Anno II n. 4 gennaio - febbraio 2011
della comunità Parrocchia Santa Lucia - Gioia del Colle - BA Bollettino parrocchiale a diffusione interna
EDITORIALE:
di DON GIUSEPPE DI CORRADO
RINNOVO DEL CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE
“Portiamo lontano questa particella di Chiesa che è la nostra Parrocchia”
Un nuovo ed importante appuntamento attende la nostra comunità : IL RINNOVO DEL CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE (C.P.P.). Infatti, dopo i cinque anni, 2005-2010, di lavoro, tempo di durata di ogni Consiglio Pastorale Parrocchiale, siamo chiamati, come comunità a formare il nuovo Consiglio per continuare il cammino di crescita della comunità stessa. Le ragioni della presenza del C.P.P. stanno nel fatto che nella Chiesa tutti siamo chiamati a prestare un servizio e a condividere la responsabilità per il progresso della comunità, con le proprie doti e con la ricchezza umana e spirituale che caratterizza ogni battezzato. Il Consiglio Pastorale Parrocchiale può essere paragonato ad una squadra di operai che tenta di organizzare il lavoro di costruzione di un edificio, valorizzando ogni materiale, perché tutti sono “pietre vive” e necessarie per costruire la Chiesa. Per questo ogni Comunità ha bisogno di un nucleo di persone che l’aiuti a crescere nell’unità e ad agire come un “corpo solo” ben impaginato e connesso dall’azione dello Spirito Santo. Il Consiglio Pastorale Parrocchiale è un’ immagine in formato ridotto della parrocchia, in cui sono presenti fedeli di diverse età e con diverse esigenze, persone attente ai vari aspetti caritativi, liturgici, catechetici, educativi e culturali della parrocchia; persone sensibili alla vita comunitaria parrocchiale con la loro umanità e il loro impegno disinteressato. Perché si richiede la presenza di questo organismo ecclesiale? In primo luogo perché è richiesto dal programma della Diocesi , che vuole coinvolgere i laici nella vita della Chiesa, inoltre serve ad organizzare meglio le molteplici attività ; perché anche i laici possano esprimere le loro idee, le loro proposte e le loro critiche costruttive; per dare l’opportunità a gente nuova di impegnarsi nella vita parrocchiale; ancora, perché ogni gruppo sia a conoscenza di quello che fanno gli altri gruppi in una Chiesa di collaborazione e di comunione; infine perché il parroco non sia lasciato solo nel fare determinate scelte pastorali. Consigliare il parroco nel senso di fargli presente le esigenze, le potenzialità delle famiglie, dei giovani, della società, può essere prezioso per un’azione condivisa dalla parrocchia. A questo proposito trovo saggio un proverbio africano: “Da soli si va più veloci, insieme si va più lontano”. Mi auguro e spero che con l’aiuto di forze vive e generose si possa portare lontano, nelle acque agitate della nostra società, questa particella di Chiesa che è la nostra parrocchia. Per questo rinnovo l’invito a dare la propria disponibilità con carità e gioia e ringrazio il Consiglio Pastorale Parrocchiale uscente per il lavoro svolto, la testimonianza di vita e il generoso servizio. Il Signore doni consolazione e gioia a quanti si adoperano per la Sua causa, Egli che ha iniziato in noi la Sua opera, la porti a pieno compimento.
Voce… della comunità via Buonarroti 29 - 70023 Gioia del Colle Redazione: don Giuseppe Di Corrado, Angelina Passiatore Giovanni Capotorto per santalucia@upgo.org Pagina 1
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Sorpresa! Quanta gente! Biglietti d’auguri! Se, se, se, (dialogo tra Antonella e Angelina) Il dono: “I colori del tempo” Armato! Il taglio della prima e della seconda torta. Ammiratrici! All’attacco!
