“Vestire il Paesaggio” è un’espressione sintetica e intuitiva che in parte rivela e in parte nasconde il suo significato. Quale paesaggio? Quello che costituisce l’ambiente del nostro vivere, abitare, lavorare; il paesaggio “umanizzato” che reca l’impronta della nostra cultura e dei nostri valori, che muta ed evolve con noi, dal quale dipende la qualità della nostra vita individuale e collettiva. Programmando il Convegno Internazionale “Vestire il Paesaggio” ci siamo proposti, insieme all’Amministrazione Provinciale, obiettivi certamente ambiziosi e sfidanti; basta scorrere il programma per convincersene. D’altro canto la posta in gioco è alta, sia sul piano culturale, sia su quello dello sviluppo economico. Il vivaismo riveste importanza strategica per il nostro territorio; ed esso potrà trovare, nel confronto fra i diversi soggetti interessati al paesaggio, idee e stimoli per una visione più innovativa ricca e integrata del proprio futuro. Il Presidente Fondazione CARIPT Ivano Paci
Con i quaderni di Vestire il Paesaggio la Provincia di Pistoia e la Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia hanno voluto dare spazio alle riflessioni, alle esperienze ed alle conoscenze create, scaturite, e vissute con questo evento. Questa ulteriore iniziativa, contribuisce a perseguire e rafforzare l’obiettivo sul quale abbiamo investito grande impegno ed energia nell’organizzare questo grande meeting internazionale: contribuire a fare del nostro territorio un centro di eccellenza produttiva, ma soprattutto un punto di riferimento culturale e scientifico nel settore del verde e del paesaggio. Un connubio questo assai attuale in una società come la nostra, che sempre più va riscoprendo lo stretto legame tra uomo e ambiente, tra progettazione del territorio e verde, tra qualità della vita e arredo urbano. Il Presidente Provincia di Pistoia Federica Fratoni
Vestire il Paesaggio ha contribuito a farci conoscere ancora di più il territorio della Provincia di Pistoia e le sue risorse ma soprattutto ci ha insegnato a mettere insieme tutte le forze per far conoscere la realtà florovivaistica ornamentale e le eccellenze territoriali. I quaderni nascono da questa comune volontà di lavorare insieme, di fare squadra per valorizzare il lavoro di tutte le componenti del tessuto socio‐ economico della Provincia, ed essendo una collana è nostra intenzione farne lo strumento per approfondire le ricerche, gli studi e le esperienza sulle ampie tematiche affrontate nelle diverse edizioni di Vestire il Paesaggio. In questo primo quaderno grazie al lavoro Ezio Augusti, Maurizio Giuntini, Andrea Voirgar ed alla disponibilità dell'I.T.A.S. di Pescia e della Fondazione Collodi presentiamo il “Giardino di Villa Garzoni “ con una lettura di tipo storico‐paesaggistico. Il Responsabile Progetto “Vestire il Paesaggio" Renato Ferretti
L’Istituto Tecnico Agrario “D. Anzilotti” di Pescia, scuola più che centenaria e punto di riferimento per l’imprenditoria di settore, in occasione di “Vestire il Paesaggio” ha deciso di iniziare un percorso di studi che, coinvolgendo gli studenti delle classi quinte, prendesse in esame i giardini delle più importanti Ville storiche del nostro territorio, spazi verdi che sono espressione della cultura del tempo così importanti da analizzare nella loro evoluzione . Villa Garzoni a Pescia e’ stata uno dei luoghi protagonisti della prima edizione di Vestire il Paesaggio nel 2010 ed e’ uno degli esempi più interessanti di giardino barocco in Italia. Sono stati quindi affrontati i vari aspetti del giardino da quello storico a quello botanico ripercorrendo i vari interventi che si sono succeduti nel tempo, fino alla sistemazione attuale. Un ringraziamento particolare alla Provincia di Pistoia ed alla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia che hanno dimostrato di credere nell’iniziativa e che hanno mostrato tanto interesse e fattiva collaborazione per la creazione di questa pubblicazione. Il Dirigente Scolastico Siriana Becattini
1. Introduzione
vegetazione, elemento fondamentale di un giardino, vivo, dinamico.
Percorso didattico L'Istituto Tecnico Agrario "D. Anzilotti" di Pescia, scuola ormai centenaria e ben inserita nel tessuto socio‐economico del territorio, prevede nel suo Piano di studi un'Area di Progetto per la realizzazione, da parte degli studenti delle classi V, di un Progetto interdisciplinare. Agli inizi dell'anno scolastico il Consiglio di Classe individua alcune tematiche di interesse generale o territoriale che vengono sviluppate da gruppi di studenti, con il coordinamento dei vari docenti. Questo lavoro è stato organizzato e svolto da alunni della classe V B, che, utilizzando sia strumenti multimediali che documentazioni storici, hanno realizzato questa piccola pubblicazione presentata in occasione del Convegno sulla Villa Garzoni ed il suo Giardino, tenuto presso la scuola il 21 maggio 2011. È stato, pertanto, preso in esame il Giardino di Villa Garzoni a Collodi come esempio calzante di giardino storico, conservato attraverso i secoli, modificato seguendo l’evolversi del gusto delle varie epoche, oggetto di un recente restauro. Sono stati eseguiti diversi sopralluoghi per distinguere le varie parti del giardino e, secondo le planimetrie storiche reperite, sono state individuate le prospettive, le varie architetture, il significato delle statue, i giochi d’acqua ed ovviamente la
Obiettivi educativi e didattici
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Acquisire il concetto di giardino come bene ambientale; Educare i giovani al rispetto del patrimonio naturale ed ambientale in genere; Acquisire i fondamenti della storia del giardino, elemento di mediazione fra l’uomo e la natura; Riconoscere il giardino come ulteriore manifestazione delle arti e delle scienze nei vari periodi storici; Acquisire il concetto di bene storico da conservare e salvaguardare; Acquisire i concetti di base sulla progettazione, sulla conservazione e sulla manutenzione dei giardini.
2. Collodi Quando si parla di Collodi, immediatamente il pensiero corre al suo cittadino più famoso: Pinocchio. L’antico paese, infatti, viene per buona parte identificato con il burattino che lo ha fatto conoscere in tutto il mondo, e la sua vita, tutta incentrata sullo sfruttamento commerciale e turistico di Pinocchio, sembra fatta apposta per confermare questa quasi automatica identificazione. Appena si getta lo sguardo sulle attrattive che Collodi offre, ci si accorge, però, di come è sbagliato ridurre sbrigativamente i motivi di interesse che il paese può suscitare con essere semplicemente il luogo natale del burattino più famoso del mondo. Accanto al paese dei balocchi ed al parco di Pinocchio, Collodi offre, infatti, ai visitatori chiese ed oratori, numerose d’arte di pregio, ma soprattutto un paese antico, gioiello dal punto di vista architettonico ed urbanistico e la villa Garzoni, con il suo celebre giardino all’italiana. Quanto basta per fare di Collodi uno dei luoghi più ricchi di attrattive e di monumenti di tutta la Valdinievole ed anche uno dei più variati, potendo offrire al visitatore i resti medievali della rocca, la chiesa romanica, la villa seicentesca, le opere scultoree di Emilio Greco e di Venturino Venturini, le strutture di Giovanni Michelucci inserite al margine di un percorso fantastico qual è il Paese dei Balocchi, progettato da Pietro Porcinai. Il tutto in una mescolanza di antico e moderno che non assume però i caratteri di una fastidiosa confusione, perché il paese vecchio, la villa e il suo giardino, il parco di Pinocchio ed il paese dei balocchi sono divisi tra loro in modo tale da costituire tre itinerari diversi, indipendenti l’uno dall’altro. Il Borgo, posto a 244 m di altitudine, si presenta come una vera e propria ‘cascata’ di case piccole e arrampicate sul pendio di una propaggine scoscesa della collina denominata Battifolle, con la rocca posta all’estremo superiore e la villa Garzoni a quello inferiore. Di probabile origine romana, ha avuto nei secoli un ruolo strategico e militare molto importante ,dovuto principalmente alla sua posizione geografica. Con i Goti assunse l’aspetto di castello fortificato e conservò la sua vocazione militare anche con i Longobardi. Feudo del Vescovo di Lucca, passò successivamente alla Repubblica lucchese e, quale terra di confine, fu
conteso e coinvolto nelle guerre tra Lucca, Pisa e Firenze per buona parte dei secoli XIV e XV. Nel 1442 tornò sotto il dominio di Lucca a cui si mantenne costantemente fedele. Aggregato al comune di Villa Basilica, nel XX secolo Collodi passò, come frazione del comune di Pescia, definitivamente alla Provincia di Pistoia.
