EDITORIALE
LA FORZA DELLE NOSTRE MARCHE E’ il recente sisma che ha colpito la nostra regione il filo comune di questo numero di Why Marche. E non poteva essere diversamente, tanto è stato drammatico con conseguenze e problematiche tutt’ora aperte di cui non potevamo non tenerne conto. Ma il nostro racconto è tutto in positivo, certi che la forza delle nostre origini e della nostra terra potranno far superare momenti così difficili e pieni di incertezza. Pertanto, la tradizionale sezione riservata ai percorsi è dedicata al sisma con numeri, storie ed approfondimenti per entrare ancora di più nel dramma della nostra gente. Tra l’altro abbiamo puntato i fari su Camerino, profondamente segnata dal terremoto, e in particolare su UNICAM che ha lanciato l’hashtag #ilfuturononcrolla, ma il centro camerte lo abbiamo voluto raccontare anche per il bel portale del Museo Vecchio e per il connubio con il grande poeta Dante. E ancora, vi proporremo un focus sul nostro patrimonio culturale che ha accusato danni ingentissimi e vi racconteremo il dramma di fine ottobre attraverso le foto di Andrea Vagnoni, oltre a lanciare uno sguardo su Monteleone di Fermo e i suoi vulcanelli, tornati di attualità con gli eventi sismici. Tuttavia il dramma del terremoto si intreccia con il Natale e, quindi, abbiamo dedicato al periodo più bello e sentito dell’anno l’ultima copertina del 2016 con tutta la tradizione marchigiana pronta ad allietare le imminenti festività. Ed in fatto di tradizioni locali non poteva mancare la “pista”, ovvero la macellazione del maiale che si celebra proprio a cavallo dell’anno. Per la musica indipendente delle Marche vi presenteremo il senigalliese Matteo Sideri, in arte Tegu, ma in questo numero abbiamo dato spazio anche a Valeria Romitelli, 23enne di Morrovalle, che sarà in corsa per un posto a Sanremo Giovani. E a proposito di giovani, abbiamo provato per voi la nuova Audi Q2, una vettura che troverà soddisfazioni proprio tra le nuove generazioni. Che dire, per noi è un numero molto sentito, speriamo lo sia anche per voi e che possa diventare un buon compagno di lettura durante le prossime festività. A proposito, da tutta la redazione vi giungano i migliori auguri di Buon Natale e Buon Anno.
GAUDENZIO TAVONI
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SOMMARIO A G O R A’
8 CON VALERIA A SANREMO
P.8
ANIMA 30 IL CAMMINO DI DANTE PARTE II 32 MUSEO VECCHIO 34 UN LIBRO DI PIETRA 36 E’ TEMPO DELLA “PISTA”
Direttore Responsabile: Gaudenzio Tavoni REDAZIONE Editor Leila Ben Salah Silvia Brunori Stefania Cecconi Luca Capponi Ilaria Cofanelli Andrea Cozzoni Giuseppe Riccardo Festa Stefano Longhi Tiziana Maffei Alessandro Morbidelli
MENTE
P.38
44 #UNTAGGABLE 52 #ILFUTURONONCROLLA 54 “TUTELA SIMILE”
Graphic Designer Isabella Gianelli Marketing & P.R. Raffaella Scortichini r.scortichini@whymarche.com Concept: Theta Edizioni info@whymarche.com
PRIMO PIANO
38 NATALE MARCHE STYLE
PERCHE’
66 I VULCANELLI
P.44
I PERCORSI DI WHY MARCHE
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P.12 SCOSSI MA VIVI: VIAGGIO NEL CRATERE
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SPIRITO 57 TUTT’ALTRO CHE MORBIDO 61 TEGU: IL GIOCO DELLE EMOZIONI 64 IL RICETTARIO DIDATTICO 68 RICORDI INTRAPPOLATI 70 I CONSIGLI DI BARBANERA 72 EVENTI
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A G O R A’
“I MIEI DISEGNI DIVENTANO CANZONI PER SANREMO” VALERIA ROMITELLI TRA LE NUOVE PROPOSTE CHE SI SFIDERANNO L’ARISTON
Decisa, dolce e semplice. Valeria Romitelli, 23 anni di Morrovalle, è pronta a salire sul palco di Sanremo Giovani e realizzare un sogno. Il suo sogno, ma anche il sogno di tantissime ragazze della sua età. In 12 si sfideranno nella serata di Sarà Sanremo, in onda in diretta da Villa Ormond lunedì 12 dicembre alle 21.15 su Rai1. Solo 6 di loro, ai quali si aggiungeranno i due artisti provenienti dalla selezione di Area Sanremo, calcheranno poi a febbraio il prestigioso
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palcoscenico del Teatro Ariston. Un sogno per Valeria che lo immagina da quando era piccola, lei che è abituata ai palchi, visto che ha cominciato a cantare davanti al pubblico all’eta di tre anni. Venerdì 10 febbraio, nella penultima giornata del Festival di Sanremo, si conoscerà la canzone vincitrice della categoria Nuove Proposte. La raggiungiamo al telefono, mentre è già in macchina per Sanremo insieme alla sua manager.
di Leila Ben Salah
VALERIA, TI SENTI PRONTA? COME TI STAI PREPARANDO?
Tutte le mie canzoni nascono come disegni”.
“In realtà sono in ansia, sto provando a restare calma e sto prendendo i fiori di Bach. Questa volta sarò sola sul palco, non ci sarà mio fratello Piero”
E NON TI PIACEREBBE PUBBLICARLI UN GIORNO?
CHE EFFETTO TI FA SALIRE SUL PALCO SENZA DI LUI? NON SEI ABITUATA.
COSA TI HA LASCIATO LA GAVETTA NELLA TRASMISSIONE DI AMICI?
“E’ vero lui non c’è fisicamente, ma è come se ci fosse comunque, lo sento presente anche perché lui è il produttore artistico”.
PORTERAI LA CANZONE “LA VITA È UN’ILLUSIONE”, COME È NATA?
“Il titolo ce l’ha fornito involontariamente un nostro amico Giovannino, che ci aveva inviato un messaggio con queste parole a seguito di una perdita. Mezzora dopo è nata la canzone, che ovviamente non parla della perdita di una persona cara, ma della perdita di se stessi ed è un messaggio rivolto a una donna, anzi a tutte le donne, che nella vita si sono sentite illuse, trattate come un oggetto. In questo caso la protagonista della canzone, nonostante sia accecata dall’amore, riesce a mettere un punto e a riprendersi la dignità di donna”.
“No assolutamente. E’ una cosa che mi piace, ma mi rendo conto di non essere bravissima nel disegno”. “Molto. Io canto da quando ho tre anni e praticamente da sempre. Ma Amici mi ha lasciato molto sia per quanto riguarda il fattore musicale che quello personale. Sono potuta entrare in contratto con le persone che lavorano nel campo musicale, tutte persone che ti aiutano a crescere e anche solo passare ogni giorno con loro ti permette di apprendere tantissimo a livello artistico”.
A TRASMETTERTI LA PASSIONE PER LA MUSICA È STATO TUO PADRE VERO?
TI CI RICONOSCI UN PO’ IN QUESTA FIGURA DI DONNA? ANCHE A TE È CAPITATA LA STESSA ESPERIENZA?
