Voce quaresima 2014

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Anno IV n. 18 / Marzo 2014

della comunità Parrocchia Santa Lucia - Gioia del Colle - BA Bollettino parrocchiale a diffusione interna L' Angolo di Don Giuseppe

Vivere la Quaresima nella povertà evangelica Con il mercoledì delle ceneri, per chi intende viverlo bene, ha inizio un lungo e fecondo periodo di vita spirituale che la liturgia chiama “tempo di grazia”: la Quaresima. Questo tempo guida il cristiano verso il centro di tutto l’anno liturgico con la meditazione della passione, della morte e della sepoltura di Cristo e raggiunge il culmine nella domenica di Pasqua. Il sacro tempo di Quaresima è ritenuto così importante che da sempre i pontefici l’hanno fatto precedere con un messaggio e una raccomandazione tesa a orientare il nostro cammino. In questo anno papa Francesco ha emanato il suo messaggio che prende l’avvio dalle parole dell’apostolo Paolo alla cristianità di Corinto:”Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”(2Cor 8,9). Il papa pone quindi alcune domande:” Che cosa dicono a noi, cristiani d’oggi, queste parole di san Paolo? Che cosa dice a noi l’invito alla povertà, a una vita povera in senso evangelico?”. Da questo si comprende subito quale taglio il papa ha voluto dare al messaggio quaresimale di quest’anno. La Quaresima è spogliazione di ogni cosa che appesantisce e soffoca lo spirito, è ritorno alla semplicità di vita, è apertura del cuore a Dio e ai fratelli, è imitazione della povertà di Cristo. Per il vero credente, la povertà di Cristo è la più grande ricchezza, perché nella condivisione della condizione umana, eccetto il peccato, ci ha dato la possibilità di riscattarci dal peccato. Ancora di più, quella sua povertà è manifestazione di amore, del suo “farsi prossimo” ad ognuno di noi, come il buon Samaritano che si ferma , si piega, cura le ferite e si fa carico di chi è stato vittima dei “briganti” ed è stato abbandonato sul ciglio della strada. E’ proprio questa povertà che ci rende ricchi e ci libera, è questo modo d’amarci pieno di compassione, di tenerezza e di condivisione che ci rende uomini e donne nuovi. La via della povertà – dice il papa – è la sola che salva il mondo in ogni epoca, anche nella nostra. “Dio continua a salvare gli uomini e il mondo mediante la povertà di Cristo”, il quale si fa povero nei Sacramenti, nella Parola e nella sua Chiesa, che è un popolo di poveri. La ricchezza di Dio non può passare attraverso la nostra ricchezza, ma sempre e soltanto attraverso la nostra povertà, personale e comunitaria, animata dallo Spirito di Cristo”. Come cristiani, “siamo chiamati a guardare le miserie dei fratelli, a toccarle, a farcene carico e a operare concretamente per alleviarle. La miseria non coincide con la povertà; la miseria è la povertà senza speranza”. E poi distingue tre tipi di miseria: la “miseria materiale” è quella più evidente per cui una persona non ha cibo sufficiente, o acqua , condizioni igieniche, lavoro, possibilità di progresso e di crescita culturale. E’ la povertà che più ci colpisce, perché è la più ingiusta. Ma la Chiesa non sta con le mani in mano. Da secoli offre il suo servizio sfamando, curando e impegnandosi perché “cessino nel mondo le violazioni della dignità umana, le discriminazioni e i soprusi che, in tanti casi, sono all’origine della miseria”. C’è anche la “la miseria morale, non meno preoccupante. Tocca tante famiglie che vivono nell’angoscia e si rovinano, “perché qualcuno dei componenti, spesso giovane, è soggiogato dall’alcol, dalla droga, dal gioco, dalla pornografia! Quante persone hanno smarrito il senso della vita, sono prive di prospettive sul futuro e hanno perso la speranza! E quante persone sono costrette a questa miseria da condizioni sociali ingiuste, dalla mancanza di lavoro che le priva della dignità che dà il portare il pane a casa, per la mancanza di uguaglianza rispetto ai diritti all’educazione e alla salute”. Infine, papa Francesco, evidenzia la terza forma di povertà: quella “spirituale”che ha nel Vangelo il vero antidoto. Il cristiano è impegnato a portare in ogni ambiente l’annuncio liberante: “ Esiste il perdono del male commesso, Dio è più grande del nostro peccato”. Tutto ciò testimonandolo con la nostra vita e la nostra partecipe solidarietà. Conclude papa Francesco:”Diffido dell’elemosina che non costa e non duole”.

