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LEZIONI DI STORIA I ricordi di mezzo secolo di battaglie di Silvio Faggi
Iprimi camion li ha visti – smadonnando – a metà degli anni Settanta, lungo quella che stava per essere ribattezzata E45, come se fosse bastato un nuovo nome per tappare le buche, allargare le strettoie, riparare i cedimenti, cancellare le frane ed eliminare completamente le code di quella che di fatto era ancora la Strada statale 3 bis Tiberina. Perennemente intasata da interminabili file di autocarri, autotreni, autosnodati, autoarticolati impegnati in avventurosi sorpassi a velocità infima che rallentavano il viaggio verso la pianura, verso la città, verso il mare, di quel ventenne montanaro che friggeva per raggiungere la morosa in attesa a Cesena. Cinquantasei chilometri dalla sua Alfero, un minuscolo paese ai piedi del monte Fumaiolo, dove nasce il Tevere, «il fiume sacro ai destini di Roma», come recita il cippo con tanto d’aquila messo lì dal Duce, nel trascinare i confini della sua Romagna in piena Toscana per «nobilitarla» con le sorgenti della storia di Roma. Cinquantasei chilometri di càncheri e perenne ritardo agli appuntamenti con quella che – evidentemente più consigliata dall’amore che dalla puntualità – sarebbe diventata sua moglie. Non sapeva allora, Silvio Faggi, che quei mastodontici tardigradi sarebbero diventati, al pari della sua morosa, i compagni di una vita e che per quarant’anni – come con una moglie – ne avrebbe condiviso gioie e dolori, successi e sconfitte, crescite e cadute. «Avrebbero potuto essere le parrucchiere o le estetiste», ricorda con il sorriso ammiccante chi non crede in quel che sta dicendo, «invece, dato che sono sfortunato, furono gli autotrasportatori». Una vicenda lunga quasi mezzo secolo – vissuta nel cuore del confronto tra le associazioni di rappresentanza e i governi – da rileggere, con gli occhiali della Storia, insieme a lui, oggi che ha lasciato ogni incarico, per ritirarsi nella sua montagna a fare «il bracciante in nero» per il figlio.
GLI INIZI. L’INCONTRO CON L’AUTOTRASPORTO E LE TARIFFE A FORCELLA
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Il rischio che Faggi, classe 1955, finisse tra i parrucchieri fu reale. Figlio («al 100%») della Prima repubblica, militava nel Partito socialista di Forlì, («I riti per entrare in un’organizzazione di massa», ricorda, «prevedevano che ci fosse un passaggio, una sorta di svezzamento, all’interno di un partito politico»), prima di trasferirsi, nel gennaio del 1980, nella Confederazione nazionale dell’artigianato (CNA). Qualche mese dopo due funzionari locali furono catapultati nella segreteria provinciale e si aprirono due posizioni: una per seguire parrucchieri ed estetiste, l’altra per occuparsi di autotrasportatori. A Faggi toccarono i secondi. «Non ne sapevo nulla. All’inizio ero tentato di mollare. Poi, un po’ alla volta, ci ho preso gusto». Anche perché a 25 anni – praticamente appena entrato – era già Segretario della Fita di Forlì (una delle più forti organizzazioni territoriali del Paese) e, nel giro di un paio di anni, aveva assunto la responsabilità di tutta la componente socialista a livello regionale. Proprio mentre improvvisamente Cesena diventò un palcoscenico nazionale per l’autotrasporto. Erano gli anni delle battaglie per le tariffe forcella: previste dalla legge 298 del 1974 che le aveva introdotte insieme all’Albo degli autotrasportatori, dopo otto anni ancora non erano state istituite. Alla fine del 1982 il ministro socialista dei Trasporti, Vincenzo Balzamo, si presentò a un convegno organizzato dal partito socialista locale per sollecitare finanziamenti per lo sviluppo della viabilità e delle aree di sosta dei veicoli. Faggi svolse la relazione d’apertura e poi passò la parola al ministro, il quale – tra la sorpresa generale – annunciò che aveva appena firmato il decreto che dava attuazione al titolo III della legge 298: le tariffe a forcella erano entrate in vigore.
La riforma Bassanini portò in dote alle Province la gestione degli Albi. È stato il disastro più totale. Fu messa nelle mani degli assessori provinciali la possibilità di regalare licenze conto terzi e soprattutto conto proprio a destra e a manca
UN DECENNIO NELLA FITA. GLI ANNI OTTANTA E LE AUTORIZZAZIONI SPECIALI
«Di quei dieci anni passati in Fita CNA», racconta oggi, «ho ricordi vividi e belli. Ho conosciuto personaggi straordinari, a cominciare dai vertici dell’epoca: il segretario generale della Fita, Quirino Oddi, il presidente Giovanni Menichelli e il suo successore, Giuseppe Sambolino, forse il miglior presidente che Fita abbia mai avuto. Furono anni di grande fermento, con numerosi tentativi di promuovere l’unità tra le associazioni, come l’Unatras (rimasta ancora
Una foto storica dell’autotrasporto italiano: il velo con le sigle di tutte le diverse associazioni viene fatto cadere (per opera di Faggi che manovrava dietro al palco) e si disvela la sigla UnaTras per la prima volta. In casa Fita qualcuno si lamentava di non aver discusso questo passaggio negli organismi direttivi,
di Umberto Cutolo