“Sì, perché mio padre faceva e fa tuttora un lavoro che lo tiene fuori casa per molto tempo. Sta lontano da casa per delle settimane e quando torna lo fa solo per il weekend. Per questo lavoro ha sempre temuto di perdersi la crescita dei figli, i momenti più belli, e per cercare di farci rimanere uniti e di non creare una distanza, ci faceva cantare. Era un gioco, era un modo per dire delle cose che magari non riuscivamo a dirci”.
E’ STATA SCRITTA DA TUO FRATELLO?
“Io, Piero e un po’ Luigi. Poi lui si è stancato, non gli è mai piaciuto e ha mollato presto”.
“In realtà penso che ognuna di noi ci si può riconoscere, ogni donna ha passato questo momento”. “Stavolta l’abbiamo scritta io e mio fratello”.
TI CAPITA SPESSO DI SCRIVERE LE CANZONI CHE POI INTERPRETI?
“Mai! Avevo scritto e abbozzato qualche pezzo di canzone, ma mai una intera. Dopo la delusione dell’anno scorso mi sono chiesta cosa volessi fare e chi fossi realmente, così mi sono chiusa in una stanza con mio fratello e ho iniziato a scrivere. Ma non è da molto che mi approccio in maniera intensiva alla scrittura, ho sempre avuto la passione, l’indole, ma non mi ci sono mai soffermata così tanto”.
LO FACEVATE TUTTI INSIEME?
IN FAMIGLIA SIETE QUATTRO FRATELLI E SORELLE VERO? LAVORATE TUTTI IN QUESTO CAMPO?
“Ho un fratello più piccolo, del 2001, che va a scuola, non so cosa voglia fare da grande. Piero invece è cantautore insieme a me e Luigi fa il modello”.
COSA TI PIACE DELLA SCRITTURA?
“Io scrivo in maniera un po’ particolare nel senso che prima disegno la scena, i protagonisti, con le frasi scritte come fosse un fumetto, poi insieme a mio fratello Piero rielaboriamo la canzone.
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A G O R A’ ORA COSA TI ASPETTI DA SANREMO GIOVANI?
“Magari ci risentiamo tra qualche giorno! Comunque mi aspetto che le persone si appassionino alle canzoni che propongo, che magari ci si possano ritrovare e sentire come prese per mano. Mi piacerebbe che le persone pensassero: ‘Ecco questa ragazza riesce a dire quello che io penso, ma che non riesco a dire’. E vorrei che uscisse fuori tutto il mio progetto, quello a cui stiamo lavorando con Piero”.
CONCEDICI UN PO’ DI GOSSIP, COME TI VESTIRAI SUL PALCO? CI HAI GIÀ PENSATO?
“Certo, ci ho pensato e so già come mi vestirò, ma non so descriverlo sinceramente. Posso dire che sarà di color rosa”.
SEMPRE UN ABITO DI MANIFATTURA DEL TERRITORIO?
“Sì ci tengo a portare la marchigianità sul palco. Il vestito che indosserò è di Giovanna Nicolai”.
QUAL È IL TUO SOGNO?
“Non lo dico, perché mia nonna mi ha detto che se lo dici poi non si avvera e io farò in modo che si avveri!”.
C’È QUALCUNO A CUI TI ISPIRI?
“Direi di no, io ascolto molta musica, soprattutto in vinili dal mangiadischi. Adoro la musica ascoltata dai vecchi vinili. Ho un’ampia discografia e dove non arriva il vinile, arriva Spotify”.
C’È QUALCUNO CON CUI TI PIACEREBBE DUETTARE?
“Sì, ce ne sono tantissimi. Da Cremonini a Vasco, magari fosse!”.
PROGETTI PER IL FUTURO?
“Per ora stiamo lavorando al mio disco e questo ci occupa tutti i pensieri”.
TI SENTI DI DARE UN CONSIGLIO A CHI SI AFFACCIA IN QUESTO MONDO?
“No, non mi sento di dover consigliare qualcosa. I miei nonni mi hanno sempre detto di fare quello che mi sentivo di fare e se realmente volevo qualcosa dovevo battermi e cercare di rincorrere la mia felicità, di seguire sempre quello che mi fa stare bene”.
PARLIAMO UN PO’ DI TE, COSA TI PIACE DI TE STESSA E COSA NON TI PIACE?
“Ci sono tante cose che mi piacciono e tante no. Forse non mi piace il fatto che sono una persona troppo riservata, troppo timida. E mi piace molto il fatto che vivo in un pianeta tutto mio, vivo in un mondo parallelo e vedo le cose come piacciono a me”.
MORROVALLE COSA RAPPRESENTA PER TE?
“Rappresenta la mia casa, dove sono cresciuta, dove sono nata. Io l’odore dell’asfalto quando piove lo sento solo davanti casa mia. Lì ci sono tutti i miei affetti, il mio cane Romeo, un meticcio piccolino di due anni e mezzo”.
SEI APPASSIONATA DI ANIMALI?
“L’ho desiderato tanto e i miei non me l’hanno mai preso, così alla fine l’ho portato io dentro casa!”.
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ANIMA
A V I T T E P S O R P A N U DIVERSA
ANCONA
MACERATA
ASCOLI PICENO
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I PERCORSI DI WHY MARCHE
Sino ad oggi i nostri percorsi hanno catturato quanto di più suggestivo, particolare e buono si può trovare nelle nostre Marche. Ma questo numero a pochi giorni dal Natale abbiamo deciso di dedicarlo a tutte quelle persone, territori, attività duramente colpite dal sisma di agosto e ottobre che ha messo a dura prova la nostra essenza. 25.000 sfollati, 57 i comuni colpiti e citati all’interno del Decreto legge del 24 novembre per il quali verranno stanziati fondi e incentivi in favore della popolazione. Un patrimonio con tante storie di straordinaria quotidianità e tanti scrigni di ricordi, un immenso valore storico da proteggere e preservare, un impegno dei numerosissimi volontari commuove il Paese, una popolazione che evidenzia nonostante tutto forza e dignità e alla quale va tutto il nostro augurio di poter ricominciare. Di seguito numeri, storie, approfondimenti
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ANIMA
SISMI IMPORTANTI NELLE MARCHE NELLA STORIA
L’attività sismica da sempre si sa che in questa zona centrale dell’Italia è da sempre sicuramente frequente, pesante e distruttiva. Proviamo ad andare indietro nel tempo evidenziando i principali eventi: XIII SECOLO 30 APRILE 1279: un terremoto sull’Appennino umbro-marchigiano, con gravi danni tra Cagli, Fabriano, Nocera Umbra e Foligno.
XVIII SECOLO 28 LUGLIO 1799: un intenso sciame sismico con forti scosse nelle Marche causarono gravissimi danni nell’area compresa tra Camerino, Sarnano, Cessapalombo e San Ginesio. Cessapalombo fu quasi distrutta.