Gli appuntamenti della Quaresima -Confessioni tutti i giorni dalle ore 17,00 -5 marzo Mercoledì delle Ceneri -Tutti i Venerdì Via Crucis alle 17,30 seguita dalla Santa Messa -Stazione Quaresimale 16, 17 e 18 marzo/ore 18,30 -Domenica 13 Aprile: Domenica delle Palme (benedizione delle palme in ogni Messa e Benedizione Solenne prima della Messa delle ore 11,00) -Martedì 15 Aprile: Celebrazione per la Riconciliazione, Confessione e Assoluzione individuale in Chiesa Madre alle ore 19,00 -Giovedì 17 Aprile: Santa Messa della Cena del Signore e Reposizione -Venerdì 18 Aprile: ore 16,30 Azione Liturgica nella Passione del Signore -Sabato 19 Aprile: ore 22,30 Solenne Veglia Pasquale nella Notte Santa Domenica 20 Aprile: Santa Pasqua

L’ha detto anche Papa Francesco: nessuno è perfetto e... voi meno di tutti! Siete il mio cammino penitenziale voi!!!

Don Mimì

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Nelle pagine interne -in seconda: Come sale senza sapore Ricorrenze & ricorrenze “Il Ricamo di Dio” Ma io vi dico

-in terza: Cardinale...a 98 anni Tornerà il sole Riflessioni di una catechista

-in quarta: Quaresima e carità L’angolo del D.V.: Inaugurazione dell’anno giudiziario Voce… della comunità via Buonarroti 29 - 70023 Gioia del Colle Redazione: don Giuseppe Di Corrado, Vito Buttiglione, Francesco Giannini, Vito Sportelli, Vito Giannelli,Angelina Passiatore, Giovanni Capotorto Vieni a trovarci e a leggerci on line su http://parrocchiasantaluciagioiadelcolle.blogspot.com e su http://www.upgo.org/upgov1/ Pagina 1


Come sale senza sapore

Per i genitori e non solo: una risposta ai più difficili “perchè". ” Il RICAMO DI DIO”

Qualche settimana fa il Vangelo ci invitava ad essere "il sale della terra", ammonendoci di non perdere il nostro sapore, la capacità di portare la speranza nel mondo. Non è un'impresa facile, lo sappiamo bene; non sempre riusciamo a essere dei testimoni credibili, a perseverare nella nostra fede traballante. Soprattutto se confidiamo solo nelle nostre capacità e non sappiamo aprirci all'aiuto che ci viene dall'alto, se crediamo che tutto dipenda solo dai nostri comportamenti. Non è facile a volte neanche scrivere queste righe che dovrebbero parlare di speranza, di gioia e non riuscire a trovare le parole giuste, la voglia di parlare di certi temi che non riesco a vivere e a testimoniare totalmente nella mia vita. San Pietro scriveva di essere "sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi", ma spesso ci sentiamo inariditi dalle vicende di questo mondo, incapaci di accogliere le parole del Signore, di seguire con fiducia le sue vie tortuose. Alcuni si rifugiano nell'attivismo, pensano che fare mille cose, costruire la speranza sulla terra possa aiutarli a placare la loro sete. Fare del bene è sicuramente utile e meritorio, ma a volte diventa solo un obbligo o un'abitudine. Altri fuggono via, come i discepoli dispersi dopo l'arresto di Gesù, abbandonano il cammino intrapreso che ormai non offre alcuna sicurezza. Spesso, desiderosi di trovare una guida che indichi loro il cammino, si affidano a maestri improvvisati, capaci di offrire solo promesse o illusioni. Per ritrovare il proprio sapore è necessario affidarsi al Signore, ricaricarsi con la sua Parola e con la forza dataci dai Sacramenti, lasciare che sia Lui ad indicarci il cammino. A volte la Chiesa sottovaluta questo problema, non si preoccupa troppo dei tanti che si perdono per strada, punta più a evangelizzare i non credenti che a ridare sapore a chi lo sta perdendo. Forse siamo troppo abituati a dare per scontato l'impegno di chi ci sta accanto, talmente preoccupati solo delle tante cose da fare da non accorgerci delle situazioni di malessere intorno a noi. Gianni Capotorto