oggi) e la nascita dell’Albo degli autotrasportatori, che ha dovuto attendere un po’ meno delle tariffe a forcella, ma ha mosso i primi passi nel 1980. Io entrai nell’Albo provinciale e tra questo e quello nazionale ne sono uscito soltanto adesso». «Erano anni di grande fermento», ha detto. Su quali temi? C’erano le grandi battaglie di alcuni settori, a cominciare dal petrolifero, comparto molto combattivo che arrivò a fermi memorabili. C’era la crescita repentina sul mercato del trasporto container. Ma il vero dibattito di quegli anni fu il superamento delle autorizzazioni specifiche. Quando ho cominciato, nel 1980, ce n’erano la bellezza di 120. Li contammo con il direttore della MCTC di Forlì. Ce n’erano di tutti i tipi: per trasportare i polli vivi, per trasportare i polli morti, i tubi di plastica, i mattoni, il legname… Quali erano le ragioni di questa proliferazione delle autorizzazioni speciali? Perché l’autotrasporto era stato usato come valvola di sfogo per tutte le grandi crisi industriali degli anni Settanta, dal momento che era l’ammortizzatore sociale per eccellenza: non costava nulla allo Stato ed era semplice da mettere sul tavolo per dare lavoro a chi usciva da un’azienda in crisi. E non solo… E non solo? Tutto in realtà è cominciato nel 1969, quando Gheddafi espulse dalla Libia 20 mila italiani che persero tutto. Bisognava dar loro un lavoro: molti in Africa facevano i trasportatori e avrebbero potuto farlo anche in Italia, ma da noi le autorizzazioni in conto terzi erano contingentate e allora ci si inventò le autorizzazioni «speciali» che permettevano di trasportare una sola tipologia di merce, quasi come un trasporto in conto proprio. E che c’entra con le crisi industriali? C’entra, perché subito dopo, agli inizi degli anni Settanta, dopo lo choc petrolifero, il boom del dopoguerra si arrestò, l’industria cominciò a perdere colpi e le fabbriche a chiudere. In molti casi la soluzione fu il «modello Gheddafi»: se un’azienda entrava in crisi, la via più facile per salvaguardare i lavoratori, era quella delle autorizzazioni speciali. Gli operai che lasciavano l’azienda in crisi, con la buonuscita pagavano le prime cambiali di un camion, e lo Stato regalava loro licenze «speciali», con la scusa che, essendo «speciali», non incidevano più di tanto sul mercato, trasportando una sola tipologia di merce, spesso quella dell’azienda di provenienza del trasportatore. Ma era proprio vero che le autorizzazioni speciali non incidevano più di tanto? Fino a un certo punto. Il fatto è che si aprì una crepa e alla fine diventò una voragine. A metà anni Settanta, a Ravenna, fallì la Gulminelli, grossa azienda di trasporti con qualche centinaio di dipendenti. Anche in quel caso fu applicato il «modello Gheddafi», ma aggiungendoci una deroga all’indivisibilità delle autorizzazioni. Fino a quel momento la licenza per il conto terzi era indivisibile e legata al camion. Per essere chiari: se avevi due autorizzazioni – una sulla motrice, una sul rimorchio – non potevi dividerle. Se ne avevi cento, dovevi trovare
mentre Sna Casa sfiduciò seduta stante il suo presidente. Nella foto si riconoscono Marco Arcinotti Marco di Confartigianato T., Fabrizio Palenzona di Fai, il ministro Giancarlo Tesini, Giuseppe Sambolino di Fita, il primo Presidente dell'Albo Aldo Bonforti e Renzo Leopoldo Lucchi di Fiap.
Dalle tariff e a forcella ai costi della sicurezza, dalle autorizzazioni speciali all’azione diretta, dai fermi più burrascosi agli scontri con il governo, dalle liti tra associazioni ai diktat delle Confederazioni, un percorso di ricordi che racconta, senza peli sulla lingua, come è cambiato l’autotrasporto italiano
qualcuno che le comprava tutte, non potevi venderne venti a uno e dieci all’altro. Per la Gulminelli fu varato un decreto in deroga, permettendo di rimborsare agli autisti i mancati stipendi con la proprietà del camion che guidavano. Per parte sua lo Stato concesse loro l’autorizzazione: non quella speciale, ma contingentata, legata appunto al camion. In questo modo saltò il principio dell’indivisibilità delle autorizzazioni. Quali sono state le conseguenze di tutto ciò sull’autotrasporto? Due ed entrambe negative, che ci portiamo addosso ancora oggi. La prima è la subcultura manageriale della categoria. Per 10-15 anni, a partire dagli anni Settanta, con le autorizzazioni speciali sono state avviate a fare gli imprenditori dell’autotrasporto migliaia di persone che avevano la mentalità del dipendente: prima erano operai del legno, metalmeccanici, chimici, poi improvvisamente si trasformavano in autotrasportatori, senza neppure i tre requisiti di capacità professionale, finanziaria e onorabilità non ancora richiesti dalla legge, ma già previsti in una normativa di prima della guerra finita nel dimenticatoio. E la seconda? Che sanare quelle autorizzazioni – operazione conclusa a fine anni Ottanta – ha moltiplicato enormemente la capacità di trasporto (al netto, ovviamente, dell’abusivismo), ingigantendo l’offerta, squilibrando il mercato e facendo diventare inapplicabili le tariffe a forcella. Quella sanatoria purtroppo era inevitabile, ma probabilmente non si misero in atto una serie di accorgimenti, come gli accordi di settore che funzionarono solo nel petrolifero, nelle barbabietole e – un po’ meno – nei container.
Il governo D’Alema prima di formalizzare la liberalizzazione del conto terzi, consentì il raddoppio della capacità di carico. Per l’industria fu una manna: se l’offerta aumenta, il prezzo si abbassa. E con l’aumento della capacità di carico, l’offerta aumentò. Vincenzo Balzamo (1929-1992), qui ritratto con il segretario del partito socialista e per anni presidente del Consiglio Bettino Craxi, è stato ministro dei Trasporti dal 1981 al 1982 nei due governi Spadolini. Dall’approvazione della legge 298 erano trascorsi quasi quattro anni quando, alla fine del 1982, si presentò a Cesena a un convegno sullo sviluppo della viabilità e delle aree di sosta dei camion. Faggi svolse la relazione d’apertura e poi passò la parola al ministro, il quale – tra la sorpresa generale – annunciò che aveva appena firmato il decreto con cui entravano in le tariffe a forcella.
