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TANTI SOLDI, TANTI INTOPPI 200
È l’ammontare del contributo concesso all’autotrasporto con la legge di Bilancio 2023 e che il presidente di Confartigianato Trasporti chiede di destinare subito alle imprese tramite l’istituzione di un credito d’imposta
4.escludere in via definitiva l’autotrasporto dall’obbligo di corrispondere il contributo annuale all’Autorità dei Trasporti;
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5. attivare presso il MIT i due tavoli di lavoro inerenti, il primo, le regole e le norme per la competitività del settore e, il secondo, la riforma del codice della strada, le revisioni e le funzionalità delle motorizzazioni
Un’elencazione precisa e dettagliata che non lascia spazio a incertezze e che Genedani si augura ottenga al più presto «se-
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Sono i soldi stanziati per il settore dal decreto Aiuti ter e che da più parti vorrebbero utilizzare per consentire lo sblocco di circa 1600 istanze presentate per accedere ai circa 500 milioni, ma sospese dopo la sentenza del Tar Lazio gnali concreti» e che sicuramente sfocerà in un nuovo incontro, chiesto per le vie brevi con un testo non pubblicizzato per non alzare i toni, come dimostra anche il fatto che Genedani abbia parlato come presidente di Confartigianato Trasporti e non come presidente di Unatras. Il che rende la sua dichiarazione quasi un promemoria, piuttosto che un proclama di battaglia.
Un Decreto Scritto
MALE
Ciò non toglie che dietro le quinte la tensione salga se non altro per le ragioni dell’intoppo per l’erogazione dei 200 milioni. Stanziati dalla legge di Bilancio per continuare la mitigazione degli effetti del caro gasolio sulle imprese e coprire l’ultimo trimestre del 2022 (poi è sparito lo sconto generalizzato ed è tornato quello per l’autotrasporto), dopo che i 500 milioni avevano «sanato» i due trimestri centrali, ancora non possono essere erogati perché la norma è inapplicabile. «È stata scritta male», spiega sconsolato Pasquale Russo, segretario generale di Conftrasporto. «Perciò devono modificare la norma. Potrebbe copiare quella per i 500 milioni che sono stati erogati con il credito d’imposta». Ma bisogna sbrigarsi. «Altrimenti», osserva Claudio Donati, segretario generale di Assotir, «non ci vuole niente ad arrivare a fine anno e perdere lo stanziamento». E lo stesso Paolo Uggè, presidente di FAI-Conftrasporto, incalza: «Ovviamente, da parte del Governo, sarà necessario darsi una mossa perché le imprese non possono aspettare ancora a lungo quanto loro dovuto per effetto delle intese sottoscritte».
Un Ricorso Al Tar
Non che per i 500 milioni tutto sia filato liscio. Genedani accenna a una sentenza di un TAR del Lazio insolitamente veloce a decidere su un ricorso che chiedeva di estendere il beneficio al conto proprio. E i giudici amministrativi hanno deciso di sì, bloccando le ultime erogazioni e congelando di fatto gli ultimi 70-80 milioni non ancora assegnati. Ma su quali basi giuridiche? «Quando è stato scritto il provvedimento», accusa Patrizio Ricci, presidente di CNA-Fita, «qualcuno ha aggiunto un paio di paroline, alle quali si è aggrappato il ricorso del conto proprio». Qualcuno chi?
È una svista o un errore voluto? Il ricorso è partito da Assopetroli, a tutela dei petrolieri che trasportano carburanti in proprio, ma basta questo per puntare il dito contro i soliti committenti?
Fatto sta che della questione si era parlato già nell’incontro del 14 dicembre con il ministro per le Infrastrutture e i Trasporti, Matteo Salvini. In quella sede da una parte il ministro aveva annunciato un emendamento per riservare, senza possibilità di dubbio, la nuova tranche di 200 milioni all’autotrasporto in conto terzi, dall’altra aveva assicurato di attivarsi sia per consentire alle 1600 imprese in attesa di ottenere il contributo, sia per cercare ulteriori risorse da destinare al conto proprio e sbloccare le erogazioni.
