Battaglia a Londra dopo il sì alle super rette. Studenti entrano al Tesoro DA LONDRA ELISABETTA DEL SOLDATO
1 primo ministro britannico ' David Cameron ce l'ha fatta ma non è stata facile: l'introduzione delle nuove rette universitarie fino a novemila sterline l'anno è infatti passata ieri sera al voto della Camera dei Comuni ma solo con 323 sì contro 302 no: una maggioranza contenuta rispetto al vantaggio di circa 80 voti della coalizione tra Tory e Lib-Dem. Non è stato facile nemmeno affrontare la protesta di massa degli studenti che si è svolta nelle strade del centro di Londra e in molte altre città del Regno Unito, protesta culminata in diversi episodi violenti. Tanto che la folla ha perfino fatto irruzione nel ministero del Tesoro e ha preso a calci l'auto con a bordo Carlo e Camilla. Nella sola capitale si sono riunite decine di migliaia di studenti che hanno formato un corteo partito dalla University of London a mezzogiorno e terminato a sera tarda a Parliament Square. Durante la manifestazione ci sono stati forti scontri con le forze dell'ordine quando i ragazzi hanno cercato di sfondare il cordone e sei poliziotti sono rimasti feriti, uno dei quali gravemente al collo e un altro caduto dal cavallo. La protesta, che è cominciata pacificamente con canti e tamburi ha raggiunto il massimo della tensione vicino alla sede del Parlamento quando sono stati lanciati razzi e fuochi d'artificio. Ieri in serata il servizio di ambulanze ha confermato che diciannove persone sono state curate per ferite e sei sono state ricoverate in ospedale. In alcuni casi la polizia e i ragazzi si sono picchiati, questo è accaduto soprattutto davanti a WestminsterAbbey, e sette persone sono state arrestate per aver appiccato il fuoco a un container. Ma il momento più temuto dalla polizia è stato quando gli studenti hanno sentito il risultato del voto e un boato si è sollevato nella piazza del Parlamento: gli scontri con le autorità si sono intensificati e qualcuno ha incendiato una panchina. Poi, i manifestanti hanno fatto irruzione nel ministero del Tesoro, abbattendo la porta dell'edificio. All'interno ci sono stati scontri con le forze dell'ordine. Il
culmine della tensione si è raggiunto quando è passata in centro l'auto di Carlo e Camilla e la vettura è stata presa a calci. Tra la folla che urlava contro la decisione del primo ministro Cameron e del suo vice, il liberaldemocratico Nick Cklegg, di permettere alle università di imporre rette fino a 9mila sterline l'anno, circa llmila euro (ripagabili dopo il primo salario di almeno 21mila sterline l'anno, circa 25mila euro), non c'erano solo facce giovani ma anche molti genitori e persone anziane che si oppongono a un futuro di debiti per le nuove generazioni. Ed Miliband, il nuovo leader dell'opposizione laburista, ha commentato ieri sera a caldo il voto dei Comuni dicendo che questa «è una disgrazia per i giovani, le loro famiglie e la democrazia». Il voto di ieri è stato il primo momento in cui si sono visti scontrare i due alleati della coalizione di governo. I liberaldemocratici prima di essere eletti lo scorso giugno avevano promesso che avrebbero cancellato le rette universitarie e il mancato mantenimento di questa promessa ha scatenato la rabbia degli studenti e ha provocato scontri tra i deputati. Ieri mattina il vice segretario del partito Simon Hughes ha detto che avrebbe votato contro e così almeno altri dodici esponenti del suo partito. All'interno della Camera dei Comuni, il ministro del Commercio liberaldemocratico Vince Cable ha difeso la decisione del governo dicendo che le rette «sono giuste».
Gran Bretagna Dopo il voto ai comuni le tasse triplicate. Violente proteste, assaltata l'auto del principe Carlo.Tra i feriti pure sei poliziotti
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Molte aziende prediligono le vecchie lauree quadriennali a quelle nuove
Se il «3+2» fa meno di quattro Quando tre più due fa meno di quattro. Lasciamo da parte per un attimo la matematica e concentriamoci sull'università. A dieci anni dalla riforma del 3+2 (datata più precisamente 1999), quello che balza agli occhi dei cosiddetti «cacciatori di teste» è questa formula atipica: 3+2 - corso di laurea triennale + laurea specialistica può fare meno di quattro, cioè corsi di laurea vecchio ordinamento. Perché le aziende, nella selezione dei dipendenti, di frequente prediligono il vecchio titolo di studio. E la situazione non è molto diversa nella pubblica amministrazione, dove nei bandi di concorso si richiede quasi sempre «un corso universitario di durata non
inferiore a quattro anni». E i laureati brevi? «Sono visti con sospetto dal mercato del lavoro - spiega Carlo Caporale, associate director di Robert Half - ed è evidente che i cambiamenti apportati con la riforma hanno prodotto laureati di serie A e di serie B. Senza contare che la qualità di insegnamento del nuovo ordinamento viene percepita inferiore rispetto all'ordinamento precedente».
«cacciatori» di teste II confronto delle società di selezione tra studenti usciti dagli atenei prima e dopo la riforma del 1999
Idea confermata dall'ultima ricerca di Almalaurea, il consorzio interuniversitario di Bologna, che di recente ha analizzato i pareri dei docenti sugli immatricolati pre e post riforma. Riforma che «ha prodotto un abbassamento della preparazione complessiva degli studenti - si legge nel documento - e non ha facilitato la loro mobilità». «Nella selezione dei giovani è così - spiega Barbara Bruno, responsabile di Gi Research, la società di ricerca e selezione di Gi Group - e anche per i profili più specialistici il vecchio ordinamento è una delle richieste più ricorrenti». Anche perché l'azienda si ferma a valutare i percorsi accademici che conosce meglio.
Nonostante siano passati ormai undici anni dall'avvio del 3+2. «Tra il vecchio, noto, e il nuovo, ignoto, si finisce sempre per scegliere ciò che si conosce meglio - conferma Francesca Contardi, amministratore delegato di Page Personal - c'è molta diffidenza da parte di chi assume laureati del nuovo ordinamento perché ci si trova di fronte, nonostante gli sforzi, a persone con competenza teorica ma ancora troppo poco pratica». La nota positiva, per i figli della riforma, è che a breve i «recruiter» non avranno altra scelta che selezionare laureati del nuovo ordinamento. «Per alcune fasce di età - spiega Caporale - cominciano ad esserci solo candidati postriforma». E non ci sarà più bisogno di ricorrere a formule matematiche atipiche.
Corinna De Cesare
Compie 11 anni la riforma «3+2»
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Presa di mira la Rolls-Royce delprinc4e: illesi Giornata di battaglia, sangue e paura ieri a Londra. Palazzi governativi presi di mira, scontri, durissimi, con la polizia e persino un assalto alla limousine che trasportava il principe Carlo con la moglie Camilla. Gli studenti britannici hanno protestato così contro il provvedimento che aumenta le tasse universitarie, approvato ieri in via definitiva alla Camera dei Comuni. Il momento più critico è stato verso sera, quando un gruppo di manifestanti ha intercettato, a Regent Street, vicino a Oxford Circus, la Rolls-Royce di Carlo e Camilla. Qualcuno tra i giovani, molti coperti con il passamontagna nero, ha riconosciuto i due membri di Casa reale. La vettura è stata bloccata, ricoperta di vernice e tempestata di pugni e sassate tanto che un finestrino, nonostante fosse blindato, si è rotto. Le Altezze reali sono «illese», ha poi fatto sapere un portavoce del principe. «Possiamo confermare - ha continuato - che l'auto su cui viaggiavano verso una serata di gala al teatro Palladium è stata attaccata dai dimostranti. Ma il principe e la consorte non hanno ricevuto alcun danno». Grave, invece, il bilancio dei disordini che hanno messo a ferro e fuoco il centro della capitale britannica: la polizia ha fatto sapere che 4,3 giovani e 12 agenti sono rimasti feriti, alcuni in modo grave, mentre sono stati effettuati 22 arresti. La protesta si era aper-
ta, tuttavia, in maniera pacifica, in un insolito pomeriggio di sole. Un corteo di universitari ha attraversato il centro di Londra per dirigersi verso il Parlamento. All'inizio si sono uditi soltanto slogan contro l'aumento delle tasse annuali. I cartelli esposti portavano frasi come: «L'istruzione non è in vendita». Forse gli studenti speravano di riuscire a influenzare i deputati impegnati nel voto. Quando ha cominciato a girare la voce che la legge era passata, seppur con stretto margine (323 sì contro 302 no, mentre la maggioranza ha un vantaggio di 84 seggi), dal corteo si sono staccati gruppi che hanno cercato di superare i cordoni di polizia per irrompere prima nello stesso Parla-
mento, poi nella sede del ministero del Tesoro. Ed è stata battaglia. La legge contestata raddoppia le rette universitarie, portandole in media a 6 mila sterline (oltre 7 mila euro), e addirittura le triplica, fino a 9 mila sterline (10.500 euro), per gli «istituti d'eccellenza». Punto dolente, per la coalizione di governo, la riforma approvata ieri: il partito di Nick Clegg si era impegnato a non toccare le tasche degli studenti e molti dei suoi parlamentari si sono dimessi da incarichi nel governo per poter votare contro. Tuttavia il risultato non è cambiato e Cameron ha portato a casa il provvedimento, da lui ritenuto necessario per correggere gli «sbagli del passato» e
ridurre il deficit di bilancio. Così Londra si è ritrovata in un'atmosfera di guerriglia urbana come non accadeva dalle rivolte anti-thatcheriane delle periferie, negli anni Ottanta. La polizia ha faticato parecchio a tenere la situazione sotto controllo e in molte occasioni non vi è affatto riuscita. Molte vetrine di Oxford e Regent Street - classiche strade dello shopping natalizio - sono andate in frantumi, investite da grosse pietre, così come alcune vetrate del ministero del Tesoro, dove un gruppetto di giovani mascherati è riuscito a superare il cordone di agenti in assetto antisommossa per essere bloccato nel cortile interno. A un certo punto, una portavoce della polizia di Londra ha provato a raffreddare gli animi parlando ai microfoni di SkyNews, che seguiva gli eventi in diretta. «Vi invito a calmarvi, andate a casa», ha detto sottolineando come queste azioni stiano «terrorizzando» i londinesi ed i turisti che stanno facendo lo shopping natalizio. A fine giornata, il centro si era svuotato di turisti e londinesi impegnati negli acquisti. C'era solo polizia, vetri infranti e tanta amarezza.