IL PASSAGGIO ALLA FIAP. GLI ANNI NOVANTA E LE AUTORIZZAZIONI ALLE AZIENDE
Poi arriviamo agli anni Novanta. Dopo dieci anni di Fita, lei lascia l’associazione… Sì e purtroppo con una brutta lite. In quegli anni tra socialisti e comunisti c’era forte tensione che si riverberò anche nelle associazioni di rappresentanza dove erano presenti esponenti di entrambi i partiti. Il clima era negativo. Prima di me, un altro esponente socialista di Forlì era stato buttato fuori con accuse ridicole a due mesi dal pensionamento. Poi venni cacciato io con scuse altrettanto pretestuose e, nel 1992 con «Mani Pulite», la componente comunista cacciò tutti i socialisti rimasti in Fita, esclusi quelli che – come si dice – baciarono la pantofola. Molti espulsi trovarono lavoro come promotori finanziari per società della Fininvest. Io aprii un contenzioso con la CNA, ma venni quasi subito contattato dal presidente di Fiap, Leopoldo Renzo Lucchi, un cesenate che aveva quest’associazione forte sul territorio. Accettai ed entrai nell’associazione. E diventò quasi subito segretario… Non subito: una serie di segretari lasciarono e io mi trovai a fare il segretario di fatto per tre anni, anche se la formalizzazione ci fu solo nel 1996. E subito mi trovai di fronte una brutta storia: la scissione della Fiap. Come andò? Era il 1997: ministro dei Trasporti, Claudio Burlando. Unatras si spaccò e le due confederazioni artigiane – Confartigianato e CNA – ruppero con la FAI, ma per recuperare i voti necessari a metterla in minoranza non trovarono di meglio che pescarli all’interno di Fiap, favorendo una scissione capeggiata da uno dei vicepresidenti. Nacquero così le due Fiap: «L» e «M», dalle iniziali rispettivamente del presidente Lucchi e dello scissionista Mario Mannino. Fu una vicenda dura e amara che ha lasciato il segno nei rapporti tra le associazioni. Noi rischiammo di scomparire e risalire la china fu durissima: ci sono voluti anni. Non abbiamo mai capito chi ci fosse all’origine di questa manovra, ma forse vuol dire qualcosa il fatto che noi di Fiap «L» non venivamo invitati agli incontri ministeriali. Quali erano i problemi che si trovò di fronte l’autotrasporto in quegli anni? Certamente fu la questione del superamento delle autorizzazioni per il conto terzi. Ma anche lì ci diedero una fregatura. Il governo di Massimo D’Alema, con Pierluigi Bersani ministro dei Trasporti, volle liberalizzare il conto terzi, ma prima di formalizzare la liberalizzazione, consentì il raddoppio della capacità di carico. In pratica, saltava l’autorizzazione legata al veicolo e passava all’azienda. Il problema era che quelle licenze erano costate decine di milioni. Ricordo che fecero girare bozze del provvedimento (su carta non intestata) che prevedeva dei ristori – come li chiamerebbero ora – per la perdita di valore che la norma avrebbe causato. Quando fu approvata la legge, però, i ristori erano spariti e i committenti brindavano. Per l’industria fu una manna: se l’offerta aumenta, il prezzo si abbassa. E con l’aumento della capacità di carico, l’offerta aumentò. Ma le associazioni di categoria non tentarono di resistere, non protestarono? Non tutte colsero il rischio che si correva.
Noi di Fiap ci mettemmo di traverso, anche pesantemente, ma non venimmo ascoltati neanche da associazioni con cui collaboravamo. E la legge passò così come l’aveva pensata il governo. È stata una delle pagine più buie per l’autotrasporto, perché ancora oggi abbiamo nell’Albo 15-20 mila aziende da cancellare, frutto di quella legge: aziende che non esistono più o, se esistono, fanno altro. A complicare le cose ci si mise, nel 2000, la famigerata riforma del titolo V del ministro Franco Bassanini. Anche quella legge danneggiò l’autotrasporto? In che modo? La riforma Bassanini portò in dote alle Province – nonostante fossero in discussione già allora – la gestione degli Albi. È stato il disastro più totale. Fu messa nelle mani degli assessori provinciali la possibilità di regalare licenze conto terzi e soprattutto conto proprio (che fino ad allora erano gestite da una commissione presso la Motorizzazione) a destra e a manca, alla faccia di tutti i contingentamenti e di tutti i tentativi di governare questo settore. A parte che le Province che si prepararono seriamente a gestire l’Albo si contavano sulla punta delle dita: c’era Forlì, per esempio, ma non Rimini, dove affidarono la gestione dell’Albo degli autotrasportatori all’azienda dei trasporti urbani.
