Anno IV n. 17 / Natale 2013
della comunità Parrocchia Santa Lucia - Gioia del Colle - BA Bollettino parrocchiale a diffusione interna
La grande festa del Natale ci dà l’opportunità di riflettere su quel mistero dell’Incarnazione, che il fondatore del Movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione, colto dallo stupore diceva: “Incredibile ma vero!”. Dio è venuto a incontrare l’uomo nella sua storia. Questo evento continua a produrre effetti prodigiosi in tutte le latitudini e longitudini del mondo. Alcuni anni fa un amico nell’augurarmi un buon Natale mi aveva inviato una immagine sul cui retro recava scritto:” Sono venuto per te e ti aspetto…”. Questo invito mi ha richiamato uno slogan di Avvento:” Dio ci dà appuntamento!”. Col Natale Dio ha mantenuto la parola e si è presentato all’appuntamento con noi. Questo mi ha fatto sorgere una domanda:” A Natale noi, cosa celebriamo? Il compiersi o l’inizio dell’incontro di Dio con gli uomini? Di certo, il Natale scandisce il momento di avvio del dialogo di Dio con tutta l’umanità. Ascoltiamo le parole dell’Angelo ai pastori:” Vi annuncio una grande gioia”. Si tratta di un annuncio che porta con sé una gioia grande. E’ una notizia incredibilmente bella: Dio ha mandato suo Figlio sulla terra. Dio ha scelto la via dell’umanità per salvare l’umanità. Oggi ci è donato un Figlio. Non c’è più posto per la sterilità, per l’incomunicabilità; tutto diviene speranza, invito ad amare, ad essere uomini di pace, per un mondo che sta perdendo il desiderio di sperare, che perde il senso dell’amore autentico, che vede minacciati gli equilibri della pace anche all’interno delle stesse famiglie. Su questo mondo sempre turbato dalla paura delle guerre, dal timore di contrarre malattie inguaribili, da una politica deludente, dalle povertà sempre più numerose, un raggio di luce parte dalla mangiatoia di Betlemme. Perché un bambino che nasce è un nuovo destino che si affaccia sul mondo, una speranza che si risveglia. Egli è nato dall’eternità nell’amore del Padre e, oggi, nasce dalla Vergine Maria nella storia. E’ Figlio di Dio e di Maria. La Scrittura dice che Egli è Forte, Immortale, Invincibile; tuttavia, è un bambino, fragile, esposto alla sofferenza, come ogni essere umano. E’ amico dell’uomo, totalmente solidale con noi. Il Natale è giustamente la storia di questo incontro, che si realizza tra Dio e gli uomini. Una nascita che è una storia d’amore: riguarda la vita della famiglia umana; così dev’essere letta la nascita di Cristo. In essa si scorge la manifestazione dell’amore del Padre “che ha amato il mondo fino a donare il suo Figlio unigenito”. E l’apostolo Giovanni scrive:”Guardate quale grande amore!”. Quel Bambino è il segno più sconvolgente dell’amore di Dio per noi. Natale è questo. E, allora, l’uomo e la donna , innestati in Cristo sono inseparabili da Dio. E, oggi, noi non possiamo che raccontare che una sola storia: quella dell’incontro di Dio con tutta l’umanità. Ogni uomo e ogni donna sono in Lui. Nel Diouomo noi ritroviamo l’uomo vero, la sua sacralità. A livello di fede non c’è più posto per la filantropia: avere sentimenti di bontà, essere più buoni a Natale, fare dei doni ai poveri non è sufficiente. Per noi, Natale significa essere cristiani. Ogni incontro con i fratelli e le sorelle deve tradursi in un incontro con Cristo, e come Lui, essere capaci di aprire la nostra vita agli altri, perché Dio ha rivelato il suo volto umano nel Bambino di Betlemme. Natale non è poesia, ma responsabilità di vita, impegno, come lo è stato per Cristo. Scriveva, infatti, Raoul Faullerau, apostolo dei lebbrosi,: “Se Cristo domani, o anche oggi, bussasse alla tua porta, sapresti riconoscerlo?”. Il Natale ci invita a promuovere gli uomini. Con la forza dell’amore, il credente unisce il proprio impegno a quello degli uomini di buona volontà per salvaguardare i valori umani; e se abbiamo l’impressione che essi si stiano perdendo, come sovente si può constatare, non si scoraggia, ma raddoppia le sue forze, mettendo in atto la sua libertà, la sua fantasia, le sue qualità, la sua esperienza di fede e di umanità per risolvere i problemi e portare la gioia del Vangelo agli uomini. Dove si trovano persone disposte a questo, si può cantare l’annunzio degli Angeli a Betlemme:” Vi annuncio una grande gioia, oggi è nato per voi il Salvatore”. E il mondo intero può continuare il suo cammino rinfrancato, anche se resta difficile, perché il Signore veglia su di esso.
