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PERIODICO TRIMESTRALE DEI CORSI DI LAUREA IN DESIGN DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO ISSN 2409-5397

1 / 3 APRILE 2016


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editoriale

contributi

1 Il design di Nessuno / di Cosimo Bizzarri p.04

3 Scuola Open Source / di Salvatore Iaconesi e Alessandro Tartaglia p.14

2 Il mestiere di grafico, passato presente futuro / di Cecilia Marzocchi p.08

4 I futuri del design / Associazioni / Collettivi / Graphic designer / Product designer / Illustratori p.18

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7 Open Day 2016 e SMOD/DesignX / dal 18.03 al 08.04 p.38 8 Incontri sul design / Matteo della Bordella / Alessio Leonardi /  Carlo A. Sigon/  Silvia Sfligiotti p.42

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11 Viaggio studio/ I musei e gli spazi sensibili permanenti p.52


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editoriale cosimo bizzarri

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Il design di Nessuno PAGINA SEGUENTE: ULISSE E LE SIRENE, STAMNOS ATTICO A FIGURE ROSSE, 480-470 A.C.

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Nella primavera 2005, più o meno disperato come tutti i neolaureati, mi misi in testa di fare carriera come copywriter in un’agenzia di pubblicità. Oggi, a poco più di dieci anni di distanza, i copywriter studiano di notte per diventare social media manager, i pubblicitari guardano Mad Men con il groppo in gola e persino


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l’idea monolitica di carriera, totem degli anni Ottanta e Novanta, traballa di fronte alla legittima aspirazione di alcuni a essere contemporaneamente impiegati part-time di un’azienda, piccoli artigiani del legno, istruttori di yoga, vicepresidenti di una squadra di pallavolo e, nei fine settimana, studenti di un master in psicologia. Per quanto riguarda me, pochi mesi fa qualcuno mi ha definito content designer e io ho accettato senza protestare.


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editoriale cosimo bizzarri

La storia del Corso di Laurea in Design dell’Università di San Marino ha alcuni punti in comune con il mio percorso. Nato nel 2005 nel doppio recinto della grafica e del prodotto, è stato testimone e coprotagonista della crescita rizomatica della sua stessa materia di studio. Fashion design, biological design, motion graphic design, sound design, software design, system design, design thinking, UX design, social design, contextual design: sono solo alcune delle diramazioni che oggi stanno sotto all’ombrello largo di quel che si studia in questa scuola. Sia chiaro, molte di queste discipline esistevano già, solo che avevano un altro nome. Già, perché azioni universali come scrivere una storia, disegnare un vestito, comporre una canzone e persino organizzare la vita di una comunità difficilmente possono essere svolte con successo senza un progetto in testa. Tutto è design, dunque? Così si direbbe, a giudicare dalla facilità con cui la parola ha invaso le pagine dei giornali e le brochure dei congressi, al servizio di politici fanfaroni, manager a corto di idee e playboy di provincia. Come spesso succede, questa improvvisa popolarità cela un rischio: che il termine ‘design’, come già successo per la sua cugina ‘creatività’, cominci subdolamente a infastidirci, si svuoti progressivamente

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di significato e infine cada in disuso, con il rischio di trascinare nell’oblio anche ciò che rappresenta. Per scongiurare quest’infamia penso sia il caso di scomodare un testimonial d’eccellenza. Ha la barba. È un esperto di naufragi. È Ulisse. Si dice che il primo designer sia stato proprio lui. Omero lo definisce polyméchanos per la sua astuzia nel progettare e realizzare prodotti ingegnosi, dal cavallo di Troia ai tappi contro le sirene, che poi si diffusero nel corso dei millenni, adattandosi alle necessità di clienti diversi, compresi perfidi hacker e donne di uomini che russano. Ma analizzando a fondo la sua carriera, si fa presto a rendersi conto che il vero talento di Ulisse non consisteva tanto nel progettare cose, quanto piuttosto nel sapersi nascondere: nel ventre del cavallo insieme agli Achei, travestito da viandante appena rientrato a Itaca, o sotto una pecora sfuggendo a Polifemo, dopo avergli detto di chiamarsi Nessuno. Al design, forte di una ascendenza così illustre, auguro di imparare a maneggiare con destrezza proprio l’arte di celarsi, d’indossare maschere, di assumere identità temporanee, di strisciare via senza dare troppo nell’occhio, lavorando sotto terra e nei garage, lontano dalle vernici, dai premi e dalla luce dei riflettori e delle


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lampade di design. Va detto subito: un approccio del genere richiede sacrifici, perché chi si nasconde alla peggio viene perseguitato e alla meglio resta sconosciuto. Ma è l’unico possibile per una disciplina che della capacità di inventare nuove forme, compresa la propria, ha fatto la sua ragion d’essere. Penso che questo possa essere il fattore che salverà i progettisti da un destino che si annuncia banale, prima ancora che crudele.

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Ci riusciranno soprattutto quelli che, oltre a sapersi nascondere, sapranno mantenere chiaro in testa l’obiettivo finale, che nel caso di Ulisse era una certa Penelope, grande designer di tessuti e campionessa insuperata in un’arte così diffusa tra chi lavora nel nostro campo: la procrastinazione. IN BASSO: PARTICOLARE DEL GRUPPO SCULTOREO ULISSE CHE ACCECA

POLIFEMO, MUSEO ARCHEOLOGICO GROTTA DI TIBERIO, SPERLONGA.


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contributi cecilia marzocchi

Il mestiere di grafico. Passato, presente e futuro NELLA PAGINA SUCCESSIVA: ALBE E LICA STEINER IN UNA FOTO SCATTATA DA UGO MULAS.

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Lo scorso inverno, subito dopo la laurea, ero impaziente di sperimentare il mestiere di grafico. Non avevo però le idee molto chiare sul mondo del lavoro,


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e mi chiedevo se mi sarebbe stato consentito metterci piede e come avrei potuto farlo. Mi creai allora l’occasione di un incontro illuminante presso lo studio Origoni Steiner, nel quale Anna, la figlia di Albe e Lica, mi accolse per una breve intervista su Il mestiere di grafico1.

