Made in RDC

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UNIRSMDESIGN 7 UNIRSM

UNIRSMDESIGN 7 Made in RDC

Progetto Istruzione e produzione artigianale: promuovere e agevolare la diffusione dell’istruzione e valorizzare la produzione artigianale locale nell’area di Lubumbashi, distretto del Katanga, Repubblica Democratica del Congo. Finanziato nell’ambito del Programma di partecipazione alle attività degli Stati membri per il 2010-2011 (riferimento Unesco CL/3906).

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Project Education and handicraft production to promote and foster widespread education and to cultivate local handicraft production in the area of Lubumbashi, Katanga district, Democratic Republic of Congo. Funded as part of the Participation Programme in the activities of Member States for 2010-2011 (UNESCO reference CL/3906).

Istruzione, produzione artigianale, design nella Repubblica Democratica del Congo Education, handicraft production, design in the Democratic Republic of Congo

ISBN

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO UNESCO

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO

COMMISSIONE NAZIONALE SAMMARINESE PER L’UNESCO

UNIVERSITÀ IUAV DI VENEZIA CORSO DI LAUREA IN DISEGNO INDUSTRIALE

Commissione sammarinese Unesco Commission of San Marino to UNESCO Università degli Studi della Repubblica di San Marino / Università Iuav di Venezia, Corso di laurea in Disegno industriale Undergraduate Programme in Industrial Design


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Made in RDC Istruzione, produzione artigianale, design nella Repubblica Democratica del Congo Education, handicraft production, design in the Democratic Republic of Congo

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO

COMMISSIONE NAZIONALE SAMMARINESE PER L’UNESCO


Comitato scientifico Scientific Committee

Olga Barmine, Alberto Bassi, Alessandra Bosco, Massimo Brignoni, Fiorella Bulegato, Riccardo Varini / Università degli Studi della Repubblica di San Marino; Luigi Guerra / Università di Bologna Responsabili del progetto Project managers

Alberto Bassi, Massimo Brignoni, Riccardo Varini / Università degli Studi della Repubblica di San Marino Coordinatore del progetto Project coordinator

Massimo Brignoni / Università degli Studi della Repubblica di San Marino Borsa di studio e ricerca Study and research scholarship

Chiara Belardinelli / Università degli Studi della Repubblica di San Marino Collaboratori Collaborators

Massimo Barbierato, Andrea Bastianelli, Mauro Cazzaro, Tommaso Lucinato, Pietro Renzi / Università degli Studi della Repubblica di San Marino Referente Unesco UNESCO refrenes

Patrizia Di Luca / Commissione sammarinese Unesco UNESCO Commission of San Marino Responsabili di progetto per associazioni e club Project managers for the associations and clubs

Padre Claudio Forcellini / Missione Padre Marcellino di Lubumbashi, RDC Marco Casali / Associazione Carità senza Confini onlus, Repubblica di San Marino Mara Verbena / Club Soroptimist, Repubblica di San Marino Marcello Bollini / Club Lions, Repubblica di San Marino

si ringraziano

Padre Claudio Forcellini, gli insegnanti e gli alunni delle scuole Les Buissonnets della Missione Padre Marcellino. L’Associazione Amka onlus e Amka Katanga per il coordinamento e organizzazione del lavoro artigianale. Le istituzioni sammarinesi per il supporto costante a tutte le iniziative, in particolare Romeo Morri, segretario di Stato alla Cultura e Istruzione, Francesca Michelotti, direttore dei Musei di Stato e Patrizia Di Luca, presidente Commissione sammarinese Unesco, Sebastiano Bastianelli, direttore Uoc Servizio salute mentale Iss. Le associazioni sammarinesi Carità senza Confini, Lions e Soroptimist rispettivamente nelle persone di Marco Casali, Marcello Bollini e Mara Verbena. La direttrice Séraphine Mbeya Nawet, il professor Kiat Wandand e gli studenti dell’Académie des Beaux Arts di Lubumbashi. I docenti, il personale amministrativo e gli studenti dell’Università degli Studi della Repubblica di San Marino, in particolare il rettore Giorgio Petroni, la coordinatrice del Dipartimento di Economia e Tecnologia Valeria Bronzetti, la responsabile di segreteria Maria Grazia Pasquinelli. L’Università di Bologna nella persona di Luigi Guerra, preside della Facoltà di Scienze della formazione. Un particolare ringraziamento e saluto a Hilaire Kalenga, responsabile del progetto cooperative per Associazione Amka Katanga, recentemente scomparso.

with special thanks to Father Claudio Forcellini, the teachers and students of the Les Buissonnets school at the Padre Marcellino Mission. The non-profit Associazione Amka Onlus and Amka Katanga for the coordination and organization of the handcrafting work. The institutions of San Marino for the unwavering support in all these initiatives, in particular Romeo Morri, Secretary of State for Culture and Education, Francesca Michelotti, director of the State Museums and Patrizia Di Luca, president Commission of San Marino to UNESCO, Sebastiano Bastianelli, director Uoc Mental Health Services Iss. The associations in San Marino Carità senza Confini, Lions and Soroptimist respectively in the persons of Marco Casali, Marcello Bollini and Mara Verbena. Director Séraphine Mbeya Nawet, Professor Kiat Wandand and the students of the Académie des Beaux Arts of Lubumbashi. The teachers, the administrative personnel and the students of the Università degli Studi della Repubblica di San Marino, in particular the rector Giorgio Petroni, the coordinator of the Economics and Technology Department Valeria Bronzetti, the director of the secretarial offices Maria Grazia Pasquinelli. The University of Bologna in the person of Luigi Guerra, dean of the Faculty of Educational Sciences . We would especially like to thank and pay our respects to Hilaire Kalenga, director of the cooperatives project for the nonprofit organization Associazione Amka Katanga, recently passed away.


PRESENTAZIONI

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INTRODUCTIONS

Il sistema congolese dell’istruzione primaria Congo’s system of primary education

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Romeo Morri Patrizia di Luca Padre Claudio Forcellini

Marcella Mondini 38

RICERCA PER IL PROGETTO UNESCO

Le Cooperative artigianali nella produzione locale del Katanga The crafting Cooperatives in the local production of Katanga

RESEARCH FOR UNESCO PROJECT

Giulia del Bosco 12

Università e progetti di cooperazione internazionale

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Dall’ideazione alla realizzazione From conception to construction

The University and international cooperation projects

Chiara Belardinelli

Alberto Bassi MADE IN RDC 15

Giocattolo e ambiente Toys and the environment

WORKSHOP

Luigi Guerra 44 20

Andare a scuola migliora la vita?

Educational materials and toys for nursery and elementary schools

Does going to school make life better?

Sebastiano Bastianelli 22

Materiali e giochi didattici per le scuole dell’infanzia e primarie

Progettare nel Sud del mondo

PRODUZIONE

Designing in the Global South

PRODUCTION

Massimo Brignoni 66 26

Pensare all’infanzia. Transizione a piccoli passi Designing for children. Growing step by step

Riccardo Varini CONTESTO, DESIGN E PRODUZIONE CONTEXT, DESIGN AND PRODUCTION

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Obiettivi, fasi e risultati del progetto Goals, phases and results of the project

Massimo Brignoni, Riccardo Varini

Produzione dei giochi selezionati con le cooperative artigianali del quartiere La Ruashi, Lubumbashi Production of the selected toys by the handcraftiing cooperatives in the district of La Ruashi, Lubumbashi


Romeo Morri

segretario di Stato alla Cultura e Istruzione secretary of State for Culture and Education

Il progetto Istruzione e produzione artigianale nasce da una sorta di programma collettivo che vede comprimari le istituzioni e la società civile. Lavorano fianco a fianco l’Università, le associazioni e i club service sammarinesi, sotto l’egida dell’Unesco. Un progetto che nasce prima dal cuore e poi dall’intelletto. Non donarmi un pesce, insegnami a pescare, suggerisce un noto aforisma africano. Lo sguardo corre verso il Congo, a Lubumbashi, nel distretto del Katanga dove da anni opera padre Marcellino. In tanti anni e sacrifici è riuscito a erigere una scuola dell’infanzia e una scuola primaria, dove i bambini ricevono, oltre alle lezioni, anche cure e cibo. Occorreva fare il salto di qualità, pensare alle esigenze formative del plesso scolastico Les Buissonnets. Ed ecco allora che si è pensato di valorizzare le competenze degli artigiani e i materiali reperibili in loco per realizzare oggetti, attrezzature e giochi didattici, pressoché inesistenti in queste zone. Da qui avviare una produzione seriale, quindi con una valenza economica, eventualmente esportabile in altre realtà scolastiche. Entrano in gioco le capacità progettuali dell’Università. Come era già successo in Ruanda, dove l’antica tecnica dell’intreccio vegetale usata dalle donne è stata dirottata verso la realizzazione di gioielli, grazie al nostro Corso di Disegno industriale. Il primo impatto con la realtà africana quasi stordisce per la totale mancanza di tutto. Sembra una impresa impossibile. Ma l’obiettivo è troppo ambizioso e importante per queste giovani generazioni. I temi proposti vengono approfonditi e integrati, la progettazione viene intensificata e concentrata nel tempo. Viene bandita una borsa di studio e organizzato un workshop. Ne scaturisce una produzione originale, fortemente innovativa, perfettamente funzionale all’obiettivo prefissato, che viene messa in mostra in successive occasioni, prima di essere portata in Congo per testare i giochi e prendere contatto con gli artigiani locali per la produzione seriale. Anche i risultati finali vengono allestiti in una rassegna sammarinese predisposta per divulgare gli esiti del progetto che ora viene raccontato e diffuso con questo libro. Ad ulteriore dimostrazione di come il termine istruzione possa essere coniugato con successo con ricerca, formazione e, soprattutto, solidarietà internazionale. 6

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The project Education and handicraft production grew out of a kind of collective programme that gathered together institutions and civil society. The University, the associations and the service clubs in San Marino all worked together under the aegis of UNESCO. This project sprang first from the heart and then from the mind. Don’t give me a fish, teach me to go fishing, suggests a famous African saying. We looked towards Congo, to Lubumbashi in the district of Katanga where Father Marcellino has been working for many years. It has taken many years and much sacrifice, but he has succeeded in building a nursery and elementary school, where the children receive not only an education, but health care and food as well. It was time for a leap forward, to think of the educational needs of the Les Buissonnets school complex. The idea was to cultivate the skills of the craftsmen and the locally-available materials to create educational objects, equipment and toys, which are practically non-existent in these areas. And from there, to begin a small production, with economic results, that could be exported to other schools. This is where the design capacities of the University came in. As in past projects in Rwanda, where the ancient technique of weaving grass perpetuated by the women was oriented towards the creation of jewellery, thanks to our Industrial Design Programme. The initial impact with Africa is something of a shock, because it lacks everything. The proposition seems impossible. But the goal is too ambitious and important for these young generations. The starting themes were developed and expanded, the design phase was intensified and concentrated in time. A scholarship was assigned and a workshop organized. The result was an original, highly innovative production, perfectly functional and responding to the initial goal, which was shown on exhibit on several occasions before being taken to Congo to test the games and toys, and make contact with the local craftsmen who would manufacture them. The final results were also displayed in an exhibition at San Marino, organized to publicize the results of the project which will now be illustrated and diffused in this book. Yet another demonstration of how the term education may be used to successfully coalesce research, training, and above all, international solidarity.


Patrizia Di Luca

presidente Commissione sammarinese Unesco president Commission of San Marino to UNESCO

Da alcuni anni l’Unesco ha invitato gli Stati ad avere un’attenzione particolare verso il continente africano perché presenta esigenze alle quali è necessario offrire risposte concrete non più rinviabili. L’attenzione che l’Unesco vuole sollecitare tuttavia non è rivolta solo ai problemi dell’Africa, ma anche alla valorizzazione delle sue risorse, alla sua ricca diversità, alle sue potenzialità. Il progetto Istruzione e produzione artigianale corrisponde a queste indicazioni poiché, attraverso una cooperazione autentica la cui azione finale ha origine da un effettivo scambio di competenze tra i soggetti partner, vuole contribuire a promuovere un’istruzione di qualità per tutti, obiettivo prioritario fissato anche dalla campagna Millennium Development Goals lanciata dall’Assemblea delle Nazioni Unite. Il progetto ha inoltre attivato una rete di collaborazioni interne alla Repubblica di San Marino, coinvolgendo istituzioni pubbliche e società civile, rappresentata dai club service Lions e Soroptimist e dall’associazione Carità senza confini. I materiali e i giochi didattici sono stati elaborati, con grande sensibilità e creatività, partendo dalla conoscenza e dall’analisi di alcune realtà scolastiche congolesi e ruandesi. La realizzazione è stata poi affidata ad artigiani congolesi, sia per offrire una possibilità di reddito, sia – soprattutto – per rispettare e favorire metodologie di lavoro proprie della comunità locale. Agli obiettivi didattici si è così aggiunto il valore del “saper fare” intrinseco alle tecniche artigianali tradizionali che trasmettono competenze e significati. I risultati finali del progetto sono ora utilizzati nelle scuole di Lubumbashi e dal prossimo anno saranno presenti anche nelle scuole della Repubblica di San Marino. Questo progetto è stata un’occasione per approfondire la conoscenza di alcuni aspetti socioculturali ed economici della Repubblica democratica del Congo e per verificare che costruire relazioni basate sul riconoscimento di “uguale dignità e diritti” è fondamentale per far nascere azioni efficaci di cooperazione.

In recent years UNESCO has invited countries to pay greater attention to the African continent, which has needs to which it is crucial to provide practical responses without further delay. The attention that UNESCO wishes to foster is not focused just on Africa’s problems, but also on the cultivation of its resources, of its great diversity, of its potential. The project entitled Education and handicraft production complies with these indications because, within an authentic experience of cooperation the final action of which originates in a true exchange of expertise between the partners, its goal is to help promote quality education for everyone, a priority objective also established by the Millenium Development Goals campaign launched by the United Nations Assembly. The project has also activated a network of collaborations within the Republic of San Marino, involving public institutions and the civil society, represented by the Lions and Soroptimist service clubs and the association Carità senza Confini. The educational materials and toys have been designed with great sensibility and creativity, based on an understanding and analysis of several schools in Congo and Rwanda. The manufacturing phase was then entrusted to craftsmen in Congo, offering them the possibility to earn an income, and – above all – to respect and encourage working methodologies that are typical of the local communities. The educational objects were thus complemented by the value of the “know-how” intrinsic to the traditional crafting techniques, which pass down skills and meanings. The final results of the project are now being used in the Lubumbashi school and starting next year will also be available in the schools of the Republic of San Marino. This project has provided an opportunity to explore the knowledge of certain social, cultural and economic aspects of the Democratic Republic of Congo, and to prove that building relationships based on the recognition of “equal dignity and rights” is fundamental for generating effective cooperation efforts.

