26 MARZO
EDITORIALE
LE MARCHE, SEMPRE CON UN OCCHIO PARTICOLARE. Non potevamo non dedicare una copertina e il pezzo d’apertura di questo numero agli anziani. Spesso dimenticati e a volte abbandonati, gli anziani questa volta li abbiamo voluti portare all’attenzione dei nostri lettori, certi dell’importanza di “riqualificare” la figura così importante di padri e nonni. Le Marche sono una delle regioni più longeve d’Italia e questo ci avvalora ancora una volta della bontà della nostra terra. Dagli anziani ai giovani il passo è breve e, allora, via con una serie di “belle speranze”, tra cui Gianmarco Tamberi, 23enne di Offagna, recordman italiano di salto in alto, e Luca Migliorelli, 20enne di Uscerno di Montegallo, in provincia di Ascoli Piceno, che a computer e telefonini preferisce i lavori in campagna e il pascolo delle greggi dell’azienda di famiglia. In questo numero, inoltre, abbiamo continuato il nostro viaggio nella musica indipendente delle Marche incontrando i Banana Joe, interpreti del cosiddetto reggae marchigiano, mentre con Giacomo Medici siamo andati a conoscere la voce lirica marchigiana che canta il Tango. Fonti e fontane, invece, saranno il fil rouge che ci ha condotto in giro per le Marche a scovare manufatti architettonici di grande valore culturale. Inoltre, con il Professor Rodolfo Coccioni scopriamo il suo corso di formazione “La Terra a tavola” e che Michelangelo aveva dei terreni da pascola a Urbania. Le Marche sono al centro della Macroregione Adriatico-Jonica e, dunque, non potevamo saltare a piè pari l’attuale momento di passaggio dalle parole ai fatti anche grazie alle ingenti risorse economiche stanziate dall’Unione Europea a favore di iniziative di sviluppo per l’area interessata. In questo numero abbiamo fatto il punto sulla terza Macroregione europea, grazie ai lavori del convegno “Programmi Adrion e Italia-Croazia: progetti per la Macroregione Adriatico Ionica”. Abbiamo fatto una sosta a Jesi per parlare del grande concittadino Federico II di Svevia e ci siamo poi trasferiti sulle montagne della nostra regione per un monitoraggio sui lupi delle Marche. Con Silvia Alessandrini Calisti, infine, siamo andati a conoscere la rete web delle mamme marchigiane, mentre il Professor Stefano Longhi ci ha guidato nelle Marche al tempo degli Dei, ridando al nostro territorio quella memoria storica che gli compete. Tanti argomenti e tanti begli articoli. A voi tutti, dunque, buona lettura.
GAUDENZIO TAVONI
WHY MARCHE | 5
SOMMARIO P.8
A G O R A’
8 IL SALTO DI TIMBERI
ANIMA 12 FEDERICO II DI SVEVIA 14 LA PASSIÒ 30 GLI DEI NELLE MARCHE 32 MICHELANGELO E IL CIBO
Direttore Responsabile: Gaudenzio Tavoni REDAZIONE Editor Maria Pia Bacchielli Loredana Baldi Leila Ben Salah Silvia Brunori Luca Capponi Stefania Cecconi Paola Cimarelli Ilaria Cofanelli Silvia Conti Andrea Cozzoni Paola Donatiello Stefano Longhi Alessandro Morbidoni
MENTE 34 LA MACROREGIONE 36 SICUREZZA INTERNET 38 LE ONDE GRAVITAZIONALI 40 MAMMEMARCHIGIANE IN RETE
P.12
Graphic Designers Isabella Gianelli Photographers Paolo Bolognini Andrea Tessadori Marketing & P.R. Raffaella Scortichini r.scortichini@whymarche.com Concept: Theta Edizioni info@whymarche.com
PRIMO PIANO
42 SCRIGNI DI MEMORIA
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PERCHE’
I PERCORSI DI WHY MARCHE
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Casa Editrice: Theta Edizioni Srl Registrazione Tribunale di Ancona n° 15/10 del 20 Agosto 2010
48 MONTAGNA E MUSICA 52 LIBERA MARCHE
FONTI, FONTANE E LAVATOI
edizioni Sede Legale: Via Monti 24 60030 Santa Maria Nuova (AN)
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P.16
P.42
Tel. 0731082244 Stampa: Tecnostampa: Via Le Brecce - 60025 Loreto (AN) Abbonamenti:
SPIRITO 54 CANTO IL TANGO 58 AUTO NEWS DA GINEVRA 60 BANANA JOE 63 NATALINO 66 OCCHIO AL COLLEGA 68 RICONQUISTA DEL LUPO 70 I CONSIGLI DI BARBANERA
abbonamenti@whymarche.com Chiuso in redazione il 29 Febbraio 2016 COPYRIGHT THETA EDIZIONI TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI. NESSUNA PARTE DI QUESTO MENSILE PUO’ ESSERE RIPRODOTTA CON MEZZI GRAFICI, MECCANICI, ELETTRONICI O DIGITALI. OGNI VIOLAZIONE SARA’ PERSEGUITA A NORMA DI LEGGE. per qualsiasi informazione
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A G O R A’
TAMBERI, IL MARCHIGIANO CHE
SALTA DA RECORD
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di Leila Ben Salah
IL SUO LOOK PORTAFORTUNA NON HA SBAGLIATO NEMMENO STAVOLTA. BARBA TAGLIATA A METÀ, CONCENTRAZIONE, SALTO ED ECCO TOCCATO IL NUOVO RECORD ITALIANO ASSOLUTO (2,38), SEGNATO IL 13 FEBBRAIO A HUSTOPECE (REPUBBLICA CECA). GIANMARCO TAMBERI, 23 ANNI DI OFFAGNA, È DIVENTATO IL SIMBOLO DEL SALTO IN ALTO IN ITALIA. IL NUMERO UNO CHE QUALCHE GIORNO PRIMA, IL 4 FEBBRAIO, INSIEME AMARCO FASSINOTTI, A BANSKA BYSTRICA, AVEVA SALTATO 2,35 OTTENENDO IL NUOVO PRIMATO ITALIANO INDOOR. IL 2,38 DI TAMBERI SEGNA LA PIÙ IMPORTANTE MISURA DI SEMPRE ITALIANA, SIA ALL’APERTO CHE AL COPERTO. IL RECORD ALL’APERTO GIANMARCO LO STABILÌ IL 3 AGOSTO DELLO SCORSO ANNO, ALLA VIGILIA DEI MONDIALI DI PECHINO, SULLA PEDANA TEDESCA DI EBERSTADT CON 2,37.
QUANDO HAI INIZIATO? IL SALTO IN ALTO È DI FAMIGLIA VERO?
“Sì, papà già faceva salto in alto e ha fatto le Olimpiadi del 1980 a Mosca. Io ho iniziato nel 2009 quando ho smesso di giocare a basket, ho iniziato il salto in alto. Già da prima facevo qualche gara studentesca nelle scuole, ma ho iniziato nel 2009”.
COSA TI HA PORTATO AD ABBANDONARE IL BASKET PER IL SALTO IN ALTO?
“Diciamo che è stata un’evoluzione di cose. Ho cominciato le gare a scuola e ho visto che avevo sempre risultati maggiori anche se non mi allenavo perché ero concentrato sul basket. Ma alla fine del 2008 ho vinto i campionati studenteschi di atletica. Avevo saltato 2,01 mt e così ho detto proviamo. Ho lasciato il basket, ma è stata una scelta dura, perché per il me il basket è sempre stata una malattia più che uno sport”.
E IL RECORD ITALIANO DEI 2,38 A HUSTOPECE TE L’ASPETTAVI?
“Dire che me l’aspettavo no, sapevo di aver lavorato bene da settembre fino a quel giorno. Sapevo di stare bene fisicamente e di riuscire tecnicamente, sapevo che potevo saltare in alto, poi aspettarsi un record italiano no. Stavo bene, poteva succedere oppure no”.
COSA HA GIOCATO UN RUOLO IMPORTANTE IN QUESTO TRAGUARDO?
“Mi sono accorto già da subito che avevo una grande sicurezza di quello che stavo facendo, di controllo di quello che dovevo fare e questo mi ha permesso di fare una gara con serenità a livello mentale. Non ero nervoso ed è molto importante, perché quando si fanno le gare e se si è tesi e nervosi è più difficile. Avendo lavorato molto bene in questi ultimi quattro mesi al campo avevo veramente piena coscienza dei miei mezzi”.
A CHI DEDICHI QUESTA CONQUISTA?
“In realtà a nessuno. Quest’anno è un anno lungo e con obiettivi molto grandi, come le Olimpiadi, i campionati del mondo. Quindi le dediche aspetto a farle perché spero di poter fare ancora di meglio”.
QUINDI A COSA PUNTI ADESSO?
“Ci sono i campionati italiani in casa ad Ancona e ci tengo veramente tanto, mi verranno a vedere un sacco di persone. Poi ci saranno i campionati del
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A G O R A’
mondo a Portland il 20 marzo, ma l’obiettivo più grande di quest’anno sono sicuramente le Olimpiadi di Rio. E questo è il mio obiettivo principale. Nell’anno olimpico si ha solo una cosa in testa”.
COME TI STAI PREPARANDO?
“Al campo con gli allentamenti sono sempre come tutti gli anni, è un approccio soprattutto mentale che va finalizzato per le Olimpiadi. Il nervosismo vicino alla gara si sente tantissimo, io sono stato fortunato che ho già fatto le Olimpiadi a Londra, quindi ho già un’esperienza alle spalle. Ero molto giovane perché avevo 20 anni là, sarò molto giovane qua perché ne avrò 24. Ma avere l’esperienza e sapere quanta pressione ci sarà, mi aiuterà di sicuro. Quindi è un approccio un po’ più mentale quello di Rio rispetto agli altri anni”.
MA POI C’È PURE IL LAVORO SUL CAMPO …
“Quello è ovvio, al campo il lavoro è lo stesso ma fatto con intensità in più. Se io di solito al campo lavoro al 100 percento durante gli anni, quest’anno delle Olimpiadi mi spingo oltre al 100 percento per avere quella carica in più”.
QUANTO E DOVE TI ALLENI?
“Mi alleno ad Ancona al Palaindoor d’inverno e d’estate nel campo di fronte che si chiama campo Italico Conti. La tipologia di allenamento è variabile, dipende se sono in presenza di gare vicine o no. Per esempio normalmente faccio anche doppi allentamenti mattina e pomeriggio, vicino alle gare invece mai. Solo il pomeriggio e alla settimana quando gareggio sono quattro allenamenti a settimana. Quantità poca ma tantissima qualità, perché dobbiamo trasformare il lavoro fatto d’inverno in qualità”.
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LAVORI O STUDI?
“Studio, faccio economia ad Ancona. Ma quest’anno ho deciso di lasciarla per concentrarmi sulle Olimpiadi, poi riprenderò l’anno prossimo”.
CHE LAVORO TI PIACEREBBE FARE?
“Me lo chiedo anche io! Sinceramente non lo so, adesso ho le idee più concentrate sul presente che sul futuro. Certo mi piacerebbe rimanere nell’ambito sportivo, più nel basket che nell’atletica. Mi piacerebbe fare l’allenatore di basket, che è una passione grande che ho. Poi come lavoro proprio non lo so, sono confuso ancora sul futuro”.
IL TUO HALFSHAVE MOVE È DIVENTATO UN RITO, COME TI È VENUTO IN MENTE?
“Questa cosa è nata nel 2011, quindi cinque anni fa, quando per scherzo dovevo fare un campionato italiano ed ero uno dei favoriti. Solo che mi ero fatto male ed erano tre mesi che non mi ero allentato bene. Ero molto nervoso e con mio padre, che è il mio allenatore, per sdrammatizzare abbiamo detto: facciamo una stupidaggine, qualcosa che quando si va in gara si ha meno pressione addosso. E mio padre mi ha detto: tagliati la barba a metà, così la barba che hai nella parte interna ti fa correre meglio la curva. Ovviamente detto scherzosamente. L’ho fatto e in quella gara lì sono migliorato di 11 cm. Agli Europei junior l’ho rifatto e ho vinto la medaglia. E allora ho detto ok, devo farlo sempre. In realtà la metà barba me la tengo solo esclusivamente per le gare, poi me la taglio”.
E CON IL TUO RIVALE FASSINOTTI COME VA?
“Va bene. Ho saputo che forse non farà i campionati italiani e mi dispiace perché comunque per me è un grande stimolo. In qualsiasi gara ci sia è un altro italiano che salta molto molto in alto e mi dà tanta carica in più e quindi spero che non sia niente di grave e che riuscirà a partecipare ai campionati italiani. La gara con lui prende di importanza e anche con Chesani”.
SEI FIDANZATO DA SEI ANNI, LEI TI SEGUE SEMPRE?
“Quando può. Lei studia Lingue a Verona e fa l’università a tempo pieno non come me! Però in Italia mi segue sempre e poi anche negli eventi importanti. A Londra c’era e ci sarà anche a Rio”.
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ANIMA
O C I R E D E F
A I V E V S I D II
R O P U T S O L I D N MU JESI A O T A N SOVRANO ILLUMINATO, MECENATE, INNOVATORE IN CAMPO LEGISLATIVO, LETTERATO, FIGURA MITICA PER LA SUA POLIEDRICA E AFFASCINANTE PERSONALITÀ SI GUADAGNÒ L’APPELLATIVO DI STUPOR MUNDI (STUPORE - MERAVIGLIA DEL MONDO).
Stiamo parlando di Federico II di Svevia, re di Sicilia, Duca di Svevia, Imperatore del Sacro Romano Impero e re di Gerusalemme, che il 26 dicembre 1194 vide la luce nella città di Jesi. Figlio di Costanza d’Altavilla e di Enrico VI nacque mentre la madre era in viaggio per raggiungere il marito, incoronato il giorno
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prima re di Sicilia, a Palermo. Federico II nacque all’interno di una tenda imperiale posta nella piazza principale della città di Jesi, che oggi porta il suo nome. La figura mitica di Federico II attirò su di sé leggende che lo accompagnarono fin dal suo primo giorno di nascita e che sopravvissero alla sua scomparsa.
di Stefania Cecconi
S
econdo un cronista fiorentino di parte guelfa, il parto dell’Imperatrice Costanza d’Altavilla fu pubblico: al fine di contrastare lo scetticismo della popolazione, che non credeva nella gravidanza di una donna in età avanzata, nella piazza centrale della città marchigiana venne allestito un baldacchino per scacciare così ogni dubbio sulla nascita dell’erede al trono. Appena nato Federico II fu condotto a Foligno dove visse i suoi primi anni. Dopo la morte del padre e della madre, avvenuta quando Federico aveva rispettivamente solo due e tre anni, fu affidato ad un tutore e visse la sua infanzia in Sicilia dove ricevette la sua formazione e istruzione. A quattordici anni assunse nelle sue mani il potere, si sposò, e all’età di diciotto anni venne incoronato imperatore. L’eredità lasciata da Federico II non è solo conseguenza della sua attività militare e politica ma della sua forte curiosità intellettuale. Era un appassionato d’arte, un mecenate e uno scrittore, diede un’impronta particolare all’archittetura del periodo. All’età di trent’anni, Federico II, istituì a Napoli, con un editto formale, la prima università statale e laica della storia d’Occidente, grazie alla quale la città partenopea si affermò come centro della scienza giuridica. In campo letterario, Federico II contribuì alla nascita della letteratura italiana e allo sviluppo di quella che sarebbe diventata la lingua italiana moderna grazie alla Scuola siciliana di poesia, che ebbe il suo fulgore presso la corte dell’Imperatore. Il suo modo di governare fu molto moderno grazie alle sue idee avanzate che fissò su un codice legislativo noto come Costituzioni di Melfi, lavoro della sua intensa ricerca legislativa e dal quale emerge la volontà dell’Imperatore di limitare il potere delle famiglie nobiliari e dei
prelati, e di rendere partecipi anche le donne alla successione dei feudi. Il codice legislativo del Regno di Sicilia, che si basa sul diritto romano e normanno, è considerato una delle più grandi opere nella storia del diritto. Dopo questa breve e parziale panoramica sulla vita di questo straordianrio personaggio ci si rende conto che il legame tra Federico II e la città Jesi, oltre ad essere frutto del caso, inizia e termina il primo giorno della sua vita. Eppure, nonostante la distanza tra l’imperatore e la città che gli ha dato i natali, Jesi ricevette in dono da Federico II il titolo di “Città Regia”, uno status che sanciva l’autonomia del comune, ampi privilegi e libertà dal dominio pontificio. La città di Jesi passò quindi alla fazione ghibellina e rimase legata alla figura di Federico II che attraverso la sua influenza determinò la sorte della città e le sue fortune in campo politico. Grazie all’imperatore e ai suoi figli, Jesi ottenne importanti privilegi imperiali così come diverse scomuniche ecclesiastiche. Il rapporto tra Federico II e la Chiesa, infatti, non fu facile. Egli lottò apertamente con il papa Gregorio IX mettendo in discussione il potere temporale della Chiesa e per questo
il pontefice definì l’imperatore “anticipatore dell’Anticristo”. La propaganda guelfa, invece, lo apostrofava come un ateo e un eretico epicureo. Dante Alighieri nella sua Divina Commedia lo colloca nel sesto cerchio dell’Inferno, quello degli eretici appunto. Così come la sua nascita anche la morte dell’imperatore Federico II di Svevia si perde e si mescola con la leggenda. Si narra che poco prima di morire Federico II fu vittima di forti dolori addominali, secondo alcune fonti si trattava delle consegguenze di una malattia trascurata, secondo altre di avvelenzamento. Le condizioni furono talmente gravi che la corte lo condusse nella domus di Fiorentino, borgo fortificato vicino alla città di Foggia. Secondo la leggenda a Federico II venne, molti anni prima, predetta la sua morte dall’astrologo di corte che lo avvertì del fatto che egli sarebbe morto sub flore. Per questo motivo Federico II nella sua vita evitò sempre di recarsi a Firenze, ma quando fu informato del nome del borgo in cui sarebbe stato condotto per le cure, Castel Fiorentino, capì che era giunto il tempo di lasciare questo mondo, forse non del tutto consapevole di aver consegnanto un’inestimabile eredità culturale.
