WEBZINE FREE DOWNLOAD by A.C. JAPANIMATION - Anno IV - n. 33
GIADA PANCACCINI - Foto di FEDERICO TARDITO
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CULTURA MUSIC A
EVENTI
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EDITORIALE
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entornati a tutti su queste pagine di JAPANIMANDO! La primavera è ormai alle porte come anche diversi progetti che la nostra associazione sta cercando di attuare con il solito impegno, la solita costanza e la solita passione: purtroppo non possiamo ancora svelare più di tanto... possiamo solo invitarvi a tenerci d’occhio su Facebook perché credo proprio che questo sia un anno importante per tutti noi... e quindi per tutti voi. Intanto, come sempre, vi invitiamo a gustare queste nuove pagine ricche di tante cose interessanti e di nuove collaborazioni a titolo gratuito. Ricordiamo infatti che questo è un progetto no-profit
nonché un servizio per tutti coloro che vogliono dare un’ulteriore visibilità alla propria attività ed al proprio spazio web. Anche in questo numero abbiamo cercato di proporvi una grande varietà di argomenti e pensiamo di esserci riusciti alla grande: cosa ne pensate? Ogni volta per noi è un piacere ricevere i vostri complimenti, i vostri suggerimenti e il vostro supporto pubblicitario; questo ci rende sempre vigili e motivati nell’assecondare le vostre esigenze nella speranza di realizzare sempre una lettura intrigante ed esaustiva quanto basta per non deludervi mai: grazie veramente di cuore! V. D’Amico
SOMMARIO Il mondo di Cristiano Reina............................ Nerozzi e la “Memoria di sangue” ................ “5° CUSplay Pisa 2014” ................................... Vittoria Sacco e “L’ombra del mondo” ....... Il contest horror “Morte a 666 giri” ............ “L’erede dei quattro elementi”...................... Raccontiamo Walt Disney (Parte 2) ............. Il progetto “Nonsolohobby” .......................... Fumetti e psicoterapia ..................................... I posti dove “non” giocare di ruolo .............. “11° Ludicomix 2014” ad Empoli.................. Wasteros e Gran Bretagna, stessa storia?... NPE presenta “Le grandi parodie Disney”.. L’arte grafica di Antonio De Luca ................. Il sogno di Luca: “Onigiri Store”.................... “True Fantasy” di Alessandro Iascy ............... “The Wild Wild West”: la serie tv.................. “Dampyre” n. 167: Odio implacabile............. Il ritorno di “Felix” italiano............................. Marco Christian Salvati si presenta............... Le strips di Samuele De Marchi ..................... Andrea Dotta e il suo “Johnny Dynamic” ... Le molte vite di Mister Moran ....................... “Venti parole da un altro mondo”................. “Romeo x Juliet” ............................................... E’ tempo di “Newborn” .................................. Il fantastico mondo di Elvio Ravasio ............. Leslie Isabel Patriarchi: passione cosplay...... “Lady Mafia”: l’anti-eroina................................ “Dreamalot” il fantasy interattivo ................. “Rose & Vince A Simple Love” ....................... “Belle & Sebastien”: il film ............................... Ecco a voi “VerbaVolant Edizioni................... “Il mio nemico” ................................................. Intervista a Francesco Sanseverino...............
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IL MONDO DI CRISTIANO REINA Su Facebook: Il Male (Krichan) - http://kri25.deviantart.com
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iao ragazzi, io sono Cristiano ma per gli amici Kris e per gli omofobi Il Male (non ci badate è una lunga storia). Beh che dire di me, ho 24 anni ma i compagni di karate me ne danno 18, disegno da quando ero un chibi e sogno di diventare un famoso fumettista/illustratore. Da piccolo avevo una fissa tremenda per Card captor Sakura (di Sailor Moon addirittura ne avevo fatto un culto) e anime giapponesi simili come: Rayearth, I cavalieri dello zodiaco, magica Emi, Lisa e Seya e tanti altri. Come fumetti ho sempre letto diversi generi tra qui manga, italiano e americano. In particolare, quando avevo 8 anni le prime opere che
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hanno fatto crescere in me la passione per il fumetto sono stati gli episodi dell’Uomo radioattivo (per chi non se lo ricordasse, era una costola dei Simpson) ed è anche stato pubblicato il mio fan art nella rubrica della casa editrice. Quella è stata la prima volta che il mondo ha conosciuto uno dei miei orrori. Mentre come tele-film seguivo serie come i Power Rangers,
Buffy, Hercules e ovviamente la nostra unica, intramontabile Xena.Va bene, è inutile continuare a girarci in torno, ho sempre avuto un debole per storie con la protagonista gnocca, super cazzuta in procinto di salvare il mondo con l’ausilio di armi a forma di gioielli della corona o con i protagonisti super fighi e super fasulli negli atteggiamenti e modi di fare, in procinto di
salvare il mondo. Patetico vero?! Comunque da questi ultimi è nata la mia passione per il genere fantasy d’avventura romantico anche se, durante la crescita, ho sviluppato parallelamente un forte interesse per il genere horror. Infatti sin da piccolo divoravo un film diverso ogni settimana. Tra quelli che hanno segnato la mia infanzia vi è certamente Dracula di Bram Stoker in
quanto in questo film, secondo me, si fondono armoniosamente il concetto di drammaticità, romanticismo e terrore in maniera assolutamente impeccabile, cosa che nella mia vita ho riscontrato in pochi altri film. Insomma, adesso creo storie ibride (le quali alcune hanno preso vita sotto forma di one-shot) a cavallo tra il genere drammatico, splatter, romantico psicologico e mistero. Da 5 anni, ormai, pubblico per la rivista “Cuori di inchiostro magazine” e contemporaneamente vado all’Accademia di belle arti di Catania, nella speranza di prendermi una volta per tutte questa benedetta laurea (non ne mangio proprio di studio io). Attualmente sto realizzando il primo episodio di un fumetto western per un committente straniero. Concluso quello dovrei iniziare subito dopo con la realizzazione di un altra storia, stavolta in stile più mangheggiante, ambientata in una Sicilia fantasy, surreale che avrà come protagonisti maghi ed esseri soprannaturali tipici della nostra tradizione. E per ora non ho nient’altro da aggiungere, penso di essere già abbastanza incasinato così, voi che dite?! Mi auguro che possiate continuare a sostenermi quindi seguitemi nella pagina facebook e gli altri siti, se volete. A presto. Cristiano Reina
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NEROZZI E LA “MEMORIA DEL SANGUE” www.letteraturahorror.it - Su Facebook: Letteratura Horror
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er la realizzazione di un’opera efficace, spesso, è necessaria una semplice variazione originale su materie già note. Quel quid in più che doni nuova pelle ad idee già ampiamente adoperate. È ciò che con estrema efficacia fa Gianfranco Nerozzi con il suo “Memoria del
sangue”. Perché, seppur attinge abbondantemente e dichiaratamente dal ricco repertorio cinematografico horror, la nota originale che introduce assume un valore addirittura perfezionante alle pellicole. Dalle esplicite citazioni di “Shining” di Stanley Kubrick (più che dal romanzo di King) al film di
Irvin Kershner e di carpenteriana concezione “Occhi di Laura Mars” del 1978, fino a rapide incursioni nel cinema di Dario Argento (quando ancora era Dario Argento). Nella trama, Alessio Michelis è un bambino che, proprio come il Danny Torrance di “Shining”, ha un dono,
un’abilità extrasensoriale, una luccicanza appunto. Ma in lui, differentemente da Danny, la fonte di questa energia non è rintracciabile nelle eteree sfere del soprasensibile, ma nelle fibre stesse del suo corpo, in qualcosa di organico, fonte di vita ma anche calvario dell’esistenza. Perché Alessio ha la capacità di assistere a raccapriccianti omicidi nel loro compiersi, con gli occhi dell’assassino. Una capacità data da un legame di sangue con il serial killer, e che si manifesta proprio tramite il sanguinamento. Ma Alessio è anche e soprattutto emofiliaco, costretto a patire per tutte quelle spiacevoli conseguenze che il sanguinamento comporta. Un potere telepatia che è anche infame supplizio. Un legame di sangue dato dalla memoria genetica che esso conserva. Una memoria del sangue che è appunto eredità genetica. Elementi che conferiscono al romanzo tutte le caratteristiche per una collocazione nel genere family drama dai toni orrorifici. Lo stile di Nerozzi è come sempre secco e quasi cinematografico, ma allo stesso tempo capace di approfondite analisi introspettive. I punti di vista dei personaggi si alternano, con intermezzi in flashback narrati in prima persona che rompono la linearità, riuscendo abilmente ad incrementare quel senso di indecifrabilità e frammentarietà. Una rottura del flusso che rispecchia la simultaneità di spazi e di sguardi, fino alla rivelazione finale, in un climax in crescendo di incertezze, so-
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spetti e violenze. Una brillante abilità di scrittura dove tutto torna, dove ogni semina dà il suo frutto e dove ogni elemento trova il suo spazio. Un perfetto connubio tra giallo e gusto horror. Se apparentemente contestabili risultano gli espliciti rimandi al film di Kershner – la soggettiva dell’assassino nel film viene descritta in modo identico nel libro, con scene quasi copiate –, è indubbiamente da rilevare come lo scrittore bolognese abbia saputo risemantizzare gli elementi fulcro dell’opera cinematografica fino a dar vita ad un racconto dalle più intriganti sfaccettature. Degni di nota, infine, sono i rimandi al cinema di Dario Argento e alle sue proverbiali soggettive dell’assassino, che indugiano sui dettagli ed hanno la capacità di far vivere allo spettatore l’esperienza omicida, proprio come il candido Alessio Michelis: una sorta di spettatore forzato alle dilaganti violenze di un mondo che per lui è continua minaccia, guidato da quel “mostro sotto la pelle”: imbonitore a quell’esperienza antivoyeuristica nel “paese delle orride
meraviglie”. Alessio è quindi comparabile ad uno spettatore inerte e impotente, passivo come lo sarebbe uno spettatore cinematografico. Ma la violenta efficacia delle immagini sullo schermo, così come le immagini oniriche del bambino – e qui il parallelo con il cinema si accentua – non possono far a meno di esercitare la loro peculiare fascinazione, portando ad un’inevitabile immedesimazione nell’eroe o antieroe che sia, promotore di morale o sovvertitore di valori. «Il “mostro di sangue” è tornato per prestarmi gli occhi» afferma il piccolo Alessio. Una chiara correlazione tra l’atto del guardare, che pur nel suo orrore genera tumulti scopofili, ed il proprio corpo, o meglio, il proprio fluido vitale. “Occhi di Laura Mars” è appunto una lucida riflessione metacinematografica, una profonda metafora sulla forza delle immagini e su quanto esse abbiano assunto un potere sinistro nella nostra società. E ciò con cui ci scontriamo in “Memoria del sangue” non è affatto dissimile da tutto
ciò. Ma se volessimo approfondire l’approccio esegetico ad un opera che, superficialmente, resterebbe confinata nella riduttiva categoria di letteratura di genere, dovremmo affidarci ad un occhio più analitico. E tale occhio ci rivelerebbe l’esistenza di più complesse simbologie sottese, usate da Nerozzi con grande arguzia per scopi puramente funzionali al thrilling. Risulta quindi doveroso, ai fini di un affondo al cuore del testo, attuare un chirurgico smembramento alle viscere dell’opera, fino ad azzardate comparazioni non però scevre di un più esplicativo carico nozionale, assolutamente utile per il lettore che sta per, o ha appena terminato di, fruire il testo. Ciò a cui mi riferisco è rintracciabile nei culti e culture che, pur restando alle radici della nostra società, vengono oggi spesso svalutate e condannate per la loro essenza trascendentale. “Memoria del sangue”, infatti, riapre delle questioni di pura ascendenza medievale, riproponendo quella che si direbbe una concezione
«atomistica» della struttura dei corpi. A tal proposito, l’esperimento dei recipienti di sangue è esplicitamente citato: una tra le tante sperimentazioni medievali che univano la scienza al sovrannaturale. Tale concezione permetteva di ipotizzare che la congiunzione di fuoco, aria, acqua e terra portasse a una distribuzione di particelle fredde, secche, calde e umide che avrebbero determinato la circolazione dei quattro umori del corpo umano: l’umor nero, l’umor viscoso, il sangue, la bile. Sulla base di queste teorie si ricavavano delle vere e proprie tabelle che avrebbero dovuto consentire allo scienziato di stabilire come riportare in equilibrio un organismo che dimostrasse la sovrabbondanza di un umore. Quando infatti questi umori affluiscono in misura non superiore né inferiore al giusto, l’uomo prospera. Questo sistema permetteva di definire la salute come l’equilibrio di diverse qualità e la malattia come il predominio di una sola. Sarà facile notare come in Alessio Michelis ci sia proprio il predominio di uno di
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questi umori: il sangue, denotando la presenza di un male sotto la pelle che predomina e squilibra l’armonia del corpo. Nient’altro poi che riflesso di un equilibrio familiare altrettanto sconvolto, a sua volta riflesso di una società in degrado. A predominare, in definitiva, è quell’elemento organico primigenio; un ritorno ad un rapporto diretto con il sangue, che però assume una duplice ed ossimorica accezione, di vita e morte. Una riflessione su questa sostanza emblematica che è il sangue è stata sapientemente e coraggiosamente portata avanti da quell’illuminato storico della letteratura ed antropologo culturale che fu Piero Camporesi. L’antropologia culturale di Camporesi è atroce, spietata, documentata, vera. È una sequenza di scoperte sul modo in cui i corpi venivano amati, squartati, nutriti, anatomizzati, divorati, rifiutati, umiliati. Leggendo i suoi libri, tra cui “Il succo della vita”, incentrato proprio sul sangue, ci coglie un’inquietudine. Noi siamo fatti di ossa, carne e sangue. Il sangue è importante. Ma ora lo si
studia solo nei laboratori, e noi non abbiamo più un rapporto diretto con il nostro sangue (come fa notare Umberto Eco nell’introduzione del libro suddetto). Se avviene un incidente, se ci tagliamo, noi cerchiamo di non vedere il sangue. Eppure, come Camporesi ci mostra, in altri secoli il sangue era una realtà quotidiana, la gente ne conosceva l’odore, la viscosità. E nei casi estremi, durante i riti sacrificali, anche se per lo più le vittime designate erano animali, alle volte occorreva far scorrere anche sangue umano, che si ricavava dai cadaveri o da piccoli frammenti di carne dei partecipanti. «Siamo davvero estranei al sangue? Siamo davvero lontani da quei secoli di cui Camporesi ci racconta? E allora perché tante sette sataniche, tanti culti del sangue, ancora oggi, e persino pubblicizzati attraverso Internet?» si chiede ancora Eco. Forse non abbiamo ancora risolto il nostro problema col sangue, con questo elemento che vuol dire vita ma che rimanda anche alla morte. Certo, non andiamo
più ad ammirare pubbliche cerimonie di squartamento, dove il sangue colava a fiumi. Eppure i giornali continuano a parlare di Madonne che piangono sangue. Qual è quindi il rapporto tra le Madonne che piangono sangue e il gusto del sangue che domina i massacri, di guerra e non. Un’attrazione/repulsione è il rapporto che abbiamo con il sangue. Come il piacere voyeuristico che scaturisce da uno spettacolo horror. Un piacere quasi sacro quello che si prova davanti al dolore degli altri. Un concetto radicato nella religione cattolica, sublimato dalla figura del Cristo suppliziato. Un tema che certa cinematografia e certa fotografia artistica ha ampiamente affrontato, e a cui, per ovvie ragioni di carattere figurativo, la letteratura fatica a dare forma espressiva. Ma Nerozzi con questo romanzo ci va vicino, o per lo meno arriva al fondo della spinosa questione. Un affondo ai culti dei padri e agli intimi tumulti dell’uomo, ma anche invito a guardarci dentro. A capire il rapporto oscuro tra riti e miti del
passato e le nostre pulsioni di oggi. A scoprire l’uomo antico che c’è in noi, che usiamo Internet e pensiamo che il sangue interessi solo i chirurghi e gli studiosi delle nuove pestilenze planetarie; proprio come ha fatto Camporesi. Piero Camporesi che, come suggerisce Eco «va letto a piccole dosi, perché a leggerlo tutto ci chiederemmo: “Ma chi siamo, noi uomini civilizzati?”». Lo stesso Eco che, non a caso, nel suo romanzo L’isola del giorno prima racconta proprio uno di quei crudeli costumi basati sull’esperimento dei recipienti di sangue, ai fini di riprodurre una sorta di orologio. In breve (e per suggellare il gusto per l’orrido dei miei lettori), egli descrive come i navigatori, per restare in contatto con la terra di partenza, portavano con loro un cane con una ferita mantenuta sempre aperta, ed il cui sangue era stato frizionato in parte con un panno lasciato nel luogo di partenza. Ogni giorno ad una specifica ora esso veniva avvicinato al fuoco sottomettendolo ad un forte calore. Credenza era che il cane avrebbe percepito tale calore ed emesso di conseguenza dei guaiti che avrebbero informato i navigatori dello scoccata di quella certa ora. Il romanzo di Eco è quindi, soprattutto, una riflessione sulla relatività del tempo, sul rapporto con lo spazio e sul concetto di simultaneità. Elementi che tornano tutti, seppur con minori pretese filosofiche, nel romanzo di Gianfranco Nerozzi. Da leggere per constatare. Andrea Schiavone
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“5° CUSPLAY PISA 2014”
www.cusplaypisa.it - Su Facebook: CUSplay PISA
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abato 8 e Domenica 9 marzo torna il CUSplay PISA! Il CUSplay PISA è un festival dedicato ai fumetti, videogiochi, animazione, cosplay e cultura giapponese che si svolge all’interno del C.U.S. di Pisa
(Centro Universitario Sportivo), situato in via Federico Chiarugi N°5 (ex Via Napoli 49). La manifestazione si svilupperà all’interno dei due palazzetti, il primo dedicato agli stand commerciali suddivisi in quat-
tro aree tematiche (fumetti, videogiochi, gioco intelligente e cultura giapponese) e dove si terranno i tornei di videogiochi, carte e giochi da tavolo, mentre il secondo palazzetto ospiterà tutti gli spettacoli ed
eventi di contorno. Grande attesa per i concerti di Giorgio Vanni (la voce ufficiale delle sigle di Italia 1, Dragon Ball, Pokémon e molti altri) e della mitica Cristina D’avena la regina delle sigle dei cartoni animati! All’interno della manifestazione un’area giapponese con oggettistica e curiosità dal mondo del sol levante! La serata del sabato, ovvero la festa della donna inizierà con l’irriverente cartoon cover band “Miwa e i suoi componenti” (reduci dalla partecipazione ad Italia’s got talent su Canale 5) e seguirà fino a tarda notte con un Dj set a cura di RadioEco.it La manifestazione collaborerà nuovamente con il Telefono Azzuro per una campagna di sensibilizzazione contro la violenza sui minori. Ecco il programma degli spettacoli della manifestazione: SABATO 8 MARZO: 11:00: Apertura al pubblico; 15:00: Sfilata Cosplay; 17:00: Concerto Giorgio Vanni e i figli di Goku; 19:45: Lindsey Stirling Tribute by Pontedera Danza 21:30: Concerto Miwa e i suoi componenti; 23:00: Festa della donna DJ Set by RadioEco. DOMENICA 9 MARZO: 11:00: Apertura al pubblico; 11:30: SpassToons: Sempre dalla parte dei bambini; 13:00: Concerto Final Fantasy Electrorhythm; 15:00: Gara Cosplay; 17:00: Concerto Cristina D’avena; 18:30: ImproCUSplay by A.D.A. 20:00: Fine della manifestazione.
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VITTORIA SACCO E “L’OMBRA DEL MONDO” http://lombradelmondo.wordpress.com - Su Facebook:Vittoria Sacco
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ari amici, se il fantasy è la vostra passione allora abbiamo sicuramente tanto da condividere! La scrittura per me è nata come un passatempo e un vero psicologo durante l’adolescenza. Proiettandomi in un mondo parallelo, quello creato dalla mia immaginazione, potevo affrontare tutte le mie paure, cercare chi ero veramente e spesso fuggire dalle pressioni imposte dalla società. Non prendetelo come un atto sovversivo o come un rifuto di appartenere al sistema ma piuttosto come una via per cercare dentro di me la forza per rimanere me stessa, per accettarmi per quella che sono e allo stesso tempo aderire alle aspettative che la società ci detta. Il mio amore per il fantasy nasce abbastanza tardi. In realtà ho sempre intrattenuto un amore privilegiato con i numeri e questo mi ha poi portato a studiare all’università economia e statistica. Oggi la mia strada ha un pò deviato visto che sono ricercatrice in giornalismo di guerra all’Università di Neuchâtel in Svizzera, ma continuo comunque a insegnare statistica alla triennale di economia. A dodici anni ho avuto un incontro che ha cambiato la mia vita. Ho avuto la fortuna di essere introdotta alla letteratura fantasy da “Harry Potter”, “Il Signore degli Anelli”, “La bussola d’oro” e tanti altri ancora. Da lì credo di non aver mai più
smesso di distogliere gli occhi da questo genere ampliando anche i miei orizzonti alla fantascienza.Vi domanderete qual’è la fonte di tanto affetto. Semplice, è il potere che emana il fantasy. Ogni autore a modo suo affronta tematiche di vitale importanza che restano nel corso dei decenni sempre d’attualità. Attraverso metafore e creature fatate si rispecchiano i limiti della nostra società moderna e le lotte interiori che hanno potuto animare qualsiasi essere a un certo momento della sua vita. Qualcuno una volta mi disse: “Un libro fantasy va letto e riletto a età diverse. Ogni volta vi troverai una sfumatura che non avevi notato o semplicemente che non avevi capito nelle letture precedenti”. Concordo in pieno con questa visione lungimirante sul potere infinto che può avere questo genere. Proprio volendomi avvalere di questa forza, mi sono avventurata, all’età di diciassette anni, nella stesura della trilogia “L’Ombra del Mondo”, e a questo mi sono dedicata nei successivi cinque anni. Era il mio modo per contribuire alla creazione di una società più giusta, animata da sentimenti positivi.Volevo far parte dei grandi, da Orwell a Murakami, che militano per una rivoluzione silenziosa e pacifica. Avevo avuto la fortuna di poter vivere la strana avventura della vita perciò volevo
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lasciare una traccia. Simone de Beauvoir soteneva che a un certo momento della nostra esistenza tutti abbiamo pensato di poter vivere di una nostra produzione. E probabilmente nel mio caso è stata la scrittura! Maturando, iniziai a capire le dinamiche del mondo, a vedere la sofferenza e le ingiustizie. Mi dissi che se non erano le persone sane e che godono di un certo agio a fare qualcosa per rendere il mondo migliore niente avrebbe mai potuto cambiare! “L’Ombra del Mondo” è composta da due mondi: uno reale in cui gli abitanti svolgono la propria vita quotidiana e uno parallelo in cui le organizzazioni primeggiano e occultamente manipolano. Esse rappresentano tutti quegli enti che tirano i fili del mondo dietro un paravento di legalità.