Paolo Salom
Qui accanto, giovani dimostranti danno fuoco alle panchine di fronte al Parlamento, nel centro di Londra. Al centro, l'assalto, in Regent Street, alla limousine che trasportava Carlo e Camilla verso una serata di gala, al teatro Palladium: il principe e la consorte sono rimasti illesi. PiĂš a sinistra, l'arresto di uno studente da parte della polizia antisommossa
UnilIversiltĂ Contestata la legge che raddoppia le rette universitarie, portandole in media a 6 mila sterline
La legge è passata con un margine risicata. Molti nella maggioranza hanno votato con l'opposizione
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UNIVERSITÀ
Mugello: l'autodromo diventa «aula magna» Per la prima volta a livello mondiale un circuito ospita la discussione delle tesi e la consegna dei diplomi di laurea ai futuri dottori in Infermieristica: si tratta dell'Autodromo Internazionale del Mugello, dove oggi ben 20 studenti del Corso di Laurea termineranno il loro percorso di studi. A proclamare dottori i neolaureati saranno dunque il preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Firenze, Gian Franco Gensini, e il presidente del Corso di Laurea in Infermieristica, Niccolò Taddei, che procederanno alla fine dei lavori delle Commissioni esaminatrici.
Per fortuna che è stata l'Italia a tagliare i fondi alla scuola ... Londra a f erro e f uovo, assaltati ministero del Tesoro e l'auto di Carlo e Camilla di Alessandro Gnocchi
SCONTRI Un momento degli incidenti di ieri di fronte al Parlamento inglese
Aumento delle tasse universitarie dopo i gliaia di studenti, in risposta, ieri hanno necessari tagli alla spesa pubblica che han- assediato il Parlamento riunito (...) no toccato anche gli atenei. Rette alzate in qualche caso fino al raddoppio e oltre (da segue a pagina 13 3.889 a 9 mila euro). Accade a Londra . Mi- Erica Orsini a pagina 13
IL COMMENTO
E per fortuna i tagli alla scuola li fa solo l'Italia... dalla prima pagina (...) per votare il provvedimento, alla fine approvato a fatica dalla maggioranza del conservatore David Cameron (il risultato è di 323 voti a favore contro 302: ci sono state defezioni tra gli alleati liberaldemocratici del vicepremier Nick Clegg). I contestatori hanno disegnato un gigantesco «No» divernice rossa sul prato del giardino antistante. Dopo aver fracassato la testa ad almeno tre poliziotti, feriti gravemente, hanno fatto irruzione nel ministero del Tesoro e preso a sassate la Corte Suprema. Quindi hanno attaccato l'auto con a bordo il principe Carlo e Camilla. Cordoni sfondati, manganellate, bastonate, fumogeni, fiamme, lancio di oggetti, manette, sangue. Si è visto di tutto e poteva andare perfino peggio: manifestanti e forze dell'ordine se le sono suonate di santa ragione per l'interagiornata, primae dopo il responso della Camera dei Comuni, ripresi dalle telecamere di SkyNews. Risultato: molti contusi da una parte e dall'altra, oltre a quelli già ricordati. E numerosi arresti. Rette più alte e sforbiciate al bilancio nel Paese di sua Maestà Elisabetta 11. Prendano nota i demagoghi nostrani, inclusi quelli non ancora laureati ma già saccenti, i quali da settimane protestano contro il governo italiano, accusato di voler radere al suolo istruzione e ricerca. Come se non esistesse una crisi economica che esige, purtroppo, sacrifici. A tutti, anche ai sudditi britannici. Come se le nostre facoltà - dove le rette tra l'altro sono molto più basse rispetto alla Gran Bretagna (tra i 1.200 e i 1.500 euro in media) - fossero un intoccabile modello di amministrazione virtuosa. Come se l'autonomia non fosse diventata una scusa per dilapidare risorse e moltiplicare
corsi inutili in santa pace. Come se la selezione dei docenti da tempo immemorabile non rispondesse prima a logiche accademiche di spartizione del potere e poi alla competenza. Eppure, l'idea diffusa è che tocchi soltanto a noi risparmiare, anzi: che vengano lesinati fondi a cultura, istruzione e ricerca perché la destra non attribuisce valore a questi settori. E alloratutti suitetti dei monumenti, matricole e ricercatori, Bersani e Granata, Ballarò e Annozero.Tutti sul palco con il direttore scaligero Daniel Barenb oim a leggere l'articolo 9 della Costituzione. Tutti a dichiarare quanto siano condivisibili le ragioni di chi contesta. Tutti a ribadire banalità mal conciliabili in questo momento con la realtà dei fatti: la cultura è importante, bisogna investire nella ricerca, se non crediamo nell'istruzione rinunciamo al futuro, l'università non si tocca, l'istruzione è un diritto, viva la meritocrazia e altre ovvietà. Chi è così stupido da sostenere il contrario? In Italia sono tutti preoccupatissimiperle sorti della cul-
SVOLTA Rette più alte e riduzione dei fondi all'istruzione si rivelano inevitabili pure all 'estero tura. Eppure a nessuno viene mai il dubbio che ci troviamo in una situazione grama anche per un deficit che è anche un deficit di cultura. Cultura liberale, nello specifico. Perché aprire al privato è considerata una bestemmia, al punto che pare impossibile non dico attuare ma perfino proporre riforme invocate da decenni come l'abolizione del valore legale del titolo di studio. Perché sostenere, dati alla mano, che le scuole parificate, oltre che ampliare l'offerta e dunque le opportu-
nità, sono un buon affare per i conti pubblici è ancora un incomprensibile tabù. Perché le capacità imprenditoriali sembrano non essere richieste come necessarie a chi ha il compito di far camminare atenei, teatri, cinematografia e tutto il resto. A noi l'artista e lo scienziato piacciono puri ma assistiti, quindi asserviti allo Stato e alla burocrazia ministeriale.
Alessandro Gnocchi
Ma il ministro evita i conr'egni dove r= attesa e i contestatori restano così scotTlbr.rssolati
Ge-1-inini stila la b - Urk 1 est dei rettori In cinia i ri uno degli atenei di Firenze, Pisa DI CARLO Russo ovrebbe dare il buon esempio poiché è a capo del ministero dell'istruzione. Invece è la regina dei «fughini». Mariastella Gelmini si era impegnata a relazionare domani a Bologna a un convegno sulla scuola. Ieri è arrivato im telegramma agli organizzatori: non vengo. Il 3 dicembre aveva assicurato a Filippo Berselli, senatore Pdl e organizzatore del Salone della giustizia, a Rimini, che avrebbe partecipato a una lezione sulla Costituzione. L'hanno aspettata invano. Qualche giorno prima aveva mancato un appuntamento a Modena con Emma Marcegaglia al convegno confindustriale sulla scuola. In tutte queste occasioni, il suo nome ben in vista sui biglietti d'invito, ma di lei nessuna traccia. Paura delle contestazioni? Forse, perché nei cortei di questi giorni gli slogan contro di lei sono virulenti. Ora si sono messi di traverso anche alcuni rettori, che sperano che la riforma rimanga nel cassetto, dov'è stata riposta in attesa del 14 dicembre, diventata la data del
giudizio universale, ovvero della conta pro o contro Silvio Berlusconi. Se la riforma arriverà al senato il ministro oltre agli studenti avrà contro anche un gruppo di rettori, quelli che sono saliti sui tetti, com'è di moda in questa contestazione 2010. Dal canto suo Mariastella Gelmini ha stilato la lista dei rettori reprobi. In prima fila c'è il rettore di Firenze, Alberto Tesi, che ha addirittura bloccato per un giorno, quello in cui la riforma è stata approvata dalla Camera, le attività nel suo ateneo. «Un comportamento inaccettabile e inqualificabile di chi vuole conservare i propri privilegi», lo ha apostrofato la Gelmini. E lui di rimando: «Sono rettore da un anno e proprio perché non ho alcuna rendita di posizione da difendere mi sto battendo come auspica il ministro perché l'università italiana diventi più moderna. Ma proprio la mobilitazione di studenti, personale tecnico-amministrativo e docenti dimostra la grande preoccupazione che c'è nei nostri atenei». In sua difesa è intervenuto il rettore di Pisa, Massimo Augello: «Sono stupito e preoccupato dell'attacco
del ministro al rettore di Firenze, qui si tocca l'autonomia universitaria».Terzo nella trincea antigelmini è Ivano Dionigi, filosofo, rettore a Bologna: «Faccio il rettore di. 83.000 iscritti, sono i miei studenti. Io difendo da sempre il diritto allo studio. Il motivo immediato di quanti sfilano in corteo è la Gelmini, ma l'istanza vera è il rischio di perdere la seconda generazione che troverà un futuro negato e intossicato». Un quarto rettore, Giulio Ballio (Politecnico di Milano), ha inviato una lettera agli ex laureati chiedendo finanziamenti mentre i suoi dipendenti si sono tassati (30 euro) per acquistare una pagina di pubblicità sui quotidiani ed esprimere il loro dissenso sulla riforma. Col fiatone, sul tetto «occupato» della facoltà di matematica si è presentato anche Gino Ferretti, rettore a Parma: «Mi dispiace che si sia arrivati a una protesta di questo tipo, i manifestanti stanno facendo dei sacrifici di cui non si può non tenere conto». Infine nella lista dei contestatori vi sono Giovanni Latorre , numero uno dell'università di Calabria («Meglio una pausa di riflessione di