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3. I Garzoni seguito al matrimonio con Carlotta Colon Venturi. Nel 1821 la loro figlia Marianna andò sposa al marchese Ginori Lisci e, nel 1862, nominò il nipote Ippolito erede, con l’obbligo di assumere il cognome Venturi. Con la morte nel 1950 di Emilia Venturi Ginori Lisci, maritata al conte Parravicino, finisce l’epopea dei Garzoni a Collodi.
I Garzoni, originari di Pescia, erano una consorteria della fazione ghibellina che aveva le loro case nel terziere del Duomo. Essi si legarono alla Repubblica di Lucca, legame che permise loro di acquistare, in breve tempo, un notevole prestigio. Il primo personaggio che dà fama alla famiglia è Lippo, che nel 1333 divenne consigliere di Castruccio Castracani. Il fratello Garzone ebbe in sposa Contessa, figlia di Bonagiunta da Lucca, personaggio incontrato da Dante nel Purgatorio e collocato nel girone dei golosi. Alla morte di Castruccio la famiglia ebbe un durissimo colpo: i guelfi fiorentini ripresa la Valdinievole e Pescia, li misero al bando confiscandone i beni e nel 1364 misero una taglia di cento fiorini per ogni Garzoni che veniva consegnato, vivo o morto. I Garzoni si rifugiarono immediatamente a Lucca, dove la Repubblica li chiamò a far parte delle maggiori magistrature cittadine; vennero iscritti nel ‘Libro d’oro’ della Repubblica e insigniti di feudi da parte di Giovanni di Boemia e Carlo IV. Il primo legame tra la famiglia Garzoni e Collodi si creò nella seconda metà del secolo XIV, quando Giovanni Garzoni, capitano al servizio degli Scaligeri e dei Visconti, acquistò diverse terre dai monasteri di Santa Maria Novella e di Santa Croce in Valdarno. La famiglia, ormai suddivisa in molti rami, aveva acquistato un prestigio assai considerevole e la costruzione della villa nel XVII secolo, ad opera di Romano Garzoni, ebbe una funzione encomiastica ed esaltativa del prestigio raggiunto. Romano Garzoni, nipote del committente della villa, è l’altro personaggio che dette fama alla famiglia; egli infatti modificò e arricchì con gusto settecentesco la villa e il giardino. Agli inizi dell’ Ottocento il marchese Paolo Garzoni, comandante della Marina toscana e Presidente dell’Accademia dei Georgofili, assunse il cognome Venturi in
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4. La villa
L'edificio di Villa Garzoni è il più grande palazzo in villa presente nel territorio, costruito sopra i resti dell’antico castello. L'architetto lucchese Ottaviano Diodati con la partecipazione del proprietario marchese Romano Garzoni, tra il 1633 e il 1652, ne progettarono l’opera, che rimase di proprietà Garzoni fino agli anni trenta del XX secolo, per poi passare ai conti Gardi dell'Ardenghesca, che recentemente l'hanno alienata. La facciata, molto imponente, ha una struttura organizzata su
4 piani, più un coronamento a padiglione al centro del tetto. La parte superiore del portale si orna dello stemma Garzoni che, collocato tra trofei d’armi e bandiere, venne eseguito nell’ultimo decennio del secolo XVIII.
Posti lateralmente alla facciata vi sono due posti guardia con pianta a mezzo ottagono.
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All'interno della Villa troviamo grandi sale decorate da stucchi e affreschi.
Le stanze, contrassegnate spesso da colori diversi, si susseguono in ordine di importanza fino a giungere al salone centrale, utilizzato per rappresentanza e concerti.
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Dietro alla villa si apre, su uno spazio verde, un edificio di particolare interesse progettato da Filippo Juvarra. Tale edificio, di colore rosso vivo, può considerarsi una delle più rilevanti espressioni di architettura barocca in Toscana. 'Entrando nel portone, colpisce con intensità di un improvvisata, al di là del portico e del cortile, una costruzione di tutto diverso movimento: la palazzina d’estate dei Garzoni si lega al porticato terreno del maggiore palazzo con due ampie scale curve delimitanti il cortile e con il brioso movimento affidato ai due concavi corpi laterali. Alla curva concava dei corpi laterali della palazzina si contrappone la convessità del corpo centrale' (Isabelli Barsali, Ville e Committenti dello Stato di Lucca). I muri dipinti di rosso contrastano con i mosaici rustici delle finestre e del coronamento, con il marmo bianco delle balaustrate, con i muri delle terrazze basamentali, dove sono usati i tartari e un reticolo di ciottoli di fiume, su cui staccano i pilastri fasciati di tufo e le raggiere degli archi. 'Il gusto barocco trova in questa fabbrica una delle sue più felici espressioni, per la trovata scenografica e per il contrasto pieno di fantasia fra l’immenso palazzo e la grazia pittoresca, le dimensioni più umane e quotidiane della palazzina' (Isabelli Barsali, Ville e Committenti dello Stato di Lucca).
Due disegni eseguiti dallo Juvarra per una grande fontana, sono sicuramente l’idea di base per l’edificio costruito a monte del cortile di Collodi
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5. Il Giardino Barocco La matrice del giardino del Seicento è costituita dall’evoluzione di quello rinascimentale. Ciò che distingue in modo significativo il giardino barocco da quello ‘all’italiana’ è la comparsa di particolari sistemi simbolici e allegorici di ordine puramente estetico. L’impianto doveva essere di grande effetto scenografico, rappresentare la ricchezza e l’erudizione dei committenti, suscitare meraviglia, stupore, interesse. Non viene abbandonata né la composizione assiale né la struttura geometrica: la superficie del giardino viene ampliata arricchendosi di nuovi valori ornamentali, l’impianto è disegnato con ampie curve e i dislivelli sono raccordati da collegamenti scenografici. Il giardino barocco assume quasi la connotazione di parco, in quanto tende ad integrarsi con il paesaggio circostante mediante la mancanza di una precisa definizione del suo perimetro e il moltiplicarsi delle visuali. Gli elementi vegetali, ancora dominati dall’intervento dell’uomo, sono riuniti in boschetti che contribuiscono ulteriormente a fondere il giardino con il paesaggio, oppure in aiuole di forma ricercata, quasi fossero ricami. Vengono costruiti i ‘teatri d’acqua’, cioè sequenze di fontane, caratterizzate da forme naturali e da cascate d’acqua, le ‘fontane burlone’, cioè gli scherzi d’acqua e le fontane zampillanti verso l’alto che sembrano infrangere le leggi della natura, le panchine ‘segrete e le false prospettive, che creano l’illusione del prolungamento di un viale o dell’apertura di
vedute sulla natura, tutti elementi che hanno il compito di stupire e divertire l’osservatore. In alcune regioni, tra cui la Toscana, nell’impianto del giardino barocco viene introdotto l’Anfiteatro e il Teatro di verzura. Il giardino di Villa Garzoni a Collodi e quello dell’Isola Bella sul lago Maggiore sono due esempi fondamentali per capire la teatralità, il carattere scenografico e la concezione artistica dello stupore e della meraviglia.
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6. Le statue Il giardino di villa Garzoni è popolato da moltissime statue, introdotte nel parco nel XVIII secolo, realizzate in terracotta o in tufo, intonacate con calce e pozzolana e tinteggiate di bianco con pittura ad olio. Nel progetto compositivo del giardino esse divengono gli abitanti di ‘questa natura artificiale’: figure della vita dei campi, di quel gusto naturalistico che è presente anche in altre ville della Lucchesia. Il parterre è coronato dalle statue di Flora, Diana, Bacco, Apollo, Dafne, Cerere e da due Fauni.
La scultura in cotto mostra la dea in atto di spargere i fiori raccolti nelle veste lungo il cammino di Zefiro, come riporta Lucrezio nel ‘De rerum natura’, (v, 736‐740)
3) Diana La dea protettrice della natura selvaggia è qui rappresentata con tutti i suoi attribuiti più consueti: la luna nei capelli, simbolo di divinità celeste, l’arco nella sinistra e la freccia nella destra per ricordala come divinità terrestre e dea cacciatrice, il cane, animale a lei sacro ai piedi.