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Padre Claudio Forcellini

responsabile Missione Padre Marcellino, Lubumbashi, RDC head of the Padre Marcellino Mission, Lubumbashi, RDC

Lubumbashi, 4 febbraio 2012. In questo momento, sono le 14,30, mi raggiungono nel mio ufficio centinaia di urla che salgono al quinto cielo. Sono grida di giubilo di ragazzi e ragazze che assistono, partecipandovi coralmente, a sfide sportive, giochi e dimostrazioni di bravura dei loro compagni e amici di classe. Non ne sono affatto irritato, anzi, sento le mie viscere vibrare all’unisono con una gioia che non saprei ben definire. Queste grida sono per me un inno alla gioia (anche se non proprio quello di Beethoven), un inno alla libertà; sono espressione spontanea di vita, affermazione dei propri diritti a ‘giocare’ un posto pertinente ed efficace nella società di domani. Sono felice di vedere coronato così l’investimento di molte energie spese nella realizzazione del progetto scolastico Les Buissonnets. Quanto sto vivendo in questo momento è, per me, ulteriore conferma dell’importanza della scuola per la vita dei bambini e dei giovani. Fra i fattori che intervengono nell’educazione della gioventù – famiglia, ambiente, cultura, religione, istruzione – il ruolo della scuola è estremamente essenziale, preponderante e indiscutibile. E sono davvero convinto che l’avvenire della persona umana e della società dipenda sempre più dalla formazione ricevuta nei lunghi anni di scuola, anche in queste regioni fortemente ancorate a sistemi ancestrali di vita e organizzazione tribale. Il mondo è in costante evoluzione anche in Africa, in Congo e nei quartieri popolosi situati a destra e a sinistra della Route Kansimba, alla periferia di Lubumbashi. È la scuola che offre i quadri e gli spazi necessari per la crescita armoniosa umana, sociale, civile, religiosa, intellettuale e professionale degli uomini e delle donne di domani. È su educazione e formazione che si gioca l’avvenire del Congo, come di ogni Paese al mondo. Investire sulla gioventù è investire per un futuro migliore della società. Il binario su cui corre necessariamente il treno del futuro è la scuola! La nostra popolazione scolastica quest’anno è di 1.700 alunni, a partire dai più piccoli della scuola materna fino ai giovani della secondaria; ma è destinata a crescere ancora gli anni a venire. Ricevo e applaudo di cuore tutte le iniziative miranti a portare un contributo all’opera educativa e formativa dei giovani, come il progetto promosso dall’Università degli Studi di San Marino e 8

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finanziato dall’Unesco. I sussidi didattici ricevuti e messi a disposizione della scuola, particolarmente delle classi dei più piccoli, permettono un’accelerazione nel risveglio della facoltà di riflessione e un incentivo allo sviluppo del quoziente intellettuale. E ciò è molto importante. In fondo in fondo, senza essere presuntuoso, penso che i benefici e l’arricchimento di una tale esperienza non siano stati a senso unico; credo, infatti, che il contatto diretto con la realtà scolastica africana e il suo contorno abbia permesso un arricchimento di conoscenze ed esperienze anche per gli studenti e i ricercatori che in prima persona si sono recati a Lubumbashi e per tutti gli studenti universitari che si sono confrontati con la nostra realtà. Il ritornello dell’inno del complesso scolastico Les Buissonnets canta “Les Buissonnets, toujours plus haut… plus haut!” (Les Buissonnets, sempre più su… sempre più in alto!). È quanto mi è già dato di toccare con mano. L’avvenire confermerà tali speranzose previsioni con risultati ancora più palpabili e consolanti. Lubumbashi, 4 February 2012. It is currently 2:30 in the afternoon, from my office I can hear hundreds of voices shouting up to the fifth heaven. These are the cries of joy of boys and girls watching, with unanimous participation, as their friends and classmates compete in sports, games, and displays of talent. I am not in the least irritated; on the contrary, I feel my insides vibrate in unison with an elation I cannot quite define. To me these cries are an ode to joy (though not exactly like Beethoven’s), a hymn to freedom; they are a spontaneous expression of vitality, the assertion of their right to ‘play’ a real and meaningful role in the society of the future. I am happy to see that the great effort we invested in building the project for the Les Buissonnets school has proved so rewarding. What I am experiencing in this moment is, for me, further confirmation of the importance of school in the life of children and adolescents. Of the many factors that influence the education of young people – the family, the environment, culture, religion, instruction – the role of education is particularly vital, predominant and unquestionable. I am truly convinced that the future of men and society depends increasingly on the education they


receive throughout the many years of school they attend, even in regions such as these which are still deeply anchored to ancestral lifestyles and tribal organization. The world is constantly evolving, even in Africa, in Congo and in the crowded districts to the right and left of Route Kansimba, on the edge of Lubumbashi. The school offers the framework and the spaces necessary for the harmonious human, social, civil, religious, intellectual and professional growth of the men and women of tomorrow. The future of Congo depends on education and training, like any other country in the world. Investing in young people means investing in a better future for society. The train of the future must necessarily run on the tracks of school! The population of our school this year counts 1700 students, starting with the youngest in the nursery school and ending with the adolescents in the secondary school; but it is destined to grow in coming years. I welcome and warmly applaud each and every initiative that seeks to make a contribution to the education and training of young people, such as the project promoted by the University

of San Marino under the patronage of UNESCO. The teaching aids received and offered to the school, particularly for the younger classes, make it possible to speed up the burgeoning of their ability to think, and serve as an incentive to develop their intelligence quotient. This is very important. Deep, deep down, and I do not wish to sound presumptuous, I believe that the benefits and the enrichment brought by this experience are not one-sided; I believe, in fact, that the direct contact with the experience of school and its surroundings in Africa also brought greater understanding and experience to the students and researchers who came personally to Lubumbashi, and to all the university students who came in contact with our world. The chorus of the Les Buissonnets school hymn reads “Les Buissonnets, toujours plus haut… plus haut!” (“Les Buissonnets, ever higher… and higher!”). This is what I have the good fortune to experience myself. The future will confirm these hopeful expectations with even more tangible and encouraging results.

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Ricerca per il progetto Unesco Research for the UNESCO project


Università e progetti di cooperazione internazionale The University and international cooperation projects Alberto Bassi

Università Iuav di Venezia | direttore Corso di laurea in Disegno industriale Università Iuav di Venezia | director of the Department of Industrial Design

L’Università degli Studi della Repubblica di San Marino è una piccola università di qualità, collocata geograficamente nel cuore dell’Italia, in grado di muoversi a livello internazionale in virtù della speciale condizione di appartenenza a uno Stato sovrano. L’Ateneo è strutturato in Dipartimenti che si occupano di ricerca e didattica. Ad alcuni di questi sono legati importanti intellettuali e studiosi, come Luciano Canfora per il Dipartimento di Studi storici e Umberto Eco per quello della Comunicazione. L’offerta formativa è ampia, dai corsi di laurea triennali e magistrali ai master, dall’alta formazione ai dottorati di ricerca. Caratterizza l’attività didattica, l’elevata qualità scientifica e culturale del corpo docente e dei servizi agli studenti, offerti nelle diverse sedi dell’Università, collocate in un contesto ambientale e architettonico unico. Per quanto riguarda la formazione post-laurea, accanto ai Dottorati in Scienze storiche e in Ingegneria economico-gestionale, si sono distinti negli anni, fra gli altri, Master Com, rivolto al mondo 12 | 13

della comunicazione, e Master Sport, dedicato alle strategie per le organizzazioni, gli eventi e gli impianti sportivi. Particolare rilevanza rivestono i Corsi di laurea in Ingegneria civile (triennale e magistrale) e in Disegno industriale (triennale e magistrale); quest’ultimi realizzati in collaborazione con l’Università Iuav di Venezia. Nel panorama della formazione universitaria il Corso di laurea in Disegno industriale si connota per alcune caratteristiche specifiche. Un ridotto e selezionato numero di studenti viene ammesso ai corsi per garantire un elevato livello qualitativo e di cura del rapporto fra docenti e allievi. Gli insegnamenti sono suddivisi in corsi teorici (cui viene attribuita grande rilevanza per un’idonea e irrinunciabile formazione culturale e scientifica), tecnico-strumentali e laboratori progettuali, condotti da designer attivi ai massimi livelli in ambito professionale e caratterizzati da un approccio assieme teorico, concreto e volto alla ricerca e sperimentazione. Il contesto geografico di San Marino e quello architettonico-paesaggistico dell’Antico Monastero di Santa Chiara, sede del Corso di laurea, uniti naturalmente all’impostazione scientifica e alle scelte di organizzazione didattica, contribuiscono in modo significativo alla qualità complessiva dell’ambiente e alla possibilità di fornire servizi agli studenti e agli interlocutori istituzionali dell’Università. Il design è la disciplina che si occupa della progettazione di artefatti, strumenti e servizi del nostro mondo. Più precisamente all’interno di imprese, istituzioni o studi professionali, contribuisce con altre variegate competenze, all’identificazione, ideazione, progettazione, produzione, comunicazione, distribuzione


e dismissione di tutto quanto è realizzato artificialmente per abitare e vivere il nostro pianeta. Il designer riveste dunque un ruolo sociale ed economico rilevante, delicato e ricco di implicazioni, in grado di operare a differenti livelli di contesto e scala, in ambito nazionale e internazionale. In relazione alle peculiari caratteristiche statutarie della Repubblica di San Marino e all’interno di questa situazione brevemente delineata dell’Università e del Corso di laurea in disegno industriale, si collocano le attività di ricerca e i progetti di collaborazione con le istituzioni internazionali, come quello che si è realizzato con l’Unesco nell’ambito del Programma di partecipazione alle attività degli Stati membri per il 2010-2011. Grazie all’importante interessamento e intermediazione della Commissione sammarinese Unesco, è stato possibile attivare il progetto Istruzione e produzione artigianale nella città di Lubumbashi in Congo. Tutta l’operazione ha gravitato attorno alla presenza e attività della Missione di Padre Marcellino, un sammarinese illustre da anni attivo in terra africana. Nel volgere di un anno sono state condotte attività come la ricerca scientifica e culturale, la progettazione attraverso un workshop che ha coinvolto studenti, designer ed esperti, ed infine la fase di prototipazione e produzione di giochi didattici dedicati all’infanzia nei laboratori artigianali del quartiere La Ruashi. Il Corso di laurea in Disegno industriale, oltre al proprio specifico di ricerca e progettazione, ha potuto condurre un consistente lavoro di coordinamento: da un lato, fra le istituzioni sammarinesi, come la Segreteria di Stato alla Cultura e Istruzione, la locale delegazione Unesco, le associazioni no-profit sensibili alle questioni dello sviluppo dei paesi del Sud del mondo; dall’altro, fra i soggetti che operano nella realtà scolastica di Lubumbashi come la Missione Padre Marcellino o l’Associazione Amka onlus. Le relazioni e competenze dell’Università degli Studi di San Marino hanno permesso di attivare e coinvolgere esperti internazionali di diverse e complementari conoscenze in grado di apportare contributi multidisciplinari necessari a raggiungere risultati d’eccellenza. Il grande tema strategico della società ed economia contemporanea, giocata attorno allo sviluppo della conoscenza e delle modalità di applicazione di soluzioni innovative, passa infatti attraverso la questione dello sviluppo di reti di relazioni e competenze in grado di vitalizzarsi reciprocamente. Il concreto risultato finale della progettazione e produzione di una piccola tiratura dei giochi

didattici per l’infanzia, assieme al percorso teorico e metodologico sotteso a tutta l’operazione, indicano con forza una modalità organizzativa e operativa che appare peculiare per un piccolo ma attivo Stato sovrano: adeguata elaborazione di pensiero e progetto, celerità decisionale e d’azione, idonee competenze da mettere in campo attraverso l’Università.

The Università degli Studi della Repubblica di San Marino is a small university with a vocation for excellence, geographically located in the heart of Italy, and internationally connected by virtue of its special status as part of a sovereign State. The University is structured in Departments that are dedicated to both teaching and research. Some of them are associated with important intellectuals and scholars, such as Luciano Canfora of the Department of Historical Studies and Umberto Eco of the Department of Communication. The curriculum is very ample, and includes undergraduate and graduate degree programmes, as well as master courses, from higher education to Ph.D programmes. The teaching is distinguished by the excellent scientific and cultural level of the faculty, and by the student services available in the various venues of the University, which is located in a unique environmental and architectural context. The post-graduate educational programmes, which include the Doctorate programmes in Historical Studies and in Economic and Management Engineering, also offers the distinctive Master Com programme, which addresses the world of communication, and Master Sport, dedicated to strategies for the organization of sports events and facilities. Particularly important are the Civil Engineering undergraduate and graduate programmes, and the Industrial Design undergraduate and graduate programmes, the latter

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organized in collaboration with the Università Iuav in Venice. Within the context of university education, the Industrial Design programme is distinguished by several specific characteristics. A limited and select number of students is admitted to the programme to guarantee a high level of quality and attention to the relationship between teachers and students. The curriculum is divided into theoretical courses (which are considered extremely important for the indispensable cultural and scientific education), technical-instrumental courses and design studios, conducted by designers who work at the highest levels of their profession and adopt both a theoretical and practical approach, open to research and experimentation. The geographical context of San Marino and the architecture and landscape of the Ancient Monastery of Santa Chiara, the seat of the industrial design department, in addition naturally to the scientific approach and the choice of educational organization, contribute significantly to the overall quality of the atmosphere and the possibility of providing services to the students and to the University’s institutional counterparts. Industrial design is the discipline that deals with the design of artifacts, tools and services in our world. More precisely, within businesses, institutions or professional firms, it contributes with an array of skills to the delineation, ideation, design, production, communication, distribution and disposal of everything that is made artificially to help inhabit and experience our planet. The designer therefore plays an important social and economic role, a sensitive role with a myriad of implications that can operate at different levels of context and scale, nationally and internationally. The peculiar statutory characteristics of the Republic of San Marino, and the situation of the University and the Industrial Design Programme as described here briefly, provide the context for the research studies and projects in collaboration with international institutions, such as the project developed with UNESCO as part of the Programme of participation in the activities of the member States for the years 2010-2011. The important involvement and mediation of

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the Commission of San Marino to UNESCO made it possible to activate the project Education and handcrafting production in the city of Lubumbashi in Congo. The entire operation centred on the presence and activity of the Padre Marcellino Mission, a famous citizen of San Marino who has worked in Africa for many years. Within the space of a year, a series of activities were conducted that included scientific and cultural research, a design workshop involving students, designers and experts, and finally the prototyping and production phase for the educational children’s games, manufactured in the craft workshops of the La Ruashi district. The Industrial Design Programme was responsible not only for the specific research and design work, but also for a significant coordination effort: between the institutions of San Marino, such as the Ministry of Culture, the local UNESCO delegation, the non-profit organizations committed to the question of developing countries in the Global South, on the one hand; and on the other, between the subjects operating in the schools of Lubumbashi, such as the Padre Marcellino Mission or the NPO Associazione Amka. The relations and the expertise of the Università degli Studi di San Marino made it possible to contact and involve international experts in various and complementary fields who brought the multidisciplinary contributions required to achieve results of excellence. The great strategic issue of contemporary society and economy, based on the development of knowledge and ways of applying innovative solutions, must necessarily address the question of creating networks of relationships and expertise that can mutually vitalize one another. The final practical results of the design and production processes for a limited edition of educational games for children, along with the theoretical and methodological process underlying the entire operation, are a powerful sign of the organizational and operative methods that appear specific to this small but active sovereign State: competent elaboration of thought and design processes, rapid decision-making and action, qualified expertise to be deployed through the University.


