nell’opera “Nirvana” raffigura comuni ortaggi che ad un primo sguardo non direbbero molto, in realtà Jakuchu li utilizza come allegoria: è l’immagine della morte del Buddha circondato dai suoi discepoli. Il dolore per la perdita è dato dal disordine con cui vengono disposti gli ortaggi. Con questa tela Jakuchu riesce a proporre il concetto ultimo del buddhismo ovvero che le qualità del Buddha risiedono in ogni cosa vivente. Con Edo capitale e la crescente urbanizzazione, lo sviluppo culturale e le contaminazioni occidentali, l’arte ad inchiostro di china viene superata da figurazioni edonistiche dell’ukiyo–e, la nuova arte sorta insieme a Edo stessa. L’ukiyo–e si fa interprete dei piaceri e passatempi della nuova classe cittadina, di quel mondo effimero, “fluttuante” che tanto affascinerà l’Occidente3 ma profondamente distante dalla figurazione puramente interiore e profonda che è la pittura a china.

1. Sandri Fioroni, G. & Giannelli, L., Aspetti della pittura di paesaggio tra Oriente e Occidente, pag 111 2. idem, pag 116 3. Murase, Miyeko, L’arte del Giappone, pag 325


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il calam


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La carta è il campo di battaglia, il pennello la spada, l’inchiostro la cotta di maglia, maio è il lago che circonda la piazzaforte, l’intuizione è il generale e il talento il suo capo di stato maggiore. Wang Xizhi

Gli strumenti

材 料


宣 纸

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La carta

La carta 紙 (Cinese: Zhi, Giapponese: Kami) non è un semplice supporto amorfo su cui si stende l’inchiostro, ma è un importante elemento con cui si deve imparare a dialogare. È una materia che si potrebbe quasi definire “viva”, dotata di caratteristiche particolari. Bisogna conoscerne l’assorbenza, apprezzarne il colore, la consistenza e la texture per abbinarvi l’inchiostro più adatto. La sua superficie partecipa alla definizione dell’opera in modo determinante; basti considerare il fatto che costituisce tutto lo spazio non occupato dall’inchiostro e che quindi è la sua texture superficiale a corrispondere al vuoto che nasce dal pieno del tratto creato dallo scorrere del pennello. Un’adeguata scelta della carta è quindi molto importante per ottenere l’effetto calligrafico o pittorico desiderato, ma anche per far sì che l’opera finita sia coerente con la circostanza per cui è stata eseguita.

和 紙


宣 纸

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Xuan Zhi 宣纸 (carta di riso)

Morbida e fine al tatto, adatta a trasmettere l’espressione artistica della calligrafia e della pittura. A seconda dei differenti metodi di produzione si distinguono tre tipologie di carta:

和 紙

Shengxuan (生宣), carta “cruda”, non subendo trattamenti speciali, non viene intaccata l’elasticità della fibra permettendo una piena assorbenza dell’acqua, e conseguentemente una piena espansione dell’inchiostro. Shuxuan (熟宣), durante la produzione viene lavorata con allume di potassio, il che si traduce in una struttura a fibre rigide, una ridotta capacità di assorbimento dell’acqua e minore resistenza al taglio. Banshuxuan (半熟宣), carta “semi–cotta”, ha un assorbenza intermedia fra Shengxuan e Shuxuan.

Washi 和紙 (carta giapponese) Carta prodotta a mano la cui tradizionale fabbricazione si perpetua ancora oggi nei villaggi del nord dell’isola principale Honshu e nelle prefetture di Nagano, Ehime, Gifu, Fukuoka, Tottori, Yamanashi, Fukui, Kōchi, Saitama e Shimane. Le caratteristiche distintive della carta Washi sono il suo essere forte, durevole e delicata al tempo stesso, flessibile, assorbente, ed a bassa acidità. A seconda delle fibre impiegate si possono distinguere tre tipologie di carta:

Hishi (雁皮紙), ottenuta dalle fibre del gampi: è una carta finemente ruvida e robusta e allo stesso tempo possiede una particolare quanto distintiva delicatezza e trasparenza che la rende incredibilmente elegante e raffinata. Data la difficoltà della coltivazione del gampi la carta ottenuta è la più costosa. È comunemente usata per la realizzazione di libri di alta qualità e opere artistiche pregiate. Kozogami (楮紙), la più diffusa, realizzata principalmente con fibre di gelso kozo, le quali rendono la carta ottenuta estremamente resistente nonostante la sottigliezza. Mitsumatagami (三椏紙), ha caratteristiche simili alla carta Hishi, presenta un colore avorio ed è molto sottile.


