Anno II n. 5 marzo - aprile 2011
della comunità Parrocchia Santa Lucia - Gioia del Colle - BA Bollettino parrocchiale a diffusione interna
EDITORIALE:
di DON GIUSEPPE DI CORRADO
UNA VITA NUOVA "La fede dei cristiani, dice sant'Agostino, è la Risurrezione di Cristo. Non è gran cosa credere che Gesù è morto; questo lo credono anche i pagani, tutti lo credono. Ma la cosa veramente grande è credere che Egli è risorto". Questo è l'avvenimento sconvolgente che la liturgia orientale annuncia e canta a voce spiegata:“È il giorno della Risurrezione: popoli, irradiamo di gioia! È la Pasqua. La Pasqua del Signore poiché il Cristo nostro Dio ci ha trasportati dalla morte alla vita, dalla terra al cielo, noi che cantiamo l'inno della vittoria... Purifichiamo i nostri sentimenti e vedremo il Cristo risplendente nella gloria inaccessibile della Risurrezione... Che il cielo gioisca e la terra sia nell'allegrezza, che il mondo visibile e invisibile sia in festa, perché il Cristo è risorto. Lui, l'eterna allegrezza... Ora tutto è pieno di Luce, il cielo, la terra e gli inferi... Oggi ogni creatura è nella gioia e nell'allegrezza perché Cristo è risorto ed è stato vinto l'inferno”. (Mattutino di Pasqua). Come ben si comprende, Pasqua è la festa delle feste, la festa più gioiosa di tutto l'anno liturgico: tutto l'agire del Padre è orientato e va verso la Pasqua del Figlio. Il lungo tempo di attesa per la venuta di Gesù, i duemila anni di cui parla il Primo Testamento, sono in vista dell'Incarnazione del Verbo, e l'Incarnazione del Verbo è per la Risurrezione. Dio è venuto a cercarci dove siamo, per portarci là dove è Lui. Per questo è giusto vivere la Pasqua di Cristo nella gioia. Questo è l'annuncio che porta la Chiesa:" Cristo risorto, speranza del mondo". Un annuncio che si dilata sino ai confini dell'universo. Una sola è dunque la questione veramente importante: mettersi per via all'alba, non indugiare più, incatenati da pregiudizi, da timori, ma sconfiggere con la speranza le tenebre del dubbio. Perché non dovrebbe accadere ancora oggi di incontrare il Signore risorto come lo hanno incontrato i discepoli e le donne la mattina di Pasqua? Anzi, certamente può accadere e accade. Per ciascun credente il modo e il luogo saranno diversi, personalissimi. Unico invece è l'esito di tale avvenimento: la trasformazione della persona. Incontri un fratello che senza vergogna ti saluta: "Cristo è risorto?". Ebbene sii certo che egli ha incontrato Cristo. Incontri qualcuno tutto donato ai fratelli e tutto intento alle cose del cielo? Ebbene sii certo che egli ha incontrato Cristo risorto... Cammina sulle sue orme, spia il suo segreto e anche per te verrà l'ora della risurrezione. Questo è l'augurio che faccio a ogni fratello della comunità: fare una vera Pasqua, un vero passaggio alla vita, alla gioia, alla fede, perché "questo è il giorno che ha fatto il Signore, rallegriamo ed esultiamo".