Giocattolo e ambiente Toys and the environment Luigi Guerra

preside Facoltà di Scienze della formazione, Università di Bologna dean of the Faculty of Educational Sciences of the University of Bologna

Un’analisi frettolosa della storia del giocattolo nella nostra cultura potrebbe sicuramente condurre ad affermare che l’utilizzazione di materiale ludico per l’educazione ambientale è fenomeno di antica datazione e costante nel tempo. Una riflessione più attenta rende possibile, dal nostro punto di vista, ribadire questa affermazione capovolgendone però il ruolo delle componenti interne: la tradizione infatti ci consegna non tanto giochi/ giocattoli per l’educazione ambientale, quanto l’abitudine consolidata a utilizzare “reperti” dell’ambiente per costruire giochi. In altre parole,

il mercato del giocattolo non ha storicamente presentato, fatte salve rare eccezioni, materiali ludici costruiti in funzione di una cultura e di una pedagogia dell’ambiente, ma piuttosto elementi dell’ambiente utilizzati in funzione di gioco. L’affermazione riguarda in particolare le componenti naturalistiche dell’educazione ambientale, in quanto le componenti socioantropologiche e più specificamente politiche dell’ambiente stesso sono sempre state, al contrario, oggetto fondamentale di formazione intenzionale a scuola e di educazione indiretta, anche attraverso l’esperienza di gioco/giocattolo, nell’extrascuola, come è stato documentato da una vastissima letteratura. In ogni caso, vuoi per la mancanza di un progetto educativo consapevole, come abbiamo sostenuto finora, vuoi invece perché questa scelta di un interesse di basso profilo era parte costitutiva del progetto educativo generale (non dimentichiamo che sull’utilizzazione banalizzante e incolta dell’ambiente naturale si è basato per secoli il modello culturale e pedagogico dominante) i frammenti di ambiente naturale presenti nei giocattoli tradizionali erano per lo più contrassegnati negativamente da almeno due caratteristiche: quelle dell’avere un’identità esotica e stereotipata. Innanzitutto “esotici” sono gli animali, le piante, le situazioni ambientali ripresi nei materiali ludici sia per il loro appartenere oggettivamente alle categorie del lontano, del nuovo, dell’eccezionale, sia per le modalità complessivamente fiabesche della loro traduzione grafica nelle varie scatole dei cubetti, nei giochi dell’oca, nei mazzi di carte. Dietro ad essi sta la volontà dichiarata di stupire, di meravigliare: un’interpretazione del gioco come esperienza di viaggio immaginario ai confini della realtà difficilmente compatibile con l’esigenza primaria dell’educazione di partire dal vicino, dal quotidiano, Made in Rdc


dalla conoscenza puntuale della realtà circostante, di affidare alla fantasia non tanto la produzione di generiche fantasticherie, quanto il compito di garantire la continua reinterpretazione originale del mondo da parte del soggetto. In secondo luogo, quasi sempre “stereotipata” su modelli di tipo antropomorfico risulta essere l’interpretazione dei diversi soggetti ambientali utilizzati nel giocattolo tradizionale. Così, il meccanismo ludico procede per lupicattivi e agnellibuoni, volpiscaltre e ochegiulive, ribadendo ciò che le favole insegnano, ma non affermando la curiosità e la competenza “scientifiche” necessarie per un percorso autonomo e critico di conoscenza dell’ambiente. L’esperienza documentata nel volume attesta una consapevolezza diversa e di qualità elevata. I materiali ludici progettati e realizzati intrecciano secondo un consapevole disegno progettuale elementi ambientali “locali”, selezionati in base a caratteristiche costitutive di natura formale che hanno a che vedere con le peculiarità strutturali dei materiali, e categorie “universali” dell’esperienza ludica. I materiali hanno la caratteristica quindi di appartenere al quotidiano ambientale delle persone che sono in prima istanza chiamate a “giocarli” e uniscono a questa presenza nel territorio la loro natura di materiali poveri, di immediata reperibilità, di facile accesso. Si tratta quindi di giochi/giocattoli che valorizzano un ambiente “minore”, i suoi oggetti naturali con i loro colori, le forme, le tessiture e insieme la sua cultura, i suoi linguaggi, le sue parole. Il materiale realizzato ha una immediata utilizzazione educativa, nella direzione di una educazione alla cittadinanza che si fonda sulla conoscenza identitaria dell’ambiente, contro l’oggettività “occidentale” degli oggetti di formazione consueti anche nel Sud del mondo. Nello stesso tempo, ma sempre in direzione di empowerment, possono costituire anche il punto di partenza per operazioni di tipo artigianale e commerciale, nella prospettiva di un contributo alla sopravvivenza economica dei territori ai quali si riferiscono. In questo contesto, i materiali stessi si collocano felicemente nella prospettiva che vede sempre più congiungere le dimensioni dell’educazione e quelle della cooperazione internazionale. Su questo argomento, aggiungiamo due concetti. Il primo riguarda la constatazione che la dimensione educativa è divenuta progressivamente una dimensione scontata all’interno dei progetti di cooperazione internazionale: è sempre più presente, o almeno dichiarata come tale. C’è forse anche un’enfasi nell’uso della parola, come se il termine “educazione” costituisse ormai un elemento 16 | 17

imprescindibile di tutti i progetti. Evidentemente, “educazione” sa di buono, è un concetto difficilmente eliminabile, ma che rischia nel contempo di essere anche indolore o insapore, cioè di diventare una di quelle aggiunte cosmetiche che poi non cambiano la dimensione sostanziale dei progetti. Il secondo concetto indica, allora, la presenza della dimensione educativa in ogni progetto di cooperazione non solo come necessaria, ma anche come presenza rivoluzionaria: quindi, come presenza efficace, in grado di cambiare radicalmente gli approcci che la cooperazione, sia internazionale sia decentrata, continua a mantenere aldilà delle dichiarazioni. In questo senso, la dimensione educativa è presente nello stesso concetto di cooperazione e nell’idea stessa di cooperazione è contenuta anche l’indicazione di che tipo di educazione si parli e si debba parlare quando si fa cooperazione. Se analizziamo la parola cooperazione, possiamo constatare che letteralmente significa “operare con” ed è interessante analizzare la parola operare declinandola con le diverse preposizioni: operare “su”, operare “per”, operare “tra”, operare “da”, operare “ad” (adoperare). Operare “su” implica la passività dell’interlocutore e la sua subalternità. La stessa cosa per “ad”operare. Operare “per” sottolinea una dimensione filantropica che diventa quasi forzatamente di tipo assistenziale. Operare “da” implica un richiamo forte, a rischio di essere troppo forte, alla estraneità sostanziale di chi gestisce l’intervento. È sicuramente sospetto anche l’operare “tra” o “fra”, anche se vi si fonda una parte della cooperazione, perché allude a una sorta di ruolo apostolico. Operare “con”, il cooperare, si distingue per essere il più radicale di questi abbinamenti. Operare con vuol dire operare insieme, quindi vuol dire ipotizzare una dimensione educativa necessariamente presente perché l’insieme non può non essere mediato da una dimensione educativa. Operare insieme non può che essere dialogo, incontro, relazione, quindi si riferisce a una dimensione educativa, a un’interpretazione dell’educazione fondamentalmente diversa da quella che la vede letta e praticata come istruzione; interpretazione quest’ultima che continua invece a permeare di sé la maggior parte dei progetti educativi in ambiente di cooperazione internazionale. Operare “con” implica un riconoscimento di pari dignità di tutti gli interlocutori dell’azione educativa attraverso il quale la dimensione educativa stessa supera i confini classici tra docente e discente,


anzi li rovescia all’interno di una comunità di apprendimento la cui prospettiva di fondo è quella di un’educazione come empowerment. In definitiva, la proposta di educazione come empowerment è quella di cooperare al fine di non avere più un interlocutore che ha bisogno di cooperare con noi; il “con” richiede che l’oggetto dell’intervento di cooperazione diventi in grado di scegliere lui se e con chi cooperare. Quindi, se lo si analizza da un punto di vista radicalmente educativo, il fine della cooperazione è di smettere di fare cooperazione, proponendosi, fin dall’inizio, di fare magari partnership che è un’altra cosa. Questa è, inoltre, una curvatura del concetto di sostenibilità che tiene molto conto della risorsa uomo: troppo spesso il concetto di sostenibilità è analizzato soltanto in termini economici o tecnici e non considera la necessità di stimolare la trasformazione in protagonista dell’interlocutore. Il che richiede di supportare prevalentemente interventi minimi, perché l’intervento grosso è sempre probabilmente di tipo assistenziale. È difficile progettare e realizzare un intervento che abbia come fine paradossale quello di essere un non-intervento, nel quale il fine è far in modo di diventare veramente compagni di strada e non cooperatori “per”, ma si può sicuramente affermare che la complessa esperienza descritta in queste pagine si colloca positivamente nella prospettiva dell’operare “con”.

A superficial analysis of the history of toys in our culture would undoubtedly lead to the conclusion that the use of games in environmental education programmes is an ancient phenomenon that has never waned over time. More careful consideration will make it possible, from our point of view, to confirm

this conclusion but will reverse the role of the inner components: tradition in fact, has not really passed down toys/ games dedicated to environmental education, but the consolidated habit of finding “treasures” in the environment to build toys with. In other words, save for a few rare exceptions, the toy market has never offered games or toys built to foster environmental culture and education, but elements of the environment used as toys. This statement is particularly true of the naturalistic components of the educational environment, because the social, anthropological and more specifically political components of the environment have always been, on the contrary, fundamental subject matter in the intentional education at school and in the indirect after-school educational experience of playing with toys or games, as documented by so much literature. In any case, be it for the lack of a conscious educational project, as we have sustained so far, be it because the choice of such a low profile was a fundamental part of the general educational project (it should not be forgotten that the dominant cultural and pedagogical culture was based for centuries on a simplistic and uncultured use of the natural environment) the fragments of the natural environment found in traditional toys were distinguished negatively, for the most part, by at least two characteristics: their exotic and stereotypical casting. “Exotic” describes the animals, plants and environmental situations found in toys, in the way they objectively belong to the categories of the far-flung, the new, the exceptional, and in their generally fairytale-like graphic representation in sets of blocks, board games, decks of cards. Underlying them is the intentional desire to elicit wonder, marvel: an interpretation of games as the experience of imaginary journeys to the edges of a reality; this is scarcely compatible with the primary need for an education that is rooted in everyday life, with a precise understanding of the surrounding reality, in which the role of imagination is not to produce merely generic fantasizing, but to guarantee a constant original reinterpretation of the world by the individual. In the second place, the interpretation of many environmental subjects which appear in traditional toys is almost always “stereotyped” on the basis of anthropomorphic models. This mechanism in games brings us big bad wolves and gentle lambs, sly foxes

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and silly geese, confirming what the fables teach, but it does not establish the necessary curiosity or “scientific” competence for developing a critical and independent understanding of the environment. The experience documented in this book demonstrates a different kind of awareness, of a higher quality. The toys that were designed and manufactured followed a deliberate design approach that wove together elements of the “local” environment, selected on the basis of constituent formal elements that refer to the structural peculiarities of the materials, and the “universal” categories of the experience of playing. The materials belong typically to the environmental life experience of the people who will be “playing” with them in the first place, and were selected not only because they belong to the territory, but because they are lowly materials, easy to find and easy to use. These are toys/games that cultivate a “lesser” environment, its natural objects with their colours, forms, patterns as well as its culture, its languages, its words. The material produced here has an immediate educational function, to foster a civic education founded on an understanding of the identity of the environment, as opposed to the “western” objectivity of the educational objects used habitually, even in the Global South. At the same time, in the perspective of empowerment, they can become the starting point for craft industry and commercial operations that can contribute to the economic survival of the regions they are based in. Within this context, the materials themselves fit successfully into a perspective that continues to bring the dimension of education closer to that of international cooperation. We will add two concepts to the question. The first is the observation that the educational dimension is becoming progressively taken for granted within international cooperation projects: it is becoming a more permanent part of them, or at least is declared as such. Perhaps there is some emphasis in the use of this word, as if the term “education” had become a mandatory element for all projects. Obviously, “education” sounds good, it is a concept that is hard to do without, but at the same time it runs the risk of being easy or insipid, i.e. of becoming one of those cosmetic add-ons that doesn’t really change the substance of the projects. The second concept considers the presence of the educational dimension in every project not only as necessary, but also as revolutionary: hence, as an effective presence that can radically change the

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approach that both international and decentralized cooperation continue to maintain independently of their statements. In this sense, the educational dimension is contained within the very concept of cooperation and the very idea of cooperation also contains an indication of the type of education we are talking about and need to talk about when we are dealing with cooperation. An analysis of the word cooperation shows that it literally means “operating with” and it is interesting to analyze the word “operate” by adding various prepositions to it: operate “on”, operate “for”, operate “among”, operate “from”, operate “with”. Operate “on” implies that the other party is passive and subordinate. Operate “for” emphasizes the philanthropic dimension that almost inevitably turns into welfare assistance. Operate “from” implies a strong indication, perhaps even too strong, of the substantial extraneousness of the person handling the project. Operating “among” or “between” is also highly suspicious, even though a part of cooperation is founded on this allusion to a sort of apostolic role. Operating “with”, cooperating, stands out as the most radical of these combinations. Operating with means operating together; it means conceiving an educational dimension that is necessarily real because the entirety can only be mediated by an educational dimension. Operating together can be none other than dialogue, encounter, relationship; it therefore refers to an educational dimension, to a fundamentally different interpretation of education than that which is understood and practiced as instruction, this being the interpretation that continues to permeate most educational projects within the field of international cooperation. Operating “with” implies recognizing equal dignity to all the participants in the educational action, which leads the educational dimension beyond the classic boundaries between teacher and student; it even reverses them within a learning community whose fundamental perspective is education as empowerment. In conclusion, the idea of education as empowerment is to cooperate with the objective of no longer having a counterpart that needs to cooperate with us; the requisite of the “with” is that the object of the cooperation effort becomes capable of independently choosing if and with whom to cooperate. Therefore, if we analyze it from a radically educational point of view, the goal of cooperation is to stop cooperating, offering perhaps from the very beginning to work towards a partnership, which is something entirely different. This is, in addition, a


curve of the concept of sustainability that takes the human resource into great consideration: too often the concept of sustainability is analyzed in purely economic or technical terms and does not take into account the need to stimulate the transformation of the counterpart into a protagonist. Which requires supporting prevalently minimal projects, because large projects are probably always based on an idea

of welfare assistance. It is hard to plan and carry out an intervention which has the paradoxical goal of being a nonintervention, in which the goal is to work towards becoming travelling companions and not to cooperate “for”, but it may definitely be said that the complex experience described on these pages may successfully be construed as operating “with”.

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Andare a scuola migliora la vita? Does going to school make life better? Sebastiano Bastianelli

direttore Uoc Servizio Salute Mentale, Iss, Repubblica di San Marino director UOC Mental Health Services, ISS, Republic of San Marino

Uno dei fattori chiave per lo sviluppo è l’educazione, elemento fondamentale per cercare di ridurre il divario fra il Nord ed i Sud del mondo. La sua assenza è determinante nel favorire il permanere dello sfruttamento, della povertà, delle malattie e della fame. Rappresenta dunque un fattore irrinunciabile per garantire migliori condizioni di vita e per lo sviluppo. Investire nell’educazione, diffonderla o migliorarne la qualità è perciò una delle scelte preferibili se si ha come obiettivo la lotta alle disuguaglianze e una superiore qualità della vita. L’esempio del Kerala (Stato nel sud-ovest dell’India) è illuminante. L’India – che conta il 17% della popolazione mondiale – registra il 20% di mortalità materna e il 25% di mortalità dei bambini al di sotto dei 5 anni. Ma ci sono delle differenze: il tasso di mortalità dei bambini di età inferiore ai 5 anni nati da madri prive di titolo di studio è più del doppio rispetto a quello dei bambini di pari età nati da madri con almeno 5 anni di istruzione. Il Kerala ha investito decisamente per aumentare il proprio tasso di alfabetizzazione che è quasi doppio

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rispetto alla media nazionale e quasi triplo per quella femminile. I risultati sono chiaramente visibili nella tabella 1 che riporta i dati confrontandoli con l’India, la media dei paesi poveri e un paese ricco: gli Stati Uniti. Risulta chiaramente come ci sia una chiara correlazione fra un alto tasso di alfabetizzazione e bassi tassi di mortalità infantile: in Kerala la speranza di vita alla nascita è di 68 anni, mentre per l’intera India è di 57 (una differenza di ben 11 anni), e questo nonostante il suo Pil sia quasi la metà della media indiana e al di sotto della media dei paesi poveri. Mandare i bambini (soprattutto le bambine) a scuola migliora quindi la loro salute, quella dei loro figli e della loro comunità. Ma lo studio è un diritto per tutti? Nel determinare l’accesso all’istruzione entrano in gioco fattori determinanti. Il divario non è rappresentato solo dall’essere nati in un paese ricco piuttosto che in uno povero ma anche dalle diversità esistenti all’interno di una stessa nazione. La prima è fra città e campagna (disponibilità di scuole, materiali e insegnanti) ma le differenze di genere giocano un ruolo importante. Maschi e femmine infatti non sono uguali: il tasso di donne alfabetizzate oltre i 15 anni è appena del 51%; ogni 10 uomini solo 8 donne sono alfabetizzate; su 10 bambini iscritti alla scuola primaria 8 sono bambine ma il numero di abbandoni femminili è doppio di quelli maschili (tabella 2). Possiamo dunque concludere sottolineando che l’accesso all’istruzione costituisce un elemento essenziale per il miglioramento delle condizioni di vita di intere popolazioni e un fattore determinante di sviluppo inteso nell’accezione attribuitagli da Amartya Sen quando afferma che se “lo sviluppo può essere visto come un processo di espansione delle libertà reali godute dagli esseri umani (…) l’analfabetismo è di per sé ‘una mancanza di libertà’”.


It is therefore a critical premise for guaranteeing better conditions of life and fostering development. Investing in education, spreading it or improving it is therefore one of the best choices if the goal is to fight disparity and provide a better way of life. The example of Kerala (a State in southwestern India) is illuminating. India, which counts 17% of the world’s population, also has a 20% mortality rate for mothers and a 25% mortality rate for children below the age of 5. But there are some differences: the mortality rate for children under the age of 5 born to mothers without any education is more than double the rate for children of the same age born to mothers with at least 5 years of schooling. The state of Kerala has invested heavily to increase it own literacy rate which is almost double the national average and almost triple for women.

