Anno I - Numero 3 - Giugno - Luglio 2008 - Reg. Trib. di Roma n.139 del 27/03/2008 - copia gratuita
VOLUME
3
ARTEMODACULTURA
Il Terribile Vecchio di H. P. Lovecraft
MARGHERITA PULSONI L’arte di vestire l’Occidente
PROVOS
la rivolta contro il conformismo
FREEPRESS
Prepotente e irrispettoso è arrivato il caldo, tutto insieme senza preamboli come un’ospite che si preannuncia da tempo e poi, ti piomba in casa quando meno te l’aspetti! Ci siamo è estate e ci si prepara per il break d’agosto…tutto scivola e rallenta fra luglio e agosto e ci si deve organizzare perché chi non parte per le ferie vuole uscire dalla sua quotidianità e perché non farlo alla grande, riappropriandosi degli spazi che merita e che, quando lavora, preso dal solito tran tran, neppure vede. Allora rivalutiamo la città, i suoi spazi verdi che gratificano il corpo e le occasioni culturali che gratificano la mente perché è vero signori, che il tempo libero passato“fuori porta” è meglio ma chi non può o non vuole ha a disposizione, tutta una serie di iniziative culturali davvero capaci di farti andare in vacanza con il cervello. E scusate se è poco, avete mai provato ad andare in vacanza solo con il corpo lasciando il cervello a casa, perso dietro a qualche gravoso problema ? E allora via, alla scoperta dei piaceri dell’arte che la capitale offre d’estate come i concerti, gli spettacoli teatrali o la mostra con le foto di Taiwan (tanto per respirare un po’ d’Oriente) e per i milanesi la bellissima opportunità di entrare nel mondo straordinario di Ligabue, una vera chicca in questo mondo perso dietro la tecnologia sempre più sofisticata. E se qualche gita “fuori porta” è in previsione da non perdere una capatina sulla Costa d’Argento in cui incastrare assolutametne un paio di “vasche” ad Orbetello, fra shopping mirato e gelaterie artigianali tanto per farti riposare durante lo struscio lungo il vippistico Corso Italia. Ah! Dimenticavo a Las Vegas, ultimamente, è stato inaugurato un nuovo elitario ristorante, si chiama “Palazzo” ed è pieno di lussuosi marmi di Carrara, (l’ennesima copia della nostra arte italiana esportata come già fatto con quella di Venezia) magari se ci passate regalatevi un pranzo o una cena tanto per assicurarvi che lo chef, come ci assicurano, sia italiano. E se l’America è lontana e restate a Roma perché non vi allungate fino al Pantheon, su questo numero vi raccontiamo la sua storia.. Felice estate!
Il Direttore Responsabile
Antonella Monti 4
www.volumeedizioni.com - www.myspace.com/volumeedzioni - www.volumechannel.tv
editoriale
VOLUME
VOLUME
Editoriale
di Antonella Monti
6 11
La fotografia ha gli occhi a mandorla di Giorgia Aniballi
10
Exhibit/Milano/Toscana
Camere VI
di Alan Santarelli
23
di Leopolda Ficca e Antonella Monti
13
Provos: la rivolta contro il conformismo
di Francesca Eleuteri
Tuscia OperaFestival
25
19
Il Faust al Teatro Licinium
26
Nua, l’arte, l’invisibile
di Elvira Zollerano
34
32
Puccini
Il Terribile Vecchio
29
di Antonella Monti
di H. P. Lovecraft
E quando piove?
di Jeny Fausta Giliberto
Le 5 b di Talamone/ In scena i butteri!
37
summary03
4
In Copertina: Fotografia di Daniele Porroni Modella by Zoe Models Roma
48
Gemelli/Cancro
Margherita Pulsoni: di Veronica Pinzuti l’arte di vestire l’Occidente Fotografie di Daniele Porroni
Per comunicare con la Redazione scrivi a:
info@volumeedizioni.com www.volumeedizioni.com www.myspace.com/volumeedizioni www.volumechannel.tv 5
exhibit
VOLUME
LA FOTOGRAFIA HA GLI OCCHI A MANDORLA Di Giorgia Aniballi
Dopo essere approdate a Bologna e L’Aquila, le bellezze di Taiwan incantano anche Roma: l’esposizione, dall’emblematico titolo Enchanting Taiwan, presente presso il Museo Nazionale d’Arte Orientale fino al 7 Settembre, si compone di 40 opere dei più rappresentativi fotografi taiwanesi, atte a mostrare all’occidente le bellezze naturali ed il folclore dell’isola che venne soprannominata dai primi portoghesi che la visitarono proprio formosa, la bella. Ciò che emerge immediatamente dalle immagini esposte è il fascino contraddittorio di Taiwan, caratterizzato da scenari naturali di rara bellezza e minuscoli villaggi arroccati sulle montagne, cui fanno da contrappeso grandi città dall’aspetto futuristico, nelle quali si concentra la maggior parte della popolazione. Il visitatore rimarrà inoltre incantato dai colori accesi delle stampe che esaltano tanto la bellezza del popolo taiwanese quanto i costumi tradizionali. La mostra si articola infatti in due sezioni, dedicate rispettivamente al paesaggio ed alle tradizioni culturali dei quasi 400.000 autoctoni (il resto della popolazione è composto da cinesi di etnia Han giunti sull’isola in epoche diverse). Queste si esplicano al meglio nella vasta gamma di feste popolari distribuite durante tutto il corso dell’anno e celebrate seguendo il calendario rurale della società cinese tradizionale: si tratta principalmente di celebrazioni per il raccolto, riti contro gli spiriti maligni, venerazione degli antenati. Molto suggestiva è la Festa delle Lanterne, che va dal primo al quindicesimo giorno del primo mese lunare: oltre all’accensione di migliaia di lanterne colorate, essa prevede processioni cerimoniali e dimostrazioni di arti popolari come danza e musica.
exhibit
VOLUME
Ad integrare le immagini esposte, vi sono inoltre cinque documentari riguardanti le tradizioni culturali e le arti popolari di Taiwan come la coltura del tè e del riso, alimento base della popolazione, o anche la Festa della Primavera ed i rituali eseguiti in onore della dea del mare Matsu, protettrice dell’isola. Addentrandosi nella storia della fotografia di Taiwan, si scopre che essa venne introdotta dai missionari occidentali all’incirca nel XIX sec, in concomitanza con l’apertura dei porti al commercio estero, con intento prettamente documentaristico: avvalendosi dell’ausilio di assistenti locali, questi introdussero i primi rudimenti fotografici permettendo loro di accedere a costose, e altrimenti inarrivabili, attrezzature. Anche il governo giapponese, di cui Taiwan divenne colonia nel 1895, utilizzò la fotografia per registrare sia l’ambiente naturale dell’isola che lo stile di vita dei suoi abitanti, allo scopo di esercitare un maggiore controllo. La fotografia si distinse così in tre filoni principali: raffigurazione del paesaggio, ripresa delle tradizioni locali ed immagini finalizzate alla propaganda politica.
7
exhibit
VOLUME
Se è vero che il nuovo governo tenne sotto una stretta supervisione attrezzature e nuove competenze, lo è anche che molti giovani si recarono in Giappone per studiare le tecniche fotografiche e, tornati in patria con un ricco bagaglio di esperienza, divennero i padri fondatori dell’industria fotografica di Taiwan. Una volta che l’isola fu di nuovo sotto la sovranità del governo cinese (è tuttora parte della Repubblica di Cina) la fotografia conobbe negli anni diversi sviluppi, grazie anche all’aumento dell’interesse popolare che portò alla nascita di associazioni, scuole ed esposizioni. Durante gli ultimi decenni, l’influenza delle arti occidentali e l’introduzione di nuove tecnologie hanno poi incentivato i fotografi locali ad andare oltre l’aspetto documentaristico. Questa tendenza è ancora in atto e l’industria fotografica di Taiwan continua a progredire ed espandersi: a confermarlo è proprio la bellezza delle immagini esposte che, oltre a servire ottimamente la volontà di diffondere all’estero l’amore per questa splendida isola, ben testimoniano anche il talento dei suoi fotografi.