Quando io ero piccola mia madre era solita cucire tanto. Io mi sedevo vicino a lei e le chiedevo cosa stesse facendo. Lei mi rispondeva che stava ricamando. Osservavo il lavoro di mia madre da un punto di vista più basso rispetto a dove stava seduta lei, cosicché ogni volta mi lamentavo dicendole che dal mio punto di vista ciò che stava facendo mi sembrava molto confuso. Lei mi sorrideva, guardava verso il basso e gentilmente mi diceva: "Figlia mia, vai fuori a giocare un po' e quando avrò terminato il mio ricamo ti metterò sul mio grembo e ti lascerò guardare dalla mia posizione". Mi domandavo perché utilizzava dei fili di colore scuro e perché mi sembravano così disordinati visti da dove stavo io. Alcuni minuti dopo sentivo la voce di mia madre che mi diceva: "Figlia mia, vieni qua e siediti sul mio grembo". Io lo facevo immediatamente e mi sorprendevo e mi emozionavo al vedere i bei fiori o il bel tramonto nel ricamo. Non riuscivo a crederci; da sotto si vedeva così confuso. Allora mia madre mi diceva: "Figlia mia, di sotto si vedeva confuso e disordinato ma non ti rendevi conto che di sopra c'era un progetto. C'era un disegno, io lo stavo solo seguendo. Adesso guardalo dalla mia posizione e saprai ciò che stavo facendo".Molte volte lungo gli anni ho guardato il cielo e ho detto: "Padre, che stai facendo?". E Lui risponde: "Sto ricamando la tua vita". Allora io replico: "Ma si vede così confuso, è tutto un disordine. I fili sembrano così scuri, perché non sono più brillanti?".E Dio sembra dirmi: "Figlia mia, occupati del tuo lavoro... e io faccio il mio. Un giorno ti porterò in cielo e ti metterò sul mio grembo e vedrai il disegno dalla mia posizione... E allora capirai...!!!" Nei giorni in cui sembra che nemmeno Dio si ricordi di te, invece di angustiarti ripeti con certezza: "Signore, io confido in te" . Angelina Passiatore

Ricorrenze & Ricorrenze Quest’anno ricorre il 1710° anniversario della martirizzazione della protettrice della nostra Parrocchia: Santa Lucia. Un’altra ricorrenza non meno importante è quella che ci ricorda l’elezione del 266° Vescovo di Roma: Jorge Bergoglio, eletto Papa, Francesco, il 13 marzo 2013. Come lui stesso ha detto, i cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, da una nazione in cui per molti decenni la violenza, la povertà, la negazioni dei diritti umani sono stati gli elementi distintivi di quella società. E dalla fine del mondo Lui in questo primo anno ha dimostrato di voler far arrivare la Parola fino agli estremi confini del mondo. E’ un Papa umile e rivoluzionario così come umile e rivoluzionario è stato Gesù; rivoluzionario, ma pacifico, che fa della pace, dell’amore e del dialogo le armi della sua rivoluzione e della testimonianza del messaggio cristiano. E’ stato definito il Papa della strada, perché ama stare con gli altri, non chiuso nelle mura della curia. Vuole portare la Chiesa dove si trova la gente: per le strade, dove incontrare i fratelli poveri e bisognosi del messaggio di speranza, di salvezza e di amore, di qualsiasi razza e credo; questa è la sua rivoluzione. La sua non è una scelta recente, ma ha segnato le tappe della sua vita. Da sacerdote frequentava i quartieri poveri, camminava a piedi fra le baraccopoli; non per nulla ha abbracciato la vocazione missionaria propria dei Gesuiti. Da Arcivescovo la sua attività è stata orientata su tre fronti: la povertà, l’istruzione ed il dialogo interreligioso. Governare significa servire i fratelli, bisogna scendere in basso per servire i poveri, come vorrei una Chiesa povera, per i poveri ha più volte ripetuto Papa Francesco. Ogni giorno Papa Francesco continua a darci pillole di saggezza, pillole di riflessioni evangeliche. Preghiamo il Signore che ce lo conservi per moltissimi anni ancora in buona salute e perché con coraggio continui ad indicare al popolo cristiano e a tutti gli uomini la strada da seguire per il raggiungimento della pace su questa nostra Terra travagliata per giungere poi a ritrovarci a celebrare la Pasqua eterna nel cielo. Francesco Giannini Pag.2

