unicUSANO LAB - INGEGNERIA E RICERCA
I.P. A CURA DELL’UNIVERSITà NICCOLò CUSANO e di SpoRTNETWORK
Il Downsizing
ai tempi del Dieselgate L’analisi di UnicusanoLab spiega l’abbandono della tendenza delle case automobilistiche nella riduzione di volume e cilindrata dei motori
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alla prima metà degli anni 2000 le normative in materia di riduzione di emissioni inquinanti (sempre più severe) hanno spinto le case automobilistiche verso una notevole riduzione del volume e della cilindrata dei motori a combustione interna (MCI). Tale strategia, denominata Downsizing (sotto-dimensionamento), nasceva per assicurare ai propulsori ancora una buona curva caratteristica di funzionamento pur rientrando nei limiti di emissioni di anidride carbonica (CO2) in fase di test d’omologazione. Si trattava di un nuovo approccio progettuale applicato, da quasi tutti i costruttori, generalmente in tutti i segmenti: oltre alle utilitarie che iniziavano a montare motori da 3 o 2 cilindri, anche per le auto di alta gamma si registrava una riduzione da 8 a 6 cilindri. Al fine di compensarne il gap di prestazioni si integrava un turbocompressore che grazie alla sovralimentazione consentiva di ottenere range di potenza paragonabili ai modelli tradizionali. Tale scelta mostrava da subito molteplici ideali vantaggi: motori più compatti, consumi inferiori oltre a ridotte emissioni nocive. Contestualizzando anche da un punto di vista storico, il mondo sembrava voler reagire alla sopraggiunta crisi economica con coerenza, cercando strade alternative nella progettazione anche sotto una spinta etico-ambientalista. Un forse eccessivo ottimismo lasciava immaginare che anche tra gli statunitensi potesse rivoluzionarsi il concetto di mobilità, sperando in un progressivo abbandonando di esagerati modelli come Suv e Pick-up a favore di vetture di segmenti minori, quali erano quelli proposti dall’arrivo di Fiat-Chrysler. Il tempo verbale che ho fin qui adottato è da imputarsi non al disuso odierno di questi propulsori, bensì all’improvvisa frenata
che pare aver subito il Downsizing a seguito dello tsunami Dieselgate. Lo scandalo emissioni che ha coinvolto per prima la Volkswagen ha portato alla luce gravi discrepanze tra emissioni dichiarate in fase di omologazione e quelle reali. Prove effettuate da organi indipendenti in condizioni realistiche (nel traffico cittadino e non più sul banco prova in laboratorio) hanno dimostrato che i vantaggi in termini di consumi non sono tanto evidenti da giustificare una notevole riduzione di cubatura. In aggiunta rimane del tutto irrisolto il problema delle emissioni. Se condotti a carichi elevati i piccoli motori sovralimentati superano di gran lunga i livelli di legge: gli ossidi d’azoto (NOx) nei turbo-diesel vanno oltre il limite anche di 15 volte, e i piccoli turbo-benzina mostrano consumi maggiori, emettendo dunque più CO2 oltre a un maggior particolato e monossido di carbonio (CO). Sebbene dunque inizialmente sembrasse promettente e sensata, la continua riduzione del-
le cilindrate si è rivelata sfavorevole, tanto che i car-makers sono pronti ad invertire rotta nuovamente. Quasi tutti concordano sul fatto che il Downsizing sia in fase conclusiva e che si potranno rispettare i nuovi cicli di omologazione passando alla filosofia del Rightsizing (corretto dimensionamento) con l’inevitabile ri-aumento delle dimensioni (upsizing). Si assisterà quindi al ritorno a una cilindrata minima di 1.2 L per le vetture a benzina e di 1.5 L per i diesel con un conseguente ritorno ai 4 cilindri in luogo degli attuali 3. A confermare le previsioni sono i programmi a medio termine di Renault, General Motors, Volkswagen che starebbero studiando aumenti di cilindrate dal 10% al 30%. Quindi oltre alle nuove sfide intraprese nei settori ibrido/ elettrico, le tendenze progettuali per i MCI tendono a ribaltarsi. È probabile che maggiore attenzione venga posta all’ottimizzazione dei seguenti punti: un rapporto di compressione più alto, fasature intelligenti, sistema start & stop, cruise control adattivo, frenata rigenerativa e, non per ultimo, collettore di scarico. Allo studio risultano anche la tecnologia HCCi (incrocio tra Benzina e Diesel) e i motori a rapporto di compressione variabile (Infiniti VC-T). Nota di merito va sicuramente alla Mazda, una delle poche a non lasciarsi affascinare dalla teoria del Downsizing e che decideva da subito di nuotare contro continuando la sua filosofia di motori benzina SKYACTIV … ma di questo magari parleremo nella prossima occasione. Concludiamo ponendo un interrogativo: non ci sarà nulla dell’obsoleto Downsizing di cui sentiremo mancanza in futuro? Ing. Michele Giuliani Ph.D. candidate in Applied Mechanics Università Niccolò Cusano