Sono cintura nera di Karate e anche istruttore, per cui per il rispetto che porto a quest’Arte, la trilogia si basa sulle filosofie orientali, in particolare sullo Yin e Yang, le due forze complementari e opposte. Nei miei romanzi, questo si può riscontrare a livello macro nelle due organizzazioni che si contendono le Quattro Terre e a livello micro nei personaggi che possiedono sempre un antagonista e un personaggio che li completa. Le Terre che vanno a formare il mondo in qui si volge la vicenda sono quattro a immagine dei quattro elementi. Nella trilogia sono ricorrenti allusioni alle varie religioni che popolano la nostra Terra e a luoghi veramente esistenti. Amélie Nothomb sostiene che scrivere deve essere prima di tutto sperimentare.
Perciò nel mio piccolo ho cercato di innovare. Non volevo scrivere il solito fantasy con creature fantastiche e descrizione di paesaggi a non finire. Tolkien l’ha già fatto per noi e mi sembrava giusto rispettare le sue opere d’arte.Volevo che i miei personaggi fossero il più possibile umani, che il lettore potesse rispecchiarsi almeno in uno di essi per vivere la storia con passione attraverso i suoi occhi. Nella mia visione, il lettore fa parte del processo di creazione per cui la trilogia possiede quel poco di dettagli che servono a caratterizzare i luoghi e i personaggi ma il resto sta alla fantasia del lettore di immaginarsi, a suo piacimento, a cosa somiglino le Quattro Terre e i suoi abitanti. Per questo cari lettori preparatevi a essere dei veri e propri attori e non dei passivi
recettori! Per concludere, la vicenda non si svolge in un periodo storico definito, sicuramente può essere un rischio, ma è stato da me espressamente voluto. Se sono riuscita a incuriosirvi venite a visitare la mia pagina Facebook e il mio blog. Mi potete trovare anche a alcune fiere di settore come il Cartoomics, Pandino Fantasy, Soncino Fantasy, la fiera del libro di Torine e il Romics. I libri si possono ordinare in qualsiasi libreria o sui principali distributori online. Attualmente esiste anche la versione ebook dei due primi libri. Verso la fine dell’anno sarà pubblicato il terzo e conclusivo libro. Vittoria Sacco
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IL CONTEST HORROR “MORTE A 666 GIRI” www.letteraturahorror.it - Su Facebook: Letteratura Horror
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arte “Morte a 666 giri” nuovo contest per racconti lunghi inediti su horror e musica indetto da Dunwich Edizioni, Skan magazine e LetteraturaHorror.it. Al vincitore la pubblicazione con il 10% di royalty Il connubio tra la musica, la letteratura e l’horror è sempre stato molto forte e, a questo proposito, la casa editrice Dunwich Edizioni, in collaborazione con la rivista specializzata, Skan Magazine, e il portale LetteraturaHorror.it, primo e unico portale italiano dedicato esclusivamente alla letteratura di genere horror, thriller e fantascienza, ha deciso di indire un concorso letterario dove l’unica traccia e vincolo per gli autori sarà il miscelare al meglio la musica e
Luigi Milani
l’orrore. MORTE A 666 GIRI – Il contest si chiamerà Morte a 666 Giri e sarà dedicato a racconti lunghi e inediti compresi tra le 5000 e le 10000 parole. A valutare gli elaborati che arriveranno in redazione sarà una giuria composta dallo scrittore ed editore Mauro Saracino (Dunwich Edizioni) e dalle redazioni di Skan Magazine e LetteraturaHorror.it. PREMI – Al vincitore sarà riservato un premio interessantissimo ed esclusivo, ovvero l’inserimento del proprio racconto all’interno della versione cartacea del romanzo “La notte che uccisi Jim Morrison” di Luigi Milani edito da Dunwich Edizioni. Al vincitore, ovviamente, verrà riconosciuta una royalty del 10% sul prezzo di copertina del
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libro,oltre che a due copie omaggio del libro cartaceo de La notte che uccisi Jim Morrison con il proprio racconto pubblicato. I dieci migliori racconti, inoltre, saranno inseriti in un ebook creato ad hoc e intitolato proprio Morte a 666 Giri, edito sempre dall’etichetta di Mauro Saracino e riceveranno in regalo un libro a testa scelto dal catalogo Dunwich Edizioni. INVIO RACCONTI – Per
far pervenire i racconti alla commissione (massimo un elaborato ad autore) basterà inviare una mail a concorsi@letteraturahorror.it rispettando la seguente modalità (i racconti che non rispetteranno tali regole saranno esclusi automaticamente): - oggetto della mail: “Morte a 666 giri”; - corpo della mail: nome dell’autore (a parte scrivere anche eventuale pseudo-
nimo che si vuole utilizzare), titolo dell’elaborato e recapiti validi telefonico, email e postale; - allegati: il proprio racconto e una breve biografia (max 5 righe). Gli allegati dovranno essere necessariamente con estensione .doc, .dox, .dot Periodicamente sul portale LetteraturaHorror.it nella sezione dedicata sarà stilata la lista dei racconti arrivati in redazione e, quindi, pervenuti alla giuria dove gli au-
tori potranno verificare l’effettiva consegna ed eventuale accettazione del racconto. TEMPISTICA – E’ possibile inviare i racconti da oggi, martedì 4 febbraio, sino alle ore 12 del 4 aprile 2014, limite massimo e improrogabile. Letteratura Horror Staff
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“L’EREDE DEI QUATTRO ELEMENTI” Su Facebook: Nicoletta Ricci
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a vita è una immensa e fantastica sorpresa, la riprova? Essere qui su JAPANIMANDO! Ciao a tutti, sono Nicoletta Ricci autrice esordiente di un romanzo fantasy uscito a dicembre del 2012,
“L’Erede dei Quattro Elementi”. Sono cresciuta con i cartoni animati di Walt Disney per poi scoprire l’incanto della lettura e delle nuove tecnologie cinematografiche come l’animazione 3D, e ogni volta l’emo-
zione si rinnova e si intensifica. Quando sei piccolo l’immaginazione fa parte di te, è un gioco divertente che ti permette di fare o di essere qualunque cosa tu voglia, quando cresci diventa ancora più importante e
straordinario perché capisci in che misura ti arricchisca e ti permetta di vivere la vita con un tocco di magia in più. Ho sfogato questa mia tendenza ad evadere in mondi fantastici disegnando, leggendo e finalmente scrivendo. Da anni avevo in mente di dedicarmi a questa passione così forte, esprimere la voglia di inventare e vivere avventure straordinarie e coinvolgenti ma, assorbita dai ritmi quotidiani, non ero riuscita a concretizzare i miei progetti. La svolta è avvenuta circa tre anni fa, sono una persona curiosa, che ama imparare e socializzare così, durante un corso di spagnolo che frequentavo da tempo, ci diedero da creare una storia, una poesia e una sorta di piccola sceneggiatura teatrale per esercitarci nella lingua. Piacquero così tanto che alla fine mettemmo in scena il teatrino e, spinta dalle parole dei compagni che mi esortavano a mettere nero su bianco la fantasia che mi animava, e da un periodo molto bello che stavo vivendo – la gravidanza - ho scritto la prima parola del romanzo: “Era...” Il resto? Leggetelo e verrete catapultati in un mondo divertente e appassio-
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nante, popolato da creature e personaggi a cui vi affezionerete e che sapranno rapirvi dalla prima all’ultima pagina. Il libro è ispirato ad un fatto reale,
la creazione della cassaforte mondiale dei semi incastonata nel ghiaccio alle isole Svalbard in Norvegia, ho pensato di sottolineare l’importanza
della salvaguardia del pianeta in maniera diversa, inventando una storia che potesse intrattenere un pubblico sia di giovani lettori sia di adulti, insomma dai 10 anni ai 100 e anche più! In compagnia di Edran e dei suoi amici, di Ternaria,Verala, Sobel e Felen, rappresentanti dei Quattro Elementi, della chioccioldrago con i capelli rasta Yake e del suo gemello d’acqua Augustin viaggerete attraverso le profondità della terra e del mare, tratterrete il fiato durante la battaglia virtuale con le fatemantidi e parteciperete ai duelli contro Aspis Maler, losco produttore di pesticidi che vuole impossessarsi del Seme Universale detentore di un’antica
magia. Riga dopo riga vivrete le incertezze e i dubbi di un ragazzo di 17 anni che scopre di avere in sé parte dei poteri di Terra, Acqua, Aria e Fuoco e di dover imparare ad utilizzarli per fermare il suo avversario e salvare il pianeta, respirerete il suo entusiasmo nell’apprendere che la Terra è un grande harddisk ricco di aree interattive in grado di trasportare in altre dimensioni spazio-temporali e quando arriverete all’epilogo vi domanderete: “Quando uscirà il secondo libro?” Presto, lo prometto! Vi aspetto in tutte le librerie on-line. Nicoletta Ricci
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RACCONTIAMO WALT DISNEY (PARTE 2) Su Facebook: Walt Disney e il suo magico mondo
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all’infanzia di Walt passiamo all’adolescenza. Ancora una volta un trasferimento della famiglia: da Kansas City a Chicago dove il padre acquistò le azioni di una fabbrica che produceva gelatina. Qui, Walt iniziò a fre-
quentare la McKinley High School e la sera, invece, continuava la sua passione per il disegno alla Chicago Art Institute. All’età di sedici anni decise di entrare nell’esercito, ma la sua richiesta fu rigettata perché ancora minorenne.
Tuttavia, si unì alla Croce Rossa e inviato in Francia come autista di ambulanza che era stata camuffata (inverosimilmente) dalle sue vignette per depistare il fronte nemico. Ritornato negli Usa, decise di intraprendere la carriera artistica, ma i
suoi sogni sono ancora ben lontani dal realizzarsi come egli sperava perchè, per il momento, nessuno era interessato ad assumerlo come vignettista. Suo fratello Rob venne in suo aiuto e gli trovò lavoro, tramite un suo collega, al Pesmen-Rubin Art Studio dove si occupava di inserzioni per giornali, riviste e cinema. Lì, incontrò Ubbe Iwerks, un vignettista, con il quale decise di iniziare un’attività commerciale (la Iwerks-Disney Commercial Artists) che, però, fu di breve durata. Dopo un inizio incerto, Walt prese la decisione di lavorare alla Kansas City Film Ad Company per guadagnare un po’ di soldi; più tardi, si unì anche Ubbe che, da solo, non riusciva a gestire la compagnia. Walt si occupò di inserzioni che riguardavano le animazioni che venivano ricreate ritagliando le sagome dei protagonisti o altro (cut-out animation) e da lì egli iniziò a interessarsi all’animazione. Il proprietario della compagnia gli permise di prendere in prestito una telecamera dal lavoro e fare allenamento con essa a casa. Walt cambiò idea sul tipo di animazione da sviluppare dopo aver letto il libro di Edwin G. Lutz “Cartoni animati: come vengono realizzati, la loro origine e il loro sviluppo”.
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Infatti, si convinse che l’animazione realizzata su carta lucida (cel animation) era molto più promettente e stimolante. Walt decise, così, di intraprendere la carriera di animatore aprendo una propria compagnia di animazione assumendo il suo primo impiegato, Fred Harman, co-produttore alla Kansas City Film. Insieme produssero i primi cartoni animati con il titolo di Laugh O Grams mettendosi in affari con il proprietario del teatro locale, Frank L. Newman, uno showman molto popolare all’epoca, che mise a disposizione il suo stabile per la proiezione dei cartoni di Walt che, naturalmente, ebbero molto successo nei dintorni del Kansas; con il
ricavato dei soldi Walt aprì un suo proprio studio (Laugh O Grams) assumendo nuovi animatori, tra cui il fratello di Fred Harman, Hugh Harman, Rudolf Ising e l’amico Ubbe. Ancora una volta, i propositi fallirono perché i profitti non erano sufficienti a coprire i cospicui stipendi pagati agli animatori e Walt, incapace nel gestire il flusso di denaro, portò lo studio al fallimento colmo di debiti. Walt decise di cambiare pagina e partì per Hollywood (la patria del cinema) per iniziare una nuova vita artistica. Ermelinda Tomasi
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IL PROGETTO “NONSOLOHOBBY” www.nonsolohobby.org - Su Facebook: Nonsolohobby.org
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n caloroso saluto a tutti i lettori di JAPANIMANDO. Mi chiamo Raffaele e sono uno dei fondatori del sito NONSOLOHOBBY.ORG. Ho sempre avuto il “pallino” di avere un sito ma purtroppo quello che mancava erano i contenuti da pubblicare. Una sera, davanti ad un bicchiere di birra in compagnia di
amici, parlando di questo mio “desiderio” è nata l’idea! Perché non creare uno spazio web dove condividere le nostre passioni, riunire vecchi amici e trovarne di nuovi? E’ bastato un breve sguardo tra i presenti per decidere al volo i contenuti da pubblicare. Un attimo di silenzio seguito da una fragorosa risata... condividiamo la nostra
passione per i “robottoni” giapponesi!!! Galvanizzati dall’idea goliardica appena partorita, fummo subito d’accordo che non avremmo parlato in “tecnichese”, tantomeno avremmo disquisito su quante viti fossero state presenti nell’ultimo modello di Goldrake... No! Lo scopo doveva essere creare uno spazio dove poter scambiare in-
formazioni e commenti, uno spazio dove potersi incontrare in modo virtuale e continuare (perché no) anche nel mondo reale. Insomma, doveva essere un luogo dove noi, eterni “Peter Pan” di questa “Isola che non c’è” fatta di personaggi ed eroi stravaganti che tanto ci hanno stregato da bambini, avremmo potuto dire la nostra in totale libertà!!! Avremmo dato e chiesto consigli su come iniziare una collezione, come elaborare o personalizzare i nostri modelli senza dimenticare l’aspetto ludico della nostra passione. Avremmo discusso anche di “gossip” tipo la presunta storia amorosa tra Tetsuya Tsurugi (pilota del Grande Mazinga)
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e Jun Hono (pilota di Venus Alpha) oppure delle minigonne da urlo di Beauty e Reika (Daitarn III). Pronti, via! Ma... un momento... mancava il nome! Tutti di corsa a collegarsi su internet per vedere quale nome, tra i tanti che venivano “sparati a casaccio”, erano già registrati come nome di do-
minio internet. Lo sconforto non tardò ad arrivare... tutto quello che veniva proposto era già registrato sul web oppure era troppo “strampalato” per essere utilizzato... Senza perderci d’animo ci fermammo un attimo a riflettere: qual era lo scopo iniziale? Condividere un HOBBY... no, NON era SOLO quello...
era qualcosa di più di un semplice hobby! Ed ecco il nome: NONSOLOHOBBY!!! Il tempo di trovare lo strumento adatto per pubblicare i nostri articoli ed il 23/06/2011 eravamo on-line. L’inizio non è stato certo “scoppiettante”: grafica del sito molto amatoriale, nulla che ci contraddistin-
guesse veramente dalla massa e, a distanza di mesi, pochissimi articoli pubblicati... Nonostante la partenza “in salita”, non ci siamo persi d’animo! La passione era molta e non volevamo assolutamente mollare, quindi ci inventammo un logo tutto nostro ed un acronimo che fosse facilmente riconoscibile.
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Come una fenice, risorgemmo dalle nostre ceneri ed il 01/04/2012 ritornammo on-line con una veste grafica molto più accattivante, allargammo la cerchia dei contenuti includendo anche dolls, statue dei personaggi Marvel, creammo un gruppo Facebook ed iniziammo a partecipare a fiere ed eventi. Il resto come si suol dire... è storia! Nel frattempo abbiamo allargato ancora di più la fascia dei contenuti pubblicati, abbiamo
creato delle rubriche “ad-hoc” e, ad oggi, il team è costituito da ben 11 persone, ormai AMICI, provenienti da tutta Italia. 11 “malati” che condividono un’unica passione: la voglia di rimanere sempre un po’ bambini a dispetto dell’età anagrafica! Caro lettore, se anche tu vuoi condividere con noi la tua passione, non aver paura di essere giudicato, vieni a visitarci ed entra a far parte della community di NSH!!! NSH Staff
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FUMETTI E PSICOTERAPIA
http://digilander.libero.it/romanzi/ - www.psicologi-italiani.it
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draiarsi sul lettino e invece di parlare, leggere un fumetto di Batman, Superman o l’Uomo Ragno. Succede negli Stati Uniti e da un po’ anche in Italia. Sono sempre di più infatti gli psicoterapeuti convinti che la cultura pop, e in
particolare i fumetti, possano aiutare i pazienti ad affrontare e vincere ansie e paure di tutti i giorni. Proprio come un supereroe. Ne è convinto il Dr. Patrick O’Connor, psicologo americano che ha avuto l’idea della “superhero therapy” nel 2010,
quando lavorava in una casa famiglia di Chicago. «Amo i fumetti da sempre», racconta. «E lavorando con bambini e ragazzi in affidamento mi è venuto subito in mente il rapporto tra Bruce Wayne e Dick Grayson, ovvero Batman e Robin.