Ma io vi dico Nel discorso tenuto da papa Francesco , il 27 settembre 2013, ai partecipanti al congresso internazionale sulla catechesi egli esordiva dicendo: ”... la catechesi è un pilastro per l’ educazione alla fede, e ci vogliono buoni catechisti…..Educare nella fede , perché lei cresca. Aiutare i bambini, i ragazzi , i giovani, gli adulti a conoscere e ad amare sempre più il Signore è una delle avventure educative più belle, si costruisce la Chiesa ! Essere catechisti! Non lavorare da catechisti: …se tu non “ sei” catechista non serve”…”Essere” catechisti chiede amore,amore sempre più forte a Cristo, amore al suo popolo santo… non si compra nei negozi…E’ un regalo di Cristo! E se viene da Cristo parte da Cristo e noi dobbiamo ripartire da Cristo , da questo amore che lui ci dà”. Il papa sostiene che ripartire da Cristo significa avere familiarità con lui, poiché essere catechisti “ non è un titolo, è un atteggiamento: stare con lui; e dura tutta la vita!...Lasciarsi guardare dal Signore…Questo scalda il cuore, tiene acceso il fuoco dell’amicizia col Signore, ti fa sentire che Lui veramente ti guarda , ti è vicino e ti vuole bene.” “ ….Ripartire da Cristo significa imitarlo nell’ uscire da sé e andare incontro all’altro. Questa è una esperienza bella , e un po’ paradossale…perchè chi mette nella propria vita Cristo, si decentra! Più ti unisci a Gesù e Lui diventa il centro della tua vita, più Lui ti fa uscire da te stesso, ti decentra e ti apre agli altri….E’ questo è il lavoro del catechista: uscire continuamente da sé per amore, per testimoniare Gesù e parlare di Gesù, predicare Gesù. Questo è importante perché lo fa il Signore: è proprio il Signore che ci spinge ad uscire. Il cuore del catechista vive sempre questo movimento di “sistole-diastole” : incontro con Gesù - incontro con l’altro” . E ancora è ribadito il concetto della periferia, che significa andare , come dice il papa non solo fisicamente , ma soprattutto spiritualmente dove Lui ci aspetta : “ nel cuore di quel fratello, nella sua carne ferita, nella sua vita oppressa, nella sua anima senza fede….nella periferia dei bambini che non sanno farsi il segno della Croce . A Buenos Aires ci sono tanti bambini che non sanno farsi il segno della Croce. Questa è periferia! Bisogna andare là…”.Quante volte anche noi ci stupiamo del fatto che bambini e adulti non sanno fare il segno di Croce, per non dire di altri comportamenti che spesso non riusciamo a spiegare …Ma come dice il papa non si deve scappare, si deve uscire dagli schemi , non rifiutare di andare a Ninive, come Giona, perché questa città era al di fuori dei suoi schemi , alla periferia del suo mondo, così come alla periferia del nostro mondo spesso c’è , senza che ce ne rendiamo conto, chi ci è più vicino : genitori disorientati, catechisti affranti ed amareggiati, adulti in crisi. Ma dice ancora il papa:” Rimaniamo con Cristo…seguiamolo, imitiamolo nel suo movimento d’amore, nel suo andare incontro all’uomo; e usciamo,apriamo le porte,abbiamo l’audacia di tracciare strade nuove per l’annuncio del Vangelo.” “ Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?” (Is 49, 14-15) Emilia Laterza