The results may be clearly seen in table 1 which displays the data comparing them to India, the average of poor countries and one wealthy country: the United States. It is evident that there is a clear correlation between a high rate of literacy and low infant mortality rates: in Kerala, the life expectancy at birth is 68 years, whereas throughout India it is 57 (a difference of eleven years!), despite the fact that its GNP is almost half the Indian average and below the average of poor countries. Sending children to school (especially girls), therefore improves their health, that of their children and their community. But is education a right for everyone? Several decisive factors come into play to determine access to instruction. The gap is not caused just by the difference between being born in a rich country rather than a poor one, but also by the diversities that exist within a same nation. The first is between city and country (access to schools, materials and teachers) but the gender difference also plays an important role. Boys and girls are in fact not equal: the rate of literate women over the age of 15 is barely 51%; for every 10 men only 8 women are literate; for every 10 children enrolled in elementary school 8 are girls, but the number of girls who leave school is double the number of boys (table 2). We can therefore conclude by underlining that access to education is an essential element for improving the conditions of life of entire populations, and a decisive factor in development, in the sense expressed by Amartya Sen when he asserts that “development can be seen as a process for expanding the real freedom enjoyed by human beings (…) illiteracy is in and of itself ‘a lack of freedom’”.

table 1. The situation in Kerala

table 2. Children who do not attend school (%)

One of the key factors in development is education, a fundamental element in the effort to close the gap between the global north and south. The lack of education is a determining factor in the persistence of exploitation, poverty, illness and hunger.

indicators

Kerala India Poor Countries Usa

GNP per capita ($) 182

280 200 Na

17.480 96

literacy (%)

78

43

women (literacy)

66

25

life expectancy

68

57

52

75

infant mortality*

27

86

106

10

birth rate*

22

32

43

16

Na

boys girls

47 53

urban rural

18

82

among the wealthiest 20% among the poorest 20%

23

schooled mothers non-schooled mothers

25 0

20

40

77

60

75 80

100

*per 100.000 inhabitants

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Progettare nel Sud del mondo Designing in the Global South Massimo Brignoni

coordinatore del progetto | ricercatore Università degli Studi della Repubblica di San Marino project coordinator | researcher Università degli Studi della Repubblica di San Marino

Il progetto Istruzione e produzione artigianale si colloca all’interno di un più ampio programma di ricerca, ormai decennale, che ha visto i Corsi di laurea in Design dell’Università Iuav di Venezia prima e dell’Università degli Studi della Repubblica di San Marino poi, sviluppare una serie di progetti di cooperazione internazionale con l’intenzione di indagare l’apporto del design a nuovi e possibili modelli di sviluppo. Tale impegno nasce dalla consapevolezza che la disuguaglianza e la disparità tra Nord e Sud del mondo, tra quel 10% della popolazione mondiale che consuma la quasi totalità delle risorse del pianeta 22 | 23

e l’altro 90% che vive al limite della sussistenza, rappresentino oggi una delle variabili cruciali per iniziare a immaginare un futuro migliore e più sostenibile per l’intero genere umano. Design e progetto quindi al servizio di uno modello altro e auspicabile, nella convinzione che una più equa ripartizione delle risorse, ovvero la garanzia delle medesime possibilità di sviluppo rispetto alle proprie potenzialità, possa generare le condizioni affinché i Paesi più poveri siano in grado di colmare le disuguaglianze e uscire dall’attuale stato di indigenza. Le prime esperienze, avviate un decennio fa all’Università Iuav, guidate dal professor Gaddo Morpurgo e dai componenti del gruppo di ricerca Massimo Brignoni e Riccardo Varini, hanno coinvolto il Consorzio Botteghe della Solidarietà, organismo impegnato nel mercato equo e solidale nei Paesi emergenti. Attraverso laboratori didattici, tesi di laurea e indagini in loco sono state esplorate le potenzialità dei materiali naturali al fine di individuare nuove tipologie di prodotti realizzabili con competenze locali. Tali ricerche si sono concretizzate negli anni successivi nei progetti IUAVietnam e SUDesign quando la collaborazione con la società Craft Link di Hanoi e una missione operativa in Vietnam del Nord hanno permesso di indagare le tecniche artigianali di lavorazione del bambù nel distretto Bac Ninh. Approfondendo la sperimentazione progettuale condotta – formale, funzionale e tecnologica – si è arrivati quindi a una vasta e diversificata merceologia di prodotti realizzabili localmente in bambù. Questo ha dimostrato come l’innovazione tipologica possa aiutare i mercati equo e solidale a superare il paradigma del prodotto etnico e a rafforzare i comparti artigianali locali, ampliando l’offerta nei mercati occidentali.


D’altra parte, la ricerca ha evidenziato anche l’opportunità di incidere sullo sviluppo di questi Paesi tenendo conto di altre variabili più legate alle condizioni di vita e ambientali. In particolare, è emersa la possibilità di individuare tipologie innovative in grado di rispondere alle esigenze primarie migliorando le condizioni di vita. Alcuni laboratori didattici hanno cominciato allora a verificare in che modo il design possa contribuire alla progettazione di prodotti capaci di incidere positivamente sulla situazione igienico-sanitaria, ad esempio favorendo la depurazione, il trasporto e la distribuzione dell’acqua o parcellizzando la produzione di energia attraverso l’uso di tecnologie alternative. Si sono delineate così due grandi aree tematiche di intervento per il progetto di design nei paesi emergenti: la prima, concentrata sulle capacità produttive, cerca di apportare innovazione all’interno dei prodotti provenienti dal Sud del mondo; la seconda, focalizzandosi sulle condizioni ambientali, sperimenta intorno alla possibilità di realizzare prodotti destinati al Sud del mondo. Tali riflessioni sono state ulteriormente approfondite con le ricerche sviluppate nel Corso di laurea in Disegno industriale dell’Università degli Studi di San Marino. Innanzitutto con il convegno internazionale Design oltre i confini dello sviluppo svoltosi nel 2007 e con la mostra South out there – Progetti per il sud del mondo: acqua, igiene e salute esposta alla Biennale di Architettura di Venezia dell’anno successivo. Nel biennio 2008-09, la stessa Università ha iniziato un nuovo progetto con l’obiettivo di realizzare in Ruanda un laboratorio permanente per la formazione e la ricerca nei settori del design e del progetto legato alle tematiche locali. La sperimentazione, avviata con il workshop internazionale su Materiali e unità di intervento nel sud del mondo, si è concentrata sulle potenzialità delle fibre vegetali e sulle tecnologie applicabili localmente, verificando l’apporto dell’innovazione tipologica e tecnica all’interno delle disponibilità e dei processi locali. Segue nel 2009 un secondo workshop internazionale che ha visto coinvolti, presso il Centre d’accueil et de formation San Marco a Kigali in Ruanda, studenti laureandi, laureati e docenti provenienti dalle Università Iuav di Venezia, San Marino, Kist di Kigali e artigiani locali. Quindi formazione, ricerca delocalizzata e individuazione dei processi innovativi più idonei da applicare localmente, divengono le chiavi per un possibile sviluppo sostenibile e generato internamente. È in questo contesto teorico e di esperienze concrete che i docenti e ricercatori dell’Università

degli Studi di San Marino hanno condotto nel biennio 2010-11 il progetto Istruzione e produzione artigianale. Pensato come primo stadio di un progetto partecipativo a lungo termine, prefigura la possibilità di generare economie interne, tramite l’individuazione di una categoria di prodotti come quella dei materiali didattici, da offrire alle scuole locali per migliorare la qualità dell’offerta di insegnamento. Progettare nel Sud del mondo, con i Sud del mondo, per i Sud del mondo, delineano più un approccio culturale e di pensiero verso le cose e le persone piuttosto che una metodologia esclusivamente operativa. Immaginare uno sviluppo possibile che non sia esclusivamente di tipo economico, di trasferimento tecnologico e di capitali da Nord verso Sud, vuol dire rimettere l’uomo e l’ambiente in cui vive al centro dei processi di cambiamento. Significa anche operare nella convinzione che, attraverso la formazione, la valorizzazione e il potenziamento delle capacità umane, possano essere estese le opportunità di ogni singolo individuo nell’acquisire le giuste competenze e accedere alle risorse necessarie per condurre una vita degna contribuendo così allo sviluppo del proprio Paese. E, allargando ancora più lo sguardo, può concorrere a introdurre una visione in cui le variabili che condizionano lo sviluppo non si limitano più a quelle di mercato ma si ampliano nel tentativo di riconsiderare una nuova dimensione tra locale e globale.

The project Education and handicraft production is part of a greater research programme, over ten years old, in which the Design Programmes of the Università Iuav of Venice first, and the Università degli Studi della Repubblica di San Marino Made in Rdc


later, developed a series of international cooperation programmes the purpose of which was to explore the contribution of design to new and possible models of development. This commitment arose out of the awareness that the inequality and disparity between the Global North and South, between the 10% of the world’s population that consumes almost all of the planet’s resources and the other 90% that lives at barely subsistence-level, represent one of today’s critical variables in beginning to imagine a better and more sustainable future for the entire human race. Design must therefore serve and aspire to a different model, with the conviction that a more equitable distribution of the resources, which would guarantee the same possibility of development based on individual potential, could generate the conditions that would allow poorer countries to bridge the gap of inequality and emerge from their current state of poverty. The early experiences, which began ten years ago at the Università Iuav under the guidance of Professor Gaddo Morpurgo and the members of the research group Massimo Brignoni and Riccardo Varini, involved the Consorzio Botteghe della Solidarietà, an organism committed to the fair trade market in emerging countries. In educational workshops, theses projects and onsite explorations, the potential of natural materials was investigated to determine new typologies of products that could be made using local production capacities. These research studies materialized in later years in the projects IUAVietnam and SUDesign when the collaboration with the Craft Link company from Hanoi and an operative mission in North Vietnam made it possible to explore the crafting techniques used to work with bamboo in the Bac Ninh district. Further experimentation into design – formal, functional and technological – led to a vast and diversified selection of products that could be made locally out of bamboo. This was a demonstration of how typological innovation can help the fair trade market to break out of the paradigm of the “ethnic product“ and reinforce local craft industry by increasing the selection to

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be offered for western markets. On the other hand, the research study showed that any effort to promote development in these countries must take into account other variables that more specifically concern the way of life and environmental conditions. In particular, there existed the possibility of imagining innovative typologies that could respond to primary needs and improve living conditions. Some educational workshops hence began to explore how design could contribute to the development of projects that would make an impact on the hygienic-sanitary situation, for example, by encouraging water purification, transportation and distribution, or by fragmenting energy production by relying on alternative technology. Two major thematic areas were thus delineated for design projects in emerging countries: the first, which concentrated on production capacity, sought to bring innovation to products “coming from” the Global South; the second focused on environmental conditions, to experiment with the possibility of creating products “destined for” the Global South. These considerations were the subject of further investigation in the research studies developed by the Undergraduate Programme in Industrial Design at the Università degli Studi di San Marino. First with the international conference Design beyond the boundaries of development held in 2007 and in the exhibition South out there – Projects for the Global South: water, hygiene and health, exhibited at the Architecture Biennale in Venice the following year. In 2008-09, the University itself initiated a new project, the goal of which was to build a permanent laboratory in Rwanda for training and research into the fields of design based on local issues. The experimentation, which began with the international workshop on Materials and units of intervention in the Global South, concentrated on the potential of vegetal fibres and on locallyapplicable technologies, testing the potential contribution of typological and technical innovation within local processes and funds. This was followed in 2009 by a second international workshop held at the Centre d’accueil et de formation San Marco in Kigali in Rwanda, which brought together students, graduates and professors from the Università Iuav di Venezia, San Marino, Kist in Kigali and local craftsmen. Education, delocalized research and the discovery of the most appropriate innovative processes to apply locally become the key for possible self-generated sustainable development. It is in this context of theoretical and practical experience that the professors and researchers of the Università degli Studi di San Marino led the project


entitled Education and handicraft production over the two-year period 2010-11. Conceived as stage one of a long-term participation project, it explored the possibility of generating internal economies by defining a category of products, in this case educational materials, to offer to local schools to improve the quality of the teaching pool. Designing “in the” South of the world, “with the” South of the world, “for the” South of the world, defines a cultural approach and thinking process focused on people and things rather than an exclusively operational approach. To imagine a kind of development that is not exclusively economic, transferring technology

and capital from the North to the South, means putting man and his environment at the centre of the processes of change. It also means working with the conviction that education, the cultivation and the reinforcement of men’s capacities, are the key to increasing opportunities for every individual to acquire the proper skills and gain access to the resources required to live a dignified life, thereby contributing to the development of his own country. And, in a wider perspective, it can help introduce a vision in which the variables that influence development do not concern the market alone, but expand in the attempt to reconsider a new dimension between local and global.

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Pensare l’infanzia. Transizione a piccoli passi Designing for childhood. Growing step by step Riccardo Varini

ricercatore, Università degli Studi della Repubblica di San Marino researcher Università degli Studi della Repubblica di San Marino

L’attività di progettazione per l’infanzia ha assunto progressivamente la forma disciplinare di mestiere nobile e autonomo. Un’opportunità positivamente qualificante per gli attori che vi sono coinvolti. Di grande responsabilità sociale e culturale, soprattutto in contesti diversamente sviluppati. Una professione gratificante che si acquisisce non tanto in fabbrica, in ufficio o sul tavolo da disegno, ma si forgia con lentezza e pazienza esperendola sul campo. Lo studio del bambino, a un tempo soggettoutente e soggetto-creatore, è particolarmente complesso date le caratteristiche di variabilità e mutevolezza interiore ed esteriore intrinseche nel concetto di sviluppo, che impongono un approccio aperto, determinabile solo in base alla specifica età e a un preciso contesto geopolitico e culturale. Lo sa bene il genitore invitato ad affiancare la crescita conoscitiva ed emotiva del bambino a piccoli passi, evolvendo con lui, dosando affettuosa cura e imposizione di regole, con la dovuta sapienza, in un vigile e flessibile equilibrio tra istinto e ragione, consentendo il progressivo sviluppo della capacità

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relazionale e inventiva. E non è casuale l’uso del termine-concetto “affiancare” anche nell’ambito del disegno industriale. Bruno Munari invitava e suggeriva modi di giocare, scoprire, conoscere, divertirsi, ma soprattutto di stare accanto ai bambini. Nella sua esperienza di educatore e progettista compaiono con frequenza le parole di Lao Tse: “Azione senza imposizione di sé”. Compito dell’adulto è di accostarsi proponendo un aiuto tecnico, creare un ambiente ricco, coinvolgente e stimolante, trasformandosi in un abile regista. Il metodo del dire “come” fare e non “cosa” fare, di progettare giochi indefiniti, che ogni bambino può definire da sé. Anche analizzando il significato del termine “transizionale” che lo psicanalista Donald Winnicott attribuisce agli oggetti con i quali il bambino inizia a interagire dopo i primi mesi di vita, una coperta o un pezzo di stoffa, un pupazzo, comprendiamo l’importanza e la considerazione che la società moderna ha della funzione che i prodotti ricoprono nell’accompagnare e rappresentare la transizione del bambino stesso da uno “stato di essere fuso con la madre” (periodo dell’allattamento) ad uno “stato di essere in rapporto con la madre come qualcosa di esterno e separato”. Secondo Winnicott, inoltre, la creatività, non consiste nei prodotti dei lavori artistici, ma “nella maniera che ha l’individuo di incontrarsi con la realtà esterna: essa è universale, appartiene al fatto di essere vivi. L’esperienza culturale comincia con il vivere in modo creativo, ciò che in primo luogo si manifesta nel gioco”. L’oggetto assume dunque un ruolo preciso e definito di mediatore nella relazione prima tra il soggetto e la madre, e poi con l’altro, sia esso uomo, animale o parte del mondo. Ma la consapevolezza e accettazione, da parte


