Why Marche n.32

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EDITORIALE

L’AUTUNNO MARCHIGIANO, UNICO! E’ l’autunno, il nostro autunno, quello marchigiano, il protagonista di questo numero di Why Marche. Quello vero direbbero in molti, sì, perché nella nostra regione la stagione autunnale è sentita più che in altre regioni, sarà per i colori giallo, rosso e marrone che dalle nostre parti assumono le tonalità più affascinanti, sarà per l’aspetto gastronomico legato a prodotti tipici del periodo: tartufi, funghi, castagne e….vernaccia. Assaporate con attenzione l’articolo di copertina, troverete alcune indicazioni utili per gustare le migliori prelibatezze autunnali della nostra regione. E a proposito di tour per le Marche questa volta abbiamo scomodato addirittura il grande poeta Dante Alighieri nella veste di guida alla scoperta della nostra bella regione. Attraverso la sua opera abbiamo affrontato un itinerario tra le località marchigiane citate nella Divina Commedia, una chicca che vi invito a leggere con attenzione. Un tour del passato che fa da contraltare con quello molto tecnologico che abbiamo effettuato a bordo della Nuova VW Tiguan R, con cui abbiamo visitato le province di Ancona, Macerata e Fermo. Con Rosetta Borchia e Olivia Nesci, inoltre, siamo andati a caccia di paesaggi che fanno da sfondo a capolavori di artisti come Leonardo, Piero della Francesca e Raffaello, identificandoli in luoghi precisi del Montefeltro, mentre la Professoressa Angerilli ci ha accompagnato all’Istituto d’Istruzione Superiore “Giuseppe Garibaldi” di Macerata, una vera scuola che forma imprenditori agricoli dove le aule di insegnamento sono stalle, campi, orti, uliveti, vigneti e frutteti. Infine un bell’articolo a firma di Luca Capponi sugli alberi monumentali della nostra regione. Sapete dove si trova l’albero più vecchio delle Marche e quanto misura? Andatelo a scoprire su questo numero, troverete anche un bell’itinerario per scovare tutti i record arborei della nostra regione e passare qualche ora tra i caldi colori dell’autunno marchigiano. Buona lettura a voi tutti.

GAUDENZIO TAVONI

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SOMMARIO P.32

A G O R A’

8 PERFETTAMENTE IDENTICI

ANIMA 27 LE MARCHE CON DANTE 30 COSA NASCONDONO BORROMEO ED EMIDIO 40 PANORAMI E CAPOLAVORI A CONFRONTO

Direttore Responsabile: Gaudenzio Tavoni REDAZIONE

MENTE

Editor Leila Ben Salah Silvia Brunori Stefania Cecconi Luca Capponi Ilaria Cofanelli Andrea Cozzoni Giuseppe Riccardo Festa Stefano Longhi Alessandro Morbidoni

44 A BORDO DELLA TIGUAN R 50 L’EXPORT ACADEMY 52 UNIVERSITA’ IN CONCERIA 54 COSÌ SI DIVENTA AGRICOLTI 56 ADICONSUM

Graphic Designer Isabella Gianelli Marketing & P.R. Raffaella Scortichini r.scortichini@whymarche.com

P.8

Concept: Theta Edizioni info@whymarche.com

PRIMO PIANO

32 MARCHE BUONE D’AUTUNNO

PERCHE’

58 ALBERI MONUMENTALI

www.thetaedizioni.it

P.44

edizioni info@thetaedizioni.it

Casa Editrice: Theta Edizioni Srl Registrazione Tribunale di Ancona n° 15/10 del 20 Agosto 2010 Sede Legale: Via Monti 24 60030 Santa Maria Nuova - Ancona www.thetaedizioni.it - info@thetaedizioni.it Tel. 0731082244

ROVINE SUGGESTIVE

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Stampa: Tecnostampa: Via Le Brecce - 60025 Loreto (AN)

SPIRITO 61 IN PISTA CON DOMINA 65 UN LAMPIONE 68 BENVENUTO AUTUNNO 70 I CONSIGLI DI BARBANERA

I PERCORSI DI WHY MARCHE

Abbonamenti: abbonamenti@whymarche.com Chiuso in redazione il 17 Ottobre 2016 COPYRIGHT THETA EDIZIONI TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI. NESSUNA PARTE DI QUESTO MENSILE PUO’ ESSERE RIPRODOTTA CON MEZZI GRAFICI, MECCANICI, ELETTRONICI O DIGITALI. OGNI VIOLAZIONE SARA’ PERSEGUITA A NORMA DI LEGGE. per qualsiasi informazione

info@whymarche.com


A G O R A’

I TWO TWINS DELLO SPETTACOLO VENGONO DA PORTO SAN GIORGIO Barba e capelli rossicci e lunghi, estro da vendere e voglia di sfondare nel mondo dello spettacolo. Fabrizio e Valerio Salvatori sono due gemelli di Porto San Giorgio perfettamente identici e del loro look e del dialetto marchigiano hanno fatto quasi un brand da esportare nel mondo della moda. Su Facebook si descrivono così: “Due ragazzi amanti dell’arte e di tutto ciò che li fa esprimere e mettere in gioco”. E infatti hanno fatto di tutto: modelli, testimonial, ragazzi immagine, comparse, musicisti e dj. Il loro nome d’arte è Two Twins. Ventuno anni, simpatia, look identico e passione per tutto ciò che è artistico. Si sono creati da soli, ci tengono a sottolinearlo. Dietro non c’è nessuna agenzia o manager che dica loro come vestirsi e come sfruttare al meglio la loro immagine. I Two Twins le scarpe se le sono fatti da soli. E ne vanno giustamente orgogliosi. Sono stati a Radio Deejay a portare la parlantina marchigiana alla trasmissione Deejay Chiama Italia. E Linus e Nicola Savino se ne sono letteralmente innamorati. Ma loro non si montano la testa e guardano avanti con passione e umiltà. Studiano economia, ma il futuro lo vedono nel mondo dello spettacolo. Come? Sempre insieme, legati nell’aspetto e nella vita. Perché l’uno senza l’altro non riesce a stare più di due o tre ore.

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TWO


di Leila Ben Salah

RAGAZZI COSA FATE NELLA VITA?

Fabrizio: “Siamo due persone molto creative, facciamo i fotomedelli, i modelli, i deejay. Siamo apparsi come comparse in alcuni film. In pratica, tutto quello che ci passa per la testa, non abbiamo un campo ben preciso. Possiamo dire che combattiamo diverse guerre sia nel mondo musicale, della moda e del-lo spettacolo. E lo facciamo da soli. Siamo autogestiti, nel senso che gestiamo da soli la nostra imma-gine e la nostra creatività. Non abbiamo nessuna agenzia dietro e questo ci fa molto onore. Ci siamo creati da soli”. Valerio: “Fin dall’inizio abbiamo fatto un po’ di tutto: suonato la chitarra, messo su dischi in discoteca, gli animatori. Non c’è un vero e proprio campo che ci appartiene. Ci piace spaziare a 360 gradi in mondi come la moda, l’arte, il teatro che si sposano bene tra loro”.

IL DIALETTO MARCHIGIANO È DIVENTATO UNA VOSTRA CARATTERISTICA …

Fabrizio: “E’ una cosa spontanea, non è stata studiata e si vede che è piaciuta”

INVECE LA SCELTA DEL LOOK DA DOVE DERIVA?

Valerio: “Avevamo iniziato a lavorare come fotomodelli a Bologna e come ragazzi immagini di un brand servivano capelli e barba un po’ lunghi. Ci è piaciuto e abbiamo deciso di lasciarli crescere. anche que-sta non è stata una cosa studiata a tavolino”. Fabrizio: “Esattamente, è un personaggio che è nato spontaneamente”

COSA STUDIATE?

Valerio: “Stiamo frequentando il terzo anno all’università di Pescara in Economia, mercati e sviluppo”.

E DOPO GLI STUDI?

Valerio: “Pensiamo comunque di abbracciare un po’ più con serietà il mondo dello spettacolo in generale, però intanto ci dobbiamo laureare. Questo mondo ci si è aperto mentre facevamo l’università. Alle volte le cose capitano quando uno meno se lo aspetta”

MA SIETE IDENTICI PROPRIO IN TUTTO?

TWINS

Valerio: “Fin da piccoli nostra madre ha sempre voluto che facessimo le cose insieme e che ci vestissi-mo uguale. Ha sempre voluto che frequentassimo lo stesso ambiente, la stessa classe, lo stesso sport e lo stesso gruppo di amici, ma come due personalità distinte”.

PURE LA STESSA RAGAZZA?

Fabrizio: “No, no, per quello ognuno ha le sue” Valerio: “Ma adesso siamo liberi!”

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A G O R A’

LITIGATE O ANDATE D’ACCORDO?

Fabrizio: “Siamo esseri umani e capita di litigare. Ma sapete il detto per cui l’unione fa la forza? Ecco, noi possiamo dire che l’abbiamo verificato in prima persona. Noi cerchiamo di andare avanti in tutti i settori insieme, anche all’università, prepariamo gli esami insieme, viviamo 24 ore su 24 insieme, è come avere il tuo migliore amico sempre con te”. Valerio: “Siamo fratelli ma anche migliori amici”.

MA UN PO’ DI PRIVACY NON NE SENTITE MAI IL BISOGNO?

Fabrizio: “No, ci bastano due o tre ore da soli e poi ci cerchiamo sempre. Siamo cresciuti in campagna e se non eravamo in due sai che noia! Ci inventavamo i giochi, siamo cresciuti con un pallone e i jeans rotti, senza playstation e telefoni,. Ci siamo fatti il telefono nuovo adesso perché ormai ne avevamo bisogno”. Valerio: “Ma fino al primo superiore andavano telefonando nelle cabine telefoniche. Ed è stato un grande insegnamento di vita”.

SIETE STATI OSPITI ANCHE A RADIO DEEJAY, È STATO UN TRAMPOLINO DI LANCIO? Fabrizio: “Per ora sì. Pensiamo che comunque se uno si impegna alla fine le soddisfazioni arrivano. Noi siamo andati a Milano con il nostro zainetto sulle spalle, siamo andati a sponsorizzarci, con i curriculum in mano

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bussando le porte agenzia per agenzia”. Valerio: “E siamo piaciuti, forse anche perché siamo noi stessi alla fine”.

ADESSO CONTINUATE A FARE SFILATE?

Valerio: “Anche shooting, serate in discoteca, …” Fabrizio: “Non ci siamo fermati, quella di Radio Deejay non è stata un’apparizione momentanea, ma un nuovo inizio. Ci ha reso consapevoli di quello che possiamo fare ed è stata una bellissima soddisfazione. Un po’ come ottenere un premio, ma ora continuammo ad esser noi stessi sempre con la semplicità di prima. La nostra regola numero uno è mai montarsi la testa, ci rimbocchiamo le maniche, consapevoli che siamo un po’ più conosciuti e che l’Italia ha iniziato a saperne ancora un po’ di più di noi”. Valerio: “Testa bassa e pedalare”.

A PROPOSITO DI SPORT, QUALE AVETE SCELTO?

Valerio: “Fino a 14 anni abbiamo giocato a pallavolo, poi ci hanno spinto a disamare la pallavolo. Noi eravamo ragazzini e pensavamo solo a giocare, ma poi sono comparse le prime idee di lucro e quindi siamo passati al calcio. Poi iniziata l’università ci siamo resi conto che il calcio non ci avrebbe portato da nessuna parte e abbiamo tirato fuori tutta la nostra creatività”. Fabrizio: “Un po’ come tutti i ragazzi che pensano di sfondare nello sport e poi quando crescono imparano a dare il giusto peso alle cose”.

PROGETTI PER IL FUTURO?

Valerio: “Prima di tutto finire l’università altrimenti babbo chiude i rubinetti! Poi pensiamo di intraprendere la strada più specifica nel modo dell’arte. Se le cose le ami, le devi coltivare e studiare”. Fabrizio: “Potete seguirci sulla pagina Facebook (www.facebook.com/FabrizioeValerioSalvatori/) e Instagram twotwins95 e lì troverete tutte le cose che andiamo facendo in giro per il mondo!”

UN ULTIMA DOMANDA: MA BARBA E CAPELLI SONO TINTI? Fabrizio: “Questo è un mistero!”

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ANIMA

O N I C S A F IL O C I N O MALINC

I T A N O D N A B B A I H G DEI LUO

PESARO

ANCONA

MACERATA FERMO

ASCOLI PICENO


I PERCORSI DI WHY MARCHE

Sono lì, fanno parte del paesaggio quotidiano, si stagliano lungo l’orizzonte e, di giorno in giorno, cambiano pelle, sempre più inglobati dalla natura circostante che si riappropria del suo spazio vitale. Stiamo parlando di ruderi abbandonati, ospedali, orfanotrofi, colonie, manicomi, ville, mulini, stazioni, conventi, cimiteri, luna park, centrali elettriche, fabbriche, chiese… un insieme di siti dismessi e lasciati al degrado e all’incuria più totale. Sono centinaia le rovine che si estendono nel territorio marchigiano, dislocate tra le diverse province della regione; relitti che testimoniano l’abbandono di uno sconfinato patrimonio storico e architettonico che andrebbe invece tutelato e rivalutato, magari con delle opere di restauro, per combattere l’incessante lavorio di cementificio che sempre più tende ad alterare il tanto decantato paesaggio naturale.

S

ono edifici che i cittadini conoscono bene, testimoni centenari delle epoche passate, al cui interno, tra polvere, vecchi materassi, scarpe abbandonate, perfino valigie aperte, libri e mobili che cadono a pezzi, una nuova vita ha preso piede, trasformando e integrandosi con l’ambiente che raccoglie come in una bolla la struttura dismessa. Così nascono nuovi colori, odori diversi si irradiano nella struttura, dando vita a qualcosa di completamente innovativo e particolare, qualcosa che contiene un fascino quasi malinconico, in cui è la componente naturale che detta i tempi di quello che possiamo definire “un restyling della rovina”. Nasce per raccontare questi luoghi dell’abbandono un progetto pensato e realizzato da Luca Blast Forlani insie-

me alla banda degli Intruders urban explorers che hanno fotografato e documentato oltre duecento siti dismessi nella nostra regione. Luoghi violati, danneggiati, spesso depredati, che Luca e la banda degli Intruders hanno visitato e riportato alla luce, per denunciare e rendere consapevoli quante più persone possibile lo stato ingiustificato di incuria e degrado cui questo immenso patrimonio artistico e culturale è lasciato. Why Marche in questo numero vi presenta alcune delle immagini che ritraggono i siti documentati da Luca e dagli Intruders disseminati tra Fermo, Ancona, Ascoli Piceno, Pesaro-Urbino e Macerata, senza però svelarvi l’indicazione geografica esatta ove sorgono, in linea con il credo degli Intruders, che vuole cercare di salvaguardare il più possibile da atti vandalici gli affascinanti e malinconici luoghi fantasma marchigiani.

di Photo di Luca Blast Forlani WHY MARCHE | 13


ANIMA

IL MANICOMIO TESTIMONE DEL TEMPO Sorge nel cuore del centro storico l’Ospedale Psichiatrico della provincia di Pesaro-Urbino ed è una delle mete più ambite per gli esploratori urbani europei: da tutta Europa accorrono per fotografare le rovine del manicomio marchigiano, una delle strutture più affascinanti d’Italia, che quasi ricorda l’architettura di un palazzo ducale.

