TESTATA COPERTINA SU FONDO TRASPARENTE
Allegato gratuito al numero odierno del
Numero 5 maggio 2017
Cervello
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La risoluzione dei conflitti
Ciclismo
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Pedalare in sicurezza
In palestra Dieci errori da evitare
o tt o D a c Lu verso il 2020 alla ricerca della perfezione
i.p. A CURA dell’università niccolò cusano e di sport network
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così il cervello risolve i conflitti
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K Intervista al dottor Zaini,
Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare Cnr
risposte rallentate: il caso tipico riguarda l’uso del cellulare alla guida
L’
essere umano è a capacità limitata, si sa. Facciamocene una ragione. Ora, però, grazie a un recente studio condotto dall’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr in collaborazione con l’Università di Milano-Bicocca, sappiamo anche che il cervello necessita di attenzione cosciente ed esclusiva per fare delle scelte o risolvere conflitti cognitivi. Ecco perché, per esempio, quando guidiamo l’automobile è fondamentale non impegnarsi in altre attività come stare al cellulare. L’essere vigili non basterebbe a garantire la nostra e l’altrui sicurezza. Dottor Zaini, cosa avete scoperto con questo studio? «Essendo le capacità attenzionali del cervello limitate, di fronte alla necessità di dover rispondere in presenza di segnali contrastanti ricevuti simultaneamente, esso ha bisogno di operare un controllo sul conflitto orientando selettivamente l’attenzione sull’esecuzione della risposta a un tipo di segnali e frenando, allo stesso tempo, la risposta agli ulteriori segnali presenti. Nel nostro studio abbiamo scoperto che il cervello è facilitato nella risoluzione di un tale conflitto esecutivo quando
cosa succede quando riceviamo diversi input simultaneamente? ce lo spiega uno studio dell’istituto di fisiologia molecolare del cnr la sua attenzione è già indirizzata in modo esclusivo sul punto dello spazio visivo ove possono comparire eventuali informazioni conflittuali rispetto a quando esso si trova in un generico stato di prontezza o allerta e la necessità di orientare l’attenzione su di esse solo dopo la loro comparsa. Ciò dimostra che, per risolvere decisioni conflittuali o anche una situazione di attenzione divisa in cui un operatore si trovi a controllare diversi processi, come il cellulare e la guida, non basta essere vigili e pronti, ma è necessaria un’attenzione volontaria indivisa». Quindi la sicurezza aumenta con l’attenzione esclusiva? «Certamente, la sicurezza aumenta in condizioni di orientamento di attenzione indivisa sia verso segnali o informazioni non conflittuali che conflittuali. Infatti, nel-
Come si è svolto l’esperimento Durante lo studio in laboratorio, un campione di studenti è stato sottoposto a diversi test di attenzione richiedenti una pronta risposta motoria mentre registravamo il loro elettroencefalogramma (EEG/ERP). Sullo schermo apparivano 5 frecce contigue tra loro ma che potevano avere direzioni opposte. Le frecce potevano comparire sopra o sotto il punto di fissazione visiva. Sono state
create diverse condizioni. In una di queste un preavviso avvisava dell’arrivo delle frecce ma non della loro posizione (allerta “fasica”), mentre, in un’altra, un segnale di preavviso indicava dove sarebbero comparse le frecce, così da indurre un orientamento ”volontario“ dell’attenzione. La prestazione dei soggetti è stata confrontata con i dati bioelettrici cerebrali.
Torregiani, Bonfiglio, Peluso Cassese Laboratorio di Ricerca Scientifica HERACLE Università degli Studi Niccolò Cusano – Telematica Roma heraclelab@unicusano.it
K A cura di Alberto Costa
Docente Associato presso la Facoltà di Psicologia Università Niccolò Cusano
unicusano: i risultati del laboratorio di ricerca scientifica
Il legame tra gesti e parola nella prima infanzia Uno dei canali di ricerca attivi presso il Laboratorio di Ricerca Scientifica H.E.R.A.C.L.E. dell’Università Niccolò Cusano è rappresentato dallo studio del legame tra corporeità e sviluppo del linguaggio. Si è partiti dall’assunto che il sistema motorio dell’uomo non rappresenta più un semplice sistema deputato all’esecuzione dell’azione ma il mezzo attraverso il quale interagire con il mondo esterno, comprendere i significati e sviluppare la logica della mente. Da ciò ne consegue una visione della persona intesa come unità psicofisica i cui meccanismi cognitivi, compresa la facoltà linguistica, attualmente appaiono naturalizzati e profondamente radicati nelle basi sensomotorie del corpo e nella sua interazione costruttiva con l’ambiente. Il linguaggio, come il corpo, rappresenta l’apertura dell’esserci al mondo e racchiude in sé il significato dell’esistenza delle cose, come atto dell’ascoltare per l’esserci, atto primordiale del creare significati, rimandi e concetti. Il linguaggio, in tale prospettiva, non è considera-
to un’entità autonoma, ma una facoltà mentale le cui caratteristiche sono indissolubilmente legate al funzionamento complessivo della mente umana e strettamente radicate nell’esperienza corporea. A ciò si collegano gli studi che forniscono ulteriori prove in favore di una prospettiva embodied del linguaggio e che rintracciano nell’organizzazione in catene di atti tipica del sistema motorio, una struttura che si traduce anche nel linguaggio verbale. Essi riguardano principalmente la comprensione del linguaggio, e dimostrano che, durante l’elaborazione di frasi, si crea una simulazione motoria dettagliata delle situazioni (oggetti e azioni) descritte e che tale simulazione è modulata sia da aspetti prossimali che da aspetti distali. Indagini scientifiche condotte con l’uso della tomografia ad emissione di positroni (PET) e della risonanza magnetica funzionale (fMRI) hanno dimostrato che esiste un legame tra verbi d’azione e
la condizione di conflittualità, la velocità della risposta motoria risulta rallentata sia in presenza che in assenza di allerta, ma non quando i segnali sono preceduti da un orientamento volontario dell’attenzione. In altre parole, solo la piena consapevolezza cosciente consente di ridurre il conflitto dovuto alla presenza di segnali con indicazione opposta. Con tecniche di visualizzazione per neuroimmagini abbiamo anche appurato quali sono i meccanismi cerebrali che sostengono l’allerta rispetto alla nostra attenzione e che sono indispensabili nella risoluzione dei conflitti: la corteccia dorso-laterale prefrontale dell’emisfero destro e quella cingolata anteriore».
programmi motori, tra il movimento delle mani e il linguaggio e che il ruolo della percezione (speech perception) esercitato dal sistema motorio sottende i meccanismi di produzione linguistica La Teoria Motoria del Linguaggio suggerisce di considerare come oggetti della percezione linguistica i gesti fonetici compiuti dal parlante per produrli, riprodotti nel cervello come veri e propri “comandi motori invarianti”. Considerare il corpo radicato nella capacità linguistica e conoscitiva di una lingua incarnando tutti i processi cognitivi, porta a ripensare le prassi attualmente in uso in favore di un recupero della dimensione corporea e motoria anche nei processi di apprendimento linguistico. Il movimento, così come l’azione, assume anch’esso un ruolo fondamentale in una concezione della comunicazione, da qui nasce lo studio sulla correlazione tra l’utilizzo della LIS (Lingua Italiana dei Segni) nel periodo 0-3 anni e l’acquisizione del linguaggio che dai primi dati conferma l’ipotesi del legame gesto/parola e che spinge a valorizzare l’utilizzo nella prima infanzia della LIS ed in generale dell’esperienza corporea.