Miei cari,spero che in questo Santo Natale il vostro diventi un mormorio...di preghiera! Ma forse sono troppo ottimista....
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Nelle pagine interne -in seconda: Note in margine al percorso di formazione per adulti Cosa si può fare di più per la parrocchia? Angelina ringrazia la Comunità Parrocchiale
-in terza: In 3 domande: intervista a Don Alessandro Sintesi dell’incontro del Consiglio Pastorale Vicariale Grazie a Tommaso Debellis il coro c’è!
-in quarta: Fede, Speranza...Caritas L’angolo del D.V.: Papa Francesco parla del Difensore del Vincolo Voce… della comunità via Buonarroti 29 - 70023 Gioia del Colle Redazione: don Giuseppe Di Corrado, Vito Buttiglione, Francesco Giannini, Vito Sportelli, Vito Giannelli,Angelina Passiatore, Giovanni Capotorto Vieni a trovarci e a leggerci on line su http://parrocchiasantaluciagioiadelcolle.blogspot.com e su http://www.upgo.org/upgov1/ Pagina 1
Dopo una lunga fase organizzativa il 13 novembre 2013 è partito il percorso di formazione interparrocchiale "Con Giustizia, i mercoledì di AC per gli adulti"promosso dal settore adulti di Azione Cattolica. Cinque incontri "itineranti" aperti a tutti, ospitati di volta in volta in una parrocchia diversa, alternandosi nell'organizzazione. Un modo per rilanciare l'Azione Cattolica cittadina e la collaborazione tra le parrocchie, un tempo fiore all'occhiello della chiesa gioiese. Ha aperto il primo incontro don Giosy, vice direttore diocesano settore Adulti di AC che ha commentato Mt 22, 114, l'icona biblica proposta quest'anno dall'associazione con lo slogan "Invitati inviati". Nel brano si parla d un re che festeggia le nozze, ma gli invitati non si presentano, inventando scuse o picchiando i suoi servi. Il re allora manda i servi agli angoli delle strade per invitare tutti quelli che trovano. Nella parabola Gesù sottolinea che l'INVITO non è un diritto, una cosa dovuta, ma dipende dalla nostra risposta. Gli ebrei hanno perso la loro priorità di nascita, per cui la salvezza viene offerta a ogni popolo. Tutti siamo invitati, ma spesso un atteggiamento di chiusura impedisce la crescita, dare la priorità alle nostre cose rispetto a quelle di Dio ci rende NON DEGNI di invito. Bisogna essere aperti e indossare l'abito nuziale ossia rispondere alla chiamata, assumersi le proprie responsabilità. Nel secondo incontro Mons. Nicola Dileo, giudice presso il Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese ha affrontato a braccio il tema del rapporto tra Chiesa e giustizia, miscelando sapientemente citazioni evangeliche e filosofiche con aneddoti divertenti. Un viaggio che parte dal Discorso della Montagna in cui le antinomie prospettano un diverso modo di intendere la giustizia. Non più quella degli scribi e dei farisei, basata su regole troppo rigide, imposte solo agli altri, ma una giustizia superiore. Quando Dio ha creato l'universo ha dato un posto ad ogni cosa, ad ogni creatura. Poi ha creato l'uomo e lo ha messo al centro dell'universo, dandogli il libero arbitrio, il potere di innalzarsi fino agli angeli o degradare fino alle bestie). L'uomo è ciò che sceglie di essere. Anche il perdono fa parte della giustizia che non deve essere fredda esecutrice delle leggi. Nessuno si salva da solo. L'altro non è un impedimento, ma diventa l'interlocutore della tua anima. Potete trovare il programma completo e un resoconto più dettagliato degli incontri svolti finora sul sito interparrocchiale UPGO (www.upgo.org). I prossimi appuntamenti si svolgeranno: -mercoledì 15 gennaio alle ore 19.30 presso il chiostro del Comune sul tema "Giustizia e Bene Comune" -mercoledì 5 febbraio alle ore 19.30 presso il salone della parrocchia di Santa Maria Maggiore sul tema "Giustizia e Famiglia" -mercoledì 12 marzo alle ore 19.30 presso il Cine Teatro Sacro Cuore sul tema "Giustizia e Cultura" Gianni Capotorto