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I PERCORSI DI WHY MARCHE

Costruito intorno alla metà del XIX secolo, l’edificio si snoda su oltre 15mila metri quadrati, è composto da cinque chiostri e comprende anche una chiesa, andata quasi completamente distrutta. Polvere e sporcizia regnano sovrane all’interno di quello che potrebbe a tutti gli effetti trasformarsi in un edificio teatro di eventi e performance, come in effetti qualche amministrazione comunale ha provato in passato a realizzare. Varcando ciò che resta delle soglie della struttura, si percepisce immediatamente una sensazione particolare: sui muri si intravedono ancora degli schizzi, degli scarabocchi e delle scritte lasciate dalle dita dei degenti. Vestiti, scope di saggina, perfino vecchi elettroshock ricordano le atmosfere cupe in cui i pazienti vivevano. Ciò che testimonia le angherie quasi raccapriccianti che i ricoverati subivano, anche di notte, è poi ben documentato all’interno di alcuni registri che ancora oggi sono conservati all’interno della struttura. L’occhio vaga poi sui bellissimi affreschi che decorano i soffitti della stanza centrale, sui corridoi interminabili ove si affacciano innumerevoli porte con impresso lo spioncino. Gli splendidi lampadari di cristallo che erano conservati nella chiesa sono purtroppo stati trafugati, così come altri oggetti sottratti furtivamente da vandali e teppisti.

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ANIMA

UN’INCANTEVOLE VILLA IMMERSA NEL VERDEE NEL BLU

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I PERCORSI DI WHY MARCHE La settecentesca villa signorile sorge in una località situata nella provincia di Ancona e si trova in stato di completo abbandono. Edere rampicanti si fanno strada lungo le pareti esterne del magnifico e suggestivo edificio che si snoda su tre piani. Oggetto di recente ristrutturazione, la villa è stata aperta al pubblico anni fa in occasione delle giornate FAI, purtroppo però nel tempo è stata lasciata sempre più in balia della natura e degli agenti atmosferici. La nobile villa apparteneva a una famiglia facoltosa della provincia e rappresenta anch’essa una meta di esplorazione fotografica molto ambita dagli amanti del genere, per gli scorci meravigliosi che sa offrire. Soffitti a volta, affreschi, colonne doriche, imponenti scalinate, corridoi smisurati, sotterranei rendono la villa settecentesca una delle più belle della regione.

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Accanto alla maestosa struttura si erge ancora una cappella privata con tanto di cripta, spazio in pietra in cui sono conservate le spoglie dei proprietari (l’ultima sepoltura risale alla fine degli anni Ottanta del Novecento). E poi stole, bibbie, candele, suppellettili dedicate alla pratica liturgica. Circondano la maestosa villa un immenso parco e un suggestivo laghetto. Nonostante la proprietà sia privata e malgrado la presenza di un custode che vive nei pressi della struttura, non sono mancati purtroppo trafughi di reperti, oggetti preziosi e altro materiale contenuto nella villa.

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ANIMA

LE ULTIME TRACCE DEL CASTELLO DIROCCATO Questo luogo ha un che di affascinante e surreale per la storia che porta in sé. Si pensa addirittura che i proprietari dell’immobile siano imparentati con Federico Barbarossa, dunque le tracce nobiliari della famiglia si tramandano dal XII secolo. La costruzione è immersa nell’entroterra di un paesino del maceratese e risale probabilmente al XVIII secolo.

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Ci sono voluti mesi per scovare il castello, nonostante le svariate segnalazioni arrivate agli Intruders. Fondamentale è stato l’aiuto dei paesani che hanno indirizzato gli esploratori nel luogo preciso ove sorge l’edificio diroccato. Circondata da un parco, ufficialmente la struttura sarebbe un palazzo, ma la sua conformazione architettonica la fa avvicinare di gran lunga alle fattezze tipiche di un castello. Luca e gli Intruders si sono intrufolati nell’edificio qualche giorno prima del terremoto di fine agosto che ha messo in ginocchio tanti paesi dell’entroterra marchigiano, comprese le zone adiacenti quelle che ospitano il castello abbandonato. Trattandosi di un vecchio palazzo diroccato, ricco di macerie e rovine, probabilmente non ha resistito agli urti


I PERCORSI DI WHY MARCHE scaturiti dalle scosse del potente terremoto e forse, ad oggi, non è rimasto più nulla. Queste immagini documentano quindi gli ultimi probabili istanti di vita dell’edificio, in cui gli Intruders hanno rinvenuto pochi mobili, qualche ritaglio di giornale risalente all’epoca del fascismo, botti di vino

conservate nella cantina. Scorci suggestivi per le fotografie sono rappresentati dall’originale doppia scala, a salire e a scendere (quest’ultima nascosta), che collega i piani dell’edificio e ai particolari affreschi che decorano le pareti dei soffitti.

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ANIMA

LA CONCERIA CHE DIVENNE CAMPO DI CONCENTRAMENTO L’ex conceria dismessa da oltre un decennio che sorge nella provincia di Fermo è un vero e proprio gioiello, oltre che testimone di tristi pagine di storia recente. Questa storica conceria, dall’inconfondibile ingresso ad arco, ha una gemella identica nel maceratese e si estende su un’area che copre oltre 20mila metri quadrati di terreno.

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La struttura è immensa e infatti al suo interno comprendeva un ospedale, una chiesa, perfino un cinema. Negli anni Quaranta del Novecento, precisamente dal 1942, la struttura venne adibita a campo di prigionia, arrivando a detenere oltre ottomila prigionieri di diverse nazionalità. Ancora oggi, infatti, i muri recano scritte e disegni lasciati impressi da coloro che erano detenuti, in attesa di essere trasferiti nei lager tedeschi. Spesso molti internati tentavano la fuga nelle campagne marchigiane circostanti, sperando di essere accolti e coperti dalle


I PERCORSI DI WHY MARCHE

FM

popolazioni rurali della zona. Fu infatti a lieto fine una di quelle avventure, che vide protagonista un aviatore inglese imprigionato sul finire del 1942: egli infatti riuscì a trovar rifugio presso un casolare di un abitante del luogo. A memoria dei prigionieri rinchiusi nel campo, all’ingresso della conceria è stato innalzato un altarino della commemorazione, su cui una volta l’anno vengono posati

dei fiori. Terminata la guerra, il campo venne smantellato e la conceria riprese la sua antica funzione. Oggi è completamente in disuso, sono rimasti alcuni macchinari per la produzione e vasche per la tintura delle pelli; tutto il ferro presente nella fabbrica è stato venduto in Cina. Ad oggi è comunque previsto un piano di riqualificazione della struttura da parte della provincia.

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ANIMA

LA SUGGESTIVA

VETRERIA

TRA TUNNEL E PASSAGGI SOTTERRANEI Questa vecchia vetreria situata in provincia di Ascoli Piceno è in stato di totale abbandono, anche se non da molto secondo gli esploratori che, in base alla quantità di vegetazione che ricopre la struttura dismessa e alla polvere depositata all’interno della struttura, riescono a farsi un quadro orientativo sul periodo di abbandono effettivo. Difficile introdursi all’interno dell’edificio, a causa dei tantissimi rovi che rendono insidioso l’ingresso.

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Luca e gli esploratori urbani hanno scovato quasi per sbaglio questa vecchia fabbrica abbandonata, erano infatti sulle tracce di un altro sito. L’idea che si tratti di una vetreria deriva dai macchinari e dagli oggetti rinvenuti all’interno: un altoforno e dei blocchi di vetro verdi, dalle dimensioni di un pallone da calcio. Anche esternamente gli Intruders


I PERCORSI DI WHY MARCHE

AP hanno notato delle vere e proprie tonnellate di pezzi e schegge di vetri rotti, che probabilmente venivano trasportati in altre fabbriche da degli automezzi per una successiva fase di recupero e riciclo. All’ingresso si entra in un capannone immenso, ma la vera e propria fabbrica si snoda nella parte sotterranea, tra tunnel e passaggi in cui un gioco di luci e ombre offre degli scorci originali

e particolari per le fotografie scattate dagli esploratori. Essendo la zona in cui sorge la fabbrica circondata da un pioppeto, i fiori degli alberi (i cosiddetti “piumini�) in primavera si infiltrano nella struttura, creando, insieme alla polvere, un vero e proprio tappeto sopra macchinari e pavimenti.

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FIERA DEL TARTUFO BIANCO NAZIONALE DI ACQUALAGNA COMUNE DI ACQUALAGNA

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30.31. OTT / 1.5.6.12.13. NOV 2016

Info: Ufficio Turistico Comune tel. 0721.796741 Provincia di Pesaro e Urbino MAIN SPONSOR

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ANIMA

Una guida d’eccezione,

DANTE ALIGHIERI Un itinerario attraverso le località marchigiane citate nella Divina Commedia Tra le “101 cose da fare nelle Marche almeno una volta nella vita” suggerite nell’omonimo libro, edito da Newton Compton, scritto da Chiara Giacobelli vi è quella di seguire un itinerario sulle tracce di Dante Alighieri. Infatti, sembrerebbe che il Sommo Poeta abbia visitato diversi luoghi della regione. Alcune località delle Marche, non solo vengono citate nella sua opera più celebre, ma sono descritte con una precisione tale da far pensare che egli ne abbia avuto conoscenza diretta e personale. Ma a quando risalirebbe questo tour in giro per le Marche intrapreso da Dante? Gli studi di Ludovica Cesaroni, che sono confluiti prima in una tesi di laurea e poi nel libro “Dante e le Marche. Quel paese che siede tra Romagna e quel di Carlo”, forniscono informazioni utili ed accurate che rispondono a questo interrogativo. Dante viaggiò molto durante la sua vita per tutta la penisola italiana, e sebbene le informazioni che egli fornisce sui suoi spostamenti, sopratutto relativamente ad alcuni anni della sua vita, siano frammentarie o assenti, si può pensare che il sommo poeta abbia iniziato a girovagare per le Marche nel periodo iniziale del suo esilio. Infatti, come scrive Ludovica Cesaroni “è importante notare che il destino di Dante sembra unito a questa regione da quello che fu l’evento più importante e che segnò irrimediabilmente la vita del Poeta: la sua condanna all’esilio in Romagna. Essa fu infatti decisa nella frazione di Castello della Pieve, che prende appunto il nome della sua Roccaforte, e oggi compresa nel territorio del Comune di Mercatello al Metauro, in provincia di Pesaro Urbino.”

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ANIMA

LE MARCHE, “QUEL PAESE CHE SIEDE TRA ROMAGNA E QUEL DI CARLO” La prima descrizione puntuale che il sommo poeta fornisce sulla regione Marche che occorre citare si trova nel V Canto del Purgatorio. Attraverso le parole di Jacopo del Cassero (Figlio di Uguccione e membro di una nobile famiglia di Fano), Dante delimita i confini della regione.

Jacopo del Cassero rivolgendosi a Dante e Virglio delinea il confine marchigiano: a nord la Romagna, a sud il regno di Carlo d’Angiò. Ma non solo, il confine meridionale delle Marche, questa volta naturale – il fiume Tronto e Verde (oggi Liri-Garigliano) - è descritto anche nell’VIII canto del Paradiso:

««Ond’io, che solo innanzi a li altri parlo, «e quel corno d’Ausonia che s’imborga

ti priego, se mai vedi quel paese che siede tra Romagna e quel di Carlo, che tu mi sie di tuoi prieghi cortese in Fano, sì che ben per me s’adori pur ch’i’ possa purgar le gravi offese.»

di Bari e di Gaeta e di Catona da ove Tronto e Verde in mare sgorga.»

GRADARA E L’AMORE DI PAOLO E FRANCESCA Gradara, comune della provincia di Pesaro Urbino, è situato nell’entroterra della riviera marchigiano-romagnola ed è soprattutto noto per il suo spettacolare Castello medievale. Quest’ultimo, secondo la leggenda, è stato la cornice suggestiva dell’amore passionale e sfortunato di Paolo Gianciotto Malatesta e Francesca da Polenta, che Dante racconta, attraverso le parole dei due amanti, nel Canto V dell’Inferno.

«Quando leggemmo il disiato riso esser basciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso, la bocca mi basciò tutto tremante. Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante.»

FIORENZUOLA DI FOCARA, IL BORGO VENTOSO Il caratteristico paese, castello edificato tra il X ed il XIII secolo, insieme a Casteldimezzo, Gradara e Granarola per la difesa e il controllo del territorio, sorge su un promontorio roccioso a strapiombo sul Mare Adriatico, ed è collocato all’interno del Parco regionale del Monte San Bartolo. Ai suoi piedi una spiaggia raggiungile percorrendo un ripido sentiero, che anche per questo, è ancora incontaminata dal turismo di massa. Dante, nel Canto XXVIII dell’Inferno, dimostra, attraverso i suoi versi, di avere una buona conoscenza della località marchigiana, evidenziandone una sua peculiare caratteristica, la sua ventosità.

«Poi farà sì ch’al vento di Focara, non farà lor mestier voto né preco» 28 | WHY MARCHE

DEFINITI I CONFINI È ORA INIZIARE A GIRARE PER LE MARCHE SULLE TRACCE DI DANTE!


di Stefania Cecconi

SENIGALLIA E URBISAGLIA, LE CITTÀ DECADENTI Senigallia, oggi una delle principali località turistichemarchigiane, nota per la sua spiaggia di velluto ed il SummerJamboree, ed Urbisaglia, antica città romana e borgo medievale della provincia di Macerata, sono nominate nel XVI Canto del Paradiso dove Dante, attraverso la parole di Cacciaguida, un suo avo descrive il decadimento di alcune città che in passato sono hanno vissuto in gloria.

IL MONASTERO DI FONTE AVELLANA E IL MONTE CATRIA Il monastero di Fonte Avellana si trova nel comune di Serra Sant’Abbondio, nella provincia di Pesaro e Urbino, alle pendici del Monte Catria. Le origini di questa Abbazia risalgono al 980, quando alcuni eremiti scelsero questo luogo silenzioso ed immerso in una natura rigogliosa per costruire un complesso dove spiritualità e bellezza architettonica si fondono perfettamente. Notevole impulso diede all’abbazia l’opera di san Pier Damiani, che qui divenne monaco nel 1035 e Priore dal 1043. Nel XXI Canto del Paradiso è proprio Pier Damiani, che svelando il dubbio sulla sua identità a Dante, descrive con precisione estrema il luogo in cui visse per lungo tempo come monaco contemplativo. Un luogo posto tra le due coste italiane, con montagne così alte che i tuoni cadono molto più bassi, e che formano una cima chiamata Catria, sotto la quale vi è un eremo.