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I pennelli

I pennelli 笔/筆 (Cinese: Bi, Giapponese: Bi, Fude) sono costituiti da setole naturali animali o di bamboo, variano per forma, dimensioni, lunghezza e tipo di setola. La leggenda attribuisce a Meng Tian (蒙恬 III secolo – 210 a.C.), verso il 250 a.C., l’invenzione del primo pennello costituito da pelo di cammello. L’archeologia mostra, però, un reperto risalente al III secolo a.C.: un primo pennello costituito da bambù e diversi peli di animale. Nel corso dei secoli la produzione di pennelli si affinò parecchio raggiungendo una complessità e una cura notevoli negli esemplari di qualità superiore. Per gli artisti spiritualmente coinvolti nella loro arte, un pennello è l’estensione dell’anima e conseguentemente di se stessi.

In pittura vengono utilizzati una grande varietà di setole, ma quelle maggiormente usate sono: Yang hao (羊毫): setole di peli di capra, molto flessibili, generalmente utilizzate per dipingere grandi superfici e per gradazioni di colore. Lang hao (狼毫) setole di peli di lupo: utilizzate per tracciare linee precise come ad esempio contorni, bambù, alberi o rocce. Jian hao (兼毫) setole con peli di capra e di lupo: il pennello è costituito da una corona esterna di peli di capra flessibili attraverso un’estremità interna di peli di lupo principali, unisce le qualità delle due spazzole precedenti.


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­墨

L’inchiostro

L'inchiostro 墨 (Cinese: Mo, Giapponese: Sumi) si presenta in barette formate da fuliggine di resina di pino o di olio di colza mescolate con colla estratte dalle pelli d’animali stagionate e da profumi vegetali. A seconda delle miscele e della stagionatura si ottengono diverse tonalità di nero. Testimonianze ricavate da scavi archeologici documentano l’esistenza di barrette d’inchiostro solido, costituito da nerofumo e colla, all’epoca dei Regni Combattenti. La sua fabbricazione viene perfezionata in epoca Jin, parallelamente alla diffusione dell’uso della carta in calligrafia. Da allora ne vennero prodotte numerose qualità, secondo altrettante materie prime e varianti tecniche. La sua qualità varia principalmente in base alla purezza e alla raffinazione della materia prima colorante. La colorazione nera dell’inchiostro può variare in numerose tonalità e riflessi differenti tendenti a colorazioni cromatiche più o meno fredde o calde.


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­硯

La pietra per l’inchiostro

Questa pietra 硯 (Cinese: Yàn, Giapponese: Suzuri) a forma di recipiente è costituita da una superficie su cui viene sfregata la barretta di inchiostro e da un “pozzetto” che contiene l’acqua. Per preparare l’inchiostro si attinge la baretta nel “pozzetto” d’acqua portando un po’ di questa sulla superficie della pietra e si comincia a sfregare con un movimento circolare, deciso, costante e vigoroso, senza tuttavia esercitare una forza eccessiva poichè questo rischia di favorire la formazione di un inchiostro troppo granuloso e mal diluito. A seconda della quantità di inchiostro diluito si otterranno diverse tonalità di nero. La preparazione dell’inchiostro è molto importante poichè predispone mentalmente e fisicamente all’esecuzione dell’opera.


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Il sigillo 印 (Cinese: Yìn, Giapponese: In) unico elemento colorato accanto ai tratti neri della pittura o scrittura, costituisce un importante elemento compositivo. Generalmente la firma viene scritta a sinistra, circa a metà dell’altezza del foglio; il sigillo recante il nome del pittore viene impresso sotto essa; poco più in basso si può collocare un secondo sigillo (di uguali dimensioni) che indica il nome della scuola o dell’associazione a cui appartiene l’artista. Il colore della pasta per sigilli è generalmente rosso; ne esistono però numerose varianti di tinta che vanno dal vermiglio all’alizarina, dal cremisi al rosso veneziano.