Di domenica mattina, quando suona la sveglia (se mi ricordo di programmarla!), mi giro e mi rigiro e penso: “me ne sto nel letto per altri quindici minuti...tanto oggi non lavoro e mi godo qualche minuto in più di questo tepore”. Passano i quindici minuti previsti, suona nuovamente la sveglia e mi viene in mente che oggi ho solo un’ ’ “incombenza”: la partecipazione alla Santa Messa. Dico bene alla Santa Messa e non semplicemente alla Messa. E’ importante: ci devo andare! Mi dedico poi a tutte le operazioni mattutine di routine e...comincia la drammatica sfilza di domende altrettanto di routine: cosa mi metto? farà freddo? mi faccio la barba? Quando poi mi accorgo di essere in leggero ritardo, comincio a lamentarmi: non potrebbero celebrare la Messa un po’ più tardi? o magari di pomeriggio dopo le partite...o dopo il pisolino pomeridiano? Perchè devo andarci proprio adesso? In realtà molte volte mi rendo conto che il mio unico problema è: andare a Messa per affrancarmi dal dovere di santificare la mia domenica da cristiano! Ma mi rendo conto anche che forse non basta... Perché dietro a tutto questo non c’è solo il parroco, ma un team di persone che coopera e dona il suo tempo prezioso, affinchè si realizzi tutto il lavoro parrocchiale, celebrazioni in primo luogo. Nostro Signore potrebbe cambiare gli uomini anche da solo...ma vuole aver bisogno di piccoli operai come noi. Per non parlare di tutte le altre attività importantissime, che ruotano attorno ad una parrocchia, che mi rendo conto sono davvero tante. Per questo sto imparando che, prima di esigere il piatto pronto, forse non è male andare a cercarselo e magari contribuire a cucinarlo. Quindi, quando pensiamo che la Parrocchia è carente in questa o quella cosa, proviamo ad immaginare quello che potrebbe fare ognuno di noi o come potremmo contribuire, affinchè si realizzino tutte le nostre aspettative: far diventare la Nostra Parrocchia non solo un luogo di culto, ma uno spazio di condivisione. A questo punto mi sono chiesto: cosa si può fare di più per la Parrocchia? E ho deciso: tanto per cominciare provo a scrivere un articolo per il Giornalino Parrocchiale! Dipace Matteo
Sento il dovere di ringraziare pubblicamente la mia, la nostra, comunità che mi è stata particolarmente vicina nei cinque mesi più difficili della mia vita , vissuti in gran parte nell’Istituto Nazionale Tumori di Milano. Quel “particolarmente” non è formale, ma rispecchia i diversi, originali , modi in cui questa vicinanza si è manifestata, li descriverò ringraziando coloro che porterò sempre nel cuore. Grazie a Don Giuseppe e alle sue sorelle, con il primo ho avuto un fitto scambio di sms che hanno incoraggiato, compreso, condiviso e placato dolori, paure, dubbi, le seconde con le loro preghiere e uno splendido vassoio di dolcezze hanno saputo lenire lo sconforto di ritrovarsi soli intorno a un tavolo con una sedia vuota . Grazie alle mie “colleghe” catechiste Enza Emilia,Antonella ,Marina, Piera,Teresa, ad Antonio e don Alessandro che con telefonate , messaggi scritti e orali anche su internet e face book, mi hanno fatto sentire il calore dell’amicizia nata dalla condivisione di una fede , grazie a tutti coloro che con preghiere comunitarie (Rocco, Caterina, Francesca, Maria e il suo gruppo) o personali, e qui racchiudo i tanti che non ho citato, hanno chiesto a Dio di esserci vicino . Le loro preghiere non sono state vane: il mio Nicola, ha sperato prima, ha capito poi, ha accettato e pregato infine … e Dio era con lui. Ora entrambi hanno un grande compito: aiutare chi resta a ritrovarli negli altri, a trovare quella consolazione che, come ha detto don Giuseppe per il trigesimo, è tanto difficile dare. Grazie a Vito e Gianni, agli amici della redazione per avermi concesso lo spazio sui blog e sul giornale. Angelina Passiatore De Mattia Pag.2