L’attenzione può essere concepita come il “faro” della nostra attività mentale. Le capacità di filtrare, selezionare e individuare correttamente stimoli, informazioni e schemi appropriati di risposta dipendono dall’attività del sistema attentivo. Questo è multidimensionale e comprende sia processi automatici che volontari. Condizione abituale in cui le diverse dimensioni dell’attenzione sono operative è l’attività di guida. In tale condizione, si tiene sotto controllo il traffico, si conversa con un passeggero e si può simultaneamente ascoltare la radio mentre, naturalmente, si eseguono le procedure di guida del veicolo. Se il traffico aumenta, per rispondere prontamente alla nuova situazione, bisogna però focalizzare volontariamente l’attenzione sulla guida inibendo le attività secondarie. L’efficienza del sistema attentivo è sostenuta dall’attività di un network cerebrale distribuito che modula l’interplay dinamico tra le diverse componenti del sistema stesso. L’attività del network non è sempre costante e variazioni dei livelli di efficienza dell’attenzione sono esperienza comune durante una giornata lavorativa ordinaria. Sono, queste, variazioni fisiologiche dell’attenzione che, però, bene ne mettono in luce la relativa “vulnerabilità”. In condizioni di stress psicofisico è, infatti, possibile osservare una riduzione delle risorse attentive che può influire negativamente su altre funzioni cognitive quali, ad esempio, le capacità di apprendimento, di organizzazione e di recupero di informazioni dalla memoria. In questa prospettiva è certamente molto importante monitorare costantemente la propria condizione al fine di rilevare segni di “affaticamento” che possano influire sull’efficienza dell’attenzione e attuare strategie che favoriscano il recupero delle risorse.
© Copyright Università Niccolò Cusano
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fetti da stati d’ansia o da disturbi maniaco-depressivi. Indicano che è solo indirizzando piena attenzione ai propri problemi e acquisendo con ciò una consapevolezza cosciente di essi, invece di rifuggire di affrontarli impegnandosi in attività comportamentali e mentali spesso irrazionali, che il paziente può avviare il processo di superamento dei propri conflitti interiori. Per ciò che concerne la clinica neuropsicologica, i nostri dati sembrano poter implicare l’utilizzo di test e procedure diagnostiche dei deficit del controllo esecutivo psicomotorio nei pazienti cerebrolesi frontali, nonché programmi di riabilitazione di quest’ultimi, differenziati in relazione alle funzioni neuromotorie affette, alle aree lese ed alla loro lateralizzazione emisferica».
l’instabilità decisionale caratterizza chi presenta stati d’ansia e depressivi
Che implicazioni ci saranno nella pratica clinica psicologica e neuropsicologica? «A nostro avviso, i dati hanno notevoli implicazioni per la pratica clinica sia psicologica che neuropsicologica. Per ciò che concerne la pratica psicologica clinica, questi possono contribuire alla definizione dei processi cerebrali e mentali propri degli stati di conflitto cognitivo ed emotivo e instabilità decisionale di pazienti af-
tra risorse attentive e stress psicofisico
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4 testatina al per le pagine interne DX prof. K Intervista
Gabriele Rapone, nutrizionista
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iavvolgiamo il nastro fino all’epoca rinascimentale e catapultiamoci a Firenze. Immaginiamo di accomodarci nel salotto della corte di Caterina de’ Medici e degustare un prodotto nato in maniera del tutto casuale realizzato unendo neve, sale, limoni, zucchero, albume e latte. Ebbene, così nasce il sorbetto-gelato e, da allora in poi, tra gli italiani e questo alimento è nato un amore senza fine. Primi consumatori al mondo con una media di 12 kg pro capite l’anno e produttori indiscussi con poco meno di 37 mila gelaterie sparse lungo tutto lo Stivale. I dati Confartigianato parlano chiaro: il 52,9% del consumo di gelato è concentrato nelle regioni del Nord ed è distribuito in tutti i mesi dell’anno. Il Sud ne consuma il 29,4%, con vendite legate soprattutto al periodo estivo, mentre il restante 17,6% è acquistato nelle regioni centrali. Amato e al tempo stesso temuto per le conseguenze sulla linea, il gelato è un prodotto che da sempre fa parte delle nostre abitudini alimentari. Per poterci concedere qualche “pallina di dolcezza” senza rinunciare a stare in forma, abbiamo chiesto consiglio al nutrizionista prof. Gabriele Rapone. Possiamo dire che un gelato può sostituire un pasto? «Non è proprio una dicitura corretta. Verosimilmente consumare un gelato può
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tutti i benefici nascosti del gelato essere un’alternativa - una tantum al pasto di metà giornata. Dunque è una soluzione fattibile soltanto per il pranzo, mai per la sera. Dopo cena infatti la giornata si conclude, non si svolge attività fisica e l’organismo non riesce a smaltire le calorie apportate dal gelato, alimento particolarmente ricco di zuccheri e di grassi».
modo che il gelato non costituisca un surplus di energia difficile poi da smaltire».
Come dobbiamo comportarci se mangiamo un gelato a fine pasto o nell’arco della giornata? «L’ideale sarebbe conteggiare l’apporto nutritivo del gelato nell’ambito delle calorie totali che la persona assume mediamente in un giorno. Mi spiego meglio con un esempio: se in media una persona assume al giorno duemila calorie e mangia un gelato da circa 500 kcal, nell’arco della giornata dovrà cercare di introdurre nell’organismo 1500 kcal in
Cosa ne pensa di quello dietetico? «E’ un preparato alimentare alternativo adatto a diete a regime controllato. Ha meno grassi e zuccheri, al posto di questi ultimi utilizza dolcificanti, e aumenta la quota proteica attraverso un maggiore quantità di alginati (sale dell’acido alginico usato soprattutto nell’industria alimentare, ndr). Diciamo che in media dimezza le calorie di un gelato tradizionale».