­印

Il sigillo



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La tecnica

技 术


空 虚 Il vuoto

Le parole di Shi T’ao evocano i continui esercizi spirituali a cui si sottoponevano gli artisti shanhsui per cercare di ricreare nelle loro opere il “soffio” originario, l’ordine cosmico e naturale dove tutto è in relazione e dove l’Uno, il Vuoto, la Potenza Creativa che tutto contiene, diventa Due, originando la coppia Yin (nero) e Yang (bianco), i movimenti opposti e complementari che consentono ogni forma di vita e secondo cui la realtà si esprime. Per poter comprendere appieno il ruolo del nero nella pittura bisogna cogliere e contemplare la funzione del vuoto che caratterizza tutta la cultura cinese, e guardare al bianco del foglio come al Vuoto originario, “puro e senza forme” colmo del soffio dell’energia vitale (Qi), un vuoto che rende possibile l’apparire, l’accadere di ogni cosa. Il filosofo taoista Zhang Zai (张载 1020–1077) esprime con queste parole le basi del pensiero Taoista:

Il vuoto supremo è puro, e in quanto puro è senza ostruzione è spirituale. Il contrario del puro è il torbido: il torbido è ostruzione, e l’ostruzione dà luogo alle forme.


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L’unico tratto accoglie al suo interno la totalità degli esseri. Il tratto riceve l’inchiostro, l’inchiostro riceve il pennello, il pennello riceve il polso, il polso riceve lo spirito. SHI T’AO In questo “vuoto–bianco” i segni prendono vita ad opera del nero dell’inchiostro che, rappresentando più la vita che la forma, accenna alle figure e le lascia aperte “affinché il bianco, ossia il vuoto, non solo scorra dentro e fuori i loro limiti, ma addirittura sciolga a loro i contorni fino al limite della loro riconoscibilità”. All’interno del quadro il vuoto anima tutto l’insieme, evocato tanto dalla più piccola pennellata quanto alle grandi linee della composizione generale. È un vuoto creativo che accoglie ogni possibilità di esistenza. Nel “bianco–vuoto”, la ricchezza e la materialità delle forme e dei colori della natura sono ricondotte alla semplificazione dei contorni, in un nero a volte profondo, altre attenuato in un grigio soffuso e delicato. Il bianco si presenta quindi come un elemento dinamico che accompagna l’osservatore verso il nero intenso dell’inchiostro, ossia verso il colore che crea, che esprime l’interiorità dell’artista, modulandosi nelle infinite tonalità dei grigi, che originano tratti ed emozioni, creando un unità indissolubile tra i due colori bianco e nero.


Per rappresentare appieno le forme della natura l’artista cinese è portato a svolgere una particolare ricerca sulla resa dell’inchiostro, per ottenere i diversi effetti di luce e quindi di atmosfera, tonalità, distanza ecc., essendo solo la china a delineare la totalità delle forme. L’uso dell’inchiostro si attiene ai seguenti procedimenti: jan, applicazione graduata del colore hsuan, acquarello weng, profondamente impregnato po–mo, inchiostro schizzato chi–mo, inchiostri sovrapposti

L’inchiostro

L’artista cinese vede racchiuso nel colore nero le infinite sfumature che la natura può offrire. Inoltre non utilizzando un colore definito per rappresentare i propri soggetti stimola l’immaginazione di chi osserva. Ciò che è importante non è tanto l’aspetto oggettivo e “superficiale” delle cose, quanto i moti vitali che vi si celano.

L’inchiostro nero, l’ombra della vera forma spirituale si ramifica in colori infiniti. Koyama Tenshi


77 Si distinguono inoltre cinque sfumature di nero, cinque gradi: chiao, nero bruciato nung, concentrato chung, carico tan, diluito ch’ing, chiaro A cui si aggiungono ulteriori sei gradi: kan, secco tan, diluito pai, bianco shih, bagnato nung, concrentrato hei, nero

creata dall’artista,


笔 锋 Il tratto

Posso [...] prelevare [...] un certo numero di “tratti” questi tratti formare deliberatamente un sistema. roland barthes

Il pittore per dare vita alla sua personale visione adopera un numero infinito di tratti. L’artista deve quindi padroneggiare completamente l’arte del tratto. Il tratto è contemporaneamente forma e colore, volume e ritmo, superando il conflitto fra disegno e colore, fra volume e movimento. Il tratto è sicuramente stato influenzato dall’arte calligrafica. L’ideogramma ha abituato il popolo cinese a delineare concetti, anche di natura complessa, tramite l’uso di segni essenziali, da qui la pratica di ricercare le linee fondamentali per evocare l’immagine dell’oggetto che si va a rappresentare.