«Se tu riguardi Luni e Orbisaglia come sono ite, e come se ne vanno di retro ad esse Chiusi e Sinigaglia, udir come le schiatte si disfanno non ti parrà nova cosa né forte, poscia che le cittadi termine hanno.»

«Tra ‘ due liti d’Italia surgon sassi, e non molto distanti a la tua patria, tanto che ‘ troni assai suonan più bassi, e fanno un gibbo che si chiama Catria, di sotto al quale è consecrato un ermo, che suole esser disposto a sola latria». Dopo aver letto questi versi, in cui l’ambiente che circonda l’eremo è descritto in modo così particolareggiato è lecito pensare che il Sommo Poeta possa aver effettivamente soggiornato in questo luogo, durante una pausa dal suo lungo errare per le Marche e per l’intera penisola.

Per approfondimenti Ludovica Cesaroni, Dante e le Marche. Quel paese che risiede tra Romagna e quel di Carlo, Affinità Elettive Edizioni, 2010 Chiara Giacobelli, 101 cose da fare nelle Marche almeno una volta nella vita, Newton Compton editori, 2011 WHY MARCHE | 29


SPIRITO

LO STRANO QUADRO DI SAN CARLO BORROMEO E SANT’EMIDIO “

Una volta escluso l’impossibile ciò che rimane, per quanto improbabile, non può essere che la verità.

Con questa frase Sir Arthur Conan Doyle spiega il metodo investigativo adottato dal personaggio da lui ideato: Sherlock Holmes. Applichiamola ad un caso passato inosservato sotto gli occhi di tutti. Se vi capiterà di visitare la Basilica di Loreto, entrando, sul lato destro, in uno degli altari minori, troverete un’opera che riproduce Ss. Emidio e Carlo Borromeo; si tratta di una pala d’altare in mosaico, copia anonima di un dipinto di Antonio Von Marron (17311808). Una tela analoga, forse l’originale, è conservato presso il museo Fortunato Duranti di Montefortino (FM).

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Guardate bene il quadro; non vi sembra che il cardinale Carlo Borromeo nasconda sotto le vesti un segreto, anzi qualcuno!? Le pieghe e i rivolti della veste porpora sembrano studiate appositamente dal pittore con l’intento di creare l’impressione che un uomo o una donna si nascondano sotto le vesti del cardinale. Ebbene proviamo ad applicare la massima dell’investigatore inglese: l’impossibile, ciò che dobbiamo scartare, è il fatto che il risultato visivo sia prodotto dal caso; mentre le giuste proporzioni e le giuste dimensioni, captate dall’occhio,


di Stefano Longhi

Braccio nascosto sotto le vesti; la mano che spunta sembra in comune con quella del Cardinale Borromeo.

Testa incappucciata appoggiata sul ginocchio del Cardinale.

Mano nascosta sotto il pizzo; la fronte è appoggiata sul ginocchio del Cardinale

Spalla

Gambe distese sul pavimento

Piedi

sembrerebbero creare volutamente l’immagine nascosta. Indaghiamo!!!! L’immagine mostra il particolare della figura nascosta con alcune indicazioni. Al centro della scena c’è una scritta che lo stesso cardinale sembra indicare con un gesto, la mano copre proprio la parte descrittiva della parola, ma molto probabilmente c’è scritto, a lettere gotiche nere, “humilitas”. Parola divenuta il motto di San Carlo Borromeo, per indicare l’atteggiamento con cui ci si deve avvicinare al cospetto di Dio. Ispezionando il quadro con attenzione si osserva, inoltre, che sopra la testa del cardinale, sul lato sinistro in prossimità della cornice aleggiano le figure di due innamorati in apparenti effusioni amorose. La figura femminile, in primo piano, sembra resistere con un gesto della mano alle lusinghe dell’altro personaggio, evidenziando così la tenacia impressa dal Cardinale nella pratica della virtù della castità e della verginità consacrata. Personaggio scomodo e discusso quello di San Carlo Borromeo; fu il primo santo dell’età moderna. Un santo di ferro che fu anzitutto uomo di potere e figlio del suo tempo, fermo nelle sue convinzioni e superstizioni. Alcuni lo ricordano, criticamente, per la sua attività d’inquisitore, altri lo rammentano per la sua attività intransigente di cardinale perfettamente allineato ed esecutore dei dettami stabiliti dal Concilio di Trento. L’altro soggetto della pala è Sant’ Emidio, protettore dai

terremoti, si rivolge al cielo in atteggiamento estatico, verso due figure angeliche che emergono da una nuvola scura. Un angelo schiacciato alle sue spalle sostiene con sforzo il bastone pastorale, mentre un’altro mostra le rovine di un tempio Pagano. La storia narra, infatti, che catturato dai pagani fu condotto in un tempio dedicato a Giove dove Emidio fece una solenne professione di fede, alla quale seguì un improvviso terremoto che spaventò i suoi carcerieri e probabilmente fece crollare il tempio. Fu eletto santo patrono di moltissime città, sempre dopo che i sismi si erano naturalmente verificati come ci rammenta la storia. Ebbene ancora una volta l’arte, forte della sua valenza simbolica, comunicativa e in parte ironica è capace di nascondere e rivelare; ci ricorda le contraddizioni, le luci e le ombre di questi uomini storici, prima ancora che Santi. All’osservatore, distratto dalle virtù dei due Santi, il pittore sembra voler rammentare che non tutto ciò che riluce è oro, sotto, sotto c’è sempre qualcosa di nascosto. La mia, naturalmente personale, deduzione è che il cardinale nasconda un amante (uomo o donna) sotto le sue vesti. L’eccesso di umiltà e di virtù sfocia sempre nell’opposto, come le cronache dei nostri giorni hanno rivelato a proposito dei costumi sessuali, a dir poco discutibili, di alcuni alti prelati. E, ironizzando, Sant’Emidio sembra più bravo a provocare i terremoti che ad evitarli.

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Frutti d’Autunno nelleMarche: tartufi, funghi, castagne e … Vernaccia

Quando le foglie cominciano a ingiallire e a imbrunire e piano piano si staccano dai rami degli alberi a causa delle sempre più potenti raffiche di vento, quando i primi freddi penetrano nelle case e le giornate si accorciano sempre di più, ecco che entriamo nel pieno della stagione autunnale. WHY MARCHE | 33


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E

se pensiamo che questa sia una stagione in cui la natura inizia a prepararsi per il grande letargo invernale, e dunque una stagione tiepida, quasi dormiente, ci sbagliamo: è proprio in autunno che la nostra terra ci offre tante prelibatezze, frutti gustosi e squisiti che possiamo degustare a tavola, magari durante una fredda serata nel caldo tepore della nostra casa. L’autunno è per antonomasia il trionfo della vendemmia: quando l’estate è agli sgoccioli si inizia a raccogliere grappoli d’uva che sarà poi trasformata in vini squisiti che ci

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invidiano in tutta Italia; tra ottobre e novembre è la volta delle olive, che diverranno olio pregiato e infine i weekend potranno essere dedicati alle passeggiate tra i boschi alla ricerca di funghi, tartufi e castagne. Tante sono le sagre e le feste dedicate a questi frutti autunnali che si svolgono da nord a sud e permettono di scoprire ulteriormente la nostra regione. Tra tutte emergono le storiche manifestazioni nazionali legate al pregiato tartufo bianco a Acqualagna e a Sant’Angelo in Vado; l’incantevole borgo Serrapetrona con “Appassimenti aperti” celebra il vitigno autoctono Vernaccia Nera; da Smerillo, a Montemonaco nel cuore dei Sibillini in uno scenario splendido, quasi magico, la protagonista è la castagna indiscussa occasione di convivio famigliare tra i castagneti secolari.

UNA PASSIONE PER FUNGHI E TARTUFI Hobby, passione, passeggiata all’aria aperta… come la si voglia chiamare, quella dell’andar a cercar funghi e tartufi attraverso il bosco è un’abitudine che ogni anno, con l’avvicendarsi dei mesi autunnali, coinvolge tanti marchigiani. Tartufi e funghi rappresentano una delle specialità gastronomiche per cui le Marche sono conosciute e apprezzate in tutta Italia: proprio la posizione geografica della regione, infatti, che è immersa nel verde dei monti, fa sì che questi due frutti autunnali possano ben svilupparsi. Spesso, nelle varie parti delle Marche vengono organizzate gite per la raccolta dei funghi, soprattutto nelle zone del Monte Nerone, Monte Acuto, Genga e del Parco della Gola della Rossa. Tante sono le specie commestibili: si va dai porcini, alle spugnole, dai funghi di San Giorgio, agli ovuli buoni e ai prataioli, dai nebbioli, alle gallette, alle morette e alle mazze di tamburo. Gustosissimi sono i piatti che vedono i funghi come ingrediente principale: dalle tagliatelle ai funghi porcini, alla polenta o alla pasta alla norcina. Tante le prelibatezze anche di carne che possono essere accompagnate ai funghi. Importante, però, quando si va per funghi,


seguire semplici ma fondamentali regole, per evitare di raccogliere delle tipologie altamente velenose: via libera a corsi di formazione e abilitazione alla raccolta di funghi, proposte da associazioni micologiche riconosciute, con un occhio di riguardo all’abbigliamento più consono (scarponcini e giacca a vento). Importante è poi raccogliere i funghi tutti interi e mai tagliarli con il coltello. E che dire, infine, del tartufo? Le Marche occupano un posto di primo piano nella sua produzione, in particolare per quanto riguarda il tartufo bianco pregiato, il tartufo nero pregiato e scorzone. Frutto preziosissimo conosciuto fin dai tempi antichi infatti ne facevano uso gli antichi Sumeri che lo mescolavano ad altri prodotti come orzo, lenticchie ceci e senape. Riscoperto dagli antichi Greci fu subito dopo adottato dalla cucina francese inglese e in ultimo araba. La zona del Pesarese è quella che offre sicuramente maggiori specie diverse di tartufi, ma anche i territori intorno Ancona, Macerata e Ascoli Piceno sono ricchi di questo frutto autunnale. Il periodo di raccolta del tartufo bianco si estende nell’arco di due mesi, ottobre e novembre, e proprio durante questo tempo a nord delle

Marche vengono organizzate numerose feste per celebrarlo. Il tartufo nero, diffuso soprattutto ad Acqualagna, Cagli, Acquasanta Terme, Roccafluvione, Comunanza, Montefortino, Camerino e Visso, viene raccolto tra metà novembre e metà marzo. Tante le ricette tipiche marchigiane con il tartufo protagonista incontrastato della pietanza: dalle tagliatelle al tartufo bianco, alla frittata al tartufo bianco, per citarne alcune.

LA RACCOLTA DELLE CASTAGNE UN FRUTTO DA TUTELARE Non si conoscono le esatte origini del castagno. Ritrovamenti di reperti fossili attestano che l‘albero dovrebbe derivare da un ceppo originatosi nel Terziario, circa 10 milioni di anni fa. La castagna, frutto del castagno, è simbolo tipico della nostra stagione autunnale. La sua raccolta è una tradizione ed è un’attività che coinvolge tutta la famiglia: dai più piccoli agli adulti. Le Marche, secondo alcuni dati Coldiretti del 2015, vantano la bellezza di 850 ettari di

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“Sto benone; ma ho bevuto, ho bevuto forse un po’ troppo. C’era una vernaccia! Ma, con una buona dormita, tutto se ne va. Ho un gran sonno... ”, esclama don Rodrigo...“Scherzi della Vernaccia”, risponderà poi il Griso al padrone in un capitolo del celebre romanzo di Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi.

castagneti in produzione, curati da 540 aziende. Sono soprattutto diffusi nell’Ascolano (92%), poco nelle altre restanti province marchigiane (4% nel Maceratese e 4% tra il Fermano, l’Anconetano e il Pesarese). Tre sono i tipi di castagna maggiormente presenti nella regione: marrone di Roccafluvione, marrone di Acquasanta Terme e marrone del Montefeltro. Nelle domeniche d’autunno non poche sono quelle famiglie che, armate di cestini, bastoni da passeggio, guanti da lavoro e scarponcini adatti si recano nei boschi per scovare questi frutti così nutrienti. La castagna, che cresce protetta nel riccio, quando il frutto è maturo cade a terra e per raccoglierlo basta aprire il riccio, facendo molta attenzione a non pungersi. Cotta al forno o sulla brace, o anche bollita, la castagna è squisita da degustare nelle fredde serate autunnali; con la sua farina, inoltre, possono essere preparate gustose pietanze e buoni dolci, primo tra tutti il castagnaccio. Quando si parla di castagne e castagneti, poi, non si può non ricordare il castagneto dell’Appennino Perduto, una zona che si estende tra i Monti della Laga e i Monti

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Sibillini. I castagni secolari della zona rappresentavano, per gli abitanti dei borghi che sorgono proprio lungo questi pendii, la principale fonte di reddito e tutt’oggi i castagni presenti nel territorio sono testimoni di quei tempi andati. E poi, oltre a Montemonaco, altre sono le zone deputate alla raccolta massiccia di castagne, basti pensare al territorio di Montefalcone Appennino, nel Fermano, o nella zona del Talamello (in provincia di Pesaro Urbino).

LA VERNACCIA DI SERRAPETRONA, LO SPUMANTE DI DON RODRIGO “Sto benone; ma ho bevuto, ho bevuto forse un po‘ troppo. C‘era una vernaccia! Ma, con una buona dormita, tutto se ne va. Ho un gran sonno... ”, esclama don Rodrigo, di ritorno da una festa, al suo servitore il Griso, in un capitolo del celebre romanzo di Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi. “Scherzi della Vernaccia”,


“Domine, Domine quare non Borgianasti regiones nostras” (Signore, Signore, perché non hai fatto le nostre terre come Borgiano?) storico Conti, ne “Storia di Camerino e dintorni” XV secolo .

risponderà poi il Griso al padrone. La Vernaccia di Serrapetrona, conosciuta già nell’Ottocento e perfino citata da uno dei maggiori autori di letteratura italiana del XIX secolo, è un vino unico nel suo genere, in quanto non esiste, in Italia, un altro vino rosso spumante DOCG. Sono tre le fermentazioni a cui è sottoposta la sua produzione: la prima in vendemmia, la seconda dopo l’appassimento naturale dell’uva scelta, infine la terza in autoclave, per la presa di spuma. Prodotto tipico per eccellenza, in quanto non può essere riprodotto altrove, la vinificazione della Vernaccia Nera di Serrapetrona risale al Quindicesimo secolo. Come nasce questo vino? Innanzitutto, le uve utilizzate per la sua produzione devono essere composte da vernaccia nera per almeno l‘85%; possono poi concorrere alla sua produzione anche uve provenienti da vitigni a bacca rossa, in misura comunque non superiore al 15% del totale. Solo 66 ettari vitati rappresentano la sua zona di produzione. Il sapore della Vernaccia è unico, come così i suoi colori, che spaziano dal rosso rubino al granato, per non parlare dei

profumi che emana. La storia di questo spumante è strettamente legata al borgo di Serrapetrona, il suggestivo paese medievale che sorge in provincia di Macerata. La produzione della Vernaccia Nera risale, come abbiamo sottolineato, al XV secolo, quando lo storico Conti, ne “Storia di Camerino e dintorni”, scrive che in pieno Medioevo un mercenario polacco, incuriosito e attirato dal buon gusto della Vernaccia prodotta nella zona, esclamasse: „Domine, Domine quare non Borgianasti regiones nostras“ (Signore, Signore, perché non hai fatto le nostre terre come Borgiano?). Borgiano, ricordiamo, è una frazione proprio del comune di Serrapetrona. Oltre a questo borgo, anche altre zone sono deputate alla produzione dello spumante rosso, dal comune di Belforte del Chienti fino a quello di San Severino Marche. Secca o dolce, la Vernaccia si accompagna bene a svariati piatti con dolci tradizionali e crostate di frutti di bosco e, in condizioni ideali di cantina, si può mantenere per almeno tre anni.