1) Fauno che suona flauto Il genio dei boschi, delle acque e dei monti è raffigurato come un giovane che suona il flauto con una pelle leonina sull’omero. Il Fauno era il corrispettivo latino del dio greco Pan, venerato particolarmente dai pastori che lo riconoscevano come fecondatore del gregge e difensore dai lupi.
4) Fauno che suona i piatti In questa versione il dio venerato dai latini appare in un atteggiamento tipico: nelle mani tiene i piatti e con il piede destro preme una fisarmonica, richiamando cosi alla mente la danza dei satiri della ‘Sicinnide’, durante la quale queste deità chiassavano, bevevano in compagnia terrestre e della dea cacciatrice.
2) Flora Quest’antica divinità italica era il simbolo della primavera, dei fiori e della gioventù. Fu anche chiamata ‘Mater’, quasi a significare il fecondo fiorire della primavera.
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5) Bacco Figlio di Semele e di Giove, per la morte prematura della madre si formò racchiuso nella coscia del padre per essere poi allevato dalle ninfe. Il dio del vino e della viticoltura, ma anche rappresentante, in senso più generale, l’energia della natura, è qui raffigurato nell’atto di porgere con la mano destra un piatto ricolmo di uve, mentre con la sinistra ne tiene un canestro pieno.
6) Apollo ‐ 7) Dafne Questo gruppo di statue è ripreso dall’omonima celebre scultura che Gian Lorenzo Bernini scolpì per il cardinale Scipione Borghese e che si conserva a Roma nella Galleria Borghese. Dafne era una ninfa vocata ad Artemide, quindi alla perpetua verginità; amata da Apollo per la sua bellezza, si sottrasse con la fuga ai desideri del dio, ma mentre stava per essere raggiunta invocò suo padre, il fiume Ladone, che la trasformò in pianta di alloro. Apollo desolato rese sacro quest’albero al suo culto. Nel quadro iconologico del giardino di Collodi è la chiave per comprendere come attraverso una metamorfosi si possa modificare la natura in elementi ancora più preziosi, che forniscono gloria e celebrità.
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8) Cerere
11) L’Estate
Divinità romana protettrice della agricoltura, è raffigurata con dignitosa maestà unita a mite dolcezza. Con la mano destra sostiene un fascio di spighe, elemento che appunto la ricorda come dea delle messi. Al centro del primo ripiano, fiancheggiato dalle statue delle Quattro Stagioni, vi è quella del Contadino con un barile da cui esce un getto d’acqua che si rifà a quella di Boboli, mentre agli estremi sono poste due statue dette Termini.
Si presenta come una giovane donna coronata di spighe, con la mano che regge un falcetto e un fascio di spighe.
12) Villano con barile che versa acqua
9) ‐ 15) ‐ 16) ‐ 17) Termine
Di fattura più rozza delle altre sculture settecentesche, potrebbe fare pensare ad una delle statue appartenenti alla sistemazione seicentesca del giardino di Collodi ed utilizzate da Diodati nella sua nuova redazione. Come immagine ricorda temi proposti altrove ed in epoche precedenti come ‘Villano che vuota un barile ’ di Giovanni Fancelli già a Pratolino e ora a Boboli, oppure la ‘Fontana della vendemmia’ sempre nel giardino di Boboli di Firenze.
Elemento che rappresentava il concetto divinizzato dei limiti delle proprietà prediali, era per questo il patrono della proprietà privata e gli erano sacre quelle pietre che segnavano il confine tra i vari poderi.
13) L’Autunno È raffigurato come un giovane Bacco coronato con pampini ed uve, che sostiene nella mano sinistra altri grappoli d’uva.
10) La Primavera In una nicchia incrostata di spugne, come i simulacri seguenti delle stagioni, la Primavera è rappresentata da una giovane donna, che con la mano destra raccoglie nella veste numerosi fiori.
14) L’Inverno È rappresentato da un vecchio barbuto che si ripara dal freddo avvolgendosi in un mantello e tiene ai suoi piedi una fascina di legna.
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Nel secondo ripiano, oltre ai Termini, si trova la Grotta di Nettuno, dove sono presenti il gruppo di Nettuno, i Tritoni ed altri personaggi del mondo sommerso.
Nei quattro angoli minori dell'ottagono, in quattro nicchie più piccole, si trovano fontane formate da altri mostri marini.
18) La grotta di Nettuno La Grotta, realizzata da Ottaviano Diodati, è posta al centro della prima terrazzata denominata ‘Viale delle palme’. Un cancello in ferro battuto, che in origine aveva decorazioni messe ad oro, introduce nel vasto ambiente della Grotta formata da un ottagono rivestito completamente di spugne. Nella chiave di volta un occhio introduce una luce proporzionata alla qualità del luogo. Nella nicchia davanti la parete d’ingresso si trova Nettuno con il suo carro trainato da cavalli marini; a destra e a sinistra, sui lati maggiori, altre due nicchie accolgono Tritoni che fanno sgorgare acqua da conchiglie marine.
Il pavimento è tutto disegnato in imbrecciato con disegni in marmo bianco e nero di gusto rococò, con elementi simili a quelli della volta della Grotticina del ventre dell’Appennino di Pratolino. Sono presenti e camuffati dai mosaici del pavimento due tipi di scherzi d’acqua: lo sbarramento dell’ingresso con
Sulle fasce interne del pilastro di tufo, che con un arco incornicia queste nicchie, si trovano dei mascheroni che pure gettano acqua.
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una barriera di acqua e zampilli che sgorgano a raggiera dalla base della vasca centrale di Nettuno. Il terzo ripiano, il Viale detto ‘degli Imperatori’, è caratterizzato da dodici busti maschili, accompagnati da cinque busti femminili, tutti affacciati alle finestre della siepe a monte e dala statua di Pomona. La parte centrale è costituita dalle doppie rampe curve che seguono il contorno della sottostante grotta, con al centro l’Uomo col tacchino e le dodici statuette di scimmie che giocano alla ‘pelota’ (a palla).
21) Villano con tacchini e gruppo di scimmie che gioca alla ‘pelota’ Nella piccola esedra, formata dalle due rampe di scale si trovano, sopra le balconate, dodici scimmiette in pose diverse esprimenti il ‘Giuoco della Pelota’. Tale gioco veniva eseguito da tre giocatori (terzino, spalla e battitore) secondo la regola della palla con tamburello, su campi con muri d’appoggio, con braccioli di legno durissimo su cui erano infisse delle punte e con palloni rivestiti di cuoio abbastanza pesanti. Le due scimmiette che si trovano in posizione più elevata sembrano spettatori che partecipano della partita, mentre alla loro sinistra una compagna è intenta a gonfiare un pallone ed
19) ‐ 20) Termine Questi due Termini si differenziano dai precedenti perché con i loro crani rasati ricordano le figure di Pietro Tacca poste alla base del monumento a Ferdinando I de' Medici a Livorno, raffiguranti ‘mori’ o schiavi.
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un’altra scimmiotta, posta alla destra della prima, sembra invece tenere il punteggio della partita su di una tavoletta.
22 ‐ 30) e 33‐40) Busti di imperatori Nella planimetria disegnata nel 1797 da Giuseppe Duchini e conservata all’Archivio di Stato di Lucca sono in numero di dodici e potrebbero appunto ricordare la serie di Imperatori consacrata dalle storie di Svetonio e che riguardava Giulio Cesare, Ottaviano, Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone, Galba, Otone, Vitellio, Vespasiano, Tito e Domiziano. Oggi il viale si presenta con diciassette busti di vari personaggi, di cui nove maschili e otto femminili alternati tra loro, incorniciati dalle siepi retrostanti e puntualizzati da grandi vasi posti simmetricamente nella balconata sottostante.
Sull’asse del giardino e in mezzo all’esedra si trova una nicchia incrostata di spugne, con la statua di un Contadino che tiene in braccio un tacchino dal cui becco sgorga acqua. Alla sua sinistra, in una nicchia inferiore si trova una Cagna, mentre alla sua destra un Cane. Anche questo ‘Villano’, come quello inferiore che vuota il barile, potrebbe appartenere alla redazione del giardino del XVII° secolo.