news
VOLUME è web tv su
www.volumechannel.tv Dopo My Space
Volume arte moda cultura inaugura la sua web tv
v t . l e n n a h c e
m u l o v . w w w
Contenuti extra, video e documentari di approfondimento sui temi trattati dalla rivista; interviste, filmati rari, cortometraggi e trailer dedicati all’arte, alla moda e alla cultura, tutto secondo lo stile Volume
exhibit
VOLUME Atelier 34
in Toscana si coltiva l’arte di Antonella Monti
Milano ospita Antonio Ligabue di Leopolda Ficca
Ha aperto il suo “atelier” al pubblico venerdi’ 30 A Milano l’esposizione dedicata ad maggio Yvonne Defente Dionisio, la poliedrica Antonio Ligabue, artista svizzero che artista nata in Inghilterra e poi vissuta in ha vissuto e lavorato durante la prima Francia, in Cina e in Etiopia eppure innamorata metà del Novecento. di Orbetello, dove vive ormai da quasi dieci anni. Yvonne, del suo “Atelier 34” che è poi il suo studio, vuole fare un luogo d’incontro dove La mostra è curata da Augusto Agosta Tota, ritrovarsi per leggere poesie, parlare d’arte e che finalmente porta alla luce un personaggio naturalmente mostrare alcune delle sue tante di grande fama, ma di cui non si parla molto opere. Acquarelli festosi di nature morte, nudi spesso. sensuali, grandi opere ad olio dove la figura Le opere esposte sono più di 240 tra disegni, umana non prevale mai e quasi galleggia, fino sculture, autoritratti e anche alcuni inediti; i alla fusione con il ferro e alla scultura. E’ difficile, trenta autoritratti sono forse quelli che meglio visitando l’atelier di Yvonne, sfuggire al grande ricostruiscono la storia di Ligabue, una sorta di fascino che emana. Pittrice e scultrice feconda, autobiografia che racconta la vita di un uomo Yvonne ha attraversato “senza forzature” tutto tormentato, solitario, sempre pervaso da un il ‘900 sperimentando il figurativo, l’astratto, il forte senso di inquietudine. concettuale fino alla body-art. Nel 1946, l’artista Per ripercorrere ancora meglio il percorso lasciò Grenoble per Parigi dove seguì i corsi interno di questo artista, oltre alle sue opere del ritrattista Mac Avoy. Dal 1947 al 1949 seguì verranno proiettati dei documentari realizzati il marito in Cina poi tornò a Parigi dove visse la dal regista Raffaele Andreassi, documentari pop art che però, considera come un periodo di che danno all’evento un carattere moderno, riposo dell’arte e a tal riguardo afferma: ”Picasso mostrando come le tecnologie di oggi si aveva scombussolato tutto e tutti. A Roma negli accordino con il passato contribuendo alla sua anni ’75-76 ho apprezzato Jehovah Cristo e la rivalutazione. sua provocazione ma fu Picasso a sconvolgere I lavori di Ligabue sono testimoni della versatilità per primo….” Di lei ha scritto il critico Adam della sua arte, che trova il successo agli inizi Saulnier : ”Pittore figurativo che appartiene alla degli anni Cinquanta, e ancora della sua frazione più interessante della Nuova Scuola interiorità complessa e per certi versi infantile, Francese perché tende sempre di più verso fatta spesso di un mondo fiabesco,animale. un rigore di linee e un lavoro sapiente di colori La mostra partirà il 20 giugno al Palazzo Reale vicinissimo all’astratto.” L’Atelier 34 è in Via del di Milano, che la ospiterà fino al 9 settembre. Rosso al numero 34…in pratica all’ombra del Piazza Duomo, 12 - Milano Duomo di Orbetello ed è aperto al pubblico Orari: lunedì 14.30-19.30 | da martedì a tutti i fine settimana (sabato e domenica) dalle domenica 9.30-19.30 | giovedì 9.30-22.30 18,00 alle 20,30. Prenotazioni: tel. 199.112.112
RAM radioartemobile Roma di Alan Santarelli
VOLUME
exhibit
CAMERE VI
Dal 31 maggio 2008 RAM radioartemobile ospita la mostra Camere #6, nuovo step del progetto ‘Camere’ che dall’incontro e dalla combinazione di diverse visioni artistiche, intende attivare nuovi processi di comunicazione e di comunicabilità dell’esperienza artistica. CAMERE è un progetto di RAM radioartemobile che, dal 2005, si conferma tra gli appuntamenti principali del programma artistico della galleria. Il dispositivo curatoriale di Camere prevede l’invito di tre autorevoli artisti che coabitano gli spazi della galleria disponendo di una «camera» personale. Ogni stanza è intesa come luogo di concentrata affermazione dell’individualità ma anche quale strumento di una convivenza e di un dialogo necessari. Insieme al rispetto della diversità, intesa quale carattere peculiare ed essenziale all’individuazione, il progetto Camere rivendica parallelamente il valore del dialogo tra differenti posizioni di linguaggio, di pensiero e di forma. Ogni camera si sottopone così al confronto e alle influenze delle stanze attigue e la nostra possibilità di attraversarle stipula con ciascuna di esse quei legami di relazione a detrimento di ogni possibile solipsismo. “Uno spazio libero, anzitutto. Room: spazio/ stanza. Vuoto ma disponibile, anzi disposto: spazio non indifferente alla mobilitazione, all’attraversamento, al passaggio. Spazio per muoversi, insomma; uno spazio che consenta
il movimento, che gli sia almeno sufficiente [...] Uno spazio per muoversi, ma anche per muovere, spazio in attesa di una mossa, della prossima mossa, come in quei giochi che si mettono in atto sul campo quadro e delimitato di una scacchiera. Campo di confronto, campo dialettico, campo di battaglia, governato da regole d’impegno, da regole d’ingaggio”. (Riccardo Giagni) La sesta edizione di Camere si avvale dell’autorevole contributo curatoriale di Jan Hoet, il Direttore artistico del MARTa Museum di Herford (Germania) nonché protagonista di iniziative memorabili, quale Documenta IX di cui fu Direttore e la mostra ‘Chambres d’Amis’ del 1986 con la quale invitò settanta abitanti della città fiamminga di Gand aprendo il loro spazio privato ad un’istallazione d’arte, annullando così il limite fra arte e vita quotidiana. Negli spazi di RAM radioartemobile, Jan Hoet ha chiamato all’intervento tre protagonisti del panorama artistico internazionale, Jimmie Durham, Luca Maria Patella, ManfreDu Schu, ognuno dei quali, nel rispetto della propria autonomia
exhibit
VOLUME
di ricerca e di pensiero, propone un’inedita installazione. L’arte di Jimmie Durham (Arkansas, USA, 1940) fonda le proprie radici nella cultura cherokee, impiegata per decostruire gli stereotipi e i pregiudizi della cultura occidentale, legata a strutture coloniali. La sua ricerca si spinge a esplorare la relazione fra forme e concetti, includendo la capacità delle parole di evocare alla memoria immagini e il potere delle immagini di trasmettere idee. Nel lavoro di Durham le idee vengono stimolate attraverso la giustapposizione e modificazione di una cosa nell’altra. Nascono allora assemblage, installazioni e oggetti che mirano al superamento della pura visibilità in favore di uno spazio concettuale che provoca il continuo slittamento dei significati. Dalla metà degli anni Sessanta, Luca Maria Patella (Roma, Italia, 1934) conduce una ricerca analitica su ogni sistema di conoscenza attraverso una pluralità di mezzi e di linguaggi. La sua analisi si caratterizza soprattutto per la valenza psichica, mentale e culturale del proprio approccio. In mostra presenta «gli ‘Arnolfini-Mazzola’ ri guardano RAM / MAR»: due grandi tele fotografiche incorniciate in tondi d’oro raffigurano l’artista e la compagna
a Madmountain, la loro casa-studio di Montepulciano. Nella sua opera si crea un effetto tautologico in cui l’artista scopre un universo dentro un altro universo. Tutta l’opera di ManfreDu Schu (Vienna, Austria, 1956) affonda le proprie radici nella polivalenza del vivente da cui muove per la creazione di nuove scene sperimentali. La complessità della propria ricerca si esprime attraverso una varietà di mezzi di presentazione: pittura, scultura, suono, installazione, azioni, performances. Accanto alle sue decostruzioni fa uso di testo, di parole e vocaboli in cui appare una sicura attitudine dadaista. E’ come se fossero rituali arcaici e una narrazione dell’assurdo. In questa mostra - scrive Jan Hoet nel testo di presentazione Teatralità Nomade - possiamo parlare di una combinazione di riferimenti dove la messa in scena diventa l’essere privato dell’artista. Dove si può manifestare meglio questa dimensione privata se non a RAM radioartemobile, in cui ogni artista possiede uno suo specifico spazio privato? Dove il visitatore crea un rapporto speciale con lo spazio privato e lo interpreta come il piedistallo dell’opera e perciò lo spettatore si identifica con l’esperienza personale di casa. Sono esperienze dirette in relazione allo spazio e alla sua vita.
PROVOS
la rivolta contro il conformismo di Francesca Eleuteri
artview
VOLUME
Š Cor Jaring
9 13
artview
VOLUME
© Cor Jaring
Amsterdam, dal punto di vista culturale, è stata nell’ultimo secolo un nodo di scambio tra i movimenti artistici provenienti dalla Gran Bretagna, dall’Europa centrale e dall’area franco-belga. Tutti i movimenti e le tendenze artistiche che sono approdate nella città olandese hanno avuto come particolarità comune il fatto di influire sul sociale. L’azione dei Provos, anarchici rivoluzionari che si riconobbero nel nichilismo dadaista, ne è una manifestazione esemplare ma non isolato. Nel 1947 nasce infatti il gruppo CoBrA il cui nome ha origine dalle tre città di provenienza dei membri che ne fanno parte: da Copenaghen abbiamo Asger Jorn, da Bruxelles provengono invece Alechinsky e Dotremont, mentre sono di Amsterdam Karel Appel, Corneille, Constant Nieuwenhuis e Lucebert. Negli anni in cui l’America vedeva protagonisti Fluxus con Wolf Vostell, John Cage e Maciunas e Joseph Beuys, in Germania, realizzava i suoi happenings, nel settembre 1962 anche Amsterdam vedrà la realizzazione di questa nuova forma espressiva nata ufficialmente nel 1959 con Allan Kaprow in occasione della mostra 18 Happenings in 6 Parts. Allo Stedelijk Museum si inaugura Dylaby en Bewogen Beweging di Daniel Spoerri che trasforma completamente due sale del museo: una diventa un labirinto buio in cui i visitatori sono esposti a varie esperienze sensoriali, come ad esempio superfici umide e calde, diversi tipi di tessuto, suoni e odori; nella seconda sala vengono spostati i dipinti del 1800 sul pavimento e, sui muri vengono invece appese le sculture.
