L'Attività Economica E' l' insieme di attività umane finalizzate al soddisfacimento dei bisogni umani richiedenti consumo e quindi produzione di beni economici (categoria economica di disagio fisico e psichico). Tali attività umane sono : 1)Produzione di beni e servizi che viene definita come "produzione economica" che è un complessivo apporto di utilità (incrementi di utilità dei beni e servizi)di cui si avvantaggia la vita umana al fine di abbreviarne la fatica e possibilmente di accrescerne gli agi e le sensazioni di benessere. Questa si divide in: 1)Trasformazione della specie :E' inerente ai caratteri fisico-chimici del prodotto in quanto il prodotto finito è in realtà molto diverso dalla materia prima impiegata 2)Trasferimento nel tempo: In cui si rende disponibile il prodotto in momenti successivi dalla sua originaria disponibilità. 3)Trasferimento nello spazio: In cui si rende disponibile il prodotto in zone geografiche in cui la sua disponibilità è scarsa trasferendolo da quelle zone in cui la cui quantità è in eccesso. 2)L'attività di consumo Tra queste due attività esiste una relazione in quanto l'attività di produzione ha per oggetto il consumo che, orienta la produzione perché contribuisce all'incremento di fonti di utilità per la vita dell'uomo.
Beni Economici Sono l'oggetto dell'attività economica e si classificano in:
A. Beni di consumo finale 1 immediato 2 semidurevole 3 durevole B. Beni di utilizzazione industriale (materie prime di origine agricola etc,etc) C. Beni di uso strumentale(macchinari,attrezzature,etc. etc.) D. Beni immateriali(detti formali che sono un insieme di condizioni e opportunità positive che la legge tutela come i diritti d'autore) E. Servizi hanno carattere immateriale tra questi e che possono provenire da prestazioni lavorative umane oppure scaturite dai beni per effetto del loro impiego sia nella produzione che in quella del consumo.
L'azienda è quindi uno strumento per soddisfare i bisogni umani Le azienda originarie(dette primigenie) fanno la sua comparsa con la preistoria dell'uomo confondendosi totalmente con la sua stessa vita di componente familiare e che per lunghissimo tempo rimangono unità economiche non distinguibili, nel cui ambito si svolgono una comunanza di funzione produttive ed erogative insieme.
Le aziende in relazione all'attività economica possono essere classificate: 1)Aziende di erogazione:Realizzazione dei bisogni umani in via diretta ed immediata attraverso un economia di autoconsumo. Si distinguono in private e pubbliche, le private sono:
Le Famiglie o soggetti legati da stesse motivazioni,comuni sensibilità,etc. etc. Le Associazioni costituiscono aggregazioni di persone che senza scopo di lucro tendono a soddisfare i bisogni umani nei più vari campi di interesse. Per le associazioni le persone sono la componente significativa mentre il patrimonio riveste una importanza secondaria. I soci provvedono ad autofinanziare le proprie attività mediante il versamento di quote di iscrizione annuali stabilite di comune accordo e per mezzo di elargizioni e contributi straordinari erogati da privati e pubblici donatori Le Fondazioni come le associazioni, tendono a soddisfare i bisogni umani di terzi soggetti e l'elemento costitutivo è il patrimonio atto a conseguire il fine assegnato dal fondatore o dati fondatori.
Le associazioni e le fondazioni compongono il terzo settore è l'insieme degli enti e organizzazioni che non hanno fine di lucro, hanno cioè il divieto di distribuire utili ai soci, come fondazioni, associazioni di volontariato, cooperative sociali(ONLUS, organizzazioni non lucrative di utilità sociale). Quelle pubbliche sono quelle che perseguono finalità di soddisfacimento di bisogni pubblici sentiti dalla collettività che sono accomunate da radici storiche, costumi etc .etc. e sono: attività di esercizio di funzioni pubbliche e di servizi (giustizia, istruzione, sanità) attività patrimoniale attività produttiva (produzione di beni e servizi,non necessariamente di pubblica utilità
2) Le aziende produttive o imprese: Realizzazione dei bisogni umani in via indiretta e mediata attraverso la destinazione al consumo di quanto ottenuto. NOTA: le imprese pubbliche sono quelle imprese alle cui vicende economiche partecipa lo stato.
Classificazione delle attività economiche esercitate dalle imprese All'interno di un sistema economico le imprese svolgono diverse attività divisibili in: 1. settore primario(attività di produzione originaria(effettuata da imprese agricole, minerarie, estrattive, zootecniche e silvicole) 2. settore secondario(attività di produzione industriale o di produzione di beni o di trasformazione della specie(imprese alimentari cantieristiche cartarie etc.) 3. settore terziario distinguibile in: a) attività di intermediazione mercantile o di produzione indiretta tramite il commercio di beni. Si attua tramite il trasferimento nel tempo e/o nello spazio dei beni derivanti da
imprese del settore primario e secondario; spesso tali beni subiscono un adattamento quali-quantitativo alle esigenze di consumo strumentale o finale.(grossisti dettaglianti, grande distribuzione etc.) b) Attività di produzione diretta e indiretta di servizi. Permette l'interazione dei settori citati sopra (primario secondario etc.) fra di loro e con le attività di consumo finale. (imprese bancarie, assicurative, d'intermediazione finanziaria etc.) 4. le attività di consumo finale effettuate dalle famiglie e dalle aziende di erogazione. Qualunque sia il campo di attività economica di produzione, esso necessita forzatamente di fattori produttivi con le seguenti caratteristiche: 1. la scarsità in natura e la difficile(o impossibile) riproducibilità 2. la possibilità di combinare i fattori fra di loro secondo combinazioni alternative. 3. L'essere sottoposti a vincoli o normative vigenti
Capitolo 2 Di norma i sistemi economici vengono indicati con la loro connotazione nazionalistica o regionale; un esempio può essere “sistema economico italiano/francese/inglese o toscano/piemontese/etc. Ciò si può indicare anche come “azienda Italia, azienda Francia etc.” L'azienda può essere concepita come un fenomeno che indica nel tempo le ragioni della sua esistenza. I risultati da conseguire, sono rapportati ad intervalli temporali di diversa lunghezza; di breve andare(fino ad 1 anno) di medio andare(1-5 anni) lungo andare(oltre i 5 anni). Essa può essere definita come un insieme di elementi materiali e immateriali, complementari e interdipendenti, che perseguono obbiettivi di natura economico-finanziaria in modo conveniente. Gli elementi che compongono il sistema aziendale sono detti anche sottosistemi. I principali sottosistemi sono: 1. il sottosistema organizzativo e del personale 2. il sottosistema gestionale 3. il sottosistema informativo Questi sottosistemi devono essere legati da relazioni positive per conseguire gli obbiettivi prefissati. La concezione sistematica dell'azienda ipotizza che il sistema aziendale possieda alcuni requisiti: 1. l'apertura verso: a) l'ambiente in generale (poiché ne risulta fortemente condizionato e vincolato verso il quale può avere una reazione passiva (adattamento) o attiva (innovazione) b) il mercato specialmente, con il quale stabilisce legami durevoli per l'acquisizione dei fattori produttivi la vendita di prodotti e servizi. 2. Il carattere deterministico e/o probabilistico delle relazioni tra sistema aziendale e ambiente e delle relazioni tra sottosistemi. Ciò è fondamentale per la necessaria individuazione dell'esistenza di rischi che incombono sull'impresa e per dare la possibilità all'impresa di agire di conseguenza contro questi rischi. 3. L'insieme degli elementi del sistema aziendale deve avere un valore maggiore a quello della somma delle singole parti. Ciò si ritraduce nella capacità di perseguire gli obbiettivi assegnati nei tempi prestabiliti 4. la capacità di autoregolazione tramite il controllo della funzionalità aziendale, rispetto agli obbiettivi prefissati. -Lo spazio per le aziende di produzione è un carattere importante. Tramite lo spazio le aziende si classificano in 1. aziende uniche o indivise: cioè aziende con una sola sede in un determinato spazio territoriale. 2. aziende divise: cioè aziende con due o più sedi in più luoghi diversi.
Le aziende possono essere classificate anche in base al loro grado di autonomia: 1. aziende autonome: dove c'è coincidenza tra chi conferisce il capitale assumendosi il rischio e chi amministra l'impresa. Esse sono indipendenti nella determinazione degli indirizzi strategici e delle principali politiche di gestione. 2. aziende dipendenti: dove la coincidenza tra chi conferisce e chi amministra manca parzialmente o totalmente. Perciò chi amministra deve rendere conto alla proprietà. La distinzione tra aziende piccole, medie e grandi varia in base ai parametri presi in considerazione, essi si distinguono in: parametri strutturali: come il numero dei dipendenti, il capitale proprio investito etc. parametri funzionali: come il fatturato. Di conseguenza il dato dimensionale é significativo se è messo in relazione alle caratteristiche del settore di appartenenza in determinate coordinate spazio-temporali. Un esempio: un'azienda ritenuta di medie dimensioni sul mercato italiano, potrebbe non essere tale sul mercato europeo, di conseguenza la definizione di “media azienda” ha significato solo sulle coordinate spazio(mercato italiano)-temporali(in questo periodo). Le aziende possono essere classificate in base alla loro forma giuridica: Prima però e' necessario però spiegare che: Il soggetto giuridico é dato dalla persona fisica, dal gruppo di persone fisiche o dalla persona giuridica nel cui nome l'attività economia d'impresa viene esercitata. Il soggetto giuridico risulta titolare dei diritti e obblighi contratti con terzi in relazione alle negoziazioni concluse ed a tutte le operazioni ed i fatti aziendali. Di conseguenza abbiamo: 1. aziende individuali: con forma giuridica individuale; fanno capo ad un solo imprenditore. Abbiamo anche le società di fatto, cioè imprese solo apparentemente individuali, o società di persone non legalmente costituite. 2. aziende societarie: con forma giuridica societaria, appartengono a due o più conferenti il capitale di rischio. Esse a loro volta si distinguono in: a) società di persone(rilevanza del fattore umano): dove il soggetto giuridico è il gruppo di persone fisiche rappresentato dai soci(società in nome collettivo) o dai soci accomandatari(società in accomandita semplice). Essi hanno responsabilità illimitata e solidale. b) società di capitali(rilevanza del fattore capitale): dove il soggetto giuridica e' attribuito all'impresa stessa. Esse si dividono in: I. società in accomandita per azioni II. società a responsabilità limitata III. società per azioni Nelle società per azioni il capitale di rischio può essere trasferito con la compravendita dei titoli azionari che hanno un valore di mercato che muta continuamente. Il valore di mercato si distingue da quello nominale. Fino a poco tempo fa la pluralità dei soci era caratteristica fondamentale per la costituzione di una società commerciale. Dal 1993 con il decreto legge n.88 le SRL possono costituire società a socio unico. La pluralità dei soci non è necessaria per la permanenza in vita della società, variano però le norme per i diversi tipi di società. Per le SAPA e per le società di persone: può sussistere un unico socio solo per un periodo non superiore ai 6 mesi In tutte le altre società, permane l'obbligo di assolvere a tutti gli obblighi previsti e di effettuare la necessaria pubblicità sull'evento a pena di responsabilità illimitata.. Infine un'ultima nota sul fatto che con alcuni provvedimenti legislativi i principali enti pubblici sono divenuti delle SPA. Le conseguenze sono evidenti. --
Il soggetto economico: Esso è dato dalla persona fisica, dal gruppo di persone fisiche o dalla persona giuridica nel cui interesse o per conto della quale l'attività economica d'impresa viene esercitata. Si può dire quindi che il soggetto economico è dato da coloro che detengono una percentuale del capitale proprio tale da consentirgli di avere un'influenza dominante sulla conduzione dell'impresa Pacchetto azionario sufficientemente grande da consentire il controllo dell'azienda = capitale di comando
Nel caso dell'impresa individuale di norma il soggetto economico coincide col soggetto giuridico nella persona fisica dell'imprenditore individuale; non sempre è così. Per due motivi: 1. forme giuridiche imposte dall'ordinamento. (minorenne che esercita l'attività sotto la patria potestà) 2. soggetto economico occulto (imprenditore fallito che si cela dietro prestanome) Nel caso della società di persone il soggetto economico è dato dalla persona fisica dei soci. Quando si comprende solo l'insieme dei soggetti che compongono il soggetto giuridico, si parla di soggetto economico dominante. Quando si comprende anche il personale dipendente si parla di soggetto economico generico. Si parla di soggetto economico dominante in senso stretto, quando si fa riferimento a quei casi in cui uno o più soggetti, detengono una quota/quantità d'azioni tale che gli permette di controllare l'impresa, con o senza l'appoggio degli altri azionisti/quotisti.(un esempio può essere la grande SPA dove le azioni sono frammentate tra centinaia di azionisti, e dove basta anche un 10% per avere il controllo dell'impresa) L'organo con la massima potestà decisionale del soggetto economico é il consiglio d'amministrazione, i cui componenti sono nominati dall'assemblea degli azionisti. Il cda può essere composto da non-azionisti, molto spesso il cda è composto quasi interamente da manager con un servizio manageriale di prim'ordine non proprietari dell'impresa, con più esperienza di quella maturata di norma dai tipici azionisti(che solitamente sono piccoli risparmiatori). Avviene quindi una scissione tra il potere decisionale e la proprietà all'interno dell'impresa, specie nelle “public companies” o società per azioni quotate in mercati regolamentati. La riforma del diritto societario introduce importanti novità in materia di amministrazione e controllo,due nuovi ed alternativi modelli di governance, mutuati dall’esperienza di altri paesi: • il modello dualistico (di derivazione tedesca e recentemente adottato da altri paesi europei quali Francia e Portogallo); • il modello monistico (di derivazione anglosassone). La scelta del modello dev'essere il frutto di un’apposita scelta statutaria. Conseguentemente, in mancanza di tale espressa previsione dello statuto, la disciplina applicabile sarà quella del modello tradizionale. Nelle linee guida della riforma emerge con chiarezza anche la netta separazione della funzione di controllo contabile, che viene attribuita a revisori esterni alla società. 1) Modello tradizionale Prevede: • l’organo amministrativo (Consiglio di amministrazione o Amministratore unico); • l’organo di controllo legale (Collegio sindacale); • il revisore contabile. Il controllo contabile è attribuito ad un revisore. Il revisore è una persona fisica, o società a seconda dei casi, iscritto nell’apposito registro istituito presso il Ministero della Giustizia. Il controllo contabile può essere attribuito al collegio sindacale solo per scelta statutaria e solo se la società non fa ricorso al mercato del capitale di rischio e non sia obbligata alla redazione del bilancio consolidato (ossia il bilancio dei gruppi aziendali).