Gelato per i diabetici, ci si può fidare? «Se è di tipo 1, e quindi con compenso insulinico, è meglio evitare. Nel caso del diabete alimentare ci si può concedere qualcosa in più sempre tenendo presente che poi, nell’arco della stessa giornata, non si deve eccedere con le calorie».
il 52,9% del consumo è concentrato nelle regioni del nord italia
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Dolci curiosità Il gusto Sapore di Amatrice a base di ricotta, miele di castagno e noci è tra i finalisti italiani che gareggeranno alla finale mondiale di Gelato World Tour a Rimini datata 8-10 Settembre Con 6,093 unità, la Lombardia vanta la più alta concentrazione di laboratori artigianali Una nota azienda di gelati apre al mondo vegano con il Cornetto Veggy
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seguiamo la strada della sicurezza L
a bella stagione è ormai iniziata, le temperature e il clima aiutano. Cosa c’è di meglio di un bel giro in bicicletta per la città, o magari per andare fuori porta? Le tristi notizie di cronaca degli ultimi tempi, però, ci ricordano che la sicurezza va messa sempre al primo posto e che, in strada, il ciclista è quasi sempre la parte più debole. E prima di presette consigli tendere le istituzioni lavorino per venirci incontro per ricordare e che gli altri si comporche i ciclisti tino con attenzione e risono soggetti spetto, sarebbe bene che proprio chi va in bici inizi deboli nella a rispettare le regole scrucircolazione polosamente, anche oltre il classico “compitino”. In collaborazione con Stefano Giannini, coordinatore romano del Sindacato Unitario Lavoratori Polizia Locale, ecco le 7 regole per andare in bicicletta per la città con tutta sicurezza.
1. Casco e specchio retrovisore Non sono due strumenti obbligatori, ma è caldamente consigliato dotarsene. Il primo può salvare la vita al ciclista e proteggerlo anche da cadute banali o semplici perdite di equilibrio, mentre il secondo consente di tenere d’occhio i veicoli che arrivano da dietro evitando di girarsi continuamente. 2. Abbigliamento visibile e strumenti rifrangenti Importante per il ciclista è essere visibile, specialmente quando il sole inizia a calare. Con pochi euro è possibile acquistare giubbetti catarifrangenti e vetrini in plastica che si illuminano con i fari delle automobili. 3. Tenere sempre la fila indiana La fila indiana è obbligatoria. Sempre. E’ una questione di rispetto nei confronti degli automobilisti, che potrebbero rischiare la vita per sorpassare un veicolo molto più lento che invade buona parte della carreggiata. Per pedala-
La vaschetta di gelato artigianale color azzurro la associate al gusto Puffo? Attenzione, da qualche tempo può essere anche gelato al Viagra
re e chiacchierare si possono usare piccoli stratagemmi come auricolari collegati al cellulare o al walkie-talkie. Se si ha un minore al seguito, invece, è buona regola farlo viaggiare sul lato del marciapiede, ma curandosi di non allargarsi troppo.
4. Abbassare la musica nelle orecchie Come il runner, il ciclista è solito uscire con la propria play-list caricata sul telefono o su un iPod. E’ importante però non tenere la musica troppo alta, per non estraniarsi dal contesto e rischiare di non sentire i rumori del traffico 5. Rispettare la segnaletica stradale Sembra banale, ma è probabilmente la regola più importante. Quando si è in sella alla bici, si è come qualsiasi altro veicolo a motore. E come tale bisogna comportarsi: dare la precedenza, fermarsi agli stop, non passare con il rosso, non sorpassare a destra i veicoli fermi e non camminare sui marciapiedi. In caso di incidente il ciclista è sempre quello che ha la peggio, ma può diventare esso stesso pericoloso se si scontra con un pedone (magari perché non si e’ fermato in prossimità delle strisce pedonali). E poi c’e’ la “freccia”, il cambio di direzione che in questo caso si segnala per tempo e con un movimento del braccio. 6. Portare la bici a mano nei tratti pedonali In molti ignorano questa regola: quando il ciclista “fa il pedone”, deve scendere dalla bici e portarla a mano. Questo se richiede di attraversare sulle strisce, salire sul marciapiede o di affrontare dei tratti contromano. 7. Prevenire le manovre scorrette degli automobilisti Chi ha più buon senso lo usi. Un detto valido sempre e in tutte le occasioni. Per il ciclista vale ancora di più: bisogna sempre cercare di prevenire gli errori e i comportamenti indisciplinati di chi guida un veicolo a motore. In particolare, attenzione alle auto in sosta e agli sportelli che si aprono all’improvviso. © Copyright Università Niccolò Cusano
I gusti preferiti dagli italiani: sul podio cioccolato (27%), nocciola (20%), limone (13%) A metà Ottocento gli italiani, soprattutto del Bellunese, rimasti senza lavoro per la crisi economica portarono il gelato nostrano nelle capitali d’Europa
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dall’equipaggiamento al rispetto della segnaletica: ecco le regole d’oro per prevenire i comportamenti a rischio degli automobilisti
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esercizi in palestra 10 errori da evitare Mens sana in corpore sano Gli studenti dell’Università Niccolò Cusano si allenano nella palestra del Campus di via Don Carlo Gnocchi 3 a Roma.
la costanza è un elemento fondamentale per riuscire a ottenere risultati
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on la premessa che è opportuno allenarsi durante tutto l’arco dell’anno anziché correre ai ripari in palestra prima della prova costume, il maestro di body building e fitness del Centro Sportivo Educativo Nazionale, nonché ufficiale di gara per la federazione pugilistica italiana Salvatore Cropanise, stila la lista nera delle cose da evitare per un allenamento fisico che porti ai risultati sperati. 1) Affidarsi a persone che non hanno una preparazione adeguata Bisogna affidarsi a professionisti del settore: un esercizio eseguito in maniera sbagliata può portare a gravi conseguenze.
2) Riscaldamento e riposo Può sembrare superfluo ma stretching ed esercizi appositi sono fondamentali per riscaldare i muscoli, allungarli e renderli elastici e flessibili in modo da prepararli al meglio a un allenamento basato sulla forza. Un corretto riscaldamento favorisce anche il recupero muscolare postallenamento, lo smaltimento dell’acido lattico e previene gli infortuni muscolari. Non siamo macchine, il riposo è di importanza fondamentale per ottenere risultati in campo sportivo. Tutti i processi di recupero, miglioramento e crescita muscolare
la scelta del trainer, i ritmi e la motivazione: i “trucchI” per raggiungere gli obiettivi di quali movimenti articolari siano più indicati in base a criteri come altezza e peso.
sono ottimi alleati se volete vedere i frutti del vostro lavoro.