1. Albe Steiner, Il Mestiere di grafico, Einaudi, Torino, 1978.


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contributi cecilia marzocchi

Nella vivace cornice del suo studiocasa-archivio, Anna mi aiutò a individuare punti di forza e debolezze sulle quali un professionista della comunicazione visiva, ma più in generale un cittadino dotato di senso di responsabilità, amor proprio e coscienza critica, è chiamato a lavorare. • Il progetto era, è e deve rimanere una questione di metodo. Progettare significa seguire un processo, dunque elaborare un concetto, ed è fuori discussione che ciò possa avvenire senza una base di cultura e conoscenza storica. È quindi necessario formarsi “culturalmente, molto più che praticamente”. • Il più o meno diffuso cattivo gusto era, è e rimane causato da meccanismi sociali e strutturali. «La professione del grafico è relativamente recente, rispetto ad altre: ai tempi di Albe, la comunicazione era in mano a pochi, mentre oggi la professione è mediamente ritenuta alla portata di chiunque possieda un computer.» Considerare un progettista un mero esecutore non fa che generare forme prive di contenuti significativi, oltre che, spesso, di senso estetico. • Il lavoro c’era, ci sarebbe, e ci sarà per tutti coloro che escono dalle università. Solo dovremmo smetterla

di proporci come modaioli ricercatori di forma, ma piuttosto curarci di proporre «lavori concettualmente e disciplinarmente seri»: segnaletica, libri scolastici, confronto aperto e serrato con i ‘non addetti ai lavori’, con le istituzioni e gli enti pubblici, insomma. Oppure lasciar perdere. • L’etica del progettista era, è e rimarrà quella dettata dalla propria coscienza. «Mai smettere di porsi domande, e confrontarsi sempre con l’esterno prima di darsi e dare risposte.» Attenzione però a non illudersi di poter lavorare solo per clienti e cause che si condividono pienamente. Importante è accertarsi della legittimità dell’idea che si promuove, condividerla non è sempre possibile. • Le tendenze erano, sono e saranno legittime e insite nel mestiere, a patto che nascano da esigenze comunicative fondate. «Se il contenuto è nuovo, il linguaggio


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deve essere nuovo.»In altre parole la grafica non era, non deve e non dovrà essere un modo per imbellettare un messaggio, ma piuttosto concorrere a costituire il messaggio stesso.

Questo, oltre a un grande senso di affetto e gratitudine per quel prezioso momento, è ciò che cerco di tenere bene a mente ogni volta che ‘Il mestiere’ mi chiama.

Al termine di quella chiacchierata, pensai che forse i progettisti migliori, quelli veri, sono proprio quelli più colti. E che per ogni volta che mi è venuta, mi viene e mi verrà voglia di ‘scrollare’ distrattamente Behance o Pinterest, dovrei sfogliare le pagine di un libro.

«Poi - come mi disse Anna chiudendo l’intervista - le scivolate ci sono sempre, tutto non è perfetto mai, e tutto fortunatamente è sempre perfettibile, sennò avremmo finito di lavorare e anche di vivere.”

‘Design, quo vadis?’ è l’interrogativo al centro di questo primo numero. Beh, può cambiare la forma di un mestiere, ma non il suo contenuto. PAGINA PRECEDENTE E SEGUENTE: INTERNI DELLO STUDIO ORIGONI STEINER ARCHITETTI ASSOCIATI. A SINISTRA: RPBW MONOGRAPHS, SERIE DI MONOGRAFIE DEDICATE ALLE ICONICHE ARCHITETTURE DI RENZO PIANO, ORIGONI STEINER ARCHITETTI ASSOCIATI.


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contributi salvatore iaconesi alessandro tartaglia

Scuola Open Source

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L’approccio fordista dell’educazione, da catena di montaggio, acritico, lineare e progressivo è obsoleto. Ormai sappiamo che la mente umana non funziona così. Di più: sappiamo che in natura nulla è lineare e progressivo, nemmeno il tempo.


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La non ­linearità è intrinseca al modo in cui funzioniamo, pensiamo, agiamo e diamo senso alla realtà. Anche il linguaggio non è lineare. La realtà è complessa e le interazioni sono multimodali. Siamo immersi in una rete di reti su diversi livelli. Una matrice a “n” dimensioni che cresce e si espande in modi non prevedibili. Insomma, l’universo non è solo enorme e gigantesco, è anche stratificato, complesso e non lineare. E noi ci siamo dentro, ne facciamo parte, siamo “uno” con esso. Se iniziassimo a ragionare secondo una logica di comunità, non più come individui in competizione, ma piuttosto come co­attori di una performance senza autore – la realtà – e se la conoscenza tornasse a essere un bene comune – saperi condivisi, accessibili e aperti che offrono più possibilità per ciascuno – innescheremmo una vasta ridistribuzione delle possibilità. Per questo nasce “La Scuola Open Source”. L’educazione è fondamentale se si mira a cambiare la realtà. Occorre formare nuove figure professionali nello spirito del tempo, adatte alle sfide della società che viviamo, che nascano dalle reali necessità del mondo e non da rigidi e vetusti programmi stabiliti da commissioni governative.

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Oggi il sistema educativo forma, nella maggior parte dei casi, persone che faticano a entrare nel mondo del lavoro, e a essere soddisfatti del proprio operato. Penso alla “Armada Invencible” spagnola: grandi galeoni lenti e impacciati dalla propria mole che non riescono a rispondere in modo efficace alle situazioni in cui operano e all’ambiente, lo stretto canale della manica, agitato e burrascoso, nel quale furono sconfitte, a sorpresa, dalle più piccole navi inglesi guidate dal pirata Drake. Esse si dimostrarono, come diremmo oggi, “smart”: agili, svelte, adatte, in grado di trarre giovamento dal contesto sfavorevole.

contributi salvatore iaconesi alessandro tartaglia

viaggio negli Usa, dove ebbe modo di vedere le linee di produzione fordiste (operai che compiono sempre la medesima operazione semplice, alienandosi), concepì e introdusse nei propri stabilimenti le isole produttive: tavoli attorno ai quali operai con competenze diverse cooperavano, apprendendo gli uni dagli altri e contaminando le proprie capacità e idee. Ogni ciclo diventava un banco di prova, dove lavoratori e lavoratrici con esperienze diverse testavano il processo, cercando di migliorarlo costantemente, arrivando in alcuni casi a ridefinirlo. Il risultato fu un aumento della produttività e della qualità.