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ANIMA
LA “PASSIÒ” “Alle ventiquattrore Gesù al sepolcro andò solo per nostro amore e a tutti ci salvò solo per nostro amore e a tutti ci salvò”
RICONOSCETE QUESTI VERSI? SE SIETE TRA QUELLI CHE NON HANNO MAI SENTITO PARLARE DEL CANTO DELLA “PASSIONE DI CRISTO” CHE DA SECOLI SI CANTA IN TUTTE LE CASE DEL CENTRO ITALIA PRIMA DI PASQUA, LEGGETE QUA! 14 | WHY MARCHE
di Silvia Brunori
La “Passione”, come gran parte dei nostri canti popolari, rientra nei canti di questua, cioè quelle cantate che, in determinati periodi dell’anno, gruppi di cantori eseguivano di casa in casa. Nelle Marche le occasioni di questua si svolgevano nel periodo che va dall’inizio dell’anno alla primavera, in coincidenza di determinati periodi del calendario agricolo e religioso: tra capodanno e l’Epifania si eseguiva la “Pasquella”, il 16 gennaio il “Sant’Antonio”, il 17 marzo la “Passione di San Giuseppe”, l’ultimo giorno di marzo lo “Scacciamarzo”; nelle due settimane precedenti la Settimana Santa il canto de “Alle anime sante del Purgatorio” e la “Passione di Cristo”. I cantori erano accompagnati almeno da un organetto e da un cembalo, ed eventualmente anche dai “timpani” (il triangolo), le castagnette (tipo nacchere), il “segò” o violino dei poveri (strumento che richiama il violino per la forma e il violinista per i movimenti, ma il suono è realizzato unicamente dai campanelli posti nell’archetto), la raganella e, limitatamente al fabrianese, anche la fisarmonica e il violone a tre corde. Prima dell’ingresso nella casa ospite, uno dei questuanti chiedeva cantando il permesso di essere accolti per avere la licenza di cantare e portare l’allegria. La famiglia contadina concedeva ben volentieri questa “licenza” poiché oltre a portare divertimento e musica in casa, con il canto e il dono offerto in cambio, si credeva di propiziare la salute e il buon raccolto. I testi dei canti di questua si aprono sempre con l’invito al padrone, o alla padrona di casa, a offrire doni per i cantori e i suonatori, benedicendo l’eventuale generosità o, nel caso contrario, maledicendo la tirchieria dei padroni di casa. Solitamente l’offerta non era in denaro ma in ciò che la famiglia contadina poteva donare: uova, vino o salsicce. La “Passione di Cristo” presenta delle differenze rispetto agli altri canti di questua della nostra regione: in primo luogo è diffusa in tutta l’Italia centrale fin dal Medioevo in forme non troppo dissimili da zona a zona; poi, come si può dedurre dal tono profondamente devozionale che
invece manca negli altri canti popolari, non ha un’origine puramente popolare ma si può supporre che sia stata introdotta dalla Chiesa, quasi come forma di catechesi. I secoli di esecuzione, ne hanno ovviamente alterato parti di testo e, in assimilazione con gli altri canti di questua, in alcune versioni, è stato introdotto il saltarello finale che sembra in contrasto con il tono mesto delle strofe che lo precedono. Della “Passione” esistono alcune varianti, quella più conosciuta è detta “delle ventiquattr’ore” in cui nella ventina di stanze della canzone i due cantori, alternandosi, ripercorrono le ventiquattro ore che precedono la Pasqua, dal processo al tradimento, la crocefissione, il martirio e infine la resurrezione di Gesù. In un’altra versione detta “delle quarantott’ore” gli eventi si narrano dalla giornata precedente, in altre ancora le differenze riguardano, più che il contenuto e l’estensione delle strofe, l’aspetto musicale. Negli anni ’70 la pratica di portare musica nelle case e offrire doni in cambio ai questuanti scomparve in tutto il territorio regionale e i canti tradizionali rimasero solo nella memoria di pochi cantori e organettisti. Grazie al recupero voluto dalla Macina, la “Passione” è tornata e rivivere nelle case e nelle piazze, dapprima grazie al contributo di un solo gruppo i questuanti di Monsano, ai quali, in seguito si sono uniti gruppi provenienti da altri paesi. Così ha avuto inizio la Rassegna internazionale della Passione, la domenica delle Palme, prima a Monsano, poi a Polverigi, che giunge quest’anno alla quarantatreesima edizione con numerosi gruppi ospiti provenienti da tutte le Marche e regioni limitrofe con le loro varianti della “Passione”. Sull’esempio della rassegna di Polverigi sono nate manifestazioni simili per recuperare gli altri canti di questua, la festa del Cantamaggio a Morro d’Alba e la rassegna della Pasquella a Montecarotto. Se avete voglia di ascoltare queste antiche melodie e esser parte della questua di più di duecento gruppi non mancate il 20 marzo a Polverigi!
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ANIMA
PESARO FANO
CARPEGNA
FABRIANO
ANCONA OSIMO LORETO
CERRETO D’ESI
ESANATOGLIA
CINGOLI MACERATA
MATELICA
FERMO S. SEVERINO MARCHE RIPATRANSONE OFFIDA ASCOLI PICENO
E N A T N O FONTI, F I O T A V A eL drea Photo di An
Tessadori
Che cosa hanno in comune fonti, fontane e lavatoi? L’acqua, la storia, la tradizione, l’arte e la cultura vi sembra poco? Tutto questo potrebbe essere raccolto in una parola sola: patrimonio. Quanta cultura e vissuto secolari dietro ciascuno di loro. Fonti, fontane e lavatoi sono i segni tangibili di come i nostri paesi e le nostre città si sono venuti formando, poiché intorno alle sorgenti sono nati e si sono espansi i nuclei che le hanno generati; sono tracce della conformazione geologica del nostro territorio e del sapiente lavoro dell’uomo per sfruttarne la ricchezza idrica ed evitarne il dissesto; spesso avvolte da una rigogliosa cornice naturale, ospitavano una incredibile ricchezza di forme di vita che non aveva eguali, dal punto di vista naturalistico, oppure elementi architettonici ed urbanistici ornamentali ed artistici, anche di tipo monumentale. Un ponte, un monumento, una chiesa, un castello, mura di un piccolo borgo arroccato, un dipinto, una tomba e tanto altro sono frammenti di vissuto che la storia affida ad un territorio e andrebbero gestiti con cura per non perderli nel tempo. Nella nostra regione ne abbiamo una buona rappresentazione e l’esserci soffermati solo su alcuni di questi manufatti architettonici non vuol dire sminuire l’importanza degli altri. Ogni click fotografico ha catturato quanto abbiamo incrociato durante viaggi di lavoro passeggiando tra le vie e le piazze della nostra regione.
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I PERCORSI DI WHY MARCHE
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ANIMA
Fontana del Palazzo dei Principi Carpegna a Carpegna (PU)
Una scenografica fontana la cui vasca è costituita da un antico sepolcro ricavato da un monolito calcareo, venuto alla luce secoli addietro e tuttora non datato, che conteneva al suo interno il corpo di un misterioso e gigantesco guerriero con elmo e spada. Il coperchio, ricco d’antichi caratteri intagliati, è andato purtroppo perduto nel corso dei secoli.
Fontana Piazza della Repubblica a Urbino (PU)
Progettata da Diomede Catalucci nel 1908 venne eliminata nel 1927, e reintrodotta negli anni novanta. Oggi domina il centro della piazza e viene usata dai neolaureati universitari per il rito liberatorio del bagno di laurea.
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Fontana di Piazza Matteotti nel centro storico di Cagli (PU)
Situata al centro della piazza, venne eseguita nel 1736 da Giovanni Fabbri su disegno dell’arch. Anton Francesco Berardi (MAZZACCHERA 1998).
I PERCORSI DI WHY MARCHE
Fontana Ottagonaledi di Piazza del Popolo a Pesaro (PU)
L’antica Fontana di Piazza del Popolo fu eretta per volontà di Francesco Maria II Della Rovere, tra il 1588 e il 1593. Chiamata “la Pupilla di Pesaro” per la sua posizione centrale, la Fontana divenne ben presto uno dei principali punti d’incontro dei Pesaresi. Nel periodo 1684-1685 la Fontana viene radicalmente rifatta, per opera dello scultore Lorenzo Ottoni: oltre che per abbellire la piazza, essa servì per molti anni come abbeveratoio per gli animali. Distrutta dai tedeschi nel 1944, la Fontana fu rifatta nel 1960, rispettando fedelmente il modello dell’Ottoni e con il ripristino degli antichi frammenti recuperati.
Fontana della fortuna in Piazza XX Settembre a Fano (PU)
Collocata sul lato a ovest la Fontana della Fortuna ha un vasto caratteristico bacino mistilineo a marmi colorati. Venne interamente rinnovata nel 1697-1699 dal veneziano Ludovico Torresini. L’elegante statuetta bronzea della Dea Fortuna è una copia fedele dell’originale (oggi presso il museo civico) modellata e fusa nel 1593 dall’urbinate Donnino Ambrosi per ingentilire il primitivo bacino ottagonale della vecchia fontana realizzata nel 1576. È considerata simbolo civico e la sua raffinatezza rievoca modelli scultorei giambologneschi.
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ANIMA
Fonte Abbazia di Val di Castro Poggio San Romualdo (AN) La fonte la ritroviamo in un contesto medioevale, un luogo incantato suggestivo ed emozionante immerso nella natura dove il tempo sembra essersi fermato.
Fonte del Filello nei pressi del Palazzo degli Anziani ad Ancona (AN)
La Fonte del Filello o della Cisterna: denominata in origine Fonte Greca è forse la più antica della città. ‘Nascosta’ in un vicolo ora cieco (lungo la scalinata a sinistra, salendo, del Palazzo degli Anziani) ha una storia che risale addirittura al XV secolo quando lo storico e nobile Lazzaro Bernabei, racconta circa la traslazione di San Liberio che, sepolto all’interno di un pesante sarcofago, doveva essere portato sulla cima del Guasco, dove oggi si trova il Duomo di San Ciriaco. Dunque, durante il trasporto del sarcofago (conservato oggi a San Ciriaco), i buoi con i quali ci si aiutava fecero quattro tappe ed una di queste, proprio la prima, fu al Filello, dove si abbeverarono. In questa maniera, questa fonte venne considerata come un pio luogo di preghiera durante le rogazioni.
Fonte Bernini ad Osimo (AN)
Fonte Bernini meglio conosciuta come “Fonte del pelo” - Si trova sul sentiero che porta verso via Guazzatore. Come riporta la targa affissa, questa fonte veniva utilizzata dagli “scopettari” che qui portavano a lavare il pelo suino per la fabbricazione delle scope.
Fonte Magna nei pressi del centro ad Osimo (AN)
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Scendendo le scale in pietra dalla via omonima si giunge ad un posto tranquillo dove il silenzio è interrotto soltanto dal gorgoglio dell’acqua. Immersa nel verde dei muschi e delle piccole felci, si scorge l’antica Fonte Magna, un ninfeo romano risalente al I secolo a.C. chiamato così per le sue dimensioni e e per il fatto di essere stata una delle principali fonti di approvvigionamento idrico della città. Si tratta di una costruzione che riveste grande importanza nel panorama archeologico marchigiano, in quanto è uno dei pochi monumenti citati da fonti storiche. Si narra che Pompeo Magno fece abbeverare qui i suoi cavalli durante una breve sosta nella città per reclutare soldati da impiegare contro Cesare durante le guerre civili.
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I PERCORSI DI WHY MARCHE Fontana dei Delfini in Piazza Marconi a Cerreto d’Esi (AN)
Fontana del Calamo in Corso Mazzini ad Ancona (AN)
Dagli anconetani denominata “Fontana delle tredici cannelle”, con chiaro riferimento al numero delle bocche d’acqua. 12 grandi maschere di bronzo ed un centrale in pietra che dovrebbero raffigurare altrettanti satiri e fauni, sovrastati dal cavaliere all’assalto, simbolo ed emblema della città di Ancona. Il monumento ha origini molto antiche e due costruzioni alle spalle quella greca prima e quella medioevale successiva. Su disegno dell’architetto Pellegrino Tibaldi (1560), la Fontana, realizzata nelle forme attuali da artisti di Recanati, fu inglobata nelle mura cittadine proprio durante il Medioevo.
Un primo progetto, non realizzato, è datato 1888. Al 1890 risale un secondo progetto sulla base del quale è stata costruita la fontana, terminata nel 1894. In pietra arenaria di Signa in Toscana, è costituita da una vasca circolare; al centro di questa è posto un basamento triangolare su cui s’innalza una colonna con capitello corinzio; intorno a tale colonna si avvolgono i corpi di tre “delfini”, ognuno dei quali poggia la testa su un angolo del basamento triangolare.
Fonte dei Decapitati in Piazza del Plebiscito ad Ancona Detta anche Fontanone (XV secolo), con i suoi bassorilievi, ricorderebbe i giovani martiri che avevano lottato per ripristinare la libertà comunale perduta dopo il colpo di stato di Clemente VII, atto con cui finiva la Repubblica di Ancona nel 1532.
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ANIMA
Fontana dei Cavalli in Piazza Roma ad Ancona (AN)
La storia ci rimanda al 1758 e tre spostamenti in punti strategici della città . Oggi è la fontana piÚ conosciuta ad Ancona e ricorda, con le sue sculture, i due aspetti del mare, entrambi conosciuti dai marinai anconetani: i cavalli marini, sacri a Poseidone, ricordano le tempeste che secondo la mitologia il dio del mare poteva scatenare; i delfini, sacri ad Afrodite, ricordano invece la buona navigazione.
Fontana Maggiore in Piazza della Madonna davanti alla Basilica della Santa Casa di Loreto (AN)
Un superbo esempio di fontana barocca della nostra regione. Venne voluta dai legati pontifici nel XVII secolo per soddisfare le esigenze, anche igieniche, dei numerosi pellegrini. La Fontana in Piazza della Madonna fu realizzata dagli architetti Giovanni Fontana e Carlo Maderno tra il 1614 e il 1620 con la posa delle statue bronzee degli scultori recanatesi Tarquinio e Pietro Paolo Iacometti.
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I PERCORSI DI WHY MARCHE Fonte delle sette Cannelle Via Santa Barbara a San Severino Marche (MC)
La Fontana delle sette cannelle risale al XIII sec. e in origine si chiamava Fonte della Valle, mutò successivamente nome dal numero delle cannelle che la alimentavano. L’elegante costruzione con portico a due archi poggianti in origine su colonne scanalate, fu restaurata e ricostruita più volte nel corso dei secoli. Nel XVII sec. le volte a crociera furono dipinte con motivi floreali riecheggianti un pergolato e su una parete fu pitturata l’immagine della Madonna dei Lumi ai cui piedi è inginocchiato S. Severino.
2 Fontane di Piazza del Popolo a San Severino Marche (MC)
Inserite nel 1937 per arricchire la monumentale piazza che non a caso è considerata una delle più belle delle Marche.
Fontana Ottagonale in Piazza Mattei a Matelica (MC)
Costruita nel 1619 al suo interno quattro animali mitologici indicano i punti cardinali: Sirena. Tritone, Nettuno ed Aquila. La tradizione popolare vuole che compiendo attorno 7 giri di corsa si acquisisca la simpatica “Patente da Mattu” (patente di pazzo) a chi si cimenta nell’impresa.
WHY MARCHE | 25
ANIMA
Fontana del Maltempo Corso Garibaldi a Cingoli (MC)
La “Fontana del maltempo” di Cingoli, già citata nel 1513, fu restaurata e portata alle forme attuali nel 1568, per mano della bottega dei Lombardi, allievi del Sansovino. Deve il suo nome al fatto che l’acqua scaturiva abbondante solo dopo forti piogge. Vi è raffigurato un cervo che riposa ai piedi di un albero di tasso, una variazione sul tema dello stemma di Cingoli.
Fontane di San Martino a Esanatoglia (MC)
Una volta chiamate Fonti di Fuori Porta, rappresentano un raro esempio di opera idraulica trecentesca ancora perfettamente funzionante.
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I PERCORSI DI WHY MARCHE Fonte Fallera a Fermo (FM)
Antica fonte medievale del secolo XIV Il complesso monumentale sorge tra l’area di via Bellesi e quella della Montagnola nel quartiere Tirassegno. Si chiama Fallera perché probabilmente fu eretta con il ricavato delle condanne e pene pecuniarie che venivano pagate a causa dei falli commessi.
Fontana del Cardinale Ginetti a Fermo (FM)
La fontana fu realizzata tra la fine del sec. XVI e l`inizio del XVII su commissione del Cardinale Ginetti di cui compare lo stemma nella decorazione.
Fontana di Porta San Francesco a Fermo (FM)
Fu aperta in occasione della inaugurazione dell’acquedotto del Polesio nel 1896 che portava l’acqua a Fermo.
Fontana Catalani a Fermo (FM)
Fonte Catalani, detta delle Pisciarelle, a Fermo venne fatta realizzare in forme barocche nel 1735 a spese da Marino Girolamo Catalani. La fonte, come tutte quelle dentro la città, era utilizzata per prendere l’acqua. Solo in quelle fuori dalle mure era possibile lavare i panni o, anche, far abbeverare gli animali.
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Lavatoio pubblico Via S. Serafino da Montegranaro (FM)
Le sue origini risalgono al XVII secolo, noto anche come Fonte di Sant’Emidio, il lavatoio si trova nel quartiere di Porta Cappuccina vicino al Ponte Romano. La sua storia è legata alla tradizione di uno dei prodigi che Sant’Emidio, martire cefaloforo, patrono di Ascoli Piceno. Si narra che il santo non avendo a disposizione l’acqua necessaria per battezzare tutti i nuovi fedeli, convertiti al Cristianesimo dalla sua predicazione, se la procurò battendo un sasso da cui fece sgorgare la sorgente che alimenta questa fonte. L’attuale lavatoio è il risultato di vari rimaneggiamenti, avvenuti nel corso del tempo, tra il 1904 e il 1905 la sua ricomposizione ne abbassò il livello.
Fontane di Piazza Arrigo ad Ascoli Piceno (AP)
Fiancheggiando sulla destra il Battistero e le mura del Duomo sulla sinistra si entra nella Piazza a forma rettangolare, la più antica di Ascoli, sorta sul preesistente Foro romano e luogo da sempre appunto delle arringhe ovvero luogo deputato ai discorsi degli oratori e alle riunioni popolari. Al suo centro spiccano due fontane a vasca ellittica, in travertino con inserti in bronzo (cavalli marini, pesce, putti e mascheroni), inaugurate nel 1884 ai lati del monumento di Vittorio Emanuele II, ora collocato nei Giardini pubblici.
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I PERCORSI DI WHY MARCHE Fontana dei Cani Corso Giuseppe Mazzini ad Ascoli Piceno (AP)
La fontana costruita nel 1823 su disegno di Ignazio Cantalamessa è detta “dei cani” ma in realtà le sculture collocate per sorreggere il catino con il dorso rappresentano due piccole leonesse probabilmente recuperate dalla Chiesa di Sant’Agostino e attribuite al XIII secolo.
Fontana della Dea Flora in Piazza XX Settembre ad Offida (AP)
Fu eretta nei pressi della Chiesa di S. Nicolò, come risulta dalla piantina descrittiva di Ferdinando Fabiani (1694), in occasione della installazione dell’ acquedotto comunale (1887), utilizzando le acque provenienti dalle falde del monte Ascensione, presso la località Polesio. In ghisa, si eleva su un basamento in pietra. La vasca è ottagonale, con ai quattro lati aquile e leoni. Al centro si erge un robusto stelo, reggente una coppa con sopra una figura di donna alata, intrecciata con un serto fiorito da un putto. La figura della donna alata rappresenta la dea Flora (simbolo della Primavera). La fontana è stata fusa in una fonderia francese specializzata in tale lavoro.