Il periodo degli anni sessanta in Olanda è caratterizzato politicamente da un rigido compromesso tra le diverse forze religiose, economiche e sociali del paese, un sistema definito Zuilen, ovvero dei Quattro Pilastri che sono Capitale, Sindacato, Cattolici e Protestanti. Il sistema risulta privo di una effettiva opposizione, un paese liberale che, di fronte alle provocazioni Provo mostrerà una solida struttura autoritaria. Nel 1965 apparve ad Amsterdam per la prima volta il giornale Provo, sotto la direzione dello studente di filosofia Roel van Duyn. Il movimento Provo venne così fatto conoscere alla città. Il movimento diede vita ad una rivoluzione che, considerando il paese in cui ebbe luogo, “non aveva nessun motivo concreto per protestare”, citando le parole di Aad Nuis, docente universitario che studiò il fenomeno. La risposta sta nel fatto che, in un paese come l’Olanda, considerato un’oasi di benessere e tranquillità, si sentì il bisogno di cancellare o, quantomeno, di mettere in crisi, l’esistenza stessa di questo ordine precostituito, provocandolo. Il termine “Provo” venne coniato per la prima volta dal sociologo olandese Buikhuizen in una descrizione accondiscendente dei Nozems, il gruppo di rivoluzionari che diede vita al movimento. Roel Van Duyn, fu il primo a riconoscere il potenziale nascosto dei Nozems e affermò nel 1965: “E’ nostro compito convertire la loro aggressione in una coscienza rivoluzionaria”. Ispirato dall’anarchismo, dal Dadaismo, dal filosofo tedesco Herbert Marcuse, e dal
VOLUME
artview
Marchese de Sade, Van Duyn, un intellettuale timido e introverso, divenne presto la forza trainante all’interno della rivista Provo. Ma mentre Van Duyn portava avanti l’attività teoretica dei Provos, un altro importantissimo elemento venne procurato molto presto dall’altro co-fondatore, Robert Jasper Grootveld, un ex pulitore di vetri e artista di strada che, durante i primi anni 60, attirava un massiccio numero di persone ad Amsterdam con esibizioni che ricordano gli happenings. Egli definiva le masse come la “spregevole gente di plastica”, dedita esclusivamente al consumo e il suo scopo era quello di trovare una via per risvegliare gli istinti creativi delle persone. Van Duyn si dedicava quindi alla divulgazione delle idee del movimento tra gli studenti e tra gli ambienti più istruiti, mentre Grootveld si proponeva il medesimo compito rivolgendosi ad artisti di strada. Nel giugno 1965 i Provos, annunciando l’uscita del loro giornale, pubblicavano il loro manifesto programmatico:
PROVO è un foglio mensile per anarchici, provos, beatniks, nottambuli, arrotini, avanzi di galera, semplici simoni stiliti, maghi, pacifisti, mangiatori di patatine fritte, ciarlatani, filosofi, portatori di germi, stallieri reali, esibizionisti, vegetariani, sindacalisti, babbi natale, maestri d’asilo, agitatori, piromani, assistenti dell’assistente, gente che si gratta e sifilitici, polizia segreta e altra plebaglia del genere. PROVO è qualcosa contro il capitalismo, il comunismo, il fascismo, la burocrazia, il militarismo, il professionismo, il dogmatismo e l’autoritarismo. PROVO deve scegliere tra una resistenza disperata ed una estinzione sottomessa. PROVO incita alla resistenza ovunque sia possibile. PROVO è cosciente del fatto che alla fine perderà, ma non può lasciarsi scappare l’occasione di compiere almeno un ennesimo sincero tentativo di provocare la società. PROVO considera l’anarchia come fonte d’ispirazione alla resistenza. PROVO vuol ridar vita all’anarchia ed insegnarla ai giovani. PROVO E’ UN’IMMAGINE. 15
artview
VOLUME
Dopo la pubblicazione del manifesto programmatico, il movimento mise in atto le provocazioni nei confronti della monarchia e delle forze dell’ordine. Tali azioni erano esercitate seguendo i cosiddetti “Piani Bianchi”, elaborati da Constant Nieuwenhuis. Il primo tra questi fu il Witte Fietsen Plan, cioè il “Piano delle Biciclette Bianche”; presentato come la soluzione definitiva al “terrorismo urbano di una minoranza motorizzata”. L’idea, proposta dall’industrial designer Luud Schimmelpenninck, prevedeva la chiusura del centro storico alle auto, rimpiazzate naturalmente da biciclette messe disposizione gratuitamente dalla città. Esse avrebbero dovuto essere dipinte di bianco e, per assicurarne la disponibilità, non dovevano assolutamente essere bloccate con la catena. L’ideatore garantiva che, in questo modo Amsterdam avrebbe conseguito grandi vantaggi economici. I Provos misero in atto il progetto e garantirono inizialmente 50 biciclette, confiscate immediatamente dalla polizia con l’accusa di istigazione al furto. Altri “Piani Bianchi” vennero però realizzati; ricordiamo quelli
© Cor Jaring
chiamati “Piano della Vittima Bianca”, “Piano dei Bambini Bianchi”, “Piano dell’Alloggio Bianco” e “Piano della Moglie Bianca”, i quali prevedevano naturalmente benefici e aiuti gratuiti ai destinatari dei progetti. La strategia elaborata da Van Duyn era caratterizzata da un idealismo condiviso dalla concezione anarchica che animava il gruppo, ma nel tempo si trasformò in un programma realistico che vide anche la partecipazione dello studente di filosofia alle elezioni del consiglio di Amsterdam. Il teorico del movimento fu naturalmente attaccato per un’azione che tradiva gli ideali anarchici e si staccava dalle idee di una frangia del gruppo. Dalle parole utilizzate nel manifesto è evidente il fatto che i Provos non si facevano alcuna illusone circa la possibilità di un effettiva riuscita del progetto. Il movimento opponeva una follia creativa stravagante al grigiore della vita politica olandese, una sorta di scossa per risvegliare dal torpore cittadini considerati troppo passivi e conformisti. Esso non mirava inizialmente a diventare una forza politica al governo poiché ciò andava contro l’essenza
artview
VOLUME
© Cor Jaring
stessa del movimento, ma con il tempo alcuni esponenti credettero nella possibilità di un intervento politico. Gli eventi organizzati il sabato sera dal gruppo avevano generalmente luogo, durante l’estate, nei pressi della statua Het Lieverdje, nel quartiere Spui di Amsterdam. Gli happenings terminavano spesso con l’arrivo della polizia che numerose volte arrestò i partecipanti. Nel 1966 si vide per la prima volta il coinvolgimento di artisti da parte dei Provo ad Antwerp. Furono improvvisati happenings sulla Groenplaats da Panamarenko, Hugo Heyrman e Bern Lohaus, interrotti dall’intervento della polizia. Il movimento Provo continuò a mettere in atto azioni dimostrative e provocatorie anche fuori del Benelux; in un primo momento a Londra, dove gli attivisti vennero invitati a partecipare all’happening Destruction in Art Symposium organizzato da Gustav Metzger. Altra importante provocazione del gruppo Provo si registrò nel 1967, in occasione del matrimonio della principessa e futura regina Beatrice con il principe tedesco Claus von
Arnsberg, ex appartenente alla Wehrmacht nazista. Essi riuscirono a disturbare il corteo degli sposi e la diretta televisiva lanciando fumogeni che coprirono tutto con una nebbia arancione. Provo si scioglierà pubblicamente il 15 maggio 1967 al Vondelpark nel momento di maggior successo, per non diventare parodia di se stesso e per evidenziare il fatto che non si proponeva obiettivi reali. La scelta di un paese come l’Olanda sollevò degli interrogativi ai quali i membri del gruppo risposero con queste parole: “Non possiamo convincere le masse, e forse non ci interessa neanche farlo. Cosa possiamo aspettarci da questo branco di apatici, indolenti, sciocchi scarafaggi (…). Ma è più facile che il sole sorga da occidente piuttosto che scoppi una rivoluzione nei Paesi Bassi. (…). Noi non siamo tanto ingenui da credere di poter trasformare questo mondo, in un batter d’occhi, in un mondo ideale. Tutti i riformatori, compresi gli anarchici, hanno dimenticato di tener conto della gente, del “fattore umano”, come si suol dire. L’uomo medio è un mangiatore di cavoli,
artview
VOLUME
© Cor Jaring
© Cor Jaring
improduttivo, non-creativo, non-originale; un imbecille senza spirito critico che reagisce in modo emotivo ecc.; uno che si diverte a fare la fila agli sportelli. Noi no diremo da parte nostra che ogni popolo ha il governo che si merita o che ha voluto, ma crediamo che la massa degli europei sia incapace di evolversi…Detto questo vi diciamo: Non trasferite mai ad altri il vostro potere!”. Il popolo olandese sembrava quindi incapace di realizzare una rivoluzione che risvegliasse le masse da uno stato di immobilità comune, proprio per questo il movimento trovò le sue radici in una Amsterdam liberale con un substrato di irrequietezza e intolleranza.