5) Prendersi troppe pause o non prenderne affatto Prendete delle pause fra una serie di esercizi e l’altra. Lavorare senza interruzioni può provocare lesioni ed eccessivo affaticamento. Anche troppe pause però non portano a una buona crescita: generalmente bisogna riposarsi tra una serie e l’altra 3) Effettuare solo cardio-fitness di uno stesso esercizio poco meno di un Gli esercizi cardio sono molto importanti: minuto, mentre tra un esercizio e un alriducono il livello di colesterolo nel sangue, tro differente ci si può riposare anche un favoriscono l’abbassamento della pressio- paio di minuti. ne, dimezzano il rischio di diabete e malattie cardiovascolari. In più, si perdono un 6) Allenare solo alcuni muscoli sacco di calorie. Solitamente una persona Concentrarsi sullo sviluppo dei bicipiche ha come obiettivo il dimagrimento, è ti può creare uno squilibrio muscolare ben contenta di fare solo cardio-fitness. I del corpo. Bisogna dunque cercate l’emigliori risultati si ottengono abbinando quilibrio lavorando in particolare anche il cardio con un allenamento basato sul- sui muscoli posteriori della coscia, sulla la forza, per accelerare il metabolismo. parte superiore della schiena e sui muscoli dei glutei. 4) Concentrarsi più sul carico che sulla tecnica 7) Fare gli esercizi velocemente Molti credono che più si aumentano i cari- Quando si parla di allenamenti la qualichi e più il muscolo cresce: sbagliato. Non tà è importante come la quantità. Fare gli importa quanto duramente vi alleniate, se esercizi in fretta non aiuterà a raggiungela vostra tecnica è sbagliata il vostro lavo- re i risultati desiderati. E’ importante finiro non porterà i frutti sperati. La maggior re le vostre serie invece di saltare all’eserciparte delle persone ha scarsa conoscenza zio successivo. Intensità e concentrazione
8) Non idratarsi In corso di attività fisica il fabbisogno di acqua aumenta. Relativamente alle necessità di idratazione è buona regola cercare di anticipare la sensazione di sete, in altre parole bere quel tanto che basta da non percepire sete in corso di allenamento. Quando insorge la sensazione di sete è stata raggiunta la soglia di disidratazione, che corr a ottenereisponde a una perdita di acqua del 3% del peso corporeo, ma una perdita del 2% e già sufficiente a determinare un calo del rendimento muscolare.
avvengono durante il riposo. L’esercizio fisico non accompagnato da un adeguato riposo porta inevitabilmente al sovrallenamento: ne consegue un calo degli ormoni anabolici e un aumento di quelli catabolici (in particolare del cortisolo), una diminuzione delle difese immunitarie, perdita di massa muscolare, e una maggiore suscettibilità alle infezioni e agli infortuni muscolo-tendinei.
9) Non essere costante Spesso si saltano allenamenti per pigrizia, indolenzimenti o stanchezza. Ma la costanza è la chiave per raggiungere risultati efficaci. 10) Guardare la bilancia I muscoli pesano più del grasso, quindi i risultati non si vedono dalla bilancia. Il peso delle donne può oscillare fino a 4,5 kg, specialmente durante il ciclo mestruale. Piuttosto, basatevi sulla misurazione del grasso attraverso l’apposito strumento e su come vi stanno i vestiti. © Copyright Università Niccolò Cusano
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8 testatina per le pagine interne DX sogno olimpico «Il mio grande obiettivo è far bella figura alle Olimpiadi e dare il mio meglio», afferma il nuotatore specialista nei 50 e 100 stile libero, dopo aver mancato le finali a Londra e Rio. «Bisogna aver pazienza: cercherò di vincere qualcos’altro di qui al 2020»
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luca dotto
la perfezione è nei dettagli “
lo sport non è matematica: per centrare gli obiettivi bisogna fare tutte le operazioni giuste curando ogni aspetto
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ue volte campione europeo, una volta vicecampione mondiale in vasca lunga, altrettanti successi in vasca corta. Insieme a Filippo Magnini, è a pieno titolo il nuotatore italiano più veloce della storia. A 27 anni compiuti il 18 aprile scorso, la splendida carriera agonistica di Luca Dotto manca solo di un unico, grande traguardo: una medaglia olimpica o, per lo meno, una grande prestazione ai Giochi. L’ultima chiamata, probabilmente, sarà quella di Tokyo 2020, dove da fresco 30enne proverà almeno ad arrivare in finale, obiettivo mancato sia a Londra 2012 che a Rio 2016 a causa degli infortuni e dei problemi che hanno preceduto questi appuntamenti. «E’ il mio grande obiettivo – spiega a Unicusano Up Magazine il nuotatore specialista nei 50 e nei 100 stile libero – far bella figura alle Olimpiadi e dare il mio meglio. Per quanto riguarda Rio non ho rimpianti: mi sono allenato bene, ho vinto l’europeo e sono arrivato stanco perché non sapevo quali fossero i miei limiti. Bisogna aver pazienza: cercherò di vincere qualcos’altro di qui al 2020». Un peccato, perché di solito ai mondiali vai sempre bene. Eppure ci sono gli stessi atleti «Sì, ma le Olimpiadi ci sono ogni quattro anni (ride, ndr). A parte tutto, purtroppo lo sport non è matematica, devi fare tutte le operazioni giuste, ma non sei mai sicuro del risultato che verrà fuori. C’è chi riesce a vincere e a confermarsi tutti gli anni, ma non è così automatico».