XX SECOLO 30 OTTOBRE 1930: un sisma con epicentro tra le province di Pesaro ed Ancona, dagli effetti maggiori a Senigallia, colpite gravemente anche Fano, Montemarciano, Mondolfo, San Costanzo ed Ancona;
3 OTTOBRE 1943: un terremoto tra Marche ed Abruzzo, con
epicentro tra Offida e Castignano; ampiamente coinvolta tutta la provincia di Ascoli Piceno;
25 GENNAIO 1972: un sisma lungo 11 mesi destabilizzò la popolazione Anconetana;
26 SETTEMBRE 1997: un sisma importante colpisce lungo l’asse della dorsale montuosa degli Appennini;
24 AGOSTO, 26 E 30 OTTOBRE 2016: 57 i comuni colpiti tutti a ridosso dell’Appenino Centrale dalla provincia di Ascoli Piceno a Macerata, 25.000 sfollati
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I PERCORSI DI WHY MARCHE
IL DECRETO LEGGE DEL 24 NOVEMBRE 2016 CITA BEN 57 COMUNI E STANZIA FONDI E INCENTIVI ALLE POPOLAZIONI COLPITE FO L (M IG C O N G NO A R S N R O CE T I ); A ( AP D ON MC OP ) R O ; O G A (F ;M G L IOLE (MC); L M M) ) ;M (F N ON NO I T M E NN C A E A V T A LLO E EL APP E N ( N M O C C A L ) ; A M F ED O N E N T O ( LL F M) VA ; S E FRO RA ( M C ) ;S SER ERRAPETRONA (MC); CH
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LE INIZIATIVE A SOSTEGNO DELLE ATTIVITA’ Diverse le iniziative per dare un sostegno concreto alle attività commerciali che caratterizzano da sempre la nostra identità regionale. Noi ve ne citiamo alcune www.dajemarche.it www.coraggiomarche.it www.macerata.confartigianato.it/2016/11/23/acquisti-solidali/ http://www.regione.marche.it/Regione-Utile/Agricoltura-Sviluppo-Rurale-e-Pesca/Sostieni-le-Marche WHY MARCHE | 15
ANIMA
“IL MATTINO DOPO”, LA FURIA DEL SISMA NELLE FOTO DI VAGNONI
Strazio, macerie, distruzione. Dentro e fuori. Nell’anima e nel cuore. Negli occhi e nei ricordi. Non è semplice descrivere un devastante terremoto a chi non l’ha mai vissuto in prima persona. Per farlo, occorre avere il dono della sensibilità, occorre saper trasmettere un certo pensiero, una sensazione, un vissuto. Andrea Vagnoni ci è miracolosamente riuscito con la sua macchinetta fotografica. Da consumato reporter che ha il dono della discrezione ed il senso delle cose, è salito verso le zone del sisma appena dopo la tremenda scossa dello scorso 24 agosto. Il risultato di quanto scattato è al centro della mostra “Il mattino dopo”, curata ed organizzata da Daniele De Angelis, che resterà presso lo Spazio NovaDea della Libreria Prosperi di Ascoli Piceno fino al prossimo 7 gennaio grazie anche alla collaborazione di Moab by Legion Paper e Life Foto. Un percorso che si compone di 25 foto, una serie di stampe di cartoline storiche (per un crudo quanto efficace confronto con l’attualità), gli scritti dello stesso De Angelis e della storica dell’arte Margherita Zanardi. Tra gli obiettivi, c’è quello nobile di sostenere l’associazione Pescara del Tronto 24/8/2016 Onlus attraverso il ricavato che verrà dalla vendita delle copie delle fotografie. Parte integrante del tutto, ovviamente, le sentite parole di Vagnoni. «Sono partito subito dopo la prima scossa alla volta di Ascoli, in quanto
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non vedevo più le sue luci da casa mia (situata nella campagna vicina, ndr) e la preoccupazione che fosse accaduto il peggio è stata tanta, pensi subito a familiari ed amici. Solo poi ho deciso di salire verso l’interno, avendo conferma dalla radio che l’epicentro era nella zona di Accumuli, a documentare l’entità dell’evento e a misurarmi con questa esperienza. Nel tragitto mi sono messo in contatto con Ignacio Maria Coccia, lui era già sul posto, così ci siamo incontrati e da lì in poi abbiamo passato i seguenti sei giorni quasi sempre insieme, fino alla celebrazione funebre di Amatrice. E’ stato importante avere il riferimento di un fotogiornalista con la sua esperienza; vedere sul campo come ci si muove è una maniera “vecchia scuola” per apprendere ma molto diretta ed efficace. Gliene sono molto grato, è stato come chiudere il cerchio di un percorso formativo iniziato molti anni fa proprio con lui e Fabio Cuttica». DAGLI SCATTI SI PERCEPISCE LO STUPORE DERIVATO DAL RAPPORTARSI DINANZI A TALI SCENE APOCALITTICHE. «Ciò che ti mozza il fiato è la mancanza di quell’equilibrio tra paesaggi naturali ed architettonici a cui eri solito; per motivi di passaggio, scampagnate e lavoro,
I PERCORSI DI WHY MARCHE fanno parte del tuo vissuto e quella devastazione ti lascia nell’immediato il senso di vuoto ed incertezza sul futuro». E’ STATO DIFFICILE MUOVERSI IN UN CONTESTO SIMILE? «Diciamo che sul campo le difficoltà variano in base a quanto si decide di rischiare; si parte dal presupposto che comunque si è in un contesto abbastanza pericoloso. Certamente la presenza di colleghi e soccorritori aumenta il senso di sicurezza ma l’asticella dell’attenzione non va mai abbassata; penso a crolli secondari indotti da vibrazioni dei mezzi di soccorso o scosse d’assestamento, fughe di gas e acqua, cavi elettrici scoperti, eccetera. Ci vuole molta prudenza anche negli spostamenti; dopo le scosse alcuni viadotti sulla Salaria avevano giunti disallineati molto pericolosi, da superare a bassissima velocità; nelle strade interne c’erano piccole frane e smottamenti». LE IMMAGINI COLPISCONO ANCHE PER UNA PRECISA SCELTA STILISTICA CHE TENDE AD EVITARE IL COSIDDETTO SENSAZIONALISMO. «L’impatto della devastazione sugli edifici e la mole dei soccorritori presenti, sono sufficienti a capire che lì si è lavorato con la speranza di salvare più persone possibili in uno scenario drammatico. Credo non serva il morto per far riflettere sul messaggio che vogliamo veicolare attraverso questo progetto. L’intenzione non era di enfatizzare più di quello che già è un tragico evento, ma lavorare per una presa di coscienza sul tema. Ho scelto di non scattare una certa foto piuttosto che un’altra; durante l’identificazione di due vittime ho scelto di spostarmi e fotografare tutto da un’altra angolazione, dove un lenzuolo steso a copertura da alcuni soccorritori evitava la visione dei corpi: gli sguardi di chi poteva vedere dietro quel lenzuolo parlano da sé».