qualche mese che porti a una modifica dei punti critici, piuttosto che dire subito sì a una riforma monca») e Francesco Peroni, a capo dell'università di Trieste («Senza le dovute risorse la riforma, una volta approvata, potrebbe naufragare e produrre danni. Questo provocherebbe nella comunità universitaria sfiducia e scetticismo. E una classe dirigente non può permettersi di correre questo rischio»). L'antagonismo di questi rettori d'assalto ha terremotato la Crui, conferenza dei rettori. Spiega Massimo Augello: «Con i colleghi rettori, tra i quali alcuni di nuova nomina, ci siamo confrontati anche in maniera accesa e una buona parte di loro non si è identificata nelle posizioni di sostegno alla riforma espresse nell'ultimo periodo dalla Crui. Le posizioni ufficiali espresse dall'organizzazione, anche in occasione delle riunioni assembleari, ci sono apparse troppo appiattite su un unanimismo di facciata, a scapito della rappresentazione di una realtà che è invece molto più ricca, vivace e articolata». Ma il presidente dei rettori, Enrico Decleva, va avanti per la sua strada: «La riforma va approvata al più presto, essa risolve il nodo del reclutamento con meccanismi di abilitazione scientifica nazionale e la chiamata locale, dà un peso alla valutazione e rimette in moto l'autonomia spingendo gli atenei a rivedere struttura di governo e organizzazione scientifica». Tutti in attesa del 14: tra un litigio e un «fughino», un corteo e un'occupazione di un tetto, su cui aspettare politici e, adesso, anche rettori. © Riproduzione riservata
Mariastella Gelmini
UNIVERSITÀ
Gli stati generali della conoscenza Benedetto Vecchi n percorso che metta in relazione ricercatori, docenti, artisti e la generazione che rifiuta il progetto di Mariastella Gelmini che vuole trasformare l'università in una agenzia di formazione per presenti e futuri precari. Ma che tessa rapporti coni «lavoratori della conoscenza». Insomma, un percorso che porti nei prossimi mesi alla convocazione degli «Stati generali della conoscenza». Questo giornale si mette a disposizione di tale percorso. Raccontando quanto accade e offrendo il sito web per ospitare i materiali che saranno. CONTINUA i PAGINA 3
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È ormai evidente che il disegno di legge sull'università ha incontrato una diffusa opposizione da parte di ricercatori, studenti e un numero significativo di docenti a fronte di un interessato consenso raccolto solo tra rettori (non tutti), Confindustria e le teste d'uovo dell'ideologia neoliberista. E sono stati proprio i ricercatori, gli studenti che hanno reso la sua approvazione alla Camera un percorso tanto accidentato quanto esposto al ridicolo. Le mobilitazioni, i flash mob, i cortei sono inoltre riusciti nel miracolo di distogliere l'attenzione dell'opposizione parlamentare dalle alchemiche formule politiche sul dopo Berlusconi, la cui uscita di scena è stata annunciata da almeno due anni, ma poi sempre rinviata a tempi migliori. Subito dopo l'approvazione alla camera del suo disegno di legge, Mariastella Gelmini è andata in televisione per gridare alla vittoria, certa che il passaggio al senato fosse solo una formalità. Una sicurezza durata il tempo di una notte. Il giorno dopo il voto alla Camera, infatti, l'elenco delle occupazioni e delle azioni degli studenti riempivano più di una schermata del computer, mentre gran parte dei giornali continuava a recitare il de profundis per il governo Berlusconi la cui uscita di scena dovrebbe avvenire, dicono i bookmaker, il 14 dicembre, giorno in cui si voteranno le mozioni di sfiducia. Nel frattempo, però, le azioni mordi e fuggi del movimento hanno scandito una agenda politica dove quella giornata è considerata l'appuntamento da non mancare per far ritirare definitavamente il disegno di legge sull'università. Il tam tam che di nodo in nodo si sta diffondendo nella Rete è di trasformare quella giornata in un nuovo blocco delle città, a partire da Roma dove è anche prevista una manifestazione nazionale convocata da «Uniti contro la crisi». Al di là di quanto avverrà il 14 dicembre dentro e fuori le aule parlamentari, occorre soffermarsi su un aspetto che ha caratterizzate le scorse settimane, cioè la convergenza delle mobilitazioni sull'università con quelle che hanno caratterizzato il variegato mondo della cultura. Il nodo è come non rendere episodico questo rapporto, cioè di come trasformare la presa di parola in un compiuto e non contigente atto politico. Per questo ci sono tutte le condizioni per una grande iniziativa che metta in rapporto l'università alla produzione culturale che avviene fuori dagli atenei. Una sorta di «stati generali della conoscenza» che veda protagonisti oltre gli studenti, i ricercatori, gli artisti anche il proteiforme arcipelago dei «lavoratori della conoscenza» che hanno come mezzo di produzione principale il sapere. Un'ipotesi già emersa due anni fa durante le manifestazioni dell'Onda e che può essere riproposta ora, cioè quando la crisi del governo di centrodestra ha raggiunto il suo acme e il movimento nelle uni-
DALLA PRIMA Benedetto Vecchi
Alla conquista di un futuro negato versità, in difesa della ricerca e del mondo della cultura ha avuto la capacità di costruire un vasto se non maggioritario consenso nel nostro paese. Va inoltre sottolineato che dentro il movimento di ricercatori e studenti è abbastanza diffusa la consapevolezza che la soluzione dei problemi dell'università non coincide con la mancata approvazione di un progetto di legge, né con la difesa di un'istituzione dove la convergenza di rapporti gerarchici feudali e una logica aziendale ha quasi distrutto quel bene comune che è la conoscenza sans phrase, esisto di relazioni, passioni, bisogni ricondotti da almeno tre lustri al velenoso calcolo dei crediti formativi. È per questo motivo che l'articolo apparso il 6 Dicembre su «La Repubblica» di un attento lettore delle dinamiche della società italiana come Ilvio Diamanti lascia interdetti. Presentando un'inchiesta sulla percezione che studenti e non hanno dell'università, Ilvio Diamanti afferma che all'origine della rivolta di questo tardo autunno altro non ci sia che un diffuso risentimento, parola magica che da qualche tempo è usata come chiave di accesso alla comprensione dei «mali della società italiana» assieme al suo fratello gemello, il rancore. Dietro le mobilitazioni dei ricercatori, studenti e docenti è tuttavia difficile scorgere queste passioni tristi. Il risentimento, come anche il rancore, è però la reazione rabbiosa e scomposta a una perdita di status provocata da chi occupa posizioni sociali contigue, ma comunque superiori e che è tuttavia sono indirizzati verso i propri simili socialmente e verso chi è collocato in basso delle gerachie sociali. Oppure sono alimentati dalla frustrazione che le proprie aspettative di promozione sociale non trovano soddisfazione dopo che sono entrate in rotta di collisione con i vincoli imposti dai rapporti sociali dominanti. Sono cioè due manifestazioni di quell'« antagonismo degli imbecilli» a cui il populismo si abbevera, incentivandoli, ma che nulla hanno a che fare con quanto si è visto in questi mesi dentro e fuori le aule universitarie. Il movimento che si è manifesto negli atenei è infatti espressione, all'opposto del risentimento e del rancore, della volontà di trasformare profondamente le università in nome di una conoscenza, considerata illuministica-
mente un forte antidoto al darwinismo sociale che caratterizza il capitalismo contemporaneo. Da questo punto di vista la proposta di riforma dal basso dell'università resa pubblica ieri va considerata come esemplificazione del potere costituente di questo movimento. Inoltre, l'importanza dell'iniziativa risiende nel fatto che può indicare una controtendenza alla riduzione drastica dei finanziamenti all'università pubblica unita a un sostanzioso spostamento di risorse verso quelle private che sta provocando una desertificazione degli atenei italiani, dando così colpo di grazia a quel delicato e tuttavia potente dispositivo che regola la produzione e la condivisione della conoscenza. Senza il riconoscimento del tessuto relazionale, della circolarità delle idee e di un nuovo rapporto tra docenti, ricercatori e studenti dove ognuno apprende saperi codificati e informali di cui ignorava l'esistenza non si danno infatti le condizioni necessarie alla trasformazione dell'università e della produzione culturale. E tuttavia quella produzione e condivisione della conoscenza può essere considerata un elemento costitutivo della costituzione materiale dei «lavoratori della conoscenza». In altre parole, la parola d'ordine di riprendersi il futuro, cioè il filo rosso che ha unito le mobilitazione dentro e fuori le università, pone il problema di trasformare il presente. Ed è in questo contesto che è appunto avvenuto l'incontro tra l'università e il variegato mondo della cultura, entrambi colpiti dalle politiche di dismissione messe in campo dal governo. Gli «stati generali della conoscenza» sono quindi da considerare il momento costitutivo di un movimento che accetta di misurarsi non solo con la trasformazione dell'università, ma con l'insieme della produzione culturale. E tuttavia è una proposta tutta da articolare. Questo giornale si mette quindi a disposizione affinché punti di vista, analisi, riflessioni possano trovare il luogo e il contesto in cui confrontarsi. Per questo, il momento migliore per dare avvio al lavoro costituente degli stati generali della conoscenza è proprio il 14 dicembre, quando l'indisponibilità a questo disegno di legge e alle politiche sociali e economiche di questo governo tornerà nuovamente a manifestarsi nelle città italiane.