© Cor Jaring
events
VOLUME
Il Faust di Goethe al Teatro Licinium dal 5 luglio in scena per gli 80 anni del teatro all’aperto di Erba Il “Faust” di J. W. Goethe torna in uno dei più suggestivi teatri all’aperto del Nord Italia 76 anni dopo la sua prima rappresentazione in Italia avvenuta nel 1932 proprio al Teatro Licinium di Erba (Como), e sarà in scena dal 5 luglio al 2 agosto. Nel cast, diretto dal regista Gianlorenzo Brambilla, grandi interpreti come Enrico Bertorelli, Sergio Masieri, Andrea Tibaldi, Antonio Grazioli, Marco Ballerini, Roberta Nanni, Valentina Mari, affiancati, come di consueto, da un nutrito gruppo di attori non professionisti. Sarà il Faust di Johann Wolfgang Goethe ad animare la stagione estiva 2008 dello splendido Teatro all’aperto Licinium, con la regia di Gianlorenzo Brambilla. Un capolavoro del romanticismo tedesco e della letteratura mondiale che torna in scena al Teatro Licinium esattamente 76 anni dopo la sua prima rappresentazione in Italia, svoltasi proprio sul palco del teatro all’aperto di Erba con la direzione di G. Cantini e A. Airoldi nel 1932, in concomitanza con la prima traduzione in italiano dell’opera curata da Guido Manacorda e pubblicata da Mondadori. Lo spettacolo, con il quale l’Accademia dei Licini vuole celebrare i suoi 15 anni di attività e l’80° anniversario della fondazione del Teatro Licinium, sarà in scena dal 5 luglio al 2 agosto. La stagione 2008 sarà dedicata a Isabella Molteni, Presidente
dell’Accademia dei Licini e vera e propria anima del Teatro Licinium, scomparsa lo scorso 10 aprile. La scelta di mettere in scena il Faust - che lo stesso regista definisce ambiziosa - conferma l’irrinunciabile tensione europea che ha caratterizzato, fin qui, le produzioni del Teatro Licinium. La tragedia del Faust è un’opera complessa con la quale Goethe celebra l’esperienza dell’uomo sulla terra e la sua costante tensione verso l’assoluto. Il Faust di Goethe è l’uomo moderno, mosso dalla ricerca di un’assoluta verità, è l’uomo che si mette davanti alle cose per avere delle risposte. “Affrontare il Faust è come affrontare la Divina Commedia di Dante” - spiega il regista - “un viaggio nell’animo dell’uomo e nel suo bisogno di conoscenza. La nostra intenzione
events
VOLUME
Il Teatro Licinium: 80 anni di teatro a cielo aperto.
è di lavorare sulla figura del Faust goethiano, senza tuttavia rinunciare ad altre suggestioni proposte da una numerosa schiera di autori che hanno affrontato il tema del patto con il diavolo”. Dopo il grande successo dello scorso anno con “Sei personaggi in cerca d’autore”, il regista si appresta ad affrontare questa produzione con affermati interpreti professionisti, già noti al grande pubblico e protagonisti anche nella scorsa stagione del Licinium, come Enrico Bertorelli, Sergio Masieri, Andrea Tibaldi, Antonio Grazioli, Marco Ballerini, Roberta Nanni e Valentina Mari. Come di consueto, un gruppo di attori non professionisti integreranno il cast: una scelta ispirata alla origini del teatro occidentale, che trova nel Teatro Greco Antico la più alta testimonianza di coerenza. Grazie a queste e altre specificità, lo spettatore che approda all’appuntamento con il teatro estivo del Licinium di Erba, assiste, in un contesto di rara suggestione, a spettacoli unici e irripetibili, beneficiando del privilegio di farsi testimone di un evento centrale nel panorama del teatro estivo lombardo.
Il Teatro all’aperto Licinium di Erba è stato costruito nel 1928 per iniziativa dei fratelli Alberto e Federico Airoldi e su progetto di Giacomo Pozzoli e Fermo Bassi. Immerso nel verde di un parco pubblico, il Licinium, con le sue linee sobrie ed eleganti secondo l’architettura dei modelli greci e romani, la plasticità della struttura, la cornice naturale del tutto singolare, il fascino della messa in scena nelle notti stellate, è oggi uno tra i più affascinanti e suggestivi teatri all’aperto del Nord Italia. Dopo un periodo di inattività e di abbandono tra gli anni Settanta e gli anni Novanta, il Licinium ha ricevuto nuovi impulsi a partire dal 1993, grazie alla costituzione dell’Accademia dei Licini, che si è fatta carico dell’organizzazione di nuovi spettacoli e ne ha promosso il restauro. A partire dal 2000 l’attività del Licinium è stata caratterizzata dalle produzioni in proprio con la regia e direzione artistica di Gianlorenzo Brambilla: “La Passione di Cristo” (2000), “Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare (2001); “Cyrano de Bergerac” di Edmond Rostand (2002); “Don Chisciotte”, di cui è anche autore (2003); “Le nozze di Figaro”, rielaborazione da Beaumarchais, Da Ponte, Mozart (2004); “Don Giovanni” di Molière (2005); “Romeo e Giulietta” di W. Shakespeare (2006) e “Sei personaggi in cerca d’autore” di L.Pirandello (2007).
events
VOLUME
I 15 anni dell’Accademia dei Licini L’Accademia dei Licini è stata costituita nel 1993 per iniziativa di un gruppo di persone accomunate dal desiderio di riportare in attività il Teatro Licinium, potendo contare sull’appoggio della Pro loco e sulla collaborazione dell’Amministrazione comunale. L’Accademia si è adoperata per organizzare nuovi spettacoli e progressivamente, grazie anche ai patrocini degli enti locali e ai contributi di numerosi sponsor privati, tra il 1994 e il 1999, le stagioni estive si sono arricchite di appuntamenti, richiamando spettatori dall’intero circondario. Tra il 1995 e il 1996 l’Accademia ha anche fornito all’Amministrazione comunale un progetto di restauro delle strutture degradate del Teatro. L’esecuzione del progetto è stata finanziata dal Comune di Erba in concorso con la Provincia di Como. I lavori, ultimati nell’estate ‘97, hanno restituito al Licinium la sua piena funzionalità. Negli ultimi 7 anni, grazie alla collaborazione con il regista Gianlorenzo Brambilla, l’Accademia ha intrapreso la strada delle produzioni in proprio. Dal 2001 l’Accademia dei Licini ha istituito, con la collaborazione di insegnanti diplomati presso il Piccolo Teatro di Milano, il Laboratorio Teatrale “Gianfranco Mauri”, con l’obiettivo di creare a Erba un centro permanente per lo sviluppo e la promozione dell’arte drammatica e della cultura teatrale rivolto ai più giovani.
Il regista Gianlorenzo Brambilla e tutto il cast del “Faust” Attore, regista e autore milanese, Gianlorenzo Brambilla ha assunto la direzione artistica del Teatro Licinium nel 2000, in occasione della messa in scena de “La Passione di Cristo”, carica che gli è stata rinnovata negli anni successivi. Come di consueto Brambilla si avvarrà, anche per questa stagione, della collaborazione di interpreti noti al grande pubblico come Enrico Bertorelli (nei panni di Mefistofele) che dal 1964 collabora con registi di rilevanza nazionale e internazionale sui palcoscenici di tutta Italia e in numerosi set cinematografici e televisivi, Sergio Masieri (Faust vecchio) attore e doppiatore con alle spalle un lunga carriera teatrale, cinematografica e televisiva, e poi Andrea Tibaldi (Faust giovane), Antonio Grazioli (Wagner), Marco Ballerini (Cancelliere), Roberta Nanni (Le Madri) e Valentina Mari(Spirito). Questi saranno affiancati da un folto gruppo di attori non professionisti tra cui Raffaela Cuccu (Margherita), Stefania Colombo (Spirito), Simona Vergani (Spirito), Gloria Mina (Spirito), Rosanna Pirovano (Marta), Sabrina Rigamonti (Ariele), Rossella Mirmina (Strega) e molti altri.
events
VOLUME
La stagione 2008: date, info e prevendite “Faust” di J.W. Goethe. Adattamento e regia di Gianlorenzo Brambilla. In scena tutti i venerdì e sabato sera dal 5 luglio al 2 agosto al Teatro Licinium di Erba - via Crotto Rosa, Erba (Como) secondo il seguente calendario: 5, 11, 18, 19, 25, 26 luglio e 1, 2 agosto, ore 21.30 (in caso di maltempo lo spettacolo sarà rimandato alla domenica sera). Biglietti: intero 20 euro, ridotto 15 euro, gratuito fino a 12 anni. Prevendite: dal 30 giugno presso ErbaLibri, Libreria Colombre, Libreria di via Volta, Antico Caffè San Bernardino o telefonicamente al 333.9306089. Per info: www.teatrolicinium.it ufficiostampa@meroni.it
22
A Viterbo dal 5 luglio rassegna colta ed eclettica di opera lirica, concerti sinfonici, danza, teatro
VOLUME
events
Tuscia Operafestival
Dal 5 luglio al 6 settembre si tiene a Viterbo la seconda edizione del Tuscia Operafestival che, oltre al capoluogo, vede protagoniste anche Montefiascone, Valentano, Civita di Bagnoregio, Acquapendente e Orvieto. La rassegna di opere liriche, concerti sinfonici, danza, teatro, per qualità, innovazione, linguaggi si pone in linea con i grandi festival musicali italiani. La manifestazione accosta artisti di fama internazionale a giovani talenti, molti dei quali selezionati attraverso il concorso lirico “Fedora Barbieri – Città di Viterbo”. Inaugura la rassegna il concerto sinfonico con musiche di Tschaikovsky, solista il grande Michele Campanella. Sezioni sperimentali e “contaminazioni” eccellenti sono parte delle innovazioni assolute volute dal direttore artistico Stefano Vignati: Neri Marcorè è voce recitante nel “Flauto magico” di Mozart; Lina Wertmuller è regista e interprete di “Peccati d’allegria”, aneddoti e canzoni del cinema del ‘900; il baritono Alfonso Antoniozzi, alla sua prima regia con “Il Barbiere di Siviglia”, dirige Roberto De Candia che interpreta il ruolo di Figaro. Molti altri appuntamenti, a partire dal “Requiem” di Mozart per la Notte bianca di Viterbo fino alla “Boheme” di Puccini, alle colonne sonore di film, alla musica da camera, al “Libertango” di Piazzolla, arricchiscono il festival, evidenziando la sua natura colta e trasversale, il suo eclettismo.