- Quali sentimenti ti hanno pervaso nel momento culminante della tua ordinazione sacerdotale? Sono già trascorsi tre mesi dalla mia Ordinazione Sacerdotale e per tutta la vita credo sarà impossibile cancellare o far si che si affievoliscano i sentimenti, che mi hanno pervaso in quel momento, in quel Giorno direi, ma in modo particolare in quelle due ore di Concelebrazione Eucaristica, nella quale venivo ordinato sacerdote mediante l’imposizione delle mani del Vescovo. Sentimenti di incredulità e di stupore soprattutto per quello che stava avvenendo. La sensazione dominante era questa: mi sembrava di sognare ad occhi aperti. La gioia è stata ed è grande, ma credo che un pizzico di incredulità per così grande dono ricevuto è naturale. Diceva il Santo Curato d’Ars: “ Se un sacerdote si rendesse davvero conto di Chi rappresenta e cosa realmente accade mentre celebra l’Eucarestia, di certo morirebbe all’istante”. Ecco perché spero di non perdere mai quella sensazione di incredulità (non di chi non crede al Mistero, ma di chi crede che qualcosa di infinitamente più grande della sua persona e di immenso gli sia capitato). -Quale “interpretazione” intendi dare al tuo essere “Alter Christus” in un mondo difficile qual è il nostro? Non è facile dare un’interpretazione dell’Alter Christus. Il sacerdote è “altro Cristo” , cioè la continuazione di Lui nella storia degli uomini e nella vita della Chiesa, attraverso il secondo grado dell’ordine Sacro che gli è stato conferito nell’Ordinazione sacerdotale. Credo che nel mondo, in cui viviamo, essere un “altro Cristo” non sia difficile quanto piuttosto impegnativo. Si, perché è in termini di coerenza che ci giochiamo tutto. Se dobbiamo essere “altri Gesù”, dobbiamo lasciar trasparire Lui da tutto noi stessi, dal linguaggio e dai comportamenti. San Paolo dirà: “Chi crede in Gesù deve comportarsi come lui si è comportato”. Ecco perché, se sacramentalmente noi sacerdoti rappresentiamo Cristo e dobbiamo lasciar intravedere Lui dalla nostra persona, ogni cristiano non deve mai dimenticare di non essere esente da ciò: essere anch’egli un “alter Christus”. Non a caso ad Antiochia i primi discepoli di Gesù furono chiamati “cristiani”, forse perché davvero assomigliavano a quel Cristo. C’è un sacramento, che accomuna il sacerdote e il fedele circa l’essere entrambi “alter Christus”, ed è il sacramento del quotidiano. Sempre e dovunque dobbiamo essere quella “longa manus” di Cristo, quel prolungamento di Lui negli ambienti di vita quotidiana. -Secondo te di cosa ha bisogno la nostra parrocchia per essere all’altezza della sua missione nel contesto, in cui opera? Non ci sono ricette per dire di cosa la nostra parrocchia ha bisogno, cosi come ogni comunità cristiana, per poter essere all’altezza della missione di evangelizzazione nel contesto in cui vive ed opera. Per “nostra parrocchia” intendo ogni singolo e non una massa anonima di persone, perchè ogni singolo appartenente a questa porzione di popolo di Dio deve interrogarsi su come vive la propria vocazione cristiana, dentro la Chiesa e fuori. Dovremmo un po' tutti recuperare la gioia di essere cristiani, la freschezza del Vangelo, che oggi più che mai non deve sembrarci un racconto lontano ma una Parola vivente, che cammina insieme a noi, che gioisce con noi, che soffre con noi, che muore per noi, che risorge per darci Speranza. Oltre alla gioia di essere cristiani, dobbiamo avvertire fortemente l’appartenenza alla Chiesa e alla comunità parrocchiale, in cui il Signore ci ha posti, sentire forte il desiderio di renderci disponibili all’interno della famiglia parrocchiale, di dare il nostro piccolo ma sempre indispensabile contributo in termini di tempo, di presenza, di collaborazione, secondo le proprie disponibilità e inclinazioni. Gioia, bisogno di sentirci parte della comunità, rendendoci disponibili, e infine credo anche dovremmo recuperare l’idea di parrocchia come “famiglia”. Qualcuno ha detto che la parrocchia è “famiglia di famiglie, casa tra le case”. Credo non servano molte parole per commentare questa espressione. E’ il desiderio, che spero fiorisca nel cuore di tutti, ed è la testimonianza più bella che come comunità possiamo dare al mondo che ci circonda spesso indifferente e diffidente. Vito Buttiglione