Voce… della comunità via Buonarroti 29 - 70023 Gioia del Colle
Redazione: don Giuseppe Di Corrado, Angelina Passiatore Giovanni Capotorto per santalucia@upgo.org
LA MADRE DI TUTTE LE VEGLIE Tra le tradizioni religiose per la festività di Pasqua, la più rilevante è la Veglia Pasquale, che la chiesa considera la celebrazione più importante dell’anno liturgico, una sorta di Madre di tutte le veglie, perché celebra la vittoria sul peccato e sulla morte di Cristo. La Veglia Pasquale si svolge durante la notte del Sabato Santo ed è costituita da quattro fasi principali: Liturgia del Fuoco, Liturgia della Parola, Liturgia Battesimale, Liturgia Eucaristica. Liturgia del Fuoco: Le chiese vengono lasciate al buio e cioè senza luci ne candele, da esse esce il corteo della processione che si avvia verso un braciere preparato appositamente per la cerimonia. Una volta giunti davanti al braciere si fa un breve saluto, ma senza Segno della Croce e il celebrante benedice solennemente il fuoco. Quando il fuoco è benedetto il prete estrae dal braciere alcune braci e le depone nel Turibolo, dalla fiamma che ne scaturisce accende poi il Cero Pasquale, che viene poi benedetto. Sul cero vengono tracciate una croce e le lettere greche Alfa e Omega più cifre dell'anno in corso, vengono poi conficcati alle estremità della croce e al centro cinque grani di incenso, che simboleggiano le cinque piaghe gloriose di Cristo alle mani, ai piedi e al costato. La processione riprende, il celebrante intona la frase "Lumen Christi" (La luce di Cristo) portando il cero pasquale benedetto e i fedeli rispondono "Deo Gratias" (Rendiamo grazie a Dio), rito che si ripete una seconda volta sulla porta della chiesa, dove i fedeli accendono anche una candela e una terza volta dopo essere arrivati al presbiterio. Al terzo "Lumen Christi"si accendono le luci della chiesa, il cero pasquale viene incensato e riposto. Senza l’accompagnamento musicale il prete, o un cantore in sua vece, intona l’annuncio pasquale chiamato Exultet, dopo il quale si spengono le candele e comincia la Liturgia della Parola. Liturgia della Parola: La Veglia Pasquale prevede una Liturgia della Parola più lunga e più ricca di tutte le celebrazioni dell’anno, essa infatti prevede: sette letture, otto salmi dall'antico testamento, un'epistola di San Paolo apostolo ed il vangelo scelto tra quelli di Marco, Matteo e Luca ( che sono molto somiglianti fra loro e per questo vengono indicati come i tre vangeli sinottici) per ripercorrere la storia della redenzione dall’inizio della vita in Dio. Il celebrante effettua un’orazione dopo ogni lettura e dopo ogni salmo. Le letture obbligatorie sono almeno tre, tra cui deve sempre esservi quella dell’Esodo. Terminata l’orazione della settima lettura viene intonato il Gloria al quale segue il suono delle campane. Ci sono poi alcune varianti che cambiano a seconda delle usanze del luogo: per esempio si accompagna l’organo alle campane o se le luci non sono ancora tutte accese, al momento del gloria si accendono anche quelle spente. Infine si passa a raccogliere le offerte dei fedeli e poi l’Omelia, cioè il commento delle letture da parte del prete o del vescovo, conclude la fase della Liturgia della Parola. Liturgia Battesimale: Tra le usanze religiose pasquali vi è anche quella di celebrare i battesimi nella notte tra il sabato e la domenica di Pasqua e cioè durante la Veglia. Ecco il rituale: i fedeli riaccendono le candele che già avevano all’inizio della messa e intonano i canti “Le Litanie dei santi”. Il vescovo o il diacono, preso il cero pasquale lo immerge nel Battistero benedicendo l’acqua contenuta, dopodiché passa tra i fedeli ad aspergere tutti. Se vi sono battesimi prenotati questo è il momento in cui vengono eseguiti, altrimenti si procede con le Promesse Battesimali e si conclude con la Preghiera dei Fedeli. Liturgia Eucaristica: Dopo le promesse battesimali arriva il momento dell’Eucarestia, in cui il celebrante mangia e beve rispettivamente il corpo ed il sangue di Cristo e distribuisce poi il corpo del Santissimo a tutti i fedeli, che sono in fila davanti all’altare. Per concludere il celebrante da la benedizione a tutti. Pag.2
MEDITAZIONE
IL CENTRO
Passato il sabato, nel primo giorno della settimana, di buon mattino, le donne vanno al sepolcro con quegli aromi preparati per imbalsamare il cadavere di Gesù. Quelle donne sono mosse dall’affetto, dal legame con Gesù. Hanno seguito per anni quell’uomo che avevano ritenuto rabbi e profeta, e ora che il loro rabbi e profeta è morto esse pensano di avere a che fare con un corpo morto, con un cadavere. Ma queste donne trovano il sepolcro vuoto ed entrate non trovano il corpo del Signore Gesù. Eppure avevano visto deporre quel corpo nella tomba, avevano osservato come era stato deposto: ma ora il cadavere non c’è più, è assente dalla tomba.