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Entriamo un po’ sul fronte tecnico. Tu sei un velocista, un atleta esplosivo che rende al meglio sulle distanze corte. Paltrinieri, ad esempio, è un fondista. Le differenze sono abissali tra voi, vero? «In pratica è come se fossero due sport completamente diversi, dagli allenamenti, alla tecnica, alla cura del dettaglio. Io faccio un lavoro dove vado alla ricerca della perfezione del movimento, della maggiore quantità possibile della bracciata e anche la mia forma fisica deve puntare sulla forza e sull’esplosività. Lui invece stressa il suo corpo per riuscire a mantenere un ritmo medio più alto possibile, non va sulla forza e va esclusivamente sulla sua capacità di resistere sulle lunghe distanze. Poi sono gare diverse. Le mie sono di adrenalina, finiscono in meno di un minuto, le sue sono di attesa, di tattica, di pensiero, io ad esempio non ho nemmeno tempo di pensare o di guardare l’avversario». Fai molto lavoro di palestra aggiunto a quello in vasca? «Sì, assolutamente, il lavoro fuori dall’acqua è importante come quello in vasca e va svolto con la stessa attenzione e la stessa maniacalità. I carichi sono molto più elevati ri-
spetto a quelli dei fondisti: Gregorio (Paltrinieri, ndr) non verrebbe mai sotto la panca piana ad alzare 100 kg, ed è anche inutile». Il momento più difficile della carriera è stato l’infortunio del 2012 a poche settimane dalle Olimpiadi di Londra. E’ stato complicato tornare alla normalità? «Non è stato semplice. Ho avuto uno strappo alla schiena, sono stato fuori un mese e mezzo, non riuscivo nemmeno ad alzarmi dalla sedia. Un periodo molto duro, un infortunio per uno sportivo è molto difficile da superare a livello psicologico, perché non puoi fare quello che più ti piace e a volte hai anche paura di rifarti male». Con l’alimentazione come ti regoli? Che dieta utilizzi? «Non ci sono particolari prescrizioni, l’importante è mangiare tutto e, soprattutto, in maniera sana. Non ho molti limiti sui carboidrati, bruciando parecchie energie, e cerco di alternare carne e pesce. E’ come per le automobili: se la benzina è di qualità anche la macchina viaggerà meglio». A proposito di motori. Tu sei anche un appassionato delle quattro ruote. Non a caso Volvo di ha scelto come Brand Ambassador: deve essere una bella soddisfazione per te! «E’ vero, avere uno sponsor come Volvo ti dà soprattutto prestigio, perché è un marchio storico ed è fra i più importanti al mondo. E poi è divertente! Sono sempre io il primo a rompere le scatole a quelli di Volvo per provare le nuove auto. Ad
esempio sono andato alla presentazione della nuova X60 e ho voluto guidare in anteprima quella full-optional, e non stavo più nella pelle, proprio perché sono malato per i motori (ride, ndr)». Mancano ancora molti anni, ma immagino tu ci stia già pensando: cosa intendi fare quando deciderai di smettere con l’agonismo? «Sicuramente resterò nel mondo dello sport. E’ la mia vita, ho lavorato tanto per fare questo lavoro e quando riterrò opportuno non scendere direttamente in vasca per gareggiare, vorrei comunque proseguire questo percorso». Rispetto a questo, vorremmo farti una domanda che in molti si pongono ultimamente. Secondo te qual è il momento adatto per lasciare? All’apice della propria carriera oppure quando proprio non ce la fai più ad essere competitivo? Meglio anticipare l’uscita o trascinarsi finché si ha forza? «Non è semplice decidere e credo che stia alla sensibilità di ognuno. Nell’immaginario collettivo, uno sportivo deve lasciare da vincente, ma non è sempre così: per quanto sia bello pensare il contrario, non si fa sport per gli altri, ma per se stessi e appendere al chiodo la propria carriera non è mai un passaggio che si fa con serenità. Per rispondere alla domanda, io credo che uno sportivo debba ritirarsi solo quando se lo sente davvero, le vittorie non c’entrano nulla e quello che si è fatto in passato, eventualmente, non si cancella». © Copyright Università Niccolò Cusano
e dopo il nuoto? «Resterò sicuramente nel mondo dello sport. è la mia vita: un atleta deve ritirarsi soltanto quando lo sente davvero»
prima di arrivare a tokyo 2020 cercherò di vincere ancora vasca e motori Luca Dotto nei panni di testimonial della Volvo
radio cusano campus informa
CHI è luca dotto Biografia (Camposampiero, 18 aprile 1990) è un nuotatore italiano, specializzato nelle distanze brevi dello stile libero 50 e 100 metri. Campione d’Europa in carica nei 100 stile libero. Nel mondo della moda è testimonial di alcune prestigiose collezioni. Palmarès Mondiali 0 Mondiali in vasca corta 0 Europei 2 Europei in vasca corta 2
1 1 1 1 2 2 3 2
Giochi del Mediterraneo 1 1 1 Mondiali giovanili 2 1 0 Europei giovanili 1 1 1 Campionati italiani 20 12 7
RECORD: 2011: nella gara più bre- 2016: Primo uomo italiano ad abve (50sl) è diventato vicecampio- battere il muro dei 48 secondi nei ne mondiale nel 2011 a Shanghai, 100 metri stile libero col tempo tutt’ora unico italiano nella storia di 47»96. medagliatomondialeinquestagara.
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K Intervista al dottor Filippo Ongaro,
medico degli astronauti
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orre di controllo a Maggiore Tom, prendi le tue pillole di proteine e mettiti il casco». Così David Bowie, nel 1969, raccontava l’avventura dell’uomo nello spazio in quel capolavoro intitolato “Space Oddity”. L’artista non avrebbe potuto trovare versi più calzanti di questi per descrivere l’immaginario dell’astronauta in missione spaziale. Ma è ancora così? A detta degli esperti sembrerebbe proprio di no. Forse vi sorprenderà sapere che oggi nello spazio è possibile portare cibi veri e propri trattati con tecniche moderne appositamente per durare a lungo. E’ così che la nostra Samantha Cristoforetti, in missione, non è stata costretta a rinunciare ai suoi alimenti preferiti: pesce azzurro e frutti di bosco. A raccontarcelo è il dottor Filippo Ongaro, medico degli astronauti e primo medico italiano certificato in medicina antiaging.
a bordo Gli astronauti Shane Kimbrough e Sandra Magnus, mentre consumano frutta fresca a bordo dello shuttle nel novembre del 2008
Dottor Ongaro, quali sono i fattori da tenere in considerazione per preparare una dieta a un astronauta? «Ovviamente, le necessità metaboliche, la genuinità degli alimenti ma anche il gusto personale dell’astronauta che si troverà ad assumere gli alimenti selezionati per mesi consecutivamente».
filizzati ma anche approcci più sofisticati di termostabilizzazione che permettono una durata estremamente lunga degli alimenti senza l’uso di alcun conservante».
ecco come si prepara il vero menu spaziale attraverso i più sofisticati approcci di termostabilizzazione si garantisce una lunga durata senza conservanti
Cosa succede nello spazio al corpo di un astronauta? «L’assenza di gravità e la vita su una stazione spaziale portano a un’accelerazione dell’invecchiamento piuttosto importante. Si dice che sei mesi in orbita corrispondano a dieci anni a terra. Per fortuna con un programma personalizzato di contromisure è possibile mantenere gli equipaggi in ottime condizioni». Abbiamo l’idea che lassù si mangino solo pillole e liofilizzati. E’ ancora così o c’è spazio anche per cibi veri? «Esiste una piccola fornitura di alimenti freschi che vengono portati con i lanci cargo. Ma la maggior parte degli alimenti sono confezionati e non freschi. Rimangono comunque cibi assolutamente veri».