Negli stabilimenti Olivetti c’era, inoltre, una biblioteca aperta durante l’orario di lavoro, alla quale ciascun Oggi in sociologia, per descrivere dipendente poteva accedere. questa strategia, si parlerebbe di “antifragilità” (Taleb Nassim Nicholas). Tutto questo è il frutto di un approccio procedurale e sistemico alla Le nuove figure professionali devono produzione o design dei processi, essere “resilienti”, cioè adattative, nella misura in cui ha progettato e soprattutto “antifragili”, capaci l’interazione e le operazioni che gli di trarre vantaggio da un contesto attori avrebbero svolto, immaginando incerto e mutevole. quali fossero le dinamiche migliori sia umanamente sia professionalmente. Il sistema educativo – nella maggior Da questo punto di vista, Olivetti parte dei casi – non riesce a formare è stato precursore dello “human persone con queste caratteristiche. Credo che il problema sia nel metodo: centered design” e di quella che oggi chiameremmo “innovazione “est modus in rebus”. sociale”. Le sue fabbriche erano a Penso a Adriano Olivetti e al concetto misura d’uomo, concepite per ispirare progresso e bellezza. di “isole produttive”. Tornato da un


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La Scuola Open Source lavorerà a partire da quanto è stato già fatto in questa direzione: dalla Montessori alla Bauhaus alla comunità di Roycroft, fino ad esperienze più recenti, focalizzandoci sui valori della cooperazione e della condivisione della conoscenza. In linea con questo ragionamento, il primo atto consisterà nel laboratorio di ricerca e co-progettazione XYZ, che lavorerà su tre aspetti della nascente Scuola Open Source: identità, processi e strumenti. «Non più evangelizzatori di visioni, ma abilitatori di ecosistemi. Questa è la grande opportunità».

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contributi I futuri del design/ associazioni

I futuri del design IN BASSO: SEDE AIAP CDPG ŠANDREABASILE PAGINA SUCCESSIVA: MOSTRA MADE IN ITALY, ITALIAN GRAPHIC DESIGN, LONDRA, 2015.

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Abbiamo intervistato associazioni, collettivi, designer ed illustratori per capire cosa si aspettano dalle loro professioni nel prossimo futuro.


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AIAP/ Cinzia Ferrara Carla Palladino Ad un’associazione che accoglie al suo interno progettisti, sembra ormai essere richiesto non solo di tutelare la professione, ma di darle nuovi strumenti che prendano le mosse della contemporaneità. Quali crede possano essere le priorità e gli impegni verso i progettisti per il futuro? La tutela della professione non è affatto una materia arida, e in questa direzione si muove l’impegno di Aiap, non solo rivolto al riconoscimento - anche giuridico - della professione, ma attento a molti altri aspetti legislativi dei quali l’Associazione si sta facendo carico negli ultimi anni con notevole sforzo organizzativo ed economico, come la definizione normativa dei requisiti professionali dei designer della comunicazione. Essere soggetti attivi nei tavoli tecnici nazionali, intervenire in modo puntuale per modificare regolamenti che avranno valore anche in ambito europeo, è un atto politico nel senso più ampio del termine, perché comporta ricadute effettive sulla qualità del lavoro e della vita di tutti i professionisti della comunicazione (non soltanto i soci). Non è tutela corporativa, è comprensione dell’attualità, tanto quanto lo è, per esempio, l’attenzione alla regolarità dei bandi di concorso e alla congruità di premi e retribuzioni, o ancora l’intercettazione delle realtà più innovative, in tutto il mondo, nell’ambito dell’offerta formativa e della professione. La sfida è riuscire ad attivare, attraverso la partecipazione fattiva di tutti i soci, molteplici sensori della contemporaneità, senza essere succubi dei modelli comunicativi del momento, anzi decodificandone, con consapevolezza critica, la struttura, al fine di creare circuiti di reale condivisione di saperi, circuiti aperti anche alla committenza, alle istituzioni e al pubblico in generale.


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contributi I futuri del design/ associazioni

Ci sembra di avvertire uno scollamento tra i giovani professionisti/studenti e l’associazionismo. Conferma questa sensazione? A cosa, come Presidente/Vicepresidente AIAP, attribuisce questo fenomeno? Quali sono le soluzioni per il futuro? Partiamo dai dati: su circa 700 iscritti ad Aiap, suddivisi nelle varie categorie, circa 50 sono i soci junior e 100 gli studenti. Ci interroghiamo quotidianamente sulle dinamiche di una partecipazione che vorremmo fosse ancora più estesa e attiva. Una possibile risposta risiede nel fatto che per i giovani professionisti l’idea dell’associazione come strumento per creare network nazionali e internazionali sia superata dalla facilità di intessere, fin dal mondo della scuola, un proprio network personale, con studenti, professori, altri professionisti. Prevale la scelta di “fare da sé”, confermando la teoria dei sei gradi di separazione, oggi ridottisi a quattro, che descrivono un mondo, il nostro, incredibilmente piccolo. Vorremmo però dimostrare che Aiap, se da un lato rappresenta un autorevole sistema di riferimento per il mondo dei designer della comunicazione su più fronti, dalla formazione, alla ricerca, alla professione, dall’altro è costituita semplicemente da persone, tante e disseminate sul territorio, le quali sono il suo patrimonio reale.

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L’impegno dell’attuale consiglio, a partire dalla garanzia della presenza di un socio junior tra i suoi componenti, è quello di dialogare con i più giovani, nelle loro realtà diverse come diverse sono le regioni e le scuole d’Italia, perché vorremmo, come già noi stessi abbiamo fatto, invitare ognuno a mettersi in gioco e a offrire generosamente parte del proprio tempo nella costruzione di una associazione che ha valore soprattutto in quanto espressione di una molteplicità di voci.


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IN ALTO E IN BASSO: AIAP DX 2015, LE MOSTRE, PRE-VISIONI PER MILANO E MILLENNIALS/ LA NUOVA SCENA DELLA GRAFICA ITALIANA, MILANO, 2015, ©IRENE POCOPAGNO.

A LATO: AIAP DX 2015, WORKSHOP CON ASTRID STAVRO. WALL TALKS, A CURA DI LUCA PITONI E DAVIDE DI GENNARO, ©CARLO GIRONE.