Cardinale...a 98 anni Lo scorso 22 febbraio 2014 il Santo Padre Francesco ha elevato alla dignità cardinalizia l’Arcivescovo Loris Capovilla, conosciuto come don Loris, segretario personale del Beato papa Giovanni XXIII, “il papa buono”, che il prossimo aprile sarà elevato agli onori degli altari insieme al beato papa Giovanni Paolo II. Il cardinale Capovilla è uno di quegli uomini, che sono stati colonne portanti per la Chiesa in tempi unici come gli anni, in cui Giovanni XXIII indisse il Concilio Ecumenico Vaticano II, ed è una figura che lascia trasparire ancora dal suo volto di uomo quasi centenario quella freschezza e quella gioia del Vangelo, che non si trova a volte sul volto dei giovani. Dopo essere stato segretario di papa Roncalli, è stato vescovo di Chieti e poi di Loreto ed ora vive nel silenzio e nella preghiera nell’umile casa, che fu della famiglia Roncalli a Ca’ Maitino in Sotto il Monte in provincia di Bergamo. Ho avuto la gioia di conoscerlo, di parlarci e soprattutto di ascoltarlo per ben due ore ininterrottamente e senza che mi facesse annoiare per un solo secondo: dai suoi occhi traspariva l’immagine ed il volto di Giovanni XXIII e soprattutto unico ed emozionante è stato il suo raccontare il celebre episodio del “discorso della luna”, che papa Roncalli fece la sera dell’apertura del Concilio, affacciandosi dalla finestra dell’Angelus in Piazza San Pietro. Capovilla racconta: “papa Giovanni era stanco e non voleva affacciarsi nonostante io insistessi, perché c’era gente ad aspettare la sua benedizione. Vi era una folla immensa e tutti avevano un lumino acceso tra le mani. La luna era bellissima. Poi gli dissi: “Santità guardi che spettacolo!” Si affacciò, guardò e mi disse: “don Loris mi dia la stola, darò la benedizione, ma non parlerò”. “ E fu cosi che a braccio, nonostante avesse detto di voler tacere, fece quel discorso, che resterà memorabile nella storia della chiesa: “ Persino la luna si è affacciata a guardare questo meraviglioso spettacolo. […] Tornando a casa troverete i bambini, date una carezza ai vostri bambini e dite: “questa è la carezza del papa”! Troverete qualche lacrima da asciugare sul loro volto, ma dite: “il papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza […] Amore di Dio, amore dei fratelli; e poi, tutti insieme, sorretti dalla pace del Signore, avanti nelle opere di bene”. Il cardinal Capovilla è una di quelle figure di santità, nascosta agli occhi del mondo, ma che non smette mai di trasmettere ai tanti pellegrini, che si recano a Sotto il Monte non solo la sua fortuna di aver vissuto accanto ad un papa ora santo, ma soprattutto la gioia del suo essere cristiano e in modo particolare lo spirito ottimista tipico di chi non ha mai perso quella fiducia, che scaturisce dal Vangelo. Don Alessandro

Siamo lieti di pubblicare su gentile concessione dell’autore un “assaggio” da “Fogli diVersi” del nostro Gianni, invitandovi tutti al “consumo” dell’intera raccolta..

Tornerà il sole Il mondo cade come pioggia dal cielo. Piove a dirotto ormai. E noi? Noi siamo seduti, a guardare la pioggia, ad aspettare, come relitti nei flutti. E, prima o poi, tornerà il sole. Anche per noi! Gianni Capotorto