Si noti che il modello tradizionale (o ordinario) è l’unico sistema di governo in cui l’organo di amministrazione può essere non collegiale (amministratore unico). 2) Modello dualistico Nel modello dualistico, di matrice tedesca, sono previsti: Il consiglio di gestione, sempre collegiale, nominato dal consiglio di sorveglianza e costituito da almeno due componenti anche non soci. Esso gestisce l'azienda; in particolare amministra la società, compie le operazioni aziendali e ne assume la conseguente responsabilità. Il consiglio di sorveglianza, costituito da almeno tre componenti, di cui almeno un revisore contabile, nominati generalmente dall’assemblea ordinaria dei soci.A tale organo sociale spettano da un lato le funzioni di vigilanza sull’attività del consiglio di gestione, dall’altro lato, ha alcune attribuzioni che rientrano nella competenza dell’assemblea ordinaria dei soci, tra cui: 1. la nomina e la revoca dei componenti del consiglio di gestione, la determinazione della loro retribuzione, salvo che lo statuto non attribuisca tale competenza all’assemblea; 2. l’approvazione del bilancio; 3. promuove l'azione di responsabilità nei confronti dei componenti del consiglio di gestione. Quindi tra proprietà (soci) e l’amministrazione (consiglio di gestione), viene ad interporsi un organo di “specialisti” in grado di svolgere le “ordinarie” funzioni prima riservate all’assemblea. In tale modello di governance, la volontà dei soci viene quindi generalmente mediata e si riduce a scelte quali: • la definizione delle linee del programma economico della società; • le modifiche strutturali della società; • la nomina dello stesso consiglio di sorveglianza. Alle deliberazioni del consiglio di sorveglianza sono applicabili le disposizioni in tema di voto, di validità e di impugnazione stabilite dall’art. 2388 per le deliberazioni del consiglio di amministrazione. Tutte le SpA che adottano il sistema dualistico sono obbligate al controllo contabile di un revisore, sia esso persona fisica o società di revisione, regolarmente iscritto al registro. Anche in questo caso, nelle società che fanno ricorso al mercato borsistico, il controllo contabile è obbligatoriamente attribuito ad una società di revisione. Inoltre, è prevista la possibilità di delegare, attraverso apposite clausole statutarie, alcune funzioni dell’assemblea al consiglio di gestione e viceversa, al fine di meglio adeguare la struttura sociale alle esigenze di gestione. 3) Modello monistico Il modello monistico è ispirato alla tradizione anglosassone ed esso prevede: Il consiglio di amministrazione; di cui almeno un terzo dei suoi membri deve essere in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti dall’art. 2399; Il comitato per il controllo sulla gestione, composto da amministratori non esecutivi nominati dal consiglio di amministrazione stesso fra i suoi membri (uno almeno di questi deve essere iscritto nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della Giustizia). I suoi componenti devono essere in possesso dei requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza stabiliti per i sindaci dalla legge o dallo statuto. Pertanto, a differenza del sistema dualistico, i soggetti da controllare nominano coloro che li controlleranno. In tale realtà, le garanzie su un effettivo controllo dovrebbero risultare: 1. dai requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza richiesti per i componenti del comitato di controllo; 2. dalla specifica previsione, contenuta all’art. 2409, che impedisce la nomina nel comitato di soggetti:
a) già membri del comitato esecutivo (organo composto da alcuni membri del consiglio di amministrazione al quale il consiglio stesso può aver delegato proprie attribuzioni ai sensi dell’art.2381) b) ai quali siano attribuiti deleghe o particolari cariche; c) che, anche in assenza di specifica delega, svolgono di fatto funzioni attinenti alla gestione dell’impresa o di società che la controllano o ne sono controllate. Così come previsto nel caso di adozione del sistema dualistico, tutte le SpA che adottano il sistema monistico, sono obbligate al controllo contabile di un revisore. Anche in questo caso, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il controllo contabile deve essere obbligatoriamente esercitato da una società di revisione. Al fine di meglio adeguare la struttura sociale alle esigenze di gestione, anche per il sistema monistico è prevista la possibilità di delegare, attraverso apposite clausole statutarie, alcune funzioni dell’assemblea al consiglio di amministrazione. In sintesi:
Nell'introduzione di questi modelli si nota l'intenzione di facilitare l'inserimento a livello amministrativo di imprese multinazionali o estere. Il soggetto economico é ricaduto nella sfera economica privata finora. Nel caso però in cui lo stato possieda il capitale di comando di un'impresa allora si parla di soggetto economico compreso nella sfera economica pubblica. Queste tipologie di imprese sono considerate: private sotto il profilo giuridico. pubbliche sotto il profilo economico. Le società a partecipazione statale sono definite società a partecipazione mista, visto che i privati possono comunque possedere partecipazioni. -Tornando sul concetto di imprese autonome e dipendenti, possiamo dire che alle imprese autonome appartengono le imprese controllanti (a meno che non siano controllate a loro volta). Le imprese dipendenti invece rientrano nelle imprese controllate. In alcuni casi, fra le imprese interessate ad una reciproca collaborazione, avviene lo scambio di partecipazioni. Vengono così a crearsi partecipazioni dirette e indirette, evidenziando quello che è il fenomeno della formazione dei gruppi aziendali. Un gruppo aziendale è una forma di integrazione esterna su base patrimoniale, data da un certo numero di società, ciascuna delle quali, ha una propria individualità giuridica, ma si trova priva di autonomia decisionale. Solo la capogruppo fa eccezione; essa e' anche denominata holding e ad essa spetta la coordinazione programmata di tutta l'attività del gruppo.(Diverso è il caso di un'unica azienda che possiede filiali, succursali e agenzie; esse sono prive di individualità giuridica che è solo dell'impresa cui fanno capo.) Ciò che spinge le imprese a creare gruppi aziendali ha più origini; la razionalizzazione tecnicoproduttiva, l'espansione commerciale, il potenziamento finanziario e tecnologico etc. L'integrazione ovviamente può essere: orizzontale(con imprese interdipendenti) verticale(con imprese concorrenti) essa può essere ascendente(verso i mercati di approvvigionamento) o discendente(verso i mercati di sbocco) possono avvenire entrambe contemporaneamente.
Esistono forme di integrazione esterna su base contrattuale che vincolano l'economia delle imprese coinvolte. Accordi di collaborazione del tipo dei consorzi, creano collegamenti interaziendali senza ledere l'autonomia delle imprese. L'oggetto dei contratti varia notevolmente a seconda dei casi: consorzi export relativi alla commercializzazione dei prodotti. consorzi fidi relativi agli affidamenti bancari. consorzi acquisti relativi agli acquisti per le imprese consorziate. tutti gli altri accordi che riguardano una qualsiasi fase di attività imprenditoriale. I consorzi, nel caso in cui siano punto comune per grandi imprese, spesso fungono da concentrazioni imprenditoriali simili ai trust in quanto tendono a limitare l'ingresso sul mercato alle nuove imprese e ad eliminare i concorrenti. I trust si tendono a creare anche per via di integrazioni interne, quali l'espansione di un impresa o la sua fusione con altre imprese. In ogni caso i trust sono una minaccia molto grave per un'economia di mercato che ricerchi la libera concorrenza. A questo fine é stata creata la legislazione antitrust, vigente a livello internazionale. Non differiscono molto dai trust i pool cioè gli accordi temporanei fra imprese miranti a fissare prezzi e tariffe, per evitare vere e proprie guerre commerciali. Accordi simili ai consorzi e ai pool che riguardano le aziende di credito, danno luogo alla formazione di cartelli. Un'altra forma di aggregazione commerciale analizziamo è franchising. Esso è un accordo col quale un'impresa affiliante(il franchisor) concede ad un'altra detta affiliata( franchisee) <<il diritto di sfruttare i diritti di proprietà industriale ed intellettuale relativi ai marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti d'autore, know-how o brevetti... ... allo scopo di commercializzare determinati tipi di beni o servizi>>. In sostanza il franchisor fornisce assistenza di vario tipo(mette a disposizione le merci, la pubblicità, il marchio) al franchisee ed esso paga un corrispettivo in via periodica o continuativa. Tale corrispettivo di norma è composto da: (pagata alla stipulazione del contratto)entry fee + royalties(canoni periodici)
Il franchising è utilizzato dai produttori per organizzare la distribuzione senza creare una rete di vendita diretta. Infine abbiamo le cooperative. Con la riforma del diritto societario è stato introdotto il concetto di prevalenza dello scopo mutualistico dando vita ad una distinzione tra: la “cooperativa a mutualità prevalente” o “costituzionalmente riconosciuta”, la quale, a condizione che si iscriva in un apposito albo tenuto dal Ministero delle Attività Produttive, può usufruire a benefici fiscali e agevolazioni. e la cosiddetta “cooperativa non riconosciuta” o “cooperativa diversa”. Ai sensi del nuovo art. 2512, sono cooperative a mutualità prevalente quelle che presentano alternativamente le seguenti caratteristiche: svolgono la propria attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni e servizi (ad, esempio cooperative di consumo); si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento dell’attività, delle prestazioni lavorative dei soci(ad esempio, cooperative di produzione e lavoro); si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento dell’attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci (ad esempio, cooperative agricole). La condizione di prevalenza si verifica se: 1. i ricavi delle vendite dei beni e delle prestazioni di servizi verso i soci superano il 50% del totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni; 2. il costo del lavoro dei soci supera il 50% del totale del costo del lavoro;
3.
il costo della produzione per servizi ricevuti dai soci è superiore al 50% del totale del costo dei servizi ovvero il costo per beni conferiti dai soci è superiore al 50% del costo delle merci o materie prime acquistate o conferite.
L’attuale codice civile prevede come unica forma possibile di cooperativa quella a responsabilità limitata. Inoltre “nelle società cooperative per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio”. Infine, la riforma del diritto societario prevede una serie di modifiche anche alla disciplina dei controlli esterni. A grandi linee possiamo affermare che oggi le cooperative sono sottoposte a due tipi di controllo esterno: il controllo giudiziari: in caso di fondato sospetto di gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società o ad una o più società controllate, una rappresentanza qualificata dei soci può denunciare tali fatti all’autorità giudiziaria. il controllo governativo: in situazioni di irregolare funzionamento delle società cooperative, l’autorità governativa può disporre la revoca degli amministratori e dei sindaci e, conseguentemente, affidare la gestione ad un commissario, di cui dispone i poteri e la durata. Le due forme di controllo sono alternative. Quindi può essere effettuato solo uno dei due controlli. -Esaminiamo il soggetto giuridico ed economico nelle aziende di erogazione private e pubbliche. La famiglia ha nel capo famiglia, il proprio soggetto giuridico, mentre la figura del soggetto economico viene condivisa e ripartita più o meno equamente fra tutti i componenti. Nelle associazioni o corporazioni non riconosciute, il soggetto giuridico é dato dalla persona fisica o da un gruppo di persone fisiche che agiscono in nome e per conto dell'associazione; se invece ottiene il riconoscimento in “ente morale”, a causa delle sue finalità meritorie, il soggetto giuridico si identifica nella stessa associazione, persona giuridica di diritto privato. Il soggetto economico si forma nell'assemblea dei soci e ad essa spetta la nomina del consiglio o comitato direttivo. Il comitato elegge un presidente del comitato e un vicepresidente. Nelle fondazioni il soggetto giuridico è speculare a quello delle associazioni Le aziende pubbliche di erogazione, hanno per soggetto giuridico una persona giuridica di diritto pubblico che coincide con l'azienda stessa(che può essere lo stato, la regione, la provincia, il comune etc.) -Abbiamo detto che l'azienda costituisce un sistema aperto verso l'ambiente; ambiente che si divide in tre tipologie: 1. ambiente fisico-naturale: si intende la località geografica interessata e potenzialmente assoggettabile dall'insediamento aziendale. 2. ambiente politico-istituzionale: si intende la componente che influenza lo stabilirsi dei presupposti favorevoli all'economia di mercato ed alla libera iniziativa privata. Vi rientrano le componenti istituzionali che assicurano la governabilità di un paese. 3. ambiente sociale: si intende l'ambito culturale e relazionale in cui l'azienda agisce. Esso negli ultimi anni si è fatto particolarmente importante, perché tende ad essere un fattore sempre più dinamico; essendo l'impresa immersa in quest'ambiente le valenze sociali della sua partecipazione attiva giustificano l'attributo di istituto economico-sociale. Caratteristica qualificante dell'ambiente è data dal peso della la cultura aziendale sull'ambiente stesso. Per cultura aziendale si intende l'insieme delle conoscenze che sono frutto di vari tentativi di adattamento a diverse situazioni, esito di un complesso e costante fenomeno di apprendimento. Tale concetto trova applicazione negli stili di comportamento imprenditoriale. All'interno dell'impresa i rapporti tra direzione e i dipendenti sono definite “relazioni umane” Le relazioni tra l'impresa e gli interlocutori sociali sono definite “relazioni pubbliche”
Capitolo 3 E' compito dell'amministrazione aziendale cogliere le basi della realtà aziendale e porre al centro di tutti i problemi aziendali la loro natura economica per individuarne la logica di soluzione I tratti che accomunano tutti i problemi aziendali sono: 1. l'identificazione dell'oggetto del problema. 2. la ricerca di soluzioni alternative. 3. la necessità di misurare il diverso grado di efficienza di ogni soluzione. Per efficienza si intende: Il rapporto fra il risultato ottenuto e i mezzi impiegati (rapporto tra input & output) Per efficacia si intende: Il grado in cui l'organizzazione raggiunge i suoi obbiettivi 4. la scelta della soluzione più economicamente conveniente. 5. l'attuazione di tale scelta. *nota del “riassuntore”* Il resto di questo capitolo non e' riassunto, poiché sono nozioni storiche e i pochi altri concetti sono insignificanti. Si consiglia comunque di leggerlo almeno direttamente sul libro.
PARTE II Capitolo 1 Lo svolgimento dell'attività aziendale richiede l'utilizzo di “mezzi economici” che sono: elementi materiali: patrimonio/capitale fattori personali: l'insieme delle persone che operano all'interno della combinazione produttiva. risorse intangibili: che si dividono in beni immateriali: sono componenti di capitale, non dotati di consistenza fisica, ma avendo comportato il sostenimento di costi, sono considerati serbatoi di utilità identificabili e misurabili. attività intangibili:le capacità e abilità presenti nell'unità economica, derivate da esperienze e competenze maturate nel tempo da parte dell'impresa. I “mezzi economici” definiscono la struttura dell'impresa. Devono coesistere fino alla costituzione dell'unità economica per realizzare un equilibrio di struttura, presupposto dell'equilibrio di funzionalità. I mezzi economici devono essere organizzati(predisposti e coordinati razionalmente). In questo contesto si inserisce l'organizzazione aziendale che si occupa della predisposizione dei mezzi economici e del loro adeguamento alle esigenze di gestione. Di conseguenza non si può dire che in un azienda l'organizzazione é assente; si può dire invece che sia irrazionale o difettosa. Il termine “organizzazione” ha due diverse impostazioni: 1. una di tipo estensivo: nel quale l'organizzazione affronta i problemi che riguardano la ricerca dell'utilizzazione più economica delle risorse (materiali,personali e intangibili) 2. l'altra che limita l'oggetto di studio ai soli problemi relativi al fattore personale. Ovviamente la prima delle due è senz'altro da preferire, vista l'enormità e la complessità di tutti i problemi aziendali. -L'organizzazione si propone di ricercare le combinazioni più convenienti delle forze personali, del patrimonio materiale e intangibile operanti nel sistema aziendale. Ogni problema organizzativo è un problema di scelta ed elevato è il numero di scelte da effettuare. Le scelte riguardano la composizione qualitativa e quantitativa di ciascun elemento della struttura aziendale, considerando i rapporti che legano gli elementi tra loro. In sostanza dev'essere ricercato un equilibrio fra i vari componenti di ogni elemento, determinato da razionali proporzioni quantitative e qualitative; senza perdere di vista l'equilibrio tra i vari elementi. L'analisi dei vari elementi ci riporta al fattore personale, l'elemento materiale e le risorse intangibili. 1. Il fattore personale comporta la definizione dell'organico a disposizione dell'azienda, sia nella sua composizione quantitativa(numero dei dipendenti) sia nella sua composizione qualitativa(competenze). Consegue poi l'analisi delle funzioni, dei livelli degli organi etc. 2. L'elemento patrimoniale impone la scelta degli investimenti in relazione alla loro natura ed entità, ed impone la scelta sulle fonti di finanziamento, considerandone la provenienza e i vincoli di durata e di costo. Investimenti e finanziamenti devono essere correlati tra loro e sempre in equilibrio. 3. Le risorse intangibili sono evidenziate in due sottoinsiemi differenti: i beni immateriali: sono individuabili oggettivamente e comprendono brevetti, opere di ingegno, licenze etc. In merito é necessario fare delle scelte del tipo “make or buy” (ossia o si compra, o lo produciamo/costruiamo/etc noi). In questa categoria rientrano anche le “certificazioni della qualità” la “certificazione dei
bilanci”, riconoscimenti ufficiali delle caratteristiche dei sistemi interni dell'azienda; questi ultimi sono obbligatori per la normativa o facoltativi da parte degli organi volitivi. le attività invisibili: si individuano nell'insieme di capacità e abilità che derivano dalle conoscenze tecnico-professionali possedute dal personale dell'azienda, oltre che dalla capacità di ottimizzare lo svolgimento di determinate attività.
Alcune attività invisibili sono(divise in gruppi) in: 1. assetti istituzionali: dati dalla scelta a riguardo: dalla forma giuridica(tra quelle previste nel nostro ordinamento) dalla composizione qualitativa del soggetto economico dall'ubicazione degli stabilimenti in cui svolgere l'attività(determinata da un'analisi di convenienza comparata, individuando le caratteristiche dei mercati di approvvigionamento e di quelli di sbocco) dall'adozione di aggregazione con altre unità economiche. 2. rapporti dell'impresa con l'ambiente: dai da: la fiducia di cui gode il soggetto economico e i suoi collaboratori. le relazioni con gli interlocutori(politici,sociali economici) presenti nell'area d'azione dell'azienda(locale, nazionale, internazionale). (a titolo di esempio i rapporti con i fornitori, i clienti, i finanziatori etc.) 3. risultati delle attività di ricerca e sviluppo: che si concentrano in innovazione dei: materiali per la lavorazione processi produttivi prodotti e servizi Nonostante l'insieme dei tanti fattori aziendali possa avere ben pochi punti in comune per le loro caratteristiche, essi sono fortemente connessi tanto da ricomporsi ad unità. Le risorse intangibili contribuiscono a creare la cultura aziendale e, dato il suo significato(vedere il capitolo precedente), diviene una risposta a problemi concreti; tanto più é grande il patrimonio culturale quindi, maggiori sono le difficoltà cui l'impresa può far fronte. In quest'ottica quindi la cultura aziendale diviene l'elemento unificante delle risorse intangibili dell'azienda; di conseguenza dev'essere considerata un fattore essenziale dell'impresa stessa. Le scelte organizzative all'interno dell'impresa assumono una notevole importanza in relazione agli obbiettivi aziendali. La rilevanza delle decisioni organizzate gioca un ruolo di primaria importanza nell'economicità della gestione. L'insieme delle operazioni derivanti dall'organizzazione (assegnazioni di compiti, poteri, procedure di controllo, etc.) va ad incidere sulla sfera dei costi e dei ricavi; inoltre tramite le scelte organizzative si definisce non solo il livello di economicità ma anche il grado di : efficacia(conseguire gli obbiettivi) efficienza(ottimizzare i processi per conseguire l'obbiettivo) qualità(soddisfare le esigenze espresse ed implicite del consumatore) Sulla qualità c'è da aggiungere che le imprese per ottenerla devono conoscere il proprio mercato, indagare sulle esigenze dei consumatori e quindi individuare le caratteristiche che i beni economici prodotti dall'impresa devono avere per soddisfare tali esigenze; l'ultimo passaggio consiste nel trasformare tali caratteristiche in specifiche da adottare a prodotti e servizi. Infine, la qualità non dev'essere riferita soltanto al prodotto/servizio, ma deve includere tutto il sistema aziendale, si parla quindi di “qualità dell'organizzazione” apprendendo quindi concetto di “qualità totale”, riferita alla qualità di tutto il sistema aziendale, sia interno che esterno. Il perseguimento dell'economicità da parte dell'organizzazione deve attuarsi senza che gli obbiettivi personali restino inappagati (almeno entro certi limiti). -L'attuazione dell'organizzazione comporta nel tempo variazioni di quelle che sono le operazioni di gestione. Di conseguenza appare evidente la coordinazione tra organizzazione e gestione; analoga coordinazione é presente tra organizzazione e rilevazioni.