Il teatro delle fonti a Ripatransone (AP)
Il Complesso delle Fonti risale al XV-XVI secolo e si erge nel cuore della città di Ripatransone, antico borgo della provincia Picena a poca distanza dal mare. Dopo un primo restauro, a monte della corte della vecchia città è stato allestito il Teatro delle Fonti: l’ampia gradinata semicircolare e la piazza sottostante costituiscono la cornice architettonica di quello che è oggi uno dei teatri all’aperto più suggestivi del territorio.
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QUANDO NELLE MARCHE C’ERANO GLI DEI CONTRARIAMENTE ALLE CONOSCENZE COMUNI LE MARCHE SONO STATE, FIN DALL’ANTICHITÀ PIÙ REMOTA, LUOGO DI INSEDIAMENTI DI CIVILTÀ ANTICHISSIME. MA QUESTE CIVILTÀ, CHE NEI LIBRI DI SCUOLA OCCUPANO POCHISSIME PAGINE, SONO RIMASTE PER LO PIÙ SCONOSCIUTE. SONO STATE OSCURATE DALLA GRANDEZZA DELL’IMPERO ROMANO E DALLA CULTURA CATTOLICA MEDIOEVALE, CHE NE HANNO SMONTATO, PRIMA, I CONTENUTI FILOSOFICI – RELIGIOSI, POI, NE HANNO NASCOSTO I RESTI, COSTRUENDO SOPRA CIÒ CHE DI QUESTE CIVILTÀ RIMANEVA.
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Contrariamente alle conoscenze comuni le Marche sono state, fin dall’antichità più remota, luogo di insediamenti di civiltà antichissime. Ma queste civiltà, che nei libri di scuola occupano pochissime pagine, sono rimaste per lo più sconosciute. Sono state oscurate dalla grandezza dell’Impero Romano e dalla cultura cattolica medioevale, che ne hanno smontato, prima, i contenuti filosofici – religiosi, poi, ne hanno nascosto i resti, costruendo sopra ciò che di queste civiltà rimaneva. Gli etruschi in Toscana, i piceni nelle Marche sembrano costituire civiltà scomode e dimenticate, escluse, forse perché espressione di un diverso vivere e sentire. Basterebbe recarsi, una domenica pomeriggio, al Museo Archeologico delle Marche di Ancona e di Sirolo per accorgersi di quante civiltà, culture e pratiche religiose si sono intrecciate, nei secoli, nel nostro territorio. Numerosi siti di ritrovamenti archeologici risalenti all’età del ferro. Stiamo parlando di almeno 40.000 anni di storia scomparsi dentro un termine inappropriato come quello di preistoria. Eppure c’è stato un tempo, prima dell’avvento del Dio unico, in cui anche nella nostra terra marchigiana ci sono stati gli Dei. Proprio gli Dei del Cielo, della Terra e delle Acque, gli Dei maschili e femminili, gli Dei della cultura pagana, termine che solo in epoca cristiana acquistò l’accezione negativa di idolatria, poiché gli abitanti degli antichi villaggi rurali (dal latino “pagus”), si mostrarono particolarmente restii a convertirsi al cristianesimo, continuando a praticare la vecchia religione degli Dei. In questa nuova serie di brevi articoli cercherò di restituire al nostro
Venere di Frasassi
a cura di Stefano Longhi
territorio una memoria storica, attraverso un viaggio nelle città e nei luoghi delle Marche in cerca di indizi, tracce e coincidenze inaspettate, che tradiscono la presenza delle civiltà dimenticate del passato. Retaggi della cultura pagana sono sopravvissuti fino ai nostri giorni nelle tradizioni popolari; per i meno giovani non sarà difficile ricordare come proprio nel nostro territorio fossero molto frequenti le pratiche rituali per togliere il malocchio eseguiti dalle nostre nonne, l’uccisione di una gallina e lo spargimento del suo sangue prima di insediarsi in una nuova casa. La tradizione contadina del nostro territorio, poi, e particolarmente infarcita di reminescenze della cultura pagana degli Dei: il saltarello, con i suoi ritmi analoghi a quelli dei baccanali romani o altre feste orgiastiche del culto orfico-dionisiaco. Ricorrenze di di origine certamente pagana sono ad esempio la festa del Covo a Campocavallo di Osimo, che nella sua forma originale arcaica terminava sicuramente con il rogo del covo. C’è poi il caso tutto particolare della sibilla appenninica con il suo corteo di fate e gnomi sconosciuto ai più ma ancora respirabile nelle città di Montemonaco, Sarnano, Amandola, Comunanza. Le sempre ricorrenti nicchie o edicole fuori dalle case coloniche con esposte le immagini della Vergine Maria, una tradizione di molto precedenti all’epoca cristiana quando si esponevano a guardia del raccolto e delle abitazioni le piccole statuette (denominate poi dagli archeologi Veneri paleolitiche) raffiguranti la Dea Madre. I primi insediamenti umani nelle Marche risalgono al Paleolitico; gli uomini del tempo vivevano nelle caverne, procurandosi il cibo con la caccia e la pesca. Resti del Paleolitico inferiore e medio provengono dal Monte Conero, da Arcevia e dalle Grotte nei pressi di Frasassi e della Gola della Rossa. Nell’età neolitica gli abitanti delle Marche svolsero le prime attività agricole e costruirono piccoli villaggi di capanne lungo i corsi d’acqua, nelle valli o sopra le colline. Nei musei marchigiani sono conservati numerosi oggetti di pietra e di selce, ceramiche, vasi di argilla e corredi funerari. Tra i resti più interessanti ci sono alcune raffigurazioni femminili che denotano la presenza di un radicato culto religioso femminile nelle Marche: la Venere di Frasassi, collocata dagli archeologi nel Paleolitico Superiore, in un periodo compreso fra i 28mila e i 20mila anni fa, quando l’umanità era nomade, viveva di caccia e di spontanei frutti della terra, e
Venere di Tolentino
dormiva in rifugi naturali. La Venere di Tolentino, una figura incisa con un sottilissimo scalpello su un ciottolo, alto circa 13 centimetri. Il disegno raffigura una donna dai tratti zoomorfi. Ha gambe, seni, e una vulva geometrica, ma il suo corpo è dominato da una testa di vacca. Gli idoletti di Ripabianca di Monterado, e la Venere di Fano, ancora raffigurazioni femminili, collocabili per la loro forma a e per il loro aspetto figurativo nel Neolitico, tra i 7500 e 7000 anni fa. Queste figure si trasfigureranno poi nelle Divinità femminili pagane successive, nonché in quelle femminili cristiane più recenti. Nell’età del bronzo, poi, si diffuse la cultura appenninica (1500-1300 a.C.), diffusa in tutta l’Italia centro-meridionale e caratterizzata da insediamenti in villaggi sparsi e da un’economia di tipo pastorale. Alla fine del II millennio a.C. approdarono nelle Marche i Liburni, provenienti su navi veloci dall’Istria e dalla Dalmazia, creando insediamenti a Numana, lungo i fiumi Tronto e Potenza. L’età del ferro è caratterizzata dalla civiltà Villanoviana (dalla località di Villanova presso Bologna). Dal IX-X secolo a.C. le Marche furono abitate dai Piceni, popolo dall’origine controversa: secondo la tradizione più antica sono considerati Sabini emigrati e il loro nome deriva da picus, il picchio che si trova nel simbolo della regione. I Piceni si diffusero in tutto il territorio. I centri più importanti del IX-VIII secolo a.C. sono Ancona, Fermo e Novilara. I Galli Sènoni, popolazione celtica nel 386 a.C. penetrarono fino a Roma e si stabilirono nei dintorni di Senigallia nel territorio costiero che va dalla Romagna al fiume Esino. Ancona fu rifondata sullo scalo preesistente da parte di esuli Greci fuggiti dalla tirannia di Siracusa. Le guerre tra Piceni e Romani si conclusero con la consegna definitivamente della regione ai Romani, restando libere formalmente soltanto Ascoli e Ancona. I Romani stabilirono nel tempo numerose colonie a Firmum (264 a.C.), Aesis (247 a.C.), Potentia e Pisaurum (184 a.C.), Auximum (157 a.C.). Durante questo periodo furono costruite opere difensive, come le mura di Osimo, infrastrutture, come la via Flaminia, la Salaria e la galleria del Furlo, teatri, come a Falerone, porti ed acquedotti. Strutture onorarie come la Porta di Fano e l’Arco di Traiano. WHY MARCHE | 31
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Coccioni: “Qui i pascoli per la sua casciotta”
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ossini era goloso di tartufi e, quando era a Parigi, se li faceva spedire da Ascoli dal suo amico Giovanni Vitali. E questo si sa. Meno noto è che anche Michelangelo Buonarroti era un amante delle prelibatezze della tavola marchigiana. Al grande artista del Rinascimento piaceva in particolare la casciotta d’Urbino, formaggi Dop a pasta semicotta. Che poi per Urbino non si deve intendere la città ma un fedelissimo del pittore, tale Francesco Amatori, da Michelangelo detto affettuosamente “l’Urbino”, nativo di Casteldurante l’attuale Urbania. E’ qui che Michelangelo fece affittare dall’amico tre terreni da pascolo proprio per garantirsi la produzione del formaggio. Risulta da un atto notarile del 12 febbraio del 1554. E forse, la grande e nobile casa che sorge nei pressi di Peglio, è stata la dimora dove Buonarroti soggiornò. Non è improbabile, infatti, che il pittore possa essere venuto a dare un’occhiata ai suoi possedimenti. Peccato che la casa, disabitata, oggi versi in pessimo stato di conservazione. A fare la scoperta è il professor Rodolfo Coccioni, ordinario di Paleontologia dell’università di Urbino ed esperto in Patrimonio Culturale ed Analisi del Paesaggio. “Che Michelangelo fosse un appassionato di casciotta si sapeva.
di Maria Pia Bacchielli
“Che Michelangelo fosse un appassionato di casciotta si sapeva. Ma che avesse terreni a Urbania, l’antica Casteldurante, e che qui avesse casa è una novità”. Ma che avesse terreni a Urbania, l’antica Casteldurante, e che qui avesse casa è una novità”. Lo studio si inserisce nell’ambito del corso di alta formazione post lauream, di cui Coccioni è direttore, “La Terra a tavola” che, al suo terzo anno, si terrà al campo scientifico “Enrico Mattei” dal 16 maggio al 10 giugno. Le iscrizioni si aprono il 1° marzo. Cibo, personaggi e notizie curiose. Tutto si lega in questa terra che del plurale, le Marche, ha fatto il suo punto di forza. Una terra ricca di storia e tradizioni. E’ qui che si sono decise le sorti degli imperi, che si sono battuti gli eserciti da Annibale in poi. Terra di marca, mark in tedesco, dunque di confine. Snodo strategico per le potenze a venire. Qui passarono i grandi. Leonardo su tutti, al servizio di Giuliano de’ Medici nei dieci anni che trascorse alla corte di Urbino. Non è allora così difficile immaginare Michelangelo passeggiare fra quei campi dove nasce l’erba migliore, “il guaime – spiega Coccioni - quella nata dopo la prima falciatura e quindi quella che fa meglio allo stomaco delle pecore e delle mucche e che fa produrre loro il latte migliore”. “Mi diverto a studiare e analizzare il paesaggio, soprattutto quello rinascimentale. Fa parte del corso “La Terra a tavola” ma non solo – rivela Coccioni - . Negli ultimi tempi ho voluto approfondire cercando
collegamenti fra notizie storiche e personaggi famosi”. Michelangelo era impegnato a Roma e quando Francesco Amatori morì, fu la sua vedova, Cornelia Colonnelli, che si preoccupò di far recapitare il formaggio all’artista. Una consuetudine testimoniata da un intenso scambio epistolare tra Michelangelo e la donna. Il pittore era particolarmente ghiotto di casciotta. Tanto che in una delle celebri Rime scrive che “L’anima mia dal corpo ha tal vantaggio, che se stasat’ allentasse l’odore, seco non la terre’ ‘lpan e ‘l formaggio”. Tutt’oggi i terreni di quei poderi, che oggi hanno rispettivamente i toponimi di Campi Resi, Ca Colonnello e Calariccia, hanno una naturale vocazione al pascolo degli ovini. Anche i toponimi sono rimasti quelli indicati da Michelangelo nell’atto sottoscritto nel 1554. “Mi sono fatto un giro per Urbania – racconta il prof. Coccioni - e ho confrontato i terreni fisici con i vecchi toponimi e tutto è tornato. I nomi non sono cambiati tanto perché Campi Resi e Colonnello rimangono ancora oggi invariati, mentre Ca la Riccia si è trasformato in Calariccia”. La scoperta è recente. Diventerà argomento di approfondimento con gli studenti che frequenteranno il corso di “Geologia e gusto” che, non a caso, è destinato a formare chi
voglia diventare non solo gourmet ma, secondo la dicitura completa, “narratore del gusto e della cultura, comunicatore del benessere e selezionatore delle tipicità italiane”. Francesco Amatori visse con la sua famiglia presso Michelangelo, nella sua casa romana di Macel de’ Corvi, dal 1550 all’anno della sua morte, il 3 gennaio del 1556. Il pittore gli era particolarmente affezionato, definendolo “valente uomo, pieno di lealtà... rarissimo e fedele...”. A lui Michelangelo affidò gli incarichi più importanti come l’esecuzione degli elementi ornamentali della tomba di Giulio II e del busto marmoreo di Cecchino Bracci. E’ forse il suo profilo quello ritratto alle spalle di San Bartolomeno nel Giudizio Universale, quello che tiene in mano la sua pelle. In essa è stato riconosciuto il ritratto anamorfico di Michelangelo e, alle spalle del Santo, secondo il prof. Coccioni, il ritratto del suo fedelissimo. Il geologo non è l’unico ad aver scelto il territorio della provincia urbinate per i sui studi rinascimentali; anche Olivia Nesci e Rosetta Borchia, le celebri “cacciatrici di paesaggi”, si sono divertite a esaminare questa zona dimostrando che il paesaggio che si nasconde dietro la Gioconda rappresenta proprio il Montefeltro. Nel celebre dipinto infatti comparirebbero anche i due massi calcarei Sasso Simone e Simoncello. E la Gioconda altra non sarebbe che una dama della corte urbinate, tale Pacifica Brandani amante di Giuliano de’ Medici e fatta ritrarre da Leonardo per ricordare la donna che gli aveva dato l’unico figlio maschio: il futuro cardinale Ippolito de’ Medici.
MENTE
La
Macroregione
a c i t a i r d A
Dalle stanze di Bruxelles alle vie di regioni che profumano di mare. La Macroregione Adriatico Ionica passa in queste settimane dalle parole ai fatti anche grazie alle risorse economiche stanziate dai programmi Adrion e Italia-Croazia, complessivamente 357 milioni di euro da destinare ad iniziative di sviluppo per l’area e per gli otto Paesi che aderiscono alla Macroregione, quattro Paesi europei (Croazia, Grecia, Italia e Slovenia) e quattro paesi non Ue (Albania, BosniaErzegovina, Montenegro e Serbia).
I
l punto su questi primi passi concreti della terza Macroregione europea, nata dopo quella Baltica e quella Danubiana e approvata ufficialmente il 18 novembre 2014 dal Consiglio europeo, è stato fatto nel convegno “Programmi Adrion e Italia-Croazia: progetti per la Macroregione Adriatico Ionica”, organizzato dal Case-Centro alti studi europei in collaborazione con Europe Direct Fermo nella Sala Rettorato dell’Università Politecnica delle Marche ad Ancona. “Servono progetti ambiziosi, che escano dal piccolo e possano volare alto puntando a fare qualcosa di veramente nuovo – ha detto Marco Pacetti, presidente del Case -, progetti che possano coinvolgere realmente più partner dei Paesi della Macroregione. Le Marche potrebbero portare la propria esperienza nelle reti di sostegno alla piccola e media impresa. Questo modello, che qui sta andando un po’ in crisi per l’evoluzione dell’economia, potrebbe essere condiviso, aggiornato, nei Paesi della Macroregione che vivono situazioni tipiche degli anni ‘60-’70 della nostra regione”. Sauro Longhi, rettore dell’Università Politecnica, ha sottolineato come “i programmi su cui ci confrontiamo sono il primo atto concreto della strategia Eusair e, in particolare per quanto riguarda la Croazia, sono una
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modalità per incrementare le relazioni con questo Paese con cui, da sempre, parliamo la stessa lingua culturale e scientifica”. La sfida, nella gestione di questi programmi e nella cooperazione nella Macroregione, ha spiegato Matteo Tacconi, Rassegna Est, “sarà quella di guardare ai problemi che ci sono in questi Stati lavorando con la fiducia di poter cogliere le opportunità offerte”. Nicola Brignani, t33, ha invece consigliato agli operatori marchigiani “di sfruttare meglio le potenzialità offerte dal programma Italia-Croazia, di maggiore respiro anche rispetto ad Adrion”. La “call” per il programma transnazionale Adrion, il primo destinato alla Macroregione, è partita il 1 febbraio e resterà aperta fino al 25 marzo (http://www.adrioninterreg. eu/). Approvato dalla Commissione europea lo scorso 20 ottobre, Adrion prevede, per la prima tranche di finanziamento, risorse per 33 milioni su un totale di 118 milioni di euro fra Fesr-Fondo europeo di sviluppo regionale, per gli Stati che sono già parte dell’Unione europea, programma Ipa II per i Paesi non ancora comunitari, e cofinanziamenti nazionali. “L’obiettivo di Adrion, costruito in stretto legame con la strategia
di Paola Cimarelli
Eusair e che coinvolge la stessa zona geografica - ha spiegato Rosanna Bruni della Regione Emilia Romagna, che ha il compito di Autorità di gestione del programma -, è quello di agire come elemento trainante per lo sviluppo dell’area e della governance per la costruzione della coesione sociale e territoriale, di agire come propulsore per la promozione della prosperità economica e sociale dell’area Adriatico-Ionica, creando crescita e innovazione, attrattività, competitività e connettività e preservando allo stesso tempo l’ambiente e l’ecosistema marino e costiero”. Sono quattro gli assi di Adrion, collegati ai quattro pilastri della Macroregione Adriatico Ionica: 1) Innovazione: per una migliore cooperazione tra imprese e istituti di ricerca e di istruzione, per una regione adriatico-ionica innovativa e intelligente. Le priorità riguardano il promuovere gli investimenti privati nella ricerca e innovazione, sviluppare sinergie tra imprese, centri di ricerca e settore dell’istruzione superiore, in particolare per lo sviluppo di prodotti e servizi, il trasferimento tecnologico, l’innovazione sociale, l’eco-innovazione, le applicazioni nei servizi pubblici. 2) Sostenibilità: per la conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale e culturale delle regioni dell’adriatico-ionico. Gli interventi da realizzare devono proteggere e ripristinare la biodiversità e il suolo e promuovere servizi per gli ecosistemi, anche attraverso il programma Natura2000, e l’infrastruttura verde. 3) Connessione: maggiore connettività e multimodalità tra i paesi e le regioni dell’area. L’asse ha il compito di sviluppare e migliorare i sistemi di trasporto ecologici, anche a bassa rumorosità, e a bassa emissione di carbonio, incluso le vie navigabili interne, il trasporto marittimo, i porti, i collegamenti multimodali e le infrastrutture aeroportuali, al fine di favorire la mobilità regionale e locale sostenibile. 4) Governance: per sostenere la governance della strategia europea per la Macroregione Adriatico Ionica. Ad ogni singolo progetto, che dovrà durare al massimo 24 mesi, sarà destinato un finanziamento compreso fra 800 mila e 1,5 milioni di euro. Dal programma Interreg Italia-Croazia 2014-2020 (www.italy-croatia.eu), approvato a metà dicembre dalla Commissione europea, arriveranno 237 milioni di cui 201 dal Fesr e il resto da cofinanziamento nazionale. “Il focus dei primi bandi, che coinvolgeranno 25 fra Province italiane e 8 Contee croate - ha spiegato durante il convegno Silvia Majer, Regione Veneto -, sarà quello della crescita blu”. L’obiettivo del programma è quello di “aumentare la prosperità e il potenziale di crescita blu del territorio, stimolando partenariati transfrontalieri in grado di ottenere cambiamenti concreti”. ItaliaCroazia, che coinvolgerà un territorio di più di 85 mila chilometri quadrati, su cui vivono 12,5 milioni di persone, si propone di farlo sostenendo progetti nei settori dell’innovazione blu, adattamento ai cambiamenti climatici, ambiente, cultura e trasporti. Anche in questo caso sono quattro gli assi del programma, collegati ai pilastri della Macroregione Adriatico Ionica: innovazione blu; sicurezza e resilienza; ambiente e beni culturali; trasporto marittimo. Priorità di intervento, ha spiegato Corinna Cretu, commissario europeo alle Politiche regionali al momento dell’approvazione del programma da parte della Commissione, per contribuire “attivamente alla prosperità della regione adriatica, aiutando i Paesi a capitalizzare loro risorse marine e marittime. Il partenariato transfrontaliero favorirà anche lo sviluppo di un turismo ecologicamente responsabile nella regione”.