Riflessioni di una catechista Tutto comincia dalla famiglia Nella mia seppur breve esperienza da catechista sto avvertendo in modo sempre più preoccupante la difficoltà a costruire con i genitori e le famiglie un rapporto di accoglienza reciproca, di dialogo e di complicità. Quest’anno in modo particolare sin dal momento delle iscrizioni ho percepito dalle domande e dalle richieste dei genitori una quasi totale mancanza di consapevolezza: molti di loro hanno un’idea vaga della Chiesa e non sanno bene a cosa si impegnano iscrivendo il proprio figlio al catechismo. A tutt’oggi, ormai a metà dell’anno catechistico, non ho ancora avuto il piacere di conoscere alcuni dei genitori dei bambini che seguo, né tantomeno avverto da parte loro la necessità, il piacere ( quantomeno la curiosità) di conoscere il nome o il volto delle persone a cui hanno affidato il compito dell’iniziazione cristiana dei loro figli. Sono sfuggenti, quasi inafferrabili, accompagnano di corsa i bambini e ancor più frettolosamente tornano a riprenderli lasciando puntualmente deluse le speranzose aspettative di ricevere un semplice e cordiale saluto o magari di scambiare piacevolmente due parole. Il volto di un popolo si plasma in famiglia. E’ qui “che i suoi membri acquisiscono gli insegnamenti fondamentali. Essi imparano il rispetto di ogni altra persona in quanto sono rispettati, imparano ad amare in quanto sono amati gratuitamente, imparano a conoscere il volto di Dio in quanto ne ricevono la prima rivelazione da una madre e da un padre pieni di attenzione” (da Educare alla vita buona del Vangelo). Leggevo su “Dossier catechista” di un parroco che, probabilmente spinto da queste parole, dopo tanti anni di catechismo ha scelto un altro modo per preparare i bambini e i ragazzi ai sacramenti: ha invitato i genitori, ha consegnato loro una copia del catechismo e ha detto senza tanti giri di parole: “se volete che i vostri figli ricevano i sacramenti, sarete voi a prepararli”. Decisione sicuramente estrema questa, tuttavia da portavoce e responsabile del gruppo catechisti, chiedo ai genitori, proprio in prossimità della Quaresima, di riflettere, di schierarsi almeno un po’ dalla nostra parte, non solo perché l’ attività del catechismo risulti più costruttivo ma soprattutto per una più giusta armonia familiare. E’ bene che le famiglie siano richiamate alla coerenza : se si dà la giusta importanza a quell’impegno assunto nel giorno del Battesimo come “primi e insostituibili educatori alla fede” esse possono ritrovare una Chiesa ben diversa da quella che avevano conosciuto o che immaginano solo per sentito dire, possono riscoprire la preghiera insieme ai loro figli, possono aprirsi a domande sulla fede che non si ponevano più da molto tempo. Noi catechisti altro non possiamo se non continuare a mostrarci coerenti con le nostre scelte di educatori, dimostrare con le nostre azioni di ogni giorno cosa significa essere comunità in Cristo, mettere a disposizione le nostre capacità e il nostro tempo, ed essere sempre pronti a collaborare per la crescita di tutti nella gioia di stare insieme proponendoci come modello positivo ed educativo. Marina Capodiferro

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Quelli che la Caritas Parrocchiale :

In questo “Anno della Speranza”, che l’Arcivescovo ha voluto per la nostra Chiesa di Bari-Bitonto, il documento Lo splendore della Speranza traccia, attraverso l’interpretazione dell’episodio evangelico della Samaritana, un percorso “verso le periferie della Storia” per l’intero Anno Liturgico. Nel tempo forte della Quaresima, tempo di raccoglimento/penitenza e riflessione sulla “qualità” della nostra vita spirituale, Mons. Cacucci ci invita a mettere a fuoco la nostra attenzione sulla richiesta della Samaritana e la conseguente risposta/dono del Signore, la dinamica “dalla domanda all’Offerta” è, insieme, richiesta di senso e desiderio/bisogno di andare oltre. “Dammi quest’acqua perché non abbia più sete” risponde la Samaritana all’Offerta di Gesù. Tutti ricordiamo che cosa chiede Gesù alla donna e, alla luce della Scrittura, tutti sappiamo che l’acqua viva di Cristo è il dono di Sé prima e dello Spirito dopo, dono che richiede una totale revisione della nostra vita. Questo perché la domanda/Offerta di Gesù è anche una richiesta d’amore (non a caso, il Figlio di Dio ripeterà quell’ “Ho sete!” nell’ora suprema della Croce, che è l’ora suprema dell’Amore).

QUARESIMA E CARITA '