il “supercibo” di samantha cristoforetti: riso integrale, pesce azzurro e quinoa
Come vengono preparati per mantenersi a distanza di mesi e come si possono mangiare in assenza di gravità? «Esistono varie tecniche. Le scatolette, i lio-
Quali cibi sono assolutamente vietati nello spazio? «In realtà assolutamente vietato nulla ma non tutto è disponibile per ragioni ovvie di logistica. Tuttavia, rimangono sempre presenti anche cibi non necessariamente super-sani inseriti nella dieta con una logica di appagamento e di ricordo dell’essere a casa». Dottor Ongaro, cosa ha mangiato la nostra Samantha Cristoforetti nello spazio? «Samantha è molto attenta alla sua salute e alla dieta e ama un’alimentazione sana. Quindi preparare la sua dieta non è stato difficile. Lei per prima vuole riso integrale, quinoa, pesce azzurro, frutti di bosco...insomma super cibi». Che ricadute hanno i vostri studi sull’alimentazione spaziale sulla vita di tutti noi? «Credo che, da un lato, servano a far comprendere quanto importante sia curare lo stile di vita per mantenere la salute e dall’altro però possono servire a rendere meno difficile e complesso mangiare in modo sano. I cibi preparati per Samantha sono pronti in pochi secondi e sono assolutamente super sani, magari in futuro li troveremo al supermercato». © Copyright Università Niccolò Cusano
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testatina per le pagine interne DX
12
maggio
2017
testatina per le pagine interne DX al dottor Matteo Lancini, K Intervista
presidente della Fondazione Minotauro di Milano
FACOLTÀ DI PSICOLOGIA INFORMA
In Giappone 500mila casi
N
ella terra del sol levante li chiamano Hikikomori, che letteralmente significa “stare in disparte”. Qui invece vengono definiti più semplicemente “ritirati sociali”. Un disagio che colpisce diverse centinaia di adolescenti soprattutto in Giappone, Francia, Spagna e Italia. Ragazzi che a un certo punto decidono di isolarsi nelle loro stanze. Per giorni, settimane, anni. Per fuggire da tutto e da tutti. Ma soprattutto dal giudizio dei loro coetanei. Perché gli esperti ci dicono che se prima si cresceva per opposizione agli adulti e alle norme, oggi non è più così. Il rap, i social, i blogger ci raccontano una realtà diversa in cui “l’interlocutore” è il coetaneo e non l’adulto. Può succedere così che un forte senso di inadeguatezza, scattato per un motivo o un altro, può fare da detonatore di un disagio. E’ allora che avviene l’inimmaginabile. E in un mondo in cui tutti fanno di tutto per apparire ed esserci, si decide di sparire. Quasi come a voler affermare la propria esistenza per sottrazione. Molto spesso i ritirati sociali sono dentro quei due milioni di neet (ragazzi né impiegati né in via di formazione). Gli esperti pensano che un numero di 100mila ragazzi con tendenze al ritiro sia approssimativamente realistico. Uno su 20, di età compresa fra i 12 e i 24 anni, ha caratteristiche da ritirato sociale. E’ un fenomeno che sta emergendo solo adesso anche se se ne parla da anni. Noi di Unicusano Up abbiamo chiesto al dottor Matteo Lancini, presidente della Fondazione “Minotauro” di Milano e docente presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università Milano-Bicocca e autore di numerosi libri, l’ultimo dei quali è stato presentato alla Fiera di Milano il 25 aprile dal titolo “Abbiamo bisogno di genitori autorevoli”.
In Giappone si parla di oltre 500.000 casi accertati, ma secondo le associazioni che se ne occupano il numero potrebbe arrivare addirittura a un milione (l’1% dell’intera popolazione nipponica). È evidente che si tratti di un fenomeno incredibilmente vasto, di cui ben pochi hanno mai sentito parlare, soprattutto al di fuori del Giappone. Anche in Italia l’attenzione nei confronti del fenomeno sta aumentando. L’hikikomori, infatti, non sembra essere una sindrome culturale esclusivamente giapponese, come si riteneva all’inizio, ma un qualcosa che riguarda tutti i paesi sviluppati del mondo. Secondo alcune stime (non ufficiali) nel nostro paese ci sarebbero almeno 30.000 casi. (fon© Copyright Università Niccolò Cusano
la solitudine degli Hikikomori
Chi sono Dottor Lancini, cosa spinge questi ragazzi a non volere più uscire da casa dove viene assecondato il bambino nelle per anni? sue caratteristiche talentuose, nella sua «Sono prevalentemente maschi intorno a espressività. Poi però al confronto con l’adolescenza ha un crollo ideale. Oggi tutti 12-13 anni che con le trasformazioni del i disagi adolescenziali non riguarcorpo, a seguito di un fattore precipitante che a volte chiamedano più il conflitto tra famiremo bullismo, ma in molti glie normative e severe ed l’identikit: casi basta solo anche una espressione di te stesso. In frase detta da certi compoche parole non c’è più il preadolescenti pagni che dà il via a un conflitto tra super io e la maschi di 12-13 anni norma ma tra aspettatipercorso che fa crollare gli ideali. Le aspettativittime di bullismo ve e ideali molto elevati. ve di successo impattacresce per delusione. o di altri fattori ISigiovani no davanti la realtà dell’anon scendono scatenanti dolescenza. Per cui il ritipiù a manifestare contro ro sociale si scatena. È una ma contestano con il disagio. Il ritiro sociale è una forvicenda che ha a che fare con ma di contestazione degli adoleil crollo di ideali infantili molto scenti moderni nei confronti di una socieelevati di successo, popolarità e realizzazione di sé che avviene nell’adolescen- tà individualista e competitiva». za quando i compiti evolutivi ti chiedono di riorganizzare la vita in modo più auto- I segnali nomo. La cosa interessante è che il fatto- Cosa deve mettere in allerta un genire precipitante e lo sguardo che segnala tore? l’inadeguatezza è quello non degli adul- «La difficoltà di andare a scuola. E certati ma quello dei coetanei. Sono loro dai mente le inibizioni sul piano della relaquali ci si ripara. Oggi tutti i bambini cre- zione con i coetanei. Il fatto che si manscono con aspettative molto alte. Le fami- tengano le amicizie delle elementari e si glie sono molto più affettive e relazionali, fatichi a fare nuove conoscenze. Le ini-