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Il Tartufo nel piatto una leccornia pregiata. Nero o bianco nelle Marche abbiamo la fortuna di trovare questo dono della natura in entrambi le specie. In cucina il tartufo nero va consumato in quantità, quello bianco in pratica è un aromatizzante, che trasmette ai cibi soprattutto un profumo, e va quindi impiegato in dosi minime. Il nero si consuma cotto, il bianco quasi esclusivamente crudo, affettandolo con l’apposito tagliatartufi direttamente sul piatto.

La polenta è quasi certamente il più antico cibo. Non tutti sanno che nelle nostre terre marchigiane un tempo la polenta era l’unico pasto sempre a disposizione della famiglia contadina: economica e di facile realizzazione, veniva preparata tutti i giorni e condita con miseri “sughetti”.

Polenta alla Marchigiana con funghi porcini

Frittata con tartufo Ingredienti:

tartufo q.b. uova (in base al numero di persone) olio extravergine di oliva sale e pepe

Preparazione

Pulire i tartufi spazzolandoli con una spazzola non troppo dura e lavarli con acqua corrente, grattugiarli finemente o farli a scaglie. Versare le uova in un tegamino unto con un cucchiaio d’olio, unire successivamente il tartufo e mescolare bene. Rovesciare la frittata e spegnere il fuoco facendola finire di cuocere coperta. La frittata deve restare molto morbida.

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Ingredienti per 4 persone Per la polenta:

Farina di mais preferibilmente sottile: 400 gr. Acqua: 800 ml. Sale grosso q.b.

Per il condimento funghi porcini: Porcini: 400 gr. foglie di Prezzemolo 1 spicchio d’aglio Peperoncino q.b. Sale q.b.

Preparazione

La polenta si inizia a lavorare con l’acqua fredda. Si mette la pentola sul fuoco e da subito, senza aspettare che si riscaldi l’acqua, si inizia a versare a pioggia la farina e si va girare con un mestolino o un cucchiaio di legno. Quando tutta la farina è stata versata si aggiunge il sale. Tempo cottura una ventina di minuti. Tagliate i funghi a pezzi. In una pentola capiente fate scaldare l’olio, aggiungete lo spicchio d’aglio schiacciato e lasciate soffriggere. Aggiungete il prezzemolo ed il peperoncino, fate scaldare ed unite anche i funghi. Rigirateli continuamente per evitare che si attacchino alla pentola. Decidete se lasciarli rosolare consumando tutta l’acqua dai funghi prodotta o se lasciarli più acquosi e il condimento così sarà pronto. A questo punto, anche la polenta sarà cotta, quindi rovesciatela su un tagliere di legno se avete preferito fare una polenta soda, oppure in un contenitore unto di olio se preferite una polenta cremosa. Servitela ricoperta da una generosa dose del condimento di funghi.


Il castagnaccio il dolce “povero” della stagione autunnale marchigiana. Come tanti altri piatti storici della tradizione italiana, le origini del castagnaccio sono legate alla necessità di dar da mangiare a tante bocche avendo a disposizione poche risorse. Quando scarseggiava la farina di frumento o quella di mais, era considerato una pietanza “sfamafamiglie”, infatti con “poca spesa e tanta resa”.

Ciambelle alla Vernaccia di Serrapetrona Ingredienti: 250 gr. farina 00, 115 gr. zucchero, 80 gr. burro, 80 gr. Vernaccia, un pizzico di lievito in polvere per dolci zucchero semolato q.b. per decorare

Il castagnaccio Ingredienti:

800 gr. di farina di castagne 3 cucchiai di olio extravergine di oliva 2 bicchieri di acqua fredda 30 gr. di uva passa ammollata e strizzata 1 pizzico di sale pinoli a piacere

Preparazione:

In una ciotola mescolate la farina con l’olio e l’acqua, aggiungete l’uva passa ed il pizzico di sale. Versate il composto morbido dentro ad una teglia già oliata, cospargete la superficie di pinoli, quindi passate in forno caldo a 200° lasciandolo cuocere. Servite il castagnaccio freddo, tagliato a losanghe. Se volete potete aggiungere a piacere alcuni aghetti di rosmarino, una leggenda racconta che hanno il potere di “far nascere l’amore” oltre a rilasciare un penetrante profumo.

Preparazione

In una ciotola unire la farina e lo zucchero. Aggiungere il burro a temperatura ambiente tagliato a pezzetti, la Vernaccia ed infine il lievito. Impastare tutto amalgamando bene, l’impasto nn deve risultare troppo morbido ( nel caso fosse troppo morbido aggiungere farina, se troppo asciutto aggiungere Vernaccia) Ottenuto l’impasto giusto formare dei filoncini tagliare a fettine dalle quali ricavare le ciambelline. Passare le ciambelline nello zucchero semolato ed assicurarsi che tutta la superficie superiore abbia ben aderito. Procedere con la sistemazione delle ciambelline sulla lastra del forno rivestita di carta forno. Cuocere in forno già caldo a 170°-180 ° per circa 20’. Aspettare che si raffreddino e sgranocchiare!

Ciambelle, dolce tipico della tradizione maceratese

Buono da sgranocchiare o inzuppare nella Vernaccia. Come ogni ricetta “povera” ciascuna famiglia ha la sua variante. Noi vi proponiamo la versione di base. WHY MARCHE | 39


ANIMA

CACCIATRICI DI

PAESAGGI Sono le marchigiane Rosetta Borchia, fotografa, e Olivia Nesci, docente di geografiafisica all’Università di Urbino. Insieme cercano i panorami che fanno da sfondo ai capolavori di Leonardo, Piero della Francesca e Raffaello identificandoli in luoghi precisi del Montefeltro e scoprendo altri inaspettati tasselli della misteriosa Gioconda

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di Silvia Brunori

Tutto il progetto nasce da un’intuizione di Rosetta che, dopo aver fatto vari scatti della valle del Metauro per un lavoro, selezionando e modificando le foto a computer, capì di aver fotografato la stessa collina che sta alle spalle del ritratto di Federico da Montefeltro nel Dittico dei duchi di Piero della Francesca. Per dare all’intuizione un rigore scientifico, ha coinvolto Olivia che dopo un’attenta ricerca storicomorfologica ha confermato l’ipotesi. Il paesaggio, nonostante i quasi cinquecento anni di separazione, sorprendentemente, non appare troppo cambiato; per questo motivo hanno deciso di proseguire la ricerca analizzando gli altri due dipinti che compongono il Dittico dei duchi: il Ritratto di Battista Sforza, moglie del duca, e i Trionfi. Dopo un anno e mezzo hanno scoperto che anche questi paesaggi non erano di fantasia e che Piero della Francesca aveva ritratto i duchi immersi nell’intero Ducato di Urbino così come tutti gli altri

soggetti dei capolavori dell’artista rinascimentale presi in esame. Mentre stava scattando foto panoramiche dai balconi in cui aveva lavorato Piero della Francesca, Rosetta notò tre elementi, due rupi, un fiume e un ponte e rimase senza fiato: la disposizione di quei tre elementi era esattamente la stessa del paesaggio alla destra della Gioconda. L’opera non aveva mai rappresentato un’ipotesi di lavoro perché, fino ad allora, sia il soggetto che l’artista erano collegati ad altri territori. Dopo questa prima intuizione, il lavoro per rintracciare gli altri elementi del paesaggio del capolavoro leonardesco è stato lungo e complesso. La ricerca infatti non si basa solo sull’osservazione empirica del territorio ma sulla comparazione dei rilievi, lo studio dell’evoluzione storica del paesaggio ricostruita con l’osservazione di altre opere d’arte e descrizioni in testi storici e si avvale della consulenza di archeologi e paleoclimatologi. Alla fine dei quattro anni di studio, le ricercatrici hanno capito di trovarsi di fronte a una compressione del Ducato di Urbino visto a volo di uccello verso sud, fino ad Ancona. Così, in appena, 50 x 77 cm l’artista è riuscito a raffigurare Sasso Simone e Simoncello (a sinistra, proprio sopra la balaustra), il fiume Marecchia con il ponte e le rupi di Pozzale, Penna e Billi (a destra), mentre le alture più in fondo sono le cime dei monti Strega, Catria e Nerone. Leonardo conosceva bene questo territorio perché nel 1502 fu assoldato da Cesare Borgia “il Valentino” come ingegnere militare e soprintendente alle opere fortificate, avendo così modo di scandagliare tutto il territorio della Romagna e dell’Urbinate.

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ANIMA Questo motivo tuttavia, nel 2009, quando iniziò la ricerca sullo sfondo della Gioconda, non era certamente sufficiente a spiegare perché Leonardo avrebbe dovuto collocare il ritratto della donna, che si riteneva fiorentina, tra i picchi marchigiani. Ma nel 2012 gli studi dello storico Roberto Zapperi, pubblicati in Monna Lisa Addio, che riconoscono nella fisionomia della Gioconda la nobildonna urbinate Pacifica Brandani, danno conferma alle intuizioni della fotografa e delle geomorfologa. La donna dal sorriso enigmatico era stata dipinta nei luoghi in cui era vissuta. A commissionare il dipinto del Louvre nel 1515 fu Giuliano de Medici probabilmente per consolare i pianti di Ippolito, il figlio illegittimo avuto dalla nobildonna mentre era in esilio a Urbino, dopo la morte della madre. Il lavoro delle due studiose prosegue con l’analisi dei panorami di altri artisti (Lotto, Raffaello, Vasari…) e i paesaggi delle opere che hanno individuato sono diventati itinerari turistici che si possono consultare e prenotare su www.montefeltroveduterinascimentali.eu. Grazie a loro sappiamo che gli sfondi di molti capolavori rinascimentali non erano frutto di immaginazione e creatività umana, ma sorprendentemente reali e vicini. Non paesaggi fantasiosi ma fantastici da ammirare nei nostri orizzonti.

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Esempi di corrispondenze

Dittico dei duchi (Piero delle Francesca, 1465, Uffizi, Firenze) Il paesaggio dietro il duca Federico corrisponde a una veduta a volo d’uccello dalla località Ca’ Mocetto sopra Urbania: vi si distinguono la piana del fiume Metauro, occupata allora dal lago artificiale che consentiva la navigazione fino all’antica Cateldurante (Urbania) e al palazzo Ducale. Poi si riconoscono il monte Fronzoso, la rupe di Peglio con la sua torre, i Sassi Simone e Simoncello e il Carpegna. Alle spalle della duchessa Battista Sforza si individuano la valle del fiume Marecchia, San Leo, Monte Canale, Pennabilli, Talamello e la rupe di Maioletto. Natività (Piero delle Francesca, 1475, National Gallery, Londra) Nella parte sinistra della Natività l’artista rinascimentale avrebbe raffigurato il Monte Montone con il paese di Villagrande (PU) e, a destra, Montecopiolo. Resurrezione (Piero delle Francesca, 1463, museo civico, Sansepolcro) e Battesimo di Cristo (Piero delle Francesca, 1445, National Gallery, Londra) Alle spalle di Cristo nella Resurrezione e nel Battesimo si intravvedono le stesse cime ma in modo speculare perché osservate da opposti versanti: monte La Croce e monte San Marco.



MENTE

LE “BELLE MARCHE”

A BORDO DELLA NUOVA TIGUAN R

Abbiamo effettuato un coast to coast con il SUV compatto Volkswagen, casa automobilistica rappresentata dalla ViaVai Spa. Ne è scaturito un interessante itinerario che, partito dalla concessionaria di Ancona, si è snodato tra Senigallia, Jesi, Tolentino, Torre di Palme e si è concluso presso la sede di Civitanova Marche.

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E’ stato un tour molto piacevole quello effettuato a bordo della nuova Volkswagen Tiguan tra le province di Ancona, Macerata e Fermo. Lo spunto è stato la recente presentazione del SUV di medie dimensioni della casa tedesca, che nei primi mesi di commercializzazione sta offrendo grandi soddisfazioni alla rete vendita italiana. E naturalmente, anche la ViaVai Spa, concessionaria Volkswagen per le province di Ancona, Macerata e Fermo, sta registrando un notevole consenso da parte di un pubblico sempre più attento ed esigente verso questa tipologia di vettura. Sulla scia del successo, non potevamo non testare le eccezionali caratteristiche della nuova Tiguan lungo un itinerario che ci ha portato da Ancona a Civitanova Marche, le


di Gaudenzio Tavoni

due sedi della concessionaria ViaVai, dopo aver toccato Senigallia, Jesi, Tolentino e Torre di Palme. La giornata di test è iniziata presso la nuova sede di Ancona dove abbiamo preso possesso della nuova Tiguan. La vettura messaci a disposizione è stata la 2.0 TDi da 190 cv, 4Motion con cambio automatico DSG nella versione R-line, ma la gamma è davvero completa con versioni benzina e diesel da 115 a 240 cavalli e con diversi varianti di allestimento (Style, Business ed Executive). Che dire, davvero bella al primo sguardo! La vettura, infatti, colpisce immediatamente per l’estetica grintosa, le linee moderne del frontale, i passaruota espressivi e

il posteriore scultoreo. Non ci perdiamo in chiacchiere e saliamo subito a bordo, dove ci accoglie un abitacolo davvero spazioso ed elegante, progettato per soddisfare le varie esigenze e offrire un comfort senza pari. Tutti i sedili, ad eccezione del lato conducente, sono abbattibili e il divano posteriore, suddiviso in modo asimmetrico, può essere regolato anche in direzione longitudinale. Inoltre, la consolle centrale orientata verso il conducente spicca per l’ergonomia e la moderna semplicità e consente l’utilizzo intuitivo delle molteplici funzioni. Subito ci accorgiamo delle eccezionali qualità del cambio automatico DSG e ce ne rendiamo conto