della comunità scientifica di questo ruolo formativo globale, richiesto e demandato al progetto, al prodotto e quindi anche all’ideatore, viene documentata quale conquista relativamente recente e non lineare, alla quale hanno concorso discipline mediche, socio pedagogiche, ma anche tecnico progettuali. Risale infatti ai primi anni Venti del Novecento, nel contesto di ineguagliabile ricchezza avanguardistica del Bauhaus di Weimar, l’effettivo dichiararsi e manifestarsi della rivoluzionaria concezione secondo la quale i bambini non sono piccoli adulti che non desiderano altro, nelle proprie stanze, che versioni in miniatura di prodotti e arredi per adulti. Progettando arredi e giochi per l’infanzia, Alma Buscher conquista rapidamente la guida del laboratorio di lavorazione del legno nel Bauhaus di Weimar. Nella camera dei figli realizzata per l’esposizione del 1923 alla Haus am Horn lo spazio è innovativamente pensato per i bambini, i colori chiari e primari, gli arredi alla loro scala e rivolti alle loro specifiche esigenze, in maniera che li possano far propri. L’obiettivo dell’interazione assume quindi un ruolo concretamente centrale nella progettazione di prodotti per l’infanzia. Intorno al 1924, la Buscher progetta una bambola da gettare, dai lineamenti astratti. Considerata la flessibilità strutturale del tronco in fibra e degli arti in corteccia intrecciata, contrapposta alla robustezza del volto e delle mani in perline e uovo da rammendo in legno, il pupazzo, può essere lasciato cadere o addirittura gettato, per assumere un atteggiamento comunque attraente, affettuoso o grottescamente comico. Ha il capo indistruttibile. Contrasta diametralmente con l’immagine ottocentesca della bambola dalla fragile testa in ceramica. La stessa designer riesce nell’intento di disegnare una tipologia nuova di giocattolo ancora oggi in produzione e attiva dal punto di vista pedagogico: “queste creazioni da manipolare, non più costosi manufatti da ammirare, sono caratterizzate da semplicità, molteplicità combinatoria e sono pensate per adattarsi alla creatività e alla fantasia del bambino”, sostiene in un’intervista del 1926. Nel Bauspiel: ein Schiff, nave-giocattolo da costruzione, la Buscher progetta un insieme completo e integrato di prodotto per bambini: gli elementi interni modulari, dalle forme elementari e differenti, componibili in figure sempre nuove (nave, montagna, ferrovia, animale…), il legno laccato in diversi colori delle facce di questi elementi, la forma parallelepipeda in legno della confezione di vendita che funge anche da contenitore di raccolta post-gioco, la grafica sul packaging che riporta la

descrizione testuale e illustrativa a colori delle possibilità combinatorie del prodotto stesso, esaltano il fine didattico, di stimolo nel soggetto della sensibilità cromatica, del senso della forma e delle capacità immaginative: “la sua capacità di godere – un fattore chiave nell’educazione…”. Da rimarcare infine il ruolo di Gianni Rodari. Nel 1938 scrive il Quaderno della Fantastica, un “modesto scartafaccio”, come lo chiama, sui modi, trucchi e tecniche per stimolare l’immaginazione come strumento per l’educazione linguistica (ma non soltanto…) dei bambini. “Vi si parla di alcuni modi di inventare storie per bambini e di aiutare i bambini ad inventarsi da soli le loro storie. Vi si tratta solo dell’invenzione per mezzo delle parole e si suggerisce appena, ma senza approfondire, che le tecniche potrebbero facilmente essere trasferite in altri linguaggi”. Nei laboratori, workshop e ricerche del Corso di laurea in disegno industriale dell’Università degli studi di San Marino, insieme a Massimo Barbierato e Massimo Brignoni, abbiamo sperimentato la traduzione e applicazione di alcuni trucchi e tecniche suggeriti dall’autore trasferendoli al contesto tridimensionale del prodotto industriale o artigianale per l’infanzia. I filoni progettuali e le linee di prodotto che ne derivano presuppongono una particolare attenzione ai temi della sostenibilità, nelle molteplici dimensioni suggerite dai criteri e programmi educativi dell’Unesco, nel segno della socializzazione, del rispetto della diversità e della formazione di una cultura responsabile locale. Germogli in crescita… a piccoli passi.

As a discipline, designing for children has progressively acquired the form of a noble and independent profession. An opportunity that positively qualifies the actors involved, recognizing the significant social and Made in Rdc


cultural responsibility, especially in contexts with a diverse development. A gratifying profession that cannot be learned in the factory, in the office or on the drawing table, but is slowly and patiently forged by experience on the field. The study of the child, who is simultaneously the subject–user and subject-creator, is particularly complex given the characteristics of inner and outer variability and volatility intrinsic to the concept of development, which require an open approach, to be determined on the basis of the specific age group and the precise geopolitical and cultural context involved. This is very clear to the parent who must accompany the child’s cognitive and emotional growth step by step, evolving with him, carefully dosing loving care and the imposition of rules with the necessary wisdom, with a conscious and flexible balance between instinct and reason, which allows the child to progressively develop his capacity to relate and to invent. And the term “accompany” is not used randomly in the field of industrial design either. Bruno Munari encouraged and suggested ways of playing, discovering, knowing, having fun, but especially of being with children. In his experience as an educator and designer, he frequently refers to the words of Lao Tse: “Action without imposition of self”. The duty of the adult is to stand by the child and offer technical support, to create a rich, involving and stimulating environment, to become a mindful director. This method means saying “how” rather than “what” to do, designing undefined games, that each child can define in his own way. Even an analysis of the meaning of the word “transitional”, attributed by psychoanalyst Donald Winnicott to the objects with which the child begins to interact in the earliest months of his life, such as a blanket, a rag or a stuffed animal, clarifies the importance and consideration given by modern society to the role of products in accompanying and representing the transition of the child from a “state of being one with the mother” (the period of breastfeeding) to a “state of being in a relationship with the mother as something external and separate”. Winnicot felt that creativity did not lie in the products of artistic endeavour, but “in the way that the individual meets reality: it is universal, it belongs to the very fact of being alive. The cultural experience begins with creative living, first

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manifested as play”. The object therefore acquires a precise and defined role as the mediator of the relationship between the subject and first the mother, then the ‘other’, be it man, animal or part of the world. But the awareness and acceptance by the scientific community of this comprehensive educational role, entrusted to design, to the product and hence to its author, is documented as a relatively recent and non-linear acquisition, to which the medical, social and educational, as well as technical and design disciplines have all contributed along. In the early 1920’s, within the context of the unique richness of the Bauhaus avant-garde in Weimar, a revolution occurred in the conception that children were no more than miniature adults, who want nothing more, in their own rooms, than miniature versions of products and furniture for adults. In designing furniture and toys for children, Alma Buscher quickly rose to the position of head of the woodworking workshop at the Bauhaus in Weimar. In the bedroom she built for her children for the 1923 exhibition at the Haus am Horn, the space was innovatively conceived for children, with light and primary colours, furniture to the scale of children and designed to meet their specific needs, furniture they could consider their own. Interaction as an objective became central in the practice of designing products for children. Around 1924, Buscher designed a doll made to throw around, with abstract features. Considering the structural flexibility of the trunk which was made of fiber and the arms and legs made of braided bark, contrasting with the solidity of the face and hands made out of beads and a wooden mending egg, the doll could be dropped or even thrown around, and still appear attractive, affectionate or grotesquely comical. The head was indestructible. It was the complete opposite of the nineteenth century image of a doll with a fragile porcelain head. The designer was successful in her intent to create a new typology of toy that is still in production today and active from a pedagogical point of view: “these creations made to be handled, and not just expensive artifacts to admire, are distinguished by their simplicity, their many possible combinations and are conceived to adapt to the creativity and imagination of the child”, she explained in an interview in 1926. In Bauspiel: ein Schiff, a toy ship to build, Buscher designed a complete and integrated set of products for children: the internal modular elements, with a set of elementary forms that could be composed into countless new figures (ship, mountain, train,


animal…), the wood painted in different colours on the faces of these elements, the wooden parallelepiped of the package that then became a box to store the elements after playing, the graphic design of the packaging which carried a written and illustrated description in color of the possible combinations for the product itself, highlighted its educational goal, made to stimulate subjects with a sensitivity to colour, a sense of form and a capacity for imagination: “the capacity to enjoy – a key factor in education”. The role of Gianni Rodari should also be pointed out. In 1938 he wrote his Quaderno della Fantastica, a “modest scratchpad”, as he called it, offering methods, tricks and techniques to stimulate the imagination as a tool for the children’s linguistic education (and not just that...). “It talks about ways to invent stories for children and helping children to invent their own storie. It simply talks about invention by means of words and just barely

suggests, without delving too deeply, that these techniques could easily be transferred to other languages”. In the courses, workshops and research work at the Undergraduate Programme in Industrial Design at the Università degli Studi della Repubblica di San Marino, along with Massimo Barbierato and Massimo Brignoni we experimented with the translation and application of some of the tricks and techniques suggested by the author, transferring them into the three-dimensional context of industrial or handcrafted products for children. The design themes and collections of products that resulted assumed that particular attention be paid to the theme of sustainability, in the many dimensions suggested by the educational criteria and programmes of UNESCO, in the name of socialization, respect for diversity and the formation of a responsible local culture. Little sprouts grow… step by step.

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Contesto, design e produzione Context, design and production


Obiettivi, fasi e risultati del progetto Goals, phases and results of the project Massimo Brignoni, Riccardo Varini

ricercatori Università degli Studi della Repubblica di San Marino researchers Università degli Studi della Repubblica di San Marino

Individuato come ambito d’intervento il sistema dell’istruzione dell’infanzia dei paesi in via di sviluppo, il progetto si concentra sulle esigenze formative delle scuole di Lubumbashi, del complesso scolastico Les Buissonnets della missione Padre Marcellino e di altri istituti periferici gestiti dall’Associazione Amka onlus, da anni impegnata nella regione del Katanga. Il coinvolgimento diretto delle istituzioni locali ribadisce come, nell’affrontare questioni legate alla produzione in loco e ancor più nella definizione di progetti che implicano le scuole, risulti determinante l’apporto di organismi e associazioni che operano sul posto. La loro presenza e l’impegno costante restituiscono una più corretta visione della realtà sociale ed economica, fornendo inoltre un impagabile supporto logistico. Più specificatamente,

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considerato l’apporto che la ricerca progettuale può dare su queste tematiche è stata indagata una delle questioni infrastrutturali e organizzative più urgenti per la diffusione della scolarizzazione, ovvero il reperimento di materiali e giochi didattici quali ausili per lo svolgimento delle attività formative ed espressive dei bambini soprattutto nei primi anni di frequentazione scolastica. L’intento è quello di incidere sull’intero iter di produzione di tali oggetti distinguendo fra aspetti ideativi e di prima verifica esecutiva, da sviluppare in ambito universitario, e aspetti realizzativi veri e propri affrontabili solo a contatto con gli artigiani locali, unitamente al riscontro della loro efficacia nelle strutture scolastiche di Lubumbashi. Giochi, dunque, da progettare e produrre con materiali naturali e reperibili localmente ma, in più, pensati per originare un sistema auto efficiente di domanda-offerta. Fra i risultati attesi infatti vi è anche l’idea di generare una dinamica virtuosa di valorizzazione delle risorse congolesi, che offra opportunità di lavoro e incentivi produzioni seriali di linee per la scuola, eventualmente esportabile in altre realtà simili della nazione. Con questi presupposti l’intervento dell’Università si è sviluppato lungo un biennio in tre fasi principali. La prima, di ricerca e pianificazione, svoltasi nel 2010 dopo la conferenza inaugurale e interdisciplinare di confronto sugli obiettivi con i partner sammarinesi, ha consentito, oltre all’assegnazione di una borsa di ricerca, la definizione degli elementi cardine dell’intervento: l’allineamento del progetto universitario e di quello formativo in loco con i criteri di sviluppo e gli obiettivi Unesco - Éducation pour tous e Éducation pour le développement durable; le iniziative di design


da avviare in ausilio alla didattica nelle scuole congolesi; il sopralluogo per l’approfondimento conoscitivo del contesto e degli scenari culturali; l’avvio dei contatti con i referenti operativi e le istituzioni scolastiche locali. La seconda fase, che si è svolta a San Marino nel febbraio 2011, ha visto la realizzazione di un workshop progettuale dal titolo Materiali e giochi didattici per le scuole dell’infanzia e primarie, con la partecipazione di più di 40 studenti dei Corsi di laurea in Disegno industriale delle Università di San Marino e Iuav di Venezia e il coordinamento dei ricercatori Massimo Brignoni e Riccardo Varini, affiancati da Massimo Barbierato, Mauro Cazzaro, Tommaso Lucinato, Pietro Renzi e dalla borsista Chiara Belardinelli. Al laboratorio hanno preso parte, con una serie di contributi interdisciplinari di approfondimento sugli aspetti dell’apprendimento in età scolare non solo in Africa e della valorizzazione delle risorse artigianali locali, Sebastiano Bastianelli, direttore Uoc Servizio salute mentale Iss, Repubblica di San Marino; Graziella Alpini, insegnante presso le scuole medie inferiori di San Marino; Marcella Mondini e Giulia del Bosco, referenti delle cooperative artigianali per Associazione Amka onlus e infine Alice Cappelli, coordinatrice cooperative artigianali del Centro San Marco a Kigali, Ruanda. Le numerose proposte progettuali, più di 20, affrontano i temi del rapporto tra gioco e apprendimento, concentrandosi soprattutto su soluzioni che favoriscano le attività di gruppo, il rispetto delle differenze e le dinamiche legate alla socializzazione. L’interazione con l’oggetto può consentire nel bambino lo sviluppo di una coscienza civica, oltre alla crescita dell’interesse per alcune discipline di studio: il ciclo della vita, l’ambiente, la scrittura, la geometria, la fisica. Una mostra itinerante dei lavori, allestita a San Marino e a Rimini, ha coronato questa fase di ricerca alla quale ha partecipato, commentandone gli esiti, Luigi Guerra, preside della Facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Bologna. Una commissione tecnica interna all’Università ha dato quindi avvio alla terza fase dell’intervento con la selezione, nel marzo 2011, di 7 progetti da produrre in serie limitata. Le valutazioni hanno privilegiato la rispondenza delle proposte a criteri di efficacia rispetto all’obiettivo didattico proposto, alla reperibilità di materiali naturali locali e alle tecniche di lavorazione artigianali. I progetti selezionati sono stati ingegnerizzati e realizzati sotto forma di prototipi definitivi. Nell’area cittadina di Lubumbashi, l’assenza totale di turismo e l’invasione massiva di prodotti cinesi

a basso costo stanno contribuendo alla scomparsa dell’artigianato congolese. Fanno eccezione le comunità che, vista la prossimità di numerose miniere, lavorano nella produzione di monili e oggetti in rame e malachite. La realizzazione dei campioni finali è stata quindi possibile solo grazie all’appoggio dell’Associazione Amka Katanga nel coinvolgimento delle tre cooperative artigianali Uhuru, Tudjikaze e Mawazo, operanti nel quartiere La Ruashi che, oltre alla pietra malachite, realizzano anche oggetti in legno e osso. Sono stati coinvolti inoltre gli studenti dell’Académie des Beaux Arts, coordinati dal professor Kiat Wandand, per lo studio di elementi grafici e alcune sarte aderenti al programma di microcredito avviato da Amka, per le componenti da realizzare in stoffa. A fine settembre 2011, una missione operativa composta da ricercatori e studenti universitari ha verificato la rispondenza dei primi campioni realizzati dagli artigiani e ha dato avvio alla produzione. Quello che si è potuto verificare, incontrando gli artigiani nei luoghi dove questi lavorano e vivono, è l’incredibile divario prodottosi tra le capacità realizzative e l’inadeguatezza dei mezzi tecnologici e ambientali con i quali sono costretti a operare, con una evidente distanza tra le potenzialità e la reale possibilità di produrre. Grazie al supporto e coordinamento degli insegnanti della scuola Les Buissonnets, i 7 progetti sono stati testati direttamente con scolari e alunni del complesso. Nei tre mesi seguenti, le cooperative e gli artigiani coinvolti hanno continuato la produzione in serie limitata dei giochi che, a fine dicembre, sono stati donati alle scuole della Missione e agli istituti periferici gestiti dall’Associazione Amka Katanga. Istruzione e produzione artigianale si confronta con due grandi temi, possibili generatori di sviluppo nei Paesi emergenti: le capacità produttive locali e la qualità della formazione scolastica. Si è cercato di promuovere, più che una tipologia di progetto Nord verso Sud, un’iniziativa che, guidata dalla ricerca universitaria, possa creare le condizioni e le dinamiche interne, possibilmente auto generative per il futuro, affinché i soggetti coinvolti, artigiani e scuole locali, divengano agenti principali di sviluppo. Benché il progetto abbia già dato alcuni positivi riscontri nel breve periodo, è prematuro stabilire se abbia rappresentato un effettivo miglioramento della qualità della formazione scolastica e un’ulteriore categoria produttiva per gli artigiani. L’Università continuerà a monitorare gli effettivi risultati nel lungo periodo intervenendo con altre iniziative a sostegno delle dinamiche auspicate.