Ad ogni singolo progetto sarà destinato un finanziamento compreso fra
800 mila e 1,5 milioni di euro
Dalla storia millenaria dei popoli e dei territori che si affacciano sul mare Adriatico al “decennio terribile” della guerra nei Balcani e alle prospettive di fine secolo per i nuovi Paesi dell’area. Il libro ‘Storia dell’Adriatico’, presentato alla Loggia di Mercanti di Ancona, è l’edizione italiana di ‘Histoire de l’Adriatique’ del 2001, curato da Pierre Cabanes, professore di Storia antica dell’Universita’ di Parigi X. E’ stato pubblicato da “Il Lavoro editoriale” di Giorgio Mangani, con il contributo della Regione Marche. L’edizione italiana, traduzione di Valentina Conti, è stata arricchita da un’iconografia delle carte geografiche storiche dell’Adriatico.
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NAVIGARE IN SICUREZZA ED EVITARE I RISCHI IN RETE INTERNET È UNO STRUMENTO DALLE GRANDI POTENZIALITÀ MA CHE VA USATO AL MEGLIO E IN SICUREZZA PER EVITARE DI INCAPPARE IN PERICOLI CHE UN USO POCO CONSAPEVOLE PUÒ GENERARE. La rete, infatti, consente nuove opportunità anche ai moderni criminali che si sono rapidamente adattati alle nuove tecnologie trovando diversi sistemi per carpire informazioni e raggiungere i propri scopi illeciti. Con l’evoluzione digitale si sta assistendo ad una crescita smisurata del fenomeno del furto di identità, inteso come appropriazione indebita di informazioni personali di un soggetto con lo scopo di commettere in suo nome atti illeciti. La diffusione dei pagamenti telematici, l’utilizzo crescente della posta elettronica, di social network e chat per condividere informazioni, ha favorito la circolazione di dati personali rendendo i navigatori sempre più vulnerabili alla possibilità di diventare vittime di furto di identità, con danni economici e sociali. Nel mondo di internet, la tecnica più comune attraverso la quale avviene il furto di identità è il cosiddetto phishing. Il nome deriva dall’ inglese “pescare”, poiché usa finte email come una vera e propria esca. Si tratta, in genere, di un messaggio dall’aspetto ufficiale, in apparenza proveniente da istituti di credito, enti e fornitori di servizi noti al pubblico. Nel testo i truffatori invitano, ad esempio, a modificare i codici di accesso personali dei propri conti online cliccando su un link. Accedendo al link l’utente vedrà configurarsi davanti a sé una pagina web uguale a quella del proprio istituto di credito e se inserirà i propri dati di accesso i truffatori saranno in grado di rubare l’identità digitale del malcapitato per prelevare denaro dal suo conto corrente e fare acquisti a suo nome. Particolare attenzione va poi rivolta alla propagazione massiccia di virus informatici di tipo “Cryptolocker”. In questi casi un messaggio di posta elettronica contenente un link o un allegato, solitamente in formato zip o pdf, fornisce indicazioni ingannevoli su presunte spedizioni a favore dell’utente. Cliccando sul link o aprendo l’allegato viene introdotto un virus che immediatamente cripta il contenuto del computer. Per riconoscere ipotesi di questo tipo è bene tener presente che tali messaggi spesso non sono personalizzati e utilizzano un tono intimidatorio, presentano errori di ortografia e chiedono di inserire le proprie credenziali in un sito web falso del quale inseriscono un link. La prima regola per prevenire le frodi è la protezione del computer con i più aggiornati sistemi di sicurezza. È importante non aprire email di dubbia provenienza, non riutilizzare la stessa password e modificarla periodicamente, non memorizzare PIN o altri parametri di accesso all’interno del cellulare. E se si diventa una vittima? Bloccare carte di credito, congelare i conti correnti interessati e denunciare immediatamente l’accaduto alle autorità preposte. E-COMMERCE: Una delle comodità di internet è la possibilità di fare acquisti comodamente da casa tramite pc, tablet o smartphone. Comprare online offre molti vantaggi primo fra tutti risparmiare tempo ottimizzando le risorse e beneficiando di un panorama illimitato di offerte. Su internet è possibile confrontare i prezzi e valutare, su forum e blog, le opinioni di chi ha comprato lo stesso prodotto. Questo però non significa essere esenti da rischi e truffe. L’acquisto online rientra nella disciplina dettata in materia di “contratti di acquisto a distanza” dal Codice del Consumo (artt. 50 e ss. D.lgs. 206/2005 e successive modifiche) che garantisce ai consumatori diritti e tutele.
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“Realizzato con il finanziamento del contributo 5xmille relativo all’anno 2013” WHY MARCHE | 37
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CONFERMATE LE PREVISIONI DI EINSTEIN SULLE ONDE GRAVITAZIONALI Coinvolti nella collaborazione internazionale anche scienziati dell’Università di Camerino Tra gli scienziati della collaborazione internazionale LIGO/Virgo che lo scorso 11 febbraio ha dato l’annuncio dell’osservazione delle onde gravitazionali previste da Einstein 100 anni fa ci sono anche i fisici dell’Università di Camerino. Il ruolo di Unicam è stato illustrato nel dettaglio nel corso di una conferenza stampa tenutasi presso la Sala degli Stemmi del Palazzo ducale, alla quale sono intervenuti il Rettore Flavio Corradini, il Vice Direttore della Scuola di Scienze e Tecnologie Renato De Leone, lo studente del corso di laurea magistrale in Physics Massimiliano Rossi, che nel lavoro di ricerca per la tesi di laurea in optomeccanica quantistica testerà degli accorgimenti tecnologici di estremo interesse per migliorare il rilevatore di onde gravitazionali VIRGO, il docente della Sezione di Fisica Fabio Marchesoni. Il Prof. Fabio Marchesoni, scienziato di fama internazionale nel campo dello studio del rumore nei sistemi fisici, fa parte da oltre due decenni del team scientifico che si è occupato degli aspetti teorici dell’antenna di VIRGO, l’interferometro installato nelle campagne pisane di Cascina che a partire da quest’anno tornerà ad unirsi alle altre due antenne di LIGO per raccogliere i segnali di onde gravitazionali. Gli scienziati della collaborazione LIGO/VIRGO hanno analizzato i primi dati dei rivelatori statunitensi che nel settembre scorso hanno consentito per la prima volta l’osservazione diretta delle onde gravitazionali, increspature del tessuto dello spazio-tempo ampiamente descritte dal punto di vista teorico, ma mai osservate fino ad oggi. La scoperta, annunciata dalle collaborazioni LIGO e VIRGO nel corso di due conferenze simultanee, negli Stati Uniti a Washington, e in Italia a Cascina
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comunicazione.relazioniesterne@unicam.it www.unicam.info
(Pisa), nella sede di EGO, il laboratorio nel quale si trova l’interferometro VIRGO, progetto ideato, realizzato e condotto dall’INFN (Italia) e dal CNRS (Francia), rappresenta un grande successo per la comunità scientifica internazionale ed un risultato di importanza fondamentale per la fisica sperimentale. “Il 14 settembre 2015 – sottolinea il prof. Fabio Marchesoni – i due rivelatori LIGO hanno osservato simultaneamente un segnale di onda gravitazionale transiente. Il segnale, rivelato dal software di analisi dati di VIRGO, corrisponde con notevole certezza a quello predetto dalla relatività generale di Einstein per la coalescenza e fusione di due buchi neri, seguita dall’assestamento del buco nero finale risultante. Queste osservazioni costituiscono la prima rivelazione diretta di onde gravitazionali, e dimostrano per la prima volta l’esistenza di sistemi binari di buchi neri e la loro coalescenza e fusione”. Da sempre il prof. Marchesoni si occupa, con eccellenti risultati, dello studio del rumore nei sistemi fisici ed è presente nella speciale classifica dei “Top Italian Scientists” (www.topitalianscientists.org) stilata dall’associazione Via-Academy, associazione che elenca i migliori ricercatori italiani nel mondo”. Grande soddisfazione è stata espressa dal Rettore Unicam Flavio Corradini a nome dell’intera comunità universitaria: “Sono molto orgoglioso del lavoro di ricerca svolto dal gruppo di docenti e studenti della sezione di Fisica di Unicam che fanno tuttora parte o che hanno preso parte negli scorsi anni a tale importante progetto. Si tratta di una ulteriore conferma dell’eccellenza della qualità della ricerca scientifica Unicam nei settori più all’avanguardia, eccellenza riconosciuta anche a livello internazionale grazie a collaborazioni così prestigiose che hanno portato ad aprire scenari finora solo immaginati”.
MENTE
LA
RETE DELLE
MARCHIGIANE CHI
È MAMMA GIÀ LO SA: NON APPENA IL TEST DI GRAVIDANZA SEGNA LE INCONFONDIBILI DUE STRISCE CELESTI, UNA MIRIADE DI EMOZIONI PRENDE IL SOPRAVVENTO.
T
ra queste, panico e ansia, soprattutto in chi è alla prima gravidanza: quale alimentazione è corretto seguire, la scelta del ginecologo, dell’ospedale in cui partorire, dei corsi pre-parto… Il web diventa allora il primo mezzo di informazione a cui ci rivolgiamo per placare i nostri dubbi e i
Come è nata l’idea di aprire un sito dedicato alle mamme marchigiane?
Il progetto è nato del tutto casualmente. Avevo da poco lasciato il mio precedente lavoro, legato al settore bibliotecario, ed ero incinta del mio primo figlio. Ho notato che mi mancavano delle informazioni pratiche sulla gravidanza, e le ho cercate in rete, notando però che non erano poi molte quelle relative a visite mediche e altri accorgimenti di cui una donna incinta poteva aver bisogno e che soprattutto fossero relative al territorio in cui vivo. Ho così creato, quasi per gioco, un gruppo su Facebook (“Club delle Mamme di Macerata e provincia”), che piano piano si è allargato, coinvolgendo sempre più iscritti. Da lì è nato il blog e successivamente ho comprato il dominio aprendo il sito nel giro di pochi mesi. Il tutto è quindi nato da
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nostri timori. Spesso, però, i siti internet offrono notizie vaghe, generali, che non ci vengono incontro nello specifico. Ecco che, allora, in questo senso si orienta e si è sviluppato il portale Club delle Mamme Marchigiane (www.mammemarchigiane.it), ideato dalla giovane mamma Silvia Alessandrini Calisti nel 2010, fresca vincitrice del settimo premio Golden Media Marche, sezione web, assegnato annualmente dal Centro Studi Marche “Giuseppe Giunchi” alle eccellenze marchigiane della comunicazione.
un’esigenza privata, personale, che poi si è trasformata in una sorta di comunità virtuale di genitori. Il sito si rivolge infatti a un target di utenza piuttosto ampio: dalle donne in gravidanza fino ai genitori di bambini di dieci anni d’età all’incirca.
Quante visite al mese riceve il sito?
In media 23mila visite. Inizialmente l’utenza che si rivolgeva al gruppo Facebook era davvero esigua, locale, della mia città. Dal momento in cui ho creato il sito, sfruttando le mie conoscenze relative al web che mi venivano dalla mia precedente occupazione, le visite sono aumentate in maniera esponenziale.
Tanto che occuparsi del portale è diventato per te un lavoro a tempo pieno. Ho iniziato a viverlo come un lavoro
vero e proprio dopo circa un anno dalla creazione del sito. Aziende e professionisti investono nella promozione del portale, avendo questo molto seguito. Tra l’altro, questa mia nuova attività mi ha portato ad avere altri impegni lavorativi, infatti mi occupo di comunicazione e web-marketing anche per altre realtà.
Cosa possono trovare, all’interno del portale, le famiglie marchigiane?
Informazioni di diverso tipo, da quelle relative agli eventi di svago o culturali a misura di famiglia dislocati lungo la regione, o ad articoli che scrivo io di approfondimento o di ricerca. Un pezzo che ho recentemente postato, e che ha avuto molto successo, è quello relativo alle scuole che, nelle Marche, adottano il metodo montessoriano. Ho creato infatti una sorta di mappa di tutti
di Ilaria Cofanelli
MAMME 2.0 i nidi e gli asili di questo tipo. Nel sito si può trovare anche un elenco di locali a misura di bambino, o degli articoli che sviluppo in base alle esperienze delle persone che mi seguono. Ho invitato diverse mamme a raccontare la propria storia, alcune hanno scritto del proprio parto in casa, altre di come si sono trovate nei vari ospedali della regione. La parte interattiva del Club delle mamme Marchigiane è relativa ai social networks: è qui che le mamme condividono le proprie esperienze e possono interagire tra di loro. Tutte le informazioni che i genitori trovano all’interno del sito sono accomunate dal fatto di essere radicate nel territorio: non sono generiche, ma interessanti per chi nelle Marche ci abita.
Il portale ospita le voci anche di alcuni professionisti?
Sì, all’interno del sito si può trovare la pagina curata dall’ostetrica, o dal dentista per bambini, dallo psicologo.
Professionisti che decidono di collaborare con il portale, sempre per mezzo della Parternship, e che vogliono farsi conoscere, rispondendo anche alle domande poste dai genitori.
Cosa hanno di speciale le mamme marchigiane? La caratteristica che forse contraddistingue le mamme delle Marche è la ritrosia nell’esporsi in certi argomenti. Non amano mettersi in mostra, preferiscono l’anonimato, magari passando attraverso di me per chiedere approfondimenti o curiosità alle altre mamme. Vedo molto, poi, nelle mamme marchigiane di oggi che comunque agiscono nel web, il riproporsi di tante modalità che ci portiamo dietro dal passato, come eredità storica. Attualmente mi sto infatti occupando di uno studio sulla maternità nella tradizione marchigiana e vedo che, quasi inconsciamente, tanti modi di pensare e di agire delle
mamme moderne di oggi, le mamme che navigano sul web, riaffiorano proprio dal passato, senza che le donne stesse ne abbiano coscienza. Per quanto riguarda gli argomenti più caldi e richiesti all’interno del portale, penso siano gli stessi di tutte le mamme italiane, dalle vaccinazioni all’alimentazione…
Quali riconoscimenti ha avuto il sito in questi anni?
Oltre al Golden Media Marche, riconoscimento che non mi sarei mai aspettata e che mi ha fatto molto piacere, la soddisfazione maggiore mi viene da coloro che ogni giorno mi ringraziano per il lavoro che svolgo, per le informazioni aggiornate che trovano navigando nel portale e questo mi fa capire che il sito è davvero utile alle famiglie marchigiane.
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PRIMO PIANO
Mani rugose, callose, che
portano i segni di chi ha trascorso una vita intera ad arare i campi, rivoltarli, a lavorare la terra, a viverla sulla propria pelle. Sono gli anziani di ieri, veri e propri scrigni di memorie, di segreti e di piccole accortezze che oggi stiamo via via perdendo.