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contributi I futuri del design/ collettivi

Ci sono collettivi che operano come veri e proprio studi e altri che operano come semplici catalizzatori di riflessioni. Molti designer addirittura fanno parte di più di un collettivo contemporaneamente. Quale è il valore aggiunto di costituirsi collettivo oggi? Finiremo con l’avere “più sedie che culi”? Studio Il senso e il valore è creare nuovi sistemi complessi Fludd/ creativi dove gli esiti sono ben oltre la somma delle parti. La cosa interessante è quando il gruppo ha anche una certa durata, una continuità e, quindi, una trasformazione. E’ vero che il contemporaneo si caratterizza dal moltiplicarsi delle identità e questo può portare ad una certa frammentazione e confusione, ma nello stesso tempo è un processo che aiuta a capire meglio se stessi, i propri interessi autentici e le proprie competenze. Pepijn Per i principianti è più divertente operare in collettivo. Zurburg/ E per avere un buon collettivo, i componenti devono essere affiatati e compatibili. Una persona non può essere capace in tutti i campi, dunque un collettivo serve proprio a moltiplicare i punti di forza. D’altra parte però i collettivi sono anche meno produttivi, in quanto votati alla negoziazione ed alla mediazione tra i membri. Penso che finiremo con l’avere più collettivi che designers, proprio in virtù del fatto che un collettivo è un insieme di specialisti dedicati ad un ruolo. Penso sia una buona prospettiva, e non ci sia molto di nuovo in questo. I collettivi esistono da quando esiste il nostro mestiere.

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IN ALTO: SPECIMEN - EX OVO OMNIA (=EVERYTHING FROM THE EGG). A SINISTRA: RESTLESS MIRABILIA A NOMADIC WUNDERKAMMER.

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A DESTRA, METAMORFICA - CHANGE AND PERSISTENCE, COLLANA FATTA A MANO, STUDIO FLUDD.

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contributi I futuri del design/ collettivi

Pensiamo che uno dei motivi per i quali il collettivo è una formula ormai così diffusa sia possibilità di lavorare in remoto, coordinandosi anche a migliaia di chilometri di distanza. La collaborazione tra progettisti sta cambiando e cambierà forma? Come? Studio Certo, altrimenti nel presente liquido la maggior parte Fludd/ dei progetti durerebbe assai poco. Il fatto di poter operare senza una sede fissa e anche quando cambiano gli assetti geografici, aumenta parecchio le possibilità, le sfide e la quantità di convinzione necessaria. La collaborazione di oggi si basa su reali affinità elettive, su una capacità di comunicare (e comunicarsi) in tempi rapidi, e su una buona dose di motivazione personale. Sarà sempre più basata sulla capacità di scambiarsi idee e informazioni anche a distanza, e nello stesso tempo di ottimizzare i tempi quando si lavora a stretto contatto. Pepijn Internet è naturalmente ciò che consente ai collettivi Zurburg/ di collaborare senza la necessità di uno spazio fisico da condividere.

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Kaspar Hauser/ La digitalizzazione degli archivi, delle istituzioni, e più in generale della cultura, è un tema molto attuale. Come credete che l’utilizzo delle nuove tecnologie possa contribuire al miglioramento, alla conservazione e alla condivisione del sapere? Le “nuove” tecnologie hanno contribuito a modificare il paradigma di distribuzione degli oggetti culturali. Da un lato, è molto più semplice farli circolare, sotto forma di file digitali dal “peso” spesso irrisorio. Dall’altro, cambiano anche le figure coinvolte nel processo distributivo. L’utente non si trova più solo al termine di questo processo, ma egli stesso condivide (oltre che produrre) contenuti. In altri termini, l’accessibilità degli strumenti de-istituzionalizza l’archivio: condividere cultura e conoscenza non è più appannaggio esclusivo di enti e istituzioni. Gli strumenti che servono a questo scopo non sono software complessi o apparecchiature costose, ma notebook e scanner da ufficio. Molteplici copie dello stesso file circolano su chiavette usb e su Internet, generando una ridondanza che ha effetto sulla preservazione degli oggetti culturali, sulla loro longevità. A SINISTRA WHAT DESIGN CAN DO. A DESTRA DOPPIA PAGINA DALLA TESI AMATEUR. PRATICHE INDIPENDENTI TRA ARCHIVIAZIONE DIGITALE E PUBLISHING, ISIA URBINO, 2015.


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contributi I futuri del design/ grafici

Come si immagina la professione di progettista nel prossimo futuro? Il designer sarà ancora la tipica figura contraddistinta da un’attività poliedrica o andrà specializzandosi sempre più in un preciso ambito? E ancora, quanto la tecnologia ha influenzato e influenzerà questo mestiere? Studio Ah- Siamo certe che il design nel futuro sarà interessante ha/ quanto lo è nel presente. Ogni campo sarà interessante da esplorare, finché si tratterà di comunicare concept e idee alle persone. È questo ciò che amiamo del nostro lavoro, più di quanto non amiamo uno specifico aspetto. Viviamo per il momento “ah—ah”, ovvero il momento in cui qualcuno riesce a vedere oltre le forme ed i colori, e finalmente capisce le intenzioni alla base di un certo layout grafico. IN ALTO: IDENTITÀ VISIVA Il processo dietro qualunque processo grafico rimarrà E SITO WEB PER probabilmente invariato: una risposta visiva ad un problema IL DESIGNER grafico. Certamente questa è la premessa dalla quale non LIBANESE si potrà prescindere ad ogni scenario futuro che ancora MARC DIBEH. non esiste, dunque il processo creativo rimarrà invariato. È IN BASSO: semplice, ovvio, cruciale. È così da quando qualcuno decide FLUXOGRAMMA, di chiamare la nostra professione “design” — malgrado PROGETTO DI COMUNICAZIONE si tratti di un modo di pensare che nasce con l’uomo. PER UN NUOVO Certamente una grossa fetta della grafica prodotta CONCEPT STORE, riguarderà le nuove tecnologie e le nuove interfacce. STUDIO AH-HA. L’approccio sarà sicuramente più enfatico rispetto PAGINA al digitale, che crescendo diventerà via via più vario. SEGUENTE: Ma siamo praticamente certe che la stampa rimarrà DÉCO D’ANTAN, CATALOGO PER sempre presente — è così umana, palpabile, un’esperienza L’AZIENDA DI di per sé e si sta trasformando in un oggetto di culto. CERAMICHE È poi auspicabile che le nuove tecnologie serviranno TAGINA, ATTO. anche a mantenere le copie stampate, interessanti quanto quelle digitali. 26