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31) ‐ 32) Due Satiri I Satiri sono appoggiati a pilastri rivestiti di spugne, di sembianze maschili quello di destra e femminili quello di sinistra. Questi erano i Geni dei boschi, delle acque e dei monti e formavano con le Ninfe e le Baccanti il corteo di Bacco. Sono raffigurati con i piedi di capra che l’immaginazione popolare attribuiva loro.
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La Pescia toscana è riconoscibile per il Marzocco fiorentino.
La Pescia Lucchese per la pantera. Sono rappresentate da due floride donne sedute, che versano da cornucopie acqua abbondante nelle vasche a gradinata sottostanti. Al termine delle vasche si trova un gruppo di quattro cigni in pose diverse ,che giocano tra loro spruzzandosi acqua.
41) Pomona Questa antica dea latina, ricordata da Plinio, era venerata insieme a Pan, a Silvano Apico Vertunno ed ai Satiri. Presiedeva alla maturazione dei frutti ed alla coltivazione dei giardini. La scultura la rappresenta seduta, come una giovane donna incoronata e con una cornucopia ricolma di frutti. La parte alta del giardino è contraddistinta da una cascata attorniata da statue rappresentanti la Fama, le due Pescia (torrenti che si trovano alla destra ed alla sinistra del territorio di Collodi) ed altre figure mitologiche.
42) Le due Pescia
43) La Fama Divinità allegorica, è raffigurata come una giovane donna alata munita di buccina, da cui getta acqua.
Dette comunemente Firenze e Lucca, sono state riconosciute sulla base di documenti d’archivio nella Pescia toscana e nella Pescia Lucchese, ovvero nei due torrenti locali che confluiscono poi nel Palude di Fucecchio.
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Dal laghetto della Fama, passando per il ‘Viale delle camelie’ si arriva alla Grotta del villano e attraversando il ponte sul ‘labirinto’ si giunge al ‘Viale dei Pitocchi’, per poi giungere all’ingresso del castello.
45) Villano che vuota il barile
44) Turco
Di fattura settecentesca, rappresenta un villano che vuota un barile appoggiato sulla gamba sinistra. Sopra al villano è posta un’iscrizione che recita: terme del laberinto all’ombra fresca/le delitie romane han qui ridotte /sgorga fonte gentil tra queste grotte/che benchè caldo sia molti rinfresca. Due sgabelletti in pietra fanno da corredo alla grotta in cui è inserita la statua.
Posta al termine del Viale detto ‘del Turco’, questa scultura rappresenta un turco seduto con un cagnolino sulle ginocchia.
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46) Sansone che uccide il Filisteo
48) Pitocca
Sansone, intento ad uccidere un filisteo, viene raffigurato con la mascella d’asino.
La scultura si presenta con in braccio un infante fasciato, ha una borsa da pellegrino e sembra in atto di impietosire chiedendo l’elemosina.
47) Ercole e Idra Il gruppo è posto all’inizio del Ponticino e mostra Ercole che, con la destra alzata ed armata di clava, è intento alla lotta con un’Idra a tre teste. Il gruppo ricorda la seconda delle fatiche di Ercole contro il mostro di Lerna che infestava l’Argolide uccidendo uomini e bestie.
49) Pitocco Con le scarpe e le vesti lacere chiede l’elemosina appoggiato ad un tronco.
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50) Vecchia Il suo volto deforme con un mento accentuato è molto caratteristico; sembra in atto di seminare tendendo il grembiale rialzato e ricolmo.
51) Contadino
54) Busto di donna Questo busto di donna che in alto chiude la scenografia del teatro appartiene alla stessa serie dei busti del ‘viale degli Imperatori’. Sulla scena del teatro di verzura sono collocate le due statue delle muse della Commedia e della Tragedia (Talia e Melpomene) e due figure antropomorfe a testa alzata che gettano fiamme dalla bocca.
55) Talia La musa della commedia è rappresentata incornata di alloro e con una maschera in mano. È contrapposta a quella di Melpemone.
56) Melpemone La musa della tragedia è raffigurata come una giovane donna coronata d’alloro con lo squadro fiero e con in mano una stiletto ed un libro ai suoi piedi.
Dal castello al parterre, verso l’uscita, riprende un’articolata e suggestiva discesa che riconduce al cancello d’ingresso. Superato il ‘ponte del diavolo’ (che insiste su antiche vestigia di una viabilità romanica che collegava Collodi a Pescia), si raggiunge il ‘teatro’, dopo aver lambito la statua del ‘cinghiale’, per portarsi al piano del parterre.
57) – 58) Candelabri Questi due candelabri in pietra vogliono idealmente illuminare la rappresentazione del teatrino del giardino: sono formati da due piccoli mostri dalle cui due fauci aperte fuoriesce la fiamma.
53) Cinghiale Questo piccolo cinghiale è una copia del celebre cinghiale di marmo conservato agli Uffizi di Firenze e del più celebre bronzeo Porcellino del Tacca della Loggia del Mercato Nuovo di Firenze.
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Presenta ai suoi piedi una roncola ed un cucchiaio, nel cappello di paglia tiene della frutta ed ha il gilet e la camicia aperti. 52) Contadina È la prima statua del 'Viale dei Pitocchi’ che si incontra partendo dal castello. Posta come le altre in una nicchia incrostata di spugne, tiene sul braccio un paniere ricolmo di fiori ed ha in testa un cappellino inclinato da una parte.
7. L'acqua Nel 1583 Giuseppe Garzoni ereditò dal padre Romano l’intera proprietà e dette inizio al processo di trasformazione del complesso delle aree precedentemente destinate a oliveti, vigneti ed aree di caccia in un grande giardino. L’area denominata ‘Giardino dei Fiori’ risulta già essere esistente fin dal 1660; in un manoscritto dal titolo Memorie di famiglia si legge che Romano Garzoni aveva realizzato tale giardino con giochi e scherzi d’acqua, ‘… si passava da una longa Scala divisa in più ripiani che fiancheggiava la parte di Levante del Palazzo. Dal primo termine della Scala scendendo, s’entrava nel Giardino detto de' i Fiori. La statua di Flora eravi situata quasi Nume Tutelare del medesimo, e da questa scaturiva una Fontana con molti scherzi d’acqua’. Dalla stesso manoscritto si ha testimonianza della presenza del labirinto con la sua grotta con fontana e giochi d’acqua. Il laghetto, situato nella parte più alta del giardino, già nel '600 costituiva l’elemento fondamentale per il funzionamento dell’impianto idrico, assolvendo la funzione di bottaccio per la raccolta delle acque provenienti dal paese di Collodi. Vicino al laghetto si trovava un Romitorio, descritto in un manoscritto del secolo successivo come ‘Cappellina dipinta’, trasformato nello stesso secolo nella Palazzina dei bagni. Nel 1652 fu scritta da Francesco Sbarra l’ode del titolo ‘Le Pompe di Collodi. Delitiosissima Villa del Signor Cavalier Roman Garzoni’, dove in versi si descrive il Giardino con particolare riferimento all’acqua. Con immagini suggestive si testimonia non solo la presenza ma soprattutto l’importanza che l’acqua, con i suoi giochi, assume nell’ambito di tale Giardino: un’importanza, sottolineata nel suo aspetto ludico (giochi e scherzi destinati a bagnare i visitatori ignari) e nel suo
aspetto funzionale. Le sorgenti delle quali il complesso Garzoni si serviva erano, e lo sono ancora oggi, situate sul lato di ponente del colle dove si trova il paese e alimentavano sia le fontane pubbliche di Collodi, sia i giardini dei Garzoni, che utilizzavano anche le acque reflue del paese per loro necessità. Nella seconda metà del 1700 Romano Garzoni, attraverso un ingegnoso percorso, recuperò le acque reflue dei lavatoi di Collodi convogliandole in un nuovo bottaccio sopra la statua della Fama e depurandole con il passaggio in cisternini di decantazione (vasi in cocci). Dal bottaccio (oggi inutilizzato) l’acqua attraverso due distinti condotti raggiungeva la statua della Fama ed il mostro/delfino sottostante ed i Bagnetti. La statua della Fama, alimentata dalla riserva d’acqua contenuta
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nella cisterna suddetta, era in grado di produrre un getto così potente da farne ricadere gli spruzzi entro il laghetto sottostante. Altro elemento che si serviva della acque raccolte nel bottaccio era l’edificio detto dei ‘bagnetti’, costruiti ristrutturando ed ampliando l’antico romito. In esso furono sistemate quattro vasche da bagno, separate tra loro da paramenti in mu‐ ratura interamente dipinti con cornici e tralci di vite, ed uno spazio sopra‐ elevato dove pren‐ devano posto gli orchestrali. L’acqua veniva raccolta in un grande recipiente nel quale veniva riscaldata prima di essere immessa nelle vasche. Romano Garzoni, mantenendo la disposizione assiale dell’insieme, realizzò una sorprendente ed elaborata catena d’acqua, costituita da un doppio sistema parallelo a gradoni di vasche, con mostri e spruzzi. Alla sua sommità furono poste le statue dei due fiumi, la Pescia Toscana e la Pescia Lucchese, che attraverso cornucopie versano acqua nella catena d’acqua.