Organizzazione, gestione e rilevazione quindi definiscono(in momenti diversi) l'amministrazione economica dell'azienda. Infatti: L'organizzazione ha funzione strumentale rispetto alla gestione La gestione trova limiti e condizioni per la sua attuazione nell'organizzazione. Le rilevazioni contabili ed extra contabili, sono predisposte in funzione delle esigenze conoscitive sollevate dai problemi di gestione e organizzazione; svolgono inoltre un importante ruolo informativo nei confronti dei vari organi della struttura organizzativa. Queste tre componenti hanno un unico oggetto di osservazione: l'azienda, loro scopo comune è di fornire all'azione amministrativa delle linee di orientamento e adattamento alla realtà economica, in modo da poter attuare una politica aziendale.
Capitolo 2 L'uomo è elemento permanente del sistema azienda. Gli elementi per propria natura sono inerti e solo l'intervento personale, può renderli effettivamente agenti; di conseguenza si può capire che il ruolo del personale si distingue da quelli degli altri fattori produttivi soprattutto per l'impulso operativo che trasmette(oltre che per gli altri aspetti più ovvi). E' evidente quindi come il personale sia un fattore fondamentale del sistema azienda. Nell'ambito dell'unità economica il problema sostanziale da affrontare è quello della individuazione e definizione delle attese delle persone e delle modalità organizzative che sono necessarie per soddisfarle. Per determinare le attese del personale è necessario: considerare le variabili personali(bisogni, atteggiamenti, valori e abilità) considerare le variabili sociali(rapporti interpersonali) C'è da dire che i membri di un'azienda tendono ad aggregarsi in gruppi. All'interno di questi gruppi ogni individuo ha un “ruolo” cioè un modello di comportamento che soddisfa le esigenze dell'individuo e le sue aspettative. Una volta ricoperto il ruolo, questo tende a standardizzarsi, ricomprendendo all'interno di se solo quei rapporti che riguardano la relazione tra colui che riveste un ruolo ed il gruppo(ad esempio, il contenuto della attività da svolgere, le modalità di esecuzione, i risultati da conseguire etc.) In ogni gruppo sono assegnati più ruoli, ognuno dei quali deve essere complementare con gli altri, così da costituire un “sistema di ruoli”; ciò stabilisce una certa predicibilità(cioè cosa faranno) e coordinamento(come lo faranno). Maggiore è l'esigenza di predicibilità e coordinamento più i ruoli sono dettagliati e standardizzati. La definizione di un ruolo nasce da un processo complesso che tiene conto di diverse variabili personali e sociali, fra le quali si deve ricercare un equilibrio, in modo da evitare tensioni derivanti da aspettative focalizzate in modo inadeguato o contraddittorio. Da ciò si capisce che l'assetto organizzativo non nasce in maniera spontanea da azioni individuali e/o dei gruppi; esso deve essere progettato secondo precise logiche per far si che tutto il personale raggiunga risultati di efficienza e soddisfazione. L'assetto organizzativo guida il comportamento delle persone; esso é un ambito di azione dove ciascuno esercita il proprio giudizio, la propria libertà e le proprie competenze professionali, senza produrre conflitti tra singoli o tra gruppi, ma bensì favorendo l'unione tra gli interessi. -Abbiamo detto che le persone che operano in azienda sono influenzate da diverse variabili(sociali e personali), ad esse si aggiungono quelle di maggiore importanza che sono le “variabili organizzative”. Queste comprendono(in ordine di importanza): 1. la struttura organizzativa 2. i meccanismi operativi 3. lo stile di leadership
La struttura organizzativa è l'ossatura di base necessaria per regolare le attività con cui si realizza l'oggetto aziendale e si perseguono i corrispondenti obbiettivi E' detta anche “base del sistema dei ruoli”. C'è da considerare che in un azienda vengono compiute molte operazioni, ed ogni operazione si compone di una serie di attività elementari. Le attività elementari sono aggregate in compiti; i compiti a loro volta sono aggregati in mansioni. La mansione è data dall'insieme dei compiti attribuiti ad una posizione(l'unità organizzativa elementare coperta da una persona) varie posizioni sono raggruppate in organi; di norma gli organi sono collegati fra loro. L'insieme delle attività elementari assegnate ad un organo è impostato in modo da essere riconducibile ad una funzione(finalità); essa può essere espressa come: Obbiettivi da realizzare Contributi da fornire al complessivo svolgimento dell'attività economica d'azienda. Ovviamente come mansioni, compiti e attività elementari sono complementari, anche gli organi fra loro riflettono questa caratteristica. Il disegno della struttura organizzativa si individua tramite i seguenti elementi: 1. gli organi fra cui è diviso il lavoro. 2. le funzioni ed i compiti che sono assegnati a tali organi. 3. le relazioni che legano gli organi fra loro. La struttura organizzativa dipende quindi dalle scelte sui criteri di divisione del lavoro e dalle modalità di coordinamento dei compiti svolti. Si può quindi dire che la struttura organizzativa è il modello di divisione e coordinamento del lavoro formalmente deciso dalla direzione aziendale al momento della sua progettazione; essa ovviamente dev'essere dotata di flessibilità e adattabilità ai cambiamenti che si verificano(come il progresso tecnologico, il dinamismo dei mercati e del sistema socio-politico) -In campo aziendale i problemi organizzativi sono di solito distinti in: Problemi di macrostruttura: sono quelli relativi all’assetto aziendale nel suo insieme. Problemi di microstruttura: sono quelli relativi all’organizzazione delle singole postazioni di lavoro. Per quanto riguarda la divisione del lavoro si applica anche a questi due concetti; Per i problemi di microstruttura abbiamo l’analisi della composizione dei compiti aggregati in ogni mansione; Per i problemi di macro struttura abbiamo l’analisi della suddivisione dei compiti fra i vari organi e la determinazione delle funzioni. Individuati i compiti si procede alla definizione delle mansioni, cioè dell’insieme di compiti da attribuirsi ad ogni posizione all'interno di un organo. I connotati delle mansioni derivano dalla combinazione dei compiti(che appartengono a tale mansione) come manifestazione unitaria di effetti complessi. I caratteri delle mansioni non sono oggetto di valutazioni oggettive, ma di stime soggettive(proprio per questo la progettazione delle microstrutture è particolarmente difficile). L’analisi della macrostruttura ha per oggetto le modalità con cui essa si compone. I criteri adottati possono essere ricondotti alle tre dimensioni: 5. verticale 6. orizzontale 7. temporale
A - Nell’ottica della dimensione verticale si considera il fatto che le unità organizzative si collocano su livelli diversi legati da relazioni gerarchiche. Nella struttura organizzativa si realizza un raggruppamento delle unità fra le quali si stabiliscono rapporti di gerarchia. Si creano quindi gruppi di comando addetti alla guida delle unità organizzative, e gruppi che si trovano in posizione subordinata. La gerarchia è articolata in un certo numero di livelli che risultano da un processo di distribuzione del potere decisionale e del lavoro all’interno dell’azienda. Dall’intensità di questo processo si determina il grado di decentramento o di accentramento della struttura organizzativa. Quando si verifica una situazione di elevato decentramento, abbiamo una vasta diffusione del potere decisionale fra le unità. Quando si verifica una situazione di elevato accentramento, abbiamo una scarsa diffusione del potere decisionale all'interno della struttura. Il decentramento: consente di alleggerire il lavoro degli organi di comando favorisce la realizzazione di un clima di collaborazione tra gli organi subordinati L'accentramento: consente un miglior coordinamento delle decisioni, evitando scelte che tra i vari livelli possono essere contrastanti tra loro. Gli organi sono distinti in due classificazioni: 1. organi volitivi, organi direttivi, organi esecutivi 2. organi di line, organi di staff La prima classificazione prevede: Gli organi volitivi sono quelli posti al vertice della struttura e si identificano con il soggetto economico. Essi definiscono gli obbiettivi di fondo e individuano le azioni da eseguire per il loro raggiungimento. Gli organi direttivi sono quelli che stabiliscono gli obbiettivi specifici nel rispetto delle direttive degli organi volitivi e controllano l'esecuzione del lavoro. Costituiscono il punto di collegamento tra la base ed il vertice della piramide aziendale. Gli organi esecutivi sono quelli che svolgono le varie operazioni, nel rispetto delle decisioni assunte dall'organo volitivo sotto la direzione e il controllo degli organi direttivi. La loro capacità decisionale è limitata. Un criterio largamente utilizzato é che un organo non dipenda da più di un organo di livello gerarchico superiore. E' il cosiddetto “principio dell'unità direttiva e di comando”. La seconda classificazione Gli organi di line sono quelli previsti nel disegno della struttura organizzativa formale(volitivi, direttivi ed esecutivi). Gli organi di staff sono quelli di natura specialistica con funzioni di consulenza e assistenza verso gli organi di line. Non hanno alcun potere decisionale, ma affrontano l'analisi di problemi complessi con la competenza necessaria che spesso gli organi di line non possiedono. B - Nell'ottica della dimensione orizzontale, si considera la specializzazione degli organi in termini di diversità di funzioni attribuite e differenti posizioni. La divisione del lavoro in quest'ambito opera sulla ripartizione delle attività da svolgere in compiti meno estesi e complessi. I criteri utilizzati a tal fine sono: 1. input: che privilegia i mezzi usati per ottenere determinati risultati. Possiamo avere in questo caso raggruppamenti per: conoscenza e abilità tecnologia funzione 2. output: che privilegia, il risultato processo produttivo o i differenti mercati di sbocco o le diverse tipologie di clientela. Possiamo avere in questo caso raggruppamenti per:
prodotto progetto area geografica cliente
La specializzazione ha due possibili significati: Specializzazione orizzontale, che fa riferimento al numero di compiti assegnati ad una singola posizione e alla loro ampiezza(un lavoro molto specializzato in senso orizzontale è dato dallo svolgimento di pochi compiti ben definiti ad esempio). La specializzazione orizzontale crescendo comporta la ripetitività dei compiti e l'aumento della produttività e delle prestazioni. Tuttavia comporta insoddisfazione psicologia del lavoratore.
La specializzazione verticale invece è correlata al grado di controllo che la persona esercita sullo svolgimento dei suoi compiti(un lavoro molto specializzato in senso verticale è dato da un soggetto che ha un autonomia decisionale molto limitata)
La specializzazione verticale è collegata a quella orizzontale e ne è spesso la conseguenza. C - Nell'ottica della dimensione temporale possiamo evidenziare come la “stabilità” degli organi ha diversa intensità. In relazione a ciò si possono effettuare le seguenti distinzioni tra: organi permanenti o temporanei organi continui o discontinui 1. Gli organi permanenti, sono quelli a cui è assegnata una funzione che verrà svolta a tempo indeterminato. 2. Gli organi temporanei, sono quelli che operano solo per un delimitato intervallo di tempo. Entrambi possono operare in modo continuo o discontinuo -Dall'attuazione della divisione del lavoro nasce l'esigenza del suo coordinamento. Il coordinamento consiste nell'armonizzare comportamenti di organi che sono impegnati in specifici settori distinti l'uno dall'altro e che spesso non avvertono neppure l'esigenza di una sincronizzazione. Ciò presuppone un correlato programma di coordinamento. Per individuare gli organi responsabili dell'azione di coordinamento vanno distinti i compiti: standardizzati(prevedibili) – In questo caso si possono adottare forme di coordinamento basate su gerarchia e definizione di regole/procedure/obbiettivi da seguire. caratterizzati da un elevato grado di incertezza(scarsamente prevedibili) – In questo caso si possono creare strutture a cui affidare il coordinamento. Le principali forme di queste strutture sono: 1. i comitati – organi cui partecipano membri di diverse funzioni e che si riuniscono periodicamente. 2. le task forces, gruppi di lavoro costituiti temporaneamente(per un progetto o per risolvere un preciso problema); una volta svolta la loro funzione vengono sciolti. 3. i task teams, gruppi di lavoro permanenti che hanno il compito di colmare il vuoto che rischia di crearsi per carenza di coordinamento(sia in strutture funzionali che divisionali) 4. alcuni ruoli con specifici compiti di integrazione(figure con precise finalità di coordinamento come il product manager, il project manager etc.) -Gli strumenti di rappresentazione scritta della struttura sono: 1. gli organigrammi 2. i funzionigrammi 3. i mansionari 4. le norme procedurali
Gli organigrammi sono dei grafici nei quali di solito gli organi sono rappresentati da caselle e le relazioni da linee continue marcate. Gli organigrammi offrono una visione immediata e riassuntiva della struttura organizzativa, rispondendo alle esigenze di informazione e di analisi Essi evidenziano: gli organi previsti dalla struttura, distinguendo quelli di line da quelli di staff. le relazioni di dipendenza gerarchica che intercorrono fra i diversi organi. La dimensione verticale della piramide organizzativa(numero dei livelli) la dimensione orizzontale dell'organizzazione(l'ampiezza di controllo) Solitamente la presenza di organi di staff è segnata da linee continue sottili o da linee tratteggiate che indicano il legame tra questi organi e quelli di line. Lo sviluppo verticale della struttura è segnato dalla presenza di organi direttivi di primo livello, di secondo livello etc. Lo sviluppo orizzontale indica l'ampiezza del controllo del responsabile che guida un'unità organizzativa. Alcuni aspetti della struttura organizzativa viene però trascurata dagli organigrammi; per questo è integrata tramite funzionigrammi, mansionari e norme procedurali. Funzionigrammi e mansionari sono delle descrizioni dei compiti attribuiti a ciascuna unità organizzativa. In essi sono indicati per ogni posizione: 1. la tipologia di attività da svolgere. 2. la sfera delle decisioni assegnate. 3. il grado di responsabilità. Le norme procedurali hanno per oggetto le modalità di svolgimento dei compiti. Inoltre specificano con quale sequenzialità organi differenti si alternano nello svolgimento di un'attività. Le norme procedurali sono quindi delle regole operative, descritte in appositi documenti o rappresentate graficamente. -E' necessario evidenziare che possono esserci degli scostamenti tra struttura formale e struttura reale. (ad esempio, un organo in posizione subordinata che di fatto esercita un potere maggiore dell'organo suo superiore). Si parla quindi di struttura informale e struttura formale che si integrano a vicenda. Possiamo quindi dire che gli scostamenti sono originati da una complessa organizzazione informale( costituita da gruppi spontanei, norme di comportamento non codificate, relazioni interpersonali non formalizzate etc. etc.).. -L'analisi della struttura organizzativa comporta l'individuazione del modello di struttura organizzativo che può essere scisso in due tipologie, che sono: 1. la struttura plurifunzionale 2. la struttura pluridivisionale La struttura plurifunzionale è caratterizzata dalla presenza di organi di primo livello specializzati per “funzione”; cioè per gruppi di compiti della medesima specie economico-tecnica.(marketing, finanza, amministrazione etc.). La divisione del lavoro è orientata alle risorse impiegate per conseguire le finalità aziendali (input). In questo modello sono presenti tre livelli organizzativi: 1. la direzione generale – ad essa è affidato il compito di amministrare l'azienda, elaborando le decisioni strategiche e coordinando l'operato delle aree funzionali. 2. le direzioni delle unità funzionalità – ad esse è affidata la gestione delle singole aree d il perseguimento di obbiettivi particolare.