Il Tuscia Operafestival è reduce da un grande successo ottenuto in New Mexico negli Stati Uniti, per la settimana della Cultura Italiana all’estero, dove ha eseguito il “Requiem” di Verdi avvalendosi di 300 artisti tra coro, orchestrali e solisti. L’orchestra diretta dal Maestro Stefano Vignati, nel prossimo mese di ottobre rappresenterà l’Italia in Siria in occasione delle celebrazioni per Damasco Capitale della Cultura 2008. Il direttore artistico del festival, Stefano Vignati, ha voluto costruire l’edizione 2008 “con il criterio e la determinazione non solo di dare più spazio ai giovani ma anche di qualificare la loro formazione, mettendoli a contatto durante le performances, come colleghi e non come allievi, con artisti già in carriera”. Informazioni e prevendita Ufficio Turistico Comunale – Via Ascenzi, 5 (Viterbo) – Tel. 0761 325992 - Box Office 0761.304720 - Prevendita on line www.ticketone.it 24
NUA. L’ARTE, L’INVISIBILE di Elvira Zollerano N.U.A. sta per New Unknown Artists e sono più di 50 i nuovi talenti che proporranno la loro arte sconosciuta, cercata, vissuta e maturata nel tempo. Un vernissage che il prossimo 29 giugno inizierà al tramonto e si protrarrà fino a notte fonda, nell’open garden del Circolo degli Artisti, dove l’arte inizierà pittura per poi diventare musica e poi video e poi teatro e ancora cinema, scultura e fotografia. Arte a 360° di giovani che vivono e sentono la vita di tutti, creando qualcosa per tutti e partecipando per una notte a una grande festa. Il Circolo degli Artisti si rinnova come punto di riferimento di tutte quelle realtà che attraverso varie forme espressive stanno cercando di emergere nel panorama dell’arte indipendente, ospitando ancora una volta musica, installazioni, cinema, che unendosi tra loro danno sfogo ad uno spettacolo multiforme e scenografico di libera espressione.
Si potrà entrare nel percorso artistico passeggiando tra l’arte dei suoni, l’arte delle immagini, l’arte dei suoni che fanno le immagini, l’arte delle immagini che usano i suoni, l’arte del corpo che fa i suoni e usa le immagini. Un trionfo di luce e colori, di movimento fatto di suono che diventa immagine. L’arte per cui vale la pena di fare qualcosa. L’arte è strettamente connessa alle emozioni, per cui le espressioni artistiche riguardano ogni attività umana - svolta singolarmente o collettivamente – che porta a forme creative di espressione estetica. Perciò se anche voi siete artisti, ancora sconosciuti, e avete voglia di mostrare anche le vostre opere, un apposito spazio lastminute. art vi permetterà di partecipare all’evento portando un’opera ed un cavalletto la sera stessa! Volume sarà presente alla rassegna con uno stand all’ingresso della mostra, vi aspettiamo numerosi!
25
culture
VOLUME
Il Terribile Vecchio di Howard Phillips Lovecraft
Guarda il film su www.volumechannel.tv
Era un progetto di Angelo Ricci, Joe Czanek e Manuel Silva di far visita al Terribile Vecchio. Questo vecchio abita tutto solo nell’antica casa di Water Street, vicino al mare e ha fama di essere ricchissimo e indifeso; questo costituiva un’indiscutibile attrattiva per uomini come i signori Ricci, Czanek e Silva, la cui professione era nulla di meno degno che quella di ladruncoli. Gli abitanti di Kingsport dicono cose strane sul conto del Terribile Vecchio, e generalmente basta questo a risparmiargli le attenzioni di gente come Ricci e i suoi colleghi, nonostante in qualche punto della polverosa e venerabile casa nasconda un tesoro di notevoli proporzioni. Il vecchio, in verità, è una persona molto strana, si ritiene che ai suoi tempi sia stato comandante di un veliero mercantile delle Indie Orientali, ma è così vecchio che nessuno ricorda la sua gioventù ed è così taciturno che pochi conoscono il suo vero nome. Fra gli alberi contorti che abbondano nel giardino della vecchia e negletta magione, l’anziano marinaio custodisce una collezione di grandi pietre raggruppate e dipinte in strano modo, che ricordano gli idoli di qualche oscuro tempio orientale.
Questa collezione tiene lontani la maggior parte dei ragazzini che si divertono a prendere in giro il Terribile Vecchio per i suoi capelli bianchi e per la barba, o a rompergli i piccoli vetri delle finestre con sassi lanciati di proposito; ma ci sono cose che spaventano persino gli adulti, i curiosi che a volte si avvicinano alla casa per spiare dai vetri polverosi. Questi indiscreti sostengono che in una stanza vuota al pianterreno, su un tavolo, il vecchio tenga una collezione di bottiglie nelle quali è appeso un pezzetto di piombo mediante una cordicella, come in un pendolo; e affermano che il Terribile Vecchio parli alle sue bottiglie chiamandole Jack, Lo Sfregiato, Long Tom, Joe lo Spagnolo, Peters, Secondo ufficiale Ellis e così via, e che ogni volta i pezzetti di piombo oscillino in risposta. Quelli che hanno visto la figura alta e scarna del vecchio immerso in una delle sue conversazioni, preferiscono non averci più a che fare; ma Angelo Ricci, Joe Czanek e Manuel Silva non erano gente di Kingsport. Appartenevano a quel nuovo ed eterogeneo calderone di stranieri riversatosi intorno al fatato confine del New England, con i suoi costumi e le sue tradizioni, e vedevano nel Terribile Vecchio solo un invalido, canuto
culture
VOLUME
impotente che non riusciva a camminare senza l’aiuto di un bastone e le cui mani sottili tremavano da far pietà. A modo loro compiangevano la solitu dine e l’impopolarità del vecchio, evitato da tutti e perseguitato anche dai cani, che gli abbaiavano in modo singolare. Ma gli affari sono affari e per un ladro che abbia a cuore il suo mestiere un vecchio solo che non ha un conto in banca, e che paga i rari acquisti con monete spagnole d’oro e d’argento coniate due secoli prima, rappresenta un’attrattiva e una sfida. I signori Ricci, Czanek e Silva scelsero per la visita la notte dell’11 aprile. Ricci e Silva avrebbero intrattenuto il povero gentiluomo, mentre Czanek li avrebbe aspettati con il presumibile carico metallico in un’auto coperta in Ship Street, vicino alla porta che interrompe l’alto muro posteriore della casa. Infatti, il desiderio di evitare inutili spiegazioni in caso di intervento della polizia imponeva che il piano prevedesse un pronto e discreto allontanamento. Come stabilito i tre avventurieri si avviarono separatamente per evitare successive, eventuali maldicenze. I signori Ricci e Silva si incontrarono in Water Street
vicino alla porta principale del vecchio: e sebbene non gra-dissero l’effetto dei raggi della luna calante sulle pietre dipinte che occhieggiavano fra i rami in fiore degli alberi contorti, avevano cose più importanti a cui pensare che inutili e sciocche superstizioni. Temevano che non sarebbe stato piacevole costringere il Terribile Vecchio a sbottonarsi sul nascondiglio dell’oro e dell’argento, perché gli anziani marinai sono notoriamente cocciuti e ostinati. Comunque, era debole e solo e i visitatori erano in due. Ricci e Silva erano esperti nell’arte di rendere loquaci gli indecisi e le urla di un vecchio decrepito si possono camuffare con facilità. Si diressero quindi verso l’unica finestra illuminata e sentirono il vecchio che parlava come un bambino alle sue bottiglie col pendolo; poi indossarono le maschere e attesero educatamente davanti alla porta di quercia macchiata dalle intemperie. Al signor Czanek, che aspettava impaziente in macchina sul retro della casa in Ship Street, l’attesa sembrò lunghissima. Era un uomo dal cuore più tenero del normale e non gli erano piaciute le terribili urla che si erano levate dalla casa poco dopo l’ora prevista per il colpo. Non aveva raccomandato ai due colleghi di essere
culture
VOLUME
il più comprensivi possibile con il vecchio e patetico marinaio? Czanek guardò nervosamente la stretta porticina di quercia che s’apriva nel muro posteriore della casa, tutto ricoperto dall’edera. Consultava spesso l’orologio e si domandava il perché del ritardo. Il vecchio era morto prima di rivelare il nascondiglio, rendendo necessaria una lunga ricerca? Al signor Czanek non piaceva aspettare nel buio in un posto come quello. Poi sentì un debole passo, e forse il picchiettare di un bastone, nel vialetto oltre il muro; sentì un chiavistello che girava e vide la porticina che si apriva verso l’interno. Nella pallida luce dei lampioni stradali aguzzò gli occhi per vedere che cosa avessero portato i colleghi dalla sinistra casa che torreggiava alle sue spalle, ma non era quello che si aspettava. Al posto dei colleghi, infatti, c’era solo il Terribile Vecchio appoggiato al bastone, un ghigno orribile sulle labbra. 28
Il signor Czanek non aveva mai fatto al colore degli occhi di quell’uomo, ora vide che erano gialli. Nelle cittadine di provincia basta un niente a scatenare l’eccitazione ge-nerale, e questa è la ragione per cui gli abitanti di Kingsport parlarono per tutta la primavera e tutta l’estate dei tre corpi inidentificabili che la marea aveva riportato a riva, orribilmente sfigurati da quelli che sembravano tagli di scimitarre e maciullati come dai calci di crudelissimi stivali. Alcuni si soffermarono su particolari banali come l’auto abbandonata in Ship Street e le strida inumane, probabilmente di un animale randagio o un uccello migratore, che nella notte i cittadini svegli avevano sentito. Ma il Terribile Vecchio non si interessava dei pettegolezzi del villaggio. Era riservato per natura e quando si è vecchi e soli la riservatezza diventa uno scudo. Inoltre, un vecchio marinaio come lui doveva aver visto cose molto più emozionanti nei lontani giorni della sua dimenticata giovinezza.