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La zona centrale della catena è caratterizzata da un mascherone anamorfico, percepibile solo dall’esterno del perimetro del giardino, e da una vasca con decorazioni policrome raffiguranti un occhio. La catena termina in una vasca curvilinea alimentata da cascatelle e da getti emessi dalle bocche di quattro grandi ‘Cigni’.
L’acqua veniva quindi raccolta in una vasca sotterrane detta ‘bottaccetto’ che alimentava le vasche circolari poste nel Parterre, le fontane del Villano con tacchino e del Contadino con barile e la Grotta di Nettuno, ricca di fontane e scherzi d’acqua. La Grotta, con le pareti completamente rivestite di incrostazioni di tufo, si presenta a pianta quadrata con angoli smussati e con quattro piccole nicchie contenenti ciascuna un mostro alato, dalle gambe di polpo serpentinate e con busto e volto di bambino, che soffia acqua dalla bocca. Sulla parete opposta all’entrata è posizionata la statua dedicata a Nettuno, raffigurato nell’atto di cavalcare un cocchio trainato da quattro cavalli marini. Sulle pareti laterali sono poste statue di Tritoni, a cavallo di pesci/mostro, che soffiano acqua attraverso una conchiglia.
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Romano Garzoni trasformò l’ampio spazio pianeggiante posta a valle della proprietà in un luogo di delizia. Al posto del prato collocò due grandi vasche circolari, poste una a destra ed una a sinistra rispetto all’asse centrale, contornate da ricchi parterres en broderies.
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8. Le essenze vegetali nel giardino barocco Nell'analisi del Giardino di Villa Garzoni un ruolo importante è rivestito dall'individuazione delle essenze vegetali che nei secoli sono state impiantate nei vari spazi, ma i documenti disponibili fanno riferimento soprattutto alla compagine arborea e arbustiva e non fanno cenni a piante da fiore. Per questi motivi abbiamo ritenuto interessante effettuare una ricerca sulle piante generalmente presenti nei Giardini barocchi e che, con molta probabilità, erano presenti anche nel Giardino della Villa. Nel nostro percorso di studi sulla componente vegetale del giardino Barocco abbiamo preso, pertanto, in esame quanto fornito dalla letteratura specifica e, nella fattispecie, ci siamo rifatti a quanto riportato nei seguenti testi: Tobia Aldini ‘Exactissima Descriptio Rariorum Quarundam Plantarum, quae continentur Romae in Horto Farnesiano’, Roma 1625; Giovan Battista Ferrari ‘Flora overo cultura dei fiori’, Roma 1633; gli studi di Paola Lanzara sui manoscritti di Federico Cesi (1585‐1630) ‘Plantae et Flores’ e quelli di Ada Segre sull’Archivio di don Francesco Caetani duca di Sermoneta, proprietario del giardino di Cisterna nel secolo XVII, lo studio di Piero Ginori Conti sul carteggio fra Matteo Caccini e Charles de l’Ecluse. Per quanto riguarda l’iconografia abbiamo utilizzato l’ ’Hortus Eistettensis’ di Basileus Besler Nümberg, 1613 ed altri testi che riportano immagini di tavole botaniche coeve di non facile reperibilità; inoltre di notevole importanza sono risultate essere le pitture di ‘fioranti’ come Carlo Maratta, Jean Brueghel, Maestro del Vaso a Grottesche e Tommaso Salini. Nello studio della storia dei giardini l’approfondimento delle componenti vegetali è stato, però, troppo a lungo trascurato. Georgina Masson nel suo libro ‘Italian Gardens’,del 1961,
rilevava che ‘..tra le lacune documentarie a cui si trovi di fronte lo studioso del tema, la più strana è quella che proviene dal disinteresse totale rilevato dagli scrittori di giardinaggio per l’arte italiana del giardino del Seicento.’ Dagli anni Novanta del secolo scorso in poi, oltre allo studio degli aspetti architettonici e scultorei, l’attenzione degli studiosi si è focalizzata sulle specie vegetali, sulle tipologie e sulle modalità e tecniche di piantagione nei giardini storici, permettendo di intervenire con metodo filologico negli interventi di restauro. Il Seicento è il secolo dello ‘stupore’ e della ‘meraviglia’, il secolo in cui la nuova visione del mondo proposta dalle scoperte scientifiche rivoluziona le conoscenze e le convinzioni fino a quel momento valide. In tale rinnovato panorama culturale l’arte risente della nuova concezione dell’universo ed assume connotazioni di dinamismo, ricchezza e di maggiore complessità. Nel giardino tale aspirazione consiste nel trasformarlo in un particolare tipo di ‘museo di curiosità’ con l’introduzione di piante e frutti particolarmente rari. Alla fine del Cinquecento e nella prima metà del Seicento, si verifica infatti una variazione del panorama vegetale, sia in conseguenza dell’arrivo di specie dal Nuovo Mondo, sia per l’afflusso delle bulbose dall’Oriente, in particolare dalla Persia e dalla Turchia. Certamente queste piante erano molto rare, accessibili, quindi, soltanto a chi avesse notevoli possibilità finanziarie o
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Tale polimorfismo era dovuto alla caratteristica naturale degli agrumi di ibridarsi spontaneamente o ad innesti, come nel caso delle ‘bizzarrie’, o ad agenti fitopatogeni. In particolare la reazione all’attacco dell’ Aceria sheldoni, (acaro delle meraviglie), faceva sì che gli agrumi si deformassero, assumendo forme digitate e zoomorfe. Il caso più conosciuto di ‘trasformazioni meravigliose’ e di collezionismo portato agli estremi è quello del Tulipano. Esso fu importato in Europa da Ghislaine de Busbeq, ambasciatore dell’Impera‐tore d’Austria presso l’impero Ottomano. Agli inizi del Seicento divenne il fiore più popolare in tutto il Nord Europa, scatenando tra il 1634 e il 1637 il fenomeno conosciuto come ‘Tulipomania’. Nella seconda metà del secolo XVII si diffuse anche in Italia, seppure con effetti meno evidenti che in Olanda. Il Tulipano era soggetto ad un fenomeno che i trattatisti dell’epoca chiamavano di ‘trasformazione’, talmente estremo che veniva considerato una vera e propria metamorfosi. Quasi fosse frutto di un sortilegio, il colore dei petali degenerava, il petalo assumeva una colorazione bicromatica, a causa della dispersione del colore lungo le linee di venatura, e il fiore assumeva un aspetto talmente delicato che sembrava un ricamo raffinato di Bruges. Oggi questo fenomeno è conosciuto come l’effetto del ‘virus del mosaico’, che viene trasmesso dall’afide Myzus persicae, individuato su tabacco per la prima volta nel 1879 e solo nel 1926 sul tulipano.
amicizie importanti per acquisirle, prerogative delle élite dominanti. Cominciò, quindi, un lungo paziente lavoro di trapianto e acclimatazione. Vi fu una ricerca affannosa di specie di agrumi, rose, gelsomini e di fiori, in particolar modo bulbose, che venivano curate e collezionate nei ‘giardini segreti'. Se da un lato si sviluppa il desiderio di approfondirne la conoscenza scientifica, dall’altro si innescano meccanismi finanziari di notevole portata perché divengono ‘articoli di lusso’. Nascono nuove professioni, come quelle dei vivaisti e dei floricoltori e, le più antiche, come quella dei giardinieri, assumono grande dignità. Presso le corti europee vengono chiamati botanici perché diano alle stampe i loro studi e pittori per connotare iconograficamente le piante ‘meravigliose’. In molte città europee vengono organizzate mostre e mercati floreali: ad esempio piante da fiore e bulbose rare venivano vendute insieme ai libri nella celebre mostra di Francoforte. Come tutti gli oggetti alla moda anche le piante da fiore subirono momenti di grande fortuna e di successiva sfortuna, rendendo dinamico il mercato. I due esempi più famosi sono rappresentati dagli Agrumi e dal Tulipano. Gli agrumi venivano associati al mito delle Esperidi. Il polimorfismo, che essi manifestavano attraverso le forme ‘giganti’, ‘mostruose’, ‘digitate’, 'pluriembrionali' e ‘bizzarre’, contribuivano in modo eccellente al gusto della meraviglia.