3. le unità operative – ad esse é affidato il compito di attuare le direttive impartite dalle direzioni funzionali. Spesso tali unità sono articolate su più livelli, con compiti sempre più esecutivi man mano che si scende in linea gerarchica. Il modello plurifunzionale è caratterizzato dalla presenza di un'impostazione gerarchica lineare e verticista; cioè si colloca in una struttura organizzativa piramidale. La struttura pluridivisionale è caratterizzata da una divisione del lavoro orientata prevalentemente ai risultati. Attenzione quindi non solo ad input ma anche ad output. Essa si concretizza nel creare delle figure da collocare ad un livello inferiore al direttore generale, che si occupino di particolari aspetti della direzione.(un esempio di queste figure è riportato dal responsabile di prodotto, dal responsabile di area geografica o dal responsabile di clientela). Nascono così le divisioni, ciascuna delle quali sovrintende a tutte le attività connesse all'output di cui si occupa. Non sono ovviamente trascurati gli input, ma bensì, le attività funzionali sono inquadrate in relazione all'output(prodotti, clienti etc.) per i quali sono finalizzati. In una struttura pluridivisionale di norma i livelli organizzativi sono: 1. direzione generale – che si occupa esclusivamente dell'amministrazione complessiva dell'azienda. 2. gli staff centrali – specializzati in varie funzioni e forniscono assistenza all'alta direzione e alle divisioni nel raggiungimento dei propri compiti. 3. le direzioni divisionali - essi sono responsabili di divisione e ricevono la delega ad amministrare il comparto a loro affidato, quasi fosse un'unità economica autonoma. Essi definiscono autonomamente le strategie di divisione, in conformità con quelle globali stabilite dall'alta direzione e sovrintendono la pianificazione, il coordinamento e il controllo dei dipartimenti alle loro dipendenze. 4. i dipartimenti funzionali – sono specializzati nelle varie funzioni necessarie allo svolgimento dell'attività di gestione delle propria divisione. 5. le unità operative – stabilimenti, uffici, laboratori etc. presenti all'interno dei dipartimenti funzionali. Esistono anche altri tipi di soluzioni organizzative, in questo senso si parla di soluzioni miste a quelle già presentate o intermedie con presenza più marcata di un modello rispetto ad un altro. Abbiamo già osservato in precedenza che per risolvere problemi di coordinamento e comunicazione tra unità possono essere creati alcuni organi(comitati, task forces e task teams). In particolare la task force, può essere utilizzata per coordinare diverse funzioni o diverse divisioni(un esempio può essere la task force funzionale collocata in una struttura divisionale, in modo da evidenziare meglio gli aspetti dell'input.) Anche le task teams, hanno il compito di creare il necessario collegamento tra direzioni funzionali o divisionali(l'esempio può essere una task team collocata in una struttura funzionale per coordinare gli sforzi delle singole funzioni rispetto ad uno specifico prodotto). Abbiamo poi i ruoli quali product manager, program manager e il project manager, che svolgono specifici compiti di integrazione. Il project manager ricopre una posizione chiave nella struttura per progetto; questo tipo di struttura è adottata molto spesso da aziende che devono realizzare lavori molto complessi o attività di ricerca volta a conseguire risultati innovativi(un nuovo prodotto ad esempio). La struttura per progetto è temporanea, perché è mantenuta solo finché il progetto non é stato completato; essa si avvale di persone che hanno le competenze richieste e che provvisoriamente vengono distolte dalle unità funzionali a cui appartengono e nelle quali torneranno quando la loro collaborazione non sarà più necessaria. La responsabilità pesa sul project manager che dovrà occuparsi: 1. della specificazione degli obbiettivi del progetto 2. della programmazione operativa: di acquisizione e organizzazione delle risorse necessarie
della prevenzione e del controllo dei costi
Uno importante problema che il project manager deve affrontare è legato al fattore personale, nel quale si possono creare, stati di incertezza e insicurezza che portano il personale a preferire di restare nelle unità funzionali rifiutando di far parte di un'unità a progetto per evitare le difficoltà di reinserimento in altre attività dopo lo scioglimento del gruppo. Altra problematica legata alla gestione del personale è la situazione di duplicità di direzione nei confronti di coloro che si trovano sia in unità funzionali che in unità a progetto; tale situazione può comportare conflitti organizzativi, evitabili cercando di impiegare il personale a tempo pieno nel progetto La struttura a progetto si avvicina molto a quella divisionale dove l'output, in base al quale sono raggruppate le unità organizzative, si identifica con i progetti. Un'altra soluzione organizzativa atta a favorire il coordinamento tra organi divisionali e funzionali è data dalla struttura a matrice. Come i modelli precedenti questo combina parte degli aspetti funzionali e divisionali. In questo tipo di struttura sono due le caratteristiche distintive: 1. la doppia autorità: derivata dal fatto che i dipendenti hanno due capi.(e' una violazione (talvolta vantaggiosa) del principio di unità di comando.) 2. l'equilibrio dei poteri: il rapporto di potere tra direttore funzionale e direttore divisionale è (più o meno) paritario. Questo equilibrio è di difficile raggiungimento, ma senza di esso la doppia autorità perde di significato. Nella struttura a matrice sono presenti contemporaneamente più criteri di divisione del lavoro direzionale. Di norma si verifica la coesistenza di un raggruppamento per input e di un raggruppamento per output; può succedere però che le due dimensioni organizzative scelte siano entrambe espressione di un output( tipico esempio è dato dalle multinazionali) di conseguenza spesso gli organi posti ai livelli intermedi si trovano di fatto alle dipendenze di due diverse direzioni. Nel modello matriciale si individuano tre livelli organizzativi: 1. direzione generale: si occupa dell'amministrazione complessiva dell'azienda, 2. le direzioni di funzione: si occupano(condividendo le decisioni con le direzioni di divisione) di: trovare un equilibrio tra le necessità delle divisioni prevedere le esigenze di formazione gestire le risorse di supporto e le direzioni di divisione: che si occupano di orientare e sensibilizzare il comportamento delle persone da loro dipendenti, facendo leva soprattutto sulle proprie conoscenze e competenze professionali. 3. le unità operative: hanno il compito di attuare le direttive a loro impartite..
E' evidente la difficoltà di istituire e mantenere una struttura a matrice, di fatti essa è utilizzata(di norma) solo quando l'oggetto di attività aziendale, richiede sforzi notevoli, un elevato grado di novità ed un forte legame fra gli elementi che concorrono a realizzarlo. -La costante ricerca di flessibilità da parte delle aziende, causata da parte della natura stessa dell'ambiente in cui opera, comporta da parte delle aziende un orientamento ai processi sempre più marcato. Un processo è dato da un insieme organizzato di attività correlate che creano valore a partire da uno o più input e realizzano un output che abbia un impatto significativo sulle capacità competitive dell'azienda. Alla base di questo concetto c'è il flusso di attività, cioè la sequenza di operazioni che conduce al risultato desiderato. Si può anche dire che il processo si concretizza nell'insieme di attività progettate per produrre un output destinato al cliente(consumatore o intermediario che sia). I processi quindi sono una catena interna all'azienda, spesso connessa con operatori esterni(fornitori, clienti, concorrenti) che attraversa tutta l'impresa(visto che ogni processo può comprendere una serie di attività che si svolgono contemporaneamente o sequenzialmente). Lo sviluppo di nuovi prodotti, l'assistenza ai clienti post-vendita etc. sono tutti esempi di processi. Infine è necessario distinguere i caratteri che distinguono la “struttura tradizionale” dalla “struttura orizzontale”. Nella struttura tradizionale ogni unità organizzativa svolge i compiti assegnati seguendo le proprie procedure; questo con la possibilità che si verifichino errori e/o ritardi. Inoltre questo modello non prevede l'attribuzione di responsabilità. Nella struttura orizzontale, ogni passaggio è in sequenza all'interno di un unico processo, con un team responsabile per il completamento nel più breve tempo possibile. Di norma è anche individuata la figura del process owner che si assume la responsabilità della realizzazione del processo. Possiamo quindi affermare che l'analisi dei processi permette all'impresa di conoscere approfonditamente le modalità di esecuzione delle attività lungo tutta la catena del valore, dando la possibilità di intervenire dove si individuano bassi livelli di efficacia, di efficienza e di qualità. Ovviamente la riprogettazione della struttura organizzativa non è facile soprattutto per il cambiamento culturale che richiede. La struttura infatti non viene più vista verticalmente, ma orizzontalmente. Questo produce se seguenti conseguenze: 1. devono essere rimesse in discussione le vecchie abitudini circa la divisione verticale del lavoro.(comporta la ridefinizione del ruolo di capo e di subordinato). 2. si deve imparare a ragionare in termini di gruppo di lavoro e non di individuo(con competenze multiple e non specialistiche). 3. ci si deve abituare a sistemi di valutazione a responsabilità condivisa.
4. Si deve imparare a pensare all'azienda come a un'organizzazione dai confini mobili, non fissi.
Appendice Approfondimento sul modello plurifunzionale: I punti di forza del modello plurifunzionale sono: 1. la specializzazione funzionale. (ogni responsabile di funzione è in grado di dedicare la massima attenzione allo sviluppo delle capacità personali dei suoi collaboratori e dipendenti) 2. il raggruppamento per funzioni evita inutili duplicazioni e permette di sfruttare le economie di scala connesse alle varie specializzazioni. 3. raggruppando tutte le fasi di un unico tipo di lavoro, il responsabile è in grado di coordinare al meglio le varie operazioni che esso richiede. I punti di debolezza del modello plurifunzionale sono: 1. L'elevata specializzazione all'interno di ogni area può danneggiare il coordinamento tra le diverse funzioni 2. All'incremento delle dimensioni e/o la diversificazione dei prodotti diminuisce l'attenzione verso l'output. 3. Il raggruppamento funzionale non aiuta lo sviluppo delle capacità direzionali generali, prevalendo di norma la formazione “settoriale” dei dirigenti. Approfondimento sul modello pluridivisionale: La struttura pluridivisionale orientata all'output i quali si identificano di solito in: prodotti aree geografiche clienti mercati o canali di distribuzione Come già accennato, le unità organizzative critiche sono le “divisioni”; esse sono dotate di sufficiente autonomia decisionale rispetto all'alta direzione; esistono però dei limiti a tale autonomia che di norma riguardano: 1. le restrizioni di carattere finanziario. 2. le restrizioni che riguardano la scelta del sistema di controllo, le politiche del personale etc. 3. le restrizioni nell'approvvigionamento di servizi legali, di elaborazione elettronica dei dati etc. Le divisioni devono essere caratterizzate da una reciproca indipendenza. I punti di forza della struttura pluridivisionale sono: 1. l'attenzione posta sull'output che consente di concentrare gli sforzi sui singoli prodotti, mercati o clienti. 2. la presenza di direttori che controllano e coordinano le loro unità guardando al risultato complessivo. Essi sono responsabili del rendimento della propria divisione(quindi sono fortemente incentivati a favorire un buon coordinamento dell'attività. 3. La divisione per output fornisce un mezzo per lo sviluppo e l'addestramento delle capacità manageriali globali. Infatti ciascun direttore di divisione deve acquisire una prospettiva generale ed evitare distorsioni specialistiche. 4. il lavoro della direzione generale è alleggerito, a causa del decentramento attuato verso le direzioni divisionali. In questo modo la direzione generale può dedicarsi alla valutazione delle decisioni strategiche che riguardano l'azienda nel suo insieme. I punti di debolezza della struttura pluridivisionale sono: 1. i maggiori costi che vengono sostenuti rispetto al modello plurifunzionale(per l'installazione della struttura, il suo mantenimento etc.)
2. il rischio di un impiego non sempre efficiente delle risorse, ed anche il rischio di una inadeguata attenzione allo sviluppo delle capacità ed al loro utilizzo. 3. in base al sistema di controllo possono derivarne due ordini di problemi: un eccessiva attenzione ai risultati economici di breve periodo a scapito di quelli a medio-lungo.(specie se c'è una frequente rotazione fra dirigenti di divisione) la mancanza di introduzione di innovazioni, il cui esito, in termini economici è sempre incerto, e che quindi rischia di portare ad un esito economico negativo e alla conseguente rimozione del dirigente di divisione dal suo ruolo. Condizione che i i dirigenti di divisione cercano sempre di evitare. 4. infine nel modello pluridivisionale il coordinamento tra le divisioni può essere problematico(competizione tra divisioni, conflitti etc. tutte situazioni da gestire e di difficile eliminazione) Approfondimento sulla struttura a matrice: I punti di forza della struttura a matrice sono: 1. la possibilità di concentrarsi sugli output, pur mantenendo una struttura funzionale. 2. La flessibilità derivante dalla minore presenza di rapporti gerarchici e dalla costante. creazione di organi temporanei con la possibilità di spostare risorse da una divisione all'altra 3. per aziende che hanno a che fare con tecnologie soggette ad un alto tasso di innovazione è presente l'opportunità di utilizzare personale altamente qualificato contemporaneamente in più divisioni. L'unico punto di debolezza della struttura a matrice è dato dai conflitti che possono sorgere tra organi diversi e dagli stati di tensione e insicurezza in cui si possono trovare tanto i direttori(sia di funzione che di divisione) quanto il personale delle unità operative.
Capitolo 3 La struttura organizzativa formale definisce le modalità di divisione e coordinamento del lavoro. Le indicazioni che provengono dal disegno formale però spesso non sono sufficienti; al fine di chiarire meglio ai membri dell'organizzazione ciò che é loro richiesto, qual'è la loro funzione e, ove necessario, incoraggiarli a migliorare la collaborazione, sono utilizzati alcuni strumenti, denominati “meccanismi operativi” o “sistemi operativi”. Abbiamo quindi una struttura organizzativa che definisce gli elementi base relativamente stabili del sistema dei ruoli, mentre i meccanismi operativi stimolano il comportamento dei soggetti per evitare che, tali soggetti, non recepiscano le indicazioni del disegno strutturale. I principali sistemi operativi sono: 1. comunicazione 2. informazione 3. decisione 4. pianificazione, programmazione e controllo 5. coordinamento 6. gestione del personale Tutti sono fortemente correlati tra di loro. Analizziamoli più approfonditamente: A) I sistemi di comunicazione: Sappiamo che gli organi non possono essere isolati, bensì essi devono essere collegati tra di loro per scambiarsi sia dati e notizie sul loro lavoro, sia risorse produttive. Di conseguenza possiamo dire che gli organi devono comunicare tra loro. Di conseguenza il sistema di comunicazioni rende operativo il sistema delle relazioni che legano i vari organi, definito dalla struttura organizzativa formale. La direzione che la comunicazione può avere é di due tipi:
1. Verticale: Questa riguarda gli organi legati da rapporti gerarchici. Esse possono procedere dall'alto(istruzioni, ordini etc.) o dal basso, (resoconti dell'attività eseguita, la richiesta di nuove direttive etc.). 2. Orizzontale: Questa riguarda la comunicazione tra organi di pari livello gerarchico o comunque non in diretto rapporto gerarchico. B) I sistemi informativi: L'informazione é data da un insieme di dati elaborati in modo da aumentare la razionalità di una decisione o di un processo di decisioni. Il sistema informativo a proprio lo scopo di soddisfare, con la produzione di informazioni, le esigenze conoscitive interne ed esterne all'azienda con la massima efficacia ed efficienza. Le informazioni devono possedere certi requisiti per soddisfare le esigenze conoscitive che sono: Il contenuto. Questo deve rispondere alle necessità del soggetto cui le informazioni sono inviate. Il tempo. L'informazione deve essere disponibile al momento giusto. L'efficienza sta nel ridurre al minimo possibile il tempo che intercorre tra la manifestazione del fenomeno e l'elaborazione dei dati relativi. Il luogo. L'informazione dev'essere disponibile dove operano i soggetti ai quali é indirizzata. La forma di presentazione. Questa cambia sia in termini di supporto(documenti scritti, terminali video etc.) sia di tecnica di presentazione(elenchi, grafici, tabelle). Maggiore è la capacità di produrre informazioni rispondenti ai requisiti(quelli appena citati), maggiormente sarà possibile rendere più razionale la fase della decisione e dell'esecuzione dei compiti. In quest'ambito il sistema informativo é da considerarsi un meccanismo operativo. Per svolgere la sua funzione però deve comunque essere adeguatamente articolato in relazione alla struttura organizzativa. Ovvio é il fatto che la tecnologia gioca un ruolo predominante in relazione alla crescita dell'attività umana organizzata. C) I sistemi decisionali Ogni decisione scaturisce da un processo con il quale viene effettuata una scelta tra più comportamenti alternativi. E' necessario che la sua assunzione sia razionalizzata, per renderla più efficiente ed efficace; ciò significa che ogni decisione deve essere il risultato di un processo logico articolato in fasi. Le fasi sono: 1. Identificazione del problema sul quale é necessario operare una decisione. 2. Diagnosi del problema in base alle condizioni esterne di ambiente ed interne d'azienda. 3. Ricerca delle soluzioni alternative. 4. Valutazione e selezione delle alternative. 5. Formulazione della scelta e sua comunicazione ai membri dell'organizzazione interessati. Questo processo è valido per qualsiasi tipo di decisione. Le decisioni si possono distinguere in: decisioni strategiche decisioni tattiche decisioni operative Le decisioni strategiche investono l'attività aziendale nel suo complesso e considerano anche i suoi rapporti con l'ambiente esterno. Hanno per oggetto l'individuazione dei fini da perseguire e la definizione dei comportamenti da assumere per garantine il raggiungimento. Questo tipo di decisioni é di competenza dell'alta direzione che le assume raramente. Sono decisioni di lungo periodo, non strutturabili e formalizzabili, perché riguardano problemi complessi. Le decisioni tattiche riguardano l'identificazione delle risorse produttive di cui l'azienda deve dotarsi e la definizione delle modalità del loro utilizzo. Sono strettamente collegate con quelle strategiche dato che, gradualmente nel tempo, conseguono gli obbiettivi fissati in sede strategica.