Quando il pittore si accinge a dipingere la sua esecuzione è rapida ed istantanea, all’artista non sono concessi ripensamenti per non interrompere il ritmo del segno. Quest’istintività non è da confondere con la spontaneità; infatti solo quando si avrà una visione del soggetto in tutti i suoi particolari nella propria mente si potrà prendere in mano il pennello. L’artista ha a disposizione diverse varietà di tratto, campiture, pennellare a seconda del soggetto che si vuole rappresentare.


79 Linee a “filo di ferro” Tratti lunghi, stretti, rigidi con angoli acuti, fatto con un pennello tenuto in verticale e pressionato.

” e con

Linee filiformi fluttuanti Linee estremamente fini ma forti che sembrano galleggiare, reso con la punta del pennello tenuto verticalmente. Linee d’acqua increspate Linee frutto di una pressione variata, il pennello è tremolante e tenuto ad angolo.

Linee a foglia di salice Le linee sono delicate e morbide. Il pennello varia da verticale a obliquo come la linea modula da sottile a spessa. Linee di pochi tratti Una linea audace, vigorosa e astratta; spesso l’intero capo è reso in alcuni tratti a zig-zag.

Linee a coda di topo Linee lunghe e affusolate che iniziano con un punto forte per assottigliarsi alla fine.


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Pennella a “lunga fibra di canapa” Tratti lunghi, leggermente ondulati e rilassati. Fatto con un pennello verticale tenuto al centro del manico. Utilizzato per rappresentare le forme di rocce e montagne.

Pennellata a “corta fibra di canapa” Più corto e più irregolare della lunga fibra di canapa. Realizzata con la punta del pennello.

Pennelata a “corda sfilacciata” Il pennello mantiene un taglio obliquo.


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Macchia alla “Mi Fu” Punti estremamente umidi e diffusi creano un’atmosfera sfocata e atmosferica. Effetto, attribuito a Mi Fu, fatto mantendo il pennello lateralmente e parallelamente al supporto.

Pennellata “a testa di chiodo” Presenta un inizio e fine con punta acuminata. Il pennello è premuto verso il basso, inclinato, il tratto finisce con il pennello in posizione verticale.

Pennellata a “piccola ascia” Tratti triangolari che assomigliano a tagli fatti da un’ascia; sono associati con l’artista Song Ma Yuan e Xia Gui. Realizzati tenendo il pennello inclinato.

Pennella a “grande ascia” Tratti più grandi e diradati rispetto all’esempio precedente.

Pennellata a “nuvola” Colpi curvilinei costruiti nelle forme come un cumulo di nuvole associate a Guo Xi.

Pennella a “bande trascinate” Libera e spontanea, la forma generale è applicata tramite pennello imbevuto d’acqua. Prima che si asciughi, vengono aggiunti tratti per produrre un effetto meno chiaramente definito.


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Segno libero (xieyi) Tecnica libera e spontanea, principalmente utilizzata in inchiostro, a volte con sfumature di colore chiaro.

Pennello asciutto L’inchiostro viene usato con parsimonia, il pennello risulta poco inumidito.

Senza ossa Tecnica senza l’utilizzo di contorno a colori o inchiostro. A volte diversi colori o sfumature di inchiostro sono caricati sullo stesso pennello, consentendo all’artista di ottenere vari risultati ed effetti.


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“Volo bianco” (feibai) Un metodo particolare, applicando pressione al pennello, le setole si separano lasciando capiture di spazio bianco, dando velocità e vigore al segno.

Disegno di contorno (pai–miao) Si delinea il disegno con l’inchiostro senza colore, ombreggiatura o lavaggio.

Inchiostro schizzato Un’applicazione di inchiostro molto umida e libera, data da tratti ampi e aree sature di acqua.

Inchiostro rotto Un metodo per cui si “rompe” la macchia di inchiostro in profondità o con tonalità più chiare mentre il primo strato di inchiostro o colore è ancora bagnato.