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Atto/ È difficile immaginare la professione del progettista in un futuro prossimo. Esistono molto fattori che entrano in campo e che possono mutarla. Primo fra tutti un elemento di tipo tecnologico. Negli ultimi venti anni le tecnologie digitali hanno rivoluzionato i processi, introducendo nuove professionalità, riducendo i tempi di lavorazione e rendendo queste professioni accessibili ad un pubblico più vasto. Esistono però alcuni valori di base, sia progettuali che formali, che sembrano sopravvivere all’evoluzione tecnologica: libri scritti nella metà del 900, e non solo, risultano validi alleati nello studio della disciplina (es. Grid System, Müller-Brockman; Segni e Simboli, Frutiger). Allo stesso modo esistono temi che esulano dal rapporto uomo/strumento e sui quali è ancora necessario riflettere: nel 1952 Ernesto Rogers coniava lo slogan “Dal cucchiaio alla città”, definendo l’approccio onnicomprensivo di architetto e designer. Il trend oggi sembrerebbe essere quello opposto: una forte specializzazione sia in campo formativo che lavorativo a scapito, forse, della consapevolezza che esista un terreno comune nel quale le professionali progettuali affondano le loro radici; tematiche percettivo/compositive trasversali dalle quali sarebbe bene non prescindere.


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contributi I futuri del design/ grafici

La tigre/ Credo che il designer, per sua definizione, sia di natura poliedrica perché il progetto è un metodo e in quanto tale applicabile a diversi ambiti. Credo anche che spesso sia una scelta personale del progettista quella di dedicarsi a precisi ambiti piuttosto che lavorare con diversi media. Non è solo il mercato a guidare la scelte e a disegnare il futuro, anche la passione gioca un ruolo determinante nello stabilire le direzioni che si prendono. La tecnologia ha influenzato o meglio rivoluzionato il lavoro del progettista, come anche tanti altri. Le tempistiche si sono ridotte e questo è sia positivo che negativo. Le possibilità geografiche si sono espanse notevolmente, le relazioni sono mutate. Sicuramente le tipologie di progetto sono in costante mutamento,in stretta relazione con l’evoluzione tecnologica. Proprio per questo motivo è molto importante costruire un metodo solido di lavoro da applicare secondo le richieste del mercato. La flessibilità è una caratteristica di sostanziale importanza. Oggi il mercato appare ormai saturo di prodotti di ogni genere. In quest’ottica, il design privilegerà una progettazione di processi o esistono ancora oggetti che valga davvero la pena di continuare a progettare? Studio Ah- All’uomo piace possedere. Certamente quello che sarà ha/ considerato un oggetto del desiderio nel futuro, non avrà le stesse caratteristiche di ciò che viene desiderato oggi. Ma pensiamo che ci sarà sempre uno spazio per progettare entrambe le cose: servizi e prodotti. Come esseri umani siamo molto fisici, legati alla percezione tattile, ci piace avere il controllo. Gli oggetti nascono per questo — per farci sentire di avere il controllo, per farci meravigliare, per portarci in posti nuovi o per custodire i ricordi di un momento delle nostre vite. Quante cose che possediamo ci fanno sentire come se non potessimo vivere senza? 28 Di certo i servizi stanno diventando più curati e progettati


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IN BASSO: TETRA, IDENTITÀ E SITO WEB PER LO SHOP DI NEW YORK. MERCADO, PROGETTO DI COMUNICAZIONE, PACKAGING E SITO WEB PER UN NEGOZIO PORTOGHESE ONLINE DI ARTIGIANATO, STUDIO AH AH.

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di giorno in giorno. Qualunque istituzione oggigiorno sente il bisogno di essere accuratamente comunicata e progettata e questo è grandioso ed eccitante, ed è ciò che fa crescere il nostro studio quotidianamente. Oltre a tutta la comunicazione stampata di base e un po’ di merchandising, progettiamo per puro divertimento. Ma continuiamo a sentire l’urgenza di farlo, e le persone amano e continueranno ad amare i ninnoli ed i souvenir. La cosa divertente è che chiunque è sempre più in grado di distinguere un oggetto interessante da uno che non lo è — quindi questo finirà col ridurre sempre più la spazzatura, lasciando maggiori libertà ed opportunità per creare qualcosa di sublime ed interessante.


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contributi I futuri del design/ grafici

Atto/ Artefatti e processi sono strettamente connessi tra loro. Per arrivare ad un progetto compiuto, il designer mette in atto processi, parte dei quali ha formalizzato con l’esperienza, parte che invece rinnova di volta in volta per adattare l’artefatto alle richieste della committenza. Ăˆ possibile formalizzare tutta la catena di processi e fare in modo che questa sia utilizzabile da persone diverse in diversi momenti, tuttavia la mera applicazione di questa catena rischia di generare artefatti sempre uguali tra loro. Se si decidesse di abbandonare la strada della progettazione degli artefatti per dedicarsi solo a quella dei processi si rischierebbe di perdere il valore innovativo insito nella sperimentazione. Ad esempio, oggi è possibile realizzare un sito internet in parallasse utilizzando dei template (processi formalizzati da designer), ma se per prima la Nike non avesse realizzato quell’artefatto comunicativo preciso e ad hoc, non sarebbe stato possibile codificarne il processo.


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La tigre/ Vediamo una quantità di immagini elevatissima ogni giorno ma non credo arriverà il momento in cui mancherà la richiesta di progettare artefatti visivi. La bellezza è un bisogno dell’uomo e la sua ricerca e creazione è insita nella nostra natura. Oggi semplicemente si spalma in ambiti più vari, numerosi e mutevoli rispetto al passato. Nel progetto la bellezza non è mai fine a sé stessa, un progetto di comunicazione è bello quando è anche funzionale e se non lo è non è bello. In ogni caso crediamo che l’attenzione alla componente visiva è una parte integrante del design talmente importante e spontanea che difficilmente potrà perdere considerazione durante la progettazione. PAGINA PRECEDENTE: SUDARIO#ZERO, FANZINE FOTOGRAFICA CURATA DA THE VIEW FROM LUCANIA, ATTO IN BASSO: ELEPHANT 25, PAGINE

INTERNE. ITALIANISM, CONTEMPORARY VISUAL CULTURE MADE BY ITALIANS, PROGETTO DI IDENTITÀ VISIVA, LA TIGRE.