LA RIN DELLA QU
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Viaggio nelle storie
IERI
ASCITA ARTA ETÀ degli anziani di
e di
OGGI
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E
PRIMO PIANO
ppure, complice una crisi economica che attanaglia da troppo tempo il nostro paese, ecco che piano piano torniamo a rivolgerci alle cose semplici, quelle abitudini di una volta, in cui ci si svegliava all’alba e, spesso ancor prima che il sole sorgesse, per dedicarsi all’orto, agli animali, a impastare il pane e a guadagnarsi la vita così, assaporando ogni istante, combattendo con le proprie mani, con le proprie forze per avere pance piene e qualcosa da indossare. In un tempo che sembra lontano, ma che forse ci è vicino più che mai, i nostri anziani non godevano della pensione, sia perché era difficile arrivare a un’età pensionabile in un periodo storico imbruttito da guerre, epidemie, carestie e penurie, sia perché l’attività principale dei contadini e degli artigiani marchigiani rimaneva l’agricoltura, fino alla fine, e tutti si dedicavano al lavoro sino ad età avanzata. Una volta non c’era bisogno di seguire corsi, conferenze o i “video-tutorial”, che oggi vanno tanto di moda, per imparare a stendere la pasta all’uovo e a chiudere i tortellini, o per capire quali semi piantare nell’orto, con che frequenza innaffiare i campi, come curare gli animali o come creare, da un pezzo di stoffa, un abito all’ultima moda. Gli anziani di un tempo rappresentavano un surplus, un valore aggiunto, vivevano insieme ai figli, con i nipoti, con le nuore, con zii e cugini, in famiglie numerosissime, in cui ci si aiutava vicendevolmente e spesso tra i figli maggiori e minori la differenza d’età era poca. Se uno dei due genitori veniva a mancare, erano i più grandi a prendersi cura dei più piccoli. L’unico riscaldamento nelle abitazioni era costituito da una stufa a legno o dal camino in cucina. Il bagno era fuori e spesso in condivisione con altre famiglie. Ognuno aveva un suo compito e i nonni, in particolare, rappresentavano il ricettacolo delle conoscenze, delle esperienze e
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soprattutto dei valori della tradizione, del rispetto, del lavoro duro, fatto a capo chino con la schiena ricurva. Erano una guida per le nuove generazioni, un punto di riferimento e di appoggio. Erano indispensabili. Basta immaginare le Marche degli anni Cinquanta, che si reggevano su un’economia di tipo rurale e artigianale, un modus vivendi diffuso in modo capillare in tutta la regione e che invadeva tutti i settori. Molti erano falegnami, fabbri, calzolai, sarti, operai nelle fabbriche di macchine agricole. Ancora di più i contadini. Poi c’erano i “giornalieri”, coloro che si adattavano, quotidianamente, a un lavoro nuovo, a seconda della richiesta sul mercato: chi si inventava muratore, chi contadino, chi operaio. Le donne erano per lo più casalinghe tuttofare. In pochi decenni le piccole botteghe e i lavoratori artigianali si sono trasformati, dando vita a industrie vere e proprie, il cui sviluppo ha consentito la nascita e la conseguente affermazione di un “modello marchigiano”. Tutto questo grazie all’inventiva, all’impegno, alla volontà e al senso del dovere che ha caratterizzato gli anziani di una volta, indispensabili nel processo di integrazione tra generazioni. E oggi? Come sono gli anziani del XXI secolo? È grazie al progresso tecnologico e scientifico, grazie alle scoperte effettuate in ambito medico e sanitario che la popolazione può godere di una migliore qualità di vita dopo i 65 anni. Cresce sempre più, infatti, il numero degli anziani e inevitabile è il raffronto con le generazioni precedenti. Oggi gli anziani, che spesso godono di buona salute, hanno molte energie, molte risorse e vivono la loro età con maggior serenità e tranquillità, non più come meta di arrivo, quanto come un nuovo e stimolante punto
di partenza. Ormai in pensione, c’è chi in parte sistemati i figli, coccolati i nipoti, investe il proprio tempo in viaggi (il cosiddetto “turismo silver” della terza età), in volontariato, in sport e anche iscrivendosi all’università della terza età; poi ci sono altri che invece diventano parte integrante della famiglia sia come sostegno economico, sia come aiuto nel gestire i nipoti. Quelli di oggi sono anziani consapevoli che cercano di inserirsi nel mondo moderno, anziani allegri, pimpanti, desiderosi di vivere a pieno nuove avventure e per nulla spaventati dagli anni che avanzano. Quanti i nonni che chiedono consigli ai nipoti per immergersi nel mondo della tecnologia? La scelta delle attività cui dedicarsi varia in base a dove si vive, al sesso, allo stato sociale e al titolo di studio. Alcune donne sono propense a investire il proprio tempo in attività di volontariato; alcuni uomini, spinti dalla curiosità, seguono interessi ed esigenze personali rivolgendosi ad attività quali la cura dei giardini o degli orti, la vigilanza davanti le scuole, oltre a prestare servizio con associazioni di volontariato quali la protezione civile in caso di calamità naturali. Sia uomini che donne hanno la possibilità di frequentare corsi delle università della terza età; i maschi preferiscono poi dedicarsi alla tecnologia, mentre le femmine sono più orientate ad attività culinarie od hobbistiche, come il ballo, il cucito. Per quanto riguarda lo sport, seppur mantenendo l’immagine del pensionato dedito al gioco delle bocce, delle carte, o alle attività di caccia e pesca, sono diversi gli sport praticati, il trekking e la bicicletta dagli uomini, ginnastica, danza e nuoto dalle donne. E come dimenticare la figura del marchigiano doc Giuseppe Ottaviani, l’atleta centenario (compirà un secolo il prossimo 20 maggio) ospite al Festival di Sanrremo che ancora gareggia nella categoria Mater 95, riservata agli atleti tra i 95 e i 100 anni, allenandosi quotidianamente?
Ottaviani incarna a pieno la figura del dinamismo che caratterizza gli anziani di oggi. I nonni sono una risorsa, un baule di ricordi, di esperienze di vita, un toccasana per i nipoti spesso vittime di capricci legati all’onda del consumismo. Non tutti gli anziani, purtroppo, vivono una vecchiaia serena, soprattutto coloro che risiedono nei piccoli paesi e, abbandonati a loro stessi, soffrono di solitudine e depressione. Spesso queste persone sono affidate alle cure di una persona esterna, un’infermiera, una badante, qualcuno estraneo alla famiglia. In qualche caso, addirittura, gli anziani vengono lasciati in case di riposo, perché rimasti soli, mentre altri si trovano a vivere un “invecchiamento di disabilità”, che limita le capacità motorie e cognitive. Diventa fondamentale l’assistenza domotica per l’autonomia e per la sicurezza. La prima prevede automazioni in grado di garantire, alla persona con difficoltà motorie, un controllo autonomo dell’abitazione; la seconda, grazie a una serie di dispositivi nascosti all’interno dell’appartamento, ha lo scopo di assicurare benessere e sicurezza, creando un ambiente in cui chiunque possa muoversi con serenità. Ecco che torna allora ad affermarsi il “modello marchigiano”, quello stile di vita tipico della regione più longeva d’Italia. Gli anziani marchigiani, che rischiano la depressione e di diventare non autosufficienti, grazie all’assistenza domotica, ma soprattutto alla loro voglia di reinventarsi e di tornare alle proprie tradizioni, possono, con il loro esempio, dare il via a un programma di longevità attiva a livello nazionale, un programma che vede le Marche in prima fila nella valorizzazione della terza e quarta età.
E come dimenticare la figura del marchigiano doc Giuseppe Ottaviani, l’atleta centenario ospite al Festival di Sanrremo che ancora gareggia nella categoria Mater 95?
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LONGEVITÀ ATTIVA IN AMBITO RURALE “Esperienze di agricoltura sociale in favore della popolazione anziana” promosso nel 2012 dalla Regione Marche - in occasione dell’anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni - ha coinvolto otto imprese agricole marchigiane, con l’obiettivo di stimolare iniziative rivolte a persone in età avanzata, legate alla socializzazione e alla promozione della qualità della vita. In una società che invecchia – spiega il direttore scientifico Inrca Fabrizia Lattanzio “la sfida è trovare nuovi modelli assistenziali in grado di favorire la longevità attiva, che, come ricorda l’Oms, dipende anche dal mantenere interessi piacevoli e relazioni sociali gratificanti”. Molte mansioni tipiche della vita di campagna - aggiunge Cristina Gagliardi, del Centro Ricerche EconomicoSociali sull’Invecchiamento e coordinatrice del progetto – “si adattano bene alle capacità psicofisiche e al desiderio di svago e socialità delle fasce più fragili”. In questa direzione si sono mosse le aziende selezionate. Avvalendosi di psicologi, assistenti sociali, agronomi e fisioterapisti, hanno organizzato momenti educativi seguiti da laboratori artigianali e di cucina, esperienze di orticoltura e riconoscimento delle erbe aromatiche, apicoltura, ginnastica posturale, esercizi di memoria e pet-therapy, coinvolgendo complessivamente 112 anziani autosufficienti. Tramite focus group e questionari l’Inrca ha valutato la modifica dei comportamenti e delle abitudini lungo l’arco delle attività. “E’ stato dimostrato l’effetto positivo delle proposte – spiega la ricercatrice - sia sugli stili di vita, dove il 66% (2 su 3) ha adottato un’alimentazione più sana, con un maggiore uso di frutta e verdura e
utilizzo di prodotti non raffinati, sia dal punto di vista relazionale, poiché oltre il 90% ha dichiarato di aver incontrato persone nuove, o approfondito la conoscenza di quelle già conosciute. Ciò li ha portati a rapportarsi con più frequenza anche i familiari”. Positivi i riscontri anche dal punto di vista del benessere percepito: la totalità (il 100%) dei partecipanti ha affermato di sentirsi meglio al termine dell’esperienza, “mentre il 63% ha aumentato il tempo dedicato all’esercizio fisico o si sente più energico nello svolgimento delle attività quotidiane”. In alcuni casi si è avuto un visibile aumento dell’autonomia motoria e dello stimolo ad uscire. Come testimoniano gli stessi anziani che hanno partecipato al progetto: “Ora faccio delle bellissime passeggiate qui in mezzo alla natura, che prima non riuscivo a fare” racconta un’anziana. “Mia figlia mi chiede: cosa ti metti domani per andare in campagna? A mia figlia io dico di non preoccuparsi per quello che mi metto, perché ora me lo preparo da sola. Quest’esperienza mi ha fatto recuperare un po’ di autonomia: adesso riesco ad infilarmi i calzini e prima non ci riuscivo. E poi ci tengo a venire qua carina e vestita bene” racconta un’altra. E ancora: “Prima di arrivare qui mi rinchiudevo in un gruppo di amiche di vecchia data e con il passare degli anni mi sono chiusa in me stessa, col timore di non essere adatta al mondo di oggi. In questo luogo invece sto superando questo limite. Da quando vengo qui è cambiato qualcosa perché mi sentivo inutile, invece qui ho iniziato a rivivere. Prima mi sentivo senza forze. Adesso non perdo la fiducia nel fare le cose, ho la carica e non mi stanco”.
fonte IRCCS INRCA Istituto Nazionale Riposo e Cura Anziani
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PERCHE’
MONTAGNA E MUSICA, FATICA E MERAVIGLIA: VI RACCONTO LA MIA VITA LONTANO DALLA CITTÀ
Photo di Paolo Bolognini 48 | WHY MARCHE
di Luca Capponi
LUCA MIGLIARELLI, DICIANNOVE ANNI, LAVORA NELL’AZIENDA AGRICOLA DI FAMIGLIA AD USCERNO DI MONTEGALLO, IN PROVINCIA DI ASCOLI. E CI PARLA DI UNA SCELTA (APPARENTEMENTE) CONTROCORRENTE, TRA ANIMALI, PASCOLI PANORAMI MOZZAFIATO.
S
eguire i ritmi della natura, lavorare al passo dei venti, scrutare le stelle per sapere se ci sarà pioggia o sole, prendersi cura degli amici animali. Con una precisazione iniziale doverosa. La vita di montagna non è fatta solo di afflati romantici, è vita di fatiche e levatacce, di sacrifici e di rincorse, vita che spezza la schiena. «Anche se poi il paesaggio che si manifesta davanti agli occhi è qualcosa che ripaga di tutto» racconta Luca Migliarelli, classe 1996, riferendosi al suo luogo natio, Uscerno di Montegallo, che a bellezza panoramica, tra boschi, fiumi, prati e gole, se la gioca con gli altri luoghi del “pellegrinaggio” giornaliero: Abetito, Santa Maria in Lapide, Balzo, fino ad arrivare alle pendici del mitico Monte Vettore, tra i pascoli di Santa Maria in Pantano sopra Colle di Montegallo.
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Luca, nonostante la giovane età, non ci pensa proprio a stare fermo davanti ad un pc o imbambolato per ore con un telefonino in mano. La sua vocazione e il lavoro che si è scelto lo hanno portato a dare manforte all’azienda agricola di famiglia. Con una passione speciale per gli antichi strumenti della tradizione. «La giornata lavorativa per chi vive in montagna ed ha un’azienda di questo tipo è molto movimentata, a volte non c’è tempo nemmeno per mangiare. -racconta- Ci si alza la mattina presto e si va diretti alla stalla dove si inizia con l’accudire tutti gli animali, nel mio caso pecore e cavalli». UN LAVORO MAI UGUALE A SE STESSO, IMMAGINO. E’ COSÌ? «Sì. La parte più bella è sicuramente quella da metà maggio a novembre, perché si sale con il gregge in montagna, sostando per parecchi mesi. Durante l’estate pascolare nei prati è favoloso, non lo cambierei con nessun’altro lavoro. Per farlo bisogna essere appassionati, non deve essere una forzatura, perché come diceva mio nonno “l’occhio del padrone ingrassa la stalla”, un detto che vuol dire “solo il padrone sa come comportarsi con i suoi animali, uno ad uno”. Passato un po’ di tempo, infatti, ricordo anche il giorno in cui è nata una pecora, per esempio. La vita in questi luoghi è fantastica non solo per gli animali, ma per tutto quello che ci circonda: fare il fieno d’estate, coltivare l’orto, raccogliere i frutti (e arrampicarsi sulle piante di ciliegio con gli amici per rimanerci fino a scoppiare). Il periodo tra la fine di agosto e l’inizio settembre è dedicato alla pulizia dei castagneti, i cui frutti verranno poi raccolti a ottobre. Dopodiché ecco l’inverno, il freddo e la neve, ma noi siamo ben pronti; gli animali nella stalla con il fienile pieno, la legnaia per il fuoco accatastata già da aprile e per finire il cibo che non manca mai». PERCHÉ HA SCELTO QUESTO LAVORO, SICURAMENTE APPAGANTE MA ALTRETTANTO DURO E POCO DIFFUSO? «Perché mi fa stare bene; inoltre, ormai da diverse
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generazioni in famiglia siamo allevatori e commercianti. Ho imparato tutto da mio padre (che gestisce una macelleria, ndr) e mio nonno, che rimpiango molto perché non c’è più. Mio nonno mi portava in giro tra i contadini a comprare animali e da lui ho imparato il saper commerciare e riconoscere quali esemplari sono buoni per la nostra attività e quali no. Mio padre invece è tuttora la colonna portante perché si occupa della parte pratica. Mi ritengo fortunato ad alzarmi la mattina presto, respirare aria buona ed andare alla stalla, si tratta anche di una passione che si tramanda. Non invidio le persone che lavorano ma sono costrette a chiudersi dentro fabbriche o uffici». TRA LE ALTRE COSE, POI, ZONE DI MONTAGNA COME LA VOSTRA PULLULANO DI SAGRE ED EVENTI GASTRONOMICI SIA D’INVERNO CHE D’ESTATE. «Dalla parte lavorativa si passa a quella del divertimento, che a noi piace moltissimo, tra feste e sagre da organizzare. In queste occasioni si può avere l’opportunità di ascoltare musica realmente tradizionale, tutto suonato con organetto e strumenti tradizionali anche costruiti da noi come nacchere, tamburelli, sgrasciole». LEI COSTRUISCE STRUMENTI? «La cosa più bella della mia vita è la musica tradizionale delle Marche. Più che di musica a me piace essere un portatore e scopritore delle antiche tradizioni. La musica popolare è una di queste. Per me rappresenta molto, ho cominciato da piccolo ad andare in giro per le feste con persone che mi hanno insegnato tanto. Suonavo l’organetto già ad 11 anni, poi col passare del tempo sono diventato un suonatore di tamburello marchigiano e anche di nacchere. Amo soprattutto cantare stornelli al ritmo di saltarello, sia conosciuti che improvvisati; al pubblico
di Leila Ben Salah
piacciono molto le improvvisazioni, qualcosa di unico anche nel prendersi in giro l’uno con l’altro. E poi sì, un altro aspetto stupendo riguarda proprio la costruzione: le nacchere sono le più semplici, poi c’è il tamburello marchigiano, che richiede tempo e precisione, dove ci sono molti passaggi da fare prima di arrivare alla fine. Ad insegnarmi è stato un caro amico, si chiama Marco Meo e vive a Caldarola, in provincia di Macerata. Lui per imparare ha fatto ricerche non su Internet ma passando casa per casa di tutti gli anziani suonatori delle Marche. Noi speriamo di far rivivere queste tradizioni e ce la mettiamo tutta per invogliare anche i ragazzi». DIFATTI SECONDO LE ULTIME STIME SEMBRA CHE I GIOVANI DELLE CITTÀ SI STIANO RIAVVICINANDO. DALL’ALTRA PARTE, PERÒ, SONO MOLTI COLORO CHE SANNO USARE ALLA PERFEZIONE LE TECNOLOGIE MA VANNO IN DIFFICOLTÀ ANCHE PER LE PIÙ SEMPLICI COSE PRATICHE. «Molti stanno tornando alle nostre radici, è vero, secondo me per via
della crisi economica. Questo lavoro, anche male che può andare, a fine giornata porta sempre qualcosa da mangiare e un minimo per stare bene, in più è sano. Purtroppo è altrettanto vero che la maggior parte dei giovani e non solo sono “drogati” dalla
tecnologia. Continuando così andrà a finire male; tra le persone non c’è più dialogo né rispetto, ormai esiste solo la vita tramite social network, mio nonno diceva sempre che i tempi bui potrebbero tornare, in tal caso non so cosa potrebbe accadere»
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LIBERA MARCHE UN CROCEVIA CHE FA GOLA A TANTI, UN LUOGO DOVE PORRE LE BASI SENZA DARE NELL’OCCHIO, UN AVAMPOSTO CHE PRESTA INCONSAPEVOLMENTE IL FIANCO PER VIA DELLA SUA CONSOLIDATA REPUTAZIONE DI LUOGO TRANQUILLO: LE MARCHE, ORMAI DA TEMPO, NON SONO PIÙ IMMUNI DA INFILTRAZIONI MAFIOSE.