距 离 Le tre distanze

La strutturazione del quadro riprende la relazione ternaria Uomo–Terra–Cielo. Il Cielo è rappresentato mediante lo spazio non dipinto, che tradizionalmente occupa fino a due terzi del quadro. La Terra è il paesaggio con tutti i suoi elementi. Il rapporto dialettico che si instaura fra Cielo e Terra è in realtà quello che tenta di stabilire l’uomo con se stesso. L’uomo racchiudendo dentro di se le virtù della Terra tende verso il Cielo, cercando di raggiungere il Vuoto, il Tao. Il quadro è strutturato secondo tre diverse distanze, secondo una prospettiva che segue più punti di fuga:

shen–yuan, distanza profonda, la più utilizzata, l’osservatore posto in una situazione sopraelevata volge lo sguardo dall’alto in basso in una panoramica completa sul paesaggio kao–yuan, distanza elevata, solitamente utilizzata per formati verticali, l’osservatore è collocato in basso e volge lo sguardo verso l’alto, scoprendo un gioco di altezze, ad esempio diversi profili di montagna. p’ing–yuan, ditanza piatta, il paesaggio occupa gran parte della superficie, e lo sguardo si sposta in piena libertà non trovando alcun ostacolo. Ognuna di queste tre sezioni verrà separata da uno spazio vuoto, in modo che lo spettatore abbia l’impressione di “saltare” da una sezione all’altra. Un salto “virtuale” poichè questi vuoti hanno il compito di suggerire uno spazio non misurabile: lo spazio dello spirito, lo spazio del sogno.


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Il dipinto è


l’arte di descrivere una forma della natura, un idioma, un respiro del Cosmo, un immagine dei nostri pensieri, un riflesso del mondo fenomenico in ciò che noi chiamiamo vita nostra. Guo Xi



Un approccio diretto

付 诸 实 践


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Durante questo mio percorso di ricerca e analisi dell’arte sull’uso dell’inchiostro di china mi sono imbatutta in un’opera curiosa ma estremamente efficace, una sorta di viaggio, una riflessione sulla pittura di china e sulla sua partica. “Dipingendo il vuoto: note sulla pittura a china”, edito da Nike, è una sorta di diario, ricco di annotazioni e riflessioni personali nate dalla pratica e dalla collaborazione di tre professionisti Carlo Giaccone, Stefano Giorgi ed Alessandro Serafini. Dopo alcune ricerche riesco a mettermi in contatto con lo studio di Carlo Giaccone, per poter avere un confronto diretto e chiarire alcuni dubbi. Carlo si dimostra da subito estremamnete disponibile e sorpreso dal mio interesse verso la sua opera. Ma chi è Carlo Giaccone? Carlo Giaccone nasce a Torino nel 1956. Dopo la maturità artistica frequenta la facoltà di Architettura al Politecnico di Torino. Parallelamente continua l'attività nel campo della didattica pittorica, istituendo corsi liberi per adulti e bambini. All'inizio del 1990 inizia lo studio della pittura a china; nei diversi viaggi in Cina frequenta artisti legati alla pittura tradizionale cinese. Studia pittura ad inchiostro di china a Pechino con il maestro Yu Yuntao, approfondendo al tempo stesso tecniche meditative legate a questa pratica pittorica. Nel 2000 inaugura a Torino lo studio “Cyan”, la prima scuola in Italia dedicata alla pittura ad inchiostro di china. Attraverso lo studio “Cyan” organizza stages di pittura presso strutture sia pubbliche che private.


92 L’appuntamento è a Torino. Dopo un caffè e le presentazioni di rito Carlo mi apre le porte al suo studio, lo “Studio Cyan”, nome che oltre a rimandare al colore primario gioca sull’onomatopea del termine cinese Chan, ovvero la filosofia dietro questa pratica. Lo studio nasce con dalla volontà di insegnare e far conoscere la pittura ad inchiostro di china. Carlo specifica che lui non insegna pittura orientale bensì pittura a china; inizia quindi a mostrami i vari spazi, le varie strumentazioni, pennelli, tele, inchiostri, lacche, manuali, opere personali e dei suoi studenti e alcune riproduzioni dei maestri cinesi. Parto con le mie considerazioni sull’opera letta, sulla diversità fra l’arte Occidentale rispetto a quella Orientale, questa profonda differenza e quasi incolmabile lontananza. Se l’arte Occidentale è razionale, lenta e “composta”, la pittura a china si mostra come arte immediata, dinamica, “viva”. La tecnica ad inchiostro impone questa istantaneità dovuta agli strumenti usati: il pennello richiede un movimento rapido e fluido, il supporto, ovvero la carta non concede correzioni assorbendo immediatamente l’inchiostro. La carta che si utilizza è ben diversa da quella che comunemente si trova, è una carta cruda, ancora allo stato naturale, ancora “viva”. Mi illustra quindi le differenze di comportamento fra la carta cotta, quindi trattata(Occidentale) e la carta cruda, naturale come la carta di riso, bamboo o gelso, che permette un immediata espansione dell’inchiostro e conseguentemente nessuna correzione, ritocco, o doppia passata. La carta infatti non concede ripensamenti, la china avanza rapidamente ed inesorabilmente sul foglio. Quando ci si appresta a dipingere bisogna essere abili nel dosare la quantità giusta di inchiostro per ottenere l’effetto desiderato. Prima di tracciare qualsiasi segno bisogna avere già un immagine mentale di ciò che si andrà a dipingere.