Queste decisioni sono assunte piuttosto spesso dall'alta direzione, dai responsabili di funzione e di divisione, oltre che dai loro collaboratori. Sono decisioni di medio periodo, talvolta non strutturabili e formalizzabili. Le decisioni operative riguardano la scelta delle operazioni da compiere per conseguire gli obbiettivi definiti a livello strategico e puntualizzati in sede tattica. Questa tipologia di decisioni viene presa anche quotidianamente dai responsabili delle unità organizzative poste ai livelli gerarchici intermedi e bassi della struttura organizzativa. Sono decisioni di breve e brevissimo periodo, di solito strutturabili e formalizzabili in quanto rivolte ad affrontare problemi con limitate possibilità di scelta. D) I sistemi di pianificazione, programmazione e controllo. Questi sistemi riguardano la razionale formulazione di decisioni strategiche(nei sistemi di pianificazione) e di decisioni tattiche ed operative(nei sistemi di programmazione). Il fatto poi che ogni decisione richiede sempre una verifica comporta la presenza accanto ai due sistemi citati, del sistema di controllo. Possiamo quindi intuire il fatto che questi tre sistemi sono strettamente correlati tra loro. La pianificazione strategica é il processo con cui vengono definite le “strategie aziendali”(anche detti piani di lungo periodo che stabiliscono ed elaborano gli obbiettivi aziendali di lungo periodo), inoltre, tramite la pianificazione strategica, viene stabilita l'assegnazione delle risorse strategiche e sono decise le “condizioni organizzative”(come l'orientamento all'innovazione e all'integrazione); quest'ultima denomina la pianificazione come “variabile organizzativa”. Come abbiamo già detto la pianificazione é seguita dalla “programmazione e controllo”, un meccanismo di guida dell'azione direttiva nel breve periodo; il suo svolgimento comporta: 1. la formulazione di programmi annuali e infrannuali, tipicamente sotto forma di budget, che siano compatibili con gli obbiettivi stabiliti in sede di pianificazione strategica. 2. La verifica, durante lo svolgimento della gestione, del grado di raggiungimento degli obbiettivi di budget e l'identificazione degli eventuali provvedimenti correttivi in caso di scostamento dei dati consuntivi rispetto a quelli preventivi. 3. L'accertamento, in maniera definitiva, a fine esercizio, del grado di raggiungimento degli obbiettivi di budget Nel processo di programmazione c controllo sono strettamente correlate tra loro tre variabili: le unità organizzative gli obbiettivi le risorse Infatti alle unità organizzative vengono assegnati gli obbiettivi da realizzare nel breve termine e le relative risorse. E) I sistemi di coordinamento In sintesi si può dire che i sistemi di coordinamento sono basilari per il buon coordinamento dell'impresa e si traducono in due importanti aspetti: Nell'adeguato impiego di altri sistemi operativi(specie quelli do comunicazione, informazione e decisione) Sia nell'utilizzo di particolari soluzioni organizzative(che variano da impresa a impresa) F) I sistemi di gestione del personale. Questi sistemi hanno per oggetto le attività volte a: Acquisire la disponibilità di personale in qualità e quantità idonea a consentire lo svolgimento dei compiti aziendali. Far in modo che l'impiego del personale segua criteri di efficienza e di efficacia(badando anche di soddisfare gli individui che compongono il personale). I meccanismi operativi più importanti nelle tecniche di gestione del personale sono:
1. i sistemi di selezione: Consentono di individuare le persone più adatte a svolgere determinati compiti e di assegnarvi la relativa posizione organizzativa. 2. i sistemi di formazione e addestramento: Hanno lo scopo di fornire al personale le conoscenze generali e professionali richieste per l'esecuzione dei lavori. 3. i sistemi di valutazione: sono volti ad apprezzare il profilo professionale, le caratteristiche psicologiche, le attitudine e le potenzialità di ogni soggetto e di costruirgli un idoneo percorso di carriera. 4. i sistemi delle ricompense e degli incentivi: sono importanti al fine di incidere sui comportamenti individuali, con premi o sanzioni, in modo da conformarli per quanto possibile alle esigenze aziendali. -Lo stile di leadership può essere inteso come un modello di conduzione dei rapporti fra capi e subordinati.; le modalità di esercizio dell'autorità hanno rilevante influenza sugli atteggiamenti e sull'operato del personale impiegato in azienda. E' importante evidenziare che lo stile di leadership é fortemente correlato alle altre variabili organizzative. Gli stili di direzione possono essere vari a seconda del grado con cui i capi fanno ricorso alla pura autorità o a comportamenti partecipativi. Per definirli distinguiamo due situazioni limite: stile di leadership autoritario, che si incentra quasi esclusivamente sull'autorità dei capi; stile di leadership partecipativo, nel quale anche i subordinati partecipano alla formulazione delle decisioni. Questi stili possono raggiungere particolarità diverse, nel caso dello stile autoritario esso può assumere forme: autocratiche(arbitrarie e violente) burocratiche(impersonali e formalistiche) paternalistiche(nelle quali il capo esercita il suo potere ostentando la familiarità nelle relazioni con il personale) Lo stile partecipativo può assumere forme: democratiche(formulazione delle decisioni da parte del personale accanto ai loro capi) permissivo(con massima autonomia riconosciuta ai dipendenti) Esistono molti altre forme di stile ma queste sono le principali; nessuna di esse si può reputare migliore di altre a priori.
Capitolo 4 Il capitale é definito come il complesso dei beni disponibili per la produzione di altri beni; oppure come il godimento dei beni, tramite il loro uso e consumo. Tale termine è usato anche per altri ambiti (come il “capitale umano”) ma prevalentemente ha significato di ricchezza in senso materiale(e immateriale più che si va avanti con il tempo). I beni si possono distinguere come beni reali e beni formali. I beni reali(o materiali) hanno consistenza fisica e tangibilità. I beni formali(o immateriali), sono privi di consistenza fisica e sono rappresentati da facoltà e diritti di utilizzazione economica, opportunità favorevoli, condizioni positive e potenzialità poco sviluppate. Questa distinzione ci permette di introdurre il primo criterio distintivo adottabile per la classificazione qualitativa del capitale che è quello della attitudine produttiva o idoneità economico-tecnica. Secondo questo criterio il capitale si classifica in: 1. immobilizzazioni: 2. disponibilità: 3. liquidità assieme formano “gli investimenti”.
Le immobilizzazioni costituiscono la dotazione permanente dell'impresa(infatti ad esse appartengono i beni di medio-lunga durata). La cessione dei beni in esse contenute é graduale. Esse si distinguono in: immobilizzazioni tecniche materiali(immobili, fabbricati etc.) immateriali ■ Spese d'impianto: riguardano essenzialmente(ma non solo) la costituzione giuridica di un'impresa, che per essere riconosciuta deve percorrere un iter, guidato da disposizione di legge esistenti in materia. Nelle spese di impianto possono rientrare(accanto agli oneri per la costituzione giuridica in senso stretto) gli oneri incontrati in via subordinata e collaterale, rimanendo esclusi i costi sostenuti per gli impianti, apparecchiature etc.(Con oneri per la costituzione giuridica in senso stretto, si intendono le spese notarili, ecc.)(Con oneri collaterali si intendono le spese per l'acquisto dei libri contabili obbligatori etc.) ■ Avviamento: rappresenta il valore attribuito ad un'impresa funzionante quando questa é oggetto di compravendita e gode di una certa redditività. Tale redditività (o capacità di produrre reddito positivo) si presuppone possa riproporsi nel tempo. ■ Brevetti: consistono nel riconoscimento e nella tutela legale delle invenzioni, passibili di sfruttamento industriale. ■ Copyright e diritti d'autore: considerazioni analoghe alle precedenti, solo che sono operate su opere d'ingegno. ■ Marchi di fabbrica: sono segni distintivi di determinate proprietà dei prodotti o merci che ne sono contraddistinti. I marchi costituiscono il richiamo dell'attenzione del consumatore su determinate caratteristiche dei prodotti e segnalano soprattuto livelli qualitativi di potenziale apprezzamento ■ Concessioni: sono facoltà accordate dallo stato o da enti locali ad imprese private, di esercitare attività economi che che comportano l'utilizzazione di beni pubblici.(il tutto sotto contratto ovviamente) ■ etc. immobilizzazioni finanziarie: sono investimenti a titolo di partecipazioni azionarie e non azionarie e di crediti di finanziamento. I crediti di finanziamento, sorgono a causa di finanziamenti a medio lungo termine di rimborso, concessi a terze imprese nelle forme tecniche dell'operazione di mutuo Le disponibilità contengono tutti i beni che si rinnovano nel breve periodo, almeno una volta nell'esercizio(se non di io). Hanno il carattere della transitorietà, perché a punto la loro utilità si esaurisce in un solo ciclo produttivo. Le disponibilità si distinguono in: tecniche finanziarie Le disponibilità tecniche tipiche dell'impresa mercantile(industriale) sono le merci(materie prime, semilavorati etc). Importanti sono anche gli imballaggi, che possiedono (oltre alla loro funzione di protezione e contenimento del bene) la funzione di veicolo informativo delle caratteristiche del prodotto(talvolta accompagnate da una estetica accattivante, al fine di attirare l'attenzione del consumatore). Importante nelle disponibilità tecniche è la presenza dei titoli; per essi infatti é necessario fare un'importante precisazione. Per essi si intendono Titoli o valori immobiliari che possono essere a reddito fisso(BOT, CCT, BTP etc.(fruttano un interesse a date prestabilite)) oppure a reddito variabile(azioni emesse da società etc.(fruttano un dividendo che è soggetto a variare considerevolmente nel tempo, fino al suo azzeramento nell'arco degli esercizi)). Certo, sembra difficile distinguere le disponibilità tecniche dalle immobilizzazioni finanziarie; il criterio che le distingue(o discrimina) é sempre quello dell'attitudine produttiva, in base al quale un certo pacchetto azionario si qualifica come titoli e non partecipazioni. Per meglio dire, si parla di “titoli” quando manca l'intenzione di influire sulla gestione dell'impresa societaria di cui si possiede il pacchetto azionario(e quindi di disponibilità tecniche); si parla di
“partecipazioni”, quando si ha l'interesse di integrarsi con l'impresa, o quando l'acquisto di quel pacchetto azionario ha un'importanza strategica(vedi il caso delle holding). Disponibilità tecniche e immobilizzazioni formano la categoria degli “investimenti produttivi”, poiché essi sono idonei a svolgere la funzione produttiva(che nel caso di titoli o partecipazioni, viene svolta indirettamente presso imprese terze). Un particolare da evidenziare é che le partecipazioni, sottendono idealmente la quota parte del complesso di investimenti effettuati. Fra gli investimenti produttivi e la liquidità(valori non investiti) si trovano le disponibilità finanziarie, che sono valori non immobilizzati(salvo alcuni casi) me neanche liquidi. A riguardo possiamo dire che lo smobilizzo degli investimenti produttivi si realizza tramite la vendita di merci/prodotti finiti/servizi. Per quanto riguarda lo smobilizzo del capitale investito, esso necessita con una certa frequenza, della concessione di credito(visto che sono necessarie molto spesso dilazioni temporali) che viene denominato “credito di funzionamento”; questo termine deriva dal normale ed ordinario giro d'affari che riflette lo svolgimento dell'oggetto tipico di gestione. Si può infatti dire che le vendite risentono favorevolmente del credito di funzionamento concesso, che si può definire la più antica politica di promozione delle vendite. Infine la liquidità, essa é composta dai valori non investiti, che ancora si trovano nell'impresa. La classificazione dei valori al suo interno segue il criterio della liquidabilità, cioè, l'attitudine degli investimenti a trasformarsi in denaro o in liquidità in tempi brevi ed in modo economico(senza subire perdite). E' ovvio evidenziare che le immobilizzazioni hanno un grado di liquidabilità ridotto, mentre le disponibilità ne hanno uno elevato. Non sempre però la realtà si conforma a questa visione; può capitare che componenti delle disponibilità abbiano un grado ridotto di liquidabilità e viceversa per le immobilizzazioni. Un esempio é dato dalle merci fuori moda, di difficile collocazione sul mercato. Il criterio di liquidabilità e di attitudine produttiva può non coincidere nella classificazione delle componenti già viste. Un esempio é dato dalle molte imprese che per la preoccupazione di perdere vantaggi di competitività attuano un'accorta politica di gestione delle scorte. Ciò spiega la collocazione delle scorte vincolate fra le immobilizzazioni per il criterio dell'attitudine produttiva(il nome preciso è immobilizzazioni funzionali al fine di non confonderle con le immobilizzazioni strutturali o in senso stretto), mentre invece sono collocate nelle disponibilità per il criterio della liquidabilità. E' necessario precisare che le liquidità rappresentano il criterio della liquidabilità nello stadio della sua piena e integrale realizzazione. -Il complesso degli investimenti evidenzia il capitale con cui di fatto “l'impresa funziona”: tale configurazione viene denominata “capitale di funzionamento” o “capitale lordo” per distinguerla dalla configurazione del capitale netto tipica dell'aspetto qualitativo-monetario, tramite il quale le qualità si traducono in valori. Si può affermare che il capitale di funzionamento si commisura al totale dei valori attivi(investimenti) il capitale i funzionamento può esaminarsi sotto il profilo dei finanziamento che hanno consentito di procedere ad effettuare le diverse operazioni di investimento. I finanziamenti si classificano a seconda delle fonti da cui originano in: interni: provenienti da capitale proprio(o di rischio) esterni: provenienti da capitale altrui (o di credito, o di terzi o di prestito) La richiesta di credito da parte delle imprese é un evento necessario finché rimane compresa entro determinati limiti di convenienza economica. Questi stessi limiti, trovano un riferimento oggettivo tra gli oneri finanziari(scaturiti dall'indebitamento) ed i ricavi di vendita, una parte dei quali si deve ritenere conseguita a causa dell'effetto espansivo(effetto “leva”) dei finanziamenti esterni sul giro d'affari delle imprese. Alcuni aziendalisti denominano “capitale di finanziamento” il complesso dei finanziamenti affluiti alle imprese. I finanziamenti si distinguono ulteriormente secondo la scadenza:
Indeterminata per quelli di fonte interna(poiché non si conosce la durata dell'impresa). A lungo, medio(debiti di finanziamento) e breve termine(debiti di funzionamento) di rimborso, per quelli di fonte esterna.
Il capitale proprio è composto da: capitale sociale riserve utile d'esercizio da ripartire Il capitale di credito(o finanziamenti esterni) invece è composto dall'indebitamento complessivo, esso dev'essere distinto: secondo la scadenza. secondo le caratteristiche generali che diversificano le operazioni di finanziamento. Inoltre sempre il capitale di credito é composto da: debiti di finanziamento: servono a far fronte al fabbisogno finanziario consolidato cui non si é potuto o voluto far fronte con il capitale di rischio. debiti di funzionamento: servono a far fronte al fabbisogno finanziario corrente o d'esercizio. Gli investimenti in disponibilità tecniche sono un esempio di contrazione di debiti di funzionamento, tramite i quali si fronteggiano le esigenze finanziarie di breve periodo. Nel confronto tra fonti e impieghi di risorse é necessario, per il buon governo dell'azienda, che si rilevi l'attento controllo su due aspetti complementari fra loro: liquidità: che concerne la solvibilità a breve termine delle aziende. solidità patrimoniale: si riferisce alla solvibilità a media-lunga scadenza. Un ultima nota riguardo alla divisione dei finanziamenti: 1. Per le imprese mercantili sono predominanti i debiti di funzionamento(quindi le disponibilità). 2. Per le imprese industriali sono predominanti i debiti di finanziamento(quindi le immobilizzazioni). -Il capitale sotto l'aspetto quantitativo-monetario si presenta come un sistema di valori che si riflettono nella seguente uguaglianza: Attivo = Passivo + Netto in cui in cui ogni componente analizzata precedentemente è riportata in linguaggio quantitativomonetario: l'attivo è equivalente agli investimenti. il passivo(o passività) è equivalente ai finanziamenti esterni. il netto equivalente è ai finanziamenti interni. E' necessaria una precisazione per “il netto” o capitale netto, esso è definibile come un fondo di valori, paria alla differenza tra valori attivi e valori passivi. Inoltre si tratta di un valore astratto, poiché non possiamo identificarlo concretamente con alcun valore attivo particolare, trovandosi genericamente investito in tutto l'attivo. L'uguaglianza che abbiamo riportato riguarda la struttura patrimoniale di una qualunque impresa in fase di normale funzionamento. I valori attivi si possono analizzare secondo criteri quantitativo-monetari ottenendo: 1. Valori anticipati di costo( o costi pluriennali, sospesi, di differita imputazione)
I valori passivi si possono analizzare secondo criteri quantitativo-monetari ottenendo: 1. valori anticipati di ricavo(o ricavi pluriennali, sospesi, di differita imputazione
2. Valori numerari attivi val. num. att. certi val. num. att. assimilati val. num. att. presunti
2. Valori numerari passivi val. num. pass. assimilati val. num. pass. presunti capitale netto(o fondo di valori)
Per valori anticipati di costo si intendono i costi sostenuti perle acquisizioni di elementi del capitale identificati negli investimenti(immobilizzati e disponibili) I costi si dicono anticipati rispetto al conseguimento dei ricavi, che seguiranno in tempi più o meno lunghi secondo le caratteristiche degli investimenti produttivi. I costi si dicono sostenuti in relazione al valore monetario dato dal prezzo di acquisto(o altro valore se diversamente determinato); tale valore è pari ai movimenti di moneta in uscita dalla cassa e/o dalla banca. Le acquisizioni possono seguire vie diverse che vanno dall'acquisto dei beni sul mercato, al conferimento o all'apporto, o alla costruzione in economia dei beni stessi etc. Tuttavia lo scambio sul mercato per acquisti da terzi costituiscono la via di acquisizione normalmente praticata. Ogni soluzione per l'acquisizione di un bene comporta un diverso grado di certezza dei costi anticipati. Un grado molto elevato é dato dall'acquisto presso terzi, identificabile nel prezzo d'acquisto. Questa certezza svanisce nel momento in cui si verificano costi di senseria, causati dall'intervento di intermediari nella negoziazione complessiva, di assicurazione e nolo etc. poiché questi ulteriori costi sono da redistribuire secondo criteri soggettivi. Il grado di incertezza é molto più marcato in quei beni che sono ottenuti tramite costruzione in economia o tramite apporto. In ogni caso il relativo grado di certezza svanisce, dal momento in cui il bene entra all'interno dell'impresa(sia che venga utilizzato o meno), poiché viene ridotto il costo originario del medesimo in rapporto al grado della sua partecipazione al processo produttivo del reddito. Di conseguenza stabilire in quale misura si é degradato il valore dell'immobilizzazione tecnica, anche nell'ipotesi che ne sia mancato l'utilizzo, costituisce un compito di grande responsabilità per gli organi decisionali. La valutazione dei costi pluriennali o costi comuni a più esercizi si presenta infatti molto incerta a causa dell'estensione temporale che occorre ipotizzare come durata utile dei fattori produttivi immobilizzati. I costi comuni nello spazio, derivano dalle coordinazioni economiche che coinvolgono nel tempo e e nello spazio l'intero sistema azienda. Abbiamo detto che le immobilizzazioni tecniche partecipano indirettamente alla formazione del reddito, nel senso che ciò avviene attraverso la cessione graduale di utilità e servizi che si incorporano nei prodotti finiti. Tale contributo dà luogo alla stima delle cosiddette quote di ammortamento. Danno origine a costi pluriennali anche le immobilizzazioni finanziarie che evidenziano, situazioni di potenziale o effettivo controllo di terze imprese per mezzo di partecipazioni al loro capitale e operazioni di finanziamento a titolo di capitale di prestito concesso a medio-lungo termine. I costi anticipati relativi alle scorte di prodotti/materie si dicono anche costi sospesi o costi comuni a due esercizi, poiché si riferiscono ai valori delle rispettive rimanenze rilevate alla fine dell'esercizio e sospese dall'insieme dei costi d'esercizio. Appartengono ai valori anticipati di costo i risconti attivi, rimanenze contabili di costi già sostenuti nell'esercizio ma che vengono rinviati al futuro in proporzione alla loro differita competenza economica.