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IL VOLTO VISIBILE DELLA PARROCCHIA
ACQUISIRE UNA COSCIENZA DI COMUNITÀ
La Domenica, L’Eucaristia e la Parrocchia sono tre realtà intimamente legate. La Domenica è il nostro giorno di festa, ci distingue dalle altre religioni, i Mussulmani fanno festa il Venerdì e gli Ebrei il Sabato. Se nella cultura si chiama “fine settimana” per staccare dal lavoro e fare ciò che più piace, per noi credenti è “l’inizio della settimana”, il Giorno nuovo, del Signore, della Risurrezione, l’Ottavo giorno, il primo della settimana. Prima viene il giorno di Dio e poi i giorni per noi, per il lavoro, la famiglia, gli interessi ecc.. Questo è il vero senso del convocarci, del celebrare, deve essere superato il senso del precetto e della semplice obbedienza al comandamento “ricordati di santificare le feste” messo sotto pena di peccato. La Domenica e in essa la Messa sono il volto visibile della Parrocchia. In questo giorno, dalla partecipazione all’Eucaristia siamo fatti popolo e comunità. Qui, dove si rende visibile la Parrocchia, avviene anche la trasmissione della fede. In questo luogo fisico e in particolare alla Domenica ci si riunisce per ricevere e raccontare le meraviglie delle opere del Signore. La Parrocchia non deve essere pensata partendo dall’idea di una struttura e di una organizzazione in mano umana che risulterebbe sempre frutto di difetti e di limiti, ma deve essere ripensata a partire dall’Eucaristia. “L’Eucaristia è la fonte - dicono i Vescovi - la manifestazione del raduno dei figli di Dio, vero antidoto alla loro dispersione nel pellegrinaggio verso il Regno”. I primi cristiani erano assidui all’appuntamento domenicale. Dov’è andata a finire per noi la fedeltà a ciò? Perché basta poco per saltare l’appuntamento? Quale testimonianza diamo alle nuove generazioni? La nostra identità si esplicita partecipando, l’incontro con il Risorto e il riconoscerlo vivo e presente in mezzo a noi avviene nell'Eucaristia. Convertiamoci alla fedeltà alla Messa domenicale ed impareremo a portare la croce dietro a Gesù, e con lui saremo strumento della nostra ed altrui salvezza.
Grazie alla centralità dell’Eucaristia, all’ascolto della Parola ed alla Carità, avverrà il passaggio da un’individualità ad una comunione fraterna. Passeremo da una visione soggettivistica ad un pensare e vivere insieme. Ma questa conversione di atteggiamenti avverrà se lavoreremo a correggere noi stessi. Diceva Paolo VI: “Nessuno è anonimo, nessuno è estraneo nella Chiesa”. È ancora necessario tanto rinnovamento di mentalità per realizzare questa visione della Chiesa. Quanti nella Parrocchia si sentono “clienti” e non protagonisti, quanti sono un numero e non un soggetto, quanti praticanti passivi e non membri attivi della Comunità? Non è giusto che qualcuno si senta indispensabile ed altri si nascondano nell’anonimato, si ritengano inutili e fuori posto. La conversione iniziata dal Concilio deve essere portata nei fatti capillari delle parrocchie. La Chiesa non è la società dei perfetti, essere Chiesa vuol dire avere uno stile comunitario nelle relazioni tra persone e gruppi. La spiritualità di comunione ci fa vivere l’amore di Dio come popolo, fa di Cristo il sacramento dell’unità, vincolo unico di comunione per una vita fraterna. E’ da evitare nella compagine parrocchiale ogni esclusivismo e chiusura dei singoli gruppi, prima viene l’insieme, l’unità della Comunità e in essa tutto ciò che è comune, solo dopo vengono le parti fatte dai gruppi e dai singoli. In termini dottrinali si dice così: “Prima dei carismi, nella Chiesa esiste la Chiesa come carisma; è in secondo luogo che ogni carisma è dato per l’utilità comune e a servizio della Chiesa stessa”. “Prima viene la Chiesa e nella Chiesa la Parrocchia, solo dopo, in essa vengono i gruppi, le associazioni e i movimenti, e le singole persone”. Questo ragionamento teoricamente torna, ma in pratica e nei fatti accade sempre il contrario. Convertirsi dalla Comunione alla Comunità
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RECUPERARE LA CENTRALITÀ DELLA PARROCCHIA”. La parrocchia è luogo delle persone, accanto alle persone: il primo luogo ecclesiale in cui si costruisce la comunione e si promuove la missione, la Comunità è voluta dal Signore Risorto “Lo Spirito Santo ci dona la fede in Gesù e ci unisce in un solo corpo: La Chiesa. Perciò siamo chiamati a farci segno e strumento del mistero che portiamo dentro rivelandolo con i fatti e le parole nei nostri rapporti interpersonali segnati dalla fede, dalla speranza e dalla carità. La ricchezza e i beni di ciascuno sono messi a disposizione di tutti nel dono reciproco che esalta la fraternità, per cui l’uno è necessario all’altro, ciò che uno possiede completa quello che all’altro manca” (Comunione e Comunità n.35). Grazie ai nostri rapporti motivati da fede, speranza e carità