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MENTE

ancora meglio nel percorso misto extraurbano che ci conduce a Senigallia, prima tappa del nostro tour. Nel trasferimento percepiamo ben presto anche un assetto eccezionale della vettura che offre notevole vantaggio in termini di dinamica e rapidità di ingresso in curva. L’arrivo a Senigallia è alla Rotonda a Mare, non poteva essere diversamente.La sua storia ha origine nella seconda metà del XIX secolo, quando l’architetto Ghinelli progettò la struttura a poche centinaia di metri a nord della posizione attuale. Successivamente la struttura fu ampliata e trasformata in hotel, mentre nel 1932 si decise di spostarla dove ora è ubicata, iniziando ad essere famosa per le serate a base musicale. Durante la seconda guerra mondiale la struttura fu utilizzata come magazzino militare, ma negli anni cinquanta e sessanta ritornò al centro della mondanità richiamando numerosi artisti della musica leggera italiana, tra cui Fred Bongusto, che fu ispirato per la composizione della celebre canzone “Una rotonda sul mare”. Il successo, tuttavia, calò con il tempo e la struttura venne chiusa alla fine degli anni ottanta fino all’estate del 2006, quando i lavori di ristrutturazione finanziati dal comune e dall’Unione Europea giunsero al termine. A malincuore lasciamo la Rotonda a Mare e risaliamo a bordo della nuova Tiguan; a Senigallia è prevista una seconda tappa: la Rocca Roveresca. Visitarla è come sfogliare le pagine di un libro di storia che rivela le vicende di questa terra di mare di cui era anticamente baluardo. L’opera di costruzione della fortificazione cittadina fu affidata agli architetti Laurana e Pontelli, ma il complesso architettonico attuale è il risultato di interventi di riforma e ampliamento succedutisi nel corso dei secoli, tra cui la prima torre difensiva risalente all’epoca romana sulla quale

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furono costruite la torre costiera medievale, la prima rocca voluta dal cardinale Egidio Albornoz, fino alla realizzazione della Rocca Malatestiana e della Rocca Roveresca nel XV secolo. Vorremmo rimanere a lungo nella splendida Senigallia, ma Jesi ci aspetta per una nuova pagina di storia.Tra le tante sorprese che le Marche possono riservare ad un turista non troppo frettoloso, infatti, la città di Federico II è senz’altro tra queste. Molto bella e ben conservata è la cinta muraria


dove spiccano il torrione Rotondo, alcuni fortini, diverse logge, un paio diporte (Valle e Cicerchia) e il monumento a Federico II, nato a Jesi nel 1194. Ed è proprio davanti alla statua che ricorda l’imperatore appartenente alla famiglia nobile degli Hohenstaufen che parcheggiamo la nostra Tiguan. La manovra non è agevole ma la precisione di sterzata è massima grazie all’innovativo sterzo progressivo e al rapporto di demoltiplicazione che garantisce maggiore agilità e precisione della vettura. Jesi è conosciuta soprattutto per la nascita di Federico II, dove sua madre, l’imperatrice Costanza, dovette fermarsi durante un viaggio dalla Germania a Palermo. Nonostante le ambiguità, l’imperatore svevo si può comunque considerare tra gli statisti più geniali e moderni del Medioevo e la sua figura continua ad esercitare oggi un fascino straordinario. Come quello

che emana la nostra Tiguan, con il suo stile avveniristico, sottolineato dal design pulito e definito dei fari anteriori e dei gruppi ottici posteriori con tecnologia LED. Da Jesi ci trasferiamo verso la provincia di Macerata, dirigendoci verso Tolentino. La nostra meta è il Castello della Rancia che raggiungiamo in tranquillità servendoci di tutta la tecnologia e dei sistemi di assistenza alla guida intelligenti di cui la vettura è dotata. Proviamo a premere il tasto del 4MOTION Active Control, di serie sul modello a nostra disposizione, e la vettura si adatta subito a quattro stili di guida: Eco per ridurre i consumi, Normal per una guida il meno stressante possibile, Comfort per ridurre le vibrazioni e Sport per gli spiriti più dinamici. Inoltre ogni stile di guida è associabile ad un diverso tipo di terreno, tra cui quello offroad, che testiamo positivamente.

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MENTE

La vettura ci entusiasma, ma il Castello della Rancia ci attende in tutta la sua maestosità. Costruito come fattoria fortificata nella metà dell’XI secolo, era inizialmente una sorta di casa-torre con strutture autonome per la difesa delle derrate agricole. Il maniero venne ampliato e adattato nel XIV secolo ed utilizzato come dimora signorile, ma nel 1581 con la gestione dei Gesuiti ritorna ad essere casa colonica e deposito alimentare. Nel corso dei secoli vihanno sostato personaggi illustri, tra cui Papa Pio VI, il cui passaggio al castello venne celebrata con la costruzione di un arco trionfale situato a pochi metri dal castello e che ancora oggi è visibile lungo la Strada Statale 77. Lasciamo Tolentino e la provincia di Macerata per entrare in quella di Fermo, con direzione Torre di Palme. La nostra Tiguan continua a sorprenderci anche per le sue dotazioni tecnologiche, tra cui l’innovativo Active Info Display che sostituisce la strumentazione analogica. Con uno schermo digitale ad alta definizione a colori da oltre 12 pollici, abbiamo tutto sotto controllo ad alta risoluzione, non solo i contenuti classici come contagiri, tachimetro e contachilometri, ma anche tante informazioni utili per la guida. Nella modalità navigazione, ad esempio, tachimetro e contagiri compaiono ai lati, in modo da lasciare più spazio alla mappa, mentre le funzioni di assistenza possono essere comodamente integrate nelle superfici grafiche del tachimetro. Sul display, inoltre, possono essere inoltre visualizzati i dati del sistema infotainment e con Car-Net App-Connect riusciamo ad utilizzare tutte le App compatibili MirrorLink™ presenti sul nostro smartphone anche durante la marcia, in tutta semplicità, sicurezza e comodità. Per esempio, durante il nostro test tramite My Guide abbiamo visualizzato le nostre prossime destinazioni, tenendo conto di meteo, orario e posizione. Oppure, con Shared Audio, abbiamo creato una lista di riproduzione musicale condivisa, che i nostri passeggeri hanno potuto completare aggiungendo i loro brani preferiti. 48 | WHY MARCHE


Photo di Andrea Tessadori

Con CarPlay™ di Apple, inoltre, telefono, messaggi, musica e App selezionate dell’iPhone si sono resi subito a nostra disposizione: è bastato premere l’apposito tasto. Il sistema è compatibile anche con Android Auto™ per utilizzare in tutta sicurezza determinate App dello smartphone con sistema operativo Android (come Google Play Music o Spotify). Da Tolentino entriamo nella provincia di Fermo e raggiungiamo Torre di Palme, il suggestivo borgo che si staglia come un balcone panoramico sulla cima del colle in posizione dominante sul mare Adriatico. L’abitato sorse nel Medio Evo come protezione fortificata dell’antico scalo marittimo della città romana di Palma allo scopo di difenderlo dalle frequenti incursioni dei pirati. Fiero castello medievale munito di un saldo sistema difensivo, Torre di Palme deve al movimento religioso agostiniano la costruzione di gran parte del nucleo più antico. Orgoglioso della propria indipendenza, il paese entrò spesso in contrasto con il comune di Fermo e perse la sua autonomia nel 1861 quando divenne frazione di Porto San Giorgio, per passare poi definitivamente, dal 1878, sotto l’amministrazione di Fermo. La visita del borgo può avere inizio dalla Chiesetta di San Giovanni risalente al Mille, a seguire il Palazzo Priorale e la Chiesa di Sant’Agostino con annesso convento. Proseguendo lungo il corso si raggiunge la Chiesa di Santa Maria a Mare, costruita nel XII secolo e in seguito modificata, e il romanico Oratorio di San Rocco del XII secolo.La via principale termina nel piazzale Belvedere dal quale si ha una meravigliosa vista sulla costa e sul mare, ed è qui che parcheggiamo la nostra Tiguan, subito ammirata da un gruppo di turisti in vacanza. Il nostro tour sta ormai volgendo al termine, la sede di Civitanova Marche della ViaVai S.p.A. ci aspetta, ma non prima di aver testato la fluidità del nostro propulsore di 2.000 cc. TDI. Un equilibrio perfetto tra potenza ed efficienza, grazie allaBlueMotion Technology EU6 di ultima generazione. I propulsori Diesel TDI sono dotati di iniezione diretta common rail e sviluppano così una coppia massima elevata, a fronte di ridotti consumi e un

livello di rumorosità molto basso. Oltre al motore da 190 cv della nostra vettura, la gamma diesel dispone di altre due cavallerie per la motorizzazione 2.0 cc (150 e 240 CV) a cui si aggiunge il 115 cavalli della motorizzazione 1.600, mentre sono tre le motorizzazioni a benzina TSI (125, 150 e 180 CV), la cui combinazione di sovralimentazione turbo, piccola cilindrata e iniezione diretta assicura un rapporto eccezionale tra potenza e consumi. L’arrivo alla sede ViaVai di Civitanova Marche viene accolto dai clienti in procinto di acquistare la vettura, ed è inevitabile da parte loro la richiesta di un nostro giudizio. Che dire, il favore della nostra risposta è forse scontato, ma questa volta più che in altre occasioni il nostro test ha rivelato un’esperienza di guida nuova, rilassata e piacevole. Forse, anche per la diretta di Facebook con video e foto che abbiamo realizzato nel corso dell’intera giornata e che ha portato all’attenzione degli iscritti al profilo ViaVai gli splendidi scorci della nostra regione, ancora più belli perché ammirati a bordo della nuova Tiguan R.

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AL VIA L’EXPORT ACADEMY AD ANCONA La formazione e la specializzazione a portata di PMI

E’ chiaro sia al mondo imprenditoriale sia a quello istituzionale: il processo di internazionalizzazione delle imprese presenta opportunità e anche difficoltà. In particolare, richiede una dotazione di risorse materiali e immateriali di cui le PMI sono spesso carenti. Tra i maggiori ostacoli incontrati dalle imprese si ritrovano la dimensione aziendale stessa e le limitate risorse da investire nei processi di internazionalizzazione. In particolare un’inadeguata dotazione di capitale umano che in alcuni casi non ha sufficienti figure specializzate. Affinché le PMI possano affrontare le sfide dei mercati internazionali e coglierne le opportunità di crescita è essenziale che si dotino di conoscenze e competenze adeguate a diversi livelli, a partire da quello manageriale, che spesso nelle micro e piccole imprese coincide con l’imprenditore stesso. Quindi la “formazione” diventa una parola d’ordine per le imprese: è lo strumento che le sostiene nei processi di internazionalizzazione, contribuisce a sviluppare le competenze dei soggetti decisori e a sostenerle nella pianificazione strategica verso l’estero che richiede dinamicità e innovazione. Marchet l’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Ancona per l’internazionalizzazione delle imprese da più di 10 anni, ben prevedendo e interpretando le necessità delle imprese con l’evolversi dei mercati, ha attivato progetti formativi con cadenza annuale a portata delle PMI per fronteggiare il loro fabbisogno di competenze nel campo dell’internazionalizzazione.

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“La formazione – per Massimiliano Santini, Presidente di Marchet diversamente da altre modalità di acquisizione di competenze attraverso forme di esternalizzazione, consente di costituire un know how che rimane patrimonio dell’organizzazione, oltre che delle persone che ne fanno parte. E’ però fondamentale che i percorsi siano personalizzati, progettati sulle esigenze delle imprese, calibrati sull’organizzazione aziendale”.


Dalle parole ai fatti. Da pochi giorni sono aperte le iscrizioni per il percorso gratuito di alta formazione Export Academy che si svolgerà ad Ancona, a partire dal mese di novembre. Destinatari? Le imprese, i consorzi e le reti d’imprese manifatturiere con sedi produttive nel Centro Italia. E’ la seconda edizione del progetto che ICE–Agenzia organizza in collaborazione con Camera di Commercio Ancona tramite la sua Azienda Speciale Marchet. Per Gordana Gnesutta, direttore di Marchet “Supportandole nella strategia, nella pianificazione e offrendo opportunità di conoscenza diretta di partner, vogliamo far germogliare il seme dell’internazionalizzazione in quelle imprese che hanno nel proprio DNA l’approccio ai mercati esteri, ma che fino ad ora non avevano gli strumenti fondamentali per

avventurarvisi. Le prospettive delineate dalla riforma delle Camere di Commercio convalidano la strategia di Marchet che ha sempre sostenuto come la formazione sia un must per chi vuole aumentare la propria competitività”. I corsi di Marchet sono strutturati in modo che le conoscenze e soprattutto le competenze siano da subito applicabili nei rispettivi ambiti lavorativi, con il conseguente efficientamento del proprio ufficio estero e per una presenza più incisiva nei mercati di riferimento. Questo tipo di formazione, multi-aziendale, diventa anche occasione di scambio di esperienze e buone pratiche tra i partecipanti, oltre che una chance per ampliare le propria rete di conoscenze, anche al fine di sviluppare eventuali partenariati che possono favorire gli stessi processi di internazionalizzazione.

Percorso formativo CENTRO ITALIA articolato in due corsi alternativi, simili per durata, contenuti e obiettivi: - un Corso riservato alle imprese con una presenza meno consolidata sui mercati esteri; - un Corso rivolto alle imprese esportatrici abituali. Ciascun corso è composto da 4 moduli tematici per un totale di 80 ore. Le lezioni sono programmate in modalità executive nelle giornate di venerdì (dalle 09:00 alle 17:00) e sabato (dalle 09:30 alle 12:30), con incontri cadenzati ogni due settimane. Il bando è scaricabile al sito www.exportacademy.ice.it

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L’UNIVERSITA’ ENTRA IN CONCERIA UNICAM: INAUGURATO IL PRIMO LABORATORIO UNIVERSITARIO IN ITALIA ALL’INTERNO DI UNA CONCERIA

L’Università entra in Conceria. Per la prima volta in Italia un centro di ricerca e sviluppo di taglio universitario viene allestito all’interno di un’azienda conciaria. Accade a Tolentino, dove la storica Conceria del Chienti ha inaugurato nel pomeriggio di mercoledì 12 ottobre, nel corso di un evento denominato non a caso “Under the skin”, il Laboratorio R&D Pellami nato dalla sinergia con l’Università di Camerino. In questo modo, gli studenti potranno studiare e formarsi direttamente in Conceria mentre l’azienda dal canto suo potrà sviluppare percorsi di ricerca scientifici finalizzati all’ottenimento di pelli metal free ed eco attente. “Questa iniziativa – ha dichiarato entusiasta il Rettore Unicam Flavio Corradini – incontra l’obiettivo della Smart Specialization che ci chiede l’Europa per essere competitivi a livello mondiale. Abbiamo lavorato molto a questo progetto, che è un originale esempio di sinergia pubblico-privata perché per la prima volta è l’Università che entra in azienda e non il contrario. Sono felicissimo di essere qui per inaugurare questo Laboratorio che concretizza il legame tra l’Ateneo e un’azienda come la CTC, che è un’eccellenza ed aperta all’internazionalizzazione come la nostra università”. “Con questo laboratorio abbiamo voluto dare un servizio ulteriore ai nostri clienti e anche all’ambiente - ha dichiarato Marco Luppa, Ad della JH Conceria del Chienti - in un contesto in cui sempre più i clienti chiedono prodotti personalizzati e customizzati, noi vogliamo essere all’altezza della richiesta e diventare loro partner prima ancora che fornitori, nella convinzione che la standardizzazione porta solo appiattimento, mentre è la condivisione delle competenze che porta risultati straordinari”. Verranno presto attivati anche dei master universitari in Conceria - attualmente è prevista la partecipazione di 16 studenti - a rafforzare ancora di più quella sinergia tra università, impresa e territorio che sempre più rappresenta l’unica chiave per rinnovarsi e superare le sfide del mercato globalizzato. La Conceria del Chienti, acquisita due anni fa dal colosso cinese Jihua Group, oggi è sempre più proiettata verso obiettivi ambiziosi di sviluppo e di assoluto prestigio nel contesto del fashion mondiale.