dissestano psicologicamente». E’ PIÙ TORNATO LÌ? «Un paio di volte, mi tengo in contatto con delle persone terremotate che con il loro vissuto possono contribuire a tenere alta l’attenzione sulle comunità e sulla ricostruzione quando i media decideranno di abbassare i riflettori». COSA PENSA ACCADRÀ ORA A QUEI LUOGHI? «Vedendo la vastità del territorio colpito, soprattutto dopo le altre forti scosse di ottobre, sono molto preoccupato in merito all’abbandono dei paesi più piccoli. Poi c’è l’aspetto psicologico sia di chi deve tornarci a vivere, sia di chi ci andava da turista; vincere la paura non sarà facile, serviranno tempo e fatti volti a dimostrare il concretizzarsi di scelte consapevoli. Sicuramente le comunità che si dimostreranno più coese ed organizzate avranno la possibilità di ripartire prima e meglio, solo da loro può arrivare il segnale motivante per coinvolgere e sollecitare le istituzioni. Per questo è stato positivo vedere nascere tante realtà associative locali. Poi c’è quello che ognuno di noi può fare nel piccolo e questo non è poco: importante è non limitarsi alla donazione ma essere parte attiva, anche la semplice presenza e conoscenza di queste piccole realtà può dare sostegno e coraggio ad andare avanti». di Luca Capponi
PERCHÉ LA SCELTA DEL BIANCO E NERO? «Il reportage per me è bianco e nero. Aiuta e sollecita a concentrarsi sul contenuto sia il fotografo quando lavora che chi si pone all’attenzione della foto. C’è meno distrazione rispetto al colore. Poi esistono le eccezioni, naturalmente». COSA LE HA LASCIATO NELL’ANIMA TALE ESPERIENZA? «Credo che l’adrenalina riesca a compensare l’iniziale fase di assestamento all’evento, poi la capacità di distaccarmi durante la fase operativa mi ha permesso di passare diversi giorni in quella situazione e portare avanti il lavoro. Purtroppo è quando esci dal contesto per riprendere fiato che si ripropongono certe immagini nella testa oppure una doccia diventa solo funzionale e non più momento di relax, perché il pensiero che arrivi una scossa ti farebbe trovare impreparato. Credo che il coraggio ce lo stanno mettendo tutti i cittadini che sono stati toccati da quest’esperienza, anche marginalmente; le scosse più forti hanno demolito la nostra certezza di vivere e lavorare in edifici sicuri, e quelle di assestamento in realtà ci
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ANIMA
“Purtroppo è quando esci dal contesto per riprendere fiato che si ripropongono certe immagini nella testa oppure una doccia diventa solo funzionale e non più momento di relax, perchè il pensiero che arriva una scossa ti farebbe trovare impreparato.”
Photo b/n - Andrea Vagnoni 18 | WHY MARCHE
I PERCORSI DI WHY MARCHE
MUSEI E PAESAGGI CULTURALI… IL SISMA NON PERDONA
Solo pochi mesi fa Why Marche coglie l’occasione della 24° conferenza internazionale di ICOM, che si è tenuta a Milano lo scorso lu-glio, per creare un numero speciale della rivista dedicato a Musei e Paesaggi Culturali nelle Marche. Iniziativa di turismo culturale, promossa dalla comunità museale marchigiana del Coordinamento Regionale di ICOM Marche, che coinvolge il più ampio tessuto produttivo, sociale e culturale della regione …. i paesaggi culturali delle Marche. Si strutturano così dei percorsi nell’intero territorio regionale e si affida alla scrittura raffinata e luminosa di Lucia Tancredi la narrazione poetica dei no-stri luoghi e della capacità di viverli con amore e passione dalle comunità. L’impegno nel parlare del rapporto che esiste tra istituti culturali e paesaggi si sviluppa in ulteriore pubblicazione con un taglio più specialistico edita sempre da Theta Edizioni. I musei esprimono così la volontà di uscire dai propri spazi di conservazione di beni materiali e immateriali per aprirsi al territorio e trovare nuove strade per costruire percorsi di rigenerazione culturale. Oggi il quadro è cambiato: le terribili scosse tra agosto e ottobre hanno inferto ferite drammatiche a molti di questi paesaggi culturali. Alcuni degli istituti museali che avevano partecipano con vivacità e passione al fertile momento culturale hanno interrotto la propria azione. Trentacinque sono i musei danneggiati tra il Lazio, Marche e Umbria. Ben ventidue nelle Marche. Diciassette istituti chiusi per inagibilità degli edifici, con l’urgente necessità di provvedere con interventi di messa in sicurezza e il rapido allontanamento delle opere. Due musei chiusi perché in zone dichiarate rosse, due in attesa di sopralluoghi per verificare lo stato delle strutture. Gravissima appare la situazione del patrimonio diffuso. Pievi, chiese e palazzi, patrimoni diffusi con i quali si era costruito e rilanciato il sistema di relazioni culturali e sociali appare oggi in tutta la fragilità della propria materia. Purtroppo in una situazione di stallo, ancora in attesa di una messa in sicurezza urgente che sembra non arrivare, nonostante l’avanzare della stagione e l’inevitabile aggravio dei danni. A quest’offesa fisica del patrimonio si aggiunge la difficoltà dal punto di vista produttivo. I Musei chiusi hanno interrotto i servizi culturali. Situazione ancora più grave nel caso dei servizi esternalizzati, con ditte appaltatrici in difficoltà. Operatori museali che non pos-sono svolgere attività e vivono in prima persona le difficoltà quotidiane di essere terremotati. Il sisma ha avuto anche ricadute indirette nei musei delle Marche aperti in zone più o meno limitrofe le aree colpite, che
hanno visto annullare le attività prenotate da scuole e visitatori. E così in queste terre della Sibilla che si snodano tra Ascoli Piceno e Macerata impegnate per uno sviluppo produttivo fatto di cultura: artistica, artigianale, enogastronomica e di accoglienza (mai rumorosa e invadente, ma sempre generosa e cordiale), si ha l’impressione che tutto il lavoro di questi anni si stia sbriciolando. Dopo il primo momento di silenzio doloroso è seguito l’orgoglio immediato della ripresa. Oggi invece la sensazione è che il sistema si sia fermato. Non è chiaro chi, come e con quali fondi sia possibile realizzare la necessaria messa in sicurezza del patrimonio culturale. Vi sono muri lesionati, absidi crollati, affreschi in frantumi, opere sotto le macerie, opere in depositi sparsi per il territorio, in attesa che siano posti in opera gli urgenti presidi strutturali e i dispositivi di protezione dei beni. L’attivazione del preparatissimo Gruppo di Protezione Civile Beni Culturali di Legambiente Marche ha portato un po’ di sollievo, poiché sono ormai definitivamente avviate le operazioni di evacuazione delle opere dagli edifici a rischio crollo in collaborazione con l’Unita di Crisi Regionale del MiBACT. Ci auguriamo che a questa prima fase, che troverà senza ulteriore indugio la corretta operatività mettendo in sicurezza beni mobili ed edifici, segua la dovuta attenzione affinché risorse finanziarie e progettualità costanti siano rivolte al tessuto produttivo rurale, turisti-co e non dimentichiamolo ….culturale. Gli stessi responsabili dei musei direttori, conservatori