Non Solo Gasolio
Quel che è certo è che intanto il tempo passa e il prezzo del gasolio rimane a livelli elevati. Pur essendo sceso dalle punte dell’estate scorsa, quando il costo industriale era schizzato a 1,2 euro al litro così da superare i 2 euro alla pompa, nelle prime tre settimane di gennaio non riesce a scendere sotto i 90 centesimi (1,8 euro al consumo), contro i 72 del gennaio 2022, prima del conflitto in Ucraina. Oltretutto, c’è il rischio che la tensione sul caro gasolio, faccia accantonare altre questioni come la pubblicazione dei costi minimi (su cui si era impegnato a dicembre lo stesso Salvini), i tempi di pagamento, le attese al carico e scarico, la subvezione.
«Non si può vivere di sole emergenze», lamenta Donati. «Altrimenti, c’è sempre un
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È quanto non è stato assegnato dei 500 milioni, concessi dal governo per attenuare i costi del gasolio, a causa di una sentenza del TAR del Lazio che ha riconosciuto anche al conto proprio il diritto di ottenere il sostegno motivo per non affrontare mai le questioni vere». Insomma, ci vuole metodo. «Perché il governo non ci butta giù un programma di mandato?», osserva Ricci, «qual è il suo progetto? Perché è vero che si parla di tante questioni, dal Brennero alle procedure per il credito d’imposta, ma finora nessuno ha portato a casa nulla. Come diceva mio padre, siamo sempre nel campo delle cento pertiche, in cui tu continui ad arare, ma alla fine non viene su niente».
M«acché speculazione». Davide Tabarelli non le manda a dire. Modenese, 62 anni, presidente (e fondatore) di Nomisma Energia, una delle più importanti società indipendenti di ricerca in campo energetico e ambientale esistenti in Italia, da quando è uscita questa storia della speculazione sul prezzo dei carburanti non fa che rispondere a giornalisti, intervistatori, conduttori di talk show che gli chiedono come stanno realmente le cose «Il prezzo del gasolio che oggi è a 1,9 euro al litro», spiega pazientemente, «va confrontato con i 2,2 che aveva toccato a marzo, subito dopo che era esplosa la guerra in Ucraina. La speculazione è una scorciatoia dei politici e dei giornali per catturare l’attenzione
Il prezzo del gasolio è salito semplicemente perché l’accisa è tornata quella di prima. Concedere uno sconto era giusto perché il prezzo aveva toccato livelli altissimi, poi il prezzo del petrolio ha cominciato a scendere (quando è stato deciso lo sconto era a 120 dollari al barile, ora è a 80) e sarebbe stato assurdo continuare a regalare soldi agli automobilisti quando c’è un’emergenza più importante che è quella delle bollette del gas e dell’elettricità, i cui prezzi rimangono ancora molto alti. Tutto qua»
Resta il fatto che il prezzo del gasolio non dipende unicamente da quello del petrolio. Quali sono i fattori che incidono, oltre – ovviamente – alla parte fiscale?
Certamente, la materia prima è il fattore più importante, ma il petrolio per essere consumato va raffinato e se c’è scarsità di raffinazione – che è quello che stiamo notando in Europa e nel Mediterraneo – il prezzo della benzina può salire di più del petrolio. O meglio, scendere di meno, perché negli ultimi mesi la benzina è scesa di meno in termini relativi rispetto alla materia prima
Perché c’è scarsità di raffinazione?
Esatto. Pensi che i margini di guadagno per la raffinazione, quando il barile costava 8 0-100 dollari, erano di 3 dollari, ed era un margine considerato buono. Adesso che la domanda di carburanti è in crescita e gli impianti di raffinazione non riescono a soddisfarla, i margini sono saliti a 15-20 dollari. E adesso (il 5 febbraio, ndr) parte anche l’embargo contro i prodotti della Russia. La scarsità di raffinazione, poi, è ancora più evidente sul prezzo del gasolio che proprio per questo motivo negli ultimi mesi ha superato stabilmente quello della benzina
Ma se l’attività di raffinazione è quella che garantisce la disponibilità del prodotto, quale strategia si è data l’Italia – e l’Europa – per garantirsi la propria sicurezza energetica?
Mi verrebbe da dire che non c’è strategia, ma paradossalmente una strategia c’è ed è quella della Commissione