-Nell'analisi dei valori attivi, incontriamo i valori numerari che si distinguono in: certi: questi corrispondono agli elementi qualitativi del capitale dati dalla liquidità. Hanno un carattere di certezza in quanto la loro valutazione avviene mediante il conteggio di unità monetarie.
assimilati: questi comprendono crediti di funzionamento, caratterizzati da un certo rischio di inesigibilità, che grava sull'effettiva trasformazione dei crediti in denaro contante senza perdite.
Presunti: sono molto simili ai valori assimilati, ma si differenziano da essi poiché sono rappresentati da crediti verso clienti e cambiali attive espresse in valuta estera. Questi valori oltre che possedere l'incertezza tipica dei valori assimilati, possiedono un ulteriore grado di incertezza dovuta al rischio di cambio(oscillazioni sfavorevoli della valuta presa in considerazione). Il rischio di cambio é un rischio “bilaterale” poiché le condizioni sfavorevoli derivate da un'eventuale oscillazione possono essere a carico di una qualsiasi delle due imprese.
Analizzando meglio i valori numerari certi, vi troviamo: la consistenza di cassa (si intende il valore monetario con l'attitudine ad essere quantitativamente determinato da valori effettivi o da una stima che che rifletta correttamente la formazione del valore) le somme di denaro depositate in banca(senza vincolo di ammontare e senza preavviso) valori bollati assegni circolari vaglia postali Si sostiene inoltre che gli unici valori consistenziali in senso stretto sono i valori numerari certi. Gli assegni(non circolari) ricevuti in pagamento non costituiscono valori numerari certi, poiché sussiste il rischio di una loro insufficiente copertura. L'eventualità che l'assegno risulti emesso “a vuoto” e quindi sia non riscuotibile per mancanza o insufficienza di fondi fa si che l'assegno bancario venga usato essenzialmente per pagamenti “su piazza”. Un assegno emesso “a vuoto” e' soggetto a protesto e alle procedure cambiare di recupero degli effetti insoluti. Gli assegni circolari invece sono un titolo di credito che la banca emette dietro versamento dell'importo per il quale ne viene richiesta l'emissione. In questo modo il titolo é al di fuori del rischio di furto e di appropriazione indebita in seguito al suo smarrimento. E' necessario esplicitare che non possono concepirsi valori numerari certi passivi, poiché in situazioni di crisi d'impresa l'illiquidità comporterà all'azzeramento della cassa e del contante depositato in banca con eventuale crescita dell'esposizione debitoria. Abbiamo notato che gli scambi commerciali possono essere effettuati con diversi di metodi di pagamento, questi nel tempo hanno subito una mutazione notevole da punto di vista qualitativo. Analizzando meglio i valori numerari assimilati vi troviamo: crediti verso clienti crediti v/i dipendenti per acconti sulle retribuzioni crediti v/i fornitori per anticipi crediti v/l'erario crediti v/l'amministrazione finanziaria dello stato per le imposte da rimborsare crediti v/terzi (comprendono tutti gli altri soggetti non riferibili alle categorie precedenti) Per quanto riguarda i crediti verso clienti questi assumono il nome di “crediti verso clienti e cambiali attive” essendo che queste due forme sono la voce predominante di tutti i valori numerari assimilati. Abbiamo inoltre detto che i crediti di funzionamento derivano dall'ordinario giro d'affari che rispecchia lo svolgimento dell'oggetto tipico di attività economica.
A fronte dei crediti, che sorgono durante lo svolgimento dell'attività economica, la maggior parte delle imprese ha l'obbligo di emissione di fattura. La fattura é il documento, comprovante il sorgere del credito, che l'impresa venditrice emette dopo aver provveduto alla consegna o spedizione delle merci oppure alla resa del servizio. La fatturazione è obbligatoria ai sensi della normativa tributaria in materia di IVA(imposta sul valore aggiunto). I crediti di funzionamento presentano di regola altri caratteri che sono: 1. il breve termine di scadenza(fino a 4 mesi) 2. gli interessi impliciti che, in relazione al pagamento differito, sono incorporati al valore nominale 3. la possibilità di un loro pronto smobilizzo col ricorso all'operazione bancaria di sconto di effetti commerciali. E' utile aprire una piccola parentesi sulla natura dei titoli di credito attribuita alle cambiali. Le cambiali sono un un titolo esecutivo: alla scadenza in caso di mancato pagamento, produce gli stessi effetti di una sentenza passata in giudicato, per cui si può immediatamente dar corso all'azione esecutiva contro i beni del debitore al fine del recupero del credito. La cambiale si distingue in cambiale pagherò cambiale tratta Nel pagherò, una persona(emittente) si impegna a pagare una certa somma ad un'altra persona(prenditore o beneficiario) nel luogo e alla scadenza indicata nel titolo. Nella tratta una persona(traente) ordina ad un'altra persona(trattario) di pagare ad una terza persona(beneficiario) una determinata somma alla scadenza e nel luogo definito. Il beneficiario è lo stesso traente quando la tratta è emessa <<all'ordine mio proprio>> E' obbligatorio l'uso della carta bollata; la carta con bollo irregolare non perde la qualifica di titolo cambiario, ma solo di sua efficacia di titolo esecutivo. La scadenza della cambiale può essere: 1. a vista, se pagabile all'atto della presentazione. 2. a certo tempo data, se pagabile dopo un certo numero di mesi o di giorni dalla data di emissione. 3. a certo tempo vista, se pagabile dopo un certo tempo dalla data di accettazione da parte del trattario. 4. A giorno fisso, se pagabile in una data precisa. L'accettazione é l'atto con il quale il trattario assume l'obbligo di pagare la cambiale alla scadenza; essa viene compiuta apponendo la firma sul documento oppure la parola “accetto” seguita dalla firma. Con l'accettazione la cambiale diventa titolo esecutivo nei confronti del trattario. La cambiale si trasferisce mediante girata, atto con il quale una persona(girante) trasferisce ad un altra(giratario) la proprietà della cambiale con tutti i diritti ad essa relativi. In caso di mancato pagamento l'ultimo possessore della cambiale può avvalersi sull'obbligato principale, oppure su uno dei suoi avvallanti (persona che fa da garante nel caso di mancato pagamento); oppure può rivolgersi contro gli “obbligati sussidiari”(traente, giranti e loro avvallanti), “promuovendo azione cambiaria di regresso”. L'azione di regresso é subordinata alla constatazione del mancato pagamento, tramite la “levata del protesto”, atto con il quale un pubblico ufficiale(notaio, ufficiale giudiziario etc.) effettua la constatazione(secondo modalità di legge). L'ultimo possessore dell'effetto insoluto e protestato, può agire contro uno qualunque dei firmatari senza seguire l'ordine delle girate. A questo punto viene effettuata una “tratta di rivalsa” nei
confronti di uno degli obbligati cambiari, per l'ammontare pari al valore della cambiale, più eventuali spese di protesto e interessi. Chiusa questa parentesi diamo un veloce sguardo alle ricevute bancarie. Esse rappresentano un mezzo di pagamento molto usato, previsto come forma di regolamento finanziario di fatture commerciali. Le Ri.ba sono delle semplici quietanze che attestano al debitore che le riceve l'avvenuto pagamento delle fatture cui si riferiscono. Esse NON SONO TITOLI DI CREDITO, ma solo un pratico strumento di pagamento. Analizzando più approfonditamente i valori numerari presunti, dobbiamo fare una considerazione: A causa delle variazioni giornaliere dei cambi, si è verificato il nascere di un mercato valutario a pronti, e di un mercato valutario a termine. Le valutazioni sul mercato valutario “a pronti” riflettono le negoziazioni di compravendita di divise estere che danno luogo ad effettiva consegna delle divise stesse; le quotazioni sul mercato valutario “a termine” riflettono, invece, acquisti e vendite di divise per consegna futura o differita ed indicano valori approssimativi delle tendenze di futuri andamenti valutari a breve scadenza(massimo sei mesi) L'utilità delle quotazioni a termine, si trova nella segnalazione della tendenza al rialzo o al ribasso dei cambi per determinate scadenze. Per operazioni di smobilizzo crediti, servizi creditizi di assistenza e consulenza, servizi assicurativi creditizi e amministrativo-contabili, le imprese possono rivolgersi alle aziende di factoring, aziende parabancarie che possono chiamarsi “factor”. Il factoring é un'operazione mediante la quale la cessione del credito può avvenire: 1. pro-solvendo(con rivalsa del factor sull'impresa esportatrice, nel caso di insolvibilità del debitore estero) 2. pro-soluto(senza rivalsa sull'impresa esportatrice, in caso di insolvibilità del debitore estero) Si riportano ai valori numerari presunti attivi i valori del c/fatture da emettere, rilevati in sede di scritture d'assestamento, in relazione a merci vendute per le quali non si é ancora provveduto a fatturazione nell'imminenza di chiusura dell'esercizio. -I valori passivi si riferiscono genericamente ai debiti contratti a vario titolo che nel complesso formano i finanziamenti esterni. Ora dimostriamo la distinzione tra debiti di finanziamento e di funzionamento. La prima spiegazione sulla diversa natura delle due tipologie di debito, si trova nella loro origine. I debiti di finanziamento trovano origine in una certa somma di denaro, disponibile per un determinato periodo di tempo, che costituisce un fattore produttivo, oggetto di autonoma negoziazione(sia questo un mutuo o altro). I debiti di funzionamento trovano origine nel contratto di compravendita di beni e servizi per il pagamento dei quali sia previsto un regolamento dilazionato(almeno in parte). L'indebitamento generale comporta quindi una controprestazione pecuniaria dilazionata rispetto alle prestazioni ottenibili dalla disponibilità dei beni e servizi oggetto di compravendita. La seconda spiegazione sulla diversa natura delle due tipologie di debito si trova nella loro durata. La scadenza dei debiti di finanziamento può superare facilmente il decennio; il rimborso è effettuato secondo un piano di ammortamento finanziario. Sono richieste garanzie reali. La scadenza dei debiti di funzionamento non supera qualche mese; il rimborso é dilazionato secondo accordi. Sono tendenzialmente richieste garanzie personali, ma talvolta anche garanzie reali.
Se i debiti di finanziamento contratti , costituiscono i componenti più rappresentativi dei valori anticipati di ricavo(vedi lo schema a pag 28), in questa categoria si ricomprendono altri componenti qualificanti (come i fondi ammortamento)che complessivamente svolgono la funzione contabile di rettificare o correggere alcuni dei valori iscritti fra le attività patrimoniali. -Analizziamo i valori passivi. Prima di tutto é necessario specificare che i debiti di funzionamento si estendono fino a ricomprendere i debiti verso le banche a breve termine. Gli anticipi ricevuti dai clienti, i debiti verso l'erario, i debiti verso i terzi, sono tutti esempi di valori numerari passivi assimilati. I valori numerari passivi presunti sono rappresentati da: debiti verso i fornitori e cambiali passive espresse in moneta estera accantonamenti ai fondi per spese future(fondo imposte e tasse, fondo TFR etc.) che esprimono debiti non ancora liquidi, ma in corso di maturazione accantonamenti ai fondi rischi(fondo sval. Crediti, fondo deprezzamento magazzino etc.) i valori del c/fatture da ricevere rilevati in sede di scritture d'assestamento(per merci acquistate di cui ancora non si possiede la fattura dai fornitori) Le diverse tipologie di fondi(ad eccezione dei fondi per spese future e del fondo svalutazione cambi) possono essere indicati come poste sottrattive delle attività alle quali si riferiscono. -La differenza tra totale attività e passività si denomina “capitale netto”. Questo misura il capitale di rischio dell'impresa. Il reddito che si forma, se di segno positivo, può essere in parte più o meno rilevante destinato alla distribuzione e, per il residuo, alimentare la crescita del capitale netto; Nelle imprese societarie il capitale netto si scompone in tre parti fondamentali 1. capitale sociale 2. fondi di riserva 3. utile o perdita d'esercizio. Il fondo di riserva intende generalmente l'eccedenza del capitale netto sul capitale sociale, cioè la differenza tra capitale effettivo e capitale nominale.
Capitolo 5 La gestione è la vita dell'azienda nella sua successione di 1. atti(scelte e decisioni) 2. fatti(operazioni aziendali, conseguenti agli atti) La gestione deve quindi reputarsi un fenomeno di dinamica economica, forte del potere di adattamento dell'impresa al mondo esterno ad essa, con movimenti di azione e reazione alla variabilità dell'ambiente e del mercato. Si può quindi definire la gestione come “un processo di ricambio tra mezzi economici e mezzi finanziari attivato dall'azione coordinata di organi personali” (carattere della dinamicità) L'effetto del ricambio economico-finanziario(o lucrativo-numerario) è quello di rinnovare e rigenerare le energie aziendali; questo effetto trova sintesi nei fenomeni dei costi-ricavi, entrateuscite. (carattere dell'unitarietà) Il reddito, scaturito dalla somma tra costi e ricavi, costituisce un fenomeno riassuntivo della dinamica economica e lucrativa dell'impresa(da non confondere con liquidità o esposizioni debitorie)(carattere della redditività) Il reddito si viene formando solo in seguito ai fatti di gestione esterna (acquisizione di fattori produttivi, cessioni di beni e servizi etc.). I fatti di gestione interna riguardano l'aspetto tecnico-
produttivo della gestione, che pur avendo una sua indubbia importanza, non può tradursi nell'aspetto economico e finanziario della gestione. Ogni volta che le vendite e gli acquisti sono regolati a dilazione o a termine o a scadenza, è sfasato il ricambio finanziario rispetto a quello economico; poiché i crediti e i debiti verso i fornitori si realizzeranno in riscossioni e pagamenti solo alle scadenze pattuite. E dal momento che il rispetto dell'equilibrio finanziario dev'essere sempre soddisfatto, le entrate e le uscite(immediate e future) devono avvenire in modo da non pregiudicare la solvibilità dell'impresa. Infine abbiamo la necessità dell'impresa di programmare la gestione, in modo da raggiungere coordinatamente e uniformemente gli obbiettivi prefissati(carattere di programmabilità) Riassumendo i caratteri della gestione sono: dinamicità unitarietà redditività programmabilità -Le funzioni del ricambio economico-finanziario hanno il carattere della ciclicità della gestione. In questo modo si distingue il ciclo economico dal ciclo finanziario; ma non solo. Esiste un'ulteriore distinzione tra ciclo economico “ costi e ricavi” e ciclo economico a “ricavi e costi. Il ciclo economico viene chiamato “a costi e ricavi” quando i fenomeni economici sono alternati in un ciclo che vede sorgere prima il sostenimento dei costi sul conseguimento dei ricavi. Il ciclo economico viene chiamato “a ricavi e costi” quando i fenomeni economici sono alternati in un ciclo che vede sorgere prima il conseguimento dei ricavi sul sostenimento dei costi. Maggiormente si verifica la ciclicità a costi e ricavi, poiché caratterizzata dalla più elevata numerosità delle gestioni mercantili, industriali e di molti generi di servizi. Le imprese caratterizzate da una ciclicità a ricavi e costi sono le gestioni assicuratrici e le gestioni di servizi d'intermediazione finanziaria. Ovvio che una ciclicità a ricavi e costi alleggerisce molto il fabbisogno di capitare d'esercizio o circolante, in base al grado in cui le entrate precedono le uscite di moneta. Il carattere ciclico della gestione, si afferma e si svolge con un decorso temporale che ne segna l'inizio e la fine. L'inizio del ciclo economico di un impresa ha luogo quando si dà corso alla gestione operativa con l'approvvigionamento dei primi lotti di merci o materie prime etc. Il ciclo economico di conseguenza continua per un intervallo di tempo durante il quale si sviluppa la sequenza della produzione tipica delle imprese. I tempi tecnici necessari alla produzione tipica identificano all'interno del ciclo economico un ciclo “tecnico produttivo”(o ciclo tecnologico) la cui lunghezza varia notevolmente, in base al tipo d'impresa ma anche in base alla categoria di impresa.(all'interno delle imprese industriali si identifica anche un “processo di trasformazione tecnica”) Infine, il ciclo economico ha termine con il conseguimento dei ricavi al momento della vendita delle merci(prodotti o servizi). Il ciclo finanziario invece ha inizio con l'uscita monetaria misuratrice del costo ed ha termine con l'entrata monetaria misuratrice del ricavo. Abbiamo già evidenziato come lo sfasamento tra ciclo economico e finanziario derivi dalle dilazioni su acquisiti e vendite. Queste dilazioni danno origine al cosiddetto “credito di fornitura” o “credito mercantile”.