Quest’ultimo viene affidato a Wayne dopo la morte dei suoi genitori, per cui ho pensato che i miei piccoli assistiti avrebbero potuto identificarsi con lui». A quel punto O’Connor ha cominciato a far leggere ai suoi pazienti albi DC e Marvel nelle sedute. Non solo, ad alcuni ha anche chiesto di inventare un personaggio e immaginare di avere dei superpoteri con cui reagire alle sfide quotidiane. Il risultato è stato esaltante: «I pazienti esprimevano le proprie emozioni come non avevano mai fatto prima». Nulla di strano, in fondo i teorici del fumetto vedono da anni i supereroi come una versione moderna e pop degli archetipi junghiani. «La superhero therapy non mi stupisce. In fondo la psicologia ha sempre mostrato grande attenzione per il mondo dei fumetti, fin dagli anni ‘60 e ‘70». A parlare è il romano Marco Minelli, psicologo clinico a Luino e autore del “Manuale di psicologia del fumetto” (Edizioni Psiconline). Da cosa nasce questo interesse? «Rientra nell’area della psicologia dell’arte e della letteratura, di cui il fumetto rappresenta una
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perfetta sintesi. Si parte dai fumetti per creare dei profili psicologici dei personaggi, e si utilizzano anche gli albi durante le sedute terapeutiche». Lei lo ha mai fatto? «Sì, ma ho preferito utilizzare personaggi italiani, soprattutto quelli della Bonelli. Dylan Dog fornisce ottimi spunti per affrontare il tema della morte, mentre Julia, criminologa affermata e oggetto di culto tra le trentenni di oggi, può potenziare le facoltà di indipendenza di una giovane donna». Perché non i supereroi? «Penso che sia impor-
tante approfondirne le origini culturali e storiche prima di mettere in atto un processo di identificazione. Perché rappresentano temi ambigui come lo sdoppiamento e l’onnipotenza superomistica. Inoltre i superpoteri potrebbero attivare meccanismi psicologici di difesa, come la negazione ad esempio, che non aiutano ad affrontare la realtà. Vanno bene fino a 10-11 anni, ma dopo, a mio avviso, andrebbero maneggiati con cautela». (Da Repubblica del 21 febbraio 2014) Marco Minelli
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I POSTI DOVE “NON” GIOCARE DI RUOLO www.isolaillyon.it
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utti i giocatori hanno esperienze traumatiche a riguardo. Fra nonne sorde alla tv e fidanzate petulanti, ecco i cinque posti dove non dovreste mai giocare ai GDR! Tutti i giocatori di ruolo del mondo (e quando dico tutti intendo davvero tutti!) sanno quanto è difficile trovare un posto dove giocare serenamente, che sia convenevole a tutti e dove si possano condurre quelle tre o quattro ore di gioco puro. Quando poi trovare un posto del genere diventa un’ansia perpetua, allora si inizia a pensare ad improbabili scantinati, garage ghiac-
ciati in pieno gennaio e salotti di cucina dai quali, fra un’orda di goblin e l’altra, appare distinta la voce di Maria de Filippi che annuncia l’apertura della busta. Ci sono una miriade di luoghi in cui si può provare a giocare serenamente ma, guarda caso, le situazioni critiche (e non sto parlando di dadi!) non mancheranno mai. Ecco quali sono i cinque posti dove non bisognerebbe mai provare a giocare di ruolo! Quinta posizione – La casa della nonna È sera, ovviamente si gioca dopo cena e non si è trovato posto migliore se non il salotto arredato
nel 310 Avanti Cristo dell’amabile nonnina di uno dei giocatori. C’è un lato positivo però, in tutto questo. L’avventura inizia da prima ancora di entrare dal portoncino di casa: salire le scale rigorosamente al buio ed in punta di piedi (magari tirando anche un bel d20 per vedere quale risultato vi esce alle prove di nascondersi e muoversi silenziosamente!) per evitare di svegliare la nonna con il riflesso della luce che dalle scale, facendo uno strano gioco di rimbalzi, arriva direttamente alla sua stanza da letto, passando per quell’oscena specchiera piazzata davanti alla porta
d’ingresso. Bene. Siete riusciti ad arrivare al pianerottolo? Il gioco è appena iniziato: adesso dovrete provare ad introdurvi attraverso i corridoi stretti, comunicando in pieno stile commandos ai vostri compagni di gioco la strada giusta da seguire, fino ad arrivare in un salone di quelli dove anche se fai una mezza scoreggia rimbomba nemmeno risuonasse all’interno di una c***o di caverna con tanto di stalattiti. Benissimo. Adesso il master inizierà a sussurrare la sua avventura e voi, contenendo l’emozione dopo aver abbattuto tutti i demoni dell’inferno, po-
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trete esultare mimando qualcosa, ma mantenendo la voce bassa. Se non vi piace agire in stealth mode, la casa di nonna è vivamente sconsigliata! N.B. Sconsigliate anche le musiche di ambientazione, potrebbero svegliare la vecchia prima del previsto! Quarta posizione – La Tavernetta Siete pronti a scendere nell’abisso ghiacciato e a non fare più ritorno in superficie? Bene, allora siete pronti per questo tentativo. In genere, quando si sceglie di giocare in un posto del genere si deve far fronte a due caratteristiche climatiche tipiche: il freddo polare con inspiegabili correnti artiche prove-
nienti dalle feritoie (sì, perché non si possono chiamare finestre) ed il tasso di umidità pari se non inferiore a quello della foresta amazzonica. Certo, c’è il vantaggio che se qualcuno dorme ai piani superiori sarà difficile sentirvi, ma dovrete far fronte ad un problema molto simile a quello dell’ingresso a casa di nonna (vedi sopra) quando invece dovrete risalire le spire infernali e tornare ai piani superiori. Spesso e volentieri, i passaggi per questi luoghi sono anguste ed invivibili strettoie da percorrere di profilo e molto lentamente, per evitare di caracollare sull’esploratore più audace che ha deciso di scendere prima di voi. Inoltre, dovrete essere molto versatili se inten-
dete avventurarvi in questa discesa, perché una volta arrivati al fondo della taverna, molto probabilmente dovrete giostrarvi fra scatoloni con addobbi natalizi e abiti in disuso, dai quali dovrete recuperare sedute e scranni d’appoggio per giocare, sempre che siate fortunati e non dobbiate ammazzare qualche mostro cresciuto nell’ombra in tutto quel tempo lì sotto, favorito dal clima sopracitato. N.B. Sconsiglio vivamente l’esperienza a player più “robusti”: non vorrete rischiare davvero di rimanere intrappolati in quelle scale a chiocciola per tutta la vita, vero? Terza Posizione – La “casa di campagna” Isolarvi dal mondo po-
trebbe essere quanto mai rischioso, ma infondo siamo tutti in cerca di avventure, no? Attenzione però a non farvi convincere dal vostro amico che vi parla dell’offerta lusinghiera dell’“altra casa”, quella del “tanto i miei sono al paese e la casa di campagna è libera”. Una delle proposte sicuramente più allettanti, ma altrettanto insidiose e pericolose: l’assenza di una presenza costante (nella fattispecie, femminile) all’interno della casa, anche per brevi periodi, potrebbe mettere seriamente in pericolo la vostra permanenza. L’unica cosa che trovereste da mangiare è un dubbio barattolo in frigorifero con qualcosa che galleggia all’interno ed ha
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un colore giallo canarino tremendamente poco appetibile; da bere ci sarebbe solo l’acqua del rubinetto, che non essendo stati aperti da mesi richiederebbero di dover far “scorrere l’acqua per un po’”, ottenendo comunque sempre risultati davvero poco convincenti. Se siete audaci e vi attrezzaste come un pic-nic decidendo di trasformare la vostra sessione di gioco nella sagra della mortadella, magari potreste anche sopravvivere. N.B. Quando partite, ricordatevi di portarvi anche la carta igienica, perché potreste avere a che fare con brutte sorprese di natura... logistica! Seconda Posizione – La “casa della mia ragazza” Spietati cacciatori di infedeli e subdoli assassini di tutte le lande, siate pronti
ad assistere ad una serata in cui il giocatore della ragazza che vi ospita passerà ad accarezzare la donna o a fare “puccipuccipù” per tre ore, mentre le musiche epiche e le urla di battaglia simulate in lingua orchersca dal vostro master sembreranno semplicemente delle tenere effusioni soverchiate dalla mielosa dolcezza dell’ospite. Non è proprio il caso, insomma, a meno che non vogliate rischiare, fra le altre cose, di trovarvi con un membro in meno nella compagnia e non sto parlando di morti improvvise all’interno della campagna. Insomma, sono c***i vostri signori miei. Se fossi in voi me ne terrei bene alla larga. N.B. Per quanto spesso la compagnia di eventuali partner dei giocatori sia deleteria, questo si tratta davvero di un caso limite.
Se ci tenete alla vostra campagna (sì, intendo ovviamente la campagna di gioco), una scelta del genere non è più soltanto opinabile, ma vivamente sconsigliata! Prima Posizione – La casa dello studente fuori sede Non ci sono parole per quella che potrebbe essere una delle peggiori esperienze di gioco che voi possiate immaginare, considerando la consueta e genuina varietà di persone che potreste incontrare in una situazione del genere. Un posto in cui, diciamocelo, al novanta percento delle possibilità capiterete nella situazione di anarchia assoluta che si trova spesso a degenerare in situazioni davvero pesanti e sconvenienti. Non parlo solo del coinquilino di m***a che garantisce sempre una situazione igienica contro
la quale anche i Nas non farebbero altro che mettersi le mani nei capelli e scappare a gambe levate. Trovarsi davanti al nonno della compagnia, uno studente (spesso e volentieri una matricola universitaria) che va a letto alle cinque e mezza di pomeriggio perché la mattina seguente ha i corsi, è peggio. Considerate una serie di eventualità del genere e portate a compimento il tutto con una possibile intrusione di elementi esterni (sì, perché spesso le case dei fuori sede sono dei veri e propri porti di mare), come magari la ragazza del coinquilino che ha deciso che la sera della vostra giocata è la sera buona per sc**are nella stanza di fianco, risparmiandovi gli effetti sonori e distraendo quelli più marpioni del gruppo. N.B. Da evitare soprattutto nel caso in cui il proprietario di casa viva di fronte a voi e possa fare irruzione in qualsiasi momento, gettandovi nell’imbarazzo più totale e disperato. Molti sono i luoghi che poco si prestano al GDR, ma spesso siamo costretti a situazioni del genere, e per l’amore del gioco decidiamo di accontentarci. Ma qual è il posto più sconveniente nel quale avete giocato? E l’esperienza più strana che avete avuto in sessioni di gioco? Antonio Sansone
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“11° LUDICOMIX 2014” AD EMPOLI www.ludicomix.it - Su Facebook: Ludicomix 2014
L’
Associazione LUDICOM è un centro permanente di vita associativa a carattere volontario e democratico la cui attività è espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo; essa opera per fini ricreativi, culturali, sportivi e solidaristici e si propone di promuovere le attività ricreative, sportive e culturali. La manifestazione LUDICOMIX è la prima empolese interamente dedicata al gioco intelligente, al videogioco e al fumetto, un evento unico nel suo genere che ha riscosso un notevole successo di pubblico, registrando una cifra complessiva di visitatori, nell’edizione del 2013, di oltre cinquemila presenze, di cui la maggior parte partecipa attivamente ai diversi tornei, eventi e workshop che si svolgono nella due giorni. L’undicesima edizione si terrà Sabato 12 e Domenica 13 Aprile, al Palazzo delle Esposizioni di Empoli e conferma l’allargamento della manifestazione con la
tensostruttura e gli eventi nel Centro Storico di Empoli. Nei due giorni di apertura della mostra troveranno spazio moltissimi eventi, e tra tornei, workshop, partite dimostrative di giochi e videogiochi, i visitatori potranno vivere una gior-
nata a contatto con il mondo del fantastico in tutte le sue declinazioni. Anche quest’anno Ludicomix avrà l’onore di ospitare artisti, fumettisti e personalità ludiche di eccellenza. Da segnalare nelle passate edizioni la presenza di importanti fumettisti ed illustratori nostrani, come Dario Grillotti e Andrea Nucci autori del fumetto online “Boris Jr.”- Filippo Biagioli di “Criba Comics”, Marco Turini e Federico Ferniani di Soleil, senza dimenticare professionisti come i Paguri, autori di “Nirvana” al secolo Emiliano Pagani e
Daniele Caluri. Sia Sabato che Domenica sarà possibile partecipare ai Contest di Cosplay, provare in anteprima i videogiochi più recenti presso l’area videogiochi, lasciarsi sedurre dal fascino di una partita al caro e vecchio Subbuteo, farsi autografare la carta di Magic o l’albo appena acquistato, vestire i panni di un guerriero medievale in un divertentissimo combattimento simulato “all’ultimo sangue”, oppure improvvisarsi cecchino all’interno dello spazio dedicato al SoftAir. Inoltre ci saranno tornei di “Magic: the gathering”, “Yu-Gi-Oh”, “Coloni di Catan”, “Pokémon” per Nintendo DS e tantissimi altri tornei di videogiochi. Per non parlare dell’angolo dedicato al Giappone, con mini corsi di calligrafia ed origami, lezioni di vestizione di Kimono e di danza tradizionale, oltre ad un angolo interamente dedicato al cibo del paese del Sol Levante! Non mancheranno anche le mostre, da quelle di fumettisti in erba della Scuola Internazionale di Comics di Firenze, a quella fotografica di Andrea Bonsignori che unisce il gioco di ruolo con le foto dei partecipanti. Ass. Cult. LUDICOM
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WASTEROS E GRAN BRETAGNA, STESSA STORIA? www.isolaillyon.it
La Storia Medievale vi annoia e vi spaventa? Tutti a lezione dal buon Martin allora! Continua il viaggio di Isola Illyon alle radici del successo de “Il Trono di Spade”!
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ite la verità, a scuola la Storia con la S maiuscola non riscuoteva le vostre simpatie, soprattutto quella medievale e rinascimentale: i più fortunati finivano quindi per passare la lezione a fis-
sare la compagna (o il compagno) di classe carina/o e i meno fortunati semplicemente si abbandonavano dolcemente tra le braccia di Morfeo; il tutto mentre la Prof disquisiva di complicatissime diplomazie tra casate nobili, matrimoni, tradimenti, incesti, stupri, assassinii politici e follie di Re, Lord, Baroni, Ducaconti di fantozziana memoria e chi più ne ha più ne metta... vi fa venire in mente qualcosa? Bravi, parliamo de “Il Trono di
Spade”. Historia Magistra Vitae È proprio vero, e per fortuna c’è il fantasy (e Isola Illyon) a coprire queste lacune. Non è una novità che scrittori ed inventori di mondi, all’atto della creazione dei propri Universi Espansi, peschino a piene braccia dagli eventi passati del nostro pianeta per modellare le proprie creazioni. Non c’è epoca né latitudine che non siano state prese come “negativo” per costruire realtà immaginarie, dal-
l’Impero romano ai Regni della Cina, dal Giappone dello Shogunato alle civiltà precolombiane. Il perché è molto intuitivo: nulla regala a un mondo immaginario sostanza come la ricostruzione di una verosimiglianza storica riferita alla realtà del lettore e, soprattutto, la Storia rimane una fonte inesauribile di idee letterarie. Mai come in questo caso si può dire che la realtà (storica) superi la fantasia. Tolkien stesso disse più volte che la Terra di Mezzo non solo assomigliava, ma che per quanto lo riguardasse era l’Europa, circa 5000 anni prima della nostra era. E se la Terra di Mezzo è in fondo un’allegoria dell’Europa e della sua storia, ma senza precisi riferimenti geografici o politici, Martin dal canto suo porta tutta l’operazione ad un altro livello nel creare il mondo immaginario che ospita le vicende delle “Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” e, di riflesso, della serie televisiva.Vediamo come. Aprite il libro a pagina... Piaccia o non piaccia la saga del Trono, molti sono concordi nel ritenere che la peculiarità e il successo riscosso dal ciclo di romanzi risieda nell’estrema aura di realismo che emanano. In parte dovuta a tecniche
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di scrittura come la POV che sono state sviscerate in altri articoli, ma soprattutto alla verosimiglianza storica. In fondo, sembra di leggere un romanzo storico come Ivanhoe condito con draghi, non morti ed esseri sovrannaturali dalla pelle blu, ovvero sapienti spruzzate di fantasy qua e là. E se è fin troppo evidente citare la Guerra delle Due Rose inglese (anche se vedremo che in realtà Martin si è ispirato a un periodo della storia anglosassone antecedente), il dualismo Lannister/Lancaster vs Stark/York e il simbolo di Casa Tyrell (una rosa dorata appunto) quale uno dei simboli della nazione britannica, ci sono altre analogie magari un po’ meno evidenti ma anche più significative. In generale, possiamo dire che la storia del continente di Westeros ricalca quasi fedelmente quella inglese nell’arco di un migliaio di anni: da scrittore di lingua inglese è logico che Martin si riferisca alla storia anglo-
sassone, anche se poi in senso lato ci si estende un po’ a tutta Europa. Agli inizi, apprendiamo quindi che Westeros era abitato esclusivamente dagli uomini dei boschi, popolazione seminomade con forti legami con la natura e le foreste, che possiamo far coincidere coi Celti che abitavano le isole britanniche in età preromana. Abbiamo poi la conquista da parte di un Impero,Valyria, socialmente, culturalmente e tecnologicamente molto avanzato (tanto che ci si riferisce più volte nella saga all’“Acciaio di Valyria” come a esempi di vette di forgiatura mai più raggiunte nei secoli a venire) che ingloba gli uomini dei boschi, organizza città moderne e costruisce la rete stradale di Westeros. Chi ha detto Impero Romano?!? Eccoci alla conquista romana della Britannia sotto Giulio Cesare, e in epoca imperiale alla costruzione del Vallo di Adriano ai confini con la Scozia, per difendersi dal barbarico Nord
delle Highlands povero di risorse e abitato da popolazioni bellicose come i Pitti che non valeva la pena soggiogare. Anche qui, il parallelo con la Barriera di Ghiaccio presidiata dai Guardiani della Notte e posta a difesa contro l’estremo nord barbarico, soprannaturale e percorso da spiriti sembra più che calzante. Risaliamo la cronologia di Westeros e, dopo il crollo di Valyria (da notare, crollo avvenuto per autoimplosione come l’Impero Romano), troviamo l’invasione degli Andali, popolazioni chiare di pelle e capelli che daranno vita ai Sette regni e alle Case, provenienti da Essos (il continente a Est, controparte del continente europeo anche se presenta elementi asiatici nella saga) e che possiamo far coincidere con l’ondata degli invasori Angli e Sassoni, popolazioni di ceppo germanico che invasero la Britannia dopo la caduta di Roma. Gli Andali si dividono in sette regni, che vengono conquistati e riuniti sotto
il Trono di Spade dalla Casa Targaryen. Casa differente dalle restanti e che si può assimilare alle popolazioni gaeliche dell’Inghilterra: ha ascendenze valyriane più che andale, come i gallesi sono gallo-romani più che anglosassoni, il nome della Casa stessa ha sonorità gaeliche diversamente dalle altre Case, e conquista i Sette Regni grazie a tre draghi, drago che spicca anche sul loro vessillo; il Drago spicca anche sulla bandiera nazionale del Galles, così come sulle maglie dei giocatori della nazionale gallese di rugby (giocatori detti appunto “dragoni”). A completare il quadro, i Dothraki, popolazione nomade allevatrice di cavalli di Essos, guerriera e razziatrice, che fa subito pensare alle orde nomadi delle steppe euroasiatiche quali gli Unni, protagoniste della seconda ondata di invasione barbarica dell’Europa. Erano grandi cavalieri ed arcieri a cavallo, non portavano armature esattamente come i Dothraki e l’assonanza Khal/Khan è fin troppo evidente. Chi viene alla cattedra? Scendendo più nel dettaglio della situazione “fantastorica” nella quale si svolge la trama dei romanzi e della serie tv, i rimandi alla storia inglese si moltiplicano. La lotta tra le Grandi Case di Westeros per il Trono di Spade ricorda molto da vicino un periodo della storia anglosassone detto del-
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l’Eptarchia (“Sette Regni”, appunto) datato tra la caduta dell’Impero Romano e l’800 d.c. circa, quando invasioni di popolazioni scandinave misero in crisi la dominazione anglosassone, sostituita definitivamente intorno al 1000 dai Normanni di Guglielmo il Conquistatore. Durante l’Eptarchia, la Gran Bretagna era divisa in sette regni (ma dai?!): Essex, Sussex, Wessex, Kent, Northumbria, East Anglia e Mercia. Come nei romanzi di
Martin, uno di questi regni inglobò progressivamente gli altri sei, formando un’unica nazione e fondando la corona inglese. Il regno in questione era il Wessex: che aveva come stendardo, guarda caso, un drago. Questo periodo ha ispirato un altro ciclo mitico, molto più antico: il Ciclo Arturiano codificato da Chretièn de Troyes. Il leggendario Artù ricevette il regno, già unito, da suo padre re Uther
Pendragon che aveva come vessillo, indovinate? Un drago. Per non parlare del Leone Rampante dei Lannister, identico a quello dei Plantageneti di re Riccardo Cuor di Leone, della Rosa dei Tyrell (rosa bianca,York; rosa rossa, Lancaster; sintetizzate poi dai Tudor), e gli intrighi della corte di Approdo del Re ricordano molto quelli che ebbero come protagoniste queste quattro famiglie, tutte dinastie reali d’Inghilterra.
Mi fermo per non farmi odiare troppo, ma è incredibile quanta Storia ci possa essere in un fantasy e quanto grossolanamente si sbagli chi, non conoscendo il genere, ancora sostiene che sia troppo disancorato dalla realtà.Voi che cosa ne pensate? Vi vengono in mente altre analogie? E studiate mi raccomando, che domani la Prof interroga! Luca Tersigni
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NPE PRESENTA “LE GRANDI PARODIE DISNEY” http://edizioninpe.blogspot.it - Su Facebook: Edizioni Npe
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ell’ottobre del 1949 il settimanale «Topolino» pubblica in Italia una rivisitazione dell’Inferno di Dante Alighieri intitolata L’Inferno di Topolino. È la prima delle Grandi Parodie prodotte dalla scuola di sceneggiatori e disegnatori della Disney italiana ed è il modello con cui la testata si distanzia con decisione dagli stilemi del «Topolino» made in U.S.A. I personaggi del mondo Disney diventano così, improvvisamente, protagonisti di fumetti che si ispirano ai grandi classici della letteratura in un primo momento, poi anche del cinema, della televisione, della musica e dell'attualità. Il nuovo saggio della Nicola Pesce Editore, firmato da un team d'insegnanti del Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell'Università degli Studi di Cagliari, con il contributo della Fondazione Banco di Sardegna, riper-
corre con occhio critico e appassionato le Grandi Storie Disney, dall’Inferno di Topolino ai Promessi Paperi, da Paperino di Munchausen al Dracula di Bram Topker... fornendo al lettore un'efficace cro-
nistoria e una tecnica interpretativa universitaria ricalcata sui metodi interpretativi della letteratura “alta”. Gli autori Pier Paolo Argiolas, Andrea Cannas, Giovanni Vito DiStefano e
Marina Guglielmi lavorano e studiano, a vario titolo, nella facoltà di Studi Umanistici di Cagliari. Dopo essersi lungamente cimentati con la lettura e l’interpretazione della letteratura, italiana e straniera, hanno deciso di sfruttare competenze e passioni per studiare una produzione a loro particolarmente cara, quella del fumetto. Sono convinti che sia possibile applicare con utilità e profitto quello che studiano e insegnano anche al mondo delle strisce: con questo libro tentano di dimostrarlo. L’obiettivo che si sono proposti è di offrire una chiave di lettura delle Grandi Parodie italiane della Disney a tutti i lettori o studiosi incuriositi dai fumetti e dai legami che le opere intrattengono fra di loro, qualunque sia il linguaggio che utilizzano per esprimersi: parola, musica, immagine, video, disegno. NPE Staff
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L’ARTE GRAFICA DI ANTONIO DE LUCA
http://antoniodeluca.blogspot.it - Su Facebook: Antonio De Luca Visual Artist
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iao a tutti, sono Antonio De Luca e faccio il visual artist, ovvero colui che si occupa di immagine in vari ambiti: dal fumetto, all’illustrazione, allo storyboard, game art, etc Come molti sin da piccolo disegnavo e crescendo ho cercato di fare di questa passione il mio lavoro. Ovviamente negli anni c’è stata una crescita che è ancora in corso. Ho iniziato la mia formazione con l’istituto d’arte, quindi frequentai l’Accademia di belle arti di Roma, che si rivelò da una parte un luogo pieno di stimoli ma dall’altra era, e probailmente è ancora, povera di strumenti atti ad formare un operatore nel campo artistico.