D'ASCOLTO IN
C’è una grande fatica da fare per credere alla resurrezione: per i discepoli, per le discepole, per Pietro e anche per noi. Occorre avere il coraggio di cercare, di andare, di essere smossi, di vincere l’inerzia e l’ignavia, di andare e di correre come hanno fatto le donne in quell’alba, o come ha fatto Pietro. Ma tutto questo non basta. Occorre leggere le Scritture, occorre davvero che le Scritture siano ascoltate, lette, ricordate, ripensate. Noi siamo tutti increduli, come le donne, come i discepoli, come Pietro. Confessiamolo: a volte non riusciamo a credere alla resurrezione, alla vittoria dell’amore sulla morte, non riusciamo soprattutto credere all’amore più forte della morte. La vita che noi viviamo contraddice in mille modi questa speranza; e il mondo e la società, così come sono, non ci danno motivi di speranza. Ma a noi, a ciascuno di noi è fatto un invito: non basta il sepolcro vuoto, non bastano assolutamente i nostri sentimenti, occorre credere all’amore; occorre fare della speranza un appiglio, un’ancora alla quale stringerci. Eppure l’essere qui può essere solo dovuto al fatto che il Risorto attira tutti noi a sé. In questo sentirci attirati non sentiamoci molto lontani dai nostri fratelli non cristiani e increduli; ma anzi, chiediamo al Signore che, come attira noi e attirando noi, attiri anche loro.
RITIRO SPIRITUALE I responsabili e i soci del Centro d'Ascolto dal Silenzio alla Parola, domenica 10 aprile u. s., presso la parrocchia Santa Lucia si sono incontrati per trascorrere il pomeriggio in ritiro spirituale. Ha guidato una approfondita riflessione il parroco don Giuseppe Di Corrado, che ha sviluppato con vera competenza il tema: L' accoglienza come dono, nella famiglia, nella comunità e nella società. La riflessione ha toccato aspetti nevralgici del vivere familiare come prima esperienza di accoglienza, comunitario perché la comunità deve essere luogo del perdono e della festa, sociale dove gli altri devono essere guardati come persone e non come individui senza volto. Non sono mancati riferimenti alla situazione socio-politica che stiamo vivendo in questi giorni in Italia e in Europa per quanto riguarda il fenomeno degl'immigrati libici. E' seguito infine un costruttivo scambio di riflessioni da parte dei presenti che è servito a chiarire vari aspetti relazionali. Una domanda diretta a ciascuno ha concluso la riflessione: "Come la nostra vita esprime uno stile di accoglienza" I partecipanti hanno sciolto l'incontro ritemprati e ben disposti ad affrontare le sfide quotidiane che le relazioni umane sovente ci propongono. Gesù risorge anche oggi Credevo che avessero ucciso Gesù, e oggi l’ho visto dare un bacio ad un lebbroso. Credevo che avessero cancellato il suo nome, ed oggi l’ho sentito sulle labbra di un bambino. Credevo che avessero crocefisso le sue mani pietose, e oggi l’ho visto medicare una ferita. Credevo che avessero trafitto i suoi piedi, e oggi l’ho visto camminare nelle strade dei poveri. Credevo che l’avessero ammazzato ancora una volta con le bombe, e oggi l’ho sentito parlare di pace. Credevo che avessero soffocato la su a voce fraterna, e oggi l’ho sentito dire:”Perché, fratello?” a uno che picchiava. Credevo che Gesù fosse morto nel cuore degli uomini e seppellito nella dimenticanza, ma ho capito che Gesù risorge anche oggi ogni volta che ogni uomo ha pietà di un altro uomo. Pag.3