E QUANDO PIOVE? di Jeny Fausta Giliberto
Se entrate al Pantheon e vi fermate ad ascoltare, questa è la domanda che la maggior parte delle persone si pongono: e quando piove? Se fosse casa nostra che ci piovesse non sarebbe bello, ma non lo è, o meglio è la casa degli Dei, questo significa il nome Pantheon = tempio degli Dei, magari a loro veniva più comodo passare da quel foro sulla cupola. A parte gli scherzi, quel foro (oculus) largo 9 mt che è l’unica fonte di luce è una scelta progettuale, l’imponente cupola, composta da strati via via più leggeri di calcestruzzo man mano che si sale, scarica tutto il suo peso sulla parete cilindrica attraverso un sistema di volte e archi di scarico; di conseguenza quel foro rappresentava un ulteriore alleggerimento della cupola. Basti sapere che la cupola del Pantheon, con i suoi 43 mt di diametro è la più grande di Roma (quella di S. Pietro è larga 41 mt), e la sua compostezza è data dalla perfetta composizione geometrica, il cilindro su cui poggia la cupola ha infatti un’altezza pari al raggio di questa, praticamente lo spazio interno racchiude idealmente una sfera. Il Pantheon è sicuramente l’edificio meglio conservato tra quelli dell’antica Roma, e questo grazie al fatto di non aver mai subito l’abbandono, cosa che può distruggere un edificio più di qualsiasi altra cosa. L’edificio fu trasformato in chiesa col nome di S. Maria ad Martyres nel 609 d.c. (per donazione dell’imperatore a Papa Bonifacio IV). Il primo edificio si deve ad Agrippa nel 25 a.c. circa, secondo la leggenda la notte prima della battaglia in cui Agrippa vinse contro i persiani, la Dea Cibele gli sarebbe apparsa in sogno per annunciargli una sicura vittoria, a patto che al suo ritorno egli avesse eretto un tempio agli Dei. L’edificio che arriva a noi viene ricostruito tra il 118 e il 125 d.c. dall’imperatore Adriano che dedicò ad Agrippa il nuovo tempio, come si può leggere nell’iscrizione ancora presente:
archeo
VOLUME
Marcus Agrippa Luci filius con sul tertium fecit, ossia Marco Agrippa, figlio di Lucio, durante il suo terzo consolato, fece. Questa iscrizione, fra l’altro, ha condotto gli storici ad un’errata datazione dell’opera, solo intorno agli anni ‘60 si è stabilito che l’edificio non risaliva ad Agrippa ma ad Adriano. Nel 609, come si è già detto il Tempio pagano si trasforma in chiesa cristiana per volere di Bonifacio IV, la leggenda vuole che per dare più risalto all’evento, il Papa fece gettare nel pavimento ben 28 carri di ossa di martiri prelevate dalla catacombe. In quegli anni però le catacombe, entrate in disuso qualche secolo prima e di cui si era persa notizia dei luoghi, non erano ancora state scoperte, per cui forse i martiri dovevano dormire ancora sogni tranquilli. Un’altra leggenda, legata al foro della cupola narra che il giorno della consacrazione, e durante l’echeggiare degli inni di Cristo e dei suoi martiri, vincitori del paganesimo, i demoni che avevano trasportato una pigna di bronzo dorato da Troia a Costantinopoli e poi a Roma a coprire la cupola, scapparono terrorizzati portandosi via la pigna. 29
archeo
VOLUME
Sempre secondo la leggenda, il fossato che circonda il Phanteon sarebbe opera del diavolo, si dice che il mago Baialardo in cambio ddell’anima sua sarebbe entrato in possesso del libro del comando, poi però pentitosi si sarebbe rifugiato all’interno della chiesa lasciando sfogare al diavolo la sua ira, e correndo intorno all’edificio avrebbe scavato il fossato ancora visibile. L’edificio purtoppo ha subito numerose spoliazioni, tra le quali quelle dei goti e di Costantino III, che ritenendo d’oro le tegole della cupola se le portò via, queste non erano d’oro, ma di bronzo dorato, pensate che cosa potrebbe essere vedere questa copertura da piazza Venezia, ad esempio? La copertura che vediamo è in piombo ed è stata aggiunta nel 735 d.C. Un’altra famosa spoliazione è quella fatta da papa Urbano VIII Barberini che nel 1624 fece asportare il bronzo che ricopriva le travi del pronao perché venisse utilizzato nella costruzione del baldacchino di San Pietro,
opera di Bernini, e per i cannoni di Castel Sant’Angelo (malissimo!). Pasquino stesso coniò per l’occasione il celebre detto “Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini”. Sempre Urbano VIIIfece costruire a Bernini due campanili sulla facciata del Pantheon, soprannominate popolarmente “orecchie d’asino”, fortunatamente demolite nel 1883, visibili nelle immagini settecentesce dell’epoca. Nonostante i vari tentativi, questo monumento arriva a noi nella sua interezza e grazie alla sua compostezza e perfezione ha ispirato i più grandi architetti di tutti i tempi, solo alcuni esempi sono Brunelleschi, Michelangelo, Palladio, ma la lista sarebbe lunghissima. Per chi volesse rivivere un’antica tradizione, ancora oggi, nella domenica fra ascensione e pentecosta, durante la messa viene fatta cadere, dal foro della cupola una pioggia di petali di rose, in ricordo del miracolo della pentecoste, in questo caso una pioggia un po’ diversa dal solito.
Pizzeria - Ristorante - Forno a legna - Cucina alla brace Via della Volta Buia, 54 (traversa Corso Italia) Viterbo Tel. 0761.345302 - Giorno di chiusura LunedĂŹ www.lachimerasnc.it
tuscany
VOLUME
Capalbio e Orbetello unite da Giacomo Puccini di Antonella Monti La maremma, amatissima da Puccini che la frequentò dal 1896 al 1924, non poteva dimenticarsi di lui nel centocinquantesimo dalla nascita ed è per questo che, dal I° al 13 luglio, Capalbio e Orbetello insieme gli dedicheranno una serie di iniziative in cui non sarà difficile imbattersi, transitando sulla Costa d’Argento. E in questo caso “l’unione” fra il Comune di Orbetello con quello di Capalbio con la Tenenza Guardia di Finanza di Orbetello e in primis con il Circolo Culturale Orbetellano “Gastone Mariotti” e ancora con le tante associazioni culturali e musicali dei due rispettivi comuni, hanno fatto davvero la forza mettendo in piedi tredici giorni di interessanti opportunità culturali. Dall’1 al 6 luglio si ricorderà Puccini ad Orbetello e dall’8 al 13 luglio lo si farà Capalbio con il seguente programma: I° luglio, apertura della mostra bibliografica-.fotografica e filatelica all’Auditorium Comunale di Orbetello, 3 luglio alle 21,00 (sempre all’Auditorium), spettacolo teatrale della Compagnia Oratorà, 4 luglio alle 32
18,00 alla Tagliata di Ansedonia verrà scoperta la lapide (inaugurata nel 1925 e restaurata a fine maggio scorso a cura del Circolo Culturale “Gastone Mariotti”) alla presenza delle autorità comunali e provinciali e alle 21,00, presso l’Auditoriun lagunare, serata all’insegna della musica popolare maremmana.Il 5 luglio (ore 21,00) convegno all’Auditorium sulla vita in maremma del grande musicista lucchese e il 6 luglio (ore 18,00), in P.zza del Duomo assolutamente da non perdere la grande festa con il concerto del Corpo Bandistico Città di Orbetello e della Filarmonica di Capalbio. A rendere ancora più coinvolgente la bella “festa di piazza”, penseranno gli sbandieratori di Capalbio e i figuranti del Corteo Storico di Orbetello. La kermesse commemorativa, si sposta a Capalbio dall’8 luglio e nelle sale del Castello Collacchioni si potrà visitare la mostra Bibliografica-Fotografica-Filatelica che resterà aperta al pubblico fino al 13 luglio e si potrà visitare tutti i giorni (dalle 17 alle 23).