In fine conclusi la mia esperienza formativa presso la Scuola Internazionale di Comix, a Roma, dove acquisii i giusti ritmi lavorativi. La mia prima esperienza lavorativa fu presso la Bonelli Ed. con una storia breve del seriale Dylan Dog. Nelle vesti di storyboard artist e set designer mi sono provato nel mondo del cinema e della pubblicità. Al principio lavoravo con gli strumenti tradizionali: pittura a olio, acrilico, acquerello, ecc. Solo più tardi approdai al digitale e me ne innamorai. Photoshop e tavoletta grafica mi permettono delle libertà d’azione che gli strumenti tradizionali non offrono. Nella mia arte ci sono
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listi, romantici e molti altri. In effetti non posso negare l’amore che nutro per molti pittori dell’800. Di ispirazione più contemporanea vi sono molti artisti affermatisi nel mondo del fumetto e dell’illustrazione, di cui Charest, Serpieri, Hughes, Brom, Giancola, sono solo alcuni. Cerco di fare con trasporto e passione quello che faccio e nonostante la fatica v’è l'entusiasmo per le nuove scoperte che ogni giorno si incontrano in questo tipo di lavoro. varie fonti d’ispirazione. Alcune rispondono all’eco dei grandi artisti del passato quali Caravaggio, Bouguerau, alcuni simbo-
Antonio De Luca
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IL SOGNO DI LUCA: “ONIGIRI STORE” http://www.onigiristore.netii.net - Su Facebook: Onigiri Store
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iao a tutti, sono Luca e vi scrivo per parlarvi di Onigiri Store il negozio che ho deciso di aprire! Onigiri Store è una nuova realtà nata da poco a Roma in zona Garbatella, come ogni progetto anche questo nasce dalla passione, la passione per un mondo fantastico dove ognuno di noi può dare libero sfogo alla propria creatività e alla propria fantasia! Ho voluto creare, prima che una semplice fumetteria, un punto di ritrovo dove far incontrare le persone unite da questi stessi interessi, per poter condividere, dall’amore per il singolo fumetto al cibo giapponese! Ho voluto inserire all’interno
del negozio del materiale per disegnatori e le belle arti, cercando di non tralasciare nulla ho voluto prendere anche i cosplay con i relativi accessori e l’abbigliamento. Spesso non si da sufficiente importanza a questo mondo nella sua totalità. Ricordo perfettamente il primo fumetto che ho letto, mi incantò la trama e l’accuratezza dei dettagli nei disegni. Crescendo e leggendo le varie storie mi sono sempre più lasciato coinvolgere da questo mondo e mi sono reso sempre di più conto che i fumetti sono delle vere e proprie opere d’arte, che dentro e dietro di loro si nascondono storie e intrecci dove si
racchiudono tutti i sentimenti dell’animo umano dall’amore, alla speranza, al coraggio ,per non parlare degli ideali, e dei valori. Così ci ritroviamo a interpretare i personaggi di queste storie, ci svestiamo dei nostri panni per vestrire quelli dei nostri eroi. I cosplay per i profani sono dei semplici costumi, per me, per noi, sono uno modi per esprime ciò che abbiamo dentro, quando io stesso costruisco un arma per un cosplay sono cosciente di creare un pezzo unico. Il nostro mondo è questo, è creatività, è divertimento, è libera espressione di noi stessi sentendoci liberi di essere come vogliamo!
In questa avventura ho alcune persone che mi stanno aiutando tra cui Marzia la sorella della mia compagna e Matteo il suo ragazzo, che con la loro infinita conoscenza sul mondo dei fumetti mi stanno dando un aiuto prezioso. Proprio Marzia ha trovato in quest’ambito la sua ispirazione per il futuro, infatti facendo il liceo artistico ed essendo prossima ad iscriversi alla Scuola Internazionale di Comics mi ha dato un aiuto prezioso consigliandomi i giusti articoli di belle arti da inserire nell’allestimento. Avrei tanto avuto piacere di creare in questo negozio un punto di ritrovo dove anche potersi accomodare e mangiare un
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ramen caldo mentre si legge un fumetto. Disgraziatamente l’Italia è un paese che non ti consente di esprimere al meglio le tue idee, infatti schiacciato dalla burocrazia ho abbandonato l’idea del consumo all’interno ed ho soltanto inserito la vendita dei prodotti tipici giapponesi come dallo stesso ramen, ai mochi,
alla ramune e ai tanti altri che scoprirò! Anche se ho aperto da poco sono entrato in contatto con molte persone, ho scoperto che ci sono realtà molto interessanti come l’associazione culturale Advena che si occupa del mondo giapponese a 360° organizzando addirittura dei viaggi studio. Ho deciso di
collaborare con loro dandogli uno spazio all’interno di Onigiri Store perché mi piacciono le attività che organizzano, da proiezioni di film in lingua originale a corsi di scrittura giapponese fino ad eventi dove presentano dei loro lavori, perché penso che tutti hanno diritto ad avere una possibilità di inseguire i propri sogni! Ho molte idee su come far crescere il mio negozio, il mio scopo è cercare di farlo diventare un punto di riferimento per tutti coloro che sono innamorati di questo mondo colmo di fantasia e creatività. Mi piace-
rebbe sentire cosa ne pensate o se avete suggerimenti, come il miei nuovi amici Alessio e Claudia che stanno cercando di catapultarmi nel mondo delle Magic! Spero presto di riuscire ad organizzare qualche torneo per tutti gli appassionati! Approfitto di queste ultime righe per ringraziare Vincenzo D’Amico per avermi aperto le porte del Parcosplay al quale non vedo l’ora di partecipare e per avermi dato l’opportunità di condividere con tutti voi questa mia nuova avventura! Venitemi a trovare da Onigiri Store ne sarò immensamente felice, spero davvero di riuscire in tutti gli scopi che mi sono prefissato con la speranza soprattutto di condividere con voi la passione per questo mondo! Luca Bonanni
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“TRUE FANTASY” DI ALESSANDRO IASCY http://truefantasyitaly.blogspot.it - Su Facebook:TrueFantasy
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iao a tutti gli amici lettori di JAPANIMANDO! Ringrazio prima di tutto il caro Vincenzo D’Amico per avermi ospitato tra le pagine della sua interessantissima rivista. Il mio nome è Alessandro Iascy, sono nato 30 anni fa a Palermo e sono un grande appassionato di tutto ciò che appartiene alla sfera del fantastico: Libri, musica, videogiochi, giochi di ruolo, film. Sin da bambino ho avuto un rapporto speciale con i mondi fantastici e ho sempre amato fantasticare ed inventare. Il mio grande amore per il fantasy è esploso con la lettura di un classico come “Il Signore degli Anelli” di Tolkien e si è amplificato con quella di opere maestose come “La Ruota del Tempo” di Robert Jordan e “Il Ciclo di Conan” di Robert E. Howard. Da piccino amavo sfogliare i grossi libri colorati di mio nonno tra i quali ricordo con piacere un volumone illustrato della lampada di Aladino e la spettacolare enciclopedia per ragazzi “I Quindici”. Contemporaneamente cartoni animati come He-Man, Ken il Guerriero, DragonBall, I
Cavalieri dello Zodiaco hanno contribuito non poco a farmi appassionare sempre più alle avventure fantastiche. Da bambino ricordo che i miei compagni di scuola amavano giocare con videogiochi di guerra o di corse di automobili mentre la mia vecchia e cara NES per me era un mezzo di trasporto per farmi vivere avventure come Castlevania, Zelda, Blob, MegaMan, Turrican o Trojan. Solo da qualche
anno mi sono avvicinato alla fantascienza grazie ai consigli di una cara persona come il buon Sandro Pergameno. Dal 2010 ho deciso di diffondere il mio amore per la cultura fantastica ed ho messo su un piccolo blog dedicato agli appassionati del genere: TrueFantasy. Grazie all’aiuto di gente fantastica come Lavinia Scolari, Angelo Berti,Valentina Bellettini e Maurizio Vicedomini il piccolo TrueFantasy è pian piano
diventato un blog ricchissimo di contenuti ed oggi conta collaboratori illustri come Alexia Bianchini, Paola De Pizzol (meglio conosciuta come M.P. Black), Michele Tetro, Davide Mana, Fabio Centamore, Serena Fiandro, Alberto De Stefano, Stefano Sacchini, Flavio Alunni, Luigi Bonaro, Caterina Armentano, Fabrizio Corselli e Giancarlo De Rogatis. Il Progetto TrueFantasy ha come presidente onorario il buon Sandro Pergameno, storico curatore di quella che probabilmente è la collana fantasy migliore apparsa nelle librerie italiane: La Fantacollana Nord. Sandro oltre ad essere una cara persona è uno straordinario conoscitore del genere ed i suoi consigli sono sempre preziosi. Se non lo conoscete ancora vi invito a visitare il suo autorevole blog Cronache di Un Sole Lontano. Il nostro staff: SANDRO PERGAMENO Presidente Onorario, ALESSANDRO IASCY Direttore, ANGELO BERTI Vicedirettore (Curatore della rubrica “La Locanda di Mastro Angelo”), LAVINIA SCOLARI Vicedirettrice
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(Curatrice della rubrica “ Far far Away: I Classici della Fiaba”), STEFANO SACCHINI Redattore sezione fantasy (Curatore della rubrica “I Classici del Fantasy”), MICHELE TETRO Redattore sezione cinema, MAURIZIO VICEDOMINI Redattore sezione fantasy (Curatore della rubrica “Sulla Strada per
Avalon”), ALBERTO DE STEFANO Redattore sezione fantasy (Curatore della Rubrica “L’Armeria del Principe Elric”), ALEXIA BIANCHINI Redattrice sezione fantasy, urban fantasy e fantascienza (Curatrice della rubrica “Avamposto sul Pianeta Serie TV”), FLAVIO ALUNNI Redattore sezione fantascienza (Cu-
ratore della rubrica “I Classici della Fantascienza” e partner con i contenuti del suo blog Clarke è vivo!), FABIO CENTAMORE Redattore sezione fantascienza e fumetti (Rubrica Air Lock: I L’Universo dei fumetti SF”), GIANCARLO DE ROGATIS Redattore sezione fantasy, FABRIZIO CORSELLI Redattore se-
zione poemi e poesia a tema fantastico (Curatore della rubrica “Nella Tana del Cantore di Draghi”), SERENA FIANDRO Redattrice sezione fantasy. Letteratura medievale e antica e musica folk medievale, DAVIDE MANA Collaboratore esterno (Curatore della rubrica “Leggere la Fantacollana Nord” del suo blog Strategie Evolutive), VALENTINA BELLETTINI Redattrice sezione manga & Anime, PAOLA DE PIZZOL “M.P. Black” Redattrice sezione paranormal fantasy (Curatrice della rubrica “La Bottega di Maga Paola”), LUIGI BONARO Redattore sezione fantascienza (Curatore della rubrica “La bottega di Horselover Fat”), CATERINA ARMENTANO Redattrice sezione Fantasy (Curatrice della rubrica “Donne Mitiche”), MASSIMO VALENTINI Articolista nella sezione Mistery, DANIELA BARISONE Redattrice della sezione New Weird e VINCENZO D’AMICO Redattore Fantacomic Soon. Con le nostre rubriche proponiamo ai lettori un prodotto alternativo ai soliti portali commerciali finanziati dalle case editrici. TrueFantasy infatti è indipendente al 100% e i nostri pareri e consigli non sono influenzati da nulla fuorché la nostra passione autentica. Alessandro Iascy
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“THE WILD WILD WEST”: LA SERIE TV Gruppo su Facebook: I FUMETTI SONO UNA COSA SERIA!
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el settembre del 1965 debuttò per la CBS un nuovo programma televisivo che era significativamente diverso dagli altri spettacoli che erano venuti prima o che verrano dopo di esso. The Wild Wild West è stato un serial televisivo che non è facilmente classificabile. L’azione si svolge negli Stati Uniti occidentali alla fine del 1800, ma non si può considerare un western. In gran parte degli episodi comparivano fantastiche invenzioni e macchine futuristiche, ma non era un programma di fantascienza. Il protagonista era un agente dei servizi segreti, ma non era davvero una spy story. “The Wild Wild West” era una combinazione di tutti questi generi, prendendone i migliori elementi di ognuno. Il risultato è un serial televisivo unico che, a sorpresa, ebbe un buon
successo. Jim West (Robert Conrad) è uno dei migliori agenti dei servizi segreti del Paese. Lui è in missione speciale, lavorando direttamente per il presidente Grant, per affrontare minacce ovunque mai potrebbero sorgere e difendere il Presidente e il Paese da qualunque minaccia. Insieme al suo compagno Artemus Gordon (Ross Martin), maestro del travestimento West viaggia attraverso il vecchio West in un treno privato personalizzato (sotto la copertura come
un ricco dandy proveniente dall’Est) e si confronta con terroristi, scienziati pazzi, aspiranti governanti mondiali, altri pazzi assortiti. Ogni episodio, anche se non era proprio uno schema fisso, ha avuto gli stessi elementi. C’era sempre una bella donna (a volte a lavorare per il cattivo di turno) che finisce per sedurre West, una macchina fantastica o un’invenzione. West e il suo compagno d’avventura viene dotato di un sacco di gadget da spia. Alcuni sono stati ricorrenti nella serie, altri apparvero solo una volta. C’era, per esempio, la pistola manicotto, da cui si estraeva una Derringer Remington, o altre cose come un piccolo contenitore a spruzzo contenente acido. C’era una palla da biliardo che esplode, esplosivi mascherati da sigari, un filo sottile capace di segare l’acciaio, e una stecca che si trasforma in spada. Tutti
gadget degni del miglior James Bond. Aggiungiamo un po’ scene di combattimento, un complotto malvagio atto a devastare la società, e una cucchiaiata di suspense, e si ottiene uno show piuttosto interessante. Come per molte serie del tempo, ogni episodio inizia con una convenzione di denominazione simile. Con “The Wild Wild West” era “The Night ...”. Come con altre serie, ci sono stati cattivi che tornano più volte in vari episodi. Il più notevole era il dottor Miguelito Chisciotte Loveless, interpretato da Michael Dunn, un brillante ma folle nano. E’ stato introdotto nell’episodio intitolato “La notte della procedura guidata scosse la terra” ed è apparso in altri nove episodi. Alcune delle storie sono state anche ispirati dai racconti di Edgar Alan Poe, HG Wells e Jules Verne. Il primo episodio ha debuttato il 17 settembre 1965 e fin dalla prima stagione si capisce qual’è il tono che il serial avrebbe avuto per tutti i quattro anni che fu trasmesso per un totale di ben centoquattro episodi. Si può dire tranquillamente che la CBS con “The Wild Wild West” abbia prodotto uno steampunk anni prima che il termine
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fosse nemmeno inventato.Vedendo le creazioni dei cattivi di dispositivi super-scientifici utilizzando la tecnologia del 19° secolo, il telefim ebbe un impatto incredibile sul pubblico. Un incredibile mix di fantascienza ,spy story e western i creatori sono riusciti a mescolare
abilmente i generi senza soluzione di continuità per creare un programma assolutamente unico e avvincente. La prima stagione di 28 episodi è stata girata in bianco e nero e contiene alcuni dei migliori episodi della serie. “La Notte della procedura guidata
che scosse la terra” appartiene a questa stagione e come abbiamo accennato prima viene introdotto il dottor Loveless, che progetta di prendere la California, che sostiene, giustamente gli appartiene. Questo episodio presenta anche Richard Kiel, famosa per
il ruolo di Jaws nel film di James Bond “La spia che mi amava”. Altro episodi notevoli sono “La Notte dei mille occhi”, in cui West e Gordon indagano su un furto presso la zecca degli Stati Uniti, “La notte del Burattinaio”, dove i nostri eroi cercano di impedire l’assassinio dei giudici della Corte Suprema, e “La notte del Ronzio mortale” dove West e Gordon tornano a contrastare il dottor Loveless nel suo tentativo di mandare in bancarotta lo Stato della California. “Special guest” in questa stagione incluse Leslie Nielsen, Katharine Ross, Martin Landau, Burgess Meredith, Keenan Wynne, e Don Rickles. Nella seconda stagione lo show passa a colori, e le trame vengono un po’ alleggerite. Forse il passaggio al colore che ha fatto pensare agli autori di dare al telefilm un look meno noir, in compenso viene aggiunto solo un po’ più umorismo. La quarta stagione ha avuto un sacco di cambiamenti. Mentre gli episodi mantengono ancora un livello qualitativo molto buono, Ross Martin si ruppe una gamba durante le riprese e poi subì un attacco di cuore dopo il confezionamento dell’episodio “La notte di fuoco e zolfo”. La produzione lo sostituì con un paio di diversi agenti mentre Martin era assente. Lo show televisivo fu annullato dopo la quarta
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stagione, ma non per le ragioni che si potrebbero sospettare. Non fu, infatti, un calo di popolarità, dato che stava ancora ottenendo una rispettabile quota di telespettatori. Furono dei gruppi di moralità pubblica che fecero pressioni per far chiudere la serie. Alcune persone pensavano che lo spettacolo era troppo violento una televisione pubblica e esercitarono forti pressioni alla rete per far chiudere il programma. Dall’inizio alla fine questa era davvero una produzione di qualità e molto divertente da guardare. Sicuramente gran parte del successo dello show va a Robert Conrad. Attraente e dal fisico prestante, dato che Conrad era un pugile professioni-
sta prima di dedicarsi alla recitazione, era davvero perfetto per la parte. Indossava pantaloni incredibilmente stretti e gilet eleganti, sembrava un James Bond del diciannovesimo secolo. Si prende serio, e che questo fa sì che gli spettatori entrino nell’ambientazione del telefilm prendendola seriamente. Non c’è nessuna traccia in lui che possa far trasparire quanto ridicole siano alcune situazioni. Questo è ciò che mantiene il serial in qualche modo ancora accattivante e gli dona un fascino senza tempo. Conrad ha fatto anche tutto da solo e questo aggiunge davvero molto allo spettacolo. I combattimenti e i salti assumono un aspetto molto più reale perché è Conrad là
fuori che fa a pugni e si getta nelle cascate. Questo non fu esente da rischi però e la produzione della terza stagione dovette chiudere con due settimane in anticipo dato che Conrad stesso si ferì cadendo da un lampadario. Anche Ross Martin fa un buon lavoro interpretando l’assistente di West. Con lui lo spettacolo si alleggerisce un po’, anche se lui non ha un ruolo comico, grazie ai suoi gadget fantastici e ai frequenti travestimenti, di ogni tipo. Gordon è anche la voce della ragione, è quello che consiglia prudenza e cerca di pianificare l’azione. Consigli che Jim West non ascolta mai. La Paramount ha raccolto le quattro stagioni in un
cofanetto di DVD: “The Wild Wild West”, la serie completa e li ha fatti uscire in concomitanza con il film omonimo interpretato da Will Smith, davvero mediocre in confronto alla serie televisiva. Alfonso Verdicchio
http://wondergateitalia.blogspot.it Il nuovo fantablog realizzato dalla Associazione Culturale
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Se volete contribuire a questo progetto contattateci quando volete!
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“DAMPYR” N. 167: ODIO IMPLACABILE Gruppo su Facebook: I FUMETTI SONO UNA COSA SERIA!
Chi è che non ha mai sognato di scrivere una sceneggiatura sul proprio eroe e chi è che non ha mai sognato di vederla poi pubblicata su uno dei numeri della sua serie preferita? Beh a qualcuno questo sogno si è avverato! TRAMA - Quand’era solo un bambino, Radovan perse tragicamente la madre durante la guerra in Bosnia. Dopo venti anni, Il trauma dovuto a quella notte è stato tale che ancora è in preda a spaventosi incubi. Su un giornale che parla della vita notturna di Praga, intravede la foto di una ragazza bionda in mezzo alla folla, una ragazza giovane e bella come tanti anni prima: la stessa che nei suoi sogni notturni continua a bere sangue dalla gola della madre! Egli preso dalla vendetta parte per Praga, deciso a imparare tutti i metodi per eliminare un non-morto, ovvero: uccidere Tesla!