Per i bambini: Perché l’uovo è un simbolo di Pasqua. L’uovo venne adottato come simbolo pasquale perché rappresenta un ciclo di vita che si rinnova ed è quindi rappresentativo della resurrezione e della vita che continua anche dopo la morte, ma ricordiamo che fin dai tempi più antichi l’uovo fu considerato simbolo di rigenerazione e prima ancora della religione cristiana, fu adottato dalle diverse religioni pagane come simbolo di sacralità. Secondo gli antichi infatti il cielo e la terra erano considerati due emisferi facenti parte dello stesso uovo e per questo le uova rappresentavano la vittoria della vita. Gli egiziani consideravano l’uovo il fulcro dei quattro elementi principali dell’universo: acqua, aria, terra e fuoco. Tra le tradizioni dei Romani vi era quella di sotterrare un uovo, dipinto di rosso, nel terreno per propiziarne la fertilità e quindi ottenere abbondanti raccolti . I Persiani usavano invece scambiarsi in dono uova di gallina nel periodo primaverile. Nel Medioevo era usanza di buon augurio regalare le uova ai propri servitori. In Germania, anche in passato, i genitori regalavano uova ai propri bambini insieme ad altri regali pasquali, mentre in Gran Bretagna gli adulti preparavano, per i figli, una piccola caccia al tesoro, di uova colorate tra i cespugli e l’erba del giardino, che secondo la leggenda tradizionale erano state nascoste dal coniglietto dispettoso. L’usanza di decorare e colorare le uova si diffuse attorno al Medioevo, le decorazioni infatti rappresentavano la primavera e il suo rifiorire e tra i nobili signori divenne tradizione regalare uova artificiali, create con materiali preziosi come l’argento e l’oro e intarsiate di pietre preziose. Nel 1883 l’orafo Peter Carl Fabergé, ricevette dallo zar l’ordine di preparare un regalo speciale per la zarina Maria e fu così che nacque il primo uovo Fabergé: un meraviglioso uovo di platino ( il metallo più prezioso in assoluto) dentro al quale si nascondeva un altro uovo in oro, che a sua volta conteneva due doni preziosi, vale a dire una riproduzione della corona imperiale e un pulcino in oro. Da allora l’ ”Uovo Fabergé” divenne famoso e prezioso, tanto che oggi sono bellissimi pezzi da collezione e nacque da quel momento l’usanza del regalo all’interno dell’uovo. Nell’ultimo secolo e quindi in tempi più recenti si è diffusa la tradizione di regalare uova di cioccolato, oltre naturalmente a decorare le uova sode benedette.
Come si fanno le uova di cioccolato? Il cioccolato fuso, mantenuto tale all’interno di enormi contenitori con intercapedini piene di acqua bollente, viene distribuito in stampi ovali. Gli stampi sono montati su di un macchinario con lunghe braccia, che fanno roteare lo stampo a 360 gradi e facendolo roteare anche su se stesso, in modo che il cioccolato all’interno si distribuisca uniformemente. Prima che la cioccolata s’indurisca totalmente, l’uovo viene aperto a metà e gli viene inserita dentro la sorpresa, dopodiché si procede alla solidificazione totale e poi al confezionamento. Per colorare le uova in maniera naturale farle bollire in un pentolino alla cui acqua è stato aggiunto un cucchiaio di aceto più: - cipolla se si desidera farle arancioni - spianaci per farle verdi - tè per ottenerle di colore giallo - barbabietola cotta per averle rosa La colomba Importante simbolo di Pasqua, oltre all’uovo, è la colomba, da sempre simbolo di pace. La colomba pasquale si ricollega infatti all’episodio della Genesi in cui si parla del diluvio universale: alla fine del diluvio fu proprio la colomba infatti a tornare da Noè, portando nel becco un ramoscello d’ulivo a testimonianza dell’avvenuta riconciliazione fra Dio e il suo popolo il che segnava la fine del castigo divino e l’inizio di una nuova epoca per tutta l’umanità. Ecco perché la colomba che vola in un cielo azzurro, con l’ulivo nel becco è in tutto il mondo simbolo di pace e gioia. Il dolce pasquale a forma di colomba, consumato al termine del pranzo di Pasqua, nasce come tradizione, verso la metà del VI secolo.
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