GLI ANNI DUEMILA. LA LEGGE DI RIFORMA E LA MUTAZIONE DEL SETTORE
Poi, nel primo decennio del secolo, ci furono anche momenti migliori… Il momento più ricco di aspettative – in quanto per la prima volta uno che veniva dal settore era passato dall’altra parte della barricata – coincise con l’incarico di Paolo Uggè a sottosegretario ai Trasporti e a pre-
Il momento più ricco di aspettative coincise con l’incarico di Paolo Uggè a sottosegretario ai Trasporti: con il superamento delle tariffe a forcella e una nuova regolamentazione di supporto alle imprese il settore è cambiato. Venti anni fa era composto per l’80% da microimprese, oggi per oltre il 50% è costituito da società. Qui Uggè (a sinistra) in un’assemblea pubblica del 1989 a Cesena, in occasione del Macfrut, con lo stesso Faggi e lo storico presidente Lucchi di Fiap. sidente della Consulta per l’autotrasporto, con quel po’ po’ di innovazione che portò nel 2005 al superamento delle tariffe a forcella, con la legge 32. C’era tutta una nuova regolamentazione che doveva essere di supporto alle imprese di trasporto: i costi minimi di sicurezza, l’azione diretta, insomma tutte quelle cose di cui ancora oggi si parla. Che qualche effetto devono averlo avuto, se il settore oggi è cambiato. Oggi le aziende sono scese dalle allora 120-130 mila a 80 mila, ma soprattutto è cambiata la loro tipologia: agli inizi degli anni 2000 il settore era composto per l’80% da microimprese; oggi per oltre il 50% è costituito da società. Purtroppo, però, quella spinta si è esaurita prima con il fermo del 2007 – finito malamente – poi con la crisi economica e ora con il Covid. Perché il fermo del 2007 segna la fine della spinta riformatrice? Con il nuovo governo di centro sinistra arrivò al ministero dei Trasporti, su designazione di Rifondazione comunista, Alessandro Bianchi, che cancellò tutto il lavoro di pianificazione fatto negli anni precedenti e annunciò un Piano generale della mobilità urbana (che, per inciso, rimase sulla carta) al posto di quello per i trasporti e la logistica. Passammo dalla sera alla mattina dai grandi temi legati alla mobilità delle merci su scala continentale ai problemi dei ciclisti. Con Bianchi i rapporti furono subito conflittuali, finché non si arrivò allo scontro: le associazioni proclamarono a fine anno un fermo di quattro giorni. La risposta furono precettazioni e allertamento della Polizia. Anziché dialogare, il governo preferì percorrere altre strade e, ancora una volta, come ai tempi di Burlando – i comunisti all’autotrasporto hanno fatto sempre danni – intervennero le centrali confederali, imponendo alle federazioni la revoca del fermo. Ci furono colleghi di CNA e di Confartigianato che a livello territoriale si presero pure un paio di schiaffoni dai loro trasportatori e qualcuno fu costretto a lasciare l’incarico in federazione. Ma la cosa più grave fu che da quel momento non è stato più possibile organizzare niente. Il livello di credibilità delle associazioni presso i propri rappresentati non era mai sceso così in basso e per risalire la china, ammesso che ci siamo riusciti, è stato difficilissimo. Ma i fermi dell’autotrasporto sono stati sempre dei momenti molto vivaci… Vivaci è un eufemismo. Erano momenti in cui saltavano i freni inibitori, per cui poteva accadere di tutto. Ma c’era anche una certa tolleranza da parte degli organi di polizia, a meno che non succedessero fatti gravi. C’era spesso il gusto dello scherzo. Uno lo fecero a me. C’era un blocco a Cesena alla fabbrica dei polli Amadori dove si vociferava che qualcuno volesse infrangere il fermo. Io ero ancora in Fita. Quelli di Fiap mi dissero di andare a placare gli animi dei miei davanti all’azienda. Io mi precipitai con la mia Peugeot 205 rosso Ferrari – nuova fiammante – e fermai un paio di trasportatori più arrabbiati degli altri. Ma quando tornai alla macchina, me l’avevano riempita di polli che erano riusciti a fare le loro cacche fin sul soffitto. Dovetti cambiarla, perché la puzza dopo qualche mese non era ancora andata via. Fu il momento peggiore della sua carriera? No, il momento peggiore fu quando ci siamo inventati il bonus fiscale. Fu nel 1990, quando mettemmo in testa ai nostri trasportatori che, se avevano problemi, bastava dichiarare un fermo e farsi dare dallo Stato i soldi per ripianare i bilanci. Quello è stato il momento più buio. Abbiamo capito soltanto dopo – tutti quanti – che in questo modo, invece di far crescere gli autotrasportatori da un punto di vista imprenditoriale, li abbiamo trasformati in parastatali. E abbiamo fatto capire alla nostra committenza che a loro costava poco se noi facevamo i fermi per chiedere i ristori di cui loro poi beneficiavano. Perché i soldi che lo Stato ci dava, li abbiamo sempre girati ai committenti sotto forma di tariffe più basse. Tutto lì.
Con il governo di centro sinistra arrivò al ministero dei Trasporti Alessandro Bianchi, che cancellò tutto il lavoro di pianificazione degli anni precedenti. Le associazioni proclamarono a fine 2007 un fermo di quattro giorni. Anziché dialogare, il governo preferì altre strade: intervennero le centrali confederali, imponendo alle federazioni la revoca del fermo. Da quel momento non è stato più possibile organizzare niente. Il nostro livello di credibilità non era mai sceso così in basso.
L'AL'A L'A
l’Agenda di aprile 2021
A cura di Anna De Rosa
SOMMARIO
• Proroghe di carte, revisioni e tachigrafi
• Dieci giorni di congedo paternità
• 2021: i giorni del dosaggio austriaco • Vidimazione on-line dei formulari rifiuti
• Il forfait dello straordinario sul LUL
CONTRIBUTO ART 2021
Determina n. 30 del 4/03/2021
L’Autorità di Regolazione dei Trasporti, con questo provvedimento, che fa seguito a due precedenti delibere (n.225/2020 e n.20/2021) ha indicato le modalità di versamento del contributo annuale, a carico delle imprese. Vediamo i principali punti. Trasporto merci in conto terzi. Per quanto riguarda il trasporto merci in conto terzi, la determina conferma che non è più operativa la sospensione del pagamento per l’anno in corso e per quelli pregressi, ma non dice nulla sui termini di pagamento dei contributi pregressi. Sul punto soccorre adesso la Delibera n. 20/2021 che prevede espressamente che il contributo relativo all’annualità 2020 vada versato entro e non oltre il 29 ottobre 2021. Soggetti onerati. Sono tenute al pagamento del contributo, le imprese che possiedono veicoli superiori a 26 tonnellate e per le quali la determinazione del contributo è pari allo 0,6 per mille del fatturato rilevante. Termini. Il contributo va versato entro il 30 aprile, nella misura di 1/3 e entro il 29 ottobre per i rimanenti 2/3 del contributo dovuto. Entro la scadenza del 30 aprile è inoltre obbligatorio compilare l’autodichiarazione dei dati da parte delle imprese che dichiarano ricavi superiori a 3 milioni di euro.