Ndrangheta, Cosa Nostra, mafie straniere, in particolare dell’Est Europa. Scenari impensati, eppure tristemente vicini. Valgano per gli scettici il dato sui beni confiscati (a marzo 2015 erano 27, nel prossimo report il numero dovrebbe salire a 40) ma soprattutto le parole di Vincenzo Macrì, Procuratore Generale della Corte di Appello di Ancona, che in una sua relazione parla di «Un progressivo deterioramento di quella originaria condizione di relativa tranquillità della regione che tende, purtroppo, ad allinearsi a quella di regioni limitrofe, Abruzzo, Umbria, Emilia-Romagna», ponendo l’accento sull’operazione “Quarto Passo”, «che ha mostrato la presenza di una potente articolazione della Ndrangheta calabrese, di cui due componenti risiedevano a Civitanova Marche. Nelle Marche l’organizzazione aveva messo a segno una serie di furti nei cantieri edili che venivano trasportati in Umbria per essere rivenduti o utilizzati nei cantieri della Ndrangheta. E’ noto che la criminalità organizzata di tipo mafioso tende ad espandersi in regioni diverse da quelle di provenienza, approfittando delle minori difese e della maggiore facilità di penetrazione dovute al deficit di conoscenza e di esperienza da parte sia dell’opinione pubblica, che delle stesse istituzioni rappresentative locali». Il procuratore, poi, ha steso una lista davvero dettagliata, che va dai danneggiamenti incendiari agli stabilimenti balneari e agli chalet del litorale, a impianti industriali, al Palascherma di Jesi, ad atteggiamenti intimidatori e violenti a danno di operatori commerciali, ad alcuni omicidi dal movente estorsivo e di accaparramento di attività in regime di monopolio. Nessuno è immune, da Falconara a Senigallia, da Porto Recanati a Porto San Giorgio, luoghi caratterizzati da attività di spaccio di sostanze stupefacenti, furti, prostituzione, svolte a livello organizzato. «Si tratta di un grande mercato a cielo aperto di sostanze stupefacenti, in mano a gruppi organizzati di trafficanti di varia origine etnica oltre che di criminalità italiana» spiega ancora Macrì, che arriva anche a parlare di reati di criminalità economica di alto livello (tra i casi, quelli di Banca Marche, Agenzie delle Entrate, Manifatture Tabacchi, Impianti di Biogas) e di terrorismo ed eversione, come l’indagine Aquila Nera sui progetti di attentati ed omicidi in danno anche di esponenti
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politici, il cui organizzatore era residente ad Ascoli Piceno e guidava Avanguardia Ordinovista. «Proprio in questi giorni anche il 4° Rapporto Agromafie, elaborato da Coldiretti, Eurispes e “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e nel sistema agroalimentare”, ha evidenziato una situazione preoccupante nelle Marche ed in particolare nelle province di Ancona e di Ascoli Piceno, rispettivamente al 40esimo e 47esimo posto con un rischio medio-alto relativo alle infiltrazioni della criminalità in tale settore. -spiega Paola Senesi, referente regionale di una delle associazioni più attive nella lotta alla Mafia, vale a dire Libera - Questi dati, uniti alla cronaca di tutti i giorni, ci fanno pensare che non si può più rinviare il problema criminalità, immaginando che solo alcune regioni ne siano interessate. Purtroppo le mafie, già da tempo, non conoscono confini geografici». Proprio Libera, grazie al protocollo firmato con Unioncamere Marche (che riunisce tutte le Camere di Commercio della regione), si sta occupando di redigere un dossier atto a scattare un’ulteriore fotografia alla situazione. A che punto è il lavoro? «La firma del protocollo ha rappresentato un passaggio importante, perché ha posto all’attenzione di soggetti istituzionali il problema concreto della penetrazione dell’illegalità nel nostro territorio. Non a caso alla firma del protocollo era presente, insieme a Davide Pati, vicepresidente di Libera con la responsabilità del settore beni confiscati, lo stesso Macrì. Il protocollo prevede anche un dossier che stiamo realizzando, innanzitutto con la raccolta di dati ed informazioni provenienti dalla cronaca di tutti i giorni in tutte le zone della regione, dal sud al nord. Il nostro è un lavoro lungo, attento, che ovviamente dovrà essere in un secondo momento vagliato con chi potrà valutare quanto raccolto. Il compito di Libera è quello di sensibilizzare, di provare a guardare il territorio con una maggiore consapevolezza, senza sostituirci alle forze dell’ordine, ma provando ad accendere una attenzione particolare. Certamente non sono passati inosservati i numerosi incendi che hanno riguardato l’anconetano nei mesi scorsi, la vicenda Banca Marche, il numero crescente di beni confiscati alla criminalità organizzata
di Luca Capponi
in tutte le province, nessuna esclusa». A proposito di beni confiscati, è vero che il numero potrebbe salire rispetto ai 27 di un anno fa? «Si tratta di un tema piuttosto complesso: Libera nasce nel 1995 contemporaneamente alla raccolta di firme per far passare una legge di iniziativa popolare su quanto avevano già proposto Pio La Torre e Virginio Rognoni: la legge n. 109/96 parla di confisca dei beni ai mafiosi e riutilizzo ai fini sociali. Una vera innovazione, perché per la prima volta venivano attaccati i beni dei mafiosi e restituiti alla collettività. A marzo la legge compie venti anni e da un monitoraggio abbiamo conosciuto circa 500 realtà italiane che lavorano su beni confiscati, ciò rappresenta il segnale forte del riscatto di un Paese intero. Nella nostra regione ci sono diversi esempi di beni confiscati: ad Isola del Piano la confisca è collegata alla Ndrangheta, mentre a Cupramontana è collegata a Nicoletti, il tesoriere della Banda della Magliana. Il numero dei beni confiscati per le Marche è un numero importante, certamente non paragonabile ad altre regioni del Sud, ma anche a Lombardia e Piemonte». Restando in tema, c’è un progetto lanciato da Libera, Summer Già, che va ad agire anche su beni pubblici abbandonati. «Le Summer Già sono momenti di formazione a livello re-
gionale e nazionale: il nostro compito è quello di stimolare i giovani a costruire percorsi di impresa etica, di progettazione innovativa e partecipata, mettendo insieme le energie per costruire speranza ma anche concretezza. Nell’ultima edizione sono arrivati circa una ventina di progetti di riutilizzo di beni pubblici abbandonati o in disuso: i ragazzi hanno presentato delle idee che possono trasformarsi in concreto sui territori di riferimento, provando a mettere insieme risorse e competenze per far ripartire anche le comunità più piccole». A breve si terrà la XXI Giornata della Memoria e dell’Impegno, che quest’anno per la prima volta avrà una forma diffusa. Cosa organizzerete nelle Marche? «La scelta è caduta su Fano, poiché l’Amministrazione Comunale ha costruito un percorso molto complesso, insieme alla campagna Riparte il Futuro promossa da Libera e Gruppo Abele, sul tema della trasparenza e della lotta alla corruzione. Abbiamo quindi deciso di valorizzare qualcosa di unico nelle Marche, per ora, e che anche in Italia rappresenta un esempio. Domenica 20 marzo ci saranno due momenti formativi che si terranno dalle 13 alle 18,30 presso la Mediateca Montanari: un seminario dal titolo “Trasparenza e partecipazione: ricostruiamo fiducia nei cittadini” con l’intervento, tra gli altri, del sindaco di Isola del Piano Giuseppe Paolini; un secondo seminario, “Il narcotraffico oggi”, vedrà la presenza della giornalista de L’Avvenire Lucia Capuzzi. Ci sarà pure la proiezione del film di Marco Tullio Giordana “Lea”, cui seguirà il concerto dei Turkish Cafè. Il 21 marzo il corteo per le vie della città si concluderà con la lettura dei nomi delle vittime delle mafie». In conclusione, si stanno facendo dei seri passi avanti nella lotta alle mafie? «E’ importante che legalità, democrazia, partecipazione tornino prioritari nella formazione dei nostri giovani: noi incontriamo da dieci anni gli studenti di scuole di ogni ordine e grado, i giovani impegnati in forme differenti nelle associazioni che operano sul territorio, ed avvertiamo come sia importante farli crescere nello studio della Costituzione che è davvero il primo codice antimafia. I ragazzi hanno bisogno di conoscere le regole del vivere insieme e necessitano di testimonianze credibili: per questo i campi di volontariato che si svolgono ogni estate sui beni confiscati rappresentano un percorso formativo importante. Da cinque anni a Cupramontana si svolge il campo inserito nel circuito nazionale di E!STATE LIBERI e ad Isola del Piano un campo gestito da associazioni locali: è importante sapere che laddove si consumavano reati oggi si realizzano percorsi culturali e di riscatto sociale attraverso il lavoro. La Regione si è dotata di una legge sulla cultura della legalità che affronta il tema della formazione nelle scuole e nelle università, l’accompagnamento delle vittime di usura e reati residenti nel territorio regionale, il sostegno agli Enti che hanno beni confiscati: stiamo lavorando per dare concretezza a priorità già indicate nel testo della legge. La sfida di Libera Marche è di mettere al centro questi temi per costruire percorsi condivisi con gli studenti, i cittadini e le Istituzioni». WHY MARCHE | 53
SPIRITO
GIACOMO MEDICI, VOCE LIRICA MARCHIGIANA CHE CANTA IL TANGO
Due ore intense di cromatismi vocali e note che corrono in un lungo abbraccio tra Italia e Argentina sono andate in scena durante la serata “L’italiano che canta il tango” nella splendida location di Villa Magnolia, sede del primo social eating di Ancona “Cucina In Amicizia”. E’ qui che, in occasione della giornata internazionale del tango, abbiamo incontrato il baritono marchigiano, artista internazionale formatosi al Conservatorio Rossini di Pesaro, impegnato in tournée tra Italia ed estero. Voce di progetti che vanno dal jazz al tango, è stato definito tra le realtà più interessanti della scena musicale italiana. Lui è Giacomo Medici.
A
ll’ingresso di Villa Magnolia la calda accoglienza dei padroni di casa, Luca e Loredana. Attraverso le serate “social eating”, promuovono due importanti concetti a loro cari, la socializzazione e la diffusione della cultura. Artisti, attori, cantanti hanno condiviso il loro progetto e tra essi vi è proprio il baritono Giacomo Medici. Davanti al camino, intento nei preparativi, lui Giacomo Medici lascia tutto, anche la sua chitarra classica, e saluta con un portamento distinto e regale e una gentilezza d’altri tempi. Non vi nego l’emozione di conoscere un cantante lirico, artista internazionale e anche poeta. Accanto a lui il pianista e fisarmonicista Paolo Principi, gli strumenti del mestiere, dal microfono, alla tastiera fino ad arrivare alla splendida fisarmonica della Victoria Accordions di Castelfidardo degli anni ’60. Il pianista Paolo ci racconta
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di averla acquistata su e-bay in America e di averla cercata proprio perché possiede suoni unici, non più presenti nelle fisarmoniche moderne. Giacomo Medici e Paolo Principi condividono ormai da anni la passione per la musica latina e il tango, oltrechè un progetto musicale chiamato “La isla spanish ensemble” esportato in tutto il mondo. Italia, Europa, Stati Uniti e America Latina, questi i principali palcoscenici che hanno accolto i suoi spettacoli e applaudito la sua voce.
COSA SIGNIFICANO PER UN ARTISTA E CANTANTE COME TE QUESTE ESPERIENZE DI RESPIRO INTERNAZIONALE?
Significa proseguire nel sogno di portare la mia voce e le note degli autori che amo in giro per il mondo, cercando ogni volta di emozionare il pubblico e di tramettere sentimenti che toccano la nostra parte più profonda. Accostare la musica al viaggio e alla conoscenza di nuovi palcoscenici, per quanto mi riguarda rappresenta un punto di arrivo. Conoscere nuove persone, arricchirsi tramite il confronto con colleghi dal background differente, aprire gli occhi su nuovi scenari artistici e culturali
rappresentano il privilegio del quale oggi sento di godere.
NEL 2013 SEI STATO AMBASCIATORE DELLA CULTURA DELLA CITTÀ DI ANCONA ATTRAVERSO UN TOUR IN AMERICA LATINA. COSA UNISCE QUESTI DUE MONDI GEOGRAFICAMENTE COSÌ LONTANI? I punti di incontro in realtà sono molti. Nel documentario “L’italiano che canta il tango”, visibile su YouTube e riguardante proprio le mie esperienze argentine, vengono messi in evidenza i parallelismi tra Ancona e Buenos Aires, a cominciare dall’importanza che il porto e la vita di mare rivestono per entrambe le città. Inoltre, come tutti sanno, molti argentini hanno sangue marchigiano che scorre nelle vene, quindi ciò va a fare da ponte tra due realtà profondamente vicine, seppur geograficamente lontane.
DURANTE LA SERATA A VILLA MAGNOLIA HAI OMAGGIATO CARLOS GARDEL, PADRE DEL TANGO, LA CUI VOCE È STATA DEFINITA DALL’UNESCO NEL 2003 “PATRIMONIO MONDIALE DELL’UMANITÀ”. RACCONTACI I TUOI PROGETTI PIÙ SIGNIFICATIVI CHE RUOTANO ATTORNO AL TANGO. Sono ormai più di dieci anni che frequento l’Argentina dal punto di vista lavorativo e, quindi, musicale. Ciò mi ha portato ad entrare in
di Silvia Conti
SPIRITO contatto con il tango e una maniera particolare di cantarlo. L’incontro con la voce di artisti quali Carlos Gardel, Jorge Falcon ed Edmundo Rivero, per citarne alcuni, mi ha letteralmente cambiato la vita. Da quel giorno decisi di abbracciare questo mondo, parallelamente all’opera lirica, e intrapresi il mio percorso nel tango, concretizzatosi anche in alcune incisioni, tra le quali il recente disco “Pasion y Canto, Vol I”.
QUANDO E COME NASCE LA PASSIONE PER IL CANTO E PER LA LIRICA?
Il canto lirico rappresenta, per me, la consapevolezza della propria tecnica e la capacità di sfruttare al meglio il proprio strumento, nel mio caso la voce. Per questo inizialmente mi sono avvicinato all’opera. Una volta raggiunto il controllo della vocalità, la si può utilizzare anche in altri contesti, ovviamente rimanendo fedeli al gusto dell’epoca e al repertorio che si affronta. Ammetto che fin da piccolo ho sentito una particolare propensione per il canto e, allo stesso tempo, per la composizione. La passione di mio padre per la musica ha fatto il resto. Non sono mai stato spinto a studiare uno strumento, ma devo ammettere che trovarmi fin da bambino circondato da dischi ha stimolato la mia curiosità. Ho passato interi pomeriggi abbracciato alla mia chitarra, scrivendo tutto ciò che mi passasse per la testa e tentando di interpretarlo con la mia voce. Sognare è stato il motore del mio cantare e lo è tutt’ora. Ovviamente nel tempo ho affinato la tecnica ma la passione con la quale affronto un brano è sempre la stessa; credo sia fondamentale mantenere la capacità di emozionarsi ogni volta che si sale su un palcoscenico.
NON SOLO CANTO. PARLACI DI GIACOMO MEDICI POETA ANCHE ATTRAVERSO DEI TUOI VERSI.
Fin da ragazzo mi sono sempre dedicato alla scrittura, pubblicando poesie in riviste specializzate ed elaborando testi per canzoni. Come autore ho composto più di venti brani, alcuni dei quali sono stati anche segnalati dal Premio Fabrizio De Andrè, artista che ho sempre amato e considerato di riferimento. Ogni mia scrittura porta con se emozioni e pensieri che hanno segnato la mia vita. Tra le esperienze più toccanti vi è il cammino di Santiago, intrapreso anni fa. Da qui nasce la recente pubblicazione di una raccolta di poesie e versi intitolata “Iago, rotte poetiche verso Santiago Di Compostela e altri scritti di viaggio”.
HAI COLLABORATO CON AUTORI, MUSICISTI, DIRETTORI D’ORCHESTRA E REGISTI IMPORTANTI. QUALE LA PIÙ SIGNIFICATIVA PER IL TUO PERCORSO MUSICALE E ARTISTICO?
Difficile individuare un momento più significativo di un altro. Certo non posso dimenticare la mia prima esibizione allo Sferisterio Opera Festival, a fianco di Mariella Devia, nonché le mie prime presenze come artista presso il Teatro Delle Muse di Ancona. Molto forte, dal punto di vista emotivo e professionale, fu anche l’esperienza vissuta al festival dei due mondi di Spoleto nel 2009, dove ebbi l’onore di cantare in un’opera diretta da Woody Allen. Ciò che posso dirvi con certezza è che ogni esperienza è stata un dono che mi ha modificato e arricchito moltissimo.
DOVE SEI DIRETTO E IN QUALI PROGETTI PROSSIMI TI VEDREMO IMPEGNATO?
Successivamente, volerò in America Latina per un nuovo ed emozionante tour in un recital a metà strada tra opera e tango. Nel 2016 riserverò uno spazio importante alla prima e mia più grande passione: mi dedicherò ad alcune produzioni nell’ambito della lirica. TRA UNA TAPPA INTERNAZIONALE E L’ALTRA, GIACOMO MEDICI DEDICA SEMPRE PARTICOLARE ATTENZIONE ALLA SUA REGIONE NATIA, LE MARCHE. LO INCONTREREMO INFATTI IL 19 E 20 MARZO ALLA MANIFESTAZIONE “PASIÓN Y CANTO LATIN WEEKEND 2016” AL TEATRO ALFIERI DI MONTEMARCIANO, DI CUI GIACOMO MEDICI È DIRETTORE ARTISTICO, CON UNO SPECIALE SPETACCOLO DEDICATO AL TANGO.”
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SPIRITO
LE MARCHE SI ALLINEANO AL TREND POSITIVO DI VENDITE AUTO IN ITALIA Boom delle immatricolazioni nel mese di febbraio, con un + 27,3%, grazie a forti promozioni commerciali di tutte le case automobilistiche. Anche la nostra regione ha contribuito al record di vendite nazionale e tanta è l’attesa tra i concessionari marchigiani per i nuovi modelli presentati al recente salone di Ginevra che riporteranno quella fiducia nel settore automotive a lungo penalizzato in questi anni. Ecco una carrellata delle novità presentate al salone svizzero che prossimamente troveremo in vendita presso le concessionarie della nostra regione. Sono iniziati alla grande i primi due mesi dell’anno per quanto riguarda le vendite di auto in Italia. A gennaio e febbraio, infatti, sono state immatricolate ben 327.963 autovetture, con una variazione di +22,64% rispetto al periodo gennaio-febbraio 2015. Nel solo mese di febbraio, inoltre, sono state immatricolate 172.241 vetture con una percentuale positiva del 27,3% sullo stesso periodo dello scorso anno. Numeri da record, dunque, che non si vedevano da molti anni e che confermano un trend positivo già timidamente iniziato negli ultimi mesi del 2015. Anche la nostra regione ha fatto la sua parte contribuendo al record di vendite con una percentuale che si allinea al dato nazionale. Tutti i concessionari marchigiani, infatti, sono d’accordo nel valutare positivamente i segnali che stanno arrivando dal mercato e si stanno preparando ad un ulteriore incremento di vendite che si preannuncia nei prossimi mesi. Questo grazie anche alla commercializzazione di nuovi modelli che sono stati presentati al salone di Ginevra tenutosi nei primi giorni di marzo e che hanno riscosso notevoli consensi tra il pubblico. Spinti dal successo di vendite registrato nella nostra regione, siano andati di persona a Ginevra per sondare da vicino il mercato automobilistico, in uno dei più prestigiosi saloni internazionali dell’auto. Lo spettacolo è stato unico. Del resto quella di Ginevra è una delle cinque kermesse dedicate all’auto più importanti del panorama automobilistico internazionale e, assieme a Parigi, Francoforte, Detroit e Tokyo, rappresenta un evento a cui non si può mancare. Un appuntamento importante anche per l’Italia, non solo per la
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di Gaudenzio Tavoni vicinanza con la Svizzera, ma anche per la totale assenza nel nostro Paese di un salone automobilistico, dopo la chiusura dapprima di Torino e recentemente di Bologna. Il mercato italiano sta attraversando in questi mesi un grande fermento e l’ottimismo regna sovrano sia tra i costruttori che tra i concessionari marchigiani da noi contattati. Anche in casa FCA, tutto sta andando a gonfie vele e i vari marchi stanno incrementando le loro percentuali di penetrazione in Italia e nelle Marche. A Ginevra Fiat ha presentato interessanti novità, tra tutte la Tipo Break, che ha segnato il ritorno della casa torinese nel segmento delle station wagon. Alfa Romeo, invece, ha portato in Svizzera la tanto attesa Giulia, la berlina che dovrà contrastare lo strapotere tedesco nel segmento medio-alto, mentre Maserati ha esposto in anteprima mondiale la Levante. Davvero bello e maestoso, il primo SUV della Casa del Tridente ha catturato l’attenzione di appassionati e addetti ai lavori e certamente darà del filo da torcere ai tradizionali competitor del segmento, quali Porsche, Audi, BMW, Mercedes e Land Rover. Abarth, infine, ha presentato la nuova 124 Spider, che si rifà ampiamente alla storica vettura trionfatrice di tanti stagioni di rally. Questi modelli potranno a breve essere toccati con mano presso le concessionarie marchigiane, tra cui quelle dei Gruppi Di.BA., Radicci e Lucesoli & Mazzieri. Tra le anteprime mondiali, Ginevra ha ospitato l’Audi Q2, un nuovo piccolo SUV della Casa dei 4 Anelli, e l’A4 All Road, a breve visibili presso la concessionaria Domina di Ancona. Volvo ha presentato la V90, Bentley le nuove Mulsanne e Citroen l’inedito Space Tourer, mentre Hyundai si è presentata al salone svizzero con la IONIQ, l’ibrida coreana equipaggiata con un motore 1.6 a benzina da 105 CV, abbinato ad un’unità elettrica da 32 kW che raggiunge una velocità massima di 185 km/h con basse emissioni (79 g/km di CO2 nel ciclo combinato). In anteprima mondiale assoluta, inoltre, Renault ha presentato la nuova Scenic, mentre Peugeot ha portato a Ginevra il Traveller, un monovolume dalla linea classica, da provare prossimamente presso la concessionaria Auto 90 di Ancona. Mercedes, invece, ha bissato le sue novità con le nuove Classe E e SL, Porsche ha presentato la 718 Boxer e la 911 R, ma la più ammirata tra le novità è stata senza dubbio la Lamborghini Centenario, bellissima e grintosissima, costruita in edizione limitata per festeggiare i 100 anni dalla nascita di Ferruccio Lamborghini. All’interno dello stand della Casa di Sant’Agata Bolognese, ora di proprietà del Gruppo Volkswagen, la centenario ha fatto bella mostra di sé grazie alla sua linea filante e al suo prezzo di oltre 2 milioni di euro, ma la vettura non andrà mai sul mercato, perché i 40 esemplari che saranno costruiti hanno già un proprietario. La presentazione della versione wagon dell’Opel Astra ha coinciso con l’elezione della media tedesca ad Auto dell’Anno 2016, mentre Volkswagen ha ufficializzato la seconda generazione della Tiguan, che potrà essere testata nei primi giorni del prossimo mese presso la nuova concessionaria Viavai di Ancona. Bellissime la Land Rover Evoque Cabrio e la Jaguar F-Pace, tra poco potranno essere ammirateesso la concessionaria Radicci di Ancona, e altrettanto affascinante l’Aston Martin DB11. Il segmento delle supercar da sogno a Ginevra si è superato con l’esposizione di auto che possono essere ammirate solo nei principali saloni mondiali. Tra queste, oltre alla già citata Lamborghini Centenario, hanno fatto bella mostra la Mazda RX-Vision, la Bugatti Veyron, la McLaren 570 GT, la Ferrari GTC4, le Lotus Evora, Elise e Exige, la Jaguar F-Type SVR, l’Arash AF8 Falcon e l’Honda NSX.