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contributi I futuri del design/ product designer

Come si immagina la professione di progettista nel prossimo futuro? Il designer sarà ancora la tipica figura contraddistinta da un’attività poliedrica o andrà specializzandosi sempre più in un preciso ambito? E ancora, quanto la tecnologia ha influenzato e influenzerà questo mestiere? mischer’ Crediamo davvero che dipenda da una scelta personale traxler del Progettista decidere se essere una figura versatile, studio/ o invece specializzarsi in maniera più specifica. Noi, per esempio, amiamo approfondire e fare riflessioni che tendano a differenti direzioni e dunque concentrare i nostri sforzi verso risposte che riguardino i campi più disparati. Ecco perché la nostra attività professionale è così variegata. Crediamo che il Design sia un ottimo sistema IN ALTO: per comunicare attraverso progetti e oggetti inerenti le più REVERSED svariate discipline. Sia che si tratti di spiegare argomenti VOLUMES, COLLEZIONE complessi, sia che si tratti di generare attenzione rispetto DI CIOTOLE temi specifici, sia che si tratti di dare forma a oggetti MODELLATE che soddisfino le esigenze di un produttore, piuttosto SULLE FORME DI FRUTTA che rendere la vita delle persone migliore, più facile e E VERDURA. più bella. Il Design è sempre un mediatore tra le parti, e questa è la sua forza. Ciò nonostante se qualcuno ha PAGINA SEGUENTE: l’abilità necessaria oltre che il desiderio di specializzarsi LIMITED MOTHS rispetto ad uno specifico ambito, anche questo è un modo - CATOCALA percorribile di fare il progettista. CONVERSA, LAMPADA Non sarà però la tecnologia a determinare una maggiore IN EDIZIONE propensione verso un approccio più versatile o più LIMITATA. specializzato. Quello che fa la tecnologia è permetterci di CURIOSITY scegliere in maniera più consapevole, dandoci gli strumenti CLOUD, per capire come e chi è più adatto a specializzarsi, INSTALLAZIONE, ma finisce anche col fornirci un accesso facilitato e più mischer’traxler studio superficiale rispetto alle cose.

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Oggi il mercato appare ormai saturo di prodotti di ogni genere. In quest’ottica, il design privilegerà una progettazione di processi o esistono ancora oggetti che valga davvero la pena di continuare a progettare? mischer’ La Cultura Umana è sempre stata in stretta relazione con traxler il design degli oggetti, pertanto fin quando ci sarà cultura, studio/ continueranno ad esserci umani che progettano oggetti. E crediamo che questo rimarrà un punto fermo. Ci sono infatti molti oggetti che valgono ancora la pena di essere progettati: ci sono abbastanza problemi ancora da affrontare, abbastanza esperimenti ancora da fare, abbastanza domande ancora da porsi. C’è sempre una storia da reinterpretare e un futuro che richiede soluzioni sempre nuove. Ci sono certamente alcune necessità che emergeranno nel futuro e che al momento neppure immaginiamo, ma sarà ugualmente richiesto un pensiero critico e una mente curiosa per trovare le giuste soluzioni. Non crediamo che un nuovo prodotto sia sempre necessariamente la miglior soluzione, ma sono proprio gli oggetti a fare da specchio ai differenti periodi storici ed alle differenti epoche.


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contributi I futuri del design/ illustratori

Esaminando il panorama attuale dell’illustrazione, secondo te stiamo assistendo ad un appiattimento dell’autorialità? La scelta diffusa di avvalersi di strumenti digitali, accessibili a tutti, ha contribuito secondo lei all’inaridirsi di un contesto come questo, in cui dovrebbero prevalere la creatività e l’espressione di uno stile autentico e personale? Ale L’utilizzo di strumenti tradizionali ha forse sempre fatto Giorgini/ prevalere autorialità e autenticità in maniera incontrastata? Non mi sembra. Rendere accessibile a tutti un linguaggio universale e democratico come l’illustrazione non può essere un difetto. L’appiattimento probabilmente si percepisce per l’aumento delle produzioni illustrate: tantissimo materiale in più nelle librerie, in edicola e soprattutto - sul web. Ma se esponenzialmente sono aumentate le cose mediocri, altrettanto esponenzialmente sono aumentati i prodotti di qualità. La democratizzazione che hanno portato gli strumenti digitali - sia quelli per la produzione che per la diffusione - ha permesso anche belle scoperte che si sarebbero rese impossibili altrimenti. Tanti nuovi disegnatori che si sono avvicinati all’illustrazione proprio grazie all’accessibilità concessa da questi strumenti. Io stesso grazie al digitale, al web e ai tanto temuti social network, sono riuscito a ritagliarmi uno spazio che non avrei mai avuto in condizioni “normali”: non ho una preparazione accademica, non ho nemmeno mai fatto un corso di disegno e non ho quindi alcuna formazione. Se da un lato il digitale illude tanti a pensare PAGINA che questo sia un lavoro facile, dall’altra ha permesso di SEGUENTE: abbattere alcune discriminanti. Infine credo che creatività, NEW DOLCE VITA, PROGETTO stile ed estetica abbiano avuto una spinta propulsiva con PERSONALE l’avvento del digitale. Ma ormai questo è un dibattito che PER LA MOSTRA affonda nell’anacronismo: sembra di vedere il pubblico che 50X50X50 A corre fuori terrorizzato dalla sala alla prima proiezione dei ROMA, 2015, ALE GIORGINI fratelli Lumière. 34


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L’illustrazione ha seguito un iter di continua evoluzione passando attraverso diversi mezzi e strumenti, dall’analogico al digitale. In un contesto in cui aumenta l’interesse verso l’interattività e la dinamicità della comunicazione – si pensi ad esempio alla motion graphics e all’interaction design - quali sono le possibili applicazioni, evoluzioni e scenari futuri dell’illustrazione? Ale È proprio il tanto temuto digitale che invece sta Giorgini/ trasformando radicalmente questa professione. L’illustratore sempre più spesso non è semplicemente un fornitore di un servizio, ma diventa parte integrante a volte indispensabile ­del processo creativo. Il social media marketing, l’entertainment, le derive digitali dell’editoria: il mercato si sta spostando sui portable devices e l’illustratore può ­e deve ­farsi trovare pronto a soddisfare anche le nuove tipologie di assignements. La professione sta vivendo un momento cruciale, una sorta di passaggio. La carta è viva e continuerà a vivere, ma non raccogliere le opportunità che i nuovi media stanno mettendo sul tavolo, sarebbe da sciocchi. Personalmente capita sempre più spesso di essere coinvolto in progetti che si allontanano diametralmente dai canonici ambiti in cui si può immaginare coinvolta la professionalità di un illustratore. App, editoria digitale e social media: questi a mio avviso sono gli scenari più interessanti. A patto di farsi trovare pronti.