Assalto al Tesoro La Camera dei comuni approva l'aumento delle rette universitarie voluto dal governo conservatore di David Cameron. E a Londra esplode la rivolta degli studenti. Scontri tra manifestanti e polizia,, almeno cento i feriti. In serata il blitz al ministero del Tesoro GLI SCONTRI TRA STUDENTI E POLIZIOTTI DURANTE LA MANIFESTAZIONE DI IERI A LONDRA / FOTO REUTERS
Paolo Gerbaudo LONDRA
% ergogna». Un boato di rabbia esplode tra le migliaia di manifestanti assiepati di fronte al Big Ben, quando alle 5 e 42 arriva la notizia che nessuno voleva sentire. L'aumento delle rette universitarie fino a 9.000 sterline è passato con 323 «ayes» and 302 «noes». La ribellione dentro i liberaldemocratici c'è stata. In 21 hanno mantenuto la promessa elettorale di votare contro, tra cui due sottosegretari che si dimessi dagli incarichi di governo. E ad essi si sono uniti 8 deputati conservatori. Ma non è bastato a fermare un provvedimento che come sostiene il presidente del sindacato degli studeti universitari Aaron Porter «è ingiusto, sbagliato e non necessario». «Un giorno difficile» - ha ammesso Vince Cable il vice-ministro liberaldemocratico all'economia, secondo cui l'aumento delle rette permetterà non solo di «mantenere l'alta qualità delle nostre università» ma anche «di aiutare gli studenti a basso reddito». Di tutt'altro avviso le decine di migliaia di studenti che per tutta la giornata si sono scontrati con la polizia e manifestanti di fronte ad un parlamento trasformato in un bunker come era successo la scorsa settimana nel centro di Roma, per il voto sulla riforma Gelmini. Scontri che sono proseguiti fino a tarda serata con decine di studenti arrestati, ed almeno 100 feriti. «Tory feccia, stiamo arrivando» gridava all'unisono il corteo di 20.000 persone partito a mezzogiorno dalla sede università di Londra. Sopra le teste campeggiavano migliaia di cartelli con insulti di ogni tipo diretti contro il traditore Nick Clegg, il vice-primo ministro liberaldemocratico che prima delle elezioni aveva promesso solennemente di opporsi all'aumento delle rette. «Dateci Clegg!» - urlavano ai poliziotti asseragliati dietro le transenne, gli studenti giunti verso l'una e mezza a Parliament Square. Gli scontri esplodono verso le due quando centinaia di studenti cominciano a spingere contro i mille agenti
schierati di fronte al parlamento, usando come arieti, pezzi del recinto messi a protezione del prato di Parliament Square, in vista del matrimonio reale tra il principe William e Kate Middleton. «Uno, due, tre, via!» urlano i manifestanti, e partono a ripetizione gli spintoni contro le linee della polizia che si difende dietro una transenna attraverso cui gli studenti cercano inutilmente di aprirsi un varco. Da dietro arrivano rinforzi, spinte ed urla di incoraggiamento. Ma anche caschi verdi, bastoni, scudi di cartone a forma di libro (come quelli usati in Italia), che vengono passati da mano a mano mentre gli studenti si alternano negli scontri. Dalle prime linee vengono portati indietroi feriti, trascinati a braccia dagli amici, con il sangue che gli cola dal naso, dalle guancie e dalla testa. «I prossimi a essere colpiti sarete voi» - urlano esasperati gli studenti contro i poliziotti, che nei prossimi anni verranno letteralmente decimati da pesanti tagli al bilancio per la sicurezza. «Di qua non si passa». Allora all'improvviso verso le tre all'improvviso la folla cambia strategia e si muove in direzione di Victoria station per «andare a fare una visita al quartiere generale dei Liberaldemocratici», come spiega Lucas un ragazzo di diciott'anni con il cappuccio grigio sulla testa, ed una sciarpa nera a nascondere il volto. La polizia risponde caricando la folla con uno squadrone di 20 agenti a cavallo, che si rizzano spaventati sugli zoccoli per lo scoppio dei mortaretti, ed il bagliore dei fumogeni. E verso le cinque riesce a riportare la situazione sotto controllo, circondando gli studenti con cordoni di agenti schierati in massa sui quattro lati della piazza. In attesa dei risultati del verdetto della Camera dei Comuni tra gli studenti domina il pessimismo. «Clegg ha cercato di spacciarsi per studente, e molti - me inclusa - gli hanno creduto» - confessa sconsolata Laura
una studentessa di Lambeth nel sud di Londra, mentre si attendono i risultati del voto. «Sono dei maiali traditori» - aggiunge senza mezzi termini Elliot uno studente delle scuole superiori di Richmond. «Per colpa di questa gente, adesso rischio seriamente di non poter fare l'università». Quando infine arriva la cattiva notizia le pietre cominciano a volare da ogni lato. Gli agenti indietreggiano sotto la spinta infuriata degli studenti, e presto sono costretti a ricorrere a gabbie di contenimento per evitare che i manifestanti si facciano strada verso il parlamento. Ma non riescono ad evitare che un centinaio di persone prenda d'assalto il palazzo del ministro del tesoro. Vanno giù le finestre, e in una decina riescono ad irrompere nell'edificio dopo aver sfondato un portone, mentre sul muro compaiono graffiti che inneggiano alla rivoluzione e avvertono i liberaldemocratici: «Ve la faremo pagare». Verso le otto la polizia è costretta a lasciare che la maggioranza delle persone defluisca dalla piazza. Nella notte continuano gli scontri con gli studenti che prendono d'assalto le strade dello shopping. Preso di mira un negozio della catena Topshop. E nel traffico vengono sorpresi pure Carlo d'Inghilterra, la cui auto viene presa a mattonate da 50 manifestanti. Decine di falò cominciano ad illuminare la notte nel centro di Londra e anche il grande albero di natale in Trafalgar Square va a fuoco, con i pompieri che subito si adoperano per fermare le fiamme. Ma spegnere la rabbia di questa generazione tradita sarà molto più difficile.
Il \s i W)o A Tesoro
DES FREEDMAN
«Finisce l'università come possibilità di mobilità sociale»
DES FREEDMAN
«Finisce l'università come possibilità di mobilità sociale» P. G.
E
LONDRA
la fine dell'università come opportunità di mobilità sociale per i figli della classe lavoratrice. E sarà anche la fine per tanti nuovi atenei che avevano risposto a questa domanda di mobilità». Ad esserne convinto è Des Freedman, presidente del sindacato dei professori del Goldsmiths College, un'ateneo di studi sociali e culturali che è stato uno dei fulcri della mobilitazione contro l'aumento delle rette. «Questa riforma è uno schiaffo in faccia a migliaia di studenti», afferma tra la folla cordonata dalla polizia a Parliament Square con la voce strozzata dalla delusione. Per Freedman che nelle scorse settimane era finito nell'occhio del ciclone mediatico dopo aver firmato una dichiarazione di solidarietà con gli studenti che avevano occupato Millbank, «ora è importante non farsi prendere dalla delusione e continuare a fare pressione sul governo nei prossimi mesi, per fermare l'implementazione di questa riforma». Chi vince e chi perde dall'approvazione di questa riforma? Saranno veramente in pochi a guadagnarci. Ma certo farà il gioco delle università di elite, come Oxford, Cambridge, Warwick e Saint Andrew, che sono parte del Russell Group. Queste università vedono realizzato il loro sogno di diventare come le università statunitense, e potranno rastrellare grandi risorse accogliendo gli studenti più abbienti invece di quelli più intelligenti. A perdere
saranno i nuovi atenei che sono cresciuti durante gli anni del New Labour. Molti di questi ora rischiano seriamente la chiusura e con la loro chiusura a molti ragazzi verrà negato l'accesso agli studi universitari. Hanno colto al volo l'occasione offerta dalla crisi economica per fare quello che sognavano da anni: trasformare completamente l'università in un sistema di mercato. Eppure il governo continua a sostenere che la legge permetterà a tanti ragazzi poveri di studiare. Si tratta chiaramente di bugie. Le borse di studio che metteranno a disposizione sono risibili e saranno disponibili solo per pochissimi studenti. La maggior parte degli studenti invece si dovrà portare sulle spalle decine di migliaia di sterline di debito, che alcuni finiranno di pagare quando avranno 50 anni o più. Pagare di più per servizi peggiori: certo non mi sembra un cambiamento che migliorerà il sistema educativo. A sentire le conseguenze anche tanti professori nei prossimi mesi ed anni potrebbero ricevere la lettera di licenziamento. Si tratta di una vera e propria disgrazia per tante persone che hanno dovuto studiare per una vita ed ora si ritroveranno senza lavoro, e senza alternative di occupazione. Secondo le stime del sindacato a rischiare il posto sono migliaia, secondo alcuni calcoli addirittura diecimila. I più a rischio sono i professori che insegnano materie umanistiche e scienze sociali per cui i fondi statali destinati alla didattica verranno addirittura azzerati.
TORINO • Presentato il Manifesto per l'università che verrà
La «riforma protestante» che vogliono gli studenti Mauro Ravarino TORINO
La protesta continua, ma ora è anche il momento della proposta. Studenti e ricercatori rigettano l'accusa di conservatorismo scagliata dal ministro Gelmini, quella sui «vecchi slogan» e «la difesa di uno status quo». «Non difendiamo -ribattono - l'università dei baroni, né l'università-azienda prospettata dal governo. Ci battiamo, invece, per la realizzazione di una Nuova Idea di Università». Detto e fatto. Mercoledì un drappello di universitari ha affisso alla porta del Rettorato di Torino il «Manifesto per l'Università che verrà». Proprio come Martin Lutero che, in polemica con il clero romano, quasi cinquecento anni prima, appese alla porta della chiesa di Wittenberg le famose 95 tesi. E non è strano che gli studenti abbiano ribattezzato la loro lotta «La riforma protestante». La carovana dell'AltraRiforma è partita da un pezzo. Dall'appello lanciato da Link-coordinamento universitari e da altri soggetti a fine ottobre, concretizzatosi poi il 21 novembre con la scrittura di un documento collettivo, durante l'occupazione di Palazzo Campana. «Adesso - dicono Marco Viola e Giulia Mercuri, studenti del gruppo Sinai, che si è occupato di analizzare il ddl Gelmini e di elaborare un'alternativa - si tratta di discutere il Manifesto e condividerlo dal basso, con studenti, precari, dottorandi e ricercatori. L'obiettivo è scatenare un dibattito dentro e fuori dall'università e rivendicare il valore del sapere come bene pubblico». Ci vuole, allora, una riforma partecipata che preveda, per esempio, un diritto allo studio garantito a tutti. Una delle proposte è: «Una copertura totale delle borse di studio, mediante uno specifico fondo statale erogato alle Regioni di almeno 321 milioni di euro, comprendenti il reintegro dei tagli contenuti nella legge di stabilità 2011. In questo modo si metterebbe fine all'assurdità degli idonei non beneficiari».