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Banana Job: jamaican style decidemmo di provarci, senza quasi neanche conoscerci. Poi la prima prova fugò ogni dubbio.
Quale la storia musicale di provenienza dei componenti? Banana Dean, alias Alessandro, alla chitarra acustica, voce, kazoo e, talvolta, melodica. Il classico, spregevole, pigro, autodidatta. Scoperta, fin da giovane, tanto la passione per il canto, quanto l’avversione per la costanza e lo studio, il giovane Alessandro impara molto lentamente a suonare la chitarra. Giunto a Senigallia, inizia a collaborare con il Reverendo in un trio reggae strumentale. Successivamente si dedica ai “Mazza e le Mezze Stagioni”, band folk-prog, come autore, cantante, chitarrista e percussionista. Terminate entrambe le esperienze, inizia a lavorare a un progetto solista con le proprie composizioni, mentre prende forma Banana Job. John Banan, alias Giovanni, alla batteria. Prima dei banana, i suoi ambienti musicali preferiti erano stati principalmente due: il funk e il rock. Il Reggae era per lui un genere ascoltabile, ma non poi così interessante. Finché una bella sera d’estate, parlando con il reverendo, gli promise, senza sapere come e quando, che avrebbero suonato reggae. Papanuccio, alias Marco, alla chitarra elettrica, kazoo e cori. Un passato pieno di soddisfazioni nell’indie rock con i Momotag, e svariate altre collaborazioni qua e là per le Marche. Il Reverendo delle Basse Frequenze, alias Tommaso, al basso elettrico. Suona Reggae da sempre. Tra le sue collaborazioni più prestigiose impossibile non citare le collaborazioni con Earl 16, Jennifer Barrett e il conterraneo Marumba.
I colori del reggae nelle Marche sprigionano le loro vibranti melodie attraverso una band di quattro ottimi musicisti, i Banana Job, ormai parecchio conosciuti e soprattutto moltissimo apprezzati nel nostro territorio. Aprono le porte della primavera con i loro suoni graffianti ed i battiti in levare che muovono le danze. Una band originale, “una dichiarazione d’amore alla musica giamaicana” in grado di far rivivere importanti brani del passato rileggendoli in chiave garage-reggae. Lasciamoci trasportare nell’universo dei Banana Job attraverso le parole dei quattro musicisti. https://youtu.be/HNVnO6uVIaI
Chi sono i Banana Job? I Banana Job sono una dichiarazione d’amore alla musica giamaicana e alla sua potenza. Un mezzo per lasciarne intendere la magia agli scettici. E per divertire chi già ne è schiavo.
Da dove deriva il nome del gruppo e significato? Principalmente da YouPorn! In secondo luogo dalla potenza comunicativa della banana come simbolo: buona, morbida, divertente, luminosa e fallica.
Come nasce il gruppo? Il Reverendo e Papanuccio progettavano la cosa già da un po’. Il primo conosceva un cantante, il secondo un batterista, un giorno ci ritrovammo tutti alla Casa della Grancetta e così 60 | WHY MARCHE
Reverendo delle basse frequenze, Spagna, Africa, America Latina e quant’altro, viaggi esperienze e sincretismo musicale… dicci di più Forse i miei viaggi sono stati più a livello metafisico e spirituale che non in aereo. In ogni caso tutte le mete toccate con corpo o mente risuonano pienamente nella mia maniera di suonare e nella mia personale emissione di suoni, vibrazioni e frequenze che, in ultima istanza, spero profondamente riescano a toccare i cuori delle persone che ci ascoltano. Questo perché in definitiva il mio obbiettivo è mettere di buon umore le persone con la nostra musica affinché ognuno possa fare il suo per migliorare questo piccolo mondo fatto di tanti esseri umani, amen.
Banana Dean, spesso la tua voce è stata paragonata a quella di Rino Gaetano, quale il tuo rapporto con la musica di questo cantautore, le influenze, il tuo percorso musicale? Il nostro è un rapporto di stima reciproca. No, a parte gli scherzi, ti direi che amo a tal punto la musica, lo stile e le parole di Rino Gaetano da provare quasi fastidio per chi ne ha una conoscenza sommaria e superficiale. Il mio è stato un percorso musicale piuttosto arzigogolato e molto vario. Tra le mie influenze ci sono, mio malgrado, molti artisti che attualmente disprezzo. Bob Marley e Rino Gaetano sono tra i pochi che non ho mai rinnegato e sicuramente quelli che più hanno influenzato il mio modo di suonare la chitarra e cantare.
VIAGGIO ATTRAVERSO LA MUSICA INDIPENDENTE DELLE MARCHE John Banan prima di essere un banana accarezzavi altri generi musicali lontani dal reggae, quale la tua evoluzione? Come già ti dicevo, le mie origini sono nel rock e nel funk. Una bella esperienza che ho vissuto è stata la collaborazione con Mozez, cantante degli Zero 7, nel suo tour senigalliese. Dal reggae, nuovo genere per me, ho imparato molto. Una delle più sorprendenti è la magia della sua pulsazione su me stesso e sugli altri.
Papa Nuccio dai Momo Tag, uno dei gruppi emergenti della scena indipendente locale di fine anni novanta/inizio anni duemila, al successo coinvolgente dei Banana. Raccontaci di te del passaggio musicale. In passato ero solamente Nuccio. Dopo mi e’ stata attribuita l’onorificenza di “Papa”... Forse perché sono il più grande del gruppo o forse perché a fine serata riporto tutti a casa! Ho militato nel rock per anni. Ho avuto il piacere di suonare con band, come i Momotag, che mi hanno dato la possibilità di fare le prime esperienze importanti come musicista. Successivamente mi sono perso in un limbo di generi musicali finché ho trovato l’amore incondizionato per le note in levare. Da quel giorno il reggae e i banana Job sono diventati la mia filosofia di vita.
Quale il vostro percorso evolutivo nel tempo come Banana Job? La nostra evoluzione non è stata come avevamo previsto. Le cose sono andate molto bene fin da subito, ben di più di quanto ci aspettassimo e questo ci ha spiazzato e probabilmente anche un poco rallentato. L’evoluzione che cerchiamo è musicale essenzialmente. Cosa comunque non da poco! Per il resto si tratta di preservare la perfetta alchimia che ci lega. Intanto abbiamo un disco in arrivo, un nuovo repertorio da integrare, molti concerti in vista e sempre più voglia di portare il verbo del reggae anche ai più ostinati miscredenti!
Come vi definireste in quanto a genere? Garage-reggae! Cioè una band ska/reggae con sonorità piuttosto rock.
Come nascono gli arrangiamenti delle musiche che rivisitate? Sempre da YouPorn. Scherzo! Non è facile scegliere un pezzo da, come ci piace dire tra noi, “sbananare”. Questo perché, spaziando tra funk, rock, soul, reggae, pop e musica italiana abbiamo da attingere da un oceano di musica. Proviamo sommo piacere quando riusciamo a riappropriarci di un brano di eccezionale bellezza ormai considerato antico o, peggio, etichettato come “trash”. Modugno, Buscaglione, Fidenco, ne sono alcuni esempi. Il riscontro che abbiamo dal nostro variegato pubblico è vero e proprio nutrimento per noi. E così il ragazzino che non ha mai sentito prima “Vecchio Frac”, o la coppietta di ultrasettantenni che balla la nostra versione ska di “Guarda che luna” sono il nostro miglior premio! A livello pratico diciamo che, individuato un pezzo papabile, e con almeno ¾ di banana a favore (perché c’è tra di noi chi rifarebbe in chiave ska persino i Carmina Burana), Banana Dean ne butta giù una traccia spartana chitarra e voce in modo che ciascuno possa elaborare la parte del proprio strumento, in attesa di confrontarci in sala prove.
di Paola Donatiello
A quando un vostro album? Abbiamo un album in lavorazione da molto tempo! Non vorremmo sbilanciarci, ma dovremmo essere pronti per questa Primavera!
Chi produrrà l’album? Per il momento l’unica certezza è il Natty Blunt Studio, presso il quale stiamo ancora ultimando registrazioni e mastering.
A quali progetti state lavorando? (progetti in corso – progetti futuri – progetti individuali) Attualmente, appunto, stiamo concludendo le registrazioni, mentre lavoriamo al rinnovamento del nostro repertorio e ragioniamo sulla produzione di un video. In cantiere anche alcuni brani originali. Per quanto riguarda i progetti individuali Banana Dean continua a portare avanti il suo progetto cantautoriale con una nuova band (di cui fa parte anche John Banan, alla batteria e alla fisarmonica), mentre continua a lavorare, in ambito reggae, al progetto solista “Una bobber” (rivisitazioni acustiche di Bob Marley) Il Reverendo invece è fondatore e ideatore della Star Travellers Riddim’ Band (in cui hanno militato sia Papanuccio che John Banan), punta di diamante della Zion Yard Reggae School, un progetto legato a doppio filo alla Casa della Grancetta, che ha portato a Senigallia la straordinaria artista giamaicana Jennifer Barrett e non solo.
Quali le influenze musicali nazionali ed internazionali? Provenendo ciascuno di noi da generi musicali molto diversi, le nostre influenze sono tantissime. Tra la musica giamaicana è soprattutto il roots reggae la nostra principale fonte d’ispirazione: lo scambio di dischi tra noi banana è continuo.
Qualche aneddoto? Una volta a un concerto ci hanno richiesto “il pulcino pio”.
Prossimi concerti? Agenda piuttosto piena per i Banana Job! Cominciamo sabato 5 marzo siamo (seppure in versione ridotta) al TNT di Jesi, sabato 12 marzo al My Cafè di Orciano di Pesaro (PU) e, infine, sabato 19 marzo al Rewind di Recanati (AN).
Dove possiamo seguirvi? Sulla nostra pagina facebook! https://www.facebook.com/ Banana-Job-249174405209834/?fref=ts
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TUTT’ALTRO CHE MORBIDO a cura di Alessandro Morbidelli
In fuga da Milano, il rifugio trovato nelle campagne marchigiane e l’incontro con lui, il vecchio che bada ai cani, Natalino. Nuovo appuntamento con le avventure del Meticcio, giovane problematico e diffidente. Quarto episodio della serie breve in esclusiva per Why Marche. Fateci sapere cosa ne pensate a: a.morbidelli@whymarche.com. Non perdete nel prossimo numero la conclusione di questa storia.
Meticcio [4]
Doveva finire così. Era inevitabile. Bastava rendersi conto che pure la neve aveva avuto paura di questo freddo. Che l’umidità colpisce cento volte più forte, con il vento. E non ti accorgi che ti entra nelle ossa. Avete appena finito di pulire l’ultimo box, quello dove sta Lilla, una cagnetta vecchia come il mondo. Poi Natalino ti appoggia la mano guantata, sporca di terra e non solo, sulla spalla. Fai giusto in tempo a spostarti. Nemmeno a chiedergli perché l’abbia fatto. Non sto tanto be’... me sa che... Spetta, eh... ade’ me rpio... oh! Me dai ‘na ma’ a poggiamme lì sulla sedia, fa’ ‘l favore... Lo afferri per un braccio prima che si schianti a terra. Vomita acqua e bile. I cani iniziano ad abbaiare. Lo adagi come meglio puoi sulla vecchia sedia di plastica. Poi, con le mani che ti tremano, tiri fuori il cellulare dalla tasca e chiami il Pronto Intervento. L’attesa è lunga. O almeno così a te sembra. Quando un giovane con la faccia da topo lo carica sulla barella, mentre dall’altra parte un ragazzetto tutto naso è pronto a spingere il peso in avanti, Natalino ti fissa dritto negli occhi. Ce vieni te, doma’, vero? Non li lassà daperloro, dai...
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«Non ce li lascio da soli, non ti preoccupare, sempre a pensare a questi cani del cazzo... pensa a guarire, piuttosto!» E la risenti, dopo tanto tempo. Se ne era andata e non te ne eri accorto. Solo adesso scopri che quando sei fuggito da Milano per rintanarti nelle campagne marchigiane lei non ti ha seguito. Solo adesso scopri che nell’ultimo sforzo per caricare la barella lei ti ha ritrovato. La rabbia. «Fate piano, non è un sacco di cemento!» dici e il tuo è un ringhio. Anche Teo, il pastore tedesco che sta al primo box, la sente. Allora abbaia e latra. Tu ti giri verso di lui e gli urli contro un «Basta!» che lo ammutolisce. Ce viene dietro, lei, o sale con lui? Chi è, un parente? Lo portamo al Pronto Soccorso. Chiuso nell’ambulanza, senti la sirena urlare da fuori. A Natalino tremano le labbra. Stringi i pugni e vorresti un avversario. Un nemico, qualcuno o qualcosa da colpire. Alla fine te la prendi con lui: «Come si fa a essere così scemi, eh? Me lo dici? Se stavi poco bene perché sei venuto oggi, con questo freddo? Non mi rispondi?». Lui ti guarda da quelle fessure sottili che sono i suoi occhi. Adesso sembrano quasi chiusi. La sua bocca, invece, è quasi aperta. C’è Pa... Pallina... doma’ deve pià l’antibiodico... non te scordà... eh? Te ricordi? Non te scorda, eh? Devi passà all’asilo, dopo le due, oggi... Dije che te dassero gli avanzi... Arrivate al Pronto Soccorso. Scende la barella e scendi tu. Lo fanno entrare subito. Poi lo portano in reparto. Tu stai sempre qualche
passo indietro. Non vedi i volti di nessuno. Non senti le parole dei medici e degli infermieri. Stai solo a controllare che dalle fessure continui a uscire vita. Sotto forma di fiato. Sotto forma di luce. Non sai che ore sono. Non sai nemmeno in che città sia questo ospedale. Natalino non ha nessuno. E tu non vuoi essere qualcuno. Così a un certo punto te ne vai. Cammini per il viale, fino a un bar. Cerchi di orientarti, alla fine chiedi alla barista come poter tornare a casa. Te lo dice storcendo la bocca, perché puzzi. Hai ancora addosso i vestiti sporchi. Così l’autobus che ti indica non lo prendi, segui la strada a piedi. Quando arrivi è quasi notte. Entri in casa. Tuo nonno non c’è. Fai una doccia calda, bollente. Ti vesti. Le chiavi della Panda sono sopra al camino. Prendi l’auto e torni all’ospedale. Chiedi di Natalino. Ti chiedono se sei un parente. Tu ci pensi un po’ e alla fine dici “sì”. Lo trovi disteso sul letto, ha lo sguardo di un bambino impaurito. Oh, sei te... Me sei venudo a trova’... brao... brao ninì... grazie, eh... grazie... Ti siedi accanto al letto, senza dire una parola. Vi guardate a lungo. Poi Natalino inizia a raccontarti che quando era giovane aveva amato una contessa. O forse era una commessa. Non capisci bene. Ma è un preambolo breve, perché parlare d’amore, per lui, significa parlare di loro, dei cani. Allora ti racconta. Ti porta dentro la sua storia, ti lega a doppio nodo. E tu, che sei sempre stato in fuga, che dai posti hai sempre e solo voluto uscire fuori, ti trovi lì. E ti trovi bene. Nemmeno te ne accorgi, di averla persa di nuovo, la rabbia.
CONSIGLI DI LETTURA: Quello che consiglio oggi è un libricino molto particolare. Innanzitutto è pubblicato da Papero Editore, una delle realtà più particolari sulla scena editoriale italiana, ed è acquistabile in versione cartacea proprio al sito www.paperoeditore.it (la versione ebook è sui principali media store librari). “Sex & disabled people” è un testo teatrale che nasce dall’incontro tra Barbara Garlaschelli e Alessandra Sarchi. “Il tono scanzonato dell’una si completa con quello riflessivo dell’altra a comporre una partitura forte, capace di condurci per mano – una lezione dopo l’altra – in un vero e proprio corso condensato di erotismo su sedia a rotelle”, è estratto dalla quarta di copertina. Un inno all’amore e alla bellezza che non conosce i confini degli occhi. Lo spettacolo girerà teatri italiani e spagnoli. Insieme alle due imprescindibili autrici di queste particolari lezioni erotiche, la voce di Viviana Gabrini, la musica di Luca Garlaschelli e le annotazioni di regia di Luciana Littizzetto e di Leandro Agostini.