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Si ritiene interessante proporre la lista di piante nel giardino seicentesco proposta da Georgina Masson: Acacia farnesiana ‐ Gaggia Allium moly ‐ Cipolla d’inverno Amaryllis belladonna ‐ Amarillide Belladonna Amaryllis blanda ‐ Amarillide Bignonia species ‐ Gelsomino indico Brunswegia sp. ‐ Fiore di candelabro Colchicum autumnale ‐ Colchico Crocus sp.pl. ‐ Croco Cyclamen sp.pl. ‐ Ciclamino o Pan porcino Cytisus albus ‐ Ginestra di Spagna Delphinium ajacis ‐ Consolida reale Ferraria ondulata ‐ Giaggiolo dal mantello stellato Fragaria virginiana ‐ Fragola Fritillaria imperialis ‐ Corona imperiale Fritillaria persica ‐ Pennacchio persiano Fritillaria meleagris ‐ Fritillaria o Meleagride Hibiscus mutabilis ‐ Ibisco Hibiscus rosa‐sinensis ‐ Ibisco della Cina Haemanthus sp ‐ Narciso indiano Iris paradoxa ‐ Iride di Persia Iris susina ‐ Giglio faraone Iris xiphium ‐ Giaggiolo spagnolo Jasminum odoratissimum ‐ Gelsomino giallo Jasminum sambac ‐ Mugherino Leontice leontopetalum ‐ Leonina Lilium chalcedonicum ‐ Martagone Lilium martagon album ‐ Martagone bianco Lobelia cardinalis ‐ Lobelia Lychnis coerilosa ‐ Licnide Matthiola sp.pl. ‐ Violacciocca Muscari botryoides ‐ Muschini Muscari moschatum ‐ Giacinto muschiato Narcissus sp.pl. ‐ Narciso Narcissus pseudo‐narcissus ‐ Narciso giallo o Trombone Ornithogalum arabicum ‐ Ornitogalo Paeonia albiflora – Peonia Paradisia liliastrum‐ Giglio di monte Passiflora edulis ‐ Passiflora Polianthes tuberosa ‐ Tuberosa Prunus cerasus flore pleno ‐ Ciliegio a fiore doppio Prunus persicae flore pleno ‐ Pesco a fiore doppio Ranunculus asiaticus ‐ Ranuncolo Rosa centifolia, Rosa damascena, Rosa canina, Rosa italiana, Rosa olandese Scilla peruviana ‐ Scilla peruviana Syringa vulgaris ‐ Lillà o Serenella Tropaeolum majus e minus ‐ Cappuccina o Nasturzio Tulipa sp.pl ‐ Tulipano, molte varietà Yucca gloriosa ‐ Yucca
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9. Analisi del giardino L’impianto del giardino di Villa Garzoni è strutturato secondo il seguente percorso: Ingresso e Parterre de Broderie; Parterre a l’Anglaise; Viale delle Palme; Viale degli Imperatori e Viale di Pomona; Bosco della ‘Ragnaia’ e la Catena d’Acqua; Viale delle Camelie e Viale del Turco; Boschetto dei Cipressi; Viale dei Poveri; Labirinto; Boschetto di Bambù e Viale del Gomito; Viale del Porcellino; Teatro di Verzura. Abbiamo cercato per quanto possibile di analizzare le varie parti del giardino attraverso la documentazione storica accessibile, e cioè ‘Descrizione dello Stato della Villa di Collodi alla morte del Cav. Romano Garzoni nel 1663’, ‘Terrilogio’ di Duccini del 1680, ‘Bozze de’ Beni della Nobile Casa Garzoni‘ (1692 ca), ‘Planimetria’ di Michele Flosi (1775 ca), Giovanni Burlini con il ‘Terrilogio dei beni Stabili di Paolo Ludovico Garzoni’ del 1797’ e il ‘Catasto Nuovo’ del 1836 e 'Italian Gardens of the ranaissance' di J.C. Shepherd e G.A. Jellicoe del 1925. I lavori successivi non apportano altre notizie originali.
XVIII secolo La prima rappresentazione dei cambiamenti apportati al Parterre, da Romano Garzoni nel 1771, è la Planimetria di Michele Flosi del 1775 circa, nella quale l'impianto viene arricchito di elementi decorativi nuovi, quali le vasche a ‘bassin’ con le fontane zampillanti, e vengono disegnate aiuole a ‘broderies’. Il Terrilogio del 1797 dimostra che la forma a campana della superficie di entrata è già presente e che, verso monte, vi erano due siepi di Myrtus communis intervallate da una striscia di prato. XX secolo La situazione compositiva rimane abbastanza inalterata rispetto a quella settecentesca. Dal rilievo di villa Garzoni, effettuato da J.C. Shepherd e G.A. Jellicoe, nel 1925 si rileva che il tracciato delle ‘broderies’ era ridotto. Agli esemplari di Cipresso della siepe della ‘chiusa’ sono, poi, addossati esemplari di Buxus sempervirens, forse per reintegrare i vuoti della cattiva vegetazione del Cipresso: le due spalliere erano uno degli elementi più sorprendenti del giardino. Vengono piantati esemplari di ‘Taxus baccata’, allevati, poi, con arte topiaria. Per quanto riguarda le essenze vegetali sono presenti Buxus sempervirens, Citrus limon, Cupressus sempervirens, Nymphaea sp.pl., Taxus baccata, Rhododéndron índicum ,
Ingresso e Parterre de Broderie XVII secolo Dai documenti più antichi risulta che, originariamente, la superficie dell’ingresso era tenuta a prato e circondata da una siepe di Cupresssus sempervirens, ma, oggi, di questa testimonianza storica non rimane che una esigua memoria.
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Cyperus alternifolium, Canna indica, Myrtus communis, Viola tricolor. Relativamente alle statue, agli arredi ed ai manufatti si individuano i seguenti elementi: Fauno che suona il flauto, Diana, Fauno che suona i piatti, Flora, vasi in cotto contenenti limoni, piedistalli con decorazioni lapidee, sedili in cotto.
XVIII secolo L’area viene totalmente risistemata in tre grandi aiuole: nelle due laterali viene inserito al centro lo stemma di famiglia circondato da motivi floreali polimaterici, mentre in quella centrale viene realizzata, con pietrame di diverso colore, la cifra di Casa Garzoni.
Parterre a l’Anglaise XVII secolo Lo spazio era sistemato con lunghe siepi di Myrtus communis delimitanti disegni geometrici.