veniamo a formare la Comunità fatta di persone riunite dal Signore Risorto. I primi credenti in Cristo, consapevoli della loro comunione, erano perseveranti: “nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (Atti 2,42). Frutto di questa comunione era anche la condivisione dei beni, la comunione non restava un dono interiore, ma era vissuta in tutta l’ampiezza della sua dimensione compresa quella visibile dell’aiuto e del sostegno vicendevole. Una Comunità così formata, e resa visibile dalle quattro perseveranze: ascolto della Parola - unione fraterna - Eucaristia - preghiera, era una comunità convincente ed attraente. Lo stile dell’amore fraterno e la gioia dei cuori rendevano credibile l’annuncio: “e ogni giorno il Signore aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati” (Atti 2,48). Ne viene fuori un’immagine di Chiesa che nasce dall’insegnamento degli apostoli, si nutre continuamente della Parola del Signore, celebra e vive il Sacrificio Eucaristico, e dà testimonianza al mondo nel segno della carità. Verifichiamo la nostra Parrocchia su tale modello - Ci sentiamo Chiesa fondata sul fondamento degli Apostoli e dei loro successori? - Che posto occupa la Parola di Dio nella nostra vita e nella nostra Comunità? - Quanto sono visibili la fraternità, l’amore vicendevole, la carità e la gioia? - Siamo capaci di condivisione e di aiuto reciproco? “Cosa dobbiamo fare?” Non pensiamo che ci sia una formula magica;non una formula, ma una Persona è Colui che ci salverà. Non si tratta di inventare nulla di nuovo. Il programma è quello ispirato al Vangelo, esso s’incentra su Cristo stesso: Lui dobbiamo conoscere, amare, imitare, e per Lui accedere alla vita trinitaria. Richiamiamoci alla riunione assidua e fedele della Domenica alla Messa. Per essere degli apostoli laici, dei ministri, e dei missionari occorre contemporaneamente essere dei discepoli. E' necessario essere formati . Il luogo della formazione, dove maturare una fede di qualità è la Chiesa ; è la Chiesa radunata nel Giorno del Signore per celebrare i santi Misteri e presente in modo particolare nella Parrocchia. Luogo dentro il territorio, la parrocchia vive i problemi della gente , sposa la “relatività delle cose” (cioè la povertà), la condivisione delle cose, riconosce al prossimo uguaglianza di diritti e opportunità), le esperienze di servizio esemplari e nuove, la denuncia delle ingiustizie, l’attenzione alla responsabilità verso l’ambiente.Luogo aperto, la parrocchia aiuta a superare localismi e individualismi, a sentire la responsabilità di tutti; a volere la pace nella nonviolenza , a educare alla mondialità e alla responsabilità verso l’ambiente come uno dei volti della cattolicità. Pagina 4
Il prete e i mille "se" Il prete e la sua gente: una storia piena di "se...se....se.." Se sta da solo in Chiesa, "si chiude nel suo intimismo". Se esce, "va sempre in giro, e non si trova mai". ". Se qualche volta accetta di andare al bar "è uomo di mondo". Se non accetta, "vive isolato". Se si ferma in strada a parlare con la gente, è "pettegolo". Se non si ferma "è scostante". Se parla con le vecchiette, "perde il tempo". Se dialoga con le giovani è "un donnaiolo". Se sta insieme e gioca con i ragazzi "forse è di tendenze equivoche". Se non li frequenta, "trascura di compiere il suo principale dovere". Se accoglie in casa certe persone, "è imprudente". Se non le accoglie, "non si comporta da cristiano sensibile". Se in chiesa afferma verità scottanti, "fa politica". Se tace è "menefreghista". Se predica un minuto in più diventa interminabile". Se parla o predica poco "non ha autorità" o "è impreparato". Se accetta inviti a pranzo o a cena "è un mangione e un beone". Se rifiuta, "non sa vivere in società". Se organizza incontri e riunioni "sta sempre a scocciare". Se tace e ascolta, "si lascia sopraffare da quelli che comandano". Se cerca di fare qualche aggiornamento, "butta via tutto quello che c'è da conservare". Se ritiene valide alcune tradizioni, "non capisce i tempi attuali". Se è d'accordo con il vescovo, "si lascia strumentalizzare e non ha personalità". Se non condivide tutto quello che il vescovo propone, "è fuori della Chiesa". Se chiede la collaborazione dei fedeli, "è lui che non vuol far niente". Se agisce da solo, "non lascia spazio agli altri". Se organizza gite, pellegrinaggi, "pensa solo a far soldi". Se non organizza, "è indolente e non ha iniziative". Se inizia la santa Messa in orario, "il suo orologio è sempre avanti". Se comincia un attimo dopo, "fa quello che vuole e non rispetta gli altri". Se a tutti ricorda e sottolinea il dovere della partecipazione e della solidarietà, "è sempre arrabbiato e nervoso; e, in ogni occasione, bussa a quattrini". Se è giovane: "Non ha esperienza!" Se è vecchio: "Dovrebbe andare in pensione!" Ma se dovesse andarsene o morire: "Era davvero insostituibile” Se...se... se...