L'AltraRiforma parla, inoltre, di «didattica di qualità» e di «partecipazione democratica». «Pensiamo - si legge nel Manifesto - che la miglior cura contro il clientelismo e la corruzione sia il controllo dal basso e non l'accentramento del potere baronale e aziendale». No alle ingerenze dei privati, sì a un autogoverno dell'università. Alle baronie non si risponde «esternalizzando», assegnando l'indirizzo strategico a un cda in mano agli imprenditori, ma con «un governo democratico» che preveda la partecipazione di tutte le componenti d'ateneo e con un ruolo unico della docenza che «scardini lo strapotere degli ordinari». Una nuova università dovrebbe riconoscere specifiche competenze ai rappresentanti degli studenti, simili a quelle delle Rsu dei lavoratori: «Permettere il controllo sulla qualità dei servizi e la possibilità di esprimere un parere vincolante sui temi che riguardano più direttamente gli studenti, anche tramite referendum». E sulla contribuzione studentesca il Manifesto è chiaro: «Dovrà essere equa e progressiva attraverso una riforma del sistema di tassazione e un aumento delle lotta all'evasione fiscale». Quando si parla dei mali dell'accademia si mette spesso in evidenza la distanza dal reale, dalla società civile, dal mondo del lavoro. «Ma non si risolve con la privatizzazione» spiegano gli universitari. «Meglio spingere le imprese a puntare sull'innovazione: occorrerebbero incentivi allo sviluppo e all'impiego di nuove tecnologie socialmente utili». Infine, l'AltraRiforma dice un «no» netto ai tagli. «Servono investimenti, almeno come in Francia, l'1,7% del Pil, per una reale riforma che riesca a traghettare l'Italia fuori dalla crisi».
Rette triplicate universitari indebitati per quasi trent'anni LONDRA. Aumento di quasi il. triplo delle rette universitarie: è questo il controverso piano del governo di David Cameron approvato ieri alla Camera dei Comuni, assediata dalla protesta degli studenti che è anche degenerata in scontri con lapolizia. La riforma porta il tetto massimo delle rette universitarie dalle attuali 3.290 a un massimo di 9.000 sterline. E questo, in base al sistema in vigore in Gran Bretagna, per molti studenti significherà indebitarsi per 20-30 anni. La riforma nasce sulla falsariga di un rapporto, commissionato nel 2009 dall'allora governo laburista di Gordon Brown all'ex capo della Bp Lord Browne, le cui conclusioni indicavano che tutte le rette universitarie an davano innalzate. In base al progetto del governo Cameron, approvato ieri, il 25% degli studenti con basso reddito familiare pagherà meno di quanto fa ora, ma tutti gli altri pagheranno di più. La soglia di reddito oltre il quale le rette (che sono di fatto prestiti anticipati dallo stato che lo studente si impegna poi a restituire) sale dalle attuali 15.000 a 21.000 sterline. Sta alle singole università stabilire l'ammontare delle rette e il governo calcola che la maggior parte degli atenei sarà nella media delle 6.000 sterline annue circa. Ma secondo l'Institute for Fiscal Studies, circa la metà degli studenti universitari, per un corso di laurea di tre anni, dovrà pagare una tassa del 9% per 30 anni. Calcolando rette medie di 7.500 sterline, più prestiti universitari (per chi non ha diritto auna borsa di studio), il 10% degli studenti che poi guadagnerà, di più estinguerà il debito in 15 anni. Ma la media, che si stima avrà un reddito con il lavoro di circa 49.000 sterline annue, sarà indebitata per 26 anni.
Gli slogan I cartelli studenteschi: no ai tagli e alle tasse sull'università
VIA LA PIRA
Nuova occupazione a «Scienze della Terra» IN VISTA del voto di fiducia al governo sono state occupate alcune stanze del dipartimento di Scienze della Terra in via La Pira 4 in modo da avere un luogo dove organizzare «la mobilitazione contro il governo». L'occupazione si aggiunge a quelle delle altre sedi della Facoltà di Scienze: il dipartimento di Matematica Ulisse Dini e il Polo Scientifico di Sesto». Gli studenti annunciano poi la loro presenza a Roma durante il voto del 14.
«La delusione di mio figlio per un'università da riformare» SPETTABILE REDAZIONE, in questo periodo di proteste di studenti e professori dell'università, vorrei far conoscere la mia esperienza di madre di un figlio ora laureato e deluso dal Sistema Università. Mio figlio iscritto alla facoltà di Architettura di Firenze , al triennio, che sembrava chissà quale innovazione , si è ritrovato una quantità di esami accorpati e nel completo sbandamento dei professori. Per i primi anni era abbastanza nei termini dei corsi con una buona media (27), finchè non si è ritrovato davanti al muro dell'esame di Statistica e Scienza delle costruzioni con un docente con il quale non è riuscito , lui un discreto gruppo di compagni, a superare l'esame . Lo hanno superato dopo un anno quando hanno cambiato docente. Questo forse la dice lunga anche sul metodo di esaminare. E il giorno della tesi di laurea, il suo professore relatore non si è presentato, è stato rintracciato dai colleghi che per telefono lo hanno sollecitato a presentarsi perché c'erano due suoi studenti per i quali doveva presentare la tesi e poi esprimere il suo giudizio su altri laureandi . E questa è l'università che si vuole proteggere . I professori di architettura protestano. Ma si mettano in discussione e si impegnino quelli che non lo fanno . Ora mio figlio lavora, ma non esercita la professione , fa l'operaio perché non si è lasciato sfuggire di questi tempi un lavoro a tempo indeterminato . Io spero che si ricreda e che continuando a lavorare possa fare la specializzazione o l'esame di Stato . Per ora è rimasto troppo deluso e amareggiato. Speriamo davvero che venga una buona riforma per il bene dei nostri ragazzi. Lettera firmata
Scarperia E' la prima volta a livello mondiale che un circuito motoristico ospita la discussione delle tesi
auto dromo diventa Umversita Oggi la consegna dei diplomi di laurea ai neodottori in Infermieristica Andrea Salimbeni SCARPERIA - Infermieri all'autodromo del Mugello. Eppure non si è fatto male nessuno, nessuna caduta rovinosa di qualche pilota spericolato. In ogni caso questa mattina ben 20 infermieri si troveranno nelle aule dell'autodromo, ma senza il proprio camice e per un evento ben più felice: per la prima volta a livello mondiale un circuito ospita la discussione delle tesi e la consegna dei diplomi di laurea ai futuri dottori in infermieristica. Proprio oggi gli studenti del Corso di Laurea in Infermieristica discuteranno la loro tesi di laurea alla presenza del preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell' Università di Firenze, Gian Franco Gensini, e del presidente del Corso di Laurea in Infermieristica Niccolò Taddei. Non potrà mancare a quest'evento l'amministratore unico dell'impianto Paolo Poli, che ha espresso il proprio orgoglio per la novità: "Siamo veramente felici di essere la location di questo evento, sopratutto per quello che rappre-
senta. Il fatto che il nostro impianto sia quest'anno sede del momento più significativo dell'intero anno scolastico conferma 1' attenzione e sensibilità per il territorio e le sue eccellenze così come il voler essere fortemente punto di riferimento per realtà solo apparentemente distanti". Il corso di laurea in Infermieristica è a Borgo S. Lorenzo dal 2004/2005, oggi gli studenti sono 138, con 5o nuove matricole or-
mai per il secondo anno consecutivo. Con la prossima discussione, i laureati saranno 68, a dimostrazione che questo corso premia e non poco la scelta fatta ormai 6 anni fa. L'Università degli studi di Firenze, ma anche l'azienda sanitaria di Firenze, il Comune di Borgo, la Comunità Montana e la Società della Salute del Mugello, fu grazie a loro che si decise di creare questo nuovo corso di laurea nella zona, corso
che continua a riscuotere una quantità notevole di iscritti che vedono nel lavoro dell'infermiere una grande opportunità per il proprio futuro. Non si può dar torto a questi ragazzi. Con i tanti problemi di disoccupazione e di precariato, il corso triennale (20 esami e 18oo ore di corsi) in Infermieristica supera di gran lunga il tasso di occupazione medio all'uscita dalle università, le statistiche più recenti indicano che a un anno di distanza dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione è superiore al 969/.. Al laureato in Infermieristica può poi decidere di proseguire gli studi; corsi di Master di primo livello, Laurea Magistrale, Master di secondo livello e Dottorato di Ricerca, le possibilità sono tante, il lavoro a quanto pare è ad oggi uno dei più sicuri e retribuiti. L'affluenza ai corsi dei ragazzi del Mugello ne è una prova. E allora appuntamento nella sala stampa dell'autodromo alle ore 12. Al posto dei piloti più famosi del mondo, a parlare stavolta saranno i nuovi infermieri.
In pieno centro L'ingresso dell'Università Ca' Foscari di Venezia. Anche in questa sede non sono mancate le proteste contro la riforma Gelmini.
DI DONATELLA MARINO 'è una università dove la legge Gelmini è già in sperimentazione, sotto diversi aspetti. Alla Ca' Foscari, a Venezia, il cambiamento ha avuto
C
uno sprint un anno fa, con l'insediamento del nuovo rettore Carlo Carraro, 53 anni, docente di economia ambientale e alla prima esperienza da «magnifico». Le novità sono partite dal cuore del sistema: le facoltà. La riforma, che è passata alla Camera e attende l'ok del Senato (la discussione è slittata a dopo il 14 dicembre e può saltare se il governo non otterrà la fiducia), prevede una riduzione delle facoltà: potranno essere al massimo 12 per ateneo. A Venezia si è andati oltre e sono state abolite del tutto, mentre sono stati più che dimezzati i dipartimenti, passati da 19 a 8.
«Le facoltà erano una sorta di stanza di compensazione delle scelte didattiche che avvenivano nei dipartimenti e che adesso sono molto più autonomi» chiarisce Carraro. «Possono collaborare tra loro senza passaggi intermedi e l'insegnamento non ne risente perché l'organizzazione dei programmi è più diretta». Non solo, si è ottenuto un taglio del 10 per cento di personale, dirottato a costo
La riforma Gelmìnì da noi già funziona Abolite le facoltà, dimezzati i dipartimenti, riduzione del personale e il oda composto da manager esterni (gratis). Venezia anticipa la rivoluzione degli atenei dimostrando che si migliora risparmiando. Dritta alta meta Mariastella Gelmini, 37 anni, ministro dell'Istruzione.