PROROGHE DI CARTE, REVISIONI E TACHIGRAFI
Circolare Ministero interno del 9/03/2021
Con questa circolare, in linea al Regolamento 2021/267 del 16 febbraio 2021 che ha prorogato certificati, licenze, autorizzazioni in materia di trasporti, sono state differite le revisioni dei veicoli (in Italia e all’estero), l’ispezione periodica dei tachigrafi e la validità della carta del conducente. Per gli altri documenti, si rimanda alla circolare ministeriale del 1° marzo 2021 (di cui ci siamo occupati nel numero scorso di Uomini e Trasporti). Vediamo le principali novità. Validità carta tachigrafica del conducente I conducenti titolari di carta tachigrafica che chiedono il rinnovo per scadenza nel periodo compreso tra il 1° settembre 2020 e il 30 giugno 2021, devono ricevere la nuova carta nuova carta entro 2 mesi dalla richiesta. Nel frattempo, in attesa che la carta sia rilasciata, il rilasciata, il conducente potrà circolare annotando manualmente anualmente l’attività svolta, e se del caso il danneggiamento, il cattivo to, il cattivo funzionamento, lo smarrimento o il furto della carta, ma deve rtamaddeve dimostrare di aver richiesto il rinnovo della carta entro e non ntro e nnon oltre quindici giorni lavorativi precedenti la data di scadenza denza della carta. La stessa disposizione si applica dunque ove i ei conducenti titolari di carta tachigrafica abbiano richiesto la sostituzione per cattivo funzionamento, furto o smarrimento nel periodo compreso tra il 1° settembre 2020 e il 30 giugno 2021.
Proroga scadenza delle revisioni Per i veicoli appartenenti alle categorie N, O3 e O4 (veicoli a motore per il trasporto merci; rimorchi con massa 3,5t -10 t; rimorchi con massa superiore a 10 t) la validità delle revisioni scadute tra il 1° settembre 2020 e il 30 giugno 2021 viene prorogata per un periodo di 10 mesi successivi alla scadenza. Le proroghe sono efficaci per tutti questi veicoli, ovunque siano stati immatricolati e su tutto il territorio dell’Unione europea. Per quanto riguarda i veicoli immatricolati in Italia, le norme li immatricola vanno coordinate con altra disposizione (art. 92, comma 4, con altra disposizione (art. 92 del decreto-legge 18/2020), che stabiliva: 8/ ge 18/2 18/ •circolazione fino al 31 ottobre 2020 dei veicoli con revisione ino al ottobre 2020 dei v ne fino al 31 ottobre 2020 dei veicoli con revi fin scaduta entro il 31 luglio 2020; tro il 31 gli entntr •circolazione fino al 31 dicembre 2020 dei veicoli con ne fino 31 dicembre 2020 de li coon• circolazzio revisione scaduta nel periodo compreso tra il 1° agosto e il e scaduta l periodo compreso tra il 1° to e e e revisioone 30 settembre 2020; mbre 2020 m30 settte o •circolazione fino al 28 febbraio 2021 dei veicoli con one fino 28 febbraio 2021 dei v one fino al 28 febbraio 2021 dei veicoli co• circolaazi revisione scaduta nel periodo compreso tra il 1° ottobre e s scaduta l periodo compreso tra il 1° e scaduta nel periodo compreso tra il 1° ottobrerevisionne il 31 dicembre 2020. re 2020.mbrreil 31 dicemmb La proroga è valida per tutte le categorie di veicoli e trova lida per tutte le categorie di vei er tutte le ca è valida per tutte le categorie di veicoli e alid trovapLa applicazione esclusivamente in Italia. vamenteinItalia amente in Italclusiva sivama Ispezione periodica dei tachigrafi dei tachigrafi chigra Le ispezioni biennali a cui sottoporre i tachigrafi già eseguite uite o da eseguire tra il 1° settembre 2020 e il 30 giugno 2021, si potranno effettuare entro i 10 mesi successivi alla data prevista. La norma vale per tutti i veicoli immatricolati nell’UE e consente di circolare, senza aver effettuato visita, per tutto il territorio dell’Unione europea, Italia compresa.
DIECI GIORNI DI CONGEDO PATERNITÀ GEDO PAT
Circolare INPS n. 42 dell’11/03/2021
Con questa circolare, l’INPS fornisce indicazioni sulla fruizione ulla fruizione il 2021, ferma restando la possibilità di fruire di un giorno di del congedo obbligatorio e facoltativo dei padri lavoratori adri lavoratori congedo facoltativo in alternativa alla madre, viene ampliata la dipendenti per l’anno 2021. Innanzi tutto è stato elevata da tato elevata da tutela del congedo anche per morte perinatale del figlio. 7 a 10 giorni la durata del congedo obbligatorio di paternità orio di paternità Il congedo obbligatorio si configura come un diritto autonomo e (conformemente alla legge di Bilancio 2021) ed estesi il congedo estesi il congedo pertanto è aggiuntivo a quello della madre e spetta comunque obbligatorio e facoltativo ai casi di morte perinatale. È inoltre natale. È inoltre indipendentemente dal diritto della madre al proprio congedo previsto che il padre possa astenersi per un ulteriore giorno, eriore giorno, di maternità. Il congedo facoltativo del padre è invece in accordo con la madre e in sua sostituzione, in relazione al relazione al condizionato alla scelta della madre lavoratrice di non fruire periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima. ultima. di un giorno di congedo maternità. Il giorno dal padre anticipa Il Parlamento Europeo aveva già approvato in materia, la teria, la quindi il termine finale del congedo di maternità della madre direttiva 2019/1158 sull’equiparazione tra attività professionale ionale ed è fruibile anche contemporaneamente all'astensione e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza. enza. della madre. Deve essere esercitato entro cinque mesi dalla Pertanto, tutti gli Stati membri sono tenuti a uniformarsi a tali a tali nascita del figlio (o dall’ingresso in famiglia/Italia in caso di disposizioni entro la scadenza del 2022 e dunque il padre o il re o il adozioni nazionali/internazionali oppure dall’affidamento), secondo genitore equivalente, se riconosciuto dalla legislazione azione indipendentemente dalla fine del periodo di astensione nazionale, deve avere diritto ad almeno 10 giorni lavorativi di ativi di obbligatoria della madre con rinuncia da parte della stessa congedo di paternità retribuito nel periodo della nascita o del parto del feto morto. Il congedo - obbligatorio e facoltativo - alternativo al congedo di maternità della madre, è fruibile dal padre lavoratore ta o del congedo voratore ad un giorno. Infine, il congedo spetta anche se la madre, pur avendone diritto, rinuncia al congedo di maternità. Il padre lavoratore dipendente ha diritto, per i giorni di dipendente anche adottivo e affidatario, entro e non oltre il oltre il congedo obbligatorio e facoltativo, a un'indennità giornaliera quinto mese di vita del figlio, con decorrenza dalla nascita o t a carico dell'INPS pari al 100% della retribuzione. È tenuto a dall’ingresso in famiglia o in Italia in caso di adozione nazionale comunicare al proprio datore di lavoro le date in cui intende o internazionale, oppure dall’affidamento, avvenuti a partire dal usufruire del congedo almeno 15 giorni prima. Se richiesto in 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2021. L’aumento attuale a concomitanza dell'evento nascita, il preavviso si calcola sulla dieci giorni del congedo obbligatorio e la tutela estesa anche data presunta del parto.Nei casi di pagamento a conguaglio, al caso di morte perinatale del figlio è il risultato di una serie di la comunicazione va fatta in forma scritta al datore nei casi di innovazioni apportate nel tempo. A partire dalla legge di bilancio pagamento diretto da parte di INPS, la domanda va presentata 2017 - che aveva già prorogato il congedo obbligatorio per i padri online all'Ente attraverso l’apposito servizio (Informazionilavoratori dipendenti, estendendolo anche alle nascite e alle Manuali-acquisizione domanda e annullamento - Consultazione adozioni/affidamenti avvenuti nell'anno 2017 e prevedendo, domande, funzionalità che consente di verificare le domande per il 2018, l’aumento da due a quattro giorni- nel 2019 i giorni inserite e inviate all'INPS). di congedo obbligatorio sono diventati cinque, ulteriormente In alternativa, si può fare la domanda tramite Contact center aumentati a sette nel 2020. Il congedo facoltativo, prorogato al numero 803 164 (gratuito da rete fissa) oppure 06 164 164 per l'anno 2017, viene stabilito invece nella misura di un giorno da rete mobile; o attraverso enti di patronato e intermediari dall’anno 2018; confermato per l’anno 2019 e per il 2020; per dell'Istituto mediante servizi telematici.
il 2021, ferma restand o di congedo facoltativo in alternativ la tutela del congedo anche per mort Il congedo obbligatorio si configura me un diritto autonomo e pertanto è aggiuntivo a quello de adre e spetta comunque in dre al proprio congedo di dre è invece con di un quindi ed è della m nascit adoz indip obb ad av Il c
2021: I GIORNI DEL DOSAGGIO AUSTRIACO
Land del Tirolo. Comunicazione del 9/03/2021
Con questa comunicazione, l’Austria rende noto che nel corso del secondo semestre 2021, attuerà in Tirolo il cosiddetto «sistema di dosaggio» per i veicoli pesanti provenienti dalla Germania che transitano sull’autostrada A12 Inntal nell’area del valico di frontiera Kufstein/ Kiefersfelden (lungo l’asse del Brennero) per poi proseguire verso l’ Italia. A breve, dunque, in queste direttrici, dalle ore 5:00 del mattino saranno ammessi a transitare massimo 300 veicoli ogni ora. Ecco le date individuate per la seconda parte dell’anno:
IL TUO FORNITORE DI SERVIZI E SOLUZIONI RIMBORSO IVA E ACCISE | PEDAGGI E TUNNEL | SALARIO MINIMO | PRENOTAZIONI TRAGHETTI E TRENI | CARTE CARBURANTE VIALTIS è un gruppo indipendente dedicato esclusivamente alle società di trasporto internazionale. Dal 1982 abbiamo sviluppato rapporti commerciali di lunga data con piccoli e grandi trasportatori in tutta Europa.
• Lunedì 5 luglio 2021 • Lunedì 12 luglio 2021 • Lunedì 19 luglio 20201 • Lunedì 26 luglio 2021 • Mercoledì 27 ottobre 2021 • Martedì 2 novembre 2021 • Mercoledì 3 novembre 2021 • Mercoledì 10 novembre 2021 • Mercoledì 17 novembre 2021 • Mercoledì 24 novembre 2021 • Mercoledì 1° dicembre 2021 • Giovedì 2 dicembre 2021 • Giovedì 9 dicembre 2021 • Lunedì 13 dicembre 2021 • Martedì 14 dicembre 2021 • Mercoledì 15 dicembre 2021
CONSEGUENZE DEL RIFIUTO DI VACCINO ANTI COVID
Istruzione operativa INAIL n. 1 del 1/03/2021
L’INAIL, con questa istruzione operativa, ha dato risposta al quesito relativo alla tutela dell’Istituto anche nel caso in cui il personale, che non abbia aderito alla profilassi vaccinale, contragga il virus. L’INAIL afferma che il lavoratore che rifiuta di vaccinarsi e si contagia sui luoghi di lavoro ha diritto alla tutela infortunistica, ma non al risarcimento da parte del datore di lavoro. L’Istituto sottolinea che l’assicurazione gestita dall’INAIL ha infatti la finalità di proteggere il lavoratore da ogni infortunio sul lavoro, anche da quelli derivanti da colpa e di garantirgli i mezzi adeguati allo stato di bisogno derivante dalle conseguenze che ne sono derivate. L’assistenza opera, precisa l’INAIL, nei casi di infortunio o malattia professionale, anche quando il datore di lavoro non abbia provveduto al versamento dei contributi dovuti.