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OPEN L’Università degli Studi della Repubblica di San Marino apre le sue porte alle potenziali matricole e si lascia ‘esplorare’ dagli studenti delle scuole superiori, e non solo. Sono stati quasi 150 gli studenti che il 18 e 19 marzo scorsi hanno visitato l’Ateneo sammarinese durante gli Open Day in cui sono stati illustrati i Corsi di Laurea previsti per l’anno accademico 20162017. I visitatori hanno avuto l’opportunità di confrontarsi con i professori, di assistere alle lezioni, di ascoltare l’esperienza di chi già studia in Repubblica e di osservare gli elaborati realizzati dagli iscritti già impegnati nei percorsi formativi. Degna di nota è stata la mostra “SMOD/DesignX”, che ha ospitato una selezione dei progetti sviluppati durante l’anno accademico dagli studenti dei Corsi di Laurea in Design permettendo loro di mostrare i propri lavori.

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DAY 18.03/ 08.04

IN QUESTA PAGINA E NELLA PAGINA SEGUENTE: ALCUNE IMMAGINI DELLA MOSTRA SMOD/DESIGN X CHE OSPITA UNA SELEZIONE DI PROGETTI SVILUPPATI DURANTE L’ANNO ACCADEMICO DAGLI STUDENTI DEI CORSI DI LAUREA TRIENNALE E MAGISTRALE IN DESIGN.


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conclusioni


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INCONTRI Designer, imprenditori, artisti, ricercatori, portano a San Marino la loro storia e visione della cultura del progetto, confrontando le proprie idee con quelle degli studenti dei corsi di laurea.

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MATTEO DELLA BORDELLA


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SUL DESIGN

ALESSIO LEONARDI

CARLO A. SIGON

SILVIA SFLIGIOTTI


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Matteo Della Bordella/ racconta Matteo Borghi L’alpinismo è progettazione. La programmazione di obiettivi insieme alla pianificazione delle fasi progettuali e l’individuazione di strumenti, procedure e limiti sono tutti aspetti che caratterizzano questa attività. Elemento ricorrente è anche la scelta del contesto - che sia una parete rocciosa con Matteo della Bordella o un prodotto di design - in entrambi i casi prevale la continua aspirazione alla conoscenza, alla comprensione di un ambiente a noi sconosciuto. In una spedizione ad alta quota, esplorare significa tentare, vagliare e in alcuni casi fallire, per poi cercare un nuovo sentiero da percorrere. Durante la progettazione, creiamo, mettiamo in discussione i risultati ottenuti e talvolta ci troviamo costretti a ripartire da zero. Nell’alpinismo è fondamentale la preparazione fisica, mentale e strumentale; nel design vale lo stesso principio: non ci si improvvisa progettisti, non si tira ad indovinare, si indaga a fondo. Della Bordella ci insegna che lo scalatore acquisisce e perfeziona il proprio stile di arrampicata lasciandosi “ispirare” da sentieri e percorsi inesplorati; allo stesso modo un progettista, è “disciplinato” da un’etica progettuale e si esprime attraverso uno stile coerente nelle forme e nell’estetica. Nell’alpinismo e nel design cerchiamo strade che nessuno ha percorso, qualcosa di nuovo e di inedito, un campo vergine in cui operare. Fondamentale è la fiducia verso il proprio team, cambia il contesto ma non l’essenza: ogni individuo mette a disposizione le proprie specifiche competenze, diventando parte integrante di un sistema più ampio che può funzionare solo se tutte le parti collaborano sinergicamente.

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ALCUNE IMMAGINI DELLE SPEDIZIONI DI MATTEO DELLA BORDELLA

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Alessio Leonardi e Carlo A. Sigon/ racconta Sergio Menichelli Il motivo per cui ho invitato Alessio Leonardi da Berlino e Carlo Sigon da Milano è riconducibile a due differenti ragioni. La prima è abbastanza lampante perché entrambi, nei loro diversi ambiti disciplinari hanno raggiunto un livello molto alto di qualità e una reputazione nazionale e internazionale. La seconda però è secondo me l’aspetto più interessante ed è il vero motivo per cui ho invitato un type face designer e un regista. I confini del mondo del design sono labili e sfumati, spesso il nostro lavoro si sovrappone a quello di altre figure professionali complementari specifiche.

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Un fotografo, uno stylist, un regista o un programmatore sono designer? In fondo creano elaborati destinati alla produzione seriale e in questo senso sono designer, però non si fanno chiamare così? L’incertezza delle definizioni dei nostri mestieri, la nebbia all’orizzonte dei confini per noi però non deve essere vissuta come un problema, anzi questo stato rarefatto può rivelarsi gravido di spunti di riflessione e di dubbi che sono una materia prima sempre interessante per la progettazione. Questo quindi in definitiva il motivo per cui ho invitato rappresentanti di due discipline che nella nostra università non vengono insegnate: typeface design e regia cinematografica, gente che progetta come noi, ma con dinamiche differenti, con strumenti lontani tra loro e ancora più lontani da noi.

PAGINA PRECEDENTE: UN LAVORO TIPOGRAFICO DI ALESSIO LEONARDI. A FIANCO: CARLO A. SIGON AL LAVORO SUL SET DI UN NOTO SPOT TELEVISIVO.