Il magnifico Carlo Carraro, 53 anni, docente di economia ambientale, da un anno rettore
della Ca' Foscaii di Venezia. zero al servizio degli studenti. Un esempio? È stata avviata una segreteria su Facebook, con due persone che dalle 8 di mattina alle 8 di sera rispondono alle richieste degli universitari. Altra rivoluzione nel consiglio di amministrazione. Secondo la nuova riforma, il cda avrà un minimo di tre membri esterni su 11, ma alla Cà Foscari è già tutto composto da esterni. «Le scelte sulle risorse da finanziare sono fatte seguendo le strategie del senato accademico, ma senza conflitto d'interessi perché le sottoscrivono persone non coinvolte» sostiene Carraro. Un vantaggio in autonomia con aumento dei costi? Il rettore non ha dubbi: «No, la collaborazione di questi manager è gratuita». Due punti ancora avvicinano l'università agli standard previsti da Mariastella Gelmini: l'adozione di una contabilità economico-patrimoniale chiara e la valutazione dei professori da parte degli studenti. «Il nostro è un bilancio trasparente, con voci perfettamente rendicontabili» continua Carraro. La valutazione al momento è solo un monitoraggio interno, tuttavia se la riforma fosse approvata contribuirebbe all'attribuzione di fondi da parte del ministero. Altre novità sono in cantiere sul fronte esterno. La nuova riforma garantirebbe agli atenei la possibilità di fondersi o aggregarsi su base federativa per evitare duplicazioni e costi inutili. È quanto sta accadendo fra le quattro università del Veneto: Cà Foscari, Architettura Venezia, Padova e Verona. Insieme, lo scorso settembre, hanno deciso di costituire una fondazione (possibile grazie a una legge del 2001) che si chiàmmerà Univeneto e sarà una sorta di holding che gestirà il coordinamento dei quattro atenei. In attesa che il ministero la approvi formalmente, dall'intesa sono scaturiti progetti comuni.
L'idea di organizzare corsi di dottorato regionali, invece che per singole università, fa parte dell'accordo. Attualmente le borse di dottorato che ogni ateneo può
« Non ha senso fare le stesse cose dell'Università di Padova, che è a 30 chilometri da noi. Stiamo cercando
di coordinare le attività didattiche» concedere sono limitate, tre o quattro all'anno. E siccome per legge in una classe di dottorato il numero di studenti senza borsa può essere al massimo pari a quello di quelli con borsa, il risultato è: classi molto piccole, con dispendio di risorse. In questo modo invece si metteranno insieme tutti i dottorandi della stessa materia a livello regionale e questi avranno a disposizione il collegio docenti di quattro atenei, con maggiore varietà e qualità dell'insegnamento. Il che dovrebbe essere l'obiettivo principale, soprattutto parlando di corsi di alta specializzazione. Il dottorato regionale partirà con tre specializzazioni a settembre del 2011, per passare a 20 nel 2012, quando entrerà a regime. Al momento è presto per valutare se ci saranno vantaggi economici. «A
livello di risorse umane non sarà più necessario avere uno staff dedicato per ciascun dottorato in ogni ateneo e quindi alla fine un certo risparmio dovrebbe esserci» prevede Carraro. In ogni caso si sarà liberato personale che, opportunamente formato, potrà essere utilmente reimpiegato. «Magari per reperire fondi europei, un'opportunità finora scarsamente sfruttata dagli atenei». Un passaggio già in atto è l'eliminazione di doppioni nell'offerta formativa delle quattro università. Si è negoziato di attribuire l'eventuale corso doppione all'ateneo con la tradizione più solida in quella materia. Ma si è puntato anche a inaugurare corsi congiunti. Come con scienza delle religioni, un insegnamento condiviso con l'Università di Padova, che prima non rìusciva a decollare perché non si avevano da soli docenti sufficienti. Oppure scienza dei materiali, che partirà con lo stesso criterio, per formare esperti di nuovi materiali nel campo delle nanotecnologie. «La possibilità di coordinare meglio le attività didattiche è stata facilitata dal fatto che adesso, cosa unica nel panorama universitario, il rettore dell'Università di Padova siede nel nostro cda» sottolinea Carraro. «Con appena 30 chilometri di distanza l'uno dall'altro, non ha senso fare le stesse cose». Manager esterni in cda da una parte, la fondazione universitaria che potrebbe aprirsi a partecipazioni del mondo delle imprese: non c'è un rischio di privatizzazione mascherata degli atenei, che poi è uno degli argomenti di protesta contro la riforma Gelmini? «La presenza di manager ha contribuito ad allargare l'offerta di stage, anche íntemazionali» incalza Carraro. «C'è poi un sistema di controlli che garantisce che l'università resti pubblica al 100 per cento e che i progetti di ricerca siano compatibili con questa vocazione». Semmai il problema sta nei finanziamenti: ancora non sono noti quelli per il 2010. «Ma è un argomento da Finanziaria: la riforma Gelmini riguarda le regole e sancirebbe un cambiamento che, a velocità diverse, è partito in tanti atenei». Al■ meno nel Nord Italia.
Che cosa occorre per avere successo in azienda Il carattere conta più di competenza e cultura per un neolaureato che vuole lavorare in una grande azienda: è il risultato di un sondaggio condotto in 20 paesi tra 2.492 direttori del personale. Gli altri risultati nella pagina seguente.
Cultura 29,2%
Competenza 33,9% Carattere e personalità 38,9%
Laureato italiano? N o thanks
Esperienze di lavoro durante gli studi, capacità di comunicare, buon senso: questo. è richiesto al neoassunto perfetto, secondo un'indagine tra 2.492 società di 20 paesi. Dove l'Italia fa una brutta figura. DI RAFFAELLA GALVANI
E un matematico più che un letterato. Alle grandi visioni strategiche antepone un sano, normale buon senso pratico. Non è stato necessariamente il primo della classe, ma si butta con sicurezza sul lavoro. Se poi è americano, l'assunzione è assicurata. In qualsiasi azienda del mondo. A dirlo è il sondaggio Campus 360, che Panorama pubblica in esclusiva per
l'Italia e che è stato condotto fra il 3 marzo e il 18 maggio 2010 via internet dall'istituto di ricerca di Berlino Trendence e dalla francese Emerging, società di formazione e consulenza. Per la prima volta, attraverso le interviste a 2.492 direttori del personale di società internazionali che hanno il quartier generale in 20 paesi (dal Giappone al Brasile, dalla Cina agli Usa, dalla Germa-
Le qualità essenziali per essere apprezzati in ufficio
Abilità nel lavorare in gruppo 64,7%
i Capacità
di comunicazione 50,8% i Flessibilità e adattabilità 44,8%
nia all'India, dalla Russia alla Gran Bretagna), emerge l'identikit del neolaureato che tutte le grandi imprese del mondo vorrebbero come dipendente. E le sorprese non mancano. La più eclatante per l'Italia, che al sondaggio ha partecipato con 111 società, tra le quali Banca d'Italia, Intesa Sanpaolo, Apple, Ferrero, Borsa Italiana, Barilla, Fiat, Ibm? Nessuno dei partecipanti alla ricerca ha indicato nei neodottori italiani i candidati ideali all'assunzione dopo quelli del proprio paese. Al contrario, i giovani americani, inglesi e tedeschi vanno forte dovunque, con gli yankee in cima alla lista dei favoriti persino delle imprese della Cina e i britannici in quelle della Russia. E si piazzano bene anche i giapponesi (la prima scelta per esempio negli Usa), i cinesi e gli indiani. Insomma, sebbene non manchino i casi di top manager italiani di successo alla guida di grandi gruppi internazionali, chi esce dalle università italia-
® Ambizione 39,3% ® Facilità di apprendere 39,3% ® Capacità di avere ampie visioni 38% ® Capacità organizzative 36,2% ® Leadership 31% ® Entusiasmo 30,8% u Autonomia 27,7% ® Stabilità emotiva 27,7% s Sapere ascoltare 26,5% o Avere buon senso 26% ® Forte etica 24,6% ® Curiosità 18,5% u Precisione 17,2% ® Spirito imprenditoriale 13% u Autocontrollo e cura di se stessi 12,8% ® Puntualità e rispetto degli altri 10,9%
ne non attira. Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Giappone e Francia sono ritenuti dai direttori del personale di tutto il mondo i paesi in grado di produrre i migliori neolaureati, mentre l'Italia si piazza solo al sedicesimo posto su 20, contro il settimo della Cina o l'ottavo dell'India. La prima cosa che viene esaminata da un direttore del personale, e che dà valore al curriculum di un neodottore, non è il voto di laurea o il tipo di specializzazione, ma le esperienze di lavoro fatte durante il periodo degli studi, anche se non necessariamente all'estero. La padronanza assoluta dell'inglese ovviamente è un must, ma lo sta diventando anche la capacità di essere subito operativi: lo chiede oltre il 65 per cento degli intervistati, mentre solo il 35 per cento si accontenta di candidati con buone basi teoriche sulle quali costruire. Perché le aziende oggi devono correre e le risorse (anche umane) sono scar-
se, così tutti devono potere dare il massimo fin da subito. E non bisogna credere che le esigenze siano diverse nei paesi emergenti. In Brasile come in GranBretagna, in Russia come in Giappone o in Italia, per esempio, le «soft skill» (personalità, comportamento, attitudine) sono ritenute più importanti delle conoscenze teoriche. E quali sono le caratteristiche che i direttori del personale globali ritengono fondamentali perché un giovane, una volta entrato in azienda, possa avere successo? Capacità di lavorare in gruppo, di comunicare, flessibilità, ambizione e impegno sono ai primi posti. In coda, precisione e attenzione ai dettagli, autocontrollo, educazione, puntualità. Da notare che persino lo spirito imprenditoriale non è fra le doti più apprezzate. Come a ribadire che in tempi duri le primedonne sono ingombranti. Molto meglio i brillanti uomini di squadra. ■
Io e la Gelmini, veri liberali DI SANDRO BONDI
G