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Having defined the area of interest as the system of education for children in developing countries, the project concentrated on the educational requirements of the schools in Lubumbashi, the Les Buissonnets school complex run by the Padre marcellino Mission and other outlying institutes run by the non-profit Associazione Amka, which has been working in the Katanga region for many years. The direct involvement of local institutions confirms how important it is, in addressing issues of production in developing countries and even more so in developing projects for schools, to work directly with organisms and associations that operate in the area. Their presence and untiring commitment offer a more accurate understanding of the social and economic reality, and also provide precious logistical support. More specifically, considering the contribution that design research can make to these issues, the decision was made to explore one of the most urgent infrastructural and organizational questions for increasing literacy, which is the selection of educational materials and toys to use as teaching aids in educational and expressive activities for children, especially in the earliest years of their schooling. The intention is therefore to affect the entire production process of these objects, distinguishing between the conceptual phases and the first experimental prototypes to be developed at the university, and the actual production issues that can only be addressed in direct contact with the local

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craftsmen; their effectiveness must then be tested in the schools of Lubumbashi. These educational games must be designed and produced with natural and locally available materials, but they must also be conceived to generate a self-sufficient system of supply and demand. One of the expectations regards the idea of generating a virtuous dynamic process that will cultivate Congolese resources, offer employment opportunities and stimulate the production of standard collections for schools, with the potential to be exported to other similar contexts in the rest of the country. Based on these premises, the two-year project developed by the University was divided into three principal phases. The first, the research and planning phase, took place in 2010 following an inaugural interdisciplinary conference organized to delineate the objectives in conjunction with the partners in San Marino. The result, in addition to the attribution of a research scholarship, was the definition of the key elements in the project: ensuring that the university project and the educational project in loco comply with the UNESCO development criteria and objectives of Éducation pour tous and Éducation pour le dÊveloppement durable; initiating the design process to explore teaching aids for the schools in Congo; visiting the site to acquire a deeper understanding of the context and the cultural scenario; establishing direct contact with the operative figures and the local educational Institutions. The second phase, which took place in San Marino in February 2011, witnessed the organization of a design workshop entitled Educational materials and games for nursery and elementary schools, which involved over 40 students from the Undergraduate Programme in Industrial Design of the University of San Marino and Iuav di Venezia, coordinated by researchers Massimo Brignoni and Riccardo Varini, assisted by Massimo Barbierato, Mauro Cazzaro, Tommaso Lucinato, Pietro Renzi and by the winner of the scholarship Chiara Belardinelli. During the workshop, a series of interdisciplinary lectures were held to explore issues of school-age learning in Africa and in general, and the cultivation of local handcrafting resources, by speakers Sebastiano Bastianelli, director UOC Mental Health Services ISS Republic of San Marino; Graziella Alpini, teacher at the lower secondary schools in San Marino; Marcella Mondini and Giulia del Bosco, directors of Educational Projects for the NPO Associazione Amka; and finally Alice Cappelli, coordinator of the


handcrafting cooperatives at the Centro San Marco in Kigali, Rwanda. More than 20 different projects addressed the themes of the relationship between playing and learning, concentrating on solutions that encouraged teamwork, respecting differences, and the dynamics involved in socializing. Interacting with the object helps the child to develop a civil conscience, and stimulates his interest in specific study disciplines: the cycle of life, the environment, writing, geometry, physics. A traveling exhibition of the work, shown in San Marino and Rimini, crowned this phase of the research, with the participation of Luigi Guerra, Dean of the Educational Sciences Faculty at the University of Bologna, who offered his comments on the projects. An in-house technical commission at the University then initiated the third phase of the process with the selection, in March 2011, of 7 projects to be produced in a limited edition. The evaluation criteria rewarded the degree to which the projects effectively addressed the educational objective they set, the availability of local natural materials and the handcrafting techniques. The selected projects were developed into working drawings and definitive prototypes were produced. In the city of Lubumbashi, the total absence of tourism and the massive invasion of low-cost Chinese products are leading to the disappearance of native handcrafting. One exception is the production of copper and malachite souvenirs and objects, given the proximity of so many mines.The production of the final samples was therefore made possible by the support of Amka Katanga, which involved three handcrafting cooperatives Uhuru, Tudjikaze and Mawazo, located in the La Ruashi district, which produce not only malachite, but objects made out of wood and bone as well. The project also involved the students of the AcadĂŠmie des Beaux Arts, coordinated by professor Kiat Wandand, who studied the graphic elements; and several seamstresses associated with the microcredit programme initiated by Amka, who were

responsible for the components to be made out of textiles. At the end of September 2011, an operative delegation composed of researchers and university students went on a mission to verify the accuracy of the first samples made by the craftsmen and approve the start of production. What became clear after meeting the craftsmen in the places where they live and work, was the incredible disparity between the crafting skills and the inadequate technological and environmental means that they are forced to work with, which creates an obvious gap between the potential and the actual possibilities of production. Thanks to the support and coordination of the teachers at the school of Les Buissonnets, the 7 projects were tested directly by the students of the complex. Over the following three months, the cooperatives and craftsmen involved continued the limited-edition production of the games which were donated, at the end of December, to the schools of the mission and the outlying schools directed by Associazione Amka Katanga. Education and Handcrafting Production addresses two important themes, that have the potential to generate development in emerging countries: local production capacity and the quality of education. The intention was to promote not a typical North-towards-South project, but an initiative that, under the guidance of the university, could create the internal conditions and dynamics to help the subjects involved, local craftsmen and schools, become the primary actors for development, possibly in a self-generating way for the future. Though the project offered positive results in the short term, it is too early to establish whether this has led to real improvement in the quality of instruction and an additional field of production for the craftsmen. The University will continue to monitor the effective results over the long term, by intervening with additional projects to sustain the dynamics it is working towards.

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Il sistema congolese dell’istruzione primaria Congo’s system of primary education Marcella Mondini

responsabile Progetti di educazione per Associazione Amka onlus director of Educational Projects for the NPO Associazione Amka

Il sistema scolastico nazionale della Repubblica Democratica del Congo è organizzato in due ordini, primario e secondario, di sei anni l’uno, e dall’insegnamento universitario. Le condizioni dell’istruzione primaria, che ci limiteremo qui a descrivere, riflettono l’estrema precarietà della situazione scolastica a livello nazionale. I docenti, spesso non adeguatamente formati e preparati, sono in ogni caso profondamente influenzati da anni di dittatura, guerra e instabilità: i metodi educativi utilizzati risultano quindi datati, rigidi, impostati dall’alto. La mancanza di strutture, materiale didattico e manuali per lo più li costringe, soprattutto nelle zone rurali, a svolgere il proprio lavoro basandosi sui ricordi di quanto appreso ai tempi della loro formazione o avendo come unico strumento il proprio quaderno degli appunti. Le classi sono generalmente sovraffollate (con una media di 50-70 alunni, ma in certi casi raggiungono i 100); le strutture, ove presenti, sono piccole e inadeguate; nelle “scuole di brousse” – ovvero quelle dei piccoli villaggi periferici – la classe si riunisce solitamente sotto una tettoia con tetto di paglia per ripararsi dal sole e dalla pioggia abbondante, gli studenti sono seduti per terra e un tronco tagliato 36 | 37

a metà funge da banco. A tutto ciò va aggiunto che per lunghi anni gli insegnanti non hanno ricevuto lo stipendio e quando il governo nazionale ha ricominciato a pagare i salari li ha riservati solo ai cosiddetti enseignant mechanisé, ossia agli abilitati. Non tutti i maestri però hanno la preparazione adatta per poter ottenere tale riconoscimento, di conseguenza un buon 50% del corpo docente congolese continua a non essere retribuito a livello statale. Per sopperire alla situazione le scuole si sono organizzate “autonomamente”: in molti casi sono le missioni, le associazioni e le ong a prendersi carico degli stipendi degli insegnanti, in altri i genitori degli alunni si occupano del mantenimento dei maestri. Con queste premesse non è difficile credere che il livello scolastico del Paese sia decisamente crollato negli ultimi quindici anni. Anche alcuni interventi statali destinati a regolare metodi e proposte educative si sono rivelati, ancora una volta, pressoché inefficaci. Nel 2000 il Ministero dell’educazione nazionale, con il patrocinio dell’Unicef, ha pubblicato infatti il Nuovo programma nazionale dell’insegnamento primario, che definisce gli obiettivi generali di ciascuna disciplina, quelli intermedi di ogni grado e specifici di ogni anno scolastico. Tali obiettivi permettono di individuare con precisione i risultati attesi da parte dell’alunno. In aggiunta, il Ministero ha redatto la Previsione delle materie del Nuovo programma nazionale dell’insegnamento primario. Essa consiste nella ripartizione delle materie, con l’intento di disporre con un certo ordine e sviluppo progressivo le discipline da insegnare durante l’anno. Proposti dal Ministero come supporto agli insegnanti nell’espletamento delle loro funzioni, i due strumenti si sono dimostrati però troppo spesso alquanto limitanti. La Previsione invece di essere utilizzata come spunto dal quale partire


viene copiata fedelmente sui quaderni della programmazione e seguita alla lettera dai maestri. Tutti gli argomenti sono messi sullo stesso piano e viene loro dedicato il medesimo tempo (una settimana), senza tener conto dei differenti livelli di difficoltà nell’assimilazione. L’insegnante non riesce quindi a organizzare il proprio lavoro rispettando i tempi di apprendimento degli alunni. Lo svolgimento del programma si trasforma perciò in una corsa frenetica in cui è facile “perdersi per strada” e lo testimonia l’elevato numero di bocciature. Si finisce così con la sensazione di entrare in classi piene di tanti piccoli “pappagallini” abituati a ripetere a memoria in maniera ineccepibile, anziché di bambini pensanti capaci di ragionare e di interiorizzare gli apprendimenti e farne tesoro per la propria vita.

The national school system of the Democratic Republic of Congo is organized into two levels, primary and secondary, lasting 6 years each, and followed by the university. The conditions of the primary school education, which we will describe here, reflect the extreme instability of the scholastic situation at the national level. The teachers, who are often inadequately trained and prepared, have been profoundly affected by years of dictatorship, war and instability: the educational methods they apply are often out-ofdate, rigid and imposed by their superiors. The lack of school buildings, teaching material and textbooks most often force them, especially in rural areas, to teach by relying on the memory of what they learned during their own educational process, or on the notes they took in their own school notebooks, as their only educational tools. The classes are generally overcrowded (with an average of 50-70 students, with peaks of 100); the school buildings, when they actually exist, are small and inadequate; in the “écoles de brousse”, the schools in the small outlying villages, the class generally gathers under a thatched roof structure that protects the children from the sun and the abundant rains; the students sit on the ground and a tree-trunk cut in

half serves as a desk. In addition, it should be said that for many years the teachers were not paid their salaries, and when the national government finally started payments again, they went only to the so-called enseignants méchanisés, the certified teachers. But not all teachers have sufficient training to obtain this acknowledgment, and as a result at least 50% of the teachers in Congo remain without a salary from the government. To remedy this situation the schools have organized themselves as best they could: in many cases the teachers’ salaries are paid by missions, associations and NGOs, in other cases the parents of the students support the teachers. With these premises, it is not hard to believe that the level of the schools in the country has declined drastically over the past fifteen years. Several government programmes created to regulate educational methods and proposals proved, once again, to be highly ineffectual. In the year 2000, the national Ministry of Education, under the patronage of UNICEF, published the New National Programme for Primary Education which defines the general objectives of each discipline, the intermediate goals of each level and the ones for each school year. These objectives make it possible to draft a precise definition of the results expected of the student. The Ministry also drafted the Curriculum Prevision for the New National Programme for Primary Education, outlining the distribution of the subjects in the curriculum, to bring a certain order and progressive development to the subjects taught during the school year. Presented by the Ministry as an aid to help teachers perform their functions, both tools have often proven severely inadequate. The Curriculum Prevision, rather than being used as a basis to work from, was faithfully copied on programme notebooks and followed to the letter by the teachers. All the subjects are considered to be on the same level and the same amount of time is allocated to each one (one week), without taking into consideration that some of them are harder to assimilate than others. The teachers do not have the freedom to organize their own work and to respect their students’ pace of learning. Completing the programme therefore becomes a race against time, in which it is easy to “fall by the wayside”, and this becomes all too obvious when considering the disproportionate number of failing students. The feeling one gets, in the end, is that the classes are filled with little “budgies” accustomed to repeating everything by heart, instead of thinking children who know how to reason and can absorb what they learn and use it wisely during their lifetime.

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Le Cooperative artigianali nella produzione locale del Katanga The crafting Cooperatives in the local production of Katanga Giulia del Bosco

referente delle cooperative artigianali per Associazione Amka onlus contact for the handcrafting cooperatives for the NPO Associazione Amka

L’Associazione Amka onlus ha scelto di dedicarsi al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione della Repubblica Democratica del Congo. Uno dei paesi più poveri al mondo che, dopo lunghi anni di dittatura interna e di ingerenze da parte di paesi e società straniere, con grande fatica, sta avviando un processo di ricostruzione del tessuto sociale ed economico. Con una presenza ormai decennale nella zona rurale di Mabaya, l’Associazione supporta le popolazioni dei villaggi del Sud e opera con progetti di sviluppo in diversi settori: sanità, educazione, microcredito e accesso all’acqua. In collaborazione con la popolazione locale, ha inoltre scelto di sostenere un progetto nella città di Lubumbashi per favorire, attraverso il lavoro artigianale, una crescita autonoma e consapevole, valorizzando le attività già presenti e quelle legate alla lavorazione della malachite, diffusa in tutta la regione per la presenza di miniere di rame. In particolare, le attività si sono concentrate nel quartiere La Ruashi, alla periferia della città. Quest’area, come tutta la regione del Katanga, è nota per i ricchissimi giacimenti minerari di cui dispone, ma alla preziosità dei minerali estratti dalle cave non corrisponde un adeguato trattamento delle persone che vi lavorano. Le condizioni esistenti comportano 38 | 39

un elevato rischio in termini di sicurezza e tutela della salute e i lavoratori, generalmente precari, sono altamente sfruttati e sottopagati, ma questa attività costituisce una delle poche possibilità di occupazione e sopravvivenza in un Paese con un bassissimo livello di sviluppo e istruzione. Una delle possibili alternative al lavoro nelle miniere è dedicarsi al lavoro artigianale per la realizzazione di oggetti d’arte e monili da vendere al mercato locale o ai pochi turisti di passaggio. Nel quartiere La Ruashi si concentra la produzione artigianale e artistica della città. Intere famiglie scolpiscono la malachite, modellano il legno, il rame o l’osso, ma spesso gli accordi commerciali stipulati con terzi e le condizioni lavorative imposte non rendono redditizia la produzione degli oggetti ma soltanto appena sufficiente per l’economia familiare. Gli artigiani de La Ruashi sono da sempre riuniti in cooperative attraverso le quali cercano di rafforzare la loro posizione e migliorare le loro condizioni. La forma associazionistica è in effetti l’unico modo per preservare e mantenere attivo questo settore, in quanto conferisce ai singoli più potere contrattuale e li preserva dalle imposizioni esterne che potrebbero creare oscillazioni di mercato altrimenti incontrollabili. In tale contesto si inserisce l’intervento dell’Associazione che dal 2004 ha avviato con gli artigiani delle tre cooperative Mawazo, Tudjikaze e Uhuru un progetto di commercio equo e solidale avvalendosi della collaborazione della bottega solidale Pangea Niente Troppo. Artigiani e singole cooperative introdotti ai principi del commercio equo hanno progressivamente acquisito tecniche e metodi per il miglioramento della propria attività divenendo concorrenziali nel mercato locale e autonomi nella gestione del proprio lavoro. Affiancando gli oltre 200 artigiani associati,


l’Associazione ha quindi avviato un processo di miglioramento delle condizioni di lavoro e un rafforzamento dei principi democratici che regolano i rapporti sociali ed economici, aiutando le cooperative a compiere un’analisi dei loro costi di produzione e, in base a questi, a elaborare dei prezzi di vendita che restituissero dignità al lavoro svolto e garantissero guadagni equi. Il progetto con le cooperative de La Ruashi prevede una costante formazione tesa a incrementare sempre più la qualità dei prodotti già in “catalogo”, ad ampliare l’offerta e a diversificare la produzione con nuovi modelli destinati al mercato locale o al circuito del commercio equo, nel tentativo di rafforzare sempre più la loro autonomia e renderle delle vere e proprie “fabbriche di artigianato sociale” .