protegger sul lavoro, anche da tirgli i mezzi adeguati allo stato di seguenze che ne sono derivate. IL, nei casi di infortunio o uando il datore di lavoro non rsamento dei contributi dovuti. rmulari. L’utente potrà richiedere nivoco da riportare sul propr rifiuto, in sostituzion :
Decreto legislativo n. 116/2020
Con la modifica introdotta dal D.lgs. 116/2020, sulla disciplina dei formulari di identificazione del rifiuto, è in funzione dall’8 marzo scorso, un nuovo applicativo per la vidimazione virtuale di questi formulari. Ecocerved ha infatti realizzato il servizio Vi.Vi.Fir (vidimazione virtuale del formulario) che permette a imprese ed enti di produrre e vidimare autonomamente il formulario di identificazione del rifiuto, attraverso un servizio reso disponibile on line dalle Camere di Commercio, previa registrazione e senza alcun costo. L’accesso al servizio è effettuato da un utente (persona fisica) che si autentica mediante identità digitale (CNS, SPID, CIE) e indica l’impresa o l’ente per conto della quale intende operare. Il sistema Vi.Vi.Fir verifica che la persona abbia titolo a rappresentare l’impresa, mediante riscontro con il Registro delle Imprese. Il rappresentante dell’impresa o dell’ente, una volta inseriti i dati anagrafici può operare in prima persona;o delegare uno o più persone, che accedono tramite autenticazione forte alle successive operazioni, con facoltà di delegare a loro volta altre persone. L’utente può richiedere le credenziali tecniche per l’accesso applicativo, associate all’impresa/ente. Vi.Vi.Fir al momento della registrazione genera, su richiesta degli utenti, uno o più “fascicoli virtuali”, identificati da un codice, ai quali sono poi associati i numeri identificativi univoci da riportare sui formulari. L’utente potrà richiedere la produzione del numero univoco da riportare sul proprio formulario di identificazione del rifiuto, in sostituzione della vidimazione digitale, attraverso due modalità:
ANDAMENTO PETROLIO BRENT A 3 MESI
70
65
60 GENNAIO FEBBRAIO MARZO
55
PREZZI EXTRARETE tendenza
GASOLIO EURO/ 000L NORD CENTRO SUD E ISOLE
min max min max min max
1053 1068 1056 1085 1049 1085
rilevazione del 17.03.2021
• On line: accedendo al portale web Vi.Vi.Fir; il sistema dopo avere generato il numero univoco del formulario consente all’utente di produrre; • attraverso il proprio sistema informatico, interfacciandosi ai servizi applicativi. I FIR in formato PDF prodotti attraverso il portale web contengono l’identificativo univoco in chiaro e riportano nel QR code tutte le informazioni estese che sono contenute nell’identificativo stesso. Copie del formulario devono essere conservate per 3 anni e una copia del FIR rimane presso il produttore, l’altra copia accompagna il rifiuto fino a destinazione, mentre il trasportatore trattiene una copia del formulario compilato e gli altri soggetti della filiera ricevono una copia del FIR completo. Per vidimare registri e formulari, resta comunque attiva, la consueta modalità di accesso fisico presso le Camere di Commercio.
IL FORFAIT DELLO STRAORDINARIO SUL LUL
Ispettorato Nazionale del Lavoro. Circolare del 2/02/2021, n. 337
Con questa circolare, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito chiarimenti sulle modalità di registrazione sul Libro Unico del Lavoro dell’orario di lavoro del personale mobile delle imprese di autotrasporto, riguardo all’ipotesi in cui in azienda siano stati sottoscritti accordi di forfetizzazione della indennità di trasferta e del compenso per lavoro straordinario. Al quesito «se sia coerente una rilevazione semplificata della sola presenza/assenza al lavoro dell’autista attraverso l’apposizione della lettera “P” (ovvero “A”) sul LUL, dal momento che in tali casi la specificazione della esatta durata della prestazione lavorativa resa in regime di straordinario non sarebbe necessaria per la determinazione delle relative poste retributive», l’INL ha risposto che anche in caso di pagamento a forfait dello straordinario è comunque obbligatoria la registrazione dell’orario di lavoro effettivo, da annotare in un momento successivo rispetto al mese di competenza, ma, al più tardi, entro 4 mesi dallo svolgimento delle prestazioni lavorative. In precedenza, il ministero del Lavoro a un interpello (n. 63/2009 del 31 luglio 2009) aveva precisato che per i lavoratori mobili dell’autotrasporto «attesa la distribuzione multiperiodale dell’orario da parte del CCNL di settore, appare possibile procedere a una mensilizzazione delle registrazioni che evidenzi le complessive ore di lavoro ordinario e straordinario effettuate». L’Ispettorato aveva chiarito che per gli autisti delle imprese di autotrasporto, (esclusi dal campo di applicazione del d.lgs. 66/2003 e rientranti nell’ambito della disciplina del d.lgs. 234/2007), era possibile indicare la “P” di presenza in luogo della annotazione delle ore giornaliere lavorate, fermo restando l’obbligo di registrazione del totale delle ore mensili, distinte in ordinarie e straordinarie. Tale obbligo sussiste anche se in azienda il lavoro straordinario venga compensato a forfait, in forza di accordi collettivi in tal senso. Se le aziende hanno concluso accordi per la forfetizzazione dello straordinario, oltre ad annotare la “P” di presenza nel LUL, è dunque opportuno che indichino anche delle ore mensili di lavoro effettuate dai conducenti, distinguendo ore ordinarie e straordinarie. orto «attesa la distribuzion da parte del CCNL di settore, CCNL di se edere a una mensilizzazione delle ilizzazione delle videnz eore di lavoro rdinar orato aveva gli a totrasporto, ,rasporto mpo 66/2003 e e6/2003 amb . 234/2007), /2007), 34/2007) 4/2007), indi luogodella elle ore gio istra stra lavo acco o con oltre ad ” di uno che indichino anche delle ore anc e dai conducenti, distinguendo ti
CASSONATO | Trattore + semirimorchio P.T.T. 44 t, prezzo di acquisto € 130.000; consumo 2,9 km/litro.
Km/ Anno
Ammortamento Gasolio (+IVA) Lubrificanti
Costi di Gestione (€/km)
Pneumatici Manutenzione Collaudi/ tassa di possesso Assicurazioni Autostrade
Totale
Costi personale (€/km)
Autista Straord Trasf.
Totale
40.000 0,6500 0,3850 0,0250 0,0910 0,0480 0,0210 0,2830 0,1250 1,6280 1,0200 0,2050 2,8530 60.000 0,4330 0,3850 0,0250 0,0910 0,0320 0,0140 0,1890 0,1250 1,2940 0,6800 0,1370 2,1110 80.000 0,3250 0,3850 0,0250 0,0910 0,0240 0,0110 0,1420 0,1250 1,1280 0,5100 0,1030 1,7410 100.000 0,2600 0,3850 0,0250 0,0910 0,0190 0,0080 0,1130 0,1250 1,0260 0,4080 0,0820 1,5160
CISTERNATO | Trattore + semirimorchio P.T.T. 44 T, prezzo di acquisto € 192.000; consumo 3,1 km/litro.