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UNA SCUOLA CHE FORMA L

’Istituto d’Istruzione Superiore “Giuseppe Garibaldi” ha una peculiarità che gli altri istituti scolastici, a Macerata, non possiedono: è scuola ma anche azienda. La Dirigente scolastica, professoressa Maria Antonella Angerilli, accoglie con cortesia e simpatia la nostra richiesta di visitare l’una e l’altra. La sua attività professionale, prima del passaggio alla dirigenza, l’ha vista docente di Biologia, Chimica e Geografia nei licei scientifici. Materie di natura tecnica, certamente, ma pur incastonate in un contesto formativo ben diverso, almeno apparentemente, da quello al quale è approdata venendo a dirigere il Giuseppe Garibaldi. In realtà, ci tiene lei stessa a sottolineare come l’evoluzione della società e del mondo del lavoro abbia imposto, anche negli istituti tecnici, un ripensamento del bagaglio formativo degli studenti: ai quali, come nei più blasonati licei, si chiede di prepararsi ad essere non più semplici utilizzatori di metodi e strumenti, ma di partecipare in modo attivo, critico e pensante alla realizzazione dei processi nei quali dovranno inserirsi. Ciò che è possibile solo possedendo una cultura più ampia che non un mera formazione tecnica. Ed è forse per confermare che l’agricoltura di oggi non è più quella, empirica e meramente tecnica del passato, che la professoressa Angerilli ci affida al docente di zootecnica e responsabile dell’azienda agraria, il professor Sergio Benedetti, il quale, durante il giro delle installazioni della scuola, ci racconta di provenire dagli studi classici. Il professor Benedetti è una prova vivente di quanto sia mutata, rispetto al passato, la figura dello specialista di attività agrarie. La sua impeccabile competenza, oltre che nel settore educativo di sua stretta competenza, la zootecnia, si estende anche alle altre attività che l’azienda dell’Istituto svolge. Attività che hanno il duplice scopo di consentire ai ragazzi di esercitarsi – è il caso di dirlo – sul campo, e di utilizzare nel migliore dei modi possibili i 64 ettari sui quali l’azienda stessa si estende: i prodotti – olio d’oliva extravergine, eccellenti vini DOC, frumento e altri cereali – sono di altissima qualità e consentono all’Istituto di

autofinanziarsi, caso unico nell’intera provincia e rarissimo nella Regione. È molto orgoglioso, il professor Benedetti, di mostrarci le stalle e i paddock dove le vacche vivono senza costrizioni e serene di accompagnarci nei campi coltivati a grano, farro, orzo, sorgo, fieni; e di guidarci nell’orto, gli uliveti, il vigneto e i frutteti. Di ognuna di queste ripartizioni dei terreni egli ci illustra le peculiarità (natura del terreno, esposizione, problemi di irrigazione), i progetti in corso e quelli in fieri. È particolarmente orgoglioso, anche, delle certificazioni che l’azienda ottiene dagli enti responsabili di verificare che i terreni siano effettivamente coltivati con metodi biologici e del fatto che le vacche qui allevate siano nutrite, in larga misura, con fieni e granaglie di produzione propria, e che la mensa dell’Istituto goda anche lei di certificazioni riguardanti la qualità dei prodotti utilizzati, non ultimi quelli dell’orto della Scuola. Nel professor Benedetti come nella Dirigente Scolastica, la professoressa Angerilli, abbiamo riscontrato un interesse vivo e sincero per il piccolo mondo che essi contribuiscono a mantenere efficiente ed efficace. L’uso dell’aggettivo “nostro”, quando ci parlavano di questo o quel settore della produzione, era ricorrente: un segno della partecipazione non solo professionale ma anche affettiva e personale che caratterizza il loro impegno nell’Istituto, sottolineata anche dal rincrescimento col quale ci raccontavano dei danni provocati alle coltivazioni dal clima inclemente della scorsa primavera. Entusiasmo e partecipazione condivisi dal professor Nando Sabbatini, docente di topografia e costruzioni, e dal professor Angelo Pelagalli, responsabile delle esercitazioni agrarie, che guidavano gli studenti di una terza classe durante la vendemmia delle uve rosse da vino, mostrandosi coi ragazzi paterni quanto occorre, severi quanto necessario. Gli studenti giungono al Giuseppe Garibaldi non solo dal maceratese ma anche da altre provincie della Regione. Matteo Fioretti, ad esempio, viene da Osimo. Ci racconta che sebbene i suoi genitori siano fuggiti dalla campagna

NON AGRICOLTORI

MA AGRICOLTI

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di Giuseppe Riccardo Festa

e svolgano attività di lavoro impiegatizio, lui ha deciso di ritornare all’agricoltura, ancora esercitata dal nonno, titolare di un’azienda agricola: azienda nella quale intende portare il contributo di idee nuove che l’Istituto gli suggerisce, non ultimo l’interesse per la bellezza e la valorizzazione del territorio, da difendere e arricchire e non semplicemente da sfruttare. Ampiezza di vedute ci dimostra anche la tolentinate Gloria Vagni che sogna, conseguito il diploma, di arruolarsi nel Corpo Forestale dello Stato, il difensore per antonomasia del territorio. Anche Claudia Mazzoni, di Porto Potenza, è animata da un intenso amore per la Natura, che spera di poter trasfondere nella sua futura professione accedendo, al termine del quinquennio, alla facoltà di veterinaria; lo stesso sogno, dovuto anche a un profondo amore per gli animali, coltiva Valeria Rubiconi, di Montefano, che proviene da una famiglia di agricoltori. Martina Cartuccia, anch’essa di Montefano, ci racconta del suo interesse, oltre che per gli studi tecnici, anche per la letteratura, e ci sorprende piacevolmente manifestando amore per l’opera di Franz Kafka. D’altra parte, da una delle ragazze che abbiamo avuto occasione di incontrare, abbiamo sentito nominare perfino Charles Bukowski! Un’altra tolentinate, Chiara Bartolozzi, si dichiara innamorata, oltre che degli studi che sta portando avanti, anche di quelli umanistici, e non nasconde di vedere una forte relazione fra questi mondi all’apparenza così distanti: la bellezza dei paesaggi, d’altra parte, ha ispirato innumerevoli poeti e narratori. Come non pensare a Giacomo Leopardi e ai suoi L’Infinito, Le Ricordanze, La Quiete dopo la Tempesta? Luca Cingolani, di Porto Recanati, con sincerità ci dice che sono soprattutto le opportunità professionali ad aver guidato la sua scelta. Tutti, anche Valentina Cognigni di Tolentino e Nicolò Sampaolesi di Porto Recanati, ci sono apparsi straordinariamente consapevoli e maturi, sicuri delle loro scelte.

Una scuola tecnica, dunque, il Giuseppe Garibaldi, ma attenta alla crescita culturale dei suoi studenti. Non è certamente per caso, così, se nella sezione letteraria del Certame Prenestino, un concorso indetto lo scorso anno dall’ITA “Emilio Sereni” di Roma, dal Miur e dalla Rete Nazionale degli Istituti Agrari, al primo posto si sono classificati Edoardo Bernini, Massimiliano Cabirera, Sebastiano Campanari, Martina Carella, Valentina Certechini, Lorenzo Contigiani, Elia Erasti, Maria Chiara Fuso e Martina Giacinti, oggi studenti del quarto anno. Il loro tema, intitolato “Nutrire l’anima: viaggiatori alla ricerca del perdono lungo la Via Lauretana” è stato premiato con la motivazione: La classe ha sviluppato un percorso di ricerca accurata della cultura medioevale, offrendo una interpretazione del cibo come strumento di identificazione sociale, religiosa ed etica. Ha così ricreato l’ambiente medioevale e le abitudini alimentari del tempo organizzando un lavoro interdisciplinare eccellente. L’attenzione del Giuseppe Garibaldi al mondo della letteratura non è, d’altronde, di data recente: anni fa, guidata da Lucia Tancredi, una classe dell’Istituto si fece onore in più puntate della trasmissione culturale di Rai Tre “Per un pugno di libri”, dimostrandosi più ferrati, in campo letterario, di studenti di licei classici e scientifici. Sono ragazzi, questi che frequentano il Giuseppe Garibaldi di Macerata, dall’intelligenza attenta e dalla curiosità vivace, spinti a una scelta che non è un ripiego; agli antipodi dallo stereotipo del contadino ignorante e ottuso, essi, guidati da un corpo docente straordinariamente preparato e motivato, si formano non solo alla cultura agraria ma anche alla cultura tout-court, in un percorso che li guida verso un’impeccabile formazione tecnico-scientifica da un lato e un elevato grado di consapevolezza umanistica dall’altro: il loro sguardo non sarà chino solo sui campi che coltiveranno ma spazierà anche oltre, in una visione più ampia e attenta a valori che vanno oltre il semplice sfruttamento del suolo. Il futuro del territorio marchigiano e della salvaguardia dei suoi paesaggi è così assicurato.

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MENTE

OBBLIGAZIONI SUBORDINATE BANCA MARCHE: AL VIA LA PRESENTAZIONE DELLE ISTANZE PER IL RIMBORSO FORFETTARIO

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A novembre 2015 sono stati posti in risoluzione i quattro istituti bancari Banca delle Marche, Banca Etruria, Cassa di Risparmio di Chieti e Cassa di Risparmio di Ferrara, risoluzione che ha provocato gravissimi danni a molti risparmiatori, che hanno visto azzerato il valore di azioni ed obbligazioni subordinate. Un patrimonio di risparmio andato improvvisamente in fumo. La legge di Stabilità per il 2016 ha previsto l’istituzione di un Fondo di solidarietà avente lo scopo di erogare prestazioni per il ristoro degli investitori titolari di obbligazioni subordinate, mentre nulla è stato predisposto per i possessori di azioni. La legge 119 del 30 giugno 2016 ha reso operativo tale fondo, attribuendone la gestione al Fondo Interbancario di Tutela dei depositi (FITD). A partire dunque dal 3 luglio u.s., data di entrata in vigore della legge 119/2016, il Fondo di solidarietà per il ristoro dei possessori di obbligazioni subordinate è finalmente operativo, ed entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge, ossia entro il 2 gennaio 2017, i titolari di tali strumenti finanziari possono presentare al Fondo Interbancario di tutela dei depositi l’istanza di rimborso forfettario. Dunque i possessori di obbligazioni subordinate, che avevano visto il proprio investimento azzerato, possono invece ottenere un indennizzo forfettario pari all’80% del corrispettivo pagato per l’acquisto degli strumenti finanziari, al netto degli oneri e delle spese direttamente connessi all’acquisto e della differenza, se positiva, tra il rendimento delle obbligazioni e il rendimento di mercato di un BTP in corso di emissione di durata finanziaria equivalente. In virtù di tale calcolo l’importo del rimborso risulterà nella maggioranza dei casi inferiore all’80%. Sarà compito del FITD effettuare il conteggio sopra descritto con riferimento a ciascuno strumento finanziario subordinato acquistato e in automatico verrà determinato l’importo dell’indennizzo spettante al risparmiatore, che dovrà essere erogato entro 60 giorni dalla data di ricezione dell’istanza. Fondamentale è stato il ruolo svolto dalle Associazioni dei Consumatori per promuovere la creazione di uno strumento che potesse dare un ristoro economico agli investitori travolti dalla risoluzione delle quattro banche, tanto che si è arrivati alla stipula di un Verbale d’Intesa tra le quattro good banks e le Associazioni dei Consumatori, tra cui Adiconsum. Per ogni associazione è stato nominato un referente regionale responsabile del processo e dei rapporti con le quattro banche, al fine di poter fornire assistenza qualificata a tutti i risparmiatori coinvolti nell’intero procedimento, a partire dalla richiesta della necessaria documentazione alla Banca fino alla presentazione dell’istanza di rimborso. Per quanto concerne il nostro territorio è evidente che gli obbligazionisti sono in massima parte detentori di titoli emessi dalla Banca delle Marche, ma non mancano i possessori di obbligazioni subordinate di Banca Etruria, presente nel territorio marchigiano in particolare in determinate zone. La Banca delle Marche ha informato le associazioni che per quanto concerne tale istituto il numero degli obbligazionisti coinvolti è di c.a. 1.300, dei quali già ad oggi sono oltre un centinaio quelli che si sono rivolti all’Adiconsum. L’istanza di rimborso forfettario può essere presentata da: • persone fisiche; • imprenditori individuali, anche agricoli; • coltivatori diretti • successori mortis causa dei soggetti sopra indicati.

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E’ necessaria la sussistenza dei seguenti requisiti: • Reddito complessivo dell’investitore dell’anno 2014 inferiore ad € 35.000,00; • Patrimonio mobiliare dell’investitore alla data del 31/12/2015 inferiore ad € 100.000,00. I due requisiti sono alternativi, quindi è sufficiente che l’investitore rientri in una sola delle due casistiche. Devono inoltre essere presenti i seguenti ulteriori requisiti: • L’acquisto delle obbligazioni subordinate deve essere avvenuto entro il 12 giugno 2014; • Gli strumenti finanziari dovevano essere detenuti dall’investitore alla data del 22 novembre 2015; • L’acquisto deve essere avvenuto nell’ambito di un rapporto negoziale diretto dell’investitore con una delle Banche in liquidazione: sono quindi esclusi dalla procedura di rimborso forfettario gli acquisti delle obbligazioni subordinate effettuati presso altre banche e quelli in cui la Banca in liquidazione abbia svolto esclusivamente attività di intermediazione. E’ la Banca che deve provvedere all’invio della necessaria documentazione entro 15 giorni dalla richiesta, provvedendo altresì ad attestare la sussistenza del rapporto negoziale diretto e il valore nominale residuo dei titoli alla data del 22 novembre 2015. Qualora non sussistano i requisiti per poter accedere al rimborso forfettario, sarà possibile adire la procedura di arbitrato, che tuttavia ad oggi non è ancora stata codificata. Si ricorda che la semplice presentazione dell’istanza di rimborso forfettario preclude la possibilità di accedere alla procedura di arbitrato, e pertanto, prima di procedere all’avvio della procedura di rimborso forfettario, è fondamentale fare un’attenta verifica della sussistenza dei requisiti.