93 Nelle mani di Giac(nome d’arte) il pennello sfiora la carta, e delicatamente la accarezza. Mi ritrovo incantata in questo gioco di macchie, di pieni e vuoti, in cui la china assume molteplici sfumature di colore. Non c’è rigidità, nessun controllo, il polso e tutto il corpo sono rilassati, liberi. Di qui l’importanza fondamentale del polso. Il pennello diventa un estensione del braccio e conseguentemente riporterà ogni impulso al polso. Se rigido o sciolto riporterà sul foglio tensione o elasticità. Il polso deve essere libero, svincolato dalle redini della mente in modo da riportare l’energia sul supporto. La domanda è spontanea: come si è avvicinato a questa pratica? Si parte da lontano quando avevo all’incirca 14 anni, durante i tempi del liceo artistico. In quel perido ho avuto la propensione ad abbandonare gli studi quando, un giorno a lezione di Disegno venne introdotta la tecnica del carboncino e subito scattò qualcosa in me. Era una tecnica che mi consentiva di esprimermi al meglio lasciandomi pienamente libero, senza restrizioni. Si adattava perfettamente alla mia indole “ribelle”. Il carboncino rispetto alla classica tecnica a matita in cui si ha una serie di passaggi e sovrapposizioni per arrivare all’oggetto in chiaro scuro, permette da subito di tracciare l’oggetto in ombra e luce. Una sola linea definisce il volume dell’oggetto in un economia del disegno proprio come nella pittura a china, per cui a seconda della diluizione o meno in acqua dell’inchiostro, si producono infinite sfumature, dando quindi plasticità al soggetto rappresentato. Il vero incontro con la pittura a china avviene, però, anni più tardi. Un contributo me lo diede una mostra di Hans Hartung: i suoi quadri erano semplici composizioni in cui il tratto riprendeva la calligrafia orientale. Questo artista tedesco proponeva una pittura incentrata sul valore del “segno”, come miscela di spontaneità e di controllo.


Contribuì anche la mia ricerca verso un “altra” spiritualità, tramite la pratica Zen e la lettura dell’opera di Gabriele Bagliani “Pittura Zen”, che in definitiva diedero impulso ai miei studi sulla pittura a China. Iniziai il mio periodo di apprendistato presso un Maestro giapponese(*?), il quale non potendomi più insegnare altro mi indirizzò verso la Cina dove avrei potuto approfondire i miei studi. In Cina sono rimasto per dieci anni sotto la guida del Maestro Yu Yuntao e tornato in Italia ho aperto il mio studio. Parlandomi del suo Maestro Giac mi racconta dell’importanza del vuoto, questo vuoto essenziale che intercorre in tutte le cose. Il vuoto si manifesta in ogni cosa e da ogni cosa è costituito. Il vuoto nell’uomo permette a questo di muoversi, senza il vuoto presente nelle articolazioni ci sarebbe impossibile compiere qualsiasi movimento: senza uno spazio libero fra le ossa il sangue non potrebbe scorrere e l’energia fluire liberamente. Questo vuoto dell’uomo si manifesta nel vuoto della carta. Il vuoto che intercorre fra i vari elementi li lega creando un unità compositiva. Il vuoto inoltre permette il libero fluire dell’energia dell’artista e, per estensione, delle proprie emozioni che vanno a fissarsi sulla tela. Sulla pittura mi spiega: La pittura a China ci pone di fronte al nostro io più profondo. Il bianco e nero ci aiuta a riflettere sull’essenzialità delle cose; ad esempio lavorando coi bambini nel momento in cui essi sono liberi di usare il colore le composizioni saranno in un certo qual modo libere e spensierate, nel momento in cui si pone il vincolo del solo uso del nero si va ad ottenere un codice di segni che ripetendosi restituiscono delle forme essenziali vicine all’astrazione. Eliminando il superfluo si giunge all’essenziale. E ancora:


95 La pittura cinese è come la vita: la composizione nasce prendendo avvio da un punto, si sviluppa seguendo un tracciato, per poi morire nel momento in cui il pennello si stacca dal foglio. Comprendo che questa pratica è una questione di saper percepire l’indefinito ma sopratutto sentire se stessi. È questione di svuotare, svuotare se stessi, permettendo ad altro, a qualcosa di nuovo di poterci riempire nuovamente. È come svuotare e riempire nuovamente la teiera. La chiaccherata non si può protrarre più a lungo causa i doveri genitoriali di Giac (qualcuno di ritorno da scuola si aspetta di trovare il pranzo pronto, e Giac non può deludere le aspettative filiali). Giac, per comprendere al meglio quest’arte, mi propone un secondo appuntamento in cui poter effettivamente mettere in pratica i principi fondamentali di questa pittura. Accetto entusiasta. Lo saluto soddisfatta e ansiosa per il prossimo incontro.





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Quando arrivo in studio tutto è già predisposto sul tavolo: carta, pennelli, barrette di china, pietre per China, acqua e...dolcetti, per riempirsi lo stomaco e mettersi a proprio agio prima di iniziare. Uno di fronte all’altro, in quel rapporto tipico ed esclusivo allievo–Maestro, Giac inizia ad istruirmi: fondamentale la posizione, il corpo deve essere comodo e rilassato poichè tutto si trasferisce al polso e quindi sulla punta del pennello. Fondamentale è la preparazione dell’inchiostro: attingo la barretta di china nella pietra per l’inchiostro che vado a riempire di acqua, comincio a sfregare la stecca con un movimento circolare, costante e deciso in modo da ottenere un nero abbastanza profondo. Questo movimento circolare aiuta ad allenare il polso e sopratutto a calmare lo spirito. È un passaggio fondamentale che non può essere trascurato, specifica Giac. Vedo la china scioglersi e l’acqua assumere infinite sfumature di nero intenso e lucente. Ultimata la preparazione è il momento di affrontare la superficie cartacea. Il primo segno che andiamo a studiare è il “segno circolare”, il segno si sviluppa da un punto A raggiungendo il culmine in B cade per svilupparsi nuovamente in una sorta di spirale continua. Riempio l’intero spazio fino a quando non riesco a percepire perfettamente il movimento del mio polso e ad avere controllo del movimento. Proseguo sempre con un movimento circolare che questa volta diviene continuo, sento sempre di più la dinamica del gesto. Giac mi illustra i successivi segni: il primo, il segno a “tenere”. Il pennello segue in linea retta un percorso delineato da un punto di inizio ed un punto di arresto. È un segno controllato: nella mente devo già visualizzare il punto in cui si arresterà lo scorrere della china.


100 Provo diverse volte, con diverse inclinazioni, dall’alto al basso e viceversa, inclino il pennello, lo “sdraio” sul foglio per ottenere linee più spesse, lo mantengo in posizione verticale per linee fini, cerco di familiarizzare con lo strumento. Il segno a “lasciare” si libera a fine corsa proseguendo al di fuori del campo compositivo, utile per la raffigurazione dei fili d’erba. Traccio alcune linee, ma ancora mantengo il controllo del polso, non è completamente libero ed elastico. Continuo a provare, mantenendo il pennello verticalmente rispetto al piano su cui vado a tracciare, regolo l’impugnatura del pennello che deve mantenersi nella zona del baricentro. Riprovo, il gesto si dimostra più fluido. Ritornando al movimento circolare Giac mi mostra il segno a “compasso”, utilizzando il braccio si ottiene una perfetta circonferenza. Circonferenza che richiama l’immagine di completezza nella visione Zen. Giac mi invita ad alzarmi per ottenere maggiore comodità e fluidità, è importante rilassare le spalle e staccare completamente il braccio dal corpo in modo da lasciare l’energia libera di scorrere. In movimenti orari e antiorari continui ottengo un perfetto cerchio. Il mio polso diventa sempre più morbido. Proseguiamo con altri esercizi di preparazione, ormai mi abbandono al ritmo del gesto e del mio corpo. Continuiamo con il “segno–galassia”, partendo da un punto A, si sviluppa verso l’alto per poi scendere rapidamente e culminare in un punto finale B. Il seme esce dal terreno, crescendo incontra resistenza per via della gravità(qui il punto di culmine), il seme cresciuto cade per via del peso, e cadendo si allarga sempre più...il seme ormai maturo incontra lo stagno dove rimbalza provocando uno “spalsh”. Cerco di dar vita a questo seme sul foglio, ancora il movimento è incerto, ancora non mi libero dal controllo razionale. Ancora qualche onda, qualche linea libera. Giac riprende in mano il pennello e mi mostra come da un segno a “lasciare” si possa ottenere la ramificazione di un albero. Inizio a tracciare alcunee linee in libertà...poi inizio a vederlo...l’albero prende forma, vedo i rami svilupparsi, la ramificazione espandersi...l’albero germoglia dentro di me.