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ANIMA e operatori in prima persona si stanno occupando di costruire progetti di sviluppo culturale che colgano l’occasione per riprendere i servizi culturali, l’attività di ricerca e di comunicazione. Come nel caso della Rete museale dei Sibillini che ha avviato una sorta di gemellaggio con Il museo di Osimo e la Fondazione Campana. ADOTTA UN MUSEO: sosteniamo i musei e i paesaggi culturali delle Marche ICOM Italia (Internazional Council of Museum), che fin dalla prima scossa ha ricevuto molte espressioni e sollecitazioni di partecipa-zione a livello nazionale e internazionale, ha avviato l’iniziativa ADOTTA UN MUSEO. Il Comitato Italiano si è posto come facilita-tore per mettere in contatto le offerte di solidarietà, economica e di servizio, con la reale domanda dei musei colpiti nel Lazio, Marche, Umbria. L’azione di ICOM Italia si è strutturata secondo quattro linee di azione : • Interventi di restauro e valorizzazione dei beni culturali danneggiati • Interventi di restauro e recupero delle strutture museali • Interventi di sostegno alle attività degli istituti museali per la ripresa dei servizi culturali
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• Interventi di valorizzazione dei paesaggi culturali ICOM ha aperto un conto corrente di solidarietà e ha istituito un gruppo di lavoro per elaborare schede progetto opera-tive finalizzate a costruire gli interventi necessari su indicazione dei musei in difficoltà e le proposte di solidarietà perve-nute. Obiettivo è sostenere i professionisti museali e il patrimonio di cui sono responsabili con iniziative che, nel risolve-re i problemi immediati, possano costituire ipotesi di sviluppo a medio e lungo termine in coerenza con le mission mu-seali. Nel mese di dicembre verranno segnalati i diversi interventi sviluppati con i responsabili dei musei terremotati e gli enti, istituzioni, musei gemellati, associazioni e i diversi soggetti intenzionati a contribuire. di Tiziana Maffei
Musei in Adozione: info museinadozione@icom-italia.org Per contributi di sostegno ai musei n. 05000/1000/147761 Iban: IT34 M033 5901 6001 0000 0147 761 BIC: BCITITMX
Photo - Lucia Paciaroni e Luca Marcantonelli
I PERCORSI DI WHY MARCHE
I MUSEI COLPITI DAL SISMA
RETE MUSEALE DEI SIBILLINI Loro Piceno (MC) | Ex Granai del castello del Brunforte: Museo delle due Guerre mondiali - Chiostro di San Francesco: Mostra permanente delle attrezzature del Vino cotto Chiuso in attesa di sopralluogo per la verifica delle strutture. Montalto (AP) | Polo museale Città di Sisto V Palazzo del Presidato Sistino: Museo Archeologico - Museo delle Carceri - Museo Etnografico L’acqua, la terra, la tela - Pinacoteca Civica | Seminario Vescovile: Museo Diocesano Chiusi per inagibilità dei locali a causa di lesioni diffuse dell’edificio. Montefalcone Appennino (FM) | Polo Museale Palazzo Felici: Museo Comunale dei Fossili e dei Minerali - Museo dell’Alamanno – CEA, Centro di Educazione Ambientale Aperto. Sono stati danneggiati alcuni oggetti caduti a seguito dell’evento sismico del 30 ottobre. Montefortino (FM) | Polo Museale Palazzo Leopardi: Museo dell’Avifauna dei Monti Sibillini - Pinacoteca Civica Fortunato Duranti - Museo di Arte Sacra - Centro Visita del Parco Nazionale dei Monti Sibillini Chiuso per inagibilità dell’edifico. Molte sale decorate della splendida Pinacoteca risultano lesionate. Sia valutando l’opportunità di metter in sicurezza le opere. Montelparo (FM) | Polo Culturale di Sant’Agostino: Deposito attrezzato di Arte sacra | Chiesa di San Michele: Museo di arti e mestieri Chiuso per inagibilità dell’edifico. La struttura è lesionata nella zona sudovest. Le sale che ospitano il Deposito visitabile al pubblico sono da presidiare. In fase di valutazione l’evacuazione delle opere. Chiesa di San Michele in attesa di sopralluogo. Monte Rinaldo (FM) | Area Archeologica La Cuma - Ex Chiesa del Crocifisso Museo Civico Archeologico. Chiusi entrambi i siti per inabilità. La Chiesa che ospita il museo ha gli interni a rischio crollo, sono state evacuate le opere. San Ginesio (MC) | Pinacoteca Scipione. Gentili: Sezione Antica, Sezione moderna Chiuso per inagibilità l’edifico. L’edificio che ospita la Pinacoteca Moderna e l’Archivio è sede del Comune è fortemente danneggiata. La Chiesa che ospita la Sezione antica ha subito gravi danni nella parete dell’altare maggiore. Si è provveduto all’ evacuazione delle opere. L’intero centro storico del borgo è zona rossa.
Salone delle Feste. E necessario lo spostamento delle collezioni dai locali danneggiati.
RETE MUSEALE PICENI Offida (AP) | Polo museale Palazzo De Castellotti: Museo Civico Archeologico - Museo Merletto a Tombolo - Museo Tradizioni popolari Chiuso per inagibilità. L’edificio che ospita anche la biblioteca presenta lesioni. Si sta valutando lo spostamento di parte delle collezioni nelle sale più sicure. Ripatransone (AP) | Museo Civico Palazzo Bonomi Gera Chiuso per inagibilità. L’edifico già da tempo chiuso per urgenti lavori al tetto risulta lesionato nei 3 piani, desta particolare preoccupazione il
Sarnano (MC) | Pinacoteca comunale e Musei Civici L’intero complesso è chiuso per inagibilità. La struttura presenta crolli parziali e lesioni gravi. Si è provvederà presto all’allontanamento delle opere. L’intero centro storico è zona rossa, la popolazione è stata evacuata.
RETE MUSEI SISTINI Castignano (AP) | Museo Diocesano Chiesa di San Pietro Chiuso per inagibilità Chiuso per inagibilità. Reliquiario della Santa Croce imballato e portato in sicurezza. Alcuni oggetti sono stati portati via dalle vetrine. Utilizzato il Museo di Montemonaco come deposito di emergenza. Force (AP) | Museo Di Arte Sacra Chiuso poiché all’interno della zona rossa. Comunanza (AP) | Museo diocesano Palazzo Pascali Chiuso poiché all’interno della zona rossa. Camerino (MC) | Polo Museale di San Domenico: Museo delle Scienze Naturali dell’Università, Musei Civici, Museo Diocesano Chiuso per inagibilità, Il complesso è in zona rossa. La struttura presenta lesioni gravi sulle mura interne e crolli parziali. Si è proceduto all’allontanamento delle opere più importanti è prossima l’evacuazione totale delle collezioni. Corridonia (MC) | Museo Civico Diocesano Chiuso per inagibilità dell’edifico. Si è proceduto all’allontanamento delle opere più importanti. Macerata (MC) | Musei Civici Palazzo Bonaccorsi Aperto. Il Museo ha avuto piccoli danni al Salone dell’Eneide. Fermo (FM) | Musei di Palazzo dei Priori | Museo Polare Zavatti di Villa Vitali Chiuso il primo e secondo piano del Palazzo La struttura presenta numerose lesioni in particolare il piano della Pinacoteca. Si sta valutando l’evacuazione delle opere. Proseguono le attività museali negli altri edifici culturali della città. Matelica (MC) | Museo Piersanti Chiuso. L’amministrazione comunale sta provvedendo per accogliere le opere del museo e delle nu-merose chiese danneggiate.