L’11 luglio (ore 21,00) tutti in P.zza Magenta con la musica popolare maremmana , il 12 luglio stesso luogo e stessa ora per lo spettacolo teatrale su Puccini e il 13 luglio (ore 18,00), in P,zza dei Pini, si potrà assistere al concerto del Corpo Banistico Città di Orbetello e della Filarmonica di Capalbio con gli sbandieratori e il Corteo Storico di Orbetello. Giacomo Puccini, amò la maremma perché appagava il suo piacere di cacciatore e lo fece senza pudori, visceralmente, riscoprendosi uomo godurioso di quella caccia e quella pesca che, come puri piaceri, lo distraevano dalle tensioni della sua arte e dalla fatica della sua vita pubblica. Alla Tagliata di Ansedonia, nella Torre che poi prese il suo nome, visse dal 1920 al 1921 e unici compagni di quell’eremitaggio cercato (stava musicando la Turandot), furono le Guardie di Finanza, che erano divise dall’abitazione del Maestro solo da un cortiletto interno. A memoria di questo felice connubio fra Puccini e i Finanzieri, a pochi mesi dalla sua morte, fu posta una lapide sulla Torre della Tagliata con sopra riportato:”in questa Torre che fu sua - Giacomo Puccini -riposando nella silente poetica quiete di millenari ricordi - nel fragore delle onde ripetenti sullo scoglio l’eco di grandi nomi visse fraternamente due anni con i militi della R.Guardia di Finanza - apprezzandone la sincerità degli affetti e l’abnegazione della vita-tutta votata alla prosperità della Patria. I Finanzieri grati di tanti onore posero questo ricordo.” In quella memorabile giornata di maggio di settantanove anni fa, in onore del Maestro, si fermò anche la pioggia e il temporale preannunciato fin dalla mattina arrivò solo fino Grosseto. Le sole gocce che in quel giorno del 1925, bagnarono le gote dei presenti, furono le lacrime di commozione che nessuno, dalle autorità, ai popolani, riuscirono a trattenere quando, il tenore argentarino Luigi Zolesi, intonò alcuni brani della Tosca e….chissà se il 4 luglio, quando la vecchia lapide verrà mostrata ai presenti in un’altrettanto importante cerimonia, qualche nostalgico pucciniano, si commuoverà di nuovo!
tuscany
VOLUME
33
tuscany
VOLUME
Le 5 b di Talamone
Tutto in salita, il percorso iniziato a fine maggio da “Le cinque b di Talamone”, il libro di Antonella Monti che racconta, quasi ironicamente, alcuni pezzi di storia della maremma. Cinque i personaggi protagonisti del libro , tutti legati a Talamone, personaggi che, la stessa autrice, definisce “non in cerca d’autore” come invece intendeva Luigi Pirandello per i suoi, “perché “afferma sempre la Monti:” i miei non ne hanno bisogno considerando che, la storia, che ne ha già fatto dei miti”. Presentato al pubblico a fine maggio, il piccolo lavoro editoriale, di neppure cento pagine, si è avvalso di relatori davvero “fuori le righe”, autentici maremmani doc scelti dall’autrice con la stessa passione con cui ha scritto i suoi cinque “racconti leggendari di personaggi veri”. L’indimenticabile pomeriggio della presentazione (24 maggio) di cui ancora si parla per il clima giocoso e dissacrante che, solo i maremmani veri sanno instaurare quando smettono di essere diffidenti, è stato organizzato presso il Camping Village Talamone in Via Talamonese con, sullo sfondo dei relatori, il fascinoso paese maremmano. Ad unire, nello stesso divertente clima fatto di aneddoti e storie vissute fra Grosseto e Capalbio, i tanti invitati,
di Monica Nava
ha pensato in modo eccellente la brava e ironica attrice di maremma Luciana Tosti Pollini in arte Argia. Con lei, al tavolo dei relatori, lo storico orbetellano Giovanni Damiani con l’amico Bruno Ugazzi, tre maremmani anzi quattro con l’autrice a cui, và il merito, di conservare e tramandare la memoria storica del territorio. “Il successo del libro”racconta la stessa autrice” si deve al successo di questa prima presentazione fatta con lo stesso spirito scanzonato e semplice che ho voluto trasmettere scrivendolo, un paio di ore che hanno divertito tutti i presenti e questo è successo al di là dell’appartenenza politica, della nazionalità e dell’estrazione sociale!” Il libro della Monti che già si trova ad Orbetello ed Albinia, racconta di cinque personaggi legati, storicamente a Talamone, identificati dalla stessa autrice per vizi e virtù che cominciano con la lettera b… così c’è un bello, una bella, un brutto, un buono e…. un buttero! La prefazione del libro è di un altro toscano eccellente, lo scrittore-giornalista Giorgio Batini ;”che:”racconta spesso:” se non fossi già nato a Firenze, avrei voluto più di ogni altra cosa, nascere in Maremma!:”
In scena i butteri!
di Andrea D’Orso
tuscany
VOLUME
Tornano come sempre a grande richiesta (soprattutto per coloro che non potranno ammirarli ad Alberese il 15 agosto) i butteri dell’Associazione Butteri della Maremma, pronti a stupire grandi e piccoli con il loro primo spettacolo equestre al Camping Village di Talamone fissato in questa versione 2008, per il 19 luglio. I butteri, si esibiranno come tradizione vuole ormai da molti anni, presso il campo Tito Cipriani, adiacente il Camping Village Talamone con vista sul bel paese maremmano. Quello del 19 luglio, sarà per l’associazione equestre maremmana, il primo di quella serie estiva che, ogni anno, entusiasma turisti e locali. Con la baia di Talamone davanti e il caratteristico paese di mare a destra, i butteri dell’Associazione che, ogni anno, il I° maggio e il 15 agosto, ad Alberese entusiasmano centinaia di persone, sabato 19 luglio, entreranno in campo alle 18,00 circa. Lo spettacolo equestre che durerà un paio di ore, offrirà un carosello, una staffetta, una gimKana e il famoso “torneo della rosa. A fine esibizione, dedicata alla memoria del grande buttero Italo Molinari, scomparso nel 2003, il nipote Mariano Molinari, e i suoi butteri riceveranno in dono una copia del libro “Le cinque b di Talamone” di Antonella Monti. L’omaggio è dovuto perché la quinta b di Talamone è proprio il “buttero” Italo, un pezzo di storia della maremma toscana. La specialissima occasione di vedere i butteri all’opera è come sempre gratuita e aperta a tutti.
35
news
VOLUME è web tv su
www.volumechannel.tv Dopo My Space
Volume arte moda cultura inaugura la sua web tv
v t . l e n n a h c e
m u l o v . w w w
Contenuti extra, video e documentari di approfondimento sui temi trattati dalla rivista; interviste, filmati rari, cortometraggi e trailer dedicati all’arte, alla moda e alla cultura, tutto secondo lo stile Volume
VOLUME
window
ACCADEMIA DI COSTUME E MODA DI ROMA
MARGHERITA PULSONI L’arte di vestire l’Occidente
Si apre con la presentazione degli abiti di Margherita Pulsoni la felice partnership tra Volume e l’Accademia di Costume e Moda di Roma. Ogni mese saranno presentati i migliori stilisti cresciuti e maturati nello storico vivaio romano, giovani artisti già riconosciuti a livello internazionale. Gli abiti in scena sono pezzi unici frutto della creatività e dell’impegno degli stilisti coordinati dal Direttore Artistico dell’Accademia Liliana Tudini. Margherita Pulsoni, classe 1985, diplomata presso l’Accademia di Costume e Moda di Roma, ci presenta una selezione di pezzi unici. La stilista, giovane promessa della moda romana, nel 2007 si è aggiudicata l’importante premio “migliore collezione di sperimentazione e ricerca” messo in palio da Sistema Moda Italia al Mittelmoda The Fashion Award 2007, attualmente è impegnata presso l’Atelier di Valentino, a riprova del suo grandissimo talento. La giovane stilista nel disegnare le sue collezioni si ispira alla storia come alle tradizioni orientali, dalla Belle epoque alle esotiche atmosfere giapponesi: outfits che richiamano l’abbigliamento in voga nell’epoca a cavallo tra la fine del XIX° secolo e la prima guerra mondiale, giacche a kimono rivisitate in stile occidentale, tessuti restituiti alla loro antica preziosità tra colori cangianti e giochi di luce.
37
window
VOLUME
38
FOTOGRAFIE Daniele Porroni FASHION STYLIST Alessia Vitti MODELLA by Zoe Models MAKE UP Studio 2AA
window
VOLUME
39
window
VOLUME
40
window
VOLUME
41
window
VOLUME
42
window
VOLUME
43
VOLUME ARTEMODACULTURA
Volume artemodacultura Mensile Reg. Trib. Roma N. 139/2008 del 27/03/2008 Sped. in abb. post. Art. 2 Comma 20/B Legge 662/96 Free Press Publisher: Volume edizioni s.r.l. Tutti i diritti riservati Materiali, comunicati e richieste vanno indirizzati a: Redazione Volume Edizioni s.r.l. Via Enrico Mancini, 39 00135 Roma info@volumeedizioni.com www.volumeedizioni.com www.myspace.com/volumeedizioni www.volumechannel.tv Direttore Responsabile Antonella Monti Direttore Editoriale Massimo Cimarelli Responsabile Arte Francesca Eleuteri Responsabile Moda e Fotografia Daniele Porroni Responsabile Cultura Vienna Eleuteri Collaboratori Stefano Bertone, Sara Sergnese, Giorgia Aniballi, Alessandra Eleuteri, Jeny Fausta Giliberto, Leopolda Ficca, Alessia Vitti, Elvira Zollerano, Anna Teresa Peruzzi, Giampiero Plini, Veronica Pinzuti, Paul Cheung, Eleonora Angeli, Alan Santarelli, Sara Gabriele, Sara Anastasi Pubblicità adv@volumeedizioni.com Stampa Graffietti Stampati S.n.c. S.S. Umbro Casentinese km 4,500 01027 - Montefiascone (Viterbo) Italy La fotografia della testata è di Daniele Porroni Modella by Zoe Models Roma I materiali inviati in redazione non verranno restituiti, tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche parziale di contenuti ed elaborati grafici
Civico 26
BUONO SCONTO
Mostrando questo coupon ricevi uno sconto del 10 % direttamente alla cassa!
signs
VOLUME
GEMELLI di Veronica Pinzuti
Segnali dallo zodiaco
In questa società dove tutto non sempre scorre ma corre. Dove all’uomo sembra preclusa ogni possibilità di acquisire la giusta consapevolezza, maestra di scelte di vita ponderate. Dove sentimenti e sensazioni vorticano in balia di correnti senza piantare stabili radici a terra. In questo spazio, in questo tempo, è il momento di ritrovare un’attenzione amorevole per le cose, quel giusto sentimento d’azione in grado di ricalcare il nostro essere nel mondo. Lasciatevi dunque andare ed assaporate il racconto che segue: cominceremo questo nuovo percorso di rilassata e lucida attenzione per l’intorno con una riflessione sulla Mitologia astrologica.