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Viale delle Palme XVII secolo Una rampa di scale doppie permette di raggiungere dal sottostante parterre questa zona che nel Terrilogio del Duchini, è chiamata ’.. viale che conduce a San Martino.’ Il viale era molto più lungo rispetto all’attuale, perché non vi era il ‘Cortile’ e lungo i muri di contenimento scorrevano due
XX secolo Non ci è dato sapere quando il parterre viene risistemato, lasciando solamente le strutture polimateriche della cifra e degli stemmi mentre i petali dei fiori vengono sostituiti con specie vegetali fiorite e non. Per quanto riguarda le essenze vegetali, sono presenti Buxus sempervirens, Citrus limon, Myrtus communis, Rosa sp.pl., Viola tricolor, Canna indica, Laurus nobilis, Yucca sp. e Agave sp., mentre le statue, gli arredi ed i manufatti sono presenti con le statue di Bacco, Apollo, Dafne, Cerere, con conche in cotto di limoni, con pavimentazione in ciottoli di fiume ed un muro di sostegno con parametro decorativo lapideo.
due panchine dove venivano allevati Agrumi a spalliere. Sicuramente le canalette, in pietra arenaria, presenti sulla superficie della panchina, sono da considerarsi di quel periodo. Inoltre, lungo la panchina si
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rampicanti, come è evidenziato in cartoline degli anni Venti. Per quanto riguarda le essenze vegetali, sono presenti Buxus sempervirens, Citrus aurantium, Citrus Limon, Phoenix canariensis, Washingtonia filifera, Butia capitata, Canna indica, Cortaderia selloana, Yucca sp. e Taxus baccata, mentre per quanto riguarda le statue troviamo Termine, Primavera, Estate, Villano con barile, Autunno, Inverno, Tartaruga in terracotta e per gli arredi ed i manufatti ritroviamo il parametro lapideo del muro in tufo, l'apertura sopra la Grotta di Nettuno con grata in ferro battuto, le basi con canalette in arenaria.
ritrovano dei manufatti in pietra arenaria dove venivano infisse le strutture in legno atte a proteggere gli agrumi nel periodo invernale. XVIII secolo L’area, chiusa da un elaborato cancello in ferro battuto, viene arricchita di nuovi spettacolari elementi decorativi quali balaustre, il parato lapideo della scala doppia, statue, l’imponente ‘Grotta di Nettuno’, dove dal pavimento costruito con sassi di fiume scaturivano ‘burleschi’ scherzi d’acqua sugli ignari visitatori.
Viale degli Imperatori e Viale di Pomona XVII secolo Il viale era raggiungibile attraverso una doppia scala ed era più lungo in quanto non era stato costruito il ‘Teatro di Verzura’; il muro di contenimento aveva addossate spalliere di Agrumi. XVIII secolo La parte a Nord viene ridimensionata per permettere la costruzione del ‘Teatro di Verzura’. Dalla planimetria del 1797 si deduce, inoltre, che l’area è completamente riqualificata con balaustre, statue e siepi di Cupressus sempervirens intagliate a nicchia, per accogliere le statue degli Imperatori. Sul lato prospiciente il giardino vi era una siepe in Buxus sempervirens, intervallata da vasi contenenti quasi sicuramente esemplari di Agrumi, come si usava in Toscana. XX secolo Sicuramente i bellissimi esemplari di Washingtonia filifera vengono messe a dimora all’inizio del secolo, secondo la moda corrente per i giardini delle zone abbastanza temperate. Vengono sostituite le spalliere di Agrumi con piante
Viene aggiunta la doppia scala, il cui centro è decorato con sedute, statue, siepi di Buxux sempervirens e sulle balaustre sono appoggiati vasi contenenti, secondo alcuni studiosi, piante di Citrus limon. Il Terrilogio riporta, ancora, la presenza di spalliere di Agrumi. XX secolo Viene realizzata una seconda aiuola accanto a quella degli Agrumi allevati a spalliera. Per quanto riguarda le essenze vegetali, sono presenti Buxus sempervirens, Citrus aurantium, Citrus limon, Quercus ilex, Laurus nobilis, Rosa sp.pl., Hydrangea macrophylla, Osmanthus fragrans e Acanthus mollis, mentre per quanto riguarda le statue, gli arredi ed i manufatti troviamo 18 busti di Imperatori, Villano con tacchino, Scimmie che giocano alla ‘pelota’, due Cani, Pomona, alcuni elementi decorativi collocati sul pilastro di inizio e fine delle balaustre in cotto ed un parametro lapideo del muro con disegni che richiamano fiori e ricordano la Spagna.
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antropomorfici, sedili in pietra arenaria per il riposo. Nel disegno di Francesco Cecchi del 1794 e nel terrilogio del 1797 si nota che lungo la ‘Catena d’Acqua’ vi era un mascherone anamorfico.
Viale delle Camelie e Viale del Turco I due viali erano già presenti nella planimetria seicentesca, ma non siamo in grado di capire il loro tracciato. Al termine del ‘Viale delle Camelie’ vi era un ponticello che metteva in comunicazione la Villa con il Giardino.
Bosco della ‘Ragnaia’ e la Catena d’Acqua XVII secolo L’area aveva una conformazione quasi simile a quella odierna ed il bosco era costituito da Quercus ilex, potate in modo da assumere una forma geometrica; ai lati del bosco era presente una parete in Cupressus sempervirens e i vialetti interni della ‘ragnaia’ erano delimitati da Laurus nobilis. La ‘Catena d’Acqua’ non era altro che la via di accesso al ‘Romitorio’. XVIII secolo Viene costruita la spettacolare ‘Catena d’Acqua’ e lungo la salita vengono costruiti dei Sedili per il riposo. XX secolo La sistemazione rimane conforme a quella settecentesca; il bosco, per l’eccessivo sviluppo delle piante ed una potatura non adeguata, perde la conformazione geo‐ metrica ed i Cupressus sempervirens vengono sostituiti da Quercus ilex. Per quanto riguarda le essenze vegetali, sono presenti Quercus ilex e Laurus nobilis, mentre per quanto riguarda le statue, gli arredi ed i manufatti erano presenti Satiri, Statue raffiguranti le due Pescia, fiorentina e lucchese, mostri
XVIII secolo Il tracciato rimane inalterato, ma i due viali vengono muniti di due cancelli monumentali, della statua del ’Turco’, di sedili fatti a sofà, che richiamano il divano tipico della Turchia e di siepi. Il ponte viene, inoltre, decorato con due statue che sono munite di un meccanismo per schizzare acqua.
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XX secolo La sistemazione dei viali rimane inalterata, anche se la maggior parte dei cipressi viene abbattuta. Relativamente alle essenze vegetali è presente la Camellia sp.pl, che non sappiamo quando è stata introdotta. Sono presenti, inoltre, Viburnum tinus, Quercus ilex, Laurus nobilis e Yucca sp., mentre per quanto riguarda le statue, gli arredi ed i manufatti ritroviamo la Statua del Turco, il Sofà in pietra ed il Ponte già presenti nel XVIII secolo.
Viale dei Poveri XVII secolo Nel Terrilogio seicentesco questo viale era sistemato con quinte di Cupressus sempervirens. XVIII secolo La conformazione rimane inalterata e sui due lati vengono collocate, entro nicchie a rocaille, quattro statue di ‘Pitocchi’. XX secolo La sua fisionomia non viene manomessa, anche se nelle siepi al posto del Cupressus sempervirens vengono messi a dimora esemplari di Buxus sempervirens. Per quanto riguarda le essenze vegetali, sono presenti Buxus sempervirens, Rosa sp.pl. e Viburnum tinus; per quanto riguarda le statue, gli arredi ed i manufatti vengono inseriti Sansone e il Filisteo, Ercole e l’Idra, i Pitocchi e le aperture del ponte sul Labirinto.
B Boschetto dei Cipressi XVII secolo Serviva per creare un effetto di corredo e nello stesso tempo accentuare il senso di meditazione del ‘Romitorio’. XVIII secolo Il Boschetto viene ridimensionato e spinto fino alla porzione estrema del giardino, dotato di vialetti delimitati da piante arbustive (forse Buxus sempervirens), sedili per il riposo e dalla mastodontica statua‐fontana della ‘Fama’, la cui acqua viene gettata in un bacino il cui parametro lapideo è in mosaico e tufo. XX secolo L’area non ha subito modificazioni. Purtroppo, a causa del ‘Cancro del Cipresso’ (Seiridium cardinale), la maggior parte dei Cipressi è stata abbattuta. Per quanto riguarda le essenze vegetali, sono presenti Cupressus sempervirens e Quercus ilex, mentre per quanto riguarda le statue, gli arredi ed i manufatti si notano sedili in arenaria, decorazioni con forma di pigna in cotto ed il parametro mistilineo della vasca con funzione di ‘bottaccio’.