Visso (MC) | Museo Civico Diocesano – Museo dei Manoscritti leopardiani L’intero complesso è chiuso per inagibilità. La struttura presenta crolli parziali e lesioni gravi. Si è provveduto all’allontanamento delle opere. WHY MARCHE | 21
ANIMA
LA CROCE ROSSA MARCHE TERREMOTO 2016
Dal 24 agosto 2016 la Croce Rossa delle Marche ha portato la propria azione ed il proprio sostegno nei territori del sisma. In sinergia con il dipartimento di protezione civile è ancora oggi impegnata nelle attività di assistenza alla popolazione, nel monitoraggio e censimento della popolazione presente dei diversi campi, nelle attività socio-assistenziali oltre all’importante assistenza psicologica con le proprie unità di Supporto Psicologico in Emergenza che operano in stretto coordinamento con gli Psicologo dell’ASUR e di altre Associazioni.
Dopo il primo tragico evento del 24 agosto, che ha visto purtroppo un pesante tributo di vittime, la Croce Rossa ha da subito garantito il soccorso sanitario impegnando ambulanze, volontari adeguatamente formati per i soccorsi speciali e le unità cinofile per il ritrovamento delle persone sotto le macerie. In seguito, ha improntato la sua attività per l’attivazione di un campo, chiesto dal Dipartimento Nazionale, che come CRI ha accolto gli sfollati della piccola frazione di Pretare ove, tra i diversi servizi di assistenza, si è anche garantita sia quella sanitaria che psicologica. Nei primi due mesi, dopo il 24 agosto, l’attività ha riguardato la zona circoscritta dell’Ascolano attraverso la turnazione di circa 150 volontari, corpo militare CRI ed infermiere volontarie accorsi da diversi comitati della regione: Urbino, Senigallia, Fano, Pesaro, Cagli, Fossombrone, Loreto, Osimo, Ancona, Comunanza, San Benedetto del Tronto, Porto Potenza Picena, Jesi, Castelplanio, Marotta, Macerata ed altri. E’ stato aperto anche un magazzino a Castel di Lama – grazie alla generosità di una azienda locale - per lo stoccaggio dei beni materiali e di prima necessità donati dai semplici cittadini e dalle aziende, beni che poi sono stati distribuiti 22 | WHY MARCHE
nei vari campi CRI oltre che alle famiglie sfollate. Purtroppo nessuno poteva prevedere che il 30 ottobre sarebbe arrivata quella che sarà ricordata come la scossa più intensa mai registrata in Italia negli ultimi 36 anni. La scossa del 30 ottobre, che è stata anticipata da quelle del 26 ottobre, ha visto la Croce Rossa delle Marche già presente nei territori garantendo, fin da subito, il primo soccorso sanitario grazie all’attivazione di tanti volontari della Regione Marche. L’evento avvenuto alle 7.40 del mattino ha, tragicamente, aggravato la situazione in tutte le zone già ferite dalle scosse di agosto e del 26 ottobre. Pesanti crolli si sono registrati nelle aree montane dei Sibillini e, per fortuna, senza provocare nessuna vittima. Di contro, però, è cresciuta la tensione e la paura di tutte le persone già sotto shock per i precedenti eventi. La zona marchigiana interessata dall’evento si è estesa a macchia d’olio e, con le sole forze derivanti dai Volontari dei comitati marchigiani, non si poteva far fronte all’emergenza e per questo sono stati attivati tutti i comitati d’Italia, che da quel giorno si sono messi a disposizione della CRI delle Marche. E’ stata una gara di solidarietà, la macchina organizzativa
I PERCORSI DI WHY MARCHE della Croce Rossa Italiana si è messa immediatamente in moto e diversi volontari da tutta Italia sono venuti in aiuto ai colleghi marchigiani, molti dei quali hanno incessantemente prestato servizio nonostante fossero loro stessi terremotati. Una catena di solidarietà veramente commovente che continuerà ancora per molto. Nelle zone più pesantemente colpite, la protezione civile ha organizzato il trasferimento degli sfollati verso le zone costiere, dove la CRI è intervenuta per fare il censimento e portare supporto psicologico. A Camerino, la cucina allestita dalla Croce Rossa Italiana – proveniente da Avezzano - prepara centinaia di pasti ogni giorno, che sono consegnati anche nelle numerose frazioni della città ove diverse famiglie sono rimaste nelle loro case. Il container Farmacia, messo a sempre a disposizione dalla CRI, prosegue quotidianamente l’attività ed i volontari si adoperano per supportare la popolazione durante la routine quotidiana, in caso di visite mediche specialistiche o prestazioni di natura sanitaria. A Visso, dopo che decine di persone hanno trovato rifugio presso la sede CRI per diverse notti, ora sono circa 30 le persone che si trovano in roulotte o sistemazioni temporanee ed usufruiscono dei servizi mensa e supporto di vario genere che sono attivati preso la nostra sede locale; a Sarnano, sino a pochi giorni fa oltre un centinaio di persone erano ospitate all’interno del palazzetto dello sport ed era in funzione una cucina della CRI proveniente dal Piemonte. A Pievebovigliana la CRI di Lucca ha insediato una sua cucina a sostegno della popolazione locale; a San Severino Marche le centinaia di sfollati ospitati presso le strutture sportive della città hanno visto la CRI locale impegnata in tutte le attività di censimento e gestione socio sanitaria con l’attivazione anche di una ludoteca per bambini. A Tolentino la CRI ha garantito l’assistenza sanitaria ai vari centri di raccolta della popolazione; a Montalto di Cessapalombo sta ancora garantendo la sua presenza a supporto della popolazione rimasta in loco ed ospitata in tende. A Matelica ha assistito decine di persone organizzando, anche all’interno della capiente sede, un punto di raccolta degli sfollati. A Comunanza, Amandola, Montefortino e Montemonaco ha ugualmente dato assistenza e supporto ai vari campi attivati garantendo una presenza sia socio-sanitaria che una ulteriore ludoteca presso il punto di raccolta di Montefortino. Ad Ascoli Piceno per diversi giorni si è dato supporto e sostegno alla popolazione che, di notte, dormiva nelle macchine o era sfollata in alcune strutture del luogo. Nel fermano ed a San Benedetto del Tronto si è soprattutto operato a sostegno degli sfollati provenienti dai vari comuni dell’entroterra. Per dare l’idea della vastità dell’operazione basti pensare che dall’inizio dell’emergenza, i pasti preparati e serviti alla popolazione e ai soccorritori hanno superato quota 60mila. Sino a pochi giorni fa, erano oltre 300 i volontari impegnati quotidianamente nei diversi luoghi interessati dagli eventi sismici, con oltre 100 mezzi tra cui furgoni, ambulanze e pullmini. Ora che, mano a mano, si stanno risolvendo le situazioni di accoglienza di massa in strutture sportive a vantaggio di sistemazioni alberghiere
o autonome in case agibili, le esigenze numeriche dei volontari sono fortemente diminuite. Seppur nel pieno dell’emergenza, la CRI nazionale sta anche guardando alle prospettive per il futuro attraverso la gestione dei fondi raccolti con le donazioni che superano i 13 milioni di euro; questi saranno impiegati in progetti permanenti, che verranno ideati e condotti all’insegna della trasparenza, partecipazione e unità di intenti con i comuni colpiti e le popolazioni. A questo scopo, Croce Rossa Italiana ha istituito un Comitato Etico con la funzione di garantire la linearità di ogni processo di utilizzo delle donazioni ricevute in stretta collaborazione e raccordo con il Dipartimento Nazionale di Protezione Civile.