The non-profit Associazione Amka has chosen to dedicate its work to improving the living conditions of the population of the Democratic Republic of Congo one of the poorest countries in the world. After a long period of internal dictatorship and interference by foreign countries and corporations, it is making a sustained effort to begin a process of reconstructing its social and economic fabric. With its ten-year activity in the rural area of Mabaya, Amka supports the populations of the villages in the South and works on development projects in various fields: health, education, microcredit and access to water. In collaboration with the local population, it has also chosen to sustain a project in the city of Lubumbashi to encourage independent and conscious growth by developing the craft industries, cultivating existing activities and the malachite-processing shops, which are widespread throughout the region given the number of copper mines in the area. The activities are particularly concentrated in the district of La Ruashi, on the edge of the city. This area, like the entire Katanga region, is known for the rich mineral deposits in its soil, but the precious quality of the minerals extracted there does not

bring with it adequate treatment of the people that work there. Existing conditions carry an extremely high risk in terms of safety and health protection and the workers, in generally unsteady jobs, are badly exploited and underpaid; yet this activity is one of the few possibilities for employment and survival in a country with an extremely low level of development and instruction. One of the possible alternatives to the mines is working in the craft industry, creating artistic objects or souvenirs to sell on the local market or to the few tourists traveling through. The artistic and handcrafting production of the city is concentrated in the La Ruashi district. Entire families sculpt malachite, shape wood, copper or bone, but often the commercial agreements stipulated with third parties and the working conditions they are forced to accept do not make the production of objects very profitable, producing barely enough income to sustain the family economy. The craftsmen of La Ruashi have always been united in cooperatives, with which they try to strengthen their position and improve their conditions. This form of association is the only way to preserve this sector and keep it active, because it gives individual craftsmen more bargaining power and preserves them from external impositions that could otherwise create uncontrollable market oscillations. This is the context that the Associazione Amka stepped into: since 2004 it has collaborated with the craftsmen of the three cooperatives Mawazo, Tudjikaze and Uhuru to set up a fair-trade project that relies on the collaboration with the fair-trade network Pangea Niente Troppo. Craftsmen and individual cooperatives introduced to the principles of Fair trade have progressively acquired methods and techniques to help improve their businesses and become competitive on the local market and independent in the management of their own work. Assisting the over 200 associated craftsmen, Amka initiated a process to improve working conditions and to reinforce the democratic principles that govern social and economic relationships, helping the cooperatives analyze their production costs, and on this basis, work out selling prices that will restore dignity to their work and guarantee fair earnings. The project with the cooperatives of La Ruashi includes continuing education programmes, the purpose of which is to increase the quality of “existing” products, to expand the selection and to diversify production with new models for the local market or the Fair Trade circuit, in an attempt to continue to reinforce their independence and turn them into “factories for social craftsmanship”.

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Dall’ideazione alla realizzazione From conception to construction Chiara Belardinelli

borsa di studio Università degli Studi della Repubblica di San Marino intern Università degli Studi della Repubblica di San Marino

Progetti di cooperazione internazionale come Istruzione e produzione artigianale, che vedono giovani designer dell’Università impegnati nella progettazione di oggetti destinati ai Paesi in via di sviluppo, possono divenire dei generatori di valore economico e sociale nel momento in cui riescono a mantenere, conferendo il giusto valore a ciascuno, un corretto equilibrio tra le reali esigenze di tutti i soggetti coinvolti: dai designer agli artigiani produttori, fino agli alunni delle scuole dell’infanzia e primarie, utenti finali che li andranno a utilizzare. Sin dalle prime fasi progettuali, nel momento dell’ideazione dell’oggetto, il designer deve innanzitutto avere ben presente e conoscere la realtà in cui il suo prodotto-oggetto si collocherà e le modalità con cui verrà utilizzato. Dinamiche sociali e valori culturali sono lontani dai modelli occidentali ed è fondamentale per il progettista interagire con il “luogo”, il linguaggio, la cultura e le simbologie locali fino ad arrivare a coniugare le proprie concezioni con le scelte formali ed estetiche e la libera interpretazione dei produttori artigiani. Così facendo il prodotto non potrà altro 40 | 41

che arricchirsi di una forza maggiore e risulterà appartenere ancor più alla realtà a cui è destinato. Relativamente alla realizzazione vi sono poi delle differenze sostanziali tra la realtà produttiva occidentale, seppur artigianale, e quella dei Paesi del sud del mondo. Il pensiero del designer occidentale è normalmente lontano dalle tecniche artigianali di questi paesi e deve perciò in primis conoscere il contesto economico e produttivo, i materiali disponibili, le tecnologie utilizzate e il livello di precisione e finitura possibili. La presenza di associazioni e organizzazioni non governative, già impegnate nei settori della cooperazione internazionale e del commercio equo e solidale, può essere utile proprio per comprendere a fondo tutto ciò che caratterizza la realtà produttiva locale. L’artigiano del Sud del mondo ha un suo modo di produrre, spesso arcaico e inadeguato se visto nell’ottica occidentale ed è solo rapportandosi e capendone dinamiche e metodi che se ne possono sfruttare peculiarità e vivacità. Sviluppato quindi il progetto inevitabilmente attraverso l’adattamento al contesto e ai canoni locali, è indispensabile riuscire a comunicare con l’artigiano in modo da fargli comprendere cosa dovrà realizzare e in che modo. Se il designer è abituato a fornire disegni tecnici al suo produttore abituale, nei Paesi in via di sviluppo è invece di fondamentale importanza fornire un prototipo fisico, in quanto, da ottimo osservatore, l’artigiano riuscirà a riprodurne le forme. Ma la enorme differenza sulla disponibilità tecnologica, fatta di una profonda arretratezza di mezzi di produzione e di frammentazione delle competenze, costringerà comunque il designer a dover adeguare ulteriormente la sua idea alle possibilità contingenti. Questo non significa rigettare la nostra logica progettuale o abbandonare la gestione del progetto


ma al contrario, è proprio così che due mondi, territorialmente e metodologicamente lontani, mettono a frutto le reciproche qualità. Il designer, guidando e coordinando le differenti professionalità necessarie al completamento del prodotto entrerà in sinergia con ogni singolo anello della catena esecutiva dando vita a un prodotto il cui valore aggiunto è quantificabile proprio nella misura in cui apporterà un progresso sostenibile e duraturo alle comunità artigiane di quei Paesi. Il risultato sarà un pezzo unico e diverso dagli altri, un oggetto vivo e sentito come proprio dalla popolazione locale che avrà in sé come punto di forza il suo essere veicolo di culture e tradizioni lontane che meritano rispetto e conoscenza.

International cooperation programmes such as Education and handicraft production, which involve young designers from the University to design objects made for developing countries, can generate economic and social value when they create the right balance between the real needs of each of the parties involved, giving each of them the value they deserve: from the designers to the craftsmen, to the students of the nursery and elementary schools, the final users who will play with them. From the earliest phases of the design process, from the moment the object is being conceive, the designer must be aware of and understand the context which his product-object is destined for and the way it will be used. The social dynamics and cultural values are poles apart from western models, and it is of vital importance that the designer interact with the “place”, the language, the culture and the local symbolism, so that he can wed his own conceptions with the formal and aesthetic considerations and the personal interpretation of the craftsmen who produce it. This will most certainly make the product richer and stronger, and more deeply embedded in the reality for which it was destined.

In the area of production, there are substantial differences between the world of western manufacturing, including craft industries, and that of countries in the Global South. The western designer’s thinking processes are usually rather remote from the crafting techniques of developing countries; it is important for him, first and foremost, to understand the economic and manufacturing context: what materials are available, what technologies are used, and what level of precision and finish can be achieved. The presence of nongovernmental associations and organizations, working in the areas of international cooperation and fair trade, can be helpful for acquiring a comprehensive understanding of the characteristics of the local manufacturing context. The craftsman in the Global South has his own way of making things. It may often seem archaic and inadequate if seen from a western perspective, but it is only by confronting it to understand its dynamics and methods that its specificities and vitality may be used to advantage. Once the project is developed and necessarily adapted to the local context and standards, it is indispensable to learn to communicate with the craftsman, to explain what he will have to manufacture and how. Whereas the designer habitually provides technical drawings for a manufacturer, in developing countries it is vitally important to bring a physical prototype, because being an excellent observer, the craftsman will be able to reproduce its forms. But the major difference in technological potential, caused by the profound underdevelopment in the means of production and by the fragmentation of skills, will in any case require the designer to further adapt his idea to the contingent possibilities. This does not mean rejecting our design logic or giving up on project management, on the contrary, this is exactly how two worlds, geographically and methodologically remote, exploit their mutual qualities. By guiding and coordinating the many professional figures involved in completing the project, the designer will create synergy with every single link in the production chain, to make a product whose added value may be quantified precisely by the measure in which it will lead to the lasting and sustainable progress of the crafting communities in those countries. The result will be a unique piece, different from all the others, a living object that the local population will consider its own, and whose strong point will lie in its acting as a vehicle for distant cultures and traditions that deserve to be respected and understood.

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Workshop

Materiali e giochi didattici per le scuole dell’infanzia e primarie Educational materials and toys for nursery and elementary schools


7–11 febbraio 2011 7-11 February 2011 Corso di laurea in Disegno industriale Undergraduate Programme in Industrial Design Università degli Studi della Repubblica di San Marino Docenti Teachers Massimo Brignoni Riccardo Varini Collaboratori Assistants Massimo Barbierato Chiara Belardinelli Mauro Cazzaro Tommaso Lucinato Interventi esterni Consultants Graziella Alpini insegnante presso le scuole medie inferiori di San Marino teacher at the lower secondary schools in San Marino Alice Cappelli coordinatrice cooperative artigianali del Centro San Marco a Kigali, Ruanda coordinator of the handcrafting cooperatives at the Centro San Marco in Kigali, Rwanda Sebastiano Bastianelli direttore Uoc Servizio salute mentale Iss, Repubblica di San Marino director Uoc Mental Health Services ISS Republic of San Marino Giulia del Bosco referente delle cooperative artigianali per Associazione Amka onlus contact for the handcrafting cooperatives for the NPO Associazione Amka Patrizia Di Luca presidente Commissione sammarinese Unesco president of the Commission of San Marino to UNESCO Luigi Guerra preside Facoltà di Scienze della formazione, Università di Bologna dean of the Faculty of Educational Sciences at the University of Bologna Marcella Mondini responsabile Progetti di Educazione per Associazione Amka onlus director of Educational Projects for the NPO Associazione Amka


Barua Davide Balestieri Pietro Garofalo

Obiettivo del gioco è insegnare al bambino la morfologia delle lettere corsive attraverso la scomposizione dell’alfabeto in segni grafici realizzati in legno. I pezzi sono contenuti all’interno di una scatola a forma di libro sulla cui copertina sono rappresentati i segni che servono al bambino per riconoscere le componenti con cui ricostruire ogni lettera. The objective of the game is to teach children the morphology of letters in script, by deconstructing the alphabet into graphic signs made out of wood. The pieces are stored inside a box in the shape of a book, with a cover illustrating the signs that the child may use to recognize the components with which he will reconstruct each letter.

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Batti cinque Valentina Sabino Valerio Semprini

Batti cinque è costituito da 40 guantoni con 4 serie numeriche complete, 2 gialle e 2 rosse. Destinato all’intera classe scolastica, si presta a svariati giochi di squadra che favoriscono la consuetudine all’uso dei numeri e l’esecuzione delle operazioni elementari. Batti cinque is constituted by 40 gloves with 4 complete number series, 2 yellow and 2 red. Made to be used by an entire class, it lends itself to a variety of team games that encourage familiarity with numbers and learning to do basic arithmetic.

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Bilancia Alberto Laghi Giacomo Panzavolta

Per far comprendere al bambino l’associazione numero-unità sono posizionati da una lato della bilancia dei solidi con un numero stampato, dall’altro dei moduli che rappresentano l’unità. Il bambino ottiene l’equilibrio della bilancia solo nel momento in cui colloca le giuste unità per ogni numero, grazie all’equivalenza in peso. To help the child understand the association between number and unit, on one side of the scale he must put the solids with a number printed on them, and on the other the modules that represent the unit. The child achieves a balance on the scale only when he places the right units for each number, which are made to weigh exactly the same.

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Chutes d’étoffe Giulia Bertani Anna Cantamessa

I moduli in tessuto, di colori differenti e arricchiti agli angoli da dettagli e finiture, consentono varie combinazioni di unione, piegatura e accostamento e possono essere assemblati e uniti per svolgere attività motorie e di gruppo. The modules made of fabric, in different colours and decorated on the corners with details and finishes, encourage different combinations to be made by joining, folding and matching the modules, which can be assembled and fastened together for exercise and group activities.

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Conception créative Ilenia Ferri Matteo Leone Lucia Salaroli

Aggregando una serie di elementi geometrici in legno è possibile ricostruire numerose forme antropomorfe o di animali, usando l’immaginazione o prendendo spunto dalle figure suggerite dalle schede allegate. By combining a series of geometrical wooden elements the children can reconstruct a variety of anthropomorphic or animal forms, using their imagination and taking a hint from the figures suggested in the attached booklet.

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Les cycle de vie Silvia Camboni Marianna Galeazzi

Il gioco intende far comprendere il ciclo della vita di quattro animali-simbolo: la gallina, la farfalla, il pesce e la rana. Il bambino attraverso degli elementi in stoffa che rappresentano l’animale nei vari stadi della crescita può ricreare la giusta sequenza e confrontarne le differenze. The purpose of the game is to explain the life-cycle of four symbolic animals: the chicken, the butterfly, the fish and the frog. By ordering the cloth elements that represent the animal in the various stages of growth, the child can recreate the proper sequence and point out the differences.

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Geo dust Federico Bartoli Michela Bortolozzi Andrea Giacomo Nanni

Da usare in gruppo e all’aperto, Geo dust è dedicato all’apprendimento della geometria di base. A una corda sono applicate delle maniglie a forma di cerchio, triangolo e quadrato. I bambini tirando le maniglie uguali compongono le rispettive forme geometriche divenendone loro stessi i vertici. Nel caso del cerchio la corda è utilizzata come compasso per descrivere la forma a terra. To be used in teams and outdoors, Geo dust is dedicated to learning basic geometry. A rope is used to apply handles in the form of a circle, a triangle and a square. By pulling on the identical handles, the children compose the respective geometric forms of which they themselves become the vertices. In the case of the circle, the rope is used as a compass to draw the shape on the ground. 52 | 53


Giocare con i numeri Ezio D’Onghia Michele Volpinari

Il gioco è composto da moduli di legno al cui interno sono raccolte 10 unità disposte in colonna e degli elementi numerici, fra cui le cifre dall’1 al 10 e i simboli delle operazioni algebriche. Il bambino può apprendere l’associazione quantità-cifra disponendo le unità opportune in colonna e può svolgere le operazioni algebriche unendo tre o più moduli. The game consists of wooden modules inside which are 10 units placed in a column, and numbered elements, including the numbers from 1 to 10 and the symbols of arithmetical operations. The child can learn to associate quantitynumber by placing the right units in a column and can do arithmetical operations by joining three or more modules.

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Kufanana Silvia Mancini Luna Valentini

Kufanana, che in swahili significa “identici”, è una variante del gioco del Memory composto da coppie di scatoletessere uguali, ciascuna potenzialmente realizzata dai bambini stessi con un materiale differente, dalle variegate stoffe africane agli elementi che si trovano nella natura, come semi, legni, bambù, argilla. Kufanana, which means “identical” in Swahili, is a variation on the game of Memory composed of a pair of identical box-cards, each potentially made by the children themselves out of different materials, from the varied African fabrics to elements found in nature, such as seeds, wood, bamboo, clay.

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Kucheza fun Lorenzo Bunello Simone Dionisi

All’interno di una griglia regolare contenuta in una base-contenitore si possono incastrare delle sagome bidimensionali con le quali generare differenti ambientazioni. Il bambino, disponendole come delle scenograďŹ e, ricostruisce dei veri e propri spazi prospettici attraverso i quali narrare il paesaggio circostante. Inside a regular grid contained inside a storage-base, two-dimensional shapes may be positioned to create a variety of settings. By arranging them like a stage set, the child can build actual perspective spaces with which he can describe the landscape around him.