E’
la prima volta in 167 numeri di Dampyr, speciali compresi, che uno degli sceneggiatori (in questo caso parliamo di Diego Cajelli) accetti di pubblicare l’idea brillante di un fan. Eh già. Corrado Cerfogli, un ragazzo di ventiquattro anni grande appassionato di Dampyr, ha avuto il privilegio (e anche tanto co-
raggio nel proporla all’attenzione della redazione della Bonelli) di veder pubblicato il suo soggetto per la storia di questo albo! Una bella storia, che scorre velocemente, senza punti morti. Davvero molto interessante il fatto che questa volta uno dei cattivi sia uno dei nostri buoni. Il fatto poi che la protagonista di questa storia sia Tesla e non il caro Harlan, non l’ho trovata una cosa deludente o sciocca come molti fan l’hanno descritta, ma anzi tutt’altro, perché credo sia giusto dare spessore e approfondire altri personaggi
della serie, invece che lasciarli sempre e solo come spalla del nostro eroe. Ultimamente anche in altri albi come “Il collezionista” e “La furia di Thorke”, ci sono stati approfondimenti sul carattere della vampira in particolar modo sul pentimento riguardo ad alcune azioni commesse e il rammarico per il suo destino. Le uniche pecche che mi sento di dover esprimere sono una alla troppa casualità di alcuni episodi che accadono nella storia, come ad esempio la foto di Tesla proprio su quel giornale e l’episodio
nel parco, ma alla fine alcune di loro sono piccolezze che non penalizzano la lettura piacevole; l’altra, invece, è per il fatto che sia stata nuovamente illustrata la vicenda accaduta a Zaralevac, una tramite il sogno di Radovan, l’altra tramite il ricordo di Tesla. D’accordo che i punti di vista sono diversi, ma le scene sono praticamente identiche (salvo solo 2 primi piani di Tesla). Quelle tre tavole, da pagina 82 a pagina 84, potevano magari servire per altri particolari all’interno dell’albo. I disegni di Arturo Lozzi che abbiamo apprezzato in albi come “La nave fantasma” e “Il divoratore di anime” sono bellissimi come sempre e dimostrano di essere ormai ad alti livelli. Bellissimo in particolare il modo in cui riesce a dosare e distribuire in maniera perfetta le ombre e i tratteggi e nel rappresentare una Tesla “massiccia” e fragile al tempo stesso accanto ad un Radovan umanissimo. Detto questo ora scusatemi, ma devo proprio scappare! Vado a scrivere un centinaio di storie da mandare alla redazione della Bonelli, che infine accetterà di pubblicare per la disperazione! Federica Belloni
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IL RITORNO DEL “FELIX” ITALIANO www.sbamcomics.it
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i sono personaggi che fanno parte dell’immaginario collettivo, a prescindere dalle passioni, dagli interessi, dai gusti di ognuno. Tra questi, possiamo certamente annoverare il gatto Felix, un personaggio prossimo al secolo di vita (lo compirà nel 2017), passato dal car-
toon muto al lungometraggio, al fumetto e al merchandising. Celeberrimo negli Usa a inizio Novecento, arrivò in Italia come “Mio Mao”, per poi avere un suo grande momento di gloria negli anni Sessanta/Ottanta con storie di produzione italiana, grazie all’intuito dell’editore Renato
Bianconi. Poi, purtroppo, l’oblio. Qualcosa si ruppe nel rapporto tra il gatto nero e i suoi giovani lettori e oggi Felix è noto più come personaggio da maglietta o da astuccio portapenne che come eroe della Nona Arte. Noi di Sbam! abbiamo deciso di provare a ridargli “vita”: grazie alla colla-
borazione con BIC Licensing Group, la società che gestisce il personaggio in Italia, abbiamo realizzato una raccolta delle storie migliori del Felix italiano, quello prodotto da Bianconi e firmato da tanti grandi autori dell’epoca dei “giornaletti”. Così, due grandi maestri come Alberico Motta e Sandro Dossi hanno selezionato per noi alcune delle storie scritte e disegnate proprio da loro all’epoca: storia che potete ritrovare – e delibare – nella nostra versione digitale, disponibile sul sito www.shop.sbamcomics.it. Tutti i particolari di questo “ritorno” sul numero 13 di Sbam! Comics – la rivista digitale gratuita A fumetti e SUI fumetti – che propone anche una storia completa di Felix by Dossi&Motta. INOLTRE SU SBAM! Su questo numero di Sbam! anche la nostra intervista al grande Horacio Altuna, maestro argentino di fama planetaria che abbiamo avuto il grandissimo piacere di incontrare, quella a Werner Maresta (da Don Camillo a Penny Rogers) e quella alle due italianissime mangaka Federica di Meo e Lisa E.Anzen: tutto sulla spettacolare mostra dedicata da Wow Spazio Fumetto a Pinocchio, uno dei personaggi più illu-
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strati e “fumettati” di tutti i tempi; sempre il Wow propone anche, in tandem con la Sbam-redazione, la mostra “Il ritorno di Felix”; inoltre: “i 25 anni di Cronaca di Topolinia” (con intervista a Michela Cacciatore). Nella sezione dei fumetti dal leggere: la seconda puntata di “Un’estate in montagna”, con cui Vince Ricotta ci riporta ad atmosfere del tempo che
fu; le strip di “Opono” – opera della “nostra” Zim – e quelle di Flauer, dell’ottimo Michele Carminati; una sceneggiatura di Mattia Piccinini e un horror fantascientifico di Giuseppe Lever. Senza dimenticare i nostri sempre-presenti Tarlo e Kugio&Gina. Redazione Sbam! Comics
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MARCO CHRISTIAN SALVATI SI PRESENTA http://peanut82rm.wix.com/mchs - Su Facebook: Marco Christian Salvati
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iao a tutti gli amici di JAPANIMANDO! Mi presento, sono Marco Christian Salvati, sono di Roma ed ho 31 anni. Il mio lavoro è un lavoro strano, bizzarro tanto quanto fantastico: lavoro nel Cinema tramite la realizzazione degli Effetti Speciali (artigianali).Vi racconto un po della mia storia: da bambino i miei giochi preferiti erano quelli in cui si poteva costruire qualcosa, amavo realizzare quei giocattoli costosi che osservavo nelle vetrine (e che non potevo avere), per cui già dall’infanzia sposai il concetto che se qualcosa non potevo averla... la
realizzavo. Oltre a costruire le cose avevo anche la passione per il Cinema e, crescendo, ho trovato una mansione che soddisfa entrambe queste due mie passioni, un po come predere due piccioni con una fava.. e sono gli Effetti Speciali. Queste realizzazioni amo farle spaziare anche nel mondo del Prop (che sarebbe una “sottocategoria” degli Effetti Speciali dove si realizzano quelli che sono gli Oggetti di Scena). Dopo anni ed anni di studio per i congegni meccanici ed affini... entrai a far parte della squadra di un noto effettista italiano in cui curavo proprio l’aspetto dei meccanismi (li progettavo e li realizzavo). Questi miei congegni permettevano di far animare dei personaggi realizzati in silicone (quindi ero l’addetto al reparto di Animatronica). Ho avuto poi l’opportunità (in-
sieme a questa squadra) di lavorare con registi d’alti livelli come Dario Argento, Sergio Castellitto, Manetti Bross, Gabriele Albanesi... tuttavia non solo nel Cinema ho avuto occasione di co-
struire le cose ma... anche in Teatro realizzando alcuni progetti per il Mago Silvan e Claudio Insegno (quest’ultimo in merito al suo lavoro per il Musical di Shrek) realizzando anche qui effetti di anima-
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zione meccanica. Stessa cosa per MTV. Pero, cari amici, ho voluto (soprattutto ultimamente) andare ben oltre quella che è la meccanica per avvicinarmi a ciò che concerne la parte esteriore dei personaggi. Da qui nacque il mio avvicinamento alla scultura, stampi, lavorare lattice, silicone e quant’altro... e quando necessario animarli ricorrendo di nuovo ai miei amati meccanismi. Ora lavoro ancora nel campo del Cinema, tra poco parteciperò ad un altro Film molto interessante che uscirà anch’esso nelle sale e chiaramente sempre tramite la realizzazione degli Effetti Speciali. Che altro dire se non il fatto che è una Passione che mi porto dietro fin dall’infanzia! Prima era solo un Sogno nel cassetto, ma oggi (con fatica, impegno e determinazione) questo Sogno è diventato Realtà, nonchè la mia Professione. Qui vedrete foto di ancune mie realizzazioni che ho costruito tra un film e l’altro per gli amanti di determinate pellicole sia italiane che oltre oceano. Un saluto a tutti! Marco Christian Salvati ISCRIZIONI APERTE MASTER IN EDITORIA LIBRARIA “A.VICINANZA” Corsi: REDATTORE WEB - CORRETTORE BOZZE, GRAFICO EDITORIALE DI BASE, REDATTORE EDITORIALE, EDITING, APRIRE UNA CASA EDITRICE. FORMULA ON-LINE A DISTANZA CERTIFICAZIONE EDITORIALE PER TUTTI GLI ISCRITTI Infoline: info@masterineditoria.it - 06.33.61.08.00 (Ore 10-14)
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LE STRIPS DI SAMUELE DE MARCHI
http://theunemployedcomicstrip.com - Su Facebook: The Unemployed Comic Strip
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i chiamo Samuele De Marchi e sono nato a Luino sul lago Maggiore nel 1981. Mi sono laureato in Musica al Dams di Bologna e specializzato in Sound Design e Composizione di Musica Elettroacustica. Successivamente mi sono diplomato in Cinema d’Animazione presso l’Accademia di Arti Digitali NEMO di Firenze. Attualmente mi dedico alla realizzazione di corti animati 2D/3D (Animation Reel), alla sonorizzazione audio (Music Reel e Sonorizzazioni) e alla mia prima comic strip The Unemployed. Tra i personaggi che hanno avuto più influenza sul mio lavoro ci sono Gary Larson, Scott
Adams, Jeff Meddick, Quino, Andrea Pazienza, Robert Crumb, Stephan Pastis, Larry David, Jerry Seinfeld, Bill Hicks, solo per citarne alcuni. Amo i fumetti, fin da piccolo grazie a mio fratello ho potuto leggere Alan Ford, Superman, Batman,
Spiderman, Lucky Luke, Martin Mystere, Dylan Dog, Nathan Never. Ho dedicato poi un lungo periodo della mia vita alla lettura di Graphic Novels (Daniel Clowes, Munoz, Toppi, Zezelj, Mattotti fra i miei preferiti). Negli ultimi anni mi sono poi
concentrato sulle comic strip, un genere che amo e che purtroppo in Italia è poco praticato. Il passo dal fumetto all’animazione è stato breve. Amo autori come Toccafondo, Bill Plympton, Amanda Forbis, Wendy Tilby, Jonathan Hodgson, Joseph Pierce, Simone Massi, Sylvain Chomet, Terry Gilliam. Osservando il loro lavoro sono cresciuto artisticamente, sperimentando tutte le tecniche possibili di animazione (alcuni miei lavori - Animation Reel). In ogni mia animazione è fondamentale l’apporto del sonoro, che compongo personalmente (alcuni miei lavori – Sonorizzazioni). Ma perché è nato il progetto The Unemployed?
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Perché osservando le grandi sitcom animate americane (The Simpson, South Park, The Family Guy, Bob’s Burgers, King of the Hill, Drawn Together) mi sono reso conto che in Italia non esiste un prodotto del genere. Perché non provarci allora? The Unemployed parla di Sam, del suo scarabeo parlante Yōkō e della loro convivenza. Attorno a questi due personaggi gravitano amici, fidanzate, genitori e comparse. Una strip ironica, cinica, surreale, demenziale. L’ambiente è quello dei trentenni di questo particolare momento storico, alla perenne ricerca di lavoro, in bilico tra il bisogno di indipendenza, la voglia di incoscienza e la condanna a restare per
sempre giovani. Le storie prendono spunto dalla vita di tutti i giorni, da un pensiero veloce, da due chiacchiere scambiate con uno sconosciuto, da una battuta, da una frase o da una storia ascoltata per caso. The Unemployed nasce quindi dalla mia ostinazione nel voler creare una sitcom animata italiana. I personaggi sono in parte presi dai miei più̀ cari amici. Entro il 2014 spero di riuscire a realizzare una prima puntata pilota animata. Chiunque fosse interessato può leggere le strips (quasi giornaliere) sul sito ufficiale e dalla pagina Facebook. Buon Divertimento!!! Samuele De Marchi
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ANDREA DOTTA E IL SUO “JOHNNY DYNAMIC” http://andreadotta.deviantart.com - Su Facebook: Johnny Dynamic
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alve a tutti, mi chiamo Andrea Dotta (1989) e sono un fumettista. Come mai ho scelto questo mestiere? Forse perchè sono incosciente, forse perchè sono pazzo... Penso entrambi! Ho iniziato a leggere fumetti quand’ero molto
piccolo con letture prevalente comiche quali Rat-Man, Cattivik e Jacovitti. Si, esatto niente Topolino. Ho sempre amato la comicità un po più pungente e surreale! Dai 15 ai 17, dopo aver tentato già a 13 anni a piazzare una serie come
un povero ingenuo, ho disegnato 2 storie pubblicate rispettivamente su Walhalla e Ragno Magazine (purtroppo estinta). Nel mentre ho finito il liceo artistico ed ho iniziato a frequentare una scuola di animazione, il CSC – Centro Sperimentale di Cinematografia Dipartimento di Animazione - sede Piemonte a Chieri. I 3 anni passati in quella scuola mi hanno formato come artista a tutto tondo, mi hanno stimolato con migliaia di in-
fluenze dal cartoon commerciale, quali Gumball e Adventure Time, ai prodotti più autoriali come quelli di Andrea Hykade. Ora come ora, l’animazione mi sembra il campo dell’arte in cui sia ancora in atto un veloce e promettente sviluppo, ed esserci in mezzo è eccitante. A parte questo, ho deciso di metterla da parte e continuare nel campo del fumetto con Studio Parlapà e Studio Arancia come colorista e disegnatore tornando saltuariamente a animazioni per pubblicità e video musicali. Ho lavorato come colorista per l’italia su “Coldgraze” di Otto Gabos e Saverio Tenuta e su “Gli ammazatori del Tempo” dei Dentiblù assieme a Mirka Andolfo, mentre per l’america come colorista su “Fanboys vs Zombies” dei BOOM! Studios. Sul sito di Afnexs potete trovare anche un albo gratuito “La Città Nascosta” dove mi occupo dell’intera parte grafica della serie di punta “Mischiati al Cottolengo”. Ma ora veniamo a noi! Il mio ultimo progetto online sulla sua pagina Facebook: JOHNNY DYNAMIC!
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visa in stagioni annuali di 4 episodi, che in futuro verranno raccolte in albi annuali. Almeno questa è la mia idea, poi chissà cosa succederà hehe. Di seguito potete avere un assaggio della storia, Buona lettura!
Dopo un anno a scrivere e riscrivere il soggetto e tutto il possibile sviluppo della storia sono riuscito
a trovare il coraggio di pubblicare e di cimentarmi in quest’impresa. Si tratta di una serie di-
STORIA Ci troviamo nello spazio profondo dove la vita è presente su molti pianeti. La criminalità è controllata a livello locale dai corpi di polizia, ma dove loro falliscono arrivano i cacciatori di taglie, un ente globale fuori da ogni giurisdizione. Tra di loro c’è il nostro protagonista, Johnny Dynamic, scorbutico e brutale scherzo della natura che pensa solo ai soldi e al suo tornaconto personale. E’ bravo anche se non ancora il migliore. Ha iniziato l’attività quando a causa di un dito radiattivo è stato trasformato in un pollice gi-
gante, dotato di un enorme forza fisica. a causa di questo è stato allontanato dai suoi consanguinei e afflitto dalla solitudine ha scelto la strada dei cacciatori. Durante le sue avventure incontra korova, mucca del pianeta Terra spedita nello spazio dei russi per una giornata commemorativa sul comunismo. E’ convinta di dover portare le sue testimonianze sulla Terra anche se non è detto che qualcuno la stia apettando. Grazie al suo addestramento è in grado di usare qualsiasi veicolo o macchinario così diventa la spalla destra di Dynamic. Ora cosa aspettate? Fatevi un giro nello spazio pazzo di JOHNNY DYNAMIC!" Andrea Dotta
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LE MOLTE VITE DI MISTER MORAN Gruppo su Facebook: I FUMETTI SONO UNA COSA SERIA!
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l parto è programmato per il 27 marzo 2014 e mai gestazione è stata più lunga e laboriosa. A oltre 20 anni dalla sua ultima apparizione tornerà anche sul mercato fumettistico italiano uno dei personaggi più controversi e affascinanti che abbiano mai frequentato le pagine di un albo: Miracleman\Marvelman. Una storia appassionante la sua, fin da quel doppio nome, fatta di intrighi e di controversie legali, di fulgida popolarità e di lunghissimi oblii. Raccontarla, anche per sommi capi, non è un’impresa agevole, eppure ci proviamo. In un certo senso tutto nasce con Superman. Il personaggio di Siegel & Shuster aveva improvvisamente spalancato una porta da cui tutte le altre case editrici americane volevano passare. Nel 1939 la Fawcett Comics lanciò Whiz, una rivista che presentava tra gli altri Captain Marvel, un personaggio scritto da Bill Parker e disegnato da Clarence Beck che si inseriva perfettamente nel neonato filone supereroico. La storia descriveva le vicende del giovane Billy Batson, orfano e senza fissa dimora, e del suo incontro apparentemente casuale col vecchio mago Shazam. Billy, pronunciando il nome del suo mentore era in grado di trasformarsi in un su-
pereroe dallo sgargiante costume arancio e oro che possedeva tutta una gamma di strabilianti poteri che lo rendevano, di fatto, “il mortale più possente del mondo”. Il successo fu enorme, i fumetti venduti superavano abbondantemente il milione di copie e al fianco del personaggio principale vedevano la luce una miriade di comprimari che andarono a formare quella che fu definita la Marvel Family (Mary Marvel, Captain Marvel Jr. Uncle Marvel). Il successo era così dilagante che l’espressione Shazam entrò nel linguaggio comune andando ad esprimere uno stato di stupore e sorpresa. Tuttavia nel 1954, la Fawcett, incapace di sostenere la bega giudiziaria con la National che l’accusava di aver plagiato Superman, interruppe la pubblicazione. A questo punto, quando tutto lasciava pensare ad una sparizione definitiva entrò in gioco un fattore nuovo. Oltre che negli USA, infatti, Captain Marvel aveva avuto una buona diffusione anche sul suolo britannico grazie all’editore Leonard Miller. Quando la Fawcett smise di editare il personaggio, Miller decise di fare un tentativo autonomo. L’idea era quella di creare un eroe che avesse una continuità con Captain Marvel e per
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metterla in pratica si affidò alle solide mani di, Michael “Mick” Anglo (Maurice Anglowitz, Gran Bretagna - 1916 – 31 October 2011). Nacque così Marvelman che era un riconoscibilissimo clone di Captain Marvel in cui le modifiche erano solo di facciata: Billy Batson di-
ventava Micky Moran, la parola magica non era più Shazam ma “Kimota” (con l’ingenuità tipica dell’epoca non era altro che Atomic al contrario). Non poteva, ovviamente, mancare una Marvelman Family costituita da Young Marvelman (Dicky Dauntless) e Kid Marvelman (Johnny Bates). La trama era abbastanza semplice. In un laboratorio segreto il brillante astrofisico Gurtag Barghelt scopre la parola chiave dell’universo “Kimota” capace di conferire a chi la pronuncia tutti i poteri naturali esistenti. Aggredito da alcuni delinquenti, lo scienziato viene salvato da
Micky Moran, un giovane fattorino del Daily Bugle. Barghelt, riconoscendone il coraggio e l’onestà decide di confidargli la sua scoperta e Moran con l’ausilio dei suoi straordinari poteri debella il mandante dell’aggressione, il malvagio Herman Schwein. Da allora ogni volta che il ragazzo nominerà la fatidica parola verrà avvolto in una nuvoletta simile ad un piccolo fungo atomico (A sottolineare l’origine scientifica e non più magica dei suoi poteri) e si trasformerà nell’adulto Marvelman, “l’uomo più potente dell’universo, campione della giustizia e nemico di ogni male! Le pubblicazioni durarono circa 10 anni prima che la casa editrice di Leonard Miller fallisse. Col numero 370 del febbraio 1963 anche la seconda vita del personaggio sembrava finita per sempre. Non fu così, un singolare destino attendeva Marvelman. Eravamo agli inizi degli anni ‘80 e nel Regno Unito era in corso un vero è proprio “Rinascimento” della Nona Arte. La “Society of Strip Illustrators ” propose una serie di interviste ai vari autori inglesi. Ad una delle domande un giovane scrittore, un certo Alan Moore rispose dicendo che gli sarebbe piaciuto ripescare un personaggio del passato per riproporlo in un contesto contemporaneo. L’autore, nato a Northampton nel centro dell’Inghilterra nel
1953, non poteva vantare prestigiose frequentazioni accademiche ma possedeva un talento smisurato e un fiuto infallibile e si era costruita una solida credibilità collaborando a molte riviste tra le quali la prestigiosa 2000 AD della Fleetway Per una fortunata coincidenza, l’editore, Derek Skinn (Gran Bretagna1951), che sarebbe stato successivamente definito lo “Stan Lee” britannico, aveva acquisito i diritti del vecchio Marvelman per rilanciarlo su una rivista di fumetti (destinata a diventare la celebre Warrior) prodotta dalla sua Quality Communications. Quando arrivò alle sue orecchie il messaggio di Alan Moore lo contattò e gli affidò la realizzazione del rilancio. Per la parte grafica Moore scelse due giovani ma bravissimi artisti, Garry Leach (Gran Bretagna - 1954) che aveva già disegnato Dan Dare e Future Shocks per 2000 AD e Alan Davis (Gran Bretagna - 1956), artista che si era fatto conoscere per il suo Captain Britain e che era reduce da una collaborazione con Alan per D.R. and Quinch In uno spartano albo in bianco e nero che conteneva sei storie con personaggi differenti vedeva la luce una versione drammatica e crepuscolare che stravolgeva l’originale immagine di semplicità e ingenuità di Marvelman. Si era al cospetto di una autentica rivoluzione grazie al
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primo fulgido esempio di revisionismo-decostruzionista di un supereroe classico che avrebbe fatto la fortuna di Moore e avrebbe fornito a noi lettori infiniti argomenti di ricerca e di discussione. Da lungo tempo le notti di Michael Moran sono popolate da incubi ricorrenti, fatti di paesaggi spettrali, vertigini e voli che si concludono con rovinose cadute al suolo, dai quali si sveglia in preda al panico. Tutto sembra legato in modo indefinito ad una misteriosa parola dal suono alieno ma, per quanto si sforzi Moran non riesce a ricordarla. Nella vita reale, l’uomo è un giorna-
lista free-lance. Un giorno, una banda di criminali assalta una centrale nucleare per rubarne le scorte di plutonio da rivendere alle organizzazioni terroristiche e Moran ed alcuni colleghi vengono sequestrati e tenuti in ostaggio. Michael, in preda ad un malore, viene trascinato fuori dalla centrale da uno dei malviventi. Su una porta a vetro vede la stessa parola che lo tormentava durante il sonno, “Kimota” e quando la pronuncia si trasforma in Miracleman sgominando con assoluta facilità il gruppo di criminali. Quando torna a casa, ancora nelle vesti del supe-
reroe, per tranquillizzare la moglie Liz le racconta la sua storia, dal suo rapporto con l’astrofisico Guntag Barghelt, al suo coinvolgimento nel progetto Kimota, fino ad arrivare all’ incontro con i due nuovi compagni Young Miracleman e Kid Miracleman coi quali aveva affrontato e sconfitto il loro nemico più pericoloso, il dottor Gargunza. A questo punto, sarebbe forte la tentazione di anticipare la trama ma l’ormai imminente pubblicazione mi spinge a fare delle considerazioni più generali. Come appare evidente fin dalla prima lettura, Alan Moore fa qualcosa di molto diverso dallo scrivere una storia di eroi. Con una manciata