Il 2 dicembre scorso si è tenuta presso la Parrocchia Immacolata di Gioia il Consiglio pastorale dell’VIII Vicaria. Si è parlato della visita vicariale, che si terrà a Sammichele il 20-1-2014, a partire dalla celebrazione eucaristica delle ore 18,00. Sono state rivolte sollecitazioni a mettere in atto iniziative in occasione del pellegrinaggio a Maria SS. Odegitria, patrona della diocesi, che si svolgerà il 6-3-2014. Sul terzo punto, il cammino di speranza, tema di questo nuovo anno liturgico, sono state sollecitate riflessioni, iniziative, traguardi parrocchiali e comunitari da poter condividere. L’incontro, soprattutto su questo punto, ha dimostrato una frettolosa e incerta elaborazione, dovuta anche ai tempi stretti con cui si è arrivati alla convocazione dell’incontro. Come ha sottolineato il nostro parroco, don Giuseppe, ed anche il sottoscritto, si sta peccando di improvvisazione,con un lavoro a comparti stagni, privilegiando il campo dottrinale rispetto all’impegno concreto. Non si può “ inventarsi “ ogni anno un tema e pensare di esaurirlo nel corso dello stesso, per passare l’anno successivo ad un altro tema e ad un altro l’anno successivo, tacitando la propria coscienza di essersi impegnati su diversi temi dottrinali, ma occorrerebbe avere un filo conduttore, a partire dai bisogni dei credenti, dai perenni bisogni e soprattutto dai nuovi bisogni della società moderna. E poiché la nostra società è caratterizzata dal crescente materialismo e dalla crisi della famiglia è stato ribadito dal nostro consiglio pastorale che occorre avviare una seria riflessione sulla famiglia per intercettarne i bisogni e successivamente avviare una pastorale che coinvolga sempre più le famiglie nella comunità parrocchiale e cittadina. Solo così si potrà tornare a fare Chiesa, partendo dalla base, uscendo dalle sacrestie (laici e religiosi), incontrando le famiglie, i giovani, che si allontanano da una comunità ecclesiale che avvertono forse lontana da loro e arroccata su posizioni dottrinali-teologiche non calate, poi, nella realtà quotidiana. Occorrebbe seguire l’esempio di Papa Francesco, che in modo semplice ed efficace si fa povero tra i poveri e cerca di aprire un dialogo con tutti, avvicinandosi ai problemi degli uomini di oggi. Occorrerebbe saper ascoltare ed agire conseguentemente, manifestando al mondo che l’impegno che segue all’ascolto è la testimonianza vivente del messaggio cristiano su cui si fonda il nostro Credo religioso. Francesco Giannini
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Abbiamo appena chiuso l’Anno della Fede che il nostro Arcivescovo ci ha proposto una nuova Virtù Teologale, la Speranza. Come ci ha ricordato Papa Francesco nell’Udienza Generale del 4 dicembre, è dalla Fede stessa che scaturisce ed è ad essa collegata strettamente. Essa, infatti, ha il suo saldo fondamento nella risurrezione del Signore. In quell’evento unico e irripetibile nella storia del mondo noi conosciamo la nostra Speranza nella vita che non muore. Sappiamo, però, che il Signore non ci riempie di parole a buon mercato, come siamo soliti vedere in questi nostri travagliati giorni. La luce del Risorto ci impegna all’amore vicendevole. È ancora il Papa, nella recente Esortazione Evangelii gaudium e ancora più chiaramente in un videomessaggio per la Giornata della lotta contro la Fame, ad indicarci la strada: quella della missione e della condivisione. Il Santo Padre, in quel messaggio, ci ricorda che Gesù ci giudicherà con le parole: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare ecc.” e denuncia lo scandalo di un miliardo di persone che ancora oggi soffrono la fame.