Nessuno può disattendere a questo amore, ma la sua radicalità richiede altrettanto. È per questo, ci ricorda l’Arcivescovo, che la Samaritana lascia la brocca, cioè dimentica ciò per cui era lì, andando oltre, e si fa portavoce verso la sua città (la missione, ma anche la condivisione!). A Gesù chiedeva un’acqua che credeva materiale. Sarebbe stato bello per lei essere dissetata per sempre e non dover fare più la spola. Il Divino Maestro, però, da lei vuole altro. Lui vuole inglobarla nella Sua missione d’amore, vuole avvicinarla ai suoi fratelli come è vicino Lui. L’episodio della Samaritana non può lasciarci indifferenti. L’Arcivescovo ci suggerisce un percorso quaresimale all’insegna della carità, anzi della riscoperta dell ’altr o, e ci c hiama all’instaurazione di un dialogo. La lettura dell’incontro con la donna di Sicar è il primo di una trilogia che la Chiesa ci invita a leggere, nell’anno A, in altrettante domeniche. Le altre sono: la guarigione del cieco nato e la risurrezione di Lazzaro. Nei primi secoli cristiani introducevano i catecumeni al sacramento del Battesimo. Dalla morte, quindi, alla nuova vita in Cristo nel segno dell’acqua. Il nostro percorso di uomini e donne che hanno già incontrato il Signore, dunque, deve andare nella direzione di tutte quelle realtà ferite e ai margini della Storia (le “periferie” su cui tanto insiste anche Papa Francesco): coloro che sono feriti nei sentimenti, coloro che soffrono nel corpo e nello spirito, chi giace in un letto d’ospedale o nella solitudine, l’anziano ospite di una casa di riposo ecc., ma anche, molto semplicemente, chi abita nell’appartamento accanto al nostro, che spesso non conosciamo nemmeno. La Quaresima, allora, diventa un tempo

privilegiato della gioia dell’incontro (altro che la musoneria che sottintende nel linguaggio comune!); incontro con il Signore nella ricerca di tempo da dedicare al dialogo con lui nella preghiera e nell’adorazione davanti al tabernacolo, ma anche nella Via Crucis, durante la quale meditiamo sull’amore che si dona gratuitamente fino alla fine, nella lettura e meditazione della parola di Dio, magari presenziando a quelle che si tengono il mercoledì nella nostra Parrocchia, e nella partecipazione più frequente alla S. Messa, per arrivare, poi, naturale sbocco, alla condivisione con i poveri e i meno fortunati. Di concerto con quanto afferma il nostro Pastore e quanto collegialmente deciso già tempo fa dai Vescovi italiani, il nostro gruppo Caritas non vuole né può limitarsi a quel “fare l’Onlus”, da cui ci mette in guardia anche Papa Francesco, ma dovrebbe pretendere qualcosa di più. Il pacco che riceve chi bussa alla nostra porta deve essere sempre più il segno di qualcosa che trascende la realtà materiale. Si avverte sempre più l’esigenza, quindi, di ritornare alla fonte del nostro essere presenti in Parrocchia e sul territorio, un ritorno alla fonte come Comunità, esigenza ineludibile se si vuole essere Chiesa credibile in un mondo contemporaneo sempre più disomogeneo. Rocco Barbalinardo

Tutti insieme dal Papa Mercoledi 9 aprile come comunità di Santa Lucia ci recheremo a Roma, per prendere parte all’Udienza pubblica del mercoledì tenuta da papa Francesco

L' ANGOLO DEL D. V.

INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO ALLA ROTA ROMANA In un clima di gioiosa festa familiare, alla presenza di interi nuclei famigliari oltre che degli addetti ai lavori, il 24 gennaio u.s. nella Sala Clementina nel palazzo Apostolico Papa Francesco ha inaugurato l'anno giudiziario alla Rota Romana. Sebbene, visibilmente stanco dopo la precedente udienza avuta con il Presidente francese Hollande, il Pontefice si è intrattenuto con i presenti cordialmente tratteggiando in un breve ma intenso discorso la figura del giudice ecclesiastico sotto il profilo umano, giudiziario e pastorale. Considerazioni che si sono rivelate di grande impatto emotivo per tutti gli ascoltatori. Papa Francesco ha invitato ad esprimere con serenità le pronunce giudiziarie praticando non una giustizia “legalistica ed astratta ma adatta alla realtà concreta”. Il giudice deve mostrare inoltre “perizia nel diritto, l'obiettività di giudizio e l'equità”. Infine, il Pontefice ha ricordato che il giudice è “un servitore delle giustizia” con “genuino spirito di servizio” . Sono tutti principi che mutatis mutandis possono e devono essere applicati a tutti gli operatori del foro ecclesiastico. L'udienza si è poi conclusa con la consueta benedizione apostolica. Buona Quaresima a tutti! Vito Giannelli

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