di numeri, demolisce il mito del super uomo senza macchia e senza peccato e distrugge la sua candida innocenza. Il mondo di Mick Moran non è più il mondo giocoso dei super uomini in cui nessuno si fa veramente male ma è fatto di omicidi, esperimenti genetici disumani e di una profonda ed irreversibile perversione che raggiunge e contamina ogni aspetto della vita. Marvelman è dotato di grandissimi poteri ma non riesce più ad utilizzarli per fare del bene perché ormai si è posto fuori dall’umanità, vive ad una distanza abissale dalla realtà comune in una sorta di torre d’avorio in cui tutto è armonioso ma non più
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concreto. E alla fine la sua stessa immagine viene logorata e demolità perché assolutamente fine a sé stessa. L’impatto di Marvelman sulla storia del fumetto è epocale. Dopo di lui ogni altro personaggio che verrà dovrà ridefinire le proprie grandezze e i propri limiti. La potenza del progetto non sfugge alla Eclipse Comics, un piccola ma avveduta casa editrice indipendente che rileva i diritti del personaggio per proporlo al pubblico statunitense A questo punto, però, iniziano le dispute legali che saranno un connotato tipico di tutta la vicenda editoriale di Marvelman negli USA. La Marvel Comics minaccia di scatenare tuoni e fulmini nel
caso venga pubblicata una serie a fumetti con un personaggio contenente nel nome l’aggettivo Marvel. Per non ingaggiare una dispendiosa contesa dall’esito incerto, la Eclipse decide di cambiare il nome del personaggio in Miracleman. La serie dura dal il n. 1 (agosto 1985) al n. 24 (agosto 1993). Fino al N° 6 (febbraio 1986) vengono ristampate, (colorate appositamente per il mercato dei comic book) le storie già pubblicate sulla rivista originale Warrior. Visto il buon riscontro, si decise di produrre una “run”di storie inedite realizzate appositamente per i lettori americani. L’estrema mutabilità d’umore del pubblico pagante non garantisce un
successo duraturo e la ridotta disponibilità economica della Eclipse Comics non consente di supportare il progetto editoriale in un mercato in cui gli spazi per le case editrici indipendenti si vanno sempre più comprimendo. La Eclipse fallisce e Miracleman chiude bruscamente con il n. 24 nel 1993 lasciando in sospeso un arco narrativo dello scrittore Neil Gaiman. Il n. 25 della serie già completato e pronto per la pubblicazione rimane inedito. Qualche anno dopo, nel 1998, uno dei fondatori della Image Comics, l’autore e disegnatore canadese Todd McFarlane compra all’asta le licenze dei personaggi della defunta Eclipse e medita di inserire Miracleman nell’universo creativo delle serie riguardanti Spawn, il personaggio più celebre da lui creato. Quando affida allo scrittore Steve Niles la realizzazione delle prime storie Mc Farlane si accorge di essere finito in un ginepraio. La situazione dei diritti di pubblicazione è dannatamente nebulosa: si accerta che non erano di proprietà della Eclipse Comics ma neppure dell’editore britannico Quality Communications (che aveva gestito il personaggio ritenendolo di pubblico dominio), si risale a Mick Anglo (creatore del personaggio “classico”) ma questi non ha mai registrato ufficialmente il copyright sulla sua
creazione. Alla fine si stabilisce che i diritti spettano agli autori che hanno lavorato tra gli anni ottanta e novanta. (Derek Skinn, Alan Moore, Garry Leach, Alan Davis in primis e poi tutti quelli successivi) A complicare ulteriormente il quadro Neil Gaiman, subentrato col numero 17 della testata si accaparra praticamente tutti i diritti e persino il redivivo Mick Anglo, riesce a farsi riconoscere la proprietà sulle storie di Marvelman pubblicate originariamente tra il 1954 e il 1963. Inizialmente la proprietà di Gaiman sul personaggio viene contestata dai legali di McFarlane e, probabilmente, Todd avrebbe vita facile se non entrasse nella partita un nuovo giocatore. Joe Quesada, direttore generale in carica della Marvel, decide di sostenere la posizione di Gaiman. Per aiutarlo ad affrontare le spese gli commissiona numerosi progetti (la miniserie 1602, per esempio) attraverso i quali ricavare il denaro necessario. La pressione legale e finanziaria su McFarlane diventa pesantissima e Todd desiste dall’utilizzare il personaggio. Ovviamente, Joe Quesada non ha agito in questo modo per spirito umanitario. Siamo ormai alla fine del 2004 e finalmente la Marvel Comics comincia a trattare i diritti sulle storie del personaggio realizzate da Mick Anglo cinquanta anni prima, le trattative
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vanno avanti fino al clamoroso annuncio del 2009 in cui Quesada comunica l’avvenuto acquisto. Come ulteriore passo verso la pubblicazione e per prevenire ogni ulteriore contenzioso il personaggio torna ad essere chiamato Marvelman, appellativo che, palesemente, non dispiace affatto alla Casa delle Idee”. E’ passata un’eternità dall’improvvisa chiusura della testata della Eclipse e quel numero 25 inedito è ingiallito nei cassetti ma ora, tutto è pronto. Come sempre, non esistono certezze, bisognerà vedere se il personaggio ha ancora una sua platea potenziale e se le storie hanno retto all’usura del
tempo. Partire con un progetto basato su ristampe d’annata può essere un rischio ma è un rischio calcolato in quanto il clamore mediatico che tutta la vicenda ha scatenato ha avuto un’ampia cassa di risonanza. Certo, non gioverà, il fatto che Alan Moore, si sia tirato fuori dall’impresa e che il suo nome non comparirà esplicitamente nei credits, celato da un generico The Original Writer. Tuttavia i piani per materiali inediti, (previsti per il 2016) fanno ben sperare e i nomi degli autori coinvolti (Neil Gaiman e Mark Buckingham) rappresentano una sorta di garanzia di qualità E se tutto andrà nel verso giu-
sto, l’eroe dalle mille identità tornerà a volare e la magica parola riecheggerà nei cieli. Saranno tempi meno
ingenui ma c’è sempre spazio per le “Meraviglie”! Pietro Zerella
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“VENTI PAROLE DA UN ALTRO MONDO” http://imagorecensio.blogspot.it
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iporto subito ciò che scrive Bruno Picozzi nella premessa riguarda al suo libro: “...i capitoli seguenti non vogliono essere un trattato esaustivo sulla mentalità e sulla cultura dei giapponesi – non basterebbe un’enciclopedia – ma solo una collezione documentata di immagini, opinioni e punti di vista, messi insieme con perizia giornalistica, senza alcuna pretesa di assoluto. Il mio non è un ragionamento perfetto ma un racconto veritiero, una rappresentazione pertinente della realtà che troverà d’accordo alcuni, in disaccordo altri.” Il libro non è brutto, fa parte di quella categoria di saggistica più o meno sociologica che offre una panoramica allargata di ciò che maggiormente noi consideriamo caratteristico del Giappone e dei giapponesi. Ci sono, però, dei punti (a mio avviso) che non sono molto “una collezione documentata di immagini, opinioni e punti di vista, messi insieme con perizia giornalistica”, paiono un po’ buttati lì a caso, senza troppa perizia o documentazione giornalistica. Il fastidio più grosso che mi ha trasmesso la lettura del libro (a parte qualche errore grossolano che si poteva evitare) è quando durante l’esposizione di un argo-
Secondo me il libro va letto come spunto per poi approfondire gli argomenti che più ci interessano.
VENTI PAROLE DA UN ALTRO MONDO di Bruno Picozzi, casa ed. Aracne Editrice, pagine 217, costo € 15, anno 2013, formato 21 cm X 14 cm, ISBN 9788854859760.
mento per me interessante si salta ad altri argomenti, che hanno scarso nesso col titolo del capitolo, o con ciò che si era appena letto. Sui forum on line si chiamerebbe Off Topic, ecco, Bruno Picozzi su un forum rischierebbe sovente il ban. E’ vero che il taglio del libro è giornalistico, 20 scorrevoli articoli giornalistici, ed è anche un pregio, ed è anche vero che qualche cavolata la scri-
viamo tutti (io per primo), ma in alcuni casi ho avuto l’impressione che siano riportate opinioni altrui senza conoscere bene gli argomenti. Sconsiglio il libro ai megafan(atici) del Giappone, coloro che considerano il paese del Sol Levante il luogo più bello del pianeta, e i giapponesi il popolo eletto, perché giustamente l’autore ne illustra anche i lati negativi, e le storture della sua società.
Capitolo 1 Arigato o dell’amabilità Un esempio di come è strutturato il libro lo si ha fin dal primo capitolo, che partirebbe dall’usanza giapponese di ringraziare sempre sentitamente il prossimo, ma poi si passa alla Rivoluzione Meiji, al bullismo lavorativo e scolastico, fino alla questione delle “Confort Woman” e dei zainichi coreani. A pagina 23 è riportata una statistica che può essere utile a quelle persone che sognano di trasferirsi a studiare e poi a lavorare in Giappone: nel 2008 solo 11 mila dei 130 mila studenti stranieri usciti dalle varie scuole giapponesi avevano trovato lavoro in Giappone. In pratica il Giappone non incentiva in nessun modo la stabilizzazione professionale di queste persone, cercando, invece, di sbarazzarsene. Il capitolo, a mio avviso, piuttosto che sul “arigato” è incentrato sull’accoglienza verso gli stranieri. Capitolo 2 Banzai o della fede Uno sguardo, anche sul versante storico (compreso il periodo militari-
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sta), della religione shintoista.Viene toccata la questione delle responsabilità storico/penali del tenno Hirohito. In generale il capitolo si sofferma sul ruolo dell’imperatore nel Giappone moderno, e di come e quanto (pare assai poco) la popolazione percepisca questo ruolo. Si accenna anche al partito religioso “Kofuku Jitsugen-to”, che nel suo programma politico promette la felicità(...). Capitolo 3 Kamikaze o della ponderazione Il capitolo pare che parta con la storia dei Kamikaze durante la seconda guerra mondiale, com-
presa la sanguinosa battaglia di Okinawa, ma poi vira sulla convivenza tra gli abitanti di Okinawa e soldati statunitensi delle numerose basi presenti sull’isola (noi italiani ne sappiamo qualcosa, tipo il Cermis...). Capitolo 4 Samurai o dell’effimero Il capitolo inizia spiegandoci che i ninja non erano quelli dell’iconografia attuale in film e fumetti, ma incaricati di raccogliere informazioni, semplici spie. Si passa quindi ai samurai e al bushido. Capitolo 5 Sudoku o della naturalezza Il capitolo prende spunto
dal sudoku (di cui viene raccontata origine i significato del nome) per raccontare del rapporto tra i giapponesi e la natura, e successivo passaggio quasi obbligato a bonsai, ikebana, giardino zen, origami e i ciliegi in fiore (hanami). Il capitolo è un po’ metafisico, per questo non l’ho capito tanto, a parte la spiegazione del sudoku! Capitolo 6 Shinkansen o dell’orgoglio Quando nel 1964 in Italia un Intercity era un sogno futuristico, in Giappone inauguravano il primo percorso dello Shinkansen, e noi siamo rimasti fino a poco tempo fa agli Intercity... Il capitolo esalta, giustamente, le tratte ferroviarie giapponesi ad alta velocità, senza dimenticare di informare il lettore che il biglietto costa caro: circa 120 euro per una tratta tipo Roma-Bologna. L’autore illustra anche la guerra commerciale dell’alta velocità tra il Giappone (una volta unico protagonista del mercato asiatico) e la Cina. Capitolo 7 Salaryman o della felicità Il salaryman è il soggetto del capitolo, ed è anche statisticamente il soggetto che più spesso decide di suicidarsi. Tra gli adulti dai 20 ai 40 anni il suicidio è la prima causa di morte. Il salaryman è la figura professionale che ha creato il successo industriale ed economico,
ma è anche l’anello più debole, chi non riesce a piegarsi sotto al peso del lavoro (o della sua assenza) si spezza suicidandosi, o muore vittima del karoshi. Negli ultimi 20 anni in Giappone si sono suicidate abbondantemente più di 500 mila persone, di tutte le fasce di età e ceti sociali, ma per i governi sono solo scelte personali. Il ritmo di vita indiavolato e massacrante dei salaryman non inizia col lavoro, ma con l’inizio della scuola, per questo il suicidio in età scolastica non è più una notizia. Capitolo 8 Hikikomori o della sconfitta Oltre a spiegare la problematica hikikomori l’autore riporta la storia della giovane Arika. Il capitolo è fatto bene, per esempio si spiega la “sindrome del compagno di merenda” o “benjomeshi” (“riso al cesso”). In pratica all’ora di pranzo una parte degli studenti, piuttosto che affrontare lo stress di mangiare con degli sconosciuti, si rifugiano in bagno per consumare la “schiscetta”. Stranamente l’autore non cita mai il bullismo (ijime) come causa scatenante della scelta di fare hikikomori, nonostante citi l’anime “Welcome NHK”, probabilmente lo nomina senza averlo visto. Capitolo 9 Manga o della passione Il capitolo dal titolo
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“Manga” contiene anche il tema “anime”, e questo, assieme a ciò che ho letto riguardo alla serie “Welcome NHK” nel capitolo precedente, mi fa ipotizzare che l’autore non sia un appassionato di animazione. Non che denigri i manga o gli anime, e neppure i i fan, ma si possono leggere alcune imprecisioni, oltre a poco trasporto nello scritto. Per esempio l’autore scrive che in Giappone si vedono cosplayers (ma usa il termine “cosplay” per indi-
care chi lo fa) che vanno al supermercato in costume. Per quello che ho letto io i cosplayers giapponesi (come quelli di tutto il mondo) si recano “vestiti da” solo alle manifestazioni a tema, o a qualche raduno specifico in spazi pubblici. Riguardo alle dojinshi afferma che in Giappone il giro di affari di questo genere di manga sia di 3 miliardi di euro!!! Forse un refuso? Dispiace che, piuttosto che approfondire i tanti manga ed anime di valore artistico, l’autore passi
subito ai temi più scabrosi, come manga ed anime a sfondo sessuale. Non che il genere non esista, ma c’è anche altro. Capitolo 10 Geisha o della signorilità Non poteva mancare l’argomento “geisha”, che personalmente non mi ha mai affascinato. Picozzi spiega gli erronei luoghi comuni occidentali sul considerarle delle prostitute. Mi chiedo sempre, quando leggo queste argomentazioni, a parte una minoranza di geisha che avevano raggiunto la notorietà (e che potevano opporsi a richieste sessuali), se le altre decine di migliaia potessero permettersi un no. In altri libri ho letto che il primo rapporto sessuale di una geisha aveva un alto valore economico, e che decideva con chi si sarebbe svolto la sua “okasan” (la padrona della casa), questo non è sfruttamento? Capitolo 11 Kogal o della trasgressione Il capitolo si intitola “kogal”, che sarebbe la ragazza giapponese, qual è il tema? La scuola? L’adolescenza in Giappone? No, la prostituzione in generale e quella minorile in particolare, incarnata dal classico “enjo kousai”. Argomento reale e lecito, ma allora perché non intitolare il capitolo “enjo kousai”? Il capitolo offre una ampia panoramica su tutte le attività teorica-
mente vietate alle adolescenti nipponiche. Capitolo 12 Sushi o della sostenibilità Oltre ai classici sushi e sashimi ci viene illustrata la pratica culinaria del “odorigui”, cioè mangiare cibi ittici ancora vivi, spesso parzialmente cotti. Per il resto il capitolo elenca i cibi classici della cucina giapponese, anche con accenni storici. E’ spiegato il termine “mottainai”, che indica il rifiuto allo spreco, anche riguardo i cibi, ergo si mangia tutto quello che c’è nel piatto. Non bisogna, però, confondere “mottainai” con sostenibilità, anche sul versante alimentare, in quanto il Giappone è bel lungi dall’essere una nazione eco-sostenibile. E qui entra in scena lo sfruttamento intensivo degli oceani, e il massacro a scopo alimentare (non scientifico) dei cetacei. Capitolo 13 Shiatsu o dell’immaginario Il tema del capitolo è la passione nipponica per i massaggi delle poltrone “massage chair”, dei massaggi casalinghi, fino al professionale “shiatsu”, inventato nel 1940 a Tokyo da Namikoshi Tokujiro. Si passa quindi al massaggio “ashi tsubo”, al massaggio di origine cinese “anma” Capitolo 14 Tsunami o del destino Il capitolo evidenzia le buone regole di costru-
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zione antisismica e le numerose esercitazioni (cose che in Italia ci sogniamo), ripercorrendo vari disastri avvenuti in Giappone. Poi passa ai disastri ambientali avvenuti nella storia dell’umanità, un po’ troppo off topic... A voler fare il pignolo (non sia mai!), secondo me, l’autore sbaglia ad associare Godzilla a simbolo giapponese dei terremoti, il lucertolone radioattivo nacque, appunto, in risposta agli incubi atomici di Hiroshima e Nagasaki, non ai timori dei terremoti. Probabilmente l’autore, oltre a non essere un appassionato di manga ed anime, non lo è neppure del filone kaiju dei film giapponesi. Capitolo 15 Hibakusha o del rinnovamento Questo capitolo, che di per sé non è brutto, è un altro esempio di come procede il libro: troppo fuori tema. Schematicamente: Titolo “hibakusha” –> calo natalità = aumento anziani –> anche gli hibakusha sono ormai tutti anziani –> situazione delle centrali nucleari dopo Fukushima + proteste della popolazione (stop centrali nucleari e
poi ripartenza voltagabbanesca governativo/lobbistica) –> conclusione con i nuovi hibakusha post Fukushima. Capitolo 16 Judo o della tradizione Si parla di arti marziali nel presente e nel passato, non solo judo, ma anche del bushido (o cultura del budo), del sumo etc etc. Capitolo 17 Karaoke o dell’incomunicabilità L’autore coglie l’occasione del karaoke (tema comunque trattato) per raccontare il caos di suoni che esiste nella vita quotidiana giapponese, un continuo inquinamento acustico, ovviamente non poteva mancare il simbolo del caos: il pachinko. Si passa quindi alla scarsità di contenuti culturali nei programmi televisivi Capitolo 18 Tamagotchi o della solitudine Il capitolo racconta i problemi dei giapponesi ad instaurare rapporti personali, dalla semplice conoscenza con estranei, all’amicizia, fino ai rapporti amorosi. Un emblema di ciò sono le numerose chat per incontri virtuali (ma forse
in questo i giapponesi hanno solo anticipato i tempi) e i videogiochi di appuntamenti galanti (genere sconosciuto nel panorama videoludico occidentale). La solitudine porta taluni all’autolesionismo, a varie dipendenze (gioco, alcol, droghe, web), e li spinge verso le sette religiose. A questo punto l’autore commette, a mio avviso, un errore abbastanza grosso nell’annoverare l’ormai vetusto Tamagotchi ad una risposta alla solitudine, in sostituzione di un animale domestico. Secondo me il Tamagotchi fu solo un videogioco, bello o brutto che fosse (per me brutto), è sbagliato caricarlo di altre valenze. Ipotizzo che Picozzi non sia neppure un appassionato di videogiochi. Il capitolo si conclude con il fenomeno del “kodoko-shi”, quando una persona muore e ci si accorge del decesso solo alcuni giorni o settimane dopo (situazione che sta iniziando a capitare anche agli anziani italiani). Capitolo 19 Yakuza o del buongoverno Il capitolo tratta essenzialmente di politica giapponese.Viene illustrata l’instabilità politica dei
premier e delle maggioranze parlamentari, in contrasto con il potere della burocrazia e delle lobby industriali, con sullo sfondo la corruzione e la yakuza. In materia di corruzione e malavita organizzata si raccontano i rapporti tra la yakuza e la lobby nucleare (tra cui la stessa famigerata Tepco), con i lavori sulla sicurezza all’interno delle centrali nucleari appaltati alla criminalità organizzata. Capitolo 20 Harakiri o del futuro Si spiegano le modalità e la filosofia del suicidio rituale. Mi permetto di far notare un errore che si poteva evitare con poco (pagina 210): nel capitolo si legge che l’imperatore Meiji era il nonno dell’attuale imperatore Akihito. Il nonno di Akihito era l’imperatore Taisho, l’imperatore Meiji era il nonno di Hirohito. Di colpo si passa dal seppuku alla perdurante crisi economica, all’estinzione della gru giapponese, alla scomparsa della neve dalle cime del monte Fuji. Forse a voler rappresentare il seppuku di una nazione? Stefano “Stengo”
Dal 2009, ogni mese gratuitamente, in Via Mar dei Sargassi n. 68, presso il Parco del Canale dello Stagno di Ostia Lido (Roma)
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“ROMEO X JULIET” di Andrea De Rosa
E’
una serie animata di 24 episodi, basata sulla tragedia di William Shakespeare: “Romeo e Giulietta”. In essa vi sono numerose citazioni dell’opera originale, con un cameo dello stesso autore e altre citazioni di altre opere di Shakespeare. In Giappone la serie è stata trasmessa dal 4 aprile 2007 al 26 settembre 2007 sul canale Chubu-Nippon Broadcasting, e successivamente su Tokyo Broadcasting System, Kyoto Broadcasting System e SUN-TV. La prima
edizione del manga è uscita il 24 marzo 2007. Autore del manga è la COM ( rivista giapponese di manga creata da Osamu Tezuka). In una Neo Verona soppressa da un Lord Tiranno: Leonte Bando Montecchi (padre del protagonista della
storia: Romeo), un giovane paladino, lotta costantemente contro le guardie del duca, per difendere il popolo dai loro soprusi. Ma scopriremo ben presto che questo condottiero, che si fa chiamare il Turbine Rosso (per via del suo travesti-
mento del medesimo colore), in realtà è una ragazza, la nostra protagonista Giulietta. Il motivo di questo travestimento, riguarda il suo triste passato. Essa era la figlia del precedente Duca Capuleti, ucciso 14 anni fa, insieme alla sua famiglia, dal padre di Romeo, per avere il potere e il dominio su Neo Verona. La ragazza fu portata in salvo dai soldati fedeli di Capuleti, ma da allora dovette vivere mascherandosi da ragazzo. L’incontro tra i due protagonisti, avverrà al Ballo
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della Rosa, dove si innamoreranno a prima vista. All’età di sedici anni Giulietta tornerà allo scoperto, non dovendo più celare la propria identità di ragazza, per guidare il popolo contro la tirannia del Gran Duca. L’amore profondo per Giulietta cambierà molto Romeo, tanto da spingersi a ribellarsi al padre, che già da tempo non approvava le sue ingiustizie verso il popolo. Quest’atto farà infuriare il Gran Duca che, per punirlo, lo manderà a lavorare nelle miniere di Gradisca. Romeo riuscirà a infondere una speranza perduta nei lavoratori della miniera, guidandoli a costruire una nuova città e combattere fino alla morte per la sua amata. Un altro curioso personaggio dell’opera è William Farnese (una specie di parodia di William Shakespeare), un bizzarro autore di opere teatrali alla continua ricerca dell’ispirazione.Viene soprannominato "Willy" dai suoi attori, da Giulietta e i seguaci dei Capuleti, che nasconde nella sua casa, convinto che saranno fonte di ispirazione per una grandiosa opera teatrale. I nomi di tutti i personaggi vengono da svariate opere del Bardo: Ofelia dall’“Amleto”; Petruccio da “La bisbetica domata”; Curio da “La
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dodicesima notte”; Antonio, Lancillotto e Porzia da “Il mercante di Venezia”; Corrado da “Molto rumore per nulla”; Emilia dall’“Otello”; Camillo, Ermione e Leonte da “Il racconto d’inverno”; Cordelia e Regan da “Re Lear”; Ariel e Francesco da “La tempesta”; Tito da “Tito Andronico”.