Labirinto XVII secolo Nella planimetria seicentesca è riportata solamente la forma e la superficie di un labirinto. XVIII secolo Dal Terrilogio risulta chiara la trama del Labirinto, con numerosi giochi d’acqua e al centro e sotto il Ponte sedili e fontane, alimentate da una vasca di accumulo delle acque piovane collocata sotto il Ponte. XX secolo La struttura del Labirinto rimane simile a quella settecentesca fino al 1997, quando viene condotto un rilievo e si notano
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teatro a giorno con scenario di verdi, suoi passaggi e gabinetti con grotticella graziosamente eseguita di tufi in fondo alla scena, dalla quale grotticella sgorga acqua, con sotto vaschetta e zampillo, con statua rappresentante la Tragica a destra dello scenario, ed altra statua della Comica a sinistra, con due Candelabri di pietra, e con seditoio di pietrame lavorato in prospetto del proscenio per comodo degli spettatori.’ XX secolo Nei rilievi effettuati nel Novecento il Teatrino presenta le quinte realizzate da semplici parallelepipedi vegetali, due nicchie contenenti le statue di Melpomene e Talia e il palcoscenico con forma convessa. Per quanto riguarda le essenze vegetali sono presenti Taxus baccata, Buxus sempervirens e Rosa sp.pl., mentre per quanto riguarda le statue, gli arredi ed i manufatti vengono inseriti anche Candelabri ed una Nicchia.
alcune differenze della trama della struttura. Per quanto riguarda le essenze vegetali, è presente il Buxus sempervirens, mentre per quanto riguarda le statue, gli arredi ed i manufatti notiamo Villano con barile, Nicchia con resti di una statua, sedili in arenaria.
Boschetto di Bambù e Viale del Gomito XVII secolo Dalla lettura della planimetria risulta che la superficie dell’area si identifica con struttura attuale e che vi era coltivato un orto. XVIII secolo Nel Terrilogio del 1797 l’area è ancora coltivata ad orto e a frutteto. XX secolo Non si hanno notizie dell’impianto dei Bambù che ancora oggi formano un importante boschetto. Nel 1998 fiorì e, poiché il Bambù fiorisce ogni cento anni, possiamo dedurne che venne impiantato negli anni Ottanta del XIX secolo. Per quanto riguarda le essenze vegetali, è presente il Phyllostachys sp., mentre per quanto riguarda le statue, gli arredi ed i manufatti viene creata una Vasca in cotto, forse per provvedere ad una conserva di acqua per irrigare l’orto e il frutteto.
Viale del Porcellino XVI secolo Nel terrilogio del 1680 viene rappresentato con chiarezza il tracciato del Viale del Gomito, mentre il Viale del Porcellino corrispondeva al viale esterno del Bosco. XVII secolo Il Viale del Porcellino diviene il collegamento con il Teatro di Verzura, mentre il tracciato del Viale del Gomito rimane invariato. XX secolo I due Viali non subiscono modificazioni. Per quanto riguarda le essenze vegetali è presente il Phyllostachys sp., mentre per quanto riguarda le statue, gli arredi ed i manufatti troviamo la Statua del Cinghiale, un Busto di Donna, un Vaso e la Fontana decorata in roccaille.
Teatro di Verzura XVIII secolo Il Teatrino di Verzura venne realizzato con l’intervento del 1771, commissionato da Romano Garzoni. La planimetria del Flosi del 1775 è la sua prima rappresentazione: lo spazio scenico è racchiuso da quattro quinte in arte topiaria, che gli conferiscono una funzione prospettica. In un documento conservato presso l’Archivio di Stato in Lucca si legge’……Un
Martirologio 1548
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Martirologio 1550
Martirologio 1680
Terrilogio sec. XVII
Terrilogio 1680
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Planimetria a corredo del Terrilogio del 1797
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10. Il restauro
L'insieme dei giardini storici presenti sul territorio, documenti concreti e complessi da considerare al pari di altre forme di espressione artistica, quali la pittura, la scultura e l'architettura, è una componente importante del patrimonio artistico che dal passato ci è stato tramandato ed è il riflesso della civiltà e della mentalità di un' epoca. Il materiale e le piante che lo compongono sono stati scelti sia in base all'ambiente in cui il Giardino è inserito, sia al contesto storico di cui fa parte; è inoltre un monumento vivente, che va oltre la semplice spettacolarità della natura modificata dall'uomo e per questo è soggetto a continui cambiamenti, che evidenziano particolari problemi di conservazione e di restauro e quindi della sua evoluzione. È fondamentale, quindi, che la manutenzione e ogni tipo di intervento a suo carico ne rispettino lo spirito originario. Non dobbiamo inoltre dimenticare che il giardino storico, con la storia della sua composizione architettonica e vegetale, è un bene pubblico e come tale va rispettato, difeso, conservato. Il restauro conservativo diventa, per questo, un
momento fondamentale per mantenere inalterati spazi, strutture ed elementi presenti nei vari secoli, anche se le numerose iniziative realizzate nei vari giardini nel XX secolo non sempre hanno rispettato l'assetto originale. Per il nostro studio abbiamo scelto il Giardino storico di Villa Garzoni a Collodi, una frazione del Comune di Pescia. Nei capitoli precedenti abbiamo già esaminato le modifiche che si sono succedute nelle varie epoche, sia come inserimenti vegetali che artistici ed architettonici, ora analizzeremo i vari interventi di restauro. Negli 1993‐1994 venne eseguito un importante intervento che riguardò, innanzitutto, il completo contenimento della compagine arborea e arbustiva mediante un energico intervento di potatura, soprattutto nel bosco della ‘Ragnaia’: sul ‘Parterre de broderie’ venne ricostituito il tracciato delle broderies con nuove piantine di bosso nano e vennero sostituite le fioriture stagionali con sabbie colorate, nel ‘Viale delle Palme’ vennero sostituite le fioriture stagionali e la Canna indica con rose botaniche allevate a cespuglio e nel ‘Viale di Pomona’ vennero sostituite le piante di dalia e quelle di lauroceraso con acanto; interventi minori, difficilmente identificabili riguardarono altre parti del giardino. Alla fine degli anni Novanta la proprietà passò dai Gardi dell’Ardenghesca ad una società che effettuò interventi saltuari di conservazione del bene storico. Nel 2000 il giardino e tutti gli edifici compresi nella ‘Chiusa’ di Collodi divennero proprietà della famiglia Bertola che, con grande attenzione e competenza, ha provveduto ad un restauro conservativo i cui benefici effetti possono essere oggi ammirati dai visitatori. L'intervento principale ha riguardato il restauro di tutti gli edifici e di tutte le statue presenti nel giardino. L’eccessivo sviluppo delle piante aveva portato in molti punti a frequenti
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Bibliografia Andreini Galli, N.‐Gurrieri, F., 'Il giardino e castello Garzoni a Collodi', Firenze, 1975 Belli Barsali, I., 'La villa a Lucca dal XV al XIX secolo', Roma, 1964 Coats, P.,'Grandi Giardini del mondo', Milano, 1963 Corsi, D., 'I Garzoni', Lucca, 1973 Phillipps, E.M., 'The gardens of Italy', London, 1919 Sheperd, J.C.‐Jellicoe, G.A., 'Italian gardens of the Reinassance', London, 1925 Cazzato, V.‐Fagiolo,M.‐Giusti, M.A., 'Atlante delle grotte e dei ninfei in Italia', vol.2°, Milano, 2001 Cattolica, G.‐Lippi, A.‐Tomei, P.E., 'Camelie dell'Ottocento in Italia', Pisa, 1992 Tapié, A., 'Le sens caché des fleurs', Paris, 1997 'Fiori, cinque secoli di pittura floreale', a cura di Solinas, F., Roma, 2004 Masson, G., 'Italian Gardens’, London, 1961
cedimenti del terreno, per cui è stato necessario il consolidamento di tutti i terrazzamenti che contengono lo svolgersi della narrazione del giardino. La fase successiva del restauro ha riguardato la componente vegetale: il ‘Labirinto’ ed il ‘Teatro di verzura’, che si presentavano fortemente degradati, furono reimpiantati completamente. I viali che attraversano il giardino, ‘Viale di Pomona’, ‘Viale del Porcellino’, ‘Viale degli Imperatori’ e ‘Viale delle Camelie’, sono stati completamente restaurati con potature e reintegro delle piante morte, con la ricostruzione delle spalliere di agrumi e con la sostituzione di piante introdotte in tempi recenti. Nelle ‘broderies’ sono state nuovamente sostituite le sabbie colorate con fioriture che variano nel trascorrere delle stagioni, mentre le palme e il boschetto di bambù sono stati lasciati inalterati, in quanto ormai storicizzati e di indubbio valore botanico.
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Realizzato in collaborazione
A cura di EZIO AUGUSTI MAURIZIO GIUNTINI ANDREA VOIRGAR Progetto grafico ENRICO BARTOLI ILARIA BONANNO MASSIMO ZINI
Maggio 2011