Photo - Emanuele Bajo
Croce Rossa Italiana – Comitato Regionale Marche
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ANIMA
L’INCOMPRENSIBILITA’ DELL’INCOMPRENSIBILE «Il terremoto produce una ferita nell’anima perché costituisce uno strappo con quella rassicurante quotidianità che inquadra la nostra esistenza, costringendoci a prendere atto di un aspetto che la società narcisistica in cui viviamo si sforza di rimuovere: il nostro essere al mondo dipende da circostanze ed eventi su cui non abbiamo alcun controllo. Il terremoto ci inchioda - e ci angoscia - ricordandoci che siamo “niente” e che c’è una parte della nostra esistenza - un “reale” più consistente di quanto vorremmo - che rimane assolutamente incomprensibile. E all’interno di una società che pretende di spiegare ogni minimo fenomeno come quella contemporanea, un accadimento come il terremoto appare tra gli eventi incomprensibili - se mi passa la ripetizione - ancora più incomprensibile».
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Daniele Luciani è un giovane e dinamico psicologo, psicoterapeuta e psicoanalista, nonché membro dell’Associazione Lacaniana di Psicoanalisi. E’ nato, vive ed opera primariamente nel Piceno. Impossibile, dunque, non parlare con lui degli effetti che la devastante scia sismica iniziata lo scorso 24 agosto ha prodotto sulla popolazione. LUCIANI, POSSIAMO AFFERMARE CHE, NELL’UOMO, CIÒ CHE È INCOMPRENSIBILE FA TRAUMA? “Esattamente. Ad un primo livello il terremoto appare traumatico perché ci ricorda che, al di là degli ideali e delle passioni che riempiono la nostra esistenza, siamo esseri tutt’altro che potenti, tutt’altro che vicini a quell’immagine di perfezione cui l’umanesimo prima, la scienza ed il capitalismo ci hanno abituati. Questo mi porta a sottolineare il secondo aspetto in questione e a dire che le recenti scosse sismiche hanno avuto una grande risonanza emotiva su un numero elevato di persone non solo a causa della sua inusitata virulenza o del terrore per una sua futura riproposizione. La risonanza si è prodotta a causa di un’epoca incapace di aiutare l’individuo ad elaborare collettivamente il trauma, ma anche a causa di un elevato abbassamento della soglia di tolleranza individuale al trauma. Questi due aspetti derivano entrambi da un discorso sociale “bucato”, “sregolato”, “liquido” - per dirla con Bauman - che non è più in grado di fornire delle coordinate simboliche capaci di dare un senso agli eventi della vita, soprattutto a quelli più infausti”. PUÒ FARCI UN ESEMPIO? “Un tempo, in occasione delle sventure che coinvolgevano anche solo poche famiglie, tutta - ma proprio tutta - la comunità si raccoglieva e con l’aiuto dei membri più anziani, dei più saggi o del supporto della fede riusciva ad includere il dolore vissuto da pochi all’interno della vita di molti. Insomma dal trauma si ricavava un senso che placava l’angoscia di chi lo viveva, ricordando al contempo agli altri la finitezza della natura umana. Oggi l’individuo è quasi sempre lasciato solo di fronte all’elaborazione del dolore e, come nel caso del terremoto, di fronte ad un televisore che rilancia immagini su immagini senza che nessuno aiuti a comprenderle, immagini dolorose che vengono subite senza alcuna mediazione simbolica, senza potersene difendere. È a causa della caduta degli ideali che presidiavano il discorso sociale che è sempre più complicato elaborare eventi “oggettivamente” traumatici (un lutto, una malattia, una separazione), ma anche fare fronte ad una nuova ondata di “micro-traumi” provenienti da eventi che
I PERCORSI DI WHY MARCHE sarebbero facilmente metabolizzabili come, ad esempio, un brutto voto all’università, una banale lite con un vicino, il sapere di essere stati oggetto di scherno”.
QUINDI, DA COSA DERIVANO I SINTOMI PSICOLOGICI PRODOTTI DAL TERREMOTO?
“Per esperienza clinica mi sento di dire che vi sono individui che anche di fronte ad un grave lutto o alla perdita di ogni bene non si perdono d’animo e trovano rapidamente le risorse per riprendere a vivere. Ne ho visti tanti in questi mesi adoperarsi alacremente nel trovare una nuova sistemazione o un nuovo locale per proseguire la propria attività lavorativa o anche solo per confortare parenti e amici. Ve ne sono invece altri che anche vivendo lontano dalle zone più colpite hanno sviluppato gli stessi sintomi - tra gli altri, ansia, insonnia, cefalee, disturbi gastrointestinali - che è possibile ravvisare in chi è stato sottoposto ad un forte stress”. COSA SIGNIFICA TUTTO CIÒ? “Questo significa che non solo le risposte all’evento sismico sono tante quante gli individui che sono costrette a sopportarlo - non possiamo cioè considerare il terremoto traumatico allo stesso modo per tutti - ma anche che non è sufficiente che si verifichi un evento considerato traumatico perché si produca effettivamente un trauma. Insomma, ogni evento traumatico porta la cifra del proprio inconscio. Da questo punto di vista un evento come il terremoto produce un trauma non nel momento in cui accade, ma solo a posteriori, ovvero nel momento stesso in cui si cerca di elaborarlo. Non è infrequente infatti che un trauma come il terremoto spinga a risvegliare l’inconscio di un individuo fino al punto da ricordargli eventi “opachi” ed indecifrabili del proprio passato sino a condurlo da un’analista per tentare di chiarirli”. COSA PUÒ CONSIGLIARE A CHI È STATO TOCCATO DAL TERREMOTO? “Se abbiamo detto che le conseguenze sintomatiche del terremoto non possono che essere variabili della posizione soggettiva rispetto al trauma, sarebbe bene che chiunque si senta toccato in qualche modo da tale trauma possa trovare il proprio percorso di cura. A seconda della situazione potrà avvalersi del supporto farmacologico prescritto da uno psichiatra, frequentare un gruppo di ascolto o, laddove abbia bisogno di più tempo per elaborare, di una terapia di gruppo o di una psicoterapia. Tuttavia, mi sento anche di fornire qualche consiglio di carattere generale. Sarebbe bene che l’adulto potesse condividere i propri sentimenti e pensieri senza vergognarsene. Nel caso, anche con dei professionisti: riuscire a parlare della propria angoscia a chi sa accoglierla senza farsene angosciare a sua volta è già un principio di cura. Cercare di riprendere, per quanto possibile, le proprie attività lavorative ed i propri interessi senza rimandarli in un tempo futuro, senza pretendere cioè di risolvere subito i conti con l’angoscia, la paura o con gli altri eventuali sintomi che potrebbero essere sorti. Gli adulti dovrebbero entrare nell’ottica di convivere con