L’anime in prima visione per l’Italia, con il sottotitolo “Romeo e Giulietta” al di sotto del titolo originale, è andato in onda dal 6 aprile 2009 su RaiSat Smash Girls fino alla chiusura del canale. Rai Gulp, Rai 4 e Man-ga hanno trasmesso le repliche di tutte le puntate nel 2010. In questa storia la discordia, l’odio, e il dolore sono combattuti da un unico e forte sentimento, ovvero l’amore che nell’opera prevale più di ogni altra cosa. Andrea De Rosa
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E’ TEMPO DI “NEWBORN” Su Facebook: Newborn
“Ti sei mai chiesto perchè chiamano new york la città delle torri? Semplice, perchè solo qui l’uomo è un passo più vicino al cielo.”
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aluti a tutti, amici lettori di JAPANIMANDO... Il mio nome è Narratore e oggi ho deciso di spostarmi dalla mia consueta dimora nel web per parlarvi del progetto che mi ha dato alla luce: Il tentativo affettuoso di un gruppo di amici di raccontare una storia a loro molto cara... la storia di NEWBORN. Nell’ormai lontano 2010, infatti, questo gruppo di amici che vedete in foto perdeva le sue giornate fra una partita a calcetto e una sessione di Dungeons and Dragons. Ma uno fra di loro non era soddisfatto, le solite serate ormai non gli bastavano, sentiva dentro di se il bisogno di spiazzare i propri amici, il bisogno di inventare una vicenda nuova per le serate spese intorno a un tavolo, un gioco più maturo, più coinvolgente di tutte le trame che aveva creato in precedenza. E così fece, creò una storia... ed i suoi amici cominciarono a viverla...
Ogni giorno egli pescava dai ricordi e dalle sue passate esperienze un pezzo nuovo, lo preparava, lo adattava e poi lo aggiungeva alla trama complessiva. I suoi amici, dal canto loro, non si accontentavano di divertirsi con ciò che il ragazzo gli proponeva ma, anzi, lo smussavano con il proprio stile, imprimendogli la propria sfumatura. Dopo un anno e mezzo di serate passate intorno a questa storia essa finalmente giunse al termine, ma quando tutto fu finito il gruppo si accorse che era cresciuta così tanto e che era diventata per loro così cara, che pareva uno scempio lasciarla li dove stava... fu così che nei loro discorsi si insinuò di nascosto un pensiero, di quelli che si fanno al bar quando hai vent’anni
e troppo tempo libero: “...facciamo un fumetto!” E così fecero, crearono un fumetto... e la gente incominciò a viverlo... Che storia da telenovela, direte voi... è davvero solo questo quello che rende la vostra storia così speciale? Il fatto che l’avete scritta intorno a un tavolo all’ombra di un bicchiere mezzo pieno? No, avete ragione... la vicenda di NEWBORN non parla di amicizia, e di sicuro non parla di calore... essa non è fatta di partite a calcetto e rumorose serate al pub sotto casa... essa parla di asfalto, grattacieli e tanta, tanta disperazione. 2011, New york... Dieci anni nel nuovo secolo e ancora l’uomo agonizza nelle sue città di vetro e cemento, come una bestia
ormai stanca, in attesa del primo predatore che decida di portarsela via. Eppure, qualcosa si muove sotto i nostri piedi... sotto le strade, sotto l’asfalto, nel cuore della metropoli... qualcosa freme e grida. Cinque uomini si troveranno in questo labirinto di torri, perso fra gli spettri di una vita che ha abbandonato e l’incognita di una vita che è appena cominciata: ognuno è giunto qui per un motivo differente, ognuno ha una croce da portare e una missione nel cuore... ma nessuno di loro immagina ciò che li aspetta... Cinque uomini, accomunati da un unico destino, affronteranno le domande più terribili della nostra esistenza terrena, domande così scomode da rischiare di cambiarli per sempre, così profonde da riscuotere le loro anime da un torpore millenario... Questa non è una storia di amicizia o amore... Questa è una storia di polvere e sangue... Questo è NEWBORN... E la vostra nuova vita è appena cominciata... Newborn Staff
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IL FANTASTICO MONDO DI ELVIO RAVASIO http://iguerrieridargento.blogspot.it - Su Facebook: Elvio Ravasio
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ono particolarmente entusiasta di poter scrivere su questa bellissima webzine, al contrario di molti autori il mio passato adolescenziale è lastricato di fumetti. Qui mi sento a casa, se oggi avessi tutti i giornaletti (lo so sembra un termine un po’ antiquato) che collezionavo da piccolo credo che avrei un piccolo capitale. Ma due traslochi e le vicissitudini passate mi hanno defraudato di questo piacere. Torniamo a noi, non ricordo il titolo del primo libro che lessi, ricordo la storia, ricordo che lo divorai in pochi giorni. Mi trovavo al mare in Liguria e non riuscivo a staccarmi da quelle pagine, ero rapito da quel racconto di fantascienza così incredibile. sognavo e fantasticavo alternando i fumetti, che
colleziono tutt’ora, ai libri. Principalmente maestri della fantascienza come Asimov e Bradbury passando poi al fantasy con nomi del calibro di Tolkien, Brooks, Lewis, Pulman, Hende e molti altri; contaminando la magia con l’horror di Stephen King. Insomma un gruppo eterogeneo di scrittori che hanno influenzato la mia crescita come lettore e, molto successivamente, come autore. Sono arrivato alla pubblicazione di tre libri fantasy del ciclo de “I Guerrieri d’Argento” che da’ il titolo alla prima opera, “Altèra” è il seguito e “Ombre dal passato” è il terzo capitolo. La saga si concluderà con un quarto volume che è in fase di scrittura. Tornando ai fumetti, una volta concluso il primo libro, era come se mancasse qualcosa, è difficile
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da spiegare ma era come se fosse incompleto. Il magico mondo illustrato reclamava nella mia mente i suoi diritti; i miei sono libri dedicati ai ragazzi, giovani che arrivano dai fumetti, dai videogiochi, dove la parte visiva è freneticamente sollecitata. Quindi mi sono chiesto come perfezionare i miei scritti. La risposta è arrivata immediatamente, ho contattato un’illustratrice e ho aggiunto al primo vo-
lume diversi disegni, tra l’altro è stata la parte più creativa e divertente. Studiare i personaggi, le pose, i tagli di capelli, i vestiti. Sono molto pignolo a riguardo, so esattamente cosa voglio ma non sempre riesco a spiegarlo al disegnatore e qua iniziarono alcuni problemi di incomprensione che mi portarono a rompere i rapporti con la prima illustratrice. Trovai un altro professionista che mi permetto di citare e ringra-
ziare, con Fabio Porfidia ho trovato un giusto equilibrio, o meglio diciamo che mi sopporta pazientemente e dopo una ventina di bozzetti riusciamo a ottenere il risultato che mi sono prefisso.Vi consiglio di visitare il suo sito e ammirarne i lavori http://www.scrignodicarter.i t. In ogni caso ha curato le immagini dei miei scritti successivi con grande professionalità e cura nel dettaglio. Cosa mi sprona a continuare è abbastanza semplice, la voglia di raccontare, non scrivo per piacere agli altri, scrivo perché piace a me. Mi diverte fantasticare, inventare mondi e creature divertenti e devo dire che l’ironia di Spider Man mi viene sempre in soccorso.
Ho cercato di dare ai miei scritti un’impronta fumettistica trovando un filo di congiunzione tra supereroi e fantasy con un ritmo serrato e una visione a scene che cattura il lettore. Mi sono cimentato anche in alcuni racconti, nel 2013 ho pubblicato il racconto Galassia Magellano nell’antologia 50 sfumature di SCI-FI (La Mela Avvelenata book press); Il treno nell’antologia Natale e dintorni (Alcheringa Edizioni); finalista al premio letterario Io Racconto con 11 secondi. Nel 2014 il racconto Il patto è stato scelto per far parte dell’antologia Draghi e cavalieri erranti. Ho partecipato come membro della giuria d’eccellenza per il concorso letterario Storie Fantastiche 2013, promosso dall’asso-
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ciazione culturale Games Rebels, impegno che si rinnoverà anche nel 2014. Credo di avervi detto tutto ma vorrei citare una frase di Ray Bradbury che ho trovato in una trasposizione fumettistica de “Il popolo dell’autunno”: “La mia è una famiglia particolarmente incline al fumetto: ancor oggi, lo leggo con immutato piacere. Non sopporto coloro che, per snobismo letterario, voltano le spalle a ciò che erano, a ciò che amavano con tutto il cuore: in una parola, alle basi stesse della loro formazione. In realtà sono convinto che senza tutta quell’aurea mediocrità, tutto il sublime e meraviglioso ciarpame che entrarono a far parte del mio background, non sarei mai diventato lo scrittore che sono né, a dire il vero, alcun’altra specie di scrittore”.
In un mondo dove il fumetto è di nicchia e malvisto dalla maggior parte dei lettori non posso che ringraziare Ray per queste parole. Spero che i miei lettori riescano a cogliere l’influenza che i fumetti hanno avuto sulle mie opere e che le apprezzino senza pregiudizi. Ringrazio di cuore Japanimando per avermi permesso di raccontare la mia storia e vi aspetto al Cartoomics dove avrò uno stand con Marta Leandra Mandelli, Alberto De Stefano, Barbara Riboni, Monique Scisci, Roberto Fontana e Livia De Simone. Potete trovare tutte le informazioni sui miei libri e sugli eventi a cui sarò nel mio blog. Elvio Ravasio
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LESLIE ISABEL PATRIARCHI: PASSIONE COSPLAY Su Facebook: Luce Cosplay
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iao amici di JAPANIMANDO!! Che bello essere qui tra voi! Mi presento, sono Leslie Isabel, in arte Luce, ho 22 anni, di Roma e faccio cosplay dal 2008 anche se frequento l’ambito fieristico dal 2004. Diciamo che la mia passione è nata tramite una mia amica e mia cugina che mi hanno inserito in questo mondo di anime&manga, videogiochi e quant’altro, portandomi al primo Romics della mia vita, ancora alla vecchia Fiera di Roma. Ero affascinata da questo mondo e presto decisi di cimentarmi io stessa in quella che io considero un’arte. Ecco, per me il cosplay è questo. Un arte. E’ la mia passione per quest’hobby che mi ha fatto capire cosa volessi dalla mia vita reale, in cosa ero brava e cosa mi piaceva fare. Non solo recitare, non solo esibirmi ma principalmente creare. Dai costumi, agli accessori a tutto quello che fa parte dell’insieme cosplay. Tutto questo non
sarebbe potuto essere possibile senza l’aiuto di mia madre che, tutt’ora, con molta pazienza mi ha insegnato a cucire, passo per passo, costume per costume. Ogni mio cosplay rispecchia qualcosa del mio carattere ma ci
sono alcuni a cui sono personalmente più legata. Tifa Lockhearth da Final Fantasy VII è stato il mio primo cosplay in assoluto e anche se molto approssimativo e imperfetto è quello che sento più mio. Molto legata sono anche ad Euphemia di Code Geass che mi ha permesso di ricevere la mia prima soddisfazione in campo competitivo. Un costume infinito sul quale ho lavorato due mesi ininterrottamente e che mi è costato non solo, parecchi soldi ma anche parecchia fatica. Mi ricordo ancora quanto ero
agitata all’idea di dovermi esibire davanti a tutti... è qualcosa a cui,ancora oggi, non mi sono del tutto abituata, è una sensazione cosi bella e terrificante allo stesso tempo da farti tremare le ginocchia, sudare le mani e sbarrare gli occhi dal panico (avvolte mi chiedo chi me lo fa fare XD) ma sono esperienze che nella vita reale mi hanno aiutato moltissimo. Esibirmi in cosplay mi ha permesso di mettere un po’ da parte la mia timidezza e mi ha un po’ reso più sciolta e meno introversa. Creare costumi mi piace, tantissimo, e vorrei fare di questo il mio lavoro. Creare abiti. E il cosplay mi ha aiutato a capirlo. Paradossalmente fare cosplay mi ha fatto crescere. Ho conosciuto tante persone straordinarie in questo ambiente che mi hanno aiutato e sono state al mio fianco in ogni circostanza della mia vita quindi se posso dare un consiglio a chiunque si avvicina al mondo del cosplay e ne vorrebbe far parte, o ne fa parte da poco... divertitevi! Create i vostri costumi ,interpretate i vostri personaggi, state con i vostri amici, prendetelo come un gioco, mettetevi in gioco, esibitevi, cantate, fate quello che volete. Non montatevi la testa, siate sempre voi stessi, non
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criticate gli altri, siamo qui tutti per divertirci, per svagarci dalla vita noiosa e tediosa di tutti i giorni, non per complicarci l’esistenza. Non siate competitivi tanto da augurare il male al prossimo, non vedete il cosplay come il trampolino per diventare, modelle, attori o per mettervi in
mostra.Vedetelo come una cosa che fa bene alla vostra vita e a voi stessi e guardatelo come se steste guardando un’opera d’arte. Mi rendo conto che di tutto ho parlato tranne di me stessa... beh io non vi parlerò delle coppe che ho vinto ne dei costumi che ho fatto ne di tutto quello di cui ci si vanta in questo ambito, io non sono nessuno.Vi ho parlato dello spirito con cui lo faccio e credo sia sufficiente. Con questo vi lascio con un abbraccio e un “ci si vede in fiera” Con affetto. Leslie Isabel Patriarchi
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“LADY MAFIA”: L’ANTI-EROINA www.ladymafia.it - Su Facebook: Lady Mafia
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arissimi amici, è con grande piacere che vi scrivo. Avevo altro in mente. Raccontarvi di come il fumetto Lady Mafia è nato, da quando coltivo la mia passione per i fumetti, quali sono quelli che ho letto e
quelli ai quali mi sono ispirato, ma gli eventi mi impongono di parlarvi d’altro. La mia creatura, infatti, nemmeno vista la luce si è ritrovata nel mezzo di una bufera. Ne hanno parlato tutti. Alle radio. Sui quotidiani. Nei telegiornali. Lady Mafia
sarebbe un fumetto diseducativo, e ferirebbe la memoria delle donne vittime della Mafia. Lo sostiene “Libera”. Lo ribadisce il deputato pd Mattiello: Lady Mafia andrebbe ritirato dalle edicole! Ecco la mia replica. Dove-
rosa. Inevitabile. Per chiarire la mia posizione. E gli intenti con cui scrivo il mio fumetto. Non è mai stata mia intenzione ferire la memoria delle donne vittime della mafia e dei loro familiari, né tanto meno offendere chi combatte la mafia seguendo altre modalità. Se questo fosse avvenuto, mi rammaricherebbe non poco. Inoltre queste critiche mi fanno molto male, in quanto ritengo assolutamente nobili gli obiettivi per i quali si batte e i modi con i quali appunto intende perseguirli. Ma Lady Mafia è un fumetto noir, e il vortice di violenze che contraddistingue le sue vicende rientra nei canoni del filone narrativo a cui fa capo.Voler ridurre, però, il fumetto a questo e accusarlo di sfruttare il fascino del male per fini commerciali, vuol dire non aver letto affatto il fumetto o essersi fermati solo al titolo. Il messaggio del fumetto è un messaggio positivo, che viene gridato attraverso la rappresentazione del negativo. Abbiamo scelto di mettere in scena gli orrori della violenza per renderne palese l'assurdità, l'amoralità, col fine di prenderne distanza. E quando parliamo di rappresentazione della violenza, non ci riferiamo
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solamente a quella di stampo mafioso. La nostra battaglia si traduce in denuncia contro la violenza - tutta - da quella esercitata sulle donne, a quella praticata sugli animali, o ancora a quella rivolta a chi è diverso. Se così non fosse, e avessero invece ragione i nostri detrattori, non avrebbe, allora, senso l'ampio spa-
zio lasciato a tematiche scottanti e attualissime, quali il femminicidio, l'omofobia, la vivisezione, il razzismo, sia all'interno delle trame del fumetto sia nella rubrica Lady Mafia Extra. A dare voce a personaggi fittizi nel fumetto sono professionisti (psicologi, avvocati, ecc.), che danno consigli e tracciano identikit per riconoscere predisposizioni e comportamenti violenti. Pur non avendo la presunzione di essere un fumetto “educativo” (ma lo sono forse gli altri?!), cerchiamo in tutta coscienza di essere un fumetto al meno “informativo”, proponendo al lettore temi e spunti su cui poter riflettere.
Infine, gli equivoci nel mondo della parola, come in quello reale sono infiniti. Il drammaturgo Bertold Brecht ne è esempio eclatante. Il capolavoro Mutter Courage e i suoi figli, scritto a ridosso dello scoppio della seconda guerra mondiale, è denuncia degli orrori delle guerre e delle tragedie che esse producono. Brecht plasmò la sua antieroina, e sottolineiamo antieroina, in modo tale che lo spettatore a fine rappresentazione ne fosse ripugnato. Sì, perché Mutter Courage è parte, seppur marginale, del macrocosmo "guerra"; e sebbene vedrà morire i suoi figli, con il suo carretto continuerà
ad alimentare la macchina della guerra. Come poter avere simpatia per lei? Ebbene, il pubblico non soltanto ne ebbe compassione, ma la amò. Noi non ambiamo a tanto: ci basterebbe soltanto che Veronica De Donato fosse capita! Pietro Favorito
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“DREAMALOT”: IL FANTASY INTERATTIVO www.compagniagranducato.it - www.dreamalot.it
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reamALot ha visto i suoi albori verso la fine del 2005, attraverso un progetto che non è soltanto tecnico ma è sinonimo di passione, cuore e condivisione. Non a caso il nome della land riveste il duplice significato di “Sognare Molto” e di “Sognare Lot”. Il fondatore della land ed attuale Presidente dell’Associazione del Granducato, Giorgio Pompei, ha creato questa piattaforma per permettere alle centinaia di iscritti di vivere il loro sogno in un’ambientazione fantasy medievale, in un mondo popolato da umani, elfi, nani, demoni, angeli,
vampiri, lupi mannari e molte altre creature più o meno note della grande letteratura del settore, qual è il Signore degli Anelli, Dragonlance, Eragon, Shannara e le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco. Sono trascorsi ormai 8 anni dalla fondazione di questo gioco sociale, e l’utenza attuale abbraccia un ampio ventaglio di età: dagli studenti ai lavoratori, dai ragazzi agli adulti. In un mondo come questo, dove vige la regola dell’interazione e dell’interpretazione di un ruolo, la fantasia, la voglia di scrivere e la passione per il fantasy ha messo in comunicazione persone da
ogni angolo d’Italia, contribuendo a creare solide amicizie ed anche veri e propri legami affettivi: è sempre un piacere, ai raduni, constatare come semplici compagni di gioco, nel corso del tempo, si sono trasformati in compagni di vita. DreamALot è un piccolo grande mondo che le persone imparano a vivere sotto le spoglie del loro avatar virtuale, interpretando un prode paladino o un feroce mercenario, un mago saggio o un folle stregone, ma anche interpretando ruoli come quello del bardo o dell’artigiano, del curatore o dell’alchimista, assaporando l’intero excursus della sua vita e delle sue
esperienze ed affrontando le più svariate dimensioni di gioco: da quello adolescenziale a quello adulto, dall’infatuazione per una seducente creatura alla guerra tra divinità, dal mercato rionale alle grandi e piccole avventure tipiche dei giochi di ruolo. L’utente, una volta iscritto a a DreamALot, può contare su una vasta raccolta informativa e sul supporto di Help Desk specializzati e formati da utenti più anziani ed esperti, pronti ad affiancare i giocatori alle prime armi, spiegando loro i regolamenti e le dinamiche di gioco, dando anche preziosi consigli sull’interpretazione
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della razza e del ruolo. Gli utenti potranno così abbracciare la piena profondità di gioco avvalendosi dei Clan, espressione della società di una determinata razza, oppure entrando all’interno di una delle molte Corporazioni, acquisendo così livelli e poteri propri di
questi ruoli. La vita all’interno della land è in perenne movimento: si tratta di un grande mondo diviso in diverse regioni, dove le trame del gioco le disegnano gli utenti stessi oppure il Destino, Help Desk che ha il compito di masterizzare i piccoli e
grandi avvenimenti che coinvolgono (e sconvolgono!) il mondo, come invasioni o eventi bizzarri, fino ad apocalissi catastrofiche che richiederanno ai giocatori di DreamALot sforzi congiunti o che li porranno di fronte ad aspre battaglie. Insomma, la land offre agli
utenti qualcosa di più di un semplice “gioco”: offre la possibilità di sognare e di vivere ancora una volta la fantasia che soltanto un gioco di ruolo sa dare, assieme alla magia di un mondo magico e fantastico, popolato da draghi e creature mitologiche e vissuto da persone che, come noi, condividono l’amore per questo genere di gioco e la voglia di condividerlo con altri utenti, andando a creare così un gioco che è molto diverso dal classico videogame e che ci permette di vivere una profondità interpretativa capace di donare emozioni e di farci sorridere e svagare. Barbara Signoretti Tesoriere dell’ass. culturale “La compagnia del granducato”
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“ROSE & VINCE A SIMPLE LOVE”
www.madpuppetsofficial.it/roseevince - Su Facebook: Rose e Vince A Simple Love
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iao, siamo Jessica Corcione (24 anni) e Armando Bolognesi (23 Anni), siamo due graphic designer ed insieme abbiamo ideato il brand Mad Puppets sotto il quale prende vita il progetto Rose & Vince A Simple Love. Il progetto nasce nel 2012, “per caso” mentre stavamo creando dei design per il nostro brand, scarabocchiando sui fogli e sul computer, sono nati questi due personaggi attraverso semplici cerchi e linee. Iniziammo così a “giocare” con queste due creature nate dal puro caso, cercando di renderli più veri e simpatici e ad immaginare una loro storia insieme, d’amore ma non solo! Così il nostro primo passo concreto per dar vita ai nostri personaggi fu la realizzazione della loro prima novella cartacea, scritta in rima ed illustrata, dove vede la dolce coppietta percorrere e scoprire le varie vie dell’amore, partendo dal primo appuntamento fino a coronare il loro sogno di stare per sempre insieme, con le loro nozze! Per creare una storia però non bastava solo l’amore, e sentivamo che i nostri personaggi trasmettevano più emozioni e non erano adatti solo a storie d’amore a lieto fine! Così ideammo due
spade con le quali avrebbero combattuto contro mostri e nemici che volevano distruggere il loro profondo sentimento! Un mix di azione, amore e tanto umorismo ha fatto si che i nostri due personaggi prendessero vita. Successivamente, decidemmo di creare un vero
e proprio fumetto che vide il suo debutto sul web diventando così un webcomic, composto da piccole storie brevi e simpatici Sketches. Ma la cosa più importante era dare loro un nome! Così, dopo varie idee, abbiamo deciso di chiamarli Rose e Vince.