entile direttore, l'articolo scritto da Caldarola sulla scuola e la cultura induce al pessimismo, perché denota soprattutto uno spaventoso ritardo culturale da parte della sinistra italiana. La tesi di Caldarola è che, di fronte a un movimento degli studenti che pone al centro del dibattito pubblico la necessità che la cultura e la scuola facciano parte di una rinascita nazionale, i due ministri competenti, cioè la Gelmini e il sottoscritto, sarebbero palesemente inferiori al compito che ci sarebbe stato affidato. Nel mio caso, poi, il giudizio è ancora più impietoso, perché si denuncia una mia estraneità e addirittura una chiusura al mondo della cultura. La mia opinione, invece, è diametralmente opposta. Penso infatti che nonostante tutte le critiche, nonostante un'opposizione che è distante anni luce da una moderna
cultura riformista, nonostante i pregiudizi e spesso l'irresponsabilità di molti sedicenti uomini di cultura, Mariastella Gemini ed io, possiamo rivendicare il merito di avere promosso, per la prima volta in termini coerenti e sistematici dal dopoguerra a oggi, una serie di riforme liberali nel campo della scuola e della cultura, destinate a incidere positivamente e durevolmente in una società come la nostra. La crisi economica e i vincoli del debito pubblico non hanno soffocato, ma semmai esaltato una linea che prima ancora di chiedere maggiori risorse si è fatta carico di affrontare con coraggio la necessità di riforme ineludibili. La riforma della scuola e dell'università, avviata dal ministro Gelmini, rappresenta una delle riforme più importanti e significative dell'attuale governo. Una riforma che va nella direzione della modernizzazione del Paese e nello stesso tempo del superamento delle disuguaglianze sociali che caratterizzano la nostra società. SEGUE A PAGINA 14
ono convinto che se in Italia esistesse una sinistra riformista, se fosse comparso in Italia un Blair italiano, egli avrebbe proposto per primo la riforma della scuola e dell'università che porta il noS me della Gelmini e del governo Berlusconi. Da noi invece Bersani sale sui tetti per solidarizzare con chi protesta, mentre un giornalista come Caldarola si mette ad ascoltare con trepidazione i segni del «miracolo di una generazione», il consenso che sembra circondare la rivolta giovanile. Caldarola giunge al punto da definire il ministro Gelmini ed io, come due simboli di una classe dirigente inventata. «Miserie da Seconda Repubblica». Ma non gli viene il dubbio che forse siamo, al contrario, i simboli di una classe politica che, nel pieno di una crisi economica drammatica, ha cercato di affrontare i nodi di una crisi che prima di tutto ricade sulle nuove generazioni e in particolare sui giovaniprovenienti dalle classe sociali più deboli, lasciata in eredità proprio dai partiti della Prima Repubblica, non solo attraverso la richiesta di più risorse, ma di riforme coraggiose e necessarie? Nel mio caso, infine, quando Caldarola osserva una presunta chiusura verso il mondo della cultura, coglie solo l'atteggiamento di una parte della cultura italiana che di fronte ai miei tentativi di stabilire un ponte, un dialogo, una collaborazione, ha saputo rispondere solo con la faziosità, i preconcetti e le vecchie soluzioni. Sandro Bondi
Regno U nito. Via libera con defezioni lib-dem all'aùmento delle rette universitarie fino a 9mila sterline
Studenti in rivolta, caos a Londra Assalto all'auto di Carlo e Camilla e a Westminster, 30 feriti negli scontri Leonardo Maisano LONDRA. Dal nostro corrispondente Assalto a Westminster, attacco all'auto del principe Carlo, sprangate e sassate contro le finestre del ministero del Tesoro e della Corte Suprema. I simboli della democrazia è della sovranitàbritannica travolti dall'offensiva di centinaia di dimostranti, frange estreme di altre migliaia di studenti che ierihanno manifestato tutto il giorno contro la riforma universitaria. La protesta è degenerata in attacchi sparsi come quello, senza gravi conseguenze, all'auto di Carlo e Camilla centrata da vernice bianca e pietre, lanciate dai manifestanti mentre la coppia reale andava al Teatro Palladium. Carlo e Camilla sono comunque rimasti illesi. Ci sono stati altri assalti allevetrine dei negozi di Oxford Street, fino al tentativo di incendiare l'albero di Natale di Trafalgar Square. Immagini di violenza diffusa, flash di una rivolta scomposta che ha paralizzato Londra per ore, fino a notte inoltrata.
'Ci sono stati arresti e feriti per le strade, ma i "caduti" si sono contati anche in Parlamento dove si compiva l'atto legislativo finale che è all'origine delle violenze. È stata approvata la revisione al rialzo - il triplo in realtà - delle tasse -*d'iscrizione all'università,
psicodramma sociale e politico inglese che ha lasciato sul terreno il sapore amaro della sollevazione, svelando le prime crepe nel governo di coalizione fra conservatori e liberaldemocratici. Il bilancio, mentre scriviamo, è di una decina di studenti arrestati e una trentina di feriti alcuni seriamente, per lo più agenti. Calcolo parziale perché in serata l'assembramento a Whitehall, davanti al Tesoro, continuava
APPROVAZIONE RISICATA A favore 323 e contrari 302 con un margine di 21 voti decisamente inferiore alla maggioranza standard di 80 deputati dell'esecutivo .......................................................................... con file di agenti schierati davanti ai manifestanti. Un pomeriggio e una serata di un giorno da cani per Londra. Un giorno cominciato con unaprotesta dell'unione studentesca autorizzata dalla polizia e che prevedeva solo il passaggio davanti ai Comuni. Il corteo avrebbe dovuto sfilare via, mailpiano è cambiato in corso d'opera e migliaia di giovani si sono concentratiinParliament Square, a pochi metri dall'aula dei Comuni dovei depu-
tati sfogliavano la margherita. L'ultimo petalo ha detto che le tasse universitarie possono passare da tremila a novemila sterline l'anno, anche se la maggioranza parlamentare di ottanta deputati si è ristretta a ventuno. Il calcolo della rivolta, quella dell'aula non della piazza, è complesso muovendosi fra assenti giustificati e non, ma l'esecutivo ha saltato meglio del previsto il più difficile ostacolo dal giorno della vittoria elettorale. Anche se una trentina di rappresentanti hanno negato il loro voto anche se tre deputati, in disaccordo con il provvedimento, si sono dimessi dall'incarico di assistenti ministeriali. Il pollice verso è stato mostrato da mezza dozzina di Tory, ma il prezzo più alto lo hanno pagato i LibDem, spaccati fra favorevoli, astenuti e contrari. E contro di loro si è concentratala rabbia dei dimostranti. Il "traditore" è Nick Clegg, vice premier e strenuo assertore, in campagna elettorale, della necessità di non alzare lefee delle accademie, ma pronto al compromesso per sostenere la coalizione e risanare i conti del paese. Tanta, per così dire, flessibilità non è stata compresa dagli elettori più giovani e dalla base parlamentare del partito che s'è ribellata al leader contestando misure che penalizzano la cosiddet-
ta "mobilità sociale", problema serio in un mondo ancora regolato da non scritte regole di classe. Il governo si è quindi salvato, il consenso elettorale per Nick Clegg e per i LibDem molto meno, ma il problema ormai è un altro. È lapiazza. «Quanto sta accadendo è incredibile -ha commentato un portavoce di Metropolitan Police - gruppi di teppisti sono scatenati per tutta la città. Attaccano non solo ministeri, ma anche i luoghi dello shoppingnatalizio con azioni di pura violenza». In realtà la polizia è stata criticata per la tattica adottata in Parliament Square. Il cosiddetto "contenimento" dei manifestanti cercando di concentrarli, muovendoli poi da un'area all'altra nel tentativo di fiaccarne la resistenza, avrebbe impedito amolti di lasciare i luoghi della protesta. La polemica è destinata a continuare e a farne le spese saranno anche le organizzazioni studentesche che avevano ordinato la mobilitazione contro la riforma universitaria, non il via libera a un teppismo più o meno creativo. «Quanto è accaduto hanno dichiarato i coordinatori di una protesta che speravano pacifica -è inaccettabile». Eppure è accaduto, per due volte in meno di due mesi.
La manovra Cameron 3 Il governo di David Cameron ha annunciato il più grande piano di riduzione della spesa pubblica del dopoguerra: un totale di 92 miliardi di euroin quattro anni n Mano pesante sul Welfare con tagli per20,5 miliardi: colpiti sussidi di disoccupazione e assegni familiari, si salvano solo sanità e istruzione. L'età pensionabilesale da 65 a 66 anni da 12020 (con sei anni di anticipo)
Nella pubblica amministrazione verranno eliminati 490mila posti di lavoro; i budget dei ministeri dovranno scendere in media dei 19%, semprein quattro anni. Diventa permanente la tassa sulle banche Gli scontri sull'università Cameron ha portato da 3mila a un massimo di 9mila sterline le rette universitarie. Ha indicatoin 6mila sterlineiltetto più ragionevole, lasciando agli istituti il margine di discrezione iA Già il 10 novembre, la protesta degli studenti era degenerata in violenti scontri di piazza con almeno dieci feriti
Istituzioni nel mirino. Manifestanti davanti a Westminster: la se de del Parlamento di Londra è stata una delle istituzioni simbolo colpite ieri durante la protesta degli universitari, insieme alla sede del ministero del Tesoro, alla Corte Suprema e, ultima ma forse più clamorosa, l'auto del principe Carlo e della consorte Camilla,
Immobiliare Nasce il Fondo per i campus Il rettore dell'universitĂ Iulm di Milano, Giovanni Puglisi, e il presidente di Ream Sgr e vicepresidente della Fondazione Crt, Giovanni Quaglia, hanno firmato l'atto di costituzione del Fondo immobiliare Social & Human Purpose-Comparto Campus, che sarĂ gestito da Ream.