bizioni dal punto di vista della relazione anche con un incontro a casa se il ragazzo non esce. I genitori non devono sentirin generale». si né colpevoli né accusati. Molti di questi Coinvolge più i maschi ragazzi sono intelligenti e non hanno proE’ un fenomeno che tocca più i maschi blemi di apprendimento o non vanno a o le femmine? scuola per divertirsi. Essi sviluppano una «Coinvolge prevalentemente i maschi ma, fobia rispetto allo strapotere che a scuola ultimamente, ci sono diversi casi anche di hanno i loro coetanei». femmine. Stiamo facendo, infatti, una ricerca sul ritiro sociale femminile per ca- Internet pirne la specificità. Le femmine per esem- Che ruolo ha il web? pio utilizzano diversamente internet ri- «Alcuni riescono a mantenere un contatspetto ai ragazzi». to in questo momento del crollo col mondo attraverso internet. I ritirati sociali più Come si può intervenire gravi non utilizzano in alcun modo la rete. Cosa deve fare un genitore? L’uso di internet è uno dei primi aspet«Questa è un’espressione drammatica di ti che valutiamo quando i genitori vendisagio evolutivo. Quello che abbiamo ca- gono a parlarci dei loro figli, per capire». pito è quello che non deve fare. Prima cosa bisogna rispettare le difese. I sintomi di in- Questo fenomeno coinvolge solo adoternet e della chiusura ci segnala un disa- lescenti? gio ma anche una difesa da un dolore. L’al- «C’è un esordio del ritiro sociale nel giotra cosa è non confondere la non voglia di vane adulto, ovvero alla fine delle supeandare a scuola con sintomatologie che ci riori. Questi sono riusciti ad attraversare segnalano questo. Non è importante inter- la fase del liceo e delle superiori ma dopo venire subito con la forza o con trattamenti la maturità si ritirano nell’impatto con la sanitari obbligatori, come certe volte capi- nuova fase del giovane adulto. In questo ta, ma bisogna cercare delle figure di aiu- caso, però, ci sono un po’ di differenze». to. Provare a coinvolgere uno psicologo © Copyright Università Niccolò Cusano
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ma online riescono a stare insieme la testimonianza di marco crepaldi, fondatore della prima community italiana dedicata al fenomeno
e i genitori? Su Facebook 350 genitori, riuniti in un gruppo, si scambiano informazioni sugli psicologi e descrivono la loro battaglia
C’
è un’agorà virtuale in cui i ritirati sociali si incontrano, si parlano si raccontano. Si chiama Hikikomori Italia ed è la prima Community dedicata a chi vive questo disagio. Il fondatore è Marco Crepaldi, un ragazzo di Milano, laureato in psicologia sociale con una tesi dal titolo “L’isolamento sociale in Giappone: il fenomeno degli hikikomonella vita ri” e da sempre interessareale to all’argomento.
non hanno
Marco, la tua commuil coraggio nity è la prima in Italia. di uscire Qual è il tuo obiettivo e come è nata l’idea? e conoscere «Mi sono interessato al fepersone nomeno degli hikikomori durante l’università. Nel 2013 ho scritto una tesi sull’argomento. In Italia di questo fenomeno non ne parlava nessuno, così ho deciso di aprire il blog senza particolari aspettative. L’obiettivo era solo quello di fare informazione sul fenomeno e sensibilizzare sul web». Scusa se te lo chiedo…c’è di mezzo anche un’esperienza personale? «Me lo chiedono spesso perché sono giovane, ma essendo laureato in psicologia sociale il mio è un interesse prevalentemente di tipo professionale. Ovviamente c’è anche un interesse umano: l’hikikomori è un fenomeno che riguarda molto la mia generazione e ci sono alcuni aspetti nei quali mi identifico». Il tuo è un osservatorio privilegiato... quanti iscritti ci sono? «Sui social 4.000. Le visualizzazioni del sito sono 200mila ma sono in grandissima ascesa; 100mila solo negli ultimi 12 mesi. Hikikomori Italia nasce come sito ma poi si espande in diversi servizi online come
il gruppo genitori su Facebook in cui 350 genitori provenienti da tutta Italia possono scambiarsi informazioni. Poi c’è una chat dedicata solo ed esclusivamente ai ragazzi. In tutto sono più di 400 e anche in questo caso l’obiettivo è quello di conoscersi, parlare della propria esperienza e condividere la propria storia. I numeri crescono sempre di più». Di cosa parlano nella chat o nei forum questi ragazzi? «I ragazzi utilizzano la chat in modo anche ludico. Entrano, vengono accolti dagli altri membri. Raccontano la loro storia e la loro esperienza di isolamento, poi da lì si
parla di tutto. Gli argomenti sono vasti: videogiochi, musica, cartoni animati giapponesi, etc... L’obiettivo non è certo terapeutico ma solo quello di mettere in contatto questi ragazzi. Qui si sentono compresi e non giudicati».
so è che ci sono anche molte ragazze. Sulla distribuzione geografica dei ragazzi non posso dire la provenienza, ma da un sondaggio è uscito fuori che la maggior parte dei genitori sono del nord, soprattutto, Lombardia ed Emilia Romagna».