Individuata l'influenza dei tempi tecnici del ciclo produttivo, sull'intera durata del ciclo economico e del ciclo finanziario, bisogna esaminare il ritmo e l'intensità dei due cicli. Ritmo e intensità dipendono dalla: dinamica ambientale e di mercato(specialmente nei periodi di più acuta congiuntura economica) direzione aziendale Molto importante é il concetto di struttura aziendale, essa è data dalla combinazione di risorse materiali(come gli investimenti immobilizzati) e immateriali(come le “risorse umane”). La struttura aziendale assorbe perciò quei caratteri di rigidità tipici delle risorse materiali e immateriali, che entrano in contrasto con i caratteri di generale variabilità della domanda. Per quanto una gestione possa rivelarsi ottimale in un dato periodo, non appena le variazioni della domanda si fanno più sensibili ecco che emergono nuovi interrogativi, che riguardano la qualità del prodotto, le quantità da produrre, il prezzo da proporre etc. In questo contesto si inseriscono le politiche di gestione. La politica di gestione è un insieme di operazioni di gestione che hanno lo scopo di proporre risposte plausibili a tali interrogativi, in modo da attenuare la tendenziale rigidità della struttura aziendale e contenere la variabilità della domanda espressa dalla clientela e dall'utenza dei beni e servizi prodotti. Nell'attuazione di un'accorta politica di gestione le imprese cercano: 1. di ricorrere alla “esternalizzazione” di quelle attività che non rientrano nel “core business” dell'impresa, cioè quelle attività che non sono al centro dei disegni strategici. 2. Nel caso delle imprese segnate da caratteri di stagionalità, le politiche di gestione tentano di destagionalizzare la domanda per limitare gli effetti negativi della stagionalità. Per analizzare meglio le politiche di gestione è necessario distinguere le imprese di servizi dalle imprese di produzione: Nelle imprese di produzione: la produzione dei beni avviene in anticipo e le scorte di beni materiali consentono di adeguare nel breve andare l'offerta alla domanda. Nelle imprese si servizi: la produzione di beni avviene contestualmente alla richiesta della clientela e le scorte di beni materiali non consentono di adeguare nel breve andare l'offerta alla domanda. La gestione presenta tratti di una problematicità che si rinnova nel corso delle principali fasi della sua esistenza: 1. fase istituzionale 2. fase di funzionamento 3. fase terminale Nella fase istituzionale vengono risolti i complessi problemi che si riferiscono alla costituzione giuridica e l'impianto economico-tecnico di una nuova impresa. Nella fase di funzionamento si svolge l'attività aziendale, le problematiche qui si trovano soprattuto nel mantenere l'impresa al passo con i tempi, trovando nuove soluzioni a nuovi e vecchi problemi. Nella fase terminale, si procede alla liquidazione dell'impresa e alla sua cessazione. E' evidente che in fase istituzionale chi si fa promotore della nuova iniziativa imprenditoriale ha già provveduto in fase di ideazione del progetto aziendale, ad inquadrare i problemi derivanti dalle varie fasi(quantomeno fino a quella di funzionamento), concependo alcune soluzioni. -Sappiamo che il reddito é l'incremento(o decremento) che il capitale netto subisce per effetto della gestione. Il reddito si determina con riferimento a singole frazioni della gestione contenute in intervalli temporali di durata annuale. Questi intervalli si chiamano “esercizi” da cui l'espressione “reddito d'esercizio”, con la quale s'intende il reddito che deriva dal complesso di operazioni aziendali delimitato dal periodo annuale. Non sempre tale periodo coincide con l'anno solare. Il reddito é determinabile in via sintetica, come differenza tra il valore del capitale netto alla fine dell'esercizio e il valore del capitale netto la''inizio dello stesso esercizio.
Il reddito diventa determinabile in via analitica, come somma algebrica di componenti positivi(ricavi) e componenti negativi (costi) di competenza economica dell'esercizio. Il documento dal quale si trae conoscenza analitica della sua formazione è il bilancio d'esercizio: Esso é composto da 3 parti: Stato patrimoniale Conto Economico Nota integrativa Il conto economico presuppone la tenuta delle rilevazioni in partita doppia della contabilità generale e la redazione dell'inventario; C.E e S.P. Sostanzialmente coincidono. La nota integrativa completa il bilancio; il suo contenuto é informativo. Essa integra le informazioni già riportate dai primi due documenti del bilancio d'esercizio. Il reddito d'esercizio è una grandezza variabile perché dipende dalla dinamica economica aziendale, a sua volta legata alla dinamica economica generale e influenzata dalle variazioni ambientali. Si può dire quindi che il reddito é un valore: differenziale: perché scaturisce dalla differenza tra ricavi totali e costi totali; astratto: perché risulta difficile stabilire un riferimento diretto del suo valore con specifiche poste dell'attivo, visto che esso risulta investito in modo diffuso nel complesso delle attività. Inoltre il reddito è aleatorio(incerto), perché sottoposto al rischio generico d'impresa. Esso è incerto nella sua determinazione perché dipende da un processo di valutazioni e stime; di fatti ha natura economica. Il reddito potrebbe essere considerato certo solo nell'ipotesi di rinviarne la determinazione al momento della cessazione dell'impresa. Per la determinazione del reddito totale esistono tre possibili modi(o vie) che sono: 1. confronto tra valore del capitale di liquidazione finale ed il valore del capitale di costituzione iniziale. 2. somma algebrica di ricavi totali e costi totali 3. eccedenza delle entrate totali sulle uscite totali In realtà il reddito che l'impresa tende a voler determinare é dato dal reddito d'esercizio; cioè il reddito di cui abbiamo parlato sopra. Per l'individuazione del reddito d'esercizio è necessario conoscere la fondamentale distinzione fra costi e ricavi d'esercizio e costi e ricavi anticipati(o in conto capitale. Partendo da costi d'esercizio e anticipati: essi corrispondono ai valori dei fattori produttivi utilizzati nel corso dell'esercizio. Tra i valori dei fattori produttivi rientrano anche i servizi utilizzati che possono essere: servizi in senso stretto:prestazioni di lavoro umano servizi in senso lato: utilità scaturite per effetto del funzionamento dei vari fattori produttivi materiali. Nel loro sostenimento i costi d'esercizio possono risultare da: 1. costi già sostenuti in esercizi passati, ma in parte di competenza economica dell'esercizio in corso. 2. costi sostenuti nell'esercizio in corso e di relativa competenza economica 3. costi da sostenere in esercizi futuri, ma in parte di competenza economica dell'esercizio in corso . Inoltre no si può evitare di considerare costi d'esercizio anche i valori attribuibili ai servizi che avrebbero potuto essere utilizzati, ma che non lo sono stati(per le più svariate motivazioni).
I costi anticipati corrispondono ai valori dei servizi ancora da utilizzare. In aggiunta ai costi pluriennali rappresentativi delle immobilizzazioni(immobili, impianti, mobili e arredi, automezzi etc.), i costi anticipati originanti le attività patrimoniali si completano con i costi sospesi, rappresentativi delle disponibilità economico-tecniche( rimanenze di merci/materie prime/prodotti finiti/titoli, risconti attivi etc.) La teoria funzionale, usata fino ad ora per distinguere i costi d'esercizio e i costi anticipati, ricerca la competenza economica dei costi e determina quindi la sua attribuzione all'esercizio al fine di determinare il reddito. Inoltre, ogni qual volta la manifestazione finanziaria precede di uno o più esercizi la competenza economica si stabilisce una relazione tra costi d'esercizio e costi anticipati. C'è da dire che l'iscrizione fra i fondi del passivo del fondo ammortamento, svolge una funzione correttiva che con procedimento il diretto non si evidenzia chiaramente a causa della compensazione delle partite contabili. Per quanto riguarda invece i costi da sostenere negli esercizi futuri, ma da imputare in tutto o in parte all'esercizio in corso, vale sempre il principio di competenza economica. Per quanto riguarda gli oneri di futura manifestazione finanziaria é necessario evidenziare la nozione di ratei in generale e di ratei passivi. I ratei passivi costituiscono la contropartita contabile di quote di costi di competenza economica dell'esercizio, che altrimenti non sarebbero rilevabili, poiché le uscite misuratrici dei costi avranno luogo solo nell'esercizio successivo. Si può anche dire che i Ratei sono delle uscite numerarie presunte, che misurano quote di costi già maturati e quindi di competenza economico dell'esercizio che sta per chiudersi, ma non ancora sostenuti. I risconti attivi, come già sappiamo, sono quote di costo pagate in via anticipata. Questi permettono di correggere i valori già rilevati contabilmente nel momento del sostenimento dei costi. I ratei passivi/attivi rientrano tra le scritture di integrazione. I risconti attivi/passivi rientrano tra le scritture di rettificazione. Quindi riassumendo: 1. Attraverso la rilevazione dei ratei si rilevano costi e ricavi precedentemente non contabilizzati. 2. Attraverso la rilevazione dei risconti si capitalizzano costi e ricavi precedentemente contabilizzati come costi o ricavi d'esercizio. -Per quanto riguarda i ricavi d'esercizio e i ricavi anticipati i concetti si ripropongono in maniera leggermente diversa. I ricavi d'esercizio corrispondono, ai valori delle produzioni erogate o dei servizi venduti nell'esercizio; possono risultare: 1. già conseguiti in precedenti esercizi, ma in parte di competenza economica dell'esercizio. 2. conseguiti nell'esercizio in corso e di relativa competenza economica. 3. da conseguire in esercizi futuri, ma in parte di competenza economica dell'esercizio in corso. Un esempio del primo caso, è dato dalle plusvalenze, realizzate in esercizi precedenti ma da ripartire in quote costanti in più esercizi. Le plusvalenze si formano in relazione alla vendita di beni costituiti da attività immobilizzate. La sostituzione/dismissione di impianti, macchinari etc., sono all'origine delle plusvalenze, che emergono dalla differenza tra il prezzo di realizzo e il valore contabile(o valore residuo contabile). Le plusvalenze sono considerati ricavi a carattere straordinario, poiché derivanti dalla vendita di beni che hanno destinazione diversa da quella commerciale.
I ricavi anticipati corrispondono ai valori delle produzioni erogate o dei servizi venduti, ma ancora da fornire(risconti passivi ad esempio). Secondo un'altra interpretazione, della distinzione fra costi e ricavi d'esercizio e costi e ricavi in conto capitale, il procedimento di individuazione del reddito d'esercizio tende al al rinvio al futuro esercizio di quei costi e ricavi che non hanno reciproca correlazione. Questa teoria di correlatività tra costi e ricavi d'esercizio considera i ricavi come reintegrazione di costi ed i costi come presupposto dei ricavi. Restano quindi a contrapporsi i costi e i ricavi d'esercizio, dalla cui somma algebrica si determina il segno e la misura del reddito(utile o perdita). In questo senso contribuisce la valutazione del capitale al termine dell'esercizio che si svolge in sede di redazione dell'inventario di funzionamento. Nello Stato Patrimoniale, il reddito d'esercizio si mostra indirettamente come variazione in aumento (o in diminuzione) che il capitale subisce per effetto della gestione. Il reddito inoltre costituisce il punto di unione tra il conto “profitti e perdite”(Conto economico) e Stato Patrimoniale. Ulteriore punto di concordanza tra S.P. e C.E. Che sono le rimanenze finali e i ratei e risconti. Il conto profitti e perdite mostra come si è formato il reddito. Il flusso di valori con il quale il reddito si identifica, presuppone che l'attività al 31/12(o altra per le società) si “fermi”, poiché identifica il reddito in quell'esatto momento. I ratei e risconti che abbiamo già evidenziato come “artifizi contabili” idonei a determinare parte dei costi e ricavi di competenza economica d'esercizio, essi però sono anche lo strumento con il quale il flusso reddituale viene separato in: compiuto(la parte relativa all'esercizio) e incompiuto(la parte che viene rimandata al futuro) Ovviamente la determinazione del reddito non può essere effettuata senza una preventiva valutazione dei presumibili flussi reddituali degli esercizi futuri. All'interno del conto economico la forma a scalare, permette di evidenziare come i ricavi si formano, e come vengono piano piano consumati dai costi, fino a determinare i vari risultati intermedi che sono: reddito operativo(reddito dato da Ricavi – alcuni Costi) risultato prima delle imposte(reddito prima delle imposte calcolate) risultato al netto delle imposte(o reddito d'esercizio) -Sappiamo che l'ammortamento é il processo contabile con il quale un costo sostenuto in via anticipata, viene ripartito tra gli esercizi durante i quali si estende la presunta vita utile di una determinata immobilizzazione. Con le quote di ammortamento quindi si tende a rettificare il valore del bene al valore “consistenziale”(cioè all'effettivo valore residuo). Detta consistenzialità è però relativa, visto che l'ammortamento si basa su elementi molti incerti che sono: il costo anticipato la presunta vita utile dell'immobilizzazione(poiché è data da una congettura circa il presumibile grado di utilizzo futuro del bene, oltre che dalle variazioni ambientali e di mercato che potrebbero portare il bene a diventare obsoleto ben prima del periodo in cui si considera “completamente utilizzato”) l'eventuale valore di realizzo al momento della dismissione del bene, materiale o immateriale che sia.(valore che potrebbe sussistere come no, di conseguenza viene azzerato in fase di valutazione). L'ammortamento rientra nella categoria degli accantonamenti da costi d'esercizio. Sia che l'ammortamento avvenga indirettamente(con l'uso del fondo ammortamento) o indirettamente(con il decremento diretto del valore del bene), i valori delle quote di ammortamento
che i ricavi dovrebbero essere in grado di reintegrare, sono reinvestiti nell'attività produttiva complessiva. La determinazione di quei valori riflette i metodi adottati per procedere all'ammortamento dei costi anticipati. I metodi di ammortamento sono di diverso tipo: metodi matematici metodo delle quote costanti(preferito dall'amministrazione finanziaria dello stato) metodo delle quote variabili(crescenti o decrescenti) metodi non-matematici metodo delle stime periodiche metodo delle ore di lavoro o delle unità di prodotto metodo delle quote proporzionali al reddito d'esercizio Quelli consentiti dal legislatore sono solo il metodo a quote costante e il metodo a quote decrescenti. Per quanto riguarda le quote di ammortamento fiscalmente deducibili(che possono essere diverse da quelle effettuate dall'amministrazione) i coefficienti relativi all'ammortamento ordinario fiscalmente ammessi in deduzione sono stabiliti con decreto del ministro delle finanze pubblicato sulla gazzetta ufficiale. Tali coefficienti sono dimezzati il primo anno. Nell’esercizio in cui i beni entrano in funzione e nei due successivi, è ammessa la possibilità di effettuare “l'ammortamento anticipato”, cioè può essere riconosciuta fiscalmente una quota di ammortamento aggiuntiva per i primi tre anni. Naturalmente, poiché per la prima quota l’ammortamento ordinario è ridotto alla metà, anche l’ammortamento anticipato non potrà superare la metà del coefficiente ordinario. -Molto spesso capita che, una volta che i beni strumentali sono stati ammortizzati e dismessi, il valore che é necessario corrispondere per sostituirli, é superiore al loro costo storico. Questo per due ragioni: l'innovazione tecnologica, che comporta un contenuto sempre più innovativo nei beni stessi l'inflazione che comporta (normalmente) una diminuzione del potere d'acquisto della moneta Una soluzione(parziale) al problema é la costituzione e incremento di un fondo di riserva,(di solito chiamato “f.do rinnovamento e ampliamento macchinari/impianti/attrezzature diverse). Un ultima nota é necessaria per sottolineare che una volta che i beni sono dismessi e venduti(anche in permuta), questi possono dar luogo ad: una plusvalenza straordinaria: cioè un ricavo di natura straordinaria. Straordinaria perché causata dalla vendita di beni che, normalmente, costituiscono fattori produttivi. immobilizzati. una minusvalenza straordinaria: cioè un costo di natura straordinaria (sempre per i motivi già detti sopra) questo valore deriva dalla differenza tra il valore contabile(costo storico – quote di ammortamento) e il prezzo di vendita. Nel caso in cui il valore contabile sia più alto del prezzo di vendita, si rileverà una minusvalenza; nel caso in cui il valore contabile sia più basso del prezzo di vendita si rileverà una plusvalenza. --
Capitolo 6 Le operazioni di: acquisto dei fattori produttivi trasformazione tecnica ed economica
cessione sul mercato dei beni/servizi prodotti presentano una dimensione economica e una dimensione finanziaria. I fenomeni economici e finanziari di gestione si presentano come flussi di costi e ricavi, di entrate e di uscite monetarie, continui nel tempo. Pertanto le operazioni di gestione presentano diversi caratteri: la ciclicità: perché si ripetono nel tempo, formando un anello continuo. la dinamicità: perché si sviluppano nel tempo la correlazione fra comparto economico e finanziario: perché i valori numerari sono la base di valutazione di quelli economici. la continuità: perché le operazioni di gestione che riguardano aspetti economici e finanziari, si sviluppano con flussi continui nel tempo. la contemporaneità: perché in azienda si svolgono contemporaneamente diversi cicli economico-finanziari di produzione. Ovviamente é necessario che le condizioni di equilibrio dei flussi finanziari ed economici siano verificate sia PREVENTIVAMENTE(nei piani e programmi aziendali) e CONSUTIVAMENTE(sulla base dei dati contabili passati). Una situazione di equilibrio risulta da una tendenziale uguaglianza fra flussi di valori economici(positivi e negativi)nell'aspetto economico e flussi di valori monetari(entrate e uscite) nell'aspetto numerario. -L'equilibrio finanziario, è determinato dalla capacità dell'impresa di adempiere ai proprio impegni finanziari(pagamento di debiti) con i mezzi finanziari già attualmente liquidi o che realizzerà con la riscossione di crediti. Equilibrio finanziario saldo iniziale di cassa + riscossioni di periodo = pagamenti di periodo + saldo finale di cassa L'equilibrio finanziario è importante sia verificato per periodi brevi, in quanto le risorse monetarie per effettuare i pagamenti devono essere disponibili alle scadenze pattuite. La liquidità e' la capacità di disporre, periodo dopo periodo, dei mezzi monetari per far fronte ai pagamenti. La liquidità deve esistere in ogni momento affinché si possa giudicare buona la situazione finanziaria -L'equilibrio economico, é determinato dalla capacità dell'impresa di far fruttare i redditi, conseguendo nel periodo flussi di ricavi che coprono i flussi dei costi con un margine di profitto(che sarà più o meno considerato “normale” a seconda dai livelli di reddito ricercato) l'equilibrio economico si può esprimere con la seguente equazione: q.ta dei fattori produttivi * prezzo dei fattori produttivi + utile medio del periodo = q.tà dei prodotti ottenuti * il prezzo dei prodotti ottenuti. Utile normale= remunerazione del capitale di investito + rem. dell'attività imprenditoriale + rem. del rischio di impresa a livelli ritenuti soggettivamente soddisfacenti(tenendo sempre presente la remunerazione che verrebbe se il capitale fosse investito diversamente) -Nella dinamica delle operazioni di gestione, non vi è coincidenza fra il tempo di sostenimento del costo e quello del pagamento(stesso discorso per ricavi e riscossione), quindi gli equilibri e squilibri dei due comparti gestionali non coincidono in un determinato periodo di tempo.