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103 Sopraffatta da questa “rivelazione” mi lascio guidare dal pennello e dalla china in questo gioco intricato: le diramazioni si estendono autonomamente. Giac si avvicina, sembra soddisfatto, proseguiamo con l’ultimo segno, un segno secco dato da un inchiostro poco diluito per dare forma allo scorrere dell’acqua. Prendo in mano il pennello, lo asciugo ed inizio ad accarezzare il foglio...ormai la mia mente è libera, vedo lo scorrere dell’acqua... lo sento...sento il suo scroscio...sono completamente persa in questo rapido fluire...mi confondo fra la sfumature di nero... Questo mio breve percorso rivolto alla scoperta della pittura a china volge al termine. Ringrazio Giac per la sua gentilezza e per la sua disponibilità. Lo ringrazio perché mi ha concesso la possibilità di scrutare questo mondo affascinante, questa tradizione millenaria, così profonda e al contempo così essenziale. Lo saluto soddisfatta... sentendomi un po’ più leggera...svuotata.


Un passo dopo l’altro allontanando se stessi e gli altri raggiungo una soluzione ma no, non è quella definitiva L’orizzonte si squarcia in coriandoli ed io con lui dimenandomi mi confondo nell’aria, mi confondo nell’acqua, mi confondo lontano da te Lo Stato Sociale, “L’escapista” Amore ai tempi dell’Ikea (EP), Garrincha Dischi, 2011




Bibliografia: Bagliani, Gabriele, Pittura zen, Viterbo, Stampa Alternativa, 1982 Barthes, Roland, L’impero dei segni, Torino, G. Einaudi, 2002 Cheng, François, Mille anni di pittura cinese: l’universo ineffabile, Milano, Rizzoli, 1981 Giaccone, C., Giorgi, S. & Serafini, A., Dipingendo il vuoto: note sulla pittura a china, Segrate, Editrice Nike, 2000 Gusmano, Alessandro, Gli inchiostri nella storia della scrittura e della stampa, Milano, Editrice Bibliografica, 2011 Kostova, Zatlina, Pensiero filosofico ed estetico cinese, articolo pubblicato su http://www.academia.edu Morichini, G. & Okabe, N., L’inchiostro di Cina nella calligrafia e nell’arte giapponese: mostra organizzata presso l’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente, Roma, Palazzo Brancaccio, dicembre 1956, traduzione e riduzione del testo del catalogo giapponese a cura di Giuseppe Morichini, Roma, Ismeo, 1956 Nagayama, Noryo, Shodo: la via della scrittura; Kaisho: lo stile fondamentale, Roma, Stampa Alternativa, 1993 Sandri Fioroni, G. & Giannelli, L., Aspetti della pittura di paesaggio tra Oriente e Occidente, Treviglio (BG), Zephiro edizioni, 2015 Tao, Shi, Sulla pittura, a cura di Marcello Ghilardi, Edizioni d’Oriente, 2008 Murase, Miyeko, L’arte del Giappone, Milano, Casa editrice TEA, 1996 Sitografia: http://www.comuseum.com/ https://orientamenti.wordpress.com/category/arte-cina/ http://www.shodo.it/ http://www.aclica.com/cn/newpowersarticle/61/728.Html http://www.sesshutoyo.com/il-rotolo-lungo-delle-quattro-stagioni/ https://www.widewalls.ch/chinese-landscape-painting/ https://www.wikiart.org/en/artists-by-nation/japanese



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