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In virtù del Verbale d’Intesta sopra richiamato l’Adiconsum Marche è a disposizione di tutti gli investitori interessati che potranno rivolgersi alle proprie sedi: Ancona: 071/2832101 – ancona@adiconsum.it Macerata: 0733/4075212- macerata@adiconsum.it Ascoli Piceno: 0736/24951- ascoli@adiconsum.it Pesaro: 0721/370104 – adiconsumpesaro@virgilio.it Fermo: 0734/60971 – fermo@adiconsum.it. Loredana Baldi

www.adiconsummarche.it adiconsum.marche@gmail.com

www.facebook.com/adiconsum.marche

Realizzato ai sensi della legge regionale 14/09 – funzionalità organizzativa WHY MARCHE | 57


PERCHE’

ALBERI DA RECORD, QUANDO L’INCANTO METTE RADICI

Leggenda narra che la sua grande bocca sia stata per anni nascondiglio di ladri e briganti, su tutti l’impavido Giovanni Piccioni, ausiliario pontificio nella seconda metà dell’Ottocento che capeggiò la rivolta antiunitaria contro il nascente Regno d’Italia. Il secolare platano, un gigante da 2,70 metri di diametro e 24 di altezza, era lì già ai tempi, a soli tre chilometri da Ascoli Piceno, lungo la via Salaria che conduce a Roma. Secondo alcune stime basate su documenti relativi ad atti di vendita, lo era almeno dall’anno 1109. Avrebbe quindi quasi mille anni di età, anche se non si tratta di un dato confermato. Confermatissimo invece il primato che vede l’Albero del Piccioni, ad oggi, come il più grande di tutta la regione secondo i censimenti effettuati dal Corpo Forestale dello Stato nella guida sulle “Formazioni Vegetali Monumentali delle Marche” (2011) e dallo studioso Valido Capodarca, vera e propria eminenza che ha pubblicato diversi libri sull’argomento, tra cui l’ultimo “Alberi monumentali delle Marche” del 2008, e che conosce a menadito vita, morte e miracoli di questi spettacoli verdi. Faggio di Canfaito

Faggio di Palazzo Borghese

Hanno conosciuto Garibaldi e San Francesco attraversando indenni secoli e guerre; dall’alto di oltre 30 metri o dal basso di tronchi capaci di celare mondi, storie e misteri, gli alberi monumentali delle Marche rappresentano la corteccia forte di tutta una regione. Uno scrigno prezioso che come tale deve essere protetto dall’oblio e dall’inciviltà. 58 | WHY MARCHE


di Luca Capponi Un magnifico monumento della natura, dunque, un vero e proprio simbolo che viaggia in buonissima compagnia, dato che nella lista del Corpo Forestale risultano 346 esemplari, tra cui il più presente è sicuramente la roverella (la specie di quercia maggiormente diffusa in Italia), in ben 161 casi. Una lista che, in base ai nuovi criteri più restrittivi stabiliti dalla nuova legge nazionale (la numero 10 del 14 gennaio 2013), è destinata comunque a ridursi di almeno la metà. Verrà pubblicata probabilmente ad inizio 2017. A meno di nuove e sensazionali scoperte, ciò ovviamente non toglierà il primato al platano ascolano, simbolo non solo di cotanta maestosità ma purtroppo anche di declino, degrado, abbandono relativo all’ambiente circostante. Non un cartello ad indicarne la presenza ma rovi e sterpaglie a renderlo quasi irraggiungibile e ad impedirne la vista, rifiuti, sporco, persino la corteccia rovinata dagli incivili che hanno deciso di scalfirci le proprie iniziali. Una situazione complessiva che mette in evidenza uno sfregio intollerabile, cui si spera venga posto rimedio al più presto. «Nonostante tutto, l’albero è vivo e vegeto, ha una vitalità straordinaria, sebbene come tutti gli alberi monumentali probabilmente potrebbe essere alla fine del suo ciclo. -spiega Capodarca- Sull’età posso dire che, in trentasette anni passati a misurarlo costantemente, non è cresciuto di un millimetro, altro dato che mi porta a pensare abbia origine millenaria». «Ci sono molti di questi alberi che dall’anno del censimento ad oggi hanno avuto un tracollo, alcuni li ho trovati morti ed altri rischiano soprattutto a causa dei comportamenti sconsiderati di chi lavora la terra o degli allevatori. -continua lo studioso- Anzitutto le piante andrebbero segnalate e protette, perché a volte nemmeno i residenti ne conoscono il valore. Giusto per fare un esempio, c’è un platano secolare in provincia di Pesaro, a Santa Maria delle Fabbrecce, che è letteralmente circondato da un parcheggio di automobili con tanto di recinzione che lo rende inaccessibile». Al platano del Piccioni, che a vecchiaia se la gioca con il tasso di Fonte Avellana (Serra S. Abbondio, PU) al quale

è attribuita un’età di 600 anni, spetta dunque il primato di albero più grande, ma non del più alto: il ginkgo situato nell’Orto Botanico dell’Università di Camerino raggiunge infatti i 37,65 metri, seguito da un abete bianco in provincia di Macerata e da una roverella nel comune di Falerone che toccano entrambi i 35 metri di altezza. «In una ipotetica classifica stilata per diletto, tra gli alberi imprescindibili da vedere almeno una volta inserirei, oltre al Piccioni, la quercia di Passo di Treia, la più grande della regione anche se negli ultimi tempi ha perso consistenza a causa di alcuni problemi, la “cerqua tonda” di Montalto Marche, la quercia “Pierigè” di Cingoli, il tasso di Fonte Avellana e il faggio di Canfaito, nel comune di San Severino Marche» conclude Capodarca. Ma gli alberi in grado di attirare la curiosità sono molti, dato che nella nuova guida, come d’altronde nella precedente, troveranno spazio non solo piante considerate come rari esempi di imponenza e longevità o di particolare pregio naturalistico, ma anche quelle in grado di recare riferimento ad eventi o memorie rilevanti dal punto di vista storico, culturale, documentario o delle tradizioni locali. Qualche esempio fra i tanti? Dal leccio di Macerata Feltria e il gelso di Sassofeltrio, che nel Pesarese ricordano il passaggio di Giuseppe Garibaldi datato 1849, fino alla roverella di Carassai (AP), che durante la Seconda Guerra Mondiale fece da sfondo a uno scontro tra partigiani e truppe tedesche e che sul tronco porta ancora i segni dei proiettili sparati durante l’evento bellico. Episodi simili si verificarono vicino alla quercia di Monte di Castignano (AP), dove c’è un cippo che ricorda l’uccisione di quattro persone, così come a Vestignano di Caldarola (MC) nei pressi di una roverella. E poi ancora ci sono diversi alberi collegati a San Francesco D’Assisi e, per passare dal sacro al profano, persino una “quercia delle streghe” a Montefiore dell’Aso. Infine, da segnalare le rarità presenti nel Parco
di Villa Cozza (Macerata), dove trovano posto un cedro del Libano di 180 anni, un cedro dell’Himalaya di 120 anni e un cipresso della Guadalupa della stessa età.

Tasso di Fonte Avellana

Valido Capodarca

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SPIRITO

I CLIENTI DOMINA SCENDONO

IN PISTA

Grazie alla concessionaria Audi di Ancona, una dozzina di propri affezionati clienti hanno potuto provare sulla famosa pista del Mugello i bolidi siglati “RS” della casa dei quattro anelli. L’iniziativa, denominata Audi Sport delight driving experience, ha permesso di testare per una giornata intera tre vetture di punta: la R8 Coupè V10 performance, la RS6 performance e la RS7 performance. E’ stata un’esperienza unica per una dozzina di fortunati clienti della concessionaria Audi Domina di Ancona il test in pista che si è svolto all’autodromo del Mugello, alle porte di Firenze. L’Audi Sport delight driving experience, infatti, è stata una bella occasione per provare alcune vetture del nuovo brand della casa degli anelli, AUDI SPORT, testandone, così, l’handling, la trazione quattro e le incredibili prestazioni. Tre le vetture messe a disposizione degli ospiti, tra le più prestigiose della gamma Audi Sport: la R8 Coupè V10 performance, la RS6 performance e la RS7 performance. L’iniziativa era inserita nell’ambito della presentazione del nuovo brand della casa di Ingolstadt, Audi Sport, che Domina rappresenta in Italia assieme ad altre sedici concessionarie. La due giorni del Mugello ha fatto seguito ad altri due eventi organizzati da Domina, la serata in concessionaria per presentare la nuova anima sportiva della casa degli anelli e la trasferta all’autodromo di Misano per assistere ad una prova del Campionato Italiano Gran Turismo che vedeva protagonista la R8 LMS dell’equipaggio Mapelli-Albuquerque. La giornata al Mugello è stato davvero all’insegna delle emozioni per tutti gli ospiti intervenuti, che sono stati accolti la sera prima in un accogliente hotel 5 stelle alle porte di

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di Gaudenzio Tavoni

Scarperia da alcuni dirigenti di Audi Sport, tra cui l’ex pilota Dindo Capello, vincitore di tre edizioni della 24 Ore di Le Mans. La mattina dopo in circuito gli ospiti sono stati affiancati subito da un team di istruttori professionisti e dopo un breafing iniziale sono iniziati i giri di pista, dapprima con le RS6 performance e le RS7 performance e poi con la R8 V10 coupè performance. Oltre ad apprezzare le doti di queste vetture, gli ospiti hanno migliorato la loro tecnica di guida in un ambiente, il prestigioso tracciato del Mugello, che ne ha esaltato le caratteristiche sportive. Il tracciato, ben 5.245 metri di lunghezza con 15 curve tutte molto impegnative, è stato lo scenario ideale per testare le vetture. La prova non si è risolta con qualche giro di pista ma, seguiti dagli istruttori collegati via radio, è andata avanti per tutta la giornata fino a pomeriggio inoltrato dando così la possibilità a tutti di testare le eccezionali caratteristiche delle vetture: tecnologia ai massimi livelli, prestazioni, trazione quattro, eleganza e piacere puro. “E’ stata davvero una bella giornata in pista – hanno tenuto a precisare all’unisono tutti gli ospiti al termine dell’evento – speriamo di ripeterla presto.” Oltre al puro divertimento di provare vetture da 600 cavalli, l’iniziativa è servita, inoltre, per migliorare le proprie doti di guida: “Sì, oggi ho imparato cose nuove – ha dichiarato ai box un ospite togliendosi il casco protettivo – che normalmente non si apprendono ad un corso di scuola guida e ho avuto modo di affinare le mie doti racing su un circuito vero ed impegnativo come questo del Mugello. Gli istruttori Audi, poi, sono stati molto professionali e in pista si sono rivelati vere e proprie guide. Grazie al collegamento via radio e precedendoci nella vettura davanti, ci suggerivano come impostare la curva, affrontare meglio una situazione di difficoltà o rimediare ad un errore. Una giornata così la auguro a tutti, grazie ad Audi e alla concessionaria Domina per questo regalo, davvero molto gradito.” Dello stesso avviso l’amministratore delegato di Domina Spa, Paolo Giacchetti, che ha accompagnato gli ospiti nella due giorni toscana: “E’ una iniziativa che abbiamo voluto predisporre per i nostri clienti più affezionati, la location qui al Mugello è fantastica e le vetture messe a disposizione sono state tante e, quindi, tutti i nostri ospiti hanno avuto la possibilità di effettuare numerosi giri di pista. Abbiamo creduto fermamente nel progetto Audi Sport e lo abbiamo sposato subito promovendolo nella nostra zona con eventi dedicati sia in concessionaria che in pista. Del resto il nuovo brand nasce proprio dai circuiti automobilistici ed è naturale aver portato i nostri clienti proprio qui al Mugello, in uno dei più prestigiosi tracciati che ospita gare a livello internazionale.” La giornata si è conclusa nel pomeriggio attorno alle 17, ma gli ospiti hanno tardato a lasciare l’autodromo, tanta era la voglia di ubriacarsi ancora con la sportività delle vetture a lungo testate in pista. Nei box del tracciato toscano, inoltre, erano presenti anche la R8 LMS che disputa il Campionato Italiano Gran Turismo e una TT protagonista del monomarca Audi che ha effettuato alcuni giri di pista con Marco Bonanomi. Il pilota ufficiale Audi ha accompagnato alcuni fortunati ospiti estratti a sorte lungo l’impegnativo saliscendi fiorentino, provando così l’ebrezza di un giro di pista con ritmo da gara e staccate al limite: un regalo ulteriore che ha contribuito ancora di più a rendere indimenticabile la giornata in circuito. Insomma, per gli ospiti della concessionaria Domina è stata una due giorni particolarmente intensa che si è rivelata molto di più di un semplice test drive e conclusa con la consegna degli attestati di partecipazione e con un arrivederci ad una prossima occasione, che tutti si sono augurati possa rinnovarsi il prima possibile.

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di Paola Donatiello

I nostri Effetti Speciali

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TUTT’ALTRO CHE MORBIDO a cura di Alessandro Morbidelli

Tornano i racconti brevi di Alessandro Morbidelli. Questa volta una storia a braccetto tra il paesaggio urbano e la magia delle cose. Una storia giusta per l’inverno e per chi sta attento ai particolari. Fateci sapere cosa ne pensate a: a.morbidelli@whymarche.com.

LUCE. STORIA DI UN LAMPIONE DEL MONDO. Non era mica un lampione normale, lui. Tanti anni addietro era stato lampione del mondo. Aveva illuminato una delle vie più belle della città. Aveva visto passeggiare sotto il suo cono di luce corpi caldi e vivi. Aveva udito parole e rapito risate. Aveva rubato lacrime ed era rimasto sordo otto volte in tutto per il fragore di una carezza. Ricordava ancora l’inno al primo sorso di notte. Archi lenti e poi a crescere, poi i tamburi e i fiati di contorno. Che poi, i fiati lui li gustava nelle sere d’inverno, quando questi andavano alla ricerca di Dio, uscendo dalle bocche in respiri lenti. Persone avvolte dalla lena altrui, persone assolte dalla pena e poi, genti povere e ricche. Accolte. Tutte dalla sua luce. Così quando lo trapiantarono altrove, dove i mammiferi gli tiravano pietre in bocca e gli orinavano sui piedi, il lampione del mondo si sentì protagonista di uno spettacolo dalle corde rotte. Una prova e non un concerto. Perché l’inno non si sbaglia quando non si deve sbagliare. Si sbaglia solo per provare. Eccolo qui, vittima del cipiglio di un assessore che lo voleva morto e buio. Non aveva l’aletta di Renzo Piano, e nemmeno la lampada che consuma poco. Era uno con il cappotto, anche d’estate. Sapeva di dover morire perché l’avevano affogato. Non come la volta passata, in cui era bastato trapiantarlo. Stavolta i piedi glieli avevano stretti nel cemento. Avrebbero dovuto tagliargli le gambe in un fragore di scintille basse. Mica gli importava. Lui sentiva la città meglio degli altri perché sapeva cosa c’è sotto gli strati. Sapeva cosa si nasconde nelle urgenze delle auto e ricordava la lezione di quelli più importanti di lui. Che poi i semafori non li aveva mai considerati importanti. Solo autoritari. Invece a lui era concesso trattenere la notte del mondo in una scintilla. Di tanto in tanto ci provava, quando passava un bambino dal passo svelto, solo. Allora inspirava la memoria di tutte le strisce pedonali che nel tempo si erano avvicendate a pochi metri da lì. Erano comunque riuscite a

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restituirgli dei riflessi. E lui ne aveva fatto tesoro. Così come aveva tenuto da parte l’eco cristallino dell’occhio del gatto. Anche di quello che non era stato abbastanza veloce. Da quelle luci lì aveva imparato. E sapeva come usarle per splendere un po’ più del solito, in una pienezza che sapeva di avere. Abbi cura di splendere, diceva a se stesso. E il bambino aveva un po’ più di luce per passare. Durante il giorno gli avevano messo dei picchetti intorno, collegandoli con dei nastri bianchi e rossi. Così aspettava, l’ex lampione del mondo, anche quella sera. Sarebbe stata l’ultima, lo sapeva. Poi le scintille ai piedi. Ma non era a questo che pensava. Da lì a poco sarebbero passati di nuovo loro due. Lei, con i capelli raccolti e la tuta gialla, lui, sempre a braghe corte, anche con la pioggia e la neve. Correvano l’uno incontro all’altra e proprio davanti a lui si oltrepassavano respirando a ritmo della corsa. La prima volta gliel’aveva detto un coccio di vetro per terra. Aveva riflesso la luce dei loro occhi che si abbassavano per non incontrarsi. E lui, al coccio, aveva creduto subito. I loro fiati si portavano dietro il sapore dell’argilla e del sangue. Non cercavano Dio. Speravano solo di fondersi per un attimo. Ma finivano sempre nel buio del cielo in cui si perdono le evitabilità. Alla fine arrivarono, precisi come sempre, anche quella sera.