Ammortamento Gasolio (+IVA) Lubrificanti
Costi di Gestione (€/km)
Pneumatici Manutenzione Collaudi/ tassa di possesso Assicurazioni Autostrade
Totale
Costi personale (€/km)
Autista Straord Trasf.
Totale
40.000 0,8000 0,3600 0,0250 0,0910 0,0720 0,0590 0,3600 0,1340 1,9010 1,1730 0,2050 3,2790 60.000 0,5330 0,3600 0,0250 0,0910 0,0480 0,0390 0,2400 0,1340 1,4700 0,7820 0,1370 2,3890 80.000 0,4000 0,3600 0,0250 0,0910 0,0360 0,0290 0,1800 0,1340 1,2550 0,5870 0,1030 1,9450 100.000 0,3200 0,3600 0,0250 0,0910 0,0290 0,0240 0,1440 0,1340 1,1270 0,4690 0,0820 1,6780
COSTI DI GESTIONE FEBBRAIO2021
Il periodo di osservazione ha presentato un sensibile aumento del costo del gasolio, registrato sia in termini assoluti che di media ponderata, il quale ha caratterizzato anche i primi giorni del mese successivo, determinando un innalzamento nell’entità totale dei costi. Relativamente alla tassa di circolazione non sono stati segnalati incrementi in quanto non presenti nella regione presa a riferimento (Emilia Romagna). Le altre voci di costo appaiono al momento stabili.
Campailla
avvocato senior partner Studio Zunarelli
QUANDO SI DICE… CONTRATTO DI RETE
La Legge 190/2014 (legge di bilancio 2015) ha apportato modifiche rilevanti al D.lgs 286/2005 dedicato alle «Disposizioni per il riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell’esercizio dell’attività di autotrasportatore». Fra gli ambiti di intervento vi è anche quello relativo alla definizione di vettore contenuta all’art. 2, in cui si considera tale anche l’impresa di autotrasporto che, aderendo a una rete di imprese, esegua trasporti per conto di un’altra iscritta all’Albo. La conseguenza pratica di tale modifica della definizione di vettore è rinvenibile al successivo art. 6 ter (anch’esso introdotto dalla L. 190/2014), in cui sono contenute una serie di disposizioni volte ad accorciare la filiera del trasporto, limitando così la possibilità di ricorrere alla subvezione. Non incorrono, tuttavia, in tali limitazioni i vettori facenti parte di un contratto di rete i quali, pur essendo imprese fra loro distinte e autonome, ai fini della normativa possono essere considerati un unico soggetto. Lo sdoganamento del contratto di rete nell’ambito di una normativa dedicata all’attività di autotrasporto suggerisce di approfondire il tema, cercando di comprendere in cosa consista e in quali ambiti potrebbe essere utilmente applicato al settore. Quale scopo muove il fare rete? Il contratto di rete è una fattispecie relativamente nuova, introdotta in Italia dall’art. 3 comma 4-ter del decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33: «Con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa». La rete costituisce un’alleanza fra imprese completamente nuova, con caratteristiche assolutamente peculiari che ne determinano la novità rispetto ai modelli normativi già conosciuti. Quando l’unione in rete è confacente all’autotrasporto? Il contratto di rete è una forma di unione che consente a ciascuna impresa di mantenere la propria individualità, ma, al tempo stesso, di collaborare in determinati ambiti della propria attività imprenditoriale. La normativa prevede, altresì, delle forme assai snelle di entrata e uscita dalla rete, così come è snella la governante della rete. Si tratta, dunque, di uno strumento che pare perfettamente adattarsi alle esigenze del mercato nazionale costituito per la maggior parte da piccole e medie imprese, normalmente restie a concludere forme di aggregazione stante gli oneri patrimoniali e burocratici ad esse connaturate. Caratteristiche, queste, che riguardano in via generale una parte considerevole del tessuto imprenditoriale nazionale, ma che, più nello specifico, riguardano una fetta assai consistente delle imprese di autotrasporto. Quando una rete si definisce verticale? Il contratto di rete può essere utilizzato per forme di aggregazione orizzontali (per esempio, una rete fra imprese di autotrasporto) o anche verticale. Tale seconda tipologia di rete appare particolarmente interessante, in quanto consente di aggregare le singole professionalità di soggetti operanti all’interno di una stessa filiera produttiva, ma in ambiti differenti della stessa. Si pensi al valore aggiunto che potrebbe generare l’aggregazione mediante un contratto di rete fra un’impresa di autotrasporto, una società che veda il proprio core business nella gestione di magazzini e uno spedizioniere che abbia capacità commerciali per attrarre e aggregare la domanda di tali tipologie di servizi: ciascuna realtà potrebbe mantenere la propria individualità, ma i vari soggetti potrebbero affacciarsi sul mercato presentandosi come un unico operatore logistico. A tale proposito, infatti, bisogna rammentare che rete è sinonimo di collaborazione imprenditoriale, ma anche di autonomia imprenditoriale. Il contratto tipizzato dal legislatore italiano, infatti, non è un nuovo modello di unione societaria, seppur in grado di apportare alcuni dei medesimi benefici, e resta pertanto privo dei meccanismi a quest’ultimo connaturati. Le imprese partecipanti godono di un contesto regolamentato che consente loro di unire capacità e competenze per aggredire il mercato con garanzia, al contempo, di autonomia giuridica senza cessioni o concentrazioni di controllo in capo a un unico soggetto.
Ma la rete è uno strumento di crescita per l’autotrasporto? In conclusione, il contratto di rete, sdoganato per la prima volta nel mondo dell’autotrasporto con la norma ricordata, se adeguatamente conosciuto e governato, potrebbe rappresentare un’occasione di crescita per le imprese del settore che va molto al di là della semplice integrazione orizzontale finalizzata a superare le limitazioni in materia di subvezione.