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Map disc Juri Massari Roberto Panici

Map disc è un tappeto di forma circolare sul quale vengono collocati degli elementi tridimensionali in modo da ricreare delle ambientazioni. L’intento è quello di stimolare il bambino al riconoscimento in “pianta” dell’ambiente che lo circonda. Al termine del gioco, il tappeto si trasforma in un sacco contenitore per mezzo di un elastico. Map disc is a round carpet on which three-dimensional elements are placed to recreate environments. The intention is to encourage the child to recognize the “plan” of the space that surrounds him. At the end of the play session, the carpet turns into a storage bag fastened by a rubber band.

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Mizani Roberto Rinaldi Federico Selva

Mizani ha l’obiettivo di spiegare al bambino i concetti di peso e di equilibrio mediante una bilancia realizzata con un cilindro di sostegno e un asse mobile. Disponendo in maniera corretta 3 pesi, ognuno il doppio del precedente e caratterizzati dai colori verde, giallo e rosso, si raggiunge il corretto bilanciamento. The objective of Mizani is to explain to the child the concepts of weight and balance, by using a scale made out of a supporting cylinder and a moving axis. By properly ordering the 3 weights, each of them double the weight of the preceding one and distinguished by the colours green, red and yellow, they can create the correct balance.

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Il motore dei numeri Lorenzo Bargellini Lara Gioppato

Variando le schede sotto le ruote dentate di diametro differente, il gioco permette di ottenere molteplici combinazioni in base a diverse tematiche – animali, colori, oggetti ecc. – associando cifre a quantità oppure significati a figure. By changing the cards under the different-sized cogs, this toy produces a variety of combinations based on different themes – animals, colours, objects, etc. – by associating numbers to quantities or meanings to figures.

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Nafasi bure Virginia Fraternali Marianna Lani

Tappeto bifacciale composto da due stoffe con fantasie differenti che possono rappresentare in maniera astratta due situazioni opposte: campagna/città , giorno/notte, stagione secca/stagione delle piogge. Usando la propria immaginazione, il bambino dispone su di uno dei due lati i componenti in cuoio che rappresentano alcuni elementi della natura: l’albero, le nuvole, la pioggia, il sole, gli animali ecc. A two-sided carpet composed of two fabrics with different patterns that can abstractly represent two opposite situations: country/city, day/night, dry season/rainy season. The child uses his imagination to arrange on either of the two sides a series of leather components representing elements of nature: a tree, clouds, rain, sun, animals etc.

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Nombre tour Andrea Bonaccorso Michele Talozzi

Nombre tour è costituito da moduli quadrati in legno, ognuno dei quali diviso nella quantità di pezzi indicata dalla cifra corrispondente. Nel ricomporli, come in un puzzle, il bambino mette in relazione la cifra ottenuta con la quantità di pezzi necessaria a comporla. Nombre tour is composed of square wooden modules, each of which is divided into the quantity of pieces indicated by the corresponding number. To put them back together like a puzzle, the child must relate the number he gets with the number of pieces required to compose it.

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Les quatre éléments Valentina Reggiani Ilaria Ventrucci

Composto da 40 cubi sulle cui facce sono rappresentati pittogrammi riconducibili ai 4 elementi – acqua, aria, terra, fuoco –, il gioco è pensato per stimolare la fantasia dei bambini in modo che, usandolo in gruppo, compongano e raccontino insieme una storia affiancando i cubi e i rispettivi pittogrammi. Made out of 40 cubes each side of which represents a different pictogram related to the 4 elements – water, air, earth, fire – this game is conceived to stimulate the imagination of the children, who play as a group, composing and telling a story by arranging the cubes and their pictograms in a sequence.

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Rosetta Marta Montesi Patrick Suriani

Kit pensato come strumento per un laboratorio creativo all’interno dell’ambiente scolastico. Su un telaio-cornice che serve da supporto a tavolette d’argilla il bambino può intervenire utilizzando gli stampini di legno e le bacchette compresi nel kit. This kit is conceived as a tool for a creative workshop to be held in the school. A frame serves as a support for clay tiles that the child can work on using the wooden stamps and sticks included in the kit.

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Spolor Nicolas Burioni Marco Rosignoli

La trottola, realizzata con un cono in legno e una doppia corda, gioca con gli effetti visivi e cromatici che si sviluppano nella rotazione. Attorcigliando la corda e sostituendo alcuni dischi, distinti dai colori primari, si paleseranno al bambino i colori secondari e numerosi effetti ottici.

The top, made out of a wooden cone with a double string, plays with visual and chromatic effects that appear when it is rotating. By winding the rope around it and changing the disks, which are distinguished by primary colors, a variety of optical effects and secondary colours will appear to the child.

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Tisa wanyama Johanna Invrea Mauro Sorrentino

Tisa wanyama – che significa “nove animali” – facilita il bambino nel suo primo approccio ai numeri, proponendo cifre realizzate in legno e dipinte per sembrare animali della fauna autoctona. Il gioco genera un’interazione fra la forma del numero e quella dell’animale che rappresenta diventando così un oggetto ludico. Tisa wanyama – which means “nine animals” – encourages the child in his first approach to numbers, introducing numbers made out of wood and painted to look like animals from the autochthonous fauna. The game generates an interaction between the shape of the number and the shape of the animal it represents, to become a toy the child can play with.

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Voilé Talisa Bassi Teresa Monaldi

Voilé è costituito da una scatola in legno e stoffa contenente 15 sagome geometriche differenti a cui corrispondono altrettante tessere forate per accoglierle. Il gioco prevede di disporre le tessere forate nella base della scatola e di coprirle con la stoffa. Attraverso il tatto, il bambino può riconoscere le forme nascoste dal tessuto e ricomporne la sequenza nella relativa griglia. Voilé consists of a box made out of wood and fabric that contains 15 different geometrical shapes corresponding to 15 cards with cut-outs in those shapes. The game is played by putting the cards with the cut-outs into the bottom of the box and covering them with the cloth. The child must feel them with his hand to recognize the shapes hidden under the cloth and fit the sequence of shapes into the cut-outs.

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Produzione Production

Produzione dei giochi selezionati con le cooperative artigianali del quartiere La Ruashi, Lubumbashi Production of the selected toys by the handcraftiing cooperatives in the district of La Ruashi, Lubumbashi


settembre–novembre 2011 September-November 2011 Lubumbashi, Repubblica Democratica del Congo Lubumbashi, Democratic Republic of Congo Gruppo di lavoro in loco On-site team Massimo Brignoni (coordinatore coordinator) Chiara Belardinelli Teresa Monaldi Valentina Reggiani Ilaria Ventrucci Karen Venturini Collaboratori locali Local collaborators Padre Claudio Forcellini responsabile Missione Padre Marcellino, Lubumbashi, RDC head of the Padre Marcellino Mission of Lubumbashi, DRC Giulia del Bosco referente delle cooperative artigianali Associazione Amka onlus contact for the handcrafting cooperatives for the NPO Associazione Amka Francine Muteba coordinatrice Associazione Amka Katanga manager of the Associazione Amka Katanga Desirè Fwana responsabile Progetti di educazione Associazione Amka Katanga director of Educational Projects for the Associazione Amka Katanga Hilaire Kalenga responsabile progetto cooperative Associazione Amka Katanga manager of the Cooperatives Project for the Associazione Amka Katanga Séraphine Mbeya Nawet direttrice Académie des Beaux Arts, Lubumbashi, RDC director of the Académie des Beaux-Arts, Lubumbashi, DRC Kiat Wandand professore Accademia di Belle Arti, Lubumbashi, RDC professor at the Académie des Beaux-Arts, Lubumbashi, DRC Uhuru, Tudjikaze, Mawazo Cooperative, quartiere La Ruashi, Lubumbashi, RDC Cooperative, La Ruashi district, Lubumbashi, DRC Mama Vivien, Mama Stefy, Mama Rosy Sarte, Lubumbashi, RDC Seamstresses, Lubumbashi, DRC


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Batti cinque Valentina Sabino Valerio Semprini Realizzazione Made by Mama Vivien

Rimasto sostanzialmente invariato, Batti cinque è stato realizzato interamente in stoffa e imbottitura interna. I numeri, anch’essi in tessuto e di colore nero, sono stati ritagliati dalla sarta congolese e cuciti sul guantone. Ai tessuti monocromatici gialli e rossi sono state sostituite le tipiche stoffe decorate africane.

Substantially unaltered, Batti cinque was made entirely out of fabric and padding. The numbers, also made of fabric in black, were cut out by the Congolese seamstress and sewed onto the glove. The solid-color yellow and red fabrics were replaced by the typical decorated African fabrics.

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Conception créative Ilenia Ferri Matteo Leone Lucia Salaroli Realizzazione Made by Cooperativa Cooperative Tudjikaze

Costituito da forme astratte destinate alla composizione di figure umane e animali, il gioco è stato realizzato con legno locale. La grande sapienza degli artigiani ha saputo riproporle esattamente nelle dimensioni e configurazioni progettate dagli studenti durante il workshop. Considerate le difficoltà di produzione sul posto, il piccolo libro allegato a ogni gioco e contenente le illustrazioni delle possibilità compositive è stato stampato all’interno del Corso di laurea dell’Università degli Studi della Repubblica di San Marino.

Constituted by abstract forms out of which to compose human figures and animals, the game was produced out of locally-grown wood. The craftsmen’s excellent skills made it possible to reproduce them in the exact dimensions and shapes designed by the students during the workshop. Considering the difficulty of producing it locally, the small book included with every game containing the illustrations of possible compositions was printed by the Industrial Design Department of the Università degli Studi della Repubblica di San Marino.

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Geo dust Federico Bartoli Michela Bortolozzi Andrea Giacomo Nanni Realizzazione Made by Cooperativa Cooperative Uhuru

Il gioco di gruppo, ideato per sperimentare le forme geometriche di base, è stato migliorato in fase di realizzazione. La corda è predisposta ora con occhielli segnati con un colore abbinato alle rispettive maniglie. In questo modo tali maniglie – triangolari, quadrate, rotonde e distinte per colore – possono essere usate separatamente a seconda della figura geometrica che si vuole realizzare.

This group game, conceived to experiment with basic geometric forms, was improved during the production phase. The rope is now fitted with eyelets distinguished by a colour that matches the respective handles. This way the handles – triangular, square, round and made in different colors – can be used separately depending on the geometric figure the child wants to build.

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Kufanana Sivia Mancini Luna Valentini Realizzazione Made by Mama Stefy, Mama Rosy

Le migliorie apportate al gioco mnemonico sono soprattutto il risultato di vincoli connessi alla tecnica realizzativa. Vista la difficoltà nel costruire piccole scatole di legno si è deciso infatti di modificare le coppie di formelle utilizzando esclusivamente del tessuto e dell’imbottitura. La grande varietà di disegno dei tessuti africani ha facilitato la possibilità di creare coppie di figure non proprio identiche ma appartenenti allo stesso stampato, rendendo ancora più interessante la soluzione finale.

The improvements made on this memory game were primarily required by the constraints of the production technique. Given the problems involved in building small wooden boxes, the decision was made to change the pairs of tiles and to use only fabric and padding. The wide variety of patterns in African fabrics made it easy to create pairs of figures that are not exactly identical but belong to the same print, making the final solution even more interesting.

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Les quatre éléments Valentina Reggiani Ilaria Ventrucci Realizzazione Made by Cooperativa Cooperative Uhuru Decorazioni Decorations Académie des Beaux Arts, Lubumbashi

Il gioco progettato durante il workshop, e concepito per comporre e raccontare storie legate ai quattro elementi, è stato variato per meglio rapportarsi con la cultura locale e tenere conto della reperibilità dei materiali. I pittogrammi illustrativi, che sono stati ampliati e associati soprattutto a riferimenti della vita quotidiana, sono stati ripensati e ridisegnati dal professore Kiat Wandand e dagli studenti dell’Académie des Beaux Arts di Lubumbashi, per interpretare più precisamente l’immaginario iconografico dei bambini del posto. Il legno usato è reperibile in loco e le stoffe sono tipiche del continente africano.

The game designed during the workshop and conceived to compose and tell stories about the four elements, was changed to tie into local culture more appropriately and to take into account available materials. The illustrative pictograms, which were increased in number and associated with references to everyday life, were reconsidered and designed by Professor Kiat Wandand and by the students of the Académie des Beaux Arts in Lubumbashi, to offer a more precise interpretation of the local children’s iconographic imagery. The wood selected for production may be found locally and the fabrics are typical of the African continent.

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Map disc Juri Massari Roberto Panici Realizzazione Made by Cooperativa Cooperative Mawazo

Progettato per ricostruire il proprio ambiente circostante, Map disc è stato ripensato sia dal punto di vista delle forme rappresentate, sia del supporto su cui queste si compongono. Case, flora e fauna sono stati rivisitati per meglio rappresentare le cose che circondano i bambini di Lubumbashi. La loro configurazione è stata invece lasciata alla libera interpretazione degli artigiani e i complessi decori delle stoffe africane hanno sostituito il tessuto monocromatico.

Designed to reconstruct one’s personal environment, Map disc was reconceived in terms of the forms chosen for representation, and the types of support they are to be composed on. Houses, flora and fauna were reinterpreted so that they would be more precise in representing the things that surround the children of Lubumbashi. The craftsmen were allowed to reinterpret them freely and the complex decors of African fabrics were used instead of monochromatic cloth.

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Mizani Roberto Rinaldi Federico Selva Realizzazione Made by Cooperativa Cooperative Uhuru, Mama Rosy

La bilancia non ha subito sostanziali variazioni rispetto al progetto iniziale. Sfruttando la grande riconoscibilità di disegno dei tessuti africani sono stati realizzati tre sacchetti di fantasie differenti, l’uno di dimensione doppia del precedente. I sacchetti sono forniti vuoti, in modo che anche la decisione di quale materiale utilizzare per riempirli diventi una possibile variante didattica.

The scale has not been substantially changed with regard to the original project. Exploiting the easy-torecognize pattern of African fabrics, three different bags were made using different prints, each one double the size of the previous one. The bags were supplied empty, so that even the decision on what material to fill them with becomes a possible educational variation.

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volume a cura di editor

Massimo Brignoni coordinamento editoriale editorial coordination

Fiorella Bulegato raccolta materiali collection of materials

Chiara Belardinelli traduzioni translations

Olga Barmine progetto grafico graphic design

Gianni Sinni con with

Chiara Belardinelli fotografie photography

Chiara Belardinelli Teresa Monaldi Valentina Reggiani Ilaria Ventrucci editore publisher

Guardigli Editore via Istriani, 94 47890 Repubblica di San Marino tel +378 0549995144 fax +378 0549990454 guardiglieditore@omniway.sm www.guardiglieditore.com

Š 2012 Università degli Studi della Repubblica di San Marino ISBN Finito di stampare nel mese di marzo 2012 da


coverRDC_PRINT.pdf

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16/03/12

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UNIRSMDESIGN 7 UNIRSM

UNIRSMDESIGN 7 Made in RDC

Progetto Istruzione e produzione artigianale: promuovere e agevolare la diffusione dell’istruzione e valorizzare la produzione artigianale locale nell’area di Lubumbashi, distretto del Katanga, Repubblica Democratica del Congo. Finanziato nell’ambito del Programma di partecipazione alle attività degli Stati membri per il 2010-2011 (riferimento Unesco CL/3906).

Made in RDC

C

M

Y

CM

MY

CY

CMY

K

Project Education and handicraft production to promote and foster widespread education and to cultivate local handicraft production in the area of Lubumbashi, Katanga district, Democratic Republic of Congo. Funded as part of the Participation Programme in the activities of Member States for 2010-2011 (UNESCO reference CL/3906).

Istruzione, produzione artigianale, design nella Repubblica Democratica del Congo Education, handicraft production, design in the Democratic Republic of Congo

ISBN

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO UNESCO

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO

COMMISSIONE NAZIONALE SAMMARINESE PER L’UNESCO

UNIVERSITÀ IUAV DI VENEZIA CORSO DI LAUREA IN DISEGNO INDUSTRIALE

Commissione sammarinese Unesco Commission of San Marino to UNESCO Università degli Studi della Repubblica di San Marino / Università Iuav di Venezia, Corso di laurea in Disegno industriale Undergraduate Programme in Industrial Design


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