Ma ora lasciate che vi descriviamo singolarmente questi due personaggi: Rose Hikari, dolce, simpatica e bella, questi sono gli aggettivi che la caratterizzano a prima vista, ma dietro di questi si nasconde una ragazza forte, coraggiosa e piena di sorprese. Amante di tutti gli animali, Rose fa di tutto per proteggerli ed ama essere sempre in compagnia del suo piccolo gattino Sirio. Nel cuore di Rose non può mancare l’amore per il suo Vince, e lo dimostra ricoprendolo con amorevoli scherzi e giochi. Ama il canto e l’arte e spera un giorno di poter esibirsi dando il meglio di se! Rose può essere definita una ragazza semplice e determinata, capace di tutto! Non conosce e non accetta ostacoli, ed è super determinata a raggiungere ogni suo obiettivo! Vince Midnight, anche lui segue il sogno della musica e spera di raggiungere presto il suo obiettivo. Forte e coraggioso, protegge ed ama la sua fidanzata Rose ed i suoi piccoli amici animali! Ama Rose più di ogni altra cosa ed è disposto a fare tutto per lei! A volte è un po’ troppo noioso e banale e ciò lo porta a subire le prese in giro e gli scherzi della sua
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amata! Ma alla fine sono sempre insieme. In seguito cercavamo un modo originale per far conoscere il nostro webcomic così decidemmo di creare una linea di T-shirt e Gadgets. Partecipando a fiere ed eventi, vedemmo che, pur seguendo uno stile Dark/gotico, grazie al
loro simpatico design, numerose persone si sono incuriosite ed appassionate a questi due personaggi e al loro merchandising vedendo inoltre un costante aumento e partecipazione sulla pagina Facebook, Twitter e sugli altri siti di social, condivisione ed anche sul sito ufficiale!
Sfortunatamente, tentare di far conoscere un progetto, e realizzarne il merchandising non è una cosa semplice, e comporta l’acquisto di macchinari e materiali per realizzarlo investendo una “discreta” somma di denaro. Girando sul Web abbiamo trovato per caso il
sito Eppela. Un sito di crowfunding dove le persone proponevano i loro progetti e chiedevano ai loro fan e non, un aiuto a finanziarli per poi dare loro in cambio ricompense inerenti al progetto stesso. Così oggi anche noi abbiamo un progetto da proporre e un obiettivo da raggiungere, quello di poter acquistare macchinari e materiali di ottima qualità per poter creare personalmente la nostra linea di T-Shirt e Gadgets! Abbiamo inoltre preparato delle simpatiche ricompense e alcuni pacchetti Limited Edition proprio per la campagna su Eppela, tra cui un “Pacchetto Neko”, composto da una T-Shirt, 3 Spille, 1 Portachiavi e un paio di Orecchie da Gatto :3, e un’esclusiva T-Shirt ideata solo per la campagna, ed un simpatico premio dove chi lo sceglierà, diventerà un personaggio della storia! Aiutarci è semplice! Basta registrarsi sul sito di Eppela, guardare la lista delle ricompense sulla colonna a destra e scegliere quanto donare. Ogni piccola o grande donazione verrà ricompensata con uno o più simpatici Gadgets Ufficiali di “Rose & Vince a Simple Love”. Cosa aspettate? Aiutate anche voi a far crescere “Rose & Vince A Simple Love”!!! Jessica e Armando
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“BELLE & SEBASTIEN”: IL FILM
http://elenaromanelloscrittrice.wordpress.com - http://vitadabibliofila.wordpress.com
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er gli otaku dire Belle e Sebastien vuol dire ricordare l’omonimo anime dalla sigla particolarmente orecchiabile, trasmesso in Italia all’inizio degli anni Ottanta e realizzato dalla Nippon Animation, spe-
cializzata da decenni nel trasporre storie per giovanissimi ambientate in Occidente, sempre arrivate abbastanza regolarmente nel nostro Paese. Prima di quello Belle e Sebastien era una serie di racconti di Cecile Aubry,
da cui era stata tratta una serie tv negli anni Sessanta, di gran successo Oltralpe, dove non apprezzarono particolarmente invece l’anime, a differenza di tanti altri che sono diventati di culto anche in terra fran-
cofona. Ma si sa, i francesi sono leggermente sciovinisti. Ora Belle e Sebastien sono tornati, con un film diretto da Nicholas Vanier che è stato il grande successo di Natale in Francia e che da noi in Italia ha raccolto non pochi consensi, complice anche l’appoggio dell’associazione animalista OIPA, che ha destinato una parte dell’incasso ai cani abbandonati. Il bello è che in Italia a vedere il film sono andati gli otaku anni Ottanta che ricordavano l’anime, con magari i loro figli, sfruttando ancora una volta l’effetto nostalgia legato ai cartoni animati giapponesi che ha fatto anche la fortuna di Capitan Harlock nuova versione in CGI. Detto questo, il film di Belle e Sebastien è una bella pellicola d’avventura, con splendidi scenari reali, quelli delle montagne del Rhone Alpes e con al centro l’amicizia tra un cane e un bambino che non crolla nel patetismo di tante storie analoghe. Ci sono però alcune differenze tra il film e l’anime: l’anime si svolgeva sui Pirenei, a confine tra Francia e Spagna (infatti Belle è un pastore
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dei Pirenei, razza autoctona della zona nata per controllare le greggi), mentre il film si svolge al confine tra Francia e Svizzera. L’anime era ambientato indicativamente nei primi decenni del Novecento, Belle e Sebastien versione 2014 ha sullo sfondo la Seconda guerra mondiale, con l’esercito tedesco che ha invaso la Francia e controlla anche il paesino dove vivono Sebastien e il suo nonno adottivo, e i suoi abitanti sono impegnati a far scappare con missioni notturne ebrei e perseguitati politici. E ancora: Sebastien nel film è rimasto orfano alla nascita
della mamma, una gitana soccorsa dal nonno e morta di parto, mentre nell’anime partiva per ritrovarla in Spagna. In ogni caso Belle e Sebastien film sa appassionare anche oggi chi adorava trent’anni fa le stesse peripezie animate: forse perché certi temi sono universali, l’amore per la natura, il rapporto con gli animali, il desiderio di migliorare il mondo lottando contro le ingiustizie. In attesa del prossimo anime che arriverà sul grande schermo in una nuova edizione. Elena Romanello
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ECCO A VOI “VERBAVOLANT EDIZIONI” www.verbavolantedizioni.it - Su Facebook:VerbaVolant Edizioni
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i può fare, oggi, cultura in modo leggiadro? Facendo volare storie e personaggi tra le pagine di libri meravigliosamente illustrati? Una giovane donna del profondo sud, Fausta Di Falco, ha scommesso su questa possibilità fondando la Verba Volant edizioni a Siracusa. La venerazione per i libri, l’amore per Siracusa e la tenacia femminile sono i tre fili che intrecciano questa intervista. Come nasce l’interesse per l’editoria? Il mio interesse nei confronti dei libri è nato dall’ amore nei confronti dell’oggetto fatto di carta e inchiostro. Tutti membri della mia famiglia sono stati buoni lettori, l’emblema della lettrice
L’editoria è una scommessa, specie oggi... L’interesse per il mondo dell’editoria mi accompagna da sempre. Dopo la laurea in lettere dovevo decidere cosa fare e allora ho avuto l’idea di lavorare per un editore e poi di raccogliere informazioni su come diventarlo io... i miei si sono chiesti da dove nasca il mio spirito imprenditoriale e hanno stabilito che l’attitudine mi deriva dai bisnonni, entrambi imprenditori. La nostra è una casa editrice non a pagamento per gli autori: non chiediamo contributi ma scommettiamo su di loro o sugli illustratori che ci sono piaciuti e investiamo sui loro libri.
però per me è, e rimarrà sempre, mia nonna: onnivora, leggeva di tutto e non solo libri: dai manife-
sti pubblicitari, ai ritagli di giornale. Aveva una biblioteca molto vasta... spero di raccontare presto la sua storia.
Appunto! Perché imbarcarsi in un’avventura imprenditoriale così coraggiosa? Avevo pensato di propormi a delle case editrici ma quasi sicuramente sarei dovuta andare via da Siracusa così ho pensato di prendere coraggio
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e tentare. Il legame tra ciò che facciamo e il luogo dove viviamo è molto stretto e non perché siamo una casa editrice “localistica”, tutt’altro. Per lavorare abbiamo bisogno della luce del nostro sole e dell’odore del nostro mare che scandisce le giornate quando è increspato dallo scirocco, quando è sereno e invitante o quando è nero e gonfio di tempesta. Comunque abbiamo anche un certo gusto per le sfide, ecco perché abbiamo scelto di rimanere, al contrario di parecchi nostri coetanei. Questo, però non ci vieta di essere spesso in giro per fiere, manifestazioni,
presentazioni. Ma tornare a casa è sempre un piacere! Verba Volant pubblica libri illustrati per bambini e ragazzi ma anche romanzi e “Libri da parati”: metà libro e metà quadro... L’interesse per l’editoria per ragazzi nasce in contemporanea alla nascita della casa editrice, probabilmente perchè il mondo dell’infanzia stuzzica molto il mio io ancora bambino. Abbiamo deciso di rivolgerci a un pubblico differenziato grazie a varie collane. Direi comunque che il nostro è soprattutto un pubblico di bambini e giovani, anche solo nell’anima! La collana dei “Libri da parati” viene dal mio amore per il cartonaggio e per l’illustrazione senza mettere da parte il mio interesse per il mondo dell’arredamento. Un’ultima cosa: per una casa editrice non sarebbe stata più adatta la seconda parte del proverbio latino, ossia “Scripta manent”? Sogno che i lettori visualizzino l’immagine delle parole che escono dai nostri libri e che li seguano fedelmente accompagnandoli nella loro vita. Immagine poetica, no? Pia Parlato
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“IL MIO NEMICO” http://nanune13.deviantart.com
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XI secolo: l’uomo parte alla conquista dello spazio desideroso di trovare nuove terre da colonizzare. Nella sua ricerca si imbatterà in una razza aliena denominata “Drac” e, come sempre succede, la mancanza di comunicazione e i fraintendimenti tra le due specie condurrà alla guerra. La nostra storia si apre quindi così, nel più classico spirito fantascientifico, ma chi starà già pensando che sia la solita salsa dovrebbe ricredersi, “Il Mio Nemico” è qualcosa di molto di più. Un film brillante che pone tematiche molto importanti e delicate per l’uomo (il colonialismo, l’incomprensione che conduce alla guerra, le differenze tra popoli solo apparentemente dissimili) in un mondo futuristico perfettamente congegnato per un film del 1985. Protagonista della pellicola è un giovane pilota, Willis "Will" Davidge (interpretato dal famoso
Dennis Quaid) il quale, durante un combattimento a bordo di navicelle spaziali, perde diversi compagni. Accecato dall’odio verso la navetta aliena che li ha colpiti, si ostina a inseguirlo per lo spazio, senza
tener conto delle parole del suo co-pilota che lo avvisa della perdita di potenza dei motori. Purtroppo la sua ostinazione, pur portando la navicella nemica a dirottare su un pianeta sconosciuto, condurrà alla
morte il suo compagno. Sbarcato sul pianeta Will si mette alla caccia del Drac con tutta l’intenzione di ucciderlo, naturalmente, per la seconda volta, la sua avventatezza lo porterà a fallire nell’impresa e verrà catturato dall’alieno nemico. E’ da qui che la pellicola inizia ad entrare nel vivo grazie alla voce fuori campo del protagonista che spiega come, dalle prime difficoltà, vista la necessità di sopravvivenza, i due nemici iniziano a interagire, ognuno imparando la lingua e le usanze dell’altro, sino al momento in cui Will farà una scoperta (a dir poco sconcertante) che gli cambierà la vita. Per quanto il film non abbia avuto una grande risposta da parte del pubblico al botteghino, la critica ha avuto ottime parole per descrivere il lavoro del regista Wolfgang Petersen, (sicuramente famoso tra la nuova generazione di cinefili per aver diretto Troy nel 2004) la cui storia è liberamente ispirata al romanzo “Mio caro nemico” di Barry B. Longyear. A parte per la trama per cui ho speso già ottime parole di critica quello che sicuramente mi ha incantata di più è la cura per il trucco e gli effetti speciali. La razza dei Drac non ha
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nulla di umano, è una sorta di incrocio tra un umanoide e un rettile dalla pelle squamosa e con due membrane (inquietantissime) che sembrano gonfiarsi e sgonfiarsi come polmoni agli angoli della testa. Dal punto di vista delle ambientazioni si denota la cura per alcuni dettagli. Apprezzabili i cambiamenti climatici all’interno del pianeta desertico il quale offre diverse ambientazioni che, pur se con particolari limitati, offrono un idea di terra selvaggia, pericolosa e inesplorata. Oltre a prendere in mano le tematiche sociali del razzismo e dell’in-
comprensione “Il Mio Nemico” spazia, senza cadere nell’ovvietà, sui temi della verità religiosa, espressa come una dottrina comportamentale per cui il rispetto del proprio simile e non è alla base della società. Difatti Will, dopo aver scoperto la religione del suo nemico, dichiarerà che la stessa è molto simile a quella che anche i suoi simili venerano sulla terra. Memorabili le parole dell’alieno che risponderà affermativamente che tutto ciò è più che possibile perché “la verità è la verità”. In conclusione un film che può sorprendere, piacevole e ricco di tematiche che possono indurre in riflessione, contornato da un ambientazione fantascientifica non troppo lontana da quella di Star Wars (la saga di fantascienza per eccellenza diretta da George Lucas e iniziata nel 1977). Per gli appassionati del genere questa è una pellicola da non perdere; per chi invece non mastica molto volentieri alieni e battaglie spaziali ne è comunque consigliabile la visione: alla fine del film, se anche non vi ritroverete culturalmente arricchiti, trovereste comunque di aver trascorso una piacevole ora e mezza. Francesca Rita Loi
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INTERVISTA A FRANCESCO SANSEVERINO https://www.facebook.com/CosplayOnAir - http://fragatsu.deviantart.com
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alve a tutti e ben tornati sulle pagine di JAPANIMANDO! Come tutti ben saprete, il cosplay è stato spesso argomento protagonista di queste pagine e ogni volta,trattando temi differenti che mettessero in risalto le mille sfaccettature di questo meraviglioso mondo. Non a caso ho utilizzato il termine sfaccettature perchè è proprio questa diversità e ricchezza di temi che fa del cosplay un mondo così ampio riguardante non solo l’animazione o i manga giapponesi, ma addirittura film, serie televisive e videogiochi. Possiamo davvero trovare di tutto ma c’è sicuramente una cosa
che accomuna tutti i ragazzi e le ragazze che si cimentano in quest’hobby ossia, la cura e la precisione nel realizzare il proprio personaggio: a partire dall’abito, per passare all’accessorio per arrivare poi sino al make up, chiunque si cimenti nel cosplay cerca sempre di dare il massimo per rendere al meglio il proprio personaggio. Il make up è sicuramente una fase imprescindibile e direi indispensabile in questo processo e spesso, può decretarne il successo o al contrario, il fallimento. Il protagonista dell’intervista di questo mese ha sicuramente le idee molto chiare in merito a
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questo e grazie al suo talento e le sue capacità, riesce ogni volta a realizzare lavori incredibili e di grande professionalità. Sto parlando ovviamente del make up artist, props maker, costumista e scenografo Francesco Sanseverino. Molti di voi lo conosceranno per i suoi incredibili tutorial e i pochi che invece non sanno ancora di chi sto parlando che dire,non vi resta che cominciare a leggere. Te l’avranno chiesto in tanti ma potresti spiegarci com’è iniziato il tuo lavoro e cosa ti ha spinto a intraprendere questa strada?
Beh guarda in realtà è nato tutto per caso, quando ho finito le superiori (Istituto d’Arte) non sapevo davvero cosa fare, così mi sono iscritto, anche un po’ per caso, all’Accademia di Belle Arti indirizzo scenografia; tra il secondo ed il terzo anno mi sono avvicinato alla regia e successivamente al make up. Tutto è stato molto casuale, ho iniziato guardando tutorial su youtube e col tempo ho preso la cosa seriamente fino a trasformarla nel mio lavoro. Ti andrebbe di parlarci della tua collaborazione
con i Chunk Collective? Chunk Collective è una realtà nata da qualche mese, ma conosco Eugenio Villani e Igor De Luigi da quasi un anno ed ho avuto modo di lavorare con loro più di una volta, sempre con ottimi risultati. Chunk ha uno scopo da perseguire: rendere materia tangibile il bello e il mostruoso che scaturiscono dalla fantasia; in questo contesto si stanno muovendo molti progetti, tra cui Ischidados, che vi faremo vedere molto presto! C’è un make up in particolare che vorresti realizzare
e non hai ancora avuto la possibilità di sviluppare? Tantissimi! Vorrei realizzare tantissime cose ma ovviamente manca sempre il tempo! Quali sono a tuo parere le qualità fondamentali che un make up artist deve possedere per poter fare di questa passione un vero e proprio lavoro? Umiltà, una grossa dose di autocritica, tanta passione e non mollare mai! Dietro ad ogni lavoro si nasconde tanta fatica e sudore e bisogna cercare sempre di migliorarsi, crescere, vivere ed affrontare sfide nuove. Ritieni che l’Italia sia il
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paese giusto per “sfondare” in questo campo? Sfortunatamente no, per “sfondare” bisogna sicuramente andare all’estero, in Italia non si fa cinema di genere, non si investe su progetti nuovi ed innovativi. Sicuramente se le cose non cambiano in futuro sarò costretto ad andarmene per migliorare e trovare lavori migliori. Ci sono dei materiali e dei prodotti irrinunciabili per realizzare un buon make up? Ci vogliono sicuramente tanti prodotti, buoni pennelli, colori, protesi e colle, ogni make up è di-
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verso, ma non possiamo fare a meno del nostro talento e soprattutto della nostra fantasia! Progetti futuri sui quali stai lavorando? Sto lavorando a tanti progetti, ovviamente non posso dire molto, molte cose sono top secret! :D Voglio anche far crescere il canale you tube con lavori sempre nuovi, far conoscere a tutti il photoesthetic make up in modo genuino e divertente! Non ci resta che ringraziare Francesco per averci dato la possibilità di conoscerlo meglio. Invito calorosamente tutti i lettori di JAPANIMANDO a seguire i suoi video tutorial e la pagina facebook. Magari siete artisti alle prime armi o semplicemente curiosi ma vi posso assicurare,che il suo lavoro non vi lascerà insoddisfatti. Chissà magari, avrete modo di scoprire un talento nascosto! Valentina Podda
Ogni mercoledì dalle ore 20.20 in FM ed in streaming su
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