Il segno del mese
Ultima decade di maggio. Il sole dispiega i suoi raggi sugli alberi di ciliegie, albicocche e nespole. Nei prati sbocciano gigli, achillee e calendule, mentre il canto dell’usignolo regna sovrano tra gli animali del bosco. Scrutando il cielo, la luna e le stelle, i saggi uomini dediti alla terra curano i campi insidiati dalle prime siccità, irrigano il frutteto e seminano i legumi, assicurando così pasti prelibati alle loro famiglie. Tutto il microcosmo si affaccenda e la ruota del tempo prosegue anche in cielo il suo percorso: dal 21 maggio il sole abbandona il segno del Toro per entrare in quello dei Gemelli, simbolo zodiacale di tutto ciò che è volatile, leggero e mobile. Questa costellazione dalle caratteristiche di rapidità e fuggevolezza ci condurrà fino al Solstizio d’Estate, il 21 giugno.
Il mito
Le leggende che la Storia mitologica riserva al segno zodiacale dei Gemelli sono numerose, ma quella che sembra meglio tracciare il profilo caratteriale dei nati sotto tale costellazione
si riferisce ai due Dioscuri particolarmente venerati dai Greci e dai Romani: Castore e Polluce. Essi furono due giovani e abili combattenti, concepiti nella stessa notte da un’unica donna, Leda, che offrì il suo amore ad un uomo e ad un dio: Tindaro, re di Lacedemone, padre di Castore e Zeus, re degli uomini e degli dèi, padre di Polluce. Nonostante le diverse nature (umana e divina) dei due fratelli, essi crebbero molto uniti e assieme parteciparono a numerose spedizioni di guerra apportando sempre un contributo significativo per le loro impareggiabili doti bellicose. Un giorno però la sorte li costrinse ad uno scontro in cui Castore perse la vita. Polluce allora sperimentò lo sgomento di restarne separato per l’eternità e disperato, implorò il padre Zeus di negargli l’immortalità per poter raggiungere il fratello agli Inferi. Il dio, commosso da tanto sentimento, concesse loro di restare insieme trascorrendo entrambi un giorno nel regno di Ade e un giorno tra gli dèi dell’Olimpo. Successivamente, come premio per tale affetto fraterno, elevò ambedue al Cielo, sotto forma di costellazione, dove ancora oggi possiamo ammirarli.
Il profilo caratteriale
Castore e Polluce, i due gemelli di diversa natura (umana e divina, ma anche emotiva e razionale) hanno scelto di rimanere assieme per l’eternità e nell’unità dei loro opposti caratteri rendono conto della complessa personalità dei nati sotto la luce di questa costellazione. Nel racconto mitologico li vediamo costretti ad un continuo spostamento tra l’oscurità degli Inferi e la luce dell’Olimpo, uno sforzo che offre alla persona dei Gemelli la capacità di cambiare con agilità il punto di vista su un qualsiasi problema. I Gemelli sono infatti abili mediatori, capaci di ascoltare prima l’una e poi l’altra parte e di concludere conciliando gli opposti, eliminando discordie e malumori. Questa caratteristica, unita alla disponibilità comunicativa, fa dei nati sotto questo Segno dei punti di riferimento per le persone turbate da angosce di ogni genere: parlare con loro rende l’animo più leggero, allontana le preoccupazioni e dà la carica per un nuovo inizio.
Segnali dallo zodiaco
Come in un gioco ad incastri, la nostra nascita si lega allo scoccare di un qualche ingranaggio celeste, il cui suono sordo ed esatto indica l’allineamento di stelle, pianeti e satelliti. Le civiltà del passato, dall’America all’Estremo Oriente, riconoscevano nel panorama spaziale la presenza di dèi ed eroi, potenze cosmiche e segni della volontà divina. Così, al momento della venuta al mondo di un loro discendente essi erano in grado di predirne il futuro. L’astronomia moderna tende a scansare immaginose teorie, preferendo il rigore austero e talvolta asettico della Scienza che non lascia spazio a misteriose intuizioni. Dunque di cosa si tratta? Solo di corpi celesti, nebulose, quasar, buchi neri e galassie? Oppure quelle luci lontanissime nel cielo notturno celano misteri che sfuggono a sonde e telescopi? A noi piace immaginare che il movimento degli astri concorra a creare una sinergia di forze in grado di donare un tocco speciale ad ognuno, marcando in modo unico ed originale il nostro carattere e la nostra persona. Il messaggio cosmico che tratteniamo rimane vivo nelle storie dei miti antichi. A noi il compito di decifrarlo.
Il segno del mese
Il 21 giugno si celebra l’inizio dell’estate, la stagione dei grandi mattini, dei giorni identici e certi del sole; una stagione estrema, portatrice di luce e capace di concedere tempo ozioso da spendere in assolati cortili. In corrispondenza del Solstizio comincia il segno del Cancro, sede della Luna. Nella simbologia greca esso viene rappresentato da un animale acquatico, il cui cammino a ritroso imita quello del Sole in questo periodo: dal 21 giugno la durata del giorno comincia a diminuire e dunque il Sole, giunto alla declinazione positiva più alta nel cielo, inizia ad indietreggiare camminando in obliquo proprio come un granchio. La costellazione del Cancro è il quarto segno dello zodiaco e ne sarà la protagonista fino al 22 luglio.
CANCRO di Veronica Pinzuti
signs
VOLUME
Il mito
Nella mitologia greca si narra che Carcino fosse un essere mostruoso dall’aspetto simile a quello di un granchio e di un gambero. Nelle paludose terre di Lerna, il mostruoso crostaceo fu compagno fedele dell’Idra – l’orribile drago dalle molte teste che rigurgitava fetide fiamme dalle bocche digrignanti. Quando l’Idra fu disturbata da Eracle, venuto ad ucciderla, Carcino intervenne prontamente in suo soccorso e agguantò con le sue chele il tallone dell’eroe. A nulla però valse la sua fatica: Eracle, abituato a ben altri dolori, lo schiacciò senza sforzo e annullò per sempre la sua esistenza terrena. Da allora si dice che l’anima di Carcino sia volata in cielo e che ancora adesso brilli nella costellazione del Cancro.
Il profilo caratteriale
Tra gli attributi del mostro Carcino, l’uomoCancro sembra preservare il coraggio, la facilità a lottare per coloro che ama e a proteggerli anche a costo della propria vita - come nel caso del mito narrato. Inoltre, al tipico modo di procedere del granchio e del gambero, si associa la tendenza dell’uomo-Cancro a vivere il presente sempre con uno sguardo rivolto al passato, che spesso egli non dimentica. Però le qualità caratteriali che maggiormente identificano il tipo-Cancro si legano alla simbologia del pianeta che trova in questa costellazione il suo domicilio: la Luna. Tale astro rappresenta la figura femminile della Grande Madre e dona ai nati sotto tale segno zodiacale una sensibilità accentuata e una capacità di ascolto e di comprensione che mette gli altri a proprio agio. Dalla Luna l’uomo-Cancro eredita anche il noto atteggiamento “lunatico” e capriccioso che non sempre è svantaggioso: quando le circostanze pratiche della vita si mostrano difficoltose la capacità di mutare adattandovisi è di estrema importanza!
www.iceacostruzioni.eu
© Irina Yun
icea PER COSTRUIRE LE VOSTRE IDEE
CONTATTACI PER UN PREVENTIVO GRATUITO
info@iceacostruzioni.eu
Ristrutturazioni Nuove Costruzioni Impianti Tecnologici Domotica Bioarchitettura
STUDIO DI PROGETTAZIONE ELEUTERI ARCHITETTI ASSOCIATI Progettazione architettonica di massima ed esecutiva Direzione Lavori Pratiche catastali Arredamento d’interni mail to eleuteri.architetti@live.it
VOLUME è web tv su
www.volumechannel.tv Dopo My Space
Volume arte moda cultura inaugura la sua web tv
v t . l e n n a h c e
m u l o v . w w w
Contenuti extra, video e documentari di approfondimento sui temi trattati dalla rivista; interviste, filmati rari, cortometraggi e trailer dedicati all’arte, alla moda e alla cultura, tutto secondo lo stile Volume