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Silvia Sfligiotti/ racconta Gianni Sinni Cambiare il punto di vista, cambiare la prospettiva, rappresenta una delle più peculiari e proficue azioni del progettare. Il pensiero laterale, la ricerca di soluzioni attraverso un percorso non sequenziale, secondo il tipico approccio del design thinking, non è in ultima analisi che un continuo cambio di visione. In questa “mossa teorica” — come direbbe Giovanni Anceschi — risiede buona parte dell’attività di Silvia Sfligiotti, ad un tempo graphic designer e critica della comunicazione visiva che ha, da sempre, accompagnato l’attività professionale alla curatela di mostre e pubblicazioni — tra le quali ricordiamo Italic 2.0 e Open Projects—, alla docenza e soprattutto alla riflessione sul mondo del design della comunicazione. Una doppia angolazione che permette, come nel controcampo cinematografico, di intuire con maggior approssimazione le relazioni, talvolta soddisfacenti, talaltra imprevedibilmente critiche, che si instaurano tra i diversi attori della comunicazione: designer, clienti, critici, pubblico. È solo in questa pluralità di angolazioni che, d’altra parte, possiamo trovare la chiave per comprendere e raccontare una disciplina in continua ridefinizione come il graphic design. Una narrazione del design contemporaneo che nella conferenza Controcampo, svoltasi a San Marino per la serie Incontri di design, si è snodata, tra il vasto repertorio di progetti e scritture per arrivare, seguendo il filo rosso della molteplicità dei punti di vista, a quell’innovativa scelta editoriale di Progetto Grafico, la principale rivista italiana sulla comunicazione visiva codiretta da Sfligiotti dal 2012, di affidare ogni numero, con il suo specifico tema, a un gruppo sempre diverso di curatori.

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IN ALTO: PROGETTO GRAFICO 24: GRAFICA, STORIA, ITALIA, COPERTINA E PAGINA INTERNA IN BASSO: VISTA DALLA CASA-STUDIO DI SILVIA SFLIGIOTTI A VALLEGGIA (VB).


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I MUSEI E G SE PE

IN QUESTA PAGINA: TACCUINO DI VIAGGIO, LIBRO CON IL PROGRAMMA DEL VIAGGIO STUDIO E FOCUS SUL LAVORO DI PAOLO ROSA.

INSTALLAZIONE DEL MUSEO LABORATORIO DELLA MENTE A ROMA.

PAGINA SEGUENTE: ESTERNO DEL MUSEO GEOGRAFIE ITALIANE, MAXXI, ROMA.

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“I musei e gli spazi sensibili permanenti”, un viaggio studio alla ri-scoperta delle opere interattive progettate da Studio Azzurro e Paolo Rosa, co-fondatore dello studio insieme a Fabio Cirifino e Leonardo Sangiorgi. Un’esperienza formativa esclusiva proposta e curata da Michele Zannoni e Roberto Paci Dalò, che ha permesso agli studenti dei Corsi di Laurea in Design di visitare i musei e gli spazi sensibili cercando di far comprendere loro quale struttura progettuale si trova dietro le diverse opere e le installazioni realizzate dai progettisti di Studio Azzurro. Roma, Siena, Massa Carrara, Bologna, Formigine e Milano, sono le città in cui gli studenti hanno potuto visitare e comprendere da vicino come si mantiene in vita un’installazione permanente con la possibilità di confrontarsi inoltre con numerosi studiosi incontrati per l’occasione, approfondendo i temi che caratterizzano il design di artefatti interattivi e ponendo l’attenzione sul rapporto tra contenuti, narrazione e tecnologia, elementi fondamentali nella metodologia progettuale di Paolo Rosa. Il viaggio si è poi concluso a Milano all’interno di Studio Azzurro, con alcuni membri dello staff e con Osvalda Centurelli, moglie di Paolo Rosa.


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outside I musei e gli spazi sensibili permanenti

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GLI SPAZI ENSIBILI ERMANENTI


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IN ALTO: ESTERNO DEL MUSEO DELL’ACQUA, SIENA. INSTALLAZIONE DEL MUSEO M.A.S.T., BOLOGNA. SET ALL’INTERNO DI STUDIO AZZURRO, MILANO.

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IN BASSO: MUSEO AUDIOVISIVO DELLA RESISTENZA, FOSDINOVO.

FOTO DI GRUPPO E UNA MOSTRA DEL MUSEO M.A.S.T., BOLOGNA.


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outside I musei e gli spazi sensibili permanenti

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Smag è il rinnovato periodico dei Corsi di Laurea in Design dell’Università degli Studi della Repubblica di San Marino REDAZIONE

CONTRIBUTORS

Giuseppe Digeronimo Cecilia Marzocchi Francesco Paolini Ilaria Ruggeri Tania Sabatini

Cosimo Bizzarri cosimo@cosimobizzarri.com cosimobizzarri.com

SUPERVISORS Alessandra Bosco Gianni Sinni Michele Zannoni

Cecilia Marzocchi cclmrz@gmail.com ceciliamarzocchi.com Anna Steiner Studio Origoni Steiner studio@origonisteiner.it origonisteiner.it Alessandro Tartaglia Scuola Open Source alessandro@ff3300.com ff3300.com Salvatore Iaconesi Scuola Open Source salvatore.iaconesi@artisopensource.net artisopensource.net AIAP Cinzia Ferrara e Carla Palladino aiap@aiap.it aiap.it Studio Fludd ciao@studiofludd.com studiofludd.com


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What design can do info@whatdesigncando.nl whatdesigncando.com

Alessio Leonardi a.leonardi@lionbee.de alessio.de

Kaspar Hauser info@ksprhsr.eu ksprhsr.eu

Carlo A. Sigon carlo@carlosigon.com carlosigon.com

Studio Ah-ha press@studioahha.com studioahha.com

Silvia Sfligiotti studio@alizarina.net alizarina.net

Atto hello@atto.si atto.si

Matteo Borghi matteoborghiarchitetto@gmail.com blumerandfriends.it

La tigre info@latigre.net latigre.net

Francesco Tencalla info@francescotencalla.com francescotencalla.com

Mischer’traxler studio we@mischertraxler.com mischertraxler.com

Sergio Menichelli sergio.menichelli@studiofmmilano.it studiofmmilano.com

Ale Giorgini hello@alegiorgini.com alegiorgini.com

Gianni Sinni lcd@lcd.it lcd.it

Matteo della Bordella info@ragnilecco.com ragnilecco.com


WWW.UNIRSM.SM/DESIGN FACEBOOK/SMAG


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