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SPIRITO
I 10 COLLEGHI DA CUI STARE ALLA LARGA
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di Andrea Cozzoni
1. L’ALLUPATO
Principalmente maschio, tra i 40 e i 60, non particolarmente avvenente. Inarrestabile secretore di bava se messo a contatto con la specie femminile che abita l’ufficio. Punta le nuove stagiste, le approccia con fare paternalistico e occhio languido, buttando qua e là battute di dubbio gusto e ruote di pavone. Se single o separato (una vera sciagura) offre astutamente caffè alla macchinetta, propone cene gourmet o aperitivi simpatici. Se fedelmente sposato si limita a sognare copule roventi nei bagni dell’ultimo piano.
2. IL COMICO
Ha la battuta fulminea e un ottimo spirito di osservazione. Ti chiama al telefono imitando la voce del capo, ti parla di scempiaggini irritanti per farti perdere tempo, cita film di serie B o comici TV di bassa lega. Di solito intrattiene un capannello di colleghi riproducendo alla perfezione il discorso dell’amministratore delegato durante la cena aziendale.
3. L’ARRIVISTA
Solitamente si presenta come timida stagista incapace di fare le fotocopie. Diventa nel giro di qualche mese abile stratega capace di abbattere tutti gli ostacoli, maschi e femmine, che si trovano in mezzo tra lei e l’ascesa vertiginosa verso il potere. Piazza parole velenose nelle orecchie del capo, indossa abiti succinti, partecipa a riunioni a cui non era stata invitata, si appropria di progetti altrui fino a che non ottiene quello che vuole: conquistare il mondo!
4. IL SIGNOR NO
Se ne sta tutto il giorno chiuso nel suo ufficio, un limbo aziendale difficile da raggiungere. Nessuno ha capito bene che lavoro faccia, ma la sua presenza sembra indispensabile. Sempre puntuale, tutti i giorni si siede alla sua scrivania e inizia a guardare l’enorme mistero che racchiude il suo monitor. Guai a chiedergli un favore, ti risponderà con il suo mantra preferito: “mi dispiace, ma oggi non ho tempo”.
5. LA SPIA RUSSA
Ogni volta che ti trovi a parlare con lui ti trovi catapultato in un romanzo di Grisham, complotti, spie e temibili inganni. Con fare circospetto ti mette in guardia da quelli del marketing o dell’ufficio vendite, che hanno relazioni intime con il responsabile del personale e gli spifferano tutto. Sa sempre in anticipo chi sta per essere licenziato e capisce dal tono della voce chi sta per ricevere una promozione. Vive l’ufficio come un continuo scambio di messaggi criptati, bisbigli infidi, sguardi complici e congiure imminenti. Meglio non capitarci in mezzo se vuoi mantenere un briciolo di sanità mentale.
6. LO YESMAN
Il Mr. Cratchit del nuovo millennio, sempre pronto a soddisfare le ire del suo Scrooge, anche quando ti chiede di lavorare il giorno di Natale. La sua risposa è sempre e solo si, pavido e accomodante seda gli umori del capo con il suo atteggiamento prono da scendiletto consumato. Manda in rovina anni di lotte sindacali prestandosi ai più biechi servilismi, lavora i giorni di festa, è reperibile 24su24, non chiede gli straordinari e ciò che è peggio lo fa con il sorriso sulle labbra.
7. L’ANARCOINSURREZIONALISTA
Blatera tutto il tempo di politica e scie chimiche, di redistribuzione del reddito e di politiche socioeconomiche lesive della dignità dell’uomo. Ti mette in guardia sulle proprietà cancerogene degli snack dei distributori e ti apre gli occhi di fronte ai falsi benefici di fare la differenziata in ufficio. “Siamo schiavi a contratto, lavoriamo cinque giorni a settimana per un padrone che ci spreme fino all’ultima goccia per avere uno stipendio che ci permetta di comprare cose per alleviare le pene di queste vite miserevoli! Siamo macchine infelici! Siamo già morti!”
8. L’ENTUSIASTA
Sprizza gioia e entusiasmo anche di lunedì mattina. Vive dei milioni di progetti che la sua mente creativa riesce a partorire e che ovviamente vuole condividere con te, anche in pausa pranzo, quando tu riesci solo a pensare alle patatine fritte della mensa. Il meglio di sè lo dà durante le riunioni, dove interviene, quasi sempre a sproposito, facendo lunghe digressioni su quella idea che nel ‘98 non ci aveva convinto ma che è giunta l’ora di ritirare fuori. Ovviamente quell’idea era sua.
9. LA FASHIONISTA
Lei entra la mattina alle otto in ufficio come se fosse alla fashionweeek di Miliano. Truccata, pettinata, logata, profumata. Tiene il suo laptop in borse di GUCCI e il laptop nel case di PRADA, indossa scarpe dal tacco vertiginoso che riecheggiano nei corridoi. Quando ti guarda con il suo sguardo altero, tenti di nascondere con gesti da mimo consumato i tuoi calzini non abbinati, l’ascella pezzata alle due del pomeriggio o la tua fronte lucida alle sei di sera.
10. IL SAPIENTONE
Sa sempre cosa dire e cosa fare, è un natural problem solver. Se gli dai retta il successo è assicurato e se non lo è, hai sbagliato tu qualche passaggio. Glisserà con nonchalance su un suo possibile errore e riuscirà a dare il demerito a te della non riuscita del progetto, piazzando un bel: “bisognava fare come dicevo io!”.
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SPIRITO
SAN FRANCESCO LO ACCAREZZAVA E LO TENEVA ACCANTO A SÉ, I CONTADINI LO TEMONO PERCHÉ UCCIDE IL BESTIAME, EPPURE IL LUPO È UNA PRESENZA COSTANTE SULLE MONTAGNE DELLA NOSTRA REGIONE. UN ANIMALE CHE È SEMPRE VISSUTO DA QUESTE PARTI E DOPO AVER SUPERATO IL PERIODO A RISCHIO DI ESTINZIONE NEGLI ANNI ’70, ADESSO STA LENTAMENTE TORNANDO A DOMINARE I BOSCHI MARCHIGIANI.
U
n po’ per la ripopolazione e un po’ perché il lupo si sta riconquistando il suo territorio. Alcune regioni italiane stanno discutendo di abbattere i bellissimi esemplari sul loro territorio, per contenere i danni alla pastorizia. Idem per i cinghiali, che devastano campi coltivati. Ecco la situazione nelle Marche, secondo gli ultimi dati diffusi dalla Forestale. 140-160 esemplari, distribuiti in 28 gruppi familiari: questa la stima sulla presenza di lupi nelle aree montane delle Marche nel triennio 2010-2012. L’ultimo avvistamento documentato si è registrato il 7 febbraio scorso, a Genga (Ancona), nel Parco regionale Gola della Rossa e di Frasassi. Nelle Marche il Parco nazionale di Monti Sibillini è l’areale dove il lupo appenninico è sempre stato presente, anche negli anni ‘70, quando la specie era a rischio di estinzione, ed è quello dove a partire dagli anni ‘80 la presenza del lupo si è incrementata naturalmente, senza reintroduzioni da altri territori. Oggi qui si stima una consistenza di 25-30 animali, in riduzione rispetto agli anni precedenti. Dal 2008 sono state trovate, sui Sibillini, 26 carcasse di lupi, deceduti per investimento, avvelenamento, abbattuti con armi o uccisi da lacci. Per alcuni le cause del decesso non sono chiare, altri sono morti in modo naturale. Purtroppo gli animali che popolano il bosco rischiano tutti i giorni di morire in seguito alle trappole dei bracconieri, ai fucili dei cacciatori e agli investimenti in auto. “La conoscenza è alla base di ogni intervento gestionale del lupo: vanno sfatati luoghi comuni e timori attraverso la formazione e l’informazione”. Lo ha affermato l’assessore all’Ambiente, Angelo Sciapichetti, nel corso della conferenza stampa, promossa dalla Regione, per presentare due iniziative sul monitoraggio dei lupi nelle Marche: la consegna di dieci “foto trappole” al Corpo forestale dello Stato per il rilevamento degli animali e un corso di formazione sui danni provocati dai predatori, rivolto ai veterinari dell’Asur e agli operatori dell’Istituto zooprofilattico Umbria-Marche. Il vice comandante regionale della Forestale, Fabrizio Mari,
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di Leila Ben Salah ha sottolineato l’importanza del foto trappolaggio: “Consente di monitorare la presenza del lupo sul territorio, anche fuori dai parchi”. Ha ribadito che il fenomeno del bracconaggio “è ancor oggi molto diffuso. Nel corso dell’anno, nella stazione della Forestale di Ussita (MC), entrerà in attività la prima unità cinofila antiveleno delle Marche». Stefano Gavaudan (Istituto zooprofilattico Umbria-Marche) ha parlato del lupo come di «una specie preziosa dal punto di vista biologico e storico. I casi di avvelenamento sono sempre più frequenti, impiegando l’istituto nel nuovo campo della medicina forense. Presso la sede di Tolentino (26 febbraio), il corso di formazione ha aiutato gli operatori a distinguere, secondo protocolli nazionali e comunitari, le predazione dei lupi da quelle di altri animali». Claudio Zabaglia (dirigente Rete ecologica della Regione Marche) ha parlato delle «tensioni sociali nella gestione del lupo. In realtà è l’apice della
piramide ecologica, la sua presenza è sinonimo di equilibrio ambientale. Il legame tra il lupo e l’uomo va oltre le problematiche della predazione: ad esempio, certe tattiche sportive si rifanno alle tecniche di caccia del lupo». Nel corso dell’incontro è stato anticipato che le sezioni del Lav (Lega antivivisezione) di Ancona e Fano hanno raccolto 500 firme per la salvaguardia del lupo che verranno portate all’attenzione della Regione Marche. Il lupo, l’abbiamo detto, qui c’è sempre vissuto. E’ un elemento faunistico tipico della fauna marchigiana fin da tempi antichi. Storicamente la specie è segnalata tra il 1929 e il 1940 lungo tutto l’Appennino umbro-marchigiano, mentre tra il 1940 e il 1960, sembra relegata in prevalenza nei settori più meridionali della regione (province di Macerata e di Ascoli Piceno), in particolare
nel territorio compreso tra Monte Cavallo e i Monti Sibillini. Tuttavia intorno agli anni ’50 si segnalava il lupo nell’Appennino pesarese tra M. Catria, M. Nerone e M. Fumaiolo. Negli anni ’70 la popolazione italiana è ritenuta ai minimi storici, con la presenza praticamente solo sui monti Sibillini. A nord, il lupo era ritenuto sostanzialmente estinto. Ma alcuni gruppi familiari sono evidentemente sopravvissuti. E ora l’indagine effettuata nel 2010-11 ha fornito un quadro regionale della situazione. Poi è arrivata la conferma che il lupo ha raggiunto il Monte Conero: un individuo, che vi staziona dal febbraio 2012, è stato fotografato e tipizzato dal punto di vista genetico. Il lupo dunque c’è e anche in zone che sembra meno adatte alla sua sopravvivenza. Ma niente paura. ll lupo non è considerato una specie pericolosa per noi e negli ultimi cento anni, in Italia, non sono stati registrati incidenti che coinvolgessero l’uomo. Certo non si possono escludere incidenti, ma in linea di massima se si rispetta e non si cerca di avvicinarlo, il lupo non è pericoloso. In caso di avvistamento, gli esperti consigliano di fermarsi a osservarlo, data la fortuna dell’incontro, ma da lontano. E poi di segnalare l’evento perché molto raro se il lupo nota un essere umano, solitamente è lui a lasciare la zona e di rado in modo avventato. Se invece l’incontro è sgradito, la cosa migliore è fare rumore.
Al di la dei sogni... Nei pensieri di ogni bambino e di ogni adulto l’ immagine suggestiva del Lupo non la scordi più... Anche se non lo hai mai visto.. Vederlo nel bosco o sentirlo nella notte della Montagna è un emozione che non avrà fine... Ed il suo sguardo ti entra nel pensiero indelebile tra i ricordi della Natura.. (Nelle grandi Emozioni della fotografia naturalistica il Lupo rappresenta un simbolo unico, ed ogni volta al suo cospetto ci si sente piccoli e indifesi... “Che la bellezza di questo Animale sia sempre più presente nei nostri luoghi del cuore”) Ph. Paolo Bolognini.
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SPIRITO
FEBBRAIO-MARZO 2016
Il proverbio: Fiume pacifico ha le sponde fiorite Un giorno accadde 8 febbraio 2006. A Los Angeles, allo Staples Center, Laura Pausini è la prima cantante italiana a vincere un Grammy Award, il massimo premio che gli Stati Uniti dedicano alla musica mondiale. L’artista italiana ha trionfato nella categoria “Miglior album Pop latino dell’anno” con Escucha, versione in lingua spagnola del suo pezzo Resta in ascolto.
Ho sognato… ... Una cascata – 51 – Una forza della natura e uno spettacolo meraviglioso. Di fronte ad una massa d’acqua che precipita dall’alto si resta impressionati, ma ci si sente anche rinvigoriti. Se in sogno ci appare una cascata vuol dire che è arrivato il momento di ritrovare i propri equilibri, di rinnovarsi cercando il meglio di sé nel proprio Io più autentico.
Barbanera buongustaio Meringata al Limone Tempo (min.): 75 Difficoltà: Facile Calorie per porzione: 345
INGREDIENTI (per 4 persone): 4 uova - 3 albumi - 1 tazza di mollica di pane sbriciolata - 50 g di zucchero - 50 g di burro - 1 limone - 3 cucchiai di latte - 50 g di uvetta 1 cucchiaio di brandy - 2 cucchiai di zucchero a velo. Sbattere le uova intere con lo zucchero, unirvi la mollica di pane bagnata nel latte, il burro, il succo di limone e l’uvetta già macerata per 15 minuti nel brandy. Versare il composto in uno stampo e infornare a 220°C per 25 minuti. Quindi distribuirvi sopra gli albumi montati a neve con lo zucchero a velo e la scorza grattugiata del limone e far dorare in forno a 230°C.
BUONE ECOPRATICHE
tra inverno e primavera
UNA CASA PROFUMATA
Sul lavabo si può tenere una scodella con i fondi del caffè. Servirà a sprigionare un buon profumo, neutralizzando eventuali odori cattivi. Ci si possono anche deodorare le mani se è stato pulito il pesce: basta strofinarle con i fondi. Per togliere invece il cattivo odore da lavelli, pentole e ripiani, si può usare l’aceto diluito, che è anche disinfettante, o si possono passare con mezzo limone già usato.
DOPO LE UOVA IL GHIACCIO
I contenitori di plastica delle uova si possono definire, niente affatto a caso, “multiuso”. Questo perché possono rivelarsi, ad esempio, la soluzione ideale per chi ha bisogno di nuovi contenitori per i cubetti di ghiaccio: basta infatti riempirli d’acqua e metterli nel congelatore. Chi invece vuole cimentarsi in imprese più impegnative, sappia che tali contenitori sono perfetti per insonorizzare le pareti: proprio quello che serve, se si ha l’hobby di suonare la batteria!
PESCANDO QUA E LÀ!
Il mare in una stanza Nelle terme che propongono la “stanza del sale”, quelle dove si può fare l’haloterapia – la terapia del sale –, si può avere il mare in una stanza! Durante le sedute che durano circa trenta minuti si ha così la possibilità di respirare un’aria salubre, come al mare, grazie a speciali generatori aerosol che esalano il sale naturale micronizzato. Un trattamento che riduce i problemi alle vie respiratorie ed elimina le tossine, ottimo anche per curare dermatiti, psoriasi e allergie.
L’oroscopo di Barbanera ARIETE Coglierete l’occasione giusta per trasformare le questioni che ormai vi stanno strette. Sapete di poter contare sull’appoggio prezioso di amici e parenti.
BILANCIA Nelle questioni di cuore vi state precludendo delle occasioni per paura di essere respinti? Dovreste avere più fiducia nel vostro charme, che è inossidabile!
TORO Concentratevi solo e soltanto su ciò che è importante in questo momento e rimandate serenamente a domani tutto quanto giudicate secondario. Fate una selezione.
SCORPIONE La diplomazia non è il vostro forte, ma arroccarvi sulle vostre posizioni equivarrebbe a procedere su un binario morto. Siate più elastici e disponibili.
GEMELLI Obblighi e doveri vi risultano duri da mandare giù, soprattutto quando vorreste per voi attimi di assoluta libertà senza freni e senza catene di alcun tipo.
SAGITTARIO Non riuscite ad accontentarvi dei risultati raggiunti e volete fare di più? D’altronde, se ne avete le possibilità, sarebbe poco lungimirante non provarci.
CANCRO Un po’ di tensione, in coppia, ma presto tornerà il sereno. Trovate il coraggio di pronunciare parole gentili, e anche il partner cambierà atteggiamento.
CAPRICORNO Grazie all’appoggio attento e amorevole di Plutone nel segno, farete nuove esperienze e riuscirete a sfruttare al massimo l’inventiva, che avete da vendere.
LEONE Incontri piacevoli con gli amici: vi accomuna la voglia di evasione e di divertimento per sciogliere tensioni e delusioni. Siate aperti anche al dialogo.
ACQUARIO Dialogando con calma e sincerità romperete il ghiaccio con una persona molto intrigante che ha colpito la vostra curiosità e vorreste tanto conquistare.
VERGINE La pazienza e la lungimiranza potrebbero essere le carte fortunate che, se giocate al momento opportuno, vi aiuteranno a vincere una difficile partita.
PESCI La vita di coppia appare un po’ sonnolenta? Se avete compreso ciò che non va, datevi da fare per mettere in atto cambiamenti capaci di riaccendere la passione.
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EVENTI
MARZO 2016
“Il prezzo”
con Umberto Orsino
Teatro Filippo Marchetti (PU) 10 Marzo 2016
Lotto Artemisia Guercin
Le stanze segrete di Vittorio Sgarbi
Osimo, Palazzo Campana (AN) dal 18 Marzo al 30 ottobre 2016
Woody Shaw Legacy with strings
Teatro Pergolesi - Jesi (AN) 23 Marzo 2016
Francesco nell’arte
Da Cimabue a Caravaggio Ascoli Piceno (AP) dal 12 Marzo al 30 giugno 2016
La storia di Luigino
Teatro del Piano Ancona (AN) 19-20 Marzo 2016
La Turba a Cantiano Cantiano (PU) 25 Marzo 2016
Signori… le paté de la maison! con Sabrina Ferilli Ascoli Piceno (AP) dal 15 al 16 Marzo 2016
Concerto alla Cattedrale Basilica di Sant’Emidio Ascoli Piceno (AP) 22 marzo 2016
Aldo Giovanni e Giacomo Adriatic Arena Pesaro (PU) 25 Marzo 2016
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2016
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