In un periodo pluriennale uno squilibrio economico negativo che non sia eliminato con opportuni provvedimenti di politica aziendale, porta alla cessazione dell'attività e alla eliminazione dell'impresa dal mercato per liquidazione, fallimento o altra procedura concorsuale. Uno squilibrio sia questo economico o finanziario, nel lungo periodo trascina l'altro; di fatti la gestione è unitaria, i due comparti economico e finanziario della gestione, sono continuamente comunicanti. -La capitalizzazione dei redditi futuri attesi conduce al valore economico del capitale. Esso é dato dalla redditività dell'impresa, cioè dalla sua capacità potenziale di produrre redditi futuri. Possiamo inoltre dire che:
Vedere il libro per esempi(pagina 275) -Attualizzando l'eccedenza del reddito rispetto a quello atteso normale troviamo il sovrarreddito. Analizzando quest'ultimo si valuta l'avviamento dell'impresa. L'avviamento è dato dalla capacità dell'impresa di produrre redditi superiori a quelli normali, in relazione ad altre imprese operanti alle stesse condizioni. Il buon avviamento aziendale può essere determinato dai seguenti elementi: localizzazione dell'attività presso i mercati di approvvigionamento di materiali e/o vendita di prodotti; disponibilità nel mercato locale del lavoro delle necessarie prestazioni qualificate di lavoro; utilizzo di un brevetto di successo; marchio di qualità della produzione; impiego di tecnologie progredite; attività economica di un mercato di vendita in fase di espansione; una assidua clientela, puntuale nei pagamenti; un organico di lavoratori dipendenti specializzati, esperti, motivati, e con un certo grado di anzianità; elevata abilità manageriale dell'imprenditore; buona immagine dell'azienda per correttezza e onestà economica comprovata in molti anni di attività; e altri aspetti minori(troppi per essere presi in considerazione). Il valore economico del capitale e il valore dell'avviamento divengono oggetto di scambio, sono monetizzati e rilevati nella contabilità generale e nel bilancio d'esercizio, solo nel caso di cessione dell'azienda ben avviata.
Allora il valore economico del capitale misura il valore di cessione; esso è superioer al valore del capitale netto di bilancio ordinario d'esercizio, proprio perché vi è aggiunto il valore dell'avviamento. Infine, il valore dell'avviamento è una fattispecie di riserva occulta che determina un valore economico del capitale superiore a quello contabile.
Capitolo 7 Il costo (fenomeno che interessa molti aspetti, in quanto comprende elementi tecnici, economici e sociali) è stato ed è tuttora oggetto di studio di molte discipline. Secondo la concezione economicoaziendale, il costo è una espressione sintetica di tutte le spese che devono essere reintegrate in modo che il capitale d'impresa sia ricostituito nella misura preesistente al sostenimento delle spese. La gestione di ogni impresa, si compone di tre momenti tipici(provvista, trasformazione e scambio) o più formalmente di “tre classi di processi caratteristici della qualità generica d'impresa. Più nel dettaglio, in primo luogo abbiamo l'approvvigionamento dei beni e dei servizi necessari allo svolgimento dell'attività aziendale e, quindi, un insieme di operazioni che mira ad assicurare la disponibilità dei fattori della produzione, tramite contratti di compravendita, locazione, etc. Questo processo genera costi di acquisto misurati da variazioni numerarie passive, definendone l'importo in maniera incontrovertibile. Ovviamente questa misurazione viene meno(sostituita da una stima) nel caso in cui i fattori produttivi provengano da: permute costruzioni in economia(anche se in questo caso il costo si riconnette alle variazioni numerarie passive che hanno misurato i costi delle vari risorse acquistate per la realizzazione), apporti(si intende di altri valori stimati ovviamente, l'apporto di contanti, ad esempio, non è frutto di una stima, mentre l'apporto di un impianto costruito in economia si.) Segue la trasformazione cioè l'impiego nel processo produttivo dei beni e servizi, al fine di ottenere nuovi prodotti o di preparare servizi destinati a terzi. Questo momento può precedere il sostenimento dei costi di approvvigionamento(visto che la fattura può pervenire dopo che le materie sono entrate in magazzino con dei tempi anche piuttosto lunghi). La trasformazione genera costi d'impiego dei fattori produttivi, i quali richiedono un'appropriata misurazione in termini monetari. Tali costi si riferiscono alla trasformazione nei caratteri economico-tecnici dei fattori durevoli, materiali e immateriali e dei i fattori materiali transitori(le scorte); questo perché da energie potenziali e singole si “trasformano” in energie operanti e composite. Questo comporta una stima che viene effettuata utilizzando la quantificazione(traduzione per capire= essendo che tutti i fattori produttivi vengono usati per la produzione(macchinari, semilavorati, impianti, fabbricati etc.) questi danno la loro utilità, tutti, dal primo all'ultimo, perché una piccola parte del macchinario si usura per la produzione di un unità del bene prodotto, il fabbricato altrettanto gli impianti la stessa cosa, mentre i “fattori materiali transitori” vengono impiegati interamente. La massa dei costi che genera questo processo, va sotto il nome di “costi di impiego”). Questi costi sono stimati quando la loro quantificazione avviene prima della relativa variazione numeraria,o quando, pur essendosi già manifestata, il valutatore è chiamato a stabilire discrezionalmente la porzione, del costo sostenuto, da ritenersi espressiva del grado di utilizzo di dati fattori. Diventa quindi interessante analizzare l'aggregazione dei costi d'impiego, cioè la somma dei valori attribuiti alle varie risorse utilizzate per una determinata attività. Abbiamo infine lo scambio sul mercato dei prodotti, rivelando l'incremento di valore che il precedente processo ha portato nella ricchezza impiegata. E necessario specificare che l'oggetto di riferimento dei costi è dato, per sommi capi, da ciò di cui si intende calcolare il costo.
L'oggetto di costo può essere: tanto un'attività produttiva(in senso lato), quanto un risultato fisico-tecnico parziale. Nel primo caso l'oggetto può avere varie dimensioni spaziali, come ad esempio: l'intera attività di trasformazione l'intera attività di distribuzione una o più fasi di lavorazione quando l'impresa converte le materie prime in prodotto finito tramite successive fasi ognuna delle quali, ad eccezione dell'ultima, origina un semilavorato. Alle operazioni di un certo tipo, svolte in un centro operativo(o centro di costo). Nel secondo caso, l'oggetto si identifica nel prodotto, oppure nel servizio, e quindi, sotto il profilo quantitativo, in una o più unità di uno stesso prodotto o di uno stesso servizio. Da un punto di vista qualitativo è importante lo stadio di perfezionamento del prodotto stesso. -Esistono due criteri per la valutazione dei costi speciali e comuni: Il primo criterio (detto anche criterio funzionale) si ricollega alla relazione funzionale esistente tra i costi dei fattori e gli oggetti di costo. Abbiamo così 1. costi speciali: Si considerano speciali infatti i costi delle risorse produttive che partecipano esclusivamente all'oggetto al quale viene rapportato il calcolo del costo.(esempio dato dal costo della materia produttiva utilizzata solo per un tipo di prodotto) 2. costi comuni: sono i costi dei fattori che concorrono allo svolgimento di più coordinazioni produttive, visti come diversi oggetti di imputazione dei costi.(costo della materia prima che serve alla fabbricazione di più tipi di prodotto) Il secondo criterio distingue i costi in base alla possibilità o meno di misurare in modo oggettivo il consumo del fattore produttivo impiegato per un certo oggetto di costo. Abbiamo così: 1. costi speciali: quelli imputabili per intero all'oggetto al quale sono collegati da un esclusiva relazione di funzionalità e che possono essere attribuibili agli oggetti tramite la misurazione dei volumi fisici d'impiego dei rispettivi fattori ai quali è possibile applicare appropriati <<prezzi>> unitari. 2. costi comuni: dati solo da quei costi che possono essere assegnati agli oggetti di riferimento, mediante una ripartizione che resta sempre soggettiva. In un contesto prettamente operativo, troviamo una distinzione dei costi in diretti e indiretti. Premesso che un costo è considerato diretto quando si può e si reputa conveniente misurare in modo oggettivo il consumo del fattore produttivo a cui si riferisce; non tutti i costi speciali sono considerati diretti, ma alcuni si preferisce farli rientrare tra i costi indiretti, per ripartirli in maniera soggettiva(magari perché meno laboriosa e onerosa). Mentre tutti i costi comuni sono indiretti. (il libro da qui va verso filosofie astratte ed esempi, quindi integro con la definizione dei costi diretti e indiretti(altrimenti non riportata)) Costi diretti sono quei costi facilmente imputabili ai beni (merce) acquistati. I costi indiretti sono invece quei costi non imputabili direttamente ai prodotti, perché inerenti spese generali, riguardanti cioè l’Azienda nel suo complesso. -Importante distinzione dei costi dei fattori produttivi è quella che contrappone i costi fissi ai costi variabili. Per distinguerli si fa riferimento al volume di produzione(o quantità di prodotti che l'impresa elabora in un certo tempo) e al prezzo di acquisizione dei fattori produttivi.
Questo si ritraduce in un costo fisso o variabile di quel fattore il cui prezzo ha carattere di costanza o variabilità. Fissi, sono quei costi il cui importo non varia al mutare del volume di produzione. Variabili, sono invece quei costi il cui importo varia al mutare del volume di produzione Poniamo come limite superiore della dimensione produttiva, la massima capacità produttiva che il sistema aziendale presenta. In questo modo per giudicare se un costo è costante o variabile, lo si deve considerare escludendo ogni possibilità di aumento della produzione oltre la massima capacità produttiva. Per questo il costo è fisso solo se la sua entità non muta entro il limite superiore. Superatolo, il costo subisce un incremento(perché, ad esempio, sarà necessario acquistare un altro macchinario, che richiederà un altro canone leasing) rimanendo tale fino a che non sarà necessario introdurre altra capacità produttiva. Da questo concetto si snoda quello di costo costante, esso é dato dall'incremento dovuto al superamento della massima capacità produttiva (che comporterà l'aumento dei costi fissi) e si manifesta, sul grafico cartesiano, con un aumento netto.(il caso delle attrezzature con il leasing di prima, se si volesse aumentare ulteriormente la produzione oltre la nuova massima capacità produttiva, sarebbe necessario un nuovo macchinario con relativo contratto di leasing, che comporterebbe(in una situazione ideale) un aumento identico al precedente e quindi costante). I costi variabili possono essere: 1. proporzionali: aumentano in proporzione all'aumento del volume produttivo. 2. degressivi: aumentano in proporzione inferiore all'aumento del volume produttivo. 3. progressivi aumentano in proporzione superiore all'aumento del volume produttivo. 4. regressivi: aumentano in proporzione inferiore all'aumento del valore produttivo. Oltre certe soglie addirittura tendono a diminuire. Costanza e variabilità non sono qualità connaturate nei costi, bensì dipendono da una serie di elementi che sono relativi e che rendono altrettanto relativa una distinzione in tal senso. Esemplificando esistono i vincoli dettati: dal criterio di distinzione adottato e dalla ampiezza delle oscillazioni di del volume produttivo all'interno del quale si esamina il comportamento dei costi; dalle modalità di approvvigionamento e impiego di certi fattori produttivi; dalle tecniche di imputazione di alcuni costi all'oggetto considerato; C'è da evidenziare anche l'esistenza dei costi: semivariabili semicostanti essi sono influenzati da due circostanze diverse: 1. la struttura del prezzo di acquisizione del fattore produttivo(e' evidente che possono esserci costi che hanno una porzione costante e una variabile, come avviene nel tipico caso dei servizi la cui erogazione è regolata da condizioni che originano oneri solo parzialmente commisurati alla quantità acquistata e impiegata.) 2. le modalità di utilizzo del fattore produttivo.(e' evidente che risulta semivariabile il costo dei fattori il cui impiego ha un legame solo parziale con la quantità prodotta.) C'è da dire che esistono costi che all'interno di ogni intervallo produttivo, si mantengono costanti pur mutando il grado di attività, per poi registrare un incremento più o meno ampio una volta superata la soglia di tale intervallo(il fenomeno dell'incremento a sbalzi per intenderci). Questa tipologia di costi semivariabili, diversamente dai costi fissi, scattano già all'interno della capacità produttiva(mentre i costi fissi solo una volta che la capacità produttiva viene superata) -Il costo del prodotto non ha significato univoco, ecco quindi che emergono le varie “configurazioni di costo”. Si ha una “configurazione di costo” quando si considera la somma progressiva di
elementi di costo al fine di evidenziare informazioni di costo che possono essere utili per le decisioni sulla gestione. Ecco quindi che emergono le varie configurazioni di costo, che sono, andando gradualmente con l’addensarsi dei costi: Costo primo = tutti gli oneri di natura strettamente produttiva, assegnabili in maniera oggettiva al prodotto; questi oneri sono soprattutto rappresentati dal costo delle materie prime e della manodopera diretta. Costo industriale = costo primo(che è formato solo da costi speciali) + costi comuni di produzione. Questo è detto costo di produzione o anche industriale o di fabbrica. Costo complessivo = costo industriale + tutti gli oneri che l’azienda sostiene(all’infuori degli oneri figurativi) Costo economico-tecnico = costo complessivo + oneri figurativi. Concludiamo definendo gli oneri figurativi: essi sono oneri che l’impresa non sostiene finanziariamente e che corrispondono a rinunce o mancati introiti da parte dei soci che hanno messo a disposizione dell’impresa proprie risorse( ad esempio capitale, lavoro, etc.) senza ottenere una specifica remunerazione. Trattandosi di costi “virtuali”, essi corrispondono comunque a dispendi di utilità richiesti dai processi produttivi e devono dunque essere presi in considerazione nei calcoli di convenienza economica comparata.
Nota del riassuntore: La parte terza del libro ho deciso di NON riassumerla per due motivi fondamentali: I: E’ fatta molto bene di suo; altamente comprensibile e di facile “digestione” II: Riassumendola rischierei sia di sintetizzare cose che NON vanno sintetizzate, sia di rendere complesso ciò che è riportato in maniera piuttosto semplice. Buono studio a tutti.