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Casa Rut: l’accoglienza oltre l’assistenzialismo

Quaderno di

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Piazze, Trivi e Quadrivi

CASA RUT: L’ACCOGLIENZA OLTRE L’ASSISTENZIALISMO”

Suor Andreina

Suor Andreina

Casa Rut

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“Sono venuto perché tutti abbiano vita in abbondanza”. Sono stata colpita dal motivo di questo vostro incontro: “abitare la città dell’uomo”. Abitare la città, abitare la casa, la nostra vita, abitare il nostro essere, per ascoltare i ritmi dei tempi, dei richiami dell’umanità, entrare così nella storia – città degli uomini. La vita pullula dalla strada o se volete nelle case e non nei palazzi.

Il libro che oggi presentiamo porta il titolo: “con noi sulla strada” … La pedagogia della strada racchiude una grande spiritualità e questo nostro incontro potrebbe essere letto a partire dall’immagine del vento: il vento dello Spirito, di cui Gesù diceva: non sai da dove viene e dove va. I documenti, le leggi sono prescrittivi, dicono dove devi rimanere, sottolineano la rigida appartenenza; il cuore, il vento invece fa sconfinare. La passione per il Vangelo, il coraggio di osare ti fanno percorrere strade inverse.

Anche Casa Rut ha avuto il suo inizio percorrendo le strade della città e della periferia, soprattutto in quei luoghi dove molte giovani sono costrette a vendere il loro corpo e queste giovani di colore sono unicamente percepite come prostitute. A noi questo titolo non ci stava bene, è una definizione troppo offensiva della dignità umana; non ci bastava la risposta che da mondo è mondo la prostituzione c’è sempre stata. Molti ci dicevano che era pericolo avvicinarle, potevamo rischiare ritorsioni, minacce: ma noi, come donne, come religiose volevamo incontrare quei volti. Così suor Rita insieme ad altre donne, amiche e volontarie, l’8 marzo 1997 ha caricato la macchina di vasetti di primule per portarle come segno di amicizia, di vicinanza, di condivisione del loro dolore. Ed è stato l’inizio di una serie di incontri sconvolgenti. I loro volti, le loro storie hanno sconvolto la nostra vita: non si poteva più far finta di niente, si doveva accogliere il Vangelo della liberazione per lenire quel grido di dolore. Ecco si parte. Dalla strada, luogo santo, dove abita Gesù, la strada del sacramento.

Casa Rut: spazio di accoglienza che contraddice alla radice altre immagini di equivoca solidarietà; non un istituto, non una istituzione, non uno sopra e l’altro sotto, non un dispensare dall’alto una elemosina. Dice essere alla pari tra chi ospita e chi è ospitato, scambiarci affetto, pensieri, costruire insieme il percorso di liberazione. Piazze, Trivi e Quadrivi

Suor andreina

Dice la voglia di una casa anche per te, per il tuo futuro.

Casa Rut dice la voglia di una casa dove delle donne consacrate siano maestre di libertà e autonomia. Casa dove vuoi che l’altra fiorisca nei suoi colori e non nei tuoi. E dove l’altra l’immigrata, la straniera, fa fiorire te.

Casa Rut, segno, luogo dove non succede che stai per un po’ e poi ti scaricano. Ricordate Rut, la Moabita della Scrittura, che dice alla suocera che non vorrebbe sradicarla dalla sua terra per portarla nella propria: “Non insistere con me che ti abbandoni e torni indietro, perché dove andrai tu andrò anch’io, e dove ti fermerai, mi fermerò”. Così è per queste ragazze che si fermano per ritrovare la vita.

Per noi accogliere non è semplicemente organizzare un servizio, offrire un posto letto, un luogo dove posare le proprie cose, ma è soprattutto fare spazio dentro di noi, perché queste giovani donne, violate nel corpo e nella loro dignità, possano trovare il calore di una casa, possano abitare le nostre vite, i nostri sentimenti, possano trovare spazio nel nostro cuore di donne, donne consacrate.

Dall’apertura di Casa Rut ad oggi sono passate più di 300 ragazze e sono nati 50 bambini: hanno avuto perciò la possibilità di abitare questo spazio di amore trovando la forza e il coraggio di riprendere il cammino.

Qui sulle nostre strade, violate, vengono ridotte a non sentirsi più persone, ma unicamente carne per il mercato del sesso. Le ragazze nigeriane, nella maggioranza, arrivano in Italia attraversando il deserto africano a piedi, poi sulle carrette del mare. Affrontano viaggi inimmaginabili che durano mesi, soffrendo fame, sete, sonno. Molte muoiono, subiscono gravi violenze, abusi. E arrivate tra noi vedono infrangersi i loro sogni, le loro speranze.

Ecco che possiamo legare il cammino di queste ragazze a Casa Rut come il ritorno dei discepoli di Emmaus, o il ritorno del Buon Samaritano, colui che si prende cura dell’altro.

Casa Rut ha una prima accoglienza dove avviene il percorso di recupero, con un percorso umano, psicologico, sanitario; l’acquisizione dei documenti; l’apprendimento e miglioramento della lingua italiana; la formazione e l’addestramento al lavoro.

Una seconda accoglienza di autonomia, dove le ragazze iniziano un percorso puntando sulle proprie risorse, prendersi cura di se stesse, della casa, dei bambini.

Casa Rut è uno spazio aperto alla speranza: ma come dare speranza a queste giovani ?. Ecco nasce la cooperativa “NewHope”. Il lavoro da speranza a queste donne, che noi vogliano far crescere in autonomia e non legate al mero assistenzialismo. Ogni manufatto creato da queste ragazze, ha un valore immenso: è il racconto di una rinascita e del coraggio di una vita immersa nella speranza.

Salerno, ottobre 2013

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