CHI CI PERDE E LA RICERCA I uiio /xnrrc il (/ i/( /(c (/(/ l1/)! (e luiiiri ln 1'wI (-oui/)oimi/!(' (i u/ruihri relrriri nll (iris r. ilri. l )ii . ((/1(1 / 1////11e/ /ìnroln .s// l iillo. ( IO6(;lo HIIiO\I ono in Università e nella ricerca dal 1962. In questo arco di tempo armi l'Università è profondamente cambiata [...]. Oggi il DDL Gelmini è quasi pronto per entrare in fiinziotle, ma rispetto al passato [...] siamo ridotti al punto che in assenza di una nuova legge (non necessariamente l'insoddisfacente DDL Gelmini) l'Università è paralizzata. Vanno aggiunti i tagli ai ftnanziamenti decisi dal Ministro dell'Economia e i provvedimenti caotici del Ministro per la Funzione Pubblica: rendono comunque inapplicabile la «cosiddetta riforma» Gelmini. Ho l'impressione di un atteggiamento volutamente punitivo verso l'Università sostenuto anche (la campagne di stampa [...] che tendono a presentare tutto il personale universitario come un insieme di fannulloni (la mettere in riga. [...] Il più grave difetto del DDL Gelmini è il depotenziamento del Rettore a vantaggio di un Direttore Generale e un Consiglio d'Amministrazione con una forte componente di membri Esterni all' Università, a cui spetta l'ultima parola su tutto, didattica e ricerca comprese. Temo una Università a posto (forse) dal punto di vista economico-amministrativo, ma guidata da persone non necessariamente competenti in materia di didattica e di ricerca. In incontri a cui partecipavano persone del mondo industriale ed economico mi sono sorti grossissimi dubbi su questo connubio, squilibrato verso il mondo dell'economia e della produzione. Che fine farebbe ad esempio la ricerca di base o lo studio di «cose che non si inscatolano e non si possono vendere»? Il rischio è lo smantellamento dell'Università pubblica a favore di istituzioni private: accanto ad alcune prestigiose si intravede già una miriade di pseudo università (nella zona di Milano ne ho contate 11) create al solo scopo di spillare soldi agli studenti. Per ragioni di spazio sono costretto a fermarmi Professore Ordinario di Radioastronomia Università degli Studi di Milano Bicocca
Lezione i ng lese
A di DAVID CAMYIERON
Quello che segue è un ampio stralcio dei discorso sulla riforma universitaria che David Carneron, primo ministro inglese, ha tenuto al think tank CentreForum. ggi voglio parlare del futuro delle uni0 versità in questo paese. Abbiamo visto le proteste. Abbiamo visto le marce. Abbiamo visto la passione di molti studenti su questo tema. Beh, lasciate che vi dica questo. Anche io sono appassionato. Appassionato per i giovani che dovrebbero avere la possibilità di andare all'università, qualunque sia la loro provenienza o il reddito familiare. Appassionato perché essi siano in grado di lasciare l'università senza avere un peso eccessivo di debiti. Appassionato perché le nostre università siano tra le migliori al mondo. Il dibattito di oggi è il modo migliore per raggiungere queste cose. Ma, va detto onestamente, la passione in questo dibattito sta annegando alcune verità. Così oggi voglio spiegare la reale verità su quello che sta accadendo.
Perché abbiamo bisogno di cambiare e perché il cambiamento che proponiamo è la scelta migliore. Cominciamo con questo: abbiamo bisogno di cambiare. E non possiamo solo attaccare lo status quo. Il sistema universitario che abbiamo è insostenibile, non competitivo e sleale. Insostenibile perché negli ultimi cinquanta anni abbiamo assistito a un mas-
siccio aumento del numero di giovani che va all'università. Ma l'attuale modello di finanziamento dell'istruzione superiore semplicemente non riesce a reperire soldi sufficienti per sostenere il crescente numero di studenti. Infatti, il finanziamento pubblico per gli studenti oggi è inferiore in termini reali di quanto lo fosse 20 anni fa. Dobbiamo affrontare la questione. Non possiamo permettere alla nostra università di continuare ad arretrare rispetto ai rivali internazionali. Basta guardare a ciò che sta accadendo in India e Cina. -3 segue a pagina 9
Camerun: ecco l'univc:sità che voglio. Equa e competitiva Il premier britannico: dobbiamo vincere la concorrenza dei nostri ex dominion segue dalla prima di DAVID C_AMERON
"egli ultimi tre anni, FIndia costruìto nuovi Istituti
tecnologici, dodici università e sette nuove scuole di management. E nei prossimi quindici anni, il numero di laureati delle università cinesi è destinato a crescere di cinque volte. Questa è la concorrenza che dobbiamo affrontare. Allora cosa facciamo? Dobbiamo ridurre drasticamente il numero degli studenti e negare a molti giovani la possibilità di andare all'università? No. Vogliamo che sempre più persone abbiano la possibilità di andare all'università, non che diminuiscano. Quindi dobbiamo trovare un nuovo modo di finanziamento dell' istruzione superiore in questo paese. La domanda è: come? Sarebbe bello se si potesse fare solo aumentando la spesa pubblica. Ma non possiamo. Anche in un momento di crescita economica, la spesa pubblica da sola non potrebbe mai essere un modo sostenibile per finanziare la crescita del numero degli studenti. Ora, non solo non è sostenibile a lungo termine, ma francamente è insostenibile anche a breve termine. E non ho intenzione di sostenere che abbiamo un sacco di soldi a disposizione. Non ci sono. Abbiamo un debito
profondo. E se volete sapere quanto grave può diventare, basta guardare a quello che sta accadendo ad alcuni dei nostri vicini europei. Non da ultimo, naturalmente, all'Irlanda. Sono tempi in cui i mercati sono in preda a timori sulle finanze pubbliche in tutta Europa. È assolutamente indispensabile mantenere la Gran Bretagna fuori dalla zona di pericolo, seguendo i nostri piani per tenere la finanza pubblica sotto controllo. Quindi, se non possiamo aumentare la spesa, dobbiamo aumentare le tasse? Questo significherebbe chiedere alle persone con un basso reddito, molte delle quali stanno lottando, per sovvenzionare l'istruzione superiore di più di quanto non facciano già. lo dico che è semplicemente inaccettabile. Nel corso della vita, un laureato guadagna in inedia oltre 100.000 sterline più di chi non ha frequentato l'università. Non è forse giusto che i laureati contribuiscano al sistema per i vantaggi di cui hanno goduto? Non abbiamo scelta: dobbiamo cambiare, abbiamo bisogno di finanziare le nostre università con una base sostenibile ed è giusto che i laureati di successo paghino la loro parte.
Le università dovrebbero essere la parte fondamentale di un sistema educativo che è un motore di mobilità sociale. Dovrebbero essere un veicolo fondamentale
attraverso cui le persone più povere progrediscono. Ma oggi, quel motore, quel veicolo è in stallo. Il sistema è ingiusto. Negli ultimi anni il numero di bambini provenienti da famiglie povere che arrivano all'università è effettivamente calato. L'alternativa è mantenere lo status quo in cui una persona che è benestante ha sette volte più probabilità di andare all'università di qualcuno che viene da una famiglia povera. Questa è la terribile situazione in cui siamo - ed è per questo che tutti coloro che hanno a cuore l'equità non dovrebbero ostacolare il cambiamento. Dovrebbero lottare per il cainbiamento. Quindi credo sia chiaro che a lungo termine, con questa riforma responsabile dell'istruzione intendiamo: Renderla più sostenibile, chiedendo ai laureati di successo che guadagneranno un buono stipendio di dare un contributo più grande. Renderla più competitiva e più sensibile. Ma soprattutto aprendo le porte delle università a tutti, indipendentemente da dove provengono.
Noi alzeremo le tasse universitarie dalle correnti 3.290 sterline l'anno a una soglia di base di 6.000 sterline. In circostanze eccezionali, alcune università potranno addebitare una cifra fino a 9.000 sterline. Questo è il massimo assoluto. Ma né gli studenti né i loro genitori pagheranno un solo centesimo in anticipo. Questo è molto importante perché so che un sacco di persone sono confuse su questo punto. Non un solo centesimo lascerà il loro conto in banca. Pagheranno solo dopo aver lasciato l'università e ottenuto un lavoro e un reddito maggiore di 21.000 sterline l'anno. Poi - e solo allora - cominceranno a rimborsare, a un tasso del nove per cento con il loro reddito sopra 21.000 sterline.
E qui ci sono altre cose importanti che la gente deve sapere. Se in qualsiasi momento i laureati sono disoccupati, stanno allevando figli, o hanno un lavoro con una retribuzione inferiore e un reddito lordo inferiore a 21.000 sterline, smetteranno di rimborsare. Dopo 30 anni, tutti i debiti verranno cancellati. E tutti - tutti pagheranno meno al mese di quanto non facciano adesso.
Questa è l'opzione di finanziamento più sostenibile a disposizione. Oggi il 60% del finanziamento delle università viene dalla spe-
sa pubblica, il 40% dai privati . Con i nostri piani, sarà possibile invertire la rotta: con la nostra riforma il 60% proviene da fonti private e solo il 40% dal pubblico. La nostra proposta punta a rendere il sistema universitario molto più competitivo. Invece del governo, a decidere dove va il denaro saranno gli studenti . Il potere di spesa è direttamente nelle loro mani. Offre agli studenti la più grande influenza possibile sul servizio che ricevono e realizza una pressione reale sulle università a operare secondo gli standard previsti.
Stiamo inoltre creando un fondo nazionale di 150.000.000 di sterline che potrebbe significare per qualsiasi studente il diritto ai pasti gratuiti a scuola. In più una volta accettato all' università, per un anno le tasse le paga il governo.
Se le università vogliono far pagare più di 6 . 000 sterline di tasse, devono farci vedere reali progressi in materia di accesso e ampliamento dell'offerta - non solo attraverso i corsi estivi, ma con programmi di assistenza o che offrano maggiore flessibilità a partire dai corsi part-time. Senza determinati requisiti, non saranno autorizzate a superare la richiesta delle 6.000 sterline annuali.
Questa è la verità sui nostri piani . Metteranno una solida base finanziaria sulle università rendendone possibile la futura espansione a prezzi accessibili. Si creerà un settore dinamico universitario in grado di competere con i migliori al mondo. I ricchi pagheranno di più e i poveri pagheranno di meno, consentendo all'equità di tornare al centro del nostro sistema universitario. Sostenibile, cotnpetitiva ed equa. L'università che si desidera. L'università che voglio.
illaureat li Chi ha frequentato i corsi guadagna di più e restituirà qualcosa
Londra a ferro e fuoco Gli studenti assaltano l'auto di Caro e Camilla Rigore II conservatore David Carneron, che qui illustra la sua riforma universitaria, ha definito l'assalto degli studenti a Carlo e a Camilla «un episodio scioccante e riprovevole»
Lesa maestĂ Assaltata 'auto con principe Carlo e Camilla durante a guerriglia a Londra