Il lampione del mondo era pronto. Espirò tutto il passato di ombre che gli era capitato di incontrare, quasi si spense. E quando i due furono sotto di lui, nel momento in cui gli sguardi si abbassavano come sempre, ricordò. Le luci della città, quelle degli occhi dei bambini e delle madri, quelle del sangue che scorre nelle vene e diventa bagliore. Inspirò miagolii d’amore e passaggi d’autunno, riverberi lontani di cucine alle otto e macchie azzurrine di schermi in estate. Il cemento che gli stringeva i piedi vibrò. E la lampada brillò come non aveva mai brillato. Tornò l’inno con tutta la sua orchestra e nell’esplosione in un milione di scintille che seguì si sentì applaudire ogni riflesso. Fu un boato epico. I due corridori portarono d’istinto le mani alla testa e finirono l’uno contro l’altra, mentre le scintille scendevano su di loro. Caddero. E quando si trovarono al buio, illuminati solo dalla luce dei loro sguardi, si sorrisero. Il lampione si spense per sempre, diluendosi nell’aria come l’ultima nota di un pianoforte. Fece in tempo a sentire il nome di lei: si chiamava Luce. Non poteva che essere così. I due parlarono a lungo. Infine, si scambiarono il numero di telefono. I fiati, finalmente, erano liberi di incontrarsi. Poi lui attraversò sulle strisce, salutandola con un cenno d’amore e di speranza. Ma era troppo buio. L’autista del furgone non lo vide proprio.

CONSIGLI DI LETTURA

Questa volta il consiglio di lettura può fare la differenza, perché comprando questo libro (in formato elettronico, al momento dell’acquisto arriveranno via email sia il pdf che i formati epub e mobi) si avrà l’occasione di aiutare le vittime del terremoto che ha colpito il Centro Italia nell’agosto scorso. Sono 285 racconti per un totale di circa duemila pagine. L’offerta è libera, la soddisfazione tanta, l’idea di uno scrittore che porta il nome di Andrea Franco, che chi è affezionato al Giallo Mondadori conoscerà bene: “Io scrivo per voi” si può acquistare al seguente link che, diciamolo pure, non è poi così facile da ricordare: www.jotformpro.com/form/62533829563968 Cosa state aspettando?

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SPIRITO

Benvenuto

A U T U N N O

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di Andrea Cozzoni

Settembre è un mese che mi piace, Ottobre anche, su Novembre ho qualche riserva. In generale posso dire che l’autunno è una stagione che mi si addice. Sarà forse colpa del mio ritmo biologico ancora legato agli anni scolastici e ai palinsesti televisivi ma l’autunno mi pare il momento giusto per ricominciare. Dopo l’estate sonnacchiosa e impalpabile immersa nella sua bolla di magica noia, arriva il momento di mettersi un maglioncino sulle spalle e riprendere la routine: tornare al lavoro, in palestra, a scuola, iniziare un corso di tango o le lezioni di spagnolo. Dopo mesi privi di uscite rilevanti, si controlla la programmazione dei cinema, si sceglie il film giusto e ci si rifugia al calduccio della sala, mentre fuori, il cielo si esprime in una delle prime piogge autunnali. Si riassaporano le gioie domestiche, cena per due: vellutata di zucca, funghi porcini e tacchino ripieno di castagne, ma va bene anche una pizza ordinata all’ultimo secondo e una buona birra. Divanata postuma di fronte alla tele e al suo infinito palinsesto autunnale. Basta con le repliche dei b-movies anni ottanta propinateci per tutta la bella stagione, tornano finalmente con nuovi episodi le serie tv terminate con la primavera e gli show televisivi tenuti nel cassetto per lunghi mesi. La casa non è più quella prigione soffocante delle lunghe giornate di luglio, quando non riuscivi a respirare ed eri obbligato a prendere la porta e uscire di casa il prima possibile, magari verso il mare. Il piccolo buco di quarantacinque metri quadrati dove vivi si trasforma in un giaciglio accogliente, una calda caverna piena di comfort e il divano Ikea sembra non essere mai stato così comodo. Una trapuntina leggera si riappropria del letto e infilarcisi dentro è goduria e piacere ritrovato. Fuori le foglie morte che cadono a mucchi strepitano sotto i passi pesanti e frettolosi di chi sa dove andare e creano il tappeto sonoro perfetto per una passeggiata

mattutina o per il rientro a casa la sera. Si progettano con entusiasmo le passeggiate domenicali e le fughe per il weekend. Ancora tutto è possibile, raggiungere il sud per gli ultimi scampoli di mare o immergersi nelle atmosfere boschive del nord. Le campagne si colorano di rosso, giallo e verde e le città metropolitane offrono grandi mostre e festival interessanti e la bassa stagione propizia anche il portafogli. Sagre legate ai prodotti autunnali proliferano: legumi, vino, funghi, polenta, diventano protagonisti di serate in piazze e cantine di piccoli borghi accoglienti e l’aria si profuma di mosto fermentato, musica e foglie bagnate. I sogni d’amore raccolti in estate, se non svaniti con la prima pioggia, si concretizzano e prendono la forma reale di corpi quotidiani che si scambiano telefonate mattutine e definiscono un sistema di codici e comportamenti di coppia, destinati a durare per molto tempo o almeno fino alla prossima estate. Autunno è anche stagione di buoni propositi.Ci si iscrive in palestra per recuperare la forma fisica perduta tra pranzi di ferragosto e gelati pomeridiani o per sognarne una che non si è mai avuta. Si acquistano libri più impegnativi e ci si iscrive ai corsi più disparati, dalla chitarra all’uncinetto, dallo yoga alla decorazione di mobili in stile shabby. Si progetta: il prossimo ponte o il viaggio in Giappone che tanto si è sognato, si decide di cominciare seriamente a cercare un nuovo lavoro che ci soddisfi di più. Ci si mette in moto per recuperare il tempo perso, per sentirsi delle persone migliori, per esorcizzare l’inverno incombente e trovarsi preparati quando il buio scenderà e le energie andranno lentamente a farsi benedire. Ci si prende cura di noi stessi ed è la cosa migliore che una stagione ci possa indurre a fare.



SPIRITO

OTTOBRE - NOVEMBRE 2016 La diligenza è la madre della buona sorte

Un giorno accadde 4 novembre 2008. Il candidato democratico Barack Obama sconfiggeva il repubblicano John McCain. Giurando come cinquantaquattresimo presidente degli Stati Uniti d’America nel gennaio successivo, Obama diventava il primo afroamericano ad essere eletto alla guida degli USA.

Ho sognato…

… l’acqua – 39 – Elemento vitale, simbolo di nascita e rigenerazione, in sogno l’acqua assume vari significati: molto dipende dalla situazione onirica. In generale, indica il desiderio di ritrovare la serenità. Sognare di bere acqua fresca denota uno stato di benessere psicofisico; che sgorga vuol dire che aspiriamo a rinnovare e migliorare la nostra vita. L’acqua limpida esprime armonia e gioia, ma anche bisogno di fare chiarezza in noi stessi.

Barbanera buongustaio Pere al Cioccolato

Tempo (min.): 60 Difficoltà: Facile Calorie per porzione: 580 INGREDIENTI (per 4 persone): 4 pere mature - 500 g di gelato alla vaniglia - 100 g di zucchero - 150 g di cioccolato fondente - 2 bicchieri di vino bianco - 1 stecca di vaniglia. Sbucciare le pere e, con l’apposito utensile, privarle delicatamente del torsolo, lasciandole il più possibile intatte. Sciogliere al fuoco lo zucchero con il vino e la stecca di vaniglia, unire le pere e cuocerle a fuoco dolce, avendo cura di non romperle, sgocciolarle e farle raffreddare. Sciogliere il cioccolato grattugiato a fiamma bassa, colarlo sulle pere e lasciarlo solidificare. Distribuire il gelato in quattro coppette, adagiarvi sopra le pere e servire.


BUONE ECOPRATICHE d’Autunno PATATE E LATTE… COME DETERSIVO

Le patate dimenticate nella dispensa, non più buone da mangiare, possono essere trasformate in un ecologico detersivo per il bucato a mano. Si lessano, si sbucciano e poi si sfregano energicamente sugli indumenti. Il trattamento è indicato soprattutto per i capi di lino e cotone. Se invece il latte è andato oltre la data di scadenza, se scaduto da pochi giorni si può riutilizzare come detergente per eliminare macchie d’inchiostro o vino. Per l’inchiostro basta strofinare con una spugna imbevuta di latte, mentre le macchie di vino rosso scompaiono se l’indumento viene fatto bollire in una pentola piena di latte.

UNO ZERBINO SPECIALE

Per chi risale in casa dall’orto o torna da una passeggiata in campagna dopo una giornata di pioggia – come ce ne sono molte in questa stagione autunnale – con le scarpe sporche di terra e fango, spesso il normale zerbino non basta per una pulizia ottimale e, oltre tutto, si sporca troppo. Se ne può costruire allora uno “raschiatutto” in modo semplice ed economico, utilizzando i tappi delle bottiglie di acqua minerale usate. Basta prendere una tavola e fissarveli con i chiodi, sistemandoli in modo che i dentini siano rivolti verso l’alto.

PESCANDO QUA E LÀ!

Parola d’ordine: bere! La regola principale per stare bene? Bere due litri di acqua al giorno per prevenire la ritenzione idrica, aiutare la funzionalità renale e facilitare il ripristino dell’equilibrio idrico-salino. Meglio scegliere un’acqua povera di sodio e con un residuo fisso basso. Le tisane alle erbe possono essere un’efficace alternativa: bardana, tarassaco, fumaria e acetosa per la bellezza della pelle; cannella, tè verde, tè rosso e salvia per combattere lo stress ossidativo; fucus, centella, rusco, ippocastano e betulla per contrastare la cellulite.

L’oroscopo di Barbanera ARIETE Darete il meglio di voi in ogni situazione. Ottimi risultati al lavoro, dove avvierete un progetto che studiate da tempo. Una coincidenza vi farà riflettere.

BILANCIA In ambito lavorativo, avendo seminato bene, inizierete a raccogliere ottimi frutti, ottenendo una promozione o trovando un’occupazione, se ancora non l’avete.

TORO Una notevole vivacità intellettuale vi regalerà una marcia in più, se dovete affrontare esami e concorsi. E vi farà affrontare al meglio i vostri impegni.

SCORPIONE Vi state ponendo in modo costruttivo nei confronti della vostra relazione d’amore. Avvertite forte il desiderio di fare progetti importanti per il futuro.

GEMELLI Se non individuerete i vostri obiettivi con la dovuta chiarezza, rischieranno di essere poco determinati ed efficaci anche le strategie che metterete in atto.

SAGITTARIO Saturno prosegue la sua orbita nel segno e chiede di dimostrare a voi stessi tutto ciò che siete in grado di fare, indipendentemente dall’aiuto degli altri.

CANCRO In amore avete bisogno di certezze e solidità, anche se non sarà affatto facile non ascoltare i canti di sirena che potrebbero attrarvi con fugaci emozioni.

CAPRICORNO L’intransigenza, in amore, non è certo lo strumento migliore per recuperare la sintonia. Lasciatevi andare, affidandovi al dialogo sincero e all’intuizione.

LEONE In molti vi apprezzano e vi cercano. Con la vostra battuta pronta sapete regalare allegria e buonumore e con la vostra lealtà date sempre il consiglio giusto.

ACQUARIO Il buonsenso e la logica daranno una risposta efficace alle ansie del cuore. Non drammatizzate le difficoltà del rapporto con il partner e puntate al dialogo.

VERGINE Guardandovi intorno, sarete attratti da volti nuovi che emergeranno dalle vostre amicizie. In vista attrazioni che forse si trasformeranno in grandi amori.

PESCI La vita sociale si sta facendo molto vivace. Riceverete inviti per incontri piacevoli, coinvolgenti, e sarete più pimpanti del solito, anche grazie all’amore.

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EVENTI

OTTOBRE - NOVEMBRE 2016

Halloween La festa delle streghe

Mostra “Maria Mater Misericordiae”

dal 28 al 31 ottobre

dal 28 ottobre 2016 al 29 gennaio 2017

Corinaldo (AN)

Super Castagnata Ripatransone (AP)

Dal 29 al 30 ottobre

Senigallia (AN)

Festa dei funghi

Fiuminata (MC) Dal 30 ottobre al 01 novembre

Sagra mercato della Castagna

Montemonaco (AP)

Dal 29 al 30 ottobre 2016

51° edizione Fiera Nazionale del Tartufo Bianco Acqualagna (PU)

Dal 30-31 ottobre e 1-5-6-12-13 novembre

40° Mostra Mercato dell’’Olio e dell’Oliva

Appassimenti Aperti

Sapori e Aromi d’autunno

Dal 6 e 13 novembre

13 e 20 novembre 2016

20 e 27 novembre

Cartoceto (PU)

Serrapetrona (MC)

Fano (PU)



CAMPAGNA ABBONAMENTI

2016

6 NUMERI 5,00

SPESE DI SPEDIZIONE INCLUSE

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196/03, nonchè consenso espresso al trattamento ex art. 23 d.lgs. 196/03 in favore dell’Azienda.



#saporiantichi

11° edizione

13 e 20 novembre 2016 - Serrapetrona (MC)

APPASSIMENTI APERTI degustazione della Vernaccia di Serrapetrona Docg e del Serrapetrona Doc

i grappoli appesi

la piazza

le stanze di appassimento

Alberto Quacquarini | Colleluce | Fontezoppa Le cantine: Terre di Serrapetrona | Vitivinicola Serboni PER INFO: Comune di Serrapetrona tel. 0733.908321

www.appassimentiaperti.it


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