Quindi la voglia di socializzare c’è? «Certo, semplicemente non hanno il coraggio di uscire e conoscere persone ma il desiderio di socializzare c’è. Essa ne è l’esempio lampante. Quello che non li spinge a farlo nella vita reale è spesso un sentimento di vergogna, paura e inadeguatezza rispetto al giudizio degli altri. La chat è automoderata dai loro e quello che è emer-
Di cosa si parla nel gruppo dei genitori invece? «è molto più centrato sul problema. Si parla esclusivamente solo di questo. Anche loro raccontano la loro storia e parlano della condizione dei loro figli. Si scambiano informazioni su psicologi e allo stesso tempo raccontano la loro battaglia». © Copyright Università Niccolò Cusano
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dall’attrezzatura di partenza alle esercitazioni ecco i consigli di un istruttore
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pesca subacquea la sfida dei fondali
i avvicina l’estate e uno degli sport più affascinanti da praticare, specialmente in Italia, resta la pesca subacquea. Certo, iniziare non è facile: bisogna avere a disposizione un piccolo budget iniziale per l’attrezzatura (che comunque poi rimane) e poi frequentare dei corsi ad hoc per allenarsi all’apnea e praticare il tutto in sicurezza, per sé e per gli altri, nel rispetto della natura. Contrariamente a quanto accadeva qualche anno fa, tutti i pescatori sub all’inizio della loro “carriera” hanno oggi la possibilità di seguire dei corsi specifici sia di apnea sia di pesca subacquea. L’iscrizione ad un circolo subacqueo e la frequentazione di un corso di apnea potrà essere dell’attrezzatura. «La prima cosa da fare determinante nella svolta del neofita per – rivela ancora Natale - è quella di procula conquista di un livello immediatamen- rarsi un pallone segnasub, di vitale importe superiore. Come spiega Corrado Nata- tanza per la sicurezza. Il pallone le, istruttore e atleta del Club Subacqueo dovrà sempre essere trainato Grossetano, «si potranno acquisire nozioni e si deve avere la possibilità di fondamentali che miglioreranno il nostro sganciarlo velocemente in ogni modo di andare sott’acqua e soprattutto evenienza. Si usa legando il pallone a un sagolone galleggiansi avrà l’opportunità di conoscere pescatori più esperti, dai quali ricevete (circa 10-15 metri), remo senz’altro preziosi conmagari dotandosigli. Si può quindi iniziare a lo sulla parte finale di un galleggiante bruciare le tappe, evitanoggi esistono do il fai da te a tutto vanpiccolo e idrodinamico. corsi specifici taggio della sicurezza e A quel punto va costruanche per ita la parte che unirà il dei risultati». Molti circoli inoltre organizzano sagolone al subacqueo l’apnea uscite in mare e garette immerso, utilizzando un dove imparare di pesca sociali, magari tratto di nylon del 50 – a squadre, proprio per av60 lungo circa 10 nozioni base vicinare i neofiti alla vita di metri, in modo circolo e alla pesca subacquea. che sia invisibile «Saranno proprio queste gare proal pesce da insidiamozionali a permettere ai neofiti di carpire». L’altra parte fondamenre principali segreti e tecniche della disci- tale è il fucile. «Non essenplina», dice ancora l’insegnante. do ancora sub specializzati Uno degli argomenti basilari è quello e dovendo spesso iniziare a
1. CAPO SPARTIVENTO (Sardegna) 2. ISOLA TAVOLARA (Sardegna) 3. PENISOLA DI SINIS (Sardegna) 4. PORTO CESAREO (Puglia) 5. OTRANTO-TORRE DELL’ORSO (Puglia) 6. CAPO GALLO (Sicilia) 7. OGNINA (Sicilia) 8. ISOLE VENTOTENE (Lazio) 9. ISOLE TREMITI (Molise) 10. PUNTA CAMPANELLA (Campania)
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chewing gum
perché è meglio non abusarne A
conoscere e a imparare tutte le tecniche, il fucile ideale per iniziare è un arbalete da 75 cm o al massimo da 90 cm, da usare con aste leggere da 6 mm. L’asta ideale è la tahitiana da 6,3 mm, che ha una fattura e un profilo idrodinamico molto vantaggioso ai fini del tiro». © Copyright Università Niccolò Cusano
la guida
Le località più gettonate
Ovviamente, non si può fare pesca subacquea ovunque, ma bisogna avere accortezza di conoscere il territorio e di non intaccare quelle che sono considerate riserve naturali. Quando si sceglie una meta, è bene informarsi prima su quali siano le aree dove la pratica è vietata e dove invece è sconsigliata perché magari nei pressi di porti più grandi. Tenendo presente che gran parte delle coste italiane si presta alla pesca subacquea, ecco le 10 località più gettonate selezionate dal blog specializzato Apnea Magazine. © Copyright Università Niccolò Cusano
Singapore dal 1992 ne hanno vietato vendita e importazione per una questione di pulizia e prati ordinati. La gomma da masticare, chewing gum, se vogliamo essere internazionali, da sempre ha diviso l’opinione pubblica sui suoi effetti sull’organismo. Se da un lato profuma l’alito lasciando una sensazione di freschezza e piacere, dall’altro è stata messa più volte sotto la lente per i suoi effetti sull’intestino. Uno Studio Newyorkese ha messo in evidenza come una esposizione cronica a nano-particelle di biossido di titanio, additivo presente nelle gomme, abbia l’effetto di ridurre la capacità dell’intestino di assorbire i nutrienti. Nano-particelle di biossido di titanio indicate in etichetta come E171 possono entrare nel sistema digerente attraverso dentifrici, cioccolato, zucchero a velo, maionese e soprattutto caramelle e gomme. I ricercatori della Binghamton University di New York hanno creato un modello intestinale e hanno esposto questa coltura cellulare all’equivalente di un pasto contenente nanoparticelle di ossido di titanio della durata di quattro ore (esposizione acuta) e di tre pasti nell’arco di cinque giorni (esposizione cronica). L’’esperimento ha evidenziato che l’esposizione acuta non ha particolare effetto, mentre quella cronica non solo diminuisce l’assorbimento sulla superficie delle cellule intestinali, rallenta il metabolismo e favorisce l’infiammazione dell’intestino. Cosa accade se per sbaglio ingeriamo un chewing gum? «La gomma che inavvertitamente mandiamo giù non è stata, ovviamente, sminuzzata. Arriva allo stomaco come una palla e risulta più o meno immune agli attacchi dei succhi gastrici, diversamente dagli altri alimenti. Mentre gli enzimi riescono a scomporre zuccheri semplici e complessi, dunque i carboidrati, nulla possono contro la gomma da masticare. Pur non venendo aggredita e adeguatamente scomposta, tuttavia nell’arco di due giorni raggiunge il retto e trova la via d’uscita. Gli unici a correre rischi reali sono coloro che ingeriscono gomme d’abitudine dal momento che, se si accumulano, le gomme possono provocare occlusioni intestinali o attaccarsi alle pareti dello stomaco e vanno tolte chirurgicamente. Ma il rischio è alto solo nei bambini». © Copyright Università Niccolò Cusano
per i ricercatori dell’università di birmingham l’esposizione cronica rallenta il metabolismo e può infiammare l’intestino
Una comprovata azione antibatterica Masticare per poco, può far bene. Secondo una ricerca dell’Università di Groningen, nei Paesi Bassi, masticare per 10 minuti può infatti trasferire sulla gomma circa cento milioni di batteri presenti nel cavo orale, e circa il 10% della carica microbica contenuta nella saliva.
pannelli Alimentazione, conoscenza e poesia: alla mensa della Cusano il buon cibo è servito con la cultura. Nel riquadro una poesia di Marcel Proust
(…) sostavo rapito davanti agli asparagi, aspersi d’oltremare e di rosa, e il cui gambo, delicatamente spruzzettato di viola e d’azzurro, declina insensibilmente fino al piede, pur ancora sudicio del terriccio del campo, in iridescenze che non sono terrene