Mentre, dunque, da un lato ci spinge alla gioia di diffondere la parola del Vangelo, la parola che salva e dà Speranza, dall’altro lato ci esorta alla condivisione, all’amore fraterno che scaturisce proprio dalla parola annunciata. L’amore, allora, è la strada maestra che ci conduce a Colui che è amore e che ci invita all’amore. Come sappiamo la missione e la condivisione non coinvolgono soltanto coloro che decidono di andare in terre lontane, ma tutta la Chiesa e sono rivolte a tutti gli uomini e le donne che si trovano nel bisogno, a partire dal vicino di casa e da chi chiede soltanto un po’ di compagnia. Lo stesso Pontefice, nel documento citato, partendo dalla contemplazione della Gerusalemme Celeste come nostra Patria, indica nella città terrena il luogo proprio della donazione e della testimonianza d’amore. Il tempo d’Avvento, l’attesa trepidante e insieme gioiosa del Signore che viene nella nostra carne e la consapevolezza, espressa nella SS. Eucarestia, intorno all’Altare, del suo ritorno in tutt’altro aspetto, è tempo quanto mai favorevole per prendere coscienza di tutto questo. Come più volte detto fra le pagine di questo Bollettino, il nostro Gruppo Caritas cerca di vivere questo aspetto del messaggio di Cristo. Chi ci segue assiduamente sa quali sono i nostri obiettivi e come crediamo di muoverci nell’ambito del territorio della Parrocchia, nei confronti delle varie emergenze sporadiche e davanti ad impegni di più a lungo termine. I tempi non ci consentono di essere particolarmente di manica larga come vorremmo essere. La penuria locale, dovuta alla ben nota situazione di crisi e, diciamocelo francamente, la scarsa rispondenza della Comunità a reiterati appelli alla solidarietà, rendono spesso difficili e carenti le ri-
sposte che vorremmo e potremmo dare. I bisogni, infatti, sono tanti e, se la buona volontà e la generosità di alcuni compensano le mancanze di molti, tuttavia ci rendiamo conto che tutto ciò sa troppo di burocrazia e di quella Ong che molto spesso il Papa ha detto che non vuole che la Chiesa sia. L ’E u c a r i s t i a r i c e v u t a , d u n q u e , c’interpella fortemente. Consapevoli dell’umana debolezza, sappiamo che le parole sopra riportate e la lezione del Papa sono dirette innanzitutto a noi, che conosciamo e mettiamo in conto anche eventuali fallimenti (e Dio sa quanti ce ne sono!) e, quindi, non possiamo, né vogliamo, predicare ex cathedra, ma vogliamo essere soprattutto testimoni dell’amore di Dio e dispensatori di gioia e di speranza in un contesto assai problematico e osiamo – lo diciamo ancora una volta – contare su quanto la Comunità intera vorrà metterci a disposizione sia in aiuti materiali concreti sia in disponibilità soprattutto giovanili ed energiche. Il nostro augurio natalizio è, dunque, quello di lasciarvi coinvolgere dall’amore di Dio, offrendo la vostra vita e accogliendo il prossimo come Cristo ci ha insegnato. Rocco Barbalinardo
Dal mese di novembre la Santa Messa viene celebrata nella chiesetta di San Giuseppe a settimane alterne di sabato alle ore 19,30. La prossima data prevista per la celebrazione è il 21 dicembre prossimo.
Papa Francesco ha incontrato la plenaria (cioè tutti i membri compresi i consultori) del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica nello scorso mese di novembre nella Sala Clementina in Vaticano. Ebbene, egli ha sottolineato nel suo discorso il ruolo del Difensore del Vincolo nel ricordare il contributo del Dicastero nella preparazione alla Istruzione Dignitas Connubii, la legge particolare che regolamenta minuziosamente il processo di nullità matrimoniale. In primo luogo, il Pontefice ha ricordato che l'intervento del d.v. “è senz'altro opportuna, perché la sua presenza e il suo intervento sono obbligatori per tutto la sviluppo del processo”. Inoltre, Papa Francesco ha sottolineato “la solerzia che egli deve porre nel valutare i quesiti rivolti ai periti, nonché le risultanze delle stesse perizie”. Non ha mancato di dare indicazione anche su come devono essere svolte le osservazioni (l'atto scritto proprio del d.v.) ricordando che: “non può limitarsi ad una frettolosa lettura degli atti, né a risposte burocratiche e generiche.“ In linea con il suo stile il Pontefice ha concluso ricordando ai ministri di giustizia che “il servizio alla giustizia è un impegno di vita apostolica: esso richiede di essere esercitato tenendo fisso lo sguardo all'icona del Buon Pastore, che si piega verso la pecorella smarrita e ferita”. I tribunali ecclesiastici rientrano quindi a pieno titolo nella azione pastorale della Chiesa. Vito Giannelli
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