eventuali nuove scosse sismiche, con i ricordi spiacevoli ingenerate da quelle più forti, ricordandosi che se è vero che il panico è contagioso, anche la tranquillità può esserlo”. E COSA DIRE DEI BAMBINI? NON SONO FORSE LORO I SOGGETTI PIÙ ESPOSTI AL TRAUMA DEL TERREMOTO? “Non necessariamente. Innanzitutto ritengo fondamentale per un bambino poter contare su genitori ed educatori il più possibile sereni: se lo sono veramente il bambino può anche non risentire in alcun modo del terremoto. Viceversa, laddove l’adulto si mostri particolarmente angosciato rischia di trasmettere la propria angoscia, perché soprattutto negli eventi che i bambini non riescono a simbolizzare fanno appello all’adulto di riferimento per poterli definire. Esser sereni e trovare le parole giuste per parlare del terremoto - si può utilizzare un linguaggio fiabesco per i più piccini e uno tecnico-scientifico per quelli già cresciuti - possono tranquillamente placare le loro paura e prevenire nella maggior parte dei casi l’insorgenza di sintomi. Insomma, sarebbe bene lasciare che i bambini riprendano le attività fondamentali per la loro crescita - il gioco e la scuola - senza esporli a questioni o angosce di cui gli adulti devono farsi carico. Proprio loro devono essere altrettanto bravi ad intercettare segni di un disagio più profondo che il terremoto può sollevare in alcuni bambini; un disagio che va subito indirizzato ai professionisti dell’età evolutiva. In conclusione, vorrei approfittare di questo discorso per ricordare il lavoro di tutti i colleghi dell’Asur, della Protezione Civile, delle associazioni di volontariato - un lavoro spesso oscuro e sottovalutato - che con pazienza, professionalità e determinazione si stanno impegnando a sostenere le popolazioni terremotate da più di tre mesi. Il mio auspicio è che anche grazie a loro queste ultime possano tornare quanto prima a quella quotidianità che gli è stata sottratta”. di Luca Capponi
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ANIMA
UN TERREMOTATO QUALSIASI
Mi è successo anche stanotte: mi succede tutte le notti, dopo quel maledetto terremoto. Fatte tutte le debite proporzioni, adesso capisco che cosa provava Primo Levi quando ad Auschwitz, come racconta nel suo terribile Se questo è un uomo, faceva quei sogni meravigliosi in cui si ritrovava nel mondo normale e tranquillo di prima. Quel mondo che non avrebbe ritrovato mai più, neanche sopravvivendo a quell’orrore. Ho sognato che era mattina, una mattina normale a casa mia. Ero in cucina, con la radio accesa, e ascoltavo Il Ruggito del Coniglio, e ridevo alle battute di Marco Presta e Antonello Dose mentre mi preparavo la colazione, il mio solito caffè e basta, sapendo che poi mamma avrebbe rimbrottato perché “la mattina bisogna sempre mangiare qualche cosa”. Era tutto normale, nel sogno: il tavolo della cucina con sopra ancora qualche briciola della cena, una falena appesa a una tendina della finestra, e oltre le tendine e i vetri il mio paese (non mi chiedete quale, che importanza ha?): il mio paese con le case di pietra e mattoni, e i tetti coperti di coppi che il sole la mattina li illumina e ti riscalda la giornata solo a vederli. Sotto, sulla strada, s’alzava la saracinesca del bar, quello dove m’affaccio… dove m’affacciavo sempre, scendendo da casa, per salutare la gente dentro mentre andavo al lavoro. Il gatto veniva a strusciarmisi contro le gambe, io lo tiravo su e gli davo un po’ delle sue crocchette; e lui si metteva a mangiare, col posteriore alzato e la coda dritta e tesa, a sgranocchiare facendo le fusa e a sollevare ogni tanto la testa dalla scodella per guardarsi intorno, perché i gatti sono sempre sospettosi anche quando tutto è normale, e debbono sempre controllare la situazione. Anche quando tutto è normale. Nel sogno vedevo anche quella macchia sulla parete, vicino all’interruttore della luce, e mi dicevo che prima o poi dovevo decidermi a ridipingere il muro, perché ora che la casa era mia (ho finito di pagare il mutuo da poco) bisognava che la curassi bene. Anche mamma sarebbe stata contenta vedendo che mi decidevo, finalmente. Quanto mi manca, adesso, quella macchia sulla parete, vicino all’interruttore della luce! Prima d’uscire passavo un momento in camera mia, per prendere il cellulare che me lo scordo sempre sul comodino, e spesso mi tocca ritornare su, facendo di nuovo le scale perché di solito mi accorgo d’essermelo scordato solo quando sono di sotto, e sto per passare davanti al bar. In camera era tutto il solito casino, perché anche se lo prometto sempre a mamma non metto mai in ordine:
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una tazzina da caffè vicino al mouse del computer, e il cucchiaino dall’altra parte della tastiera; il letto sottosopra (ho la scusa: il letto non va rifatto subito, bisogna che prende aria e luce, prima), biancheria qua e là sulle sedie, libri e riviste ai piedi del letto. C’era sul comodino, vicino al cellulare, il libro che stavo leggendo: l’ultimo romanzo di Lucia Tancredi, quello che parla di Lorenzo Lotto, il pittore che ha riempito di dipinti le chiese e i palazzi qui dalle nostre parti. Chissà se qualcuno di quei dipinti si sarà rovinato? Nel sogno rivedevo le nostre belle chiesette e quei palazzi pieni di storia e di arte, e di vite vissute, secoli di vite che ci si sono accumulate dentro, e sono penetrate fra le pietre e le travi, e che quelle pietre e quelle travi le riempivano di calore e di storie… Era tutto così normale, nel sogno! Ma quelle pietre e quelle travi adesso sono diventate macerie, e le vite che c’erano dentro oramai non ci sono più. Percorrevo le stradine strette del paese, e salutavo la gente che incontravo, e loro salutavano me. All’edicola compravo il giornale e aprivo la porta per fare uscire una signora; la signora mi sorrideva e si scusava perché il suo cagnetto, tutto giulivo, mi si appoggiava scodinzolando a una gamba con le zampine davanti. Io le dicevo che non fa niente, e che anche io amo gli animali. C’era un bambino che la mamma teneva per mano e faceva i capricci: non voleva saperne di andare a scuola. Forse era uno di quelli che poi ho visto, nel telegiornale, che entravano tutti contenti in un prefabbricato che sostituisce la loro scuola: quella che il terremoto ha buttato giù con tutti i disegni che avevano fatto ed erano attaccati alle pareti col nastro adesivo; con le lavagne, i banchi; e gli scaffali pieni di quei libri che hanno sul dorso l’etichetta del numero, quella che ci hanno appiccicato sopra quando li hanno registrati nella biblioteca scolastica. Adesso quel bambino ha capito com’era bello andare nella sua scuola, entrare nella sua aula, sedersi al suo banco; e buttando un occhio fuori dalla finestra, mentre la maestra spiegava il congiuntivo o la storia di Federico Barbarossa, vedere il paesaggio del suo paese e forse anche, di là dei tetti, quelle montagne che una forza misteriosa e incontrollabile ha spaccato, perfino loro, mentre sbriciolava il mondo tranquillo e normale in cui era vissuto fino a quel momento. Era bello, nel sogno, camminare per le strade del mio paese, che avevo percorso centinaia di volte prima e, pensavo, avrei percorso ancora chissà quante volte, come migliaia di altre persone prima di me e intorno a me, che nel loro tranquillo e normale tran-tran quotidiano s’erano
I PERCORSI DI WHY MARCHE affaccendate e s’affaccendavano su e giù per le salite e le discese tanto quasi da lucidarle, le pietre delle strade: secoli di passi, di gente che viveva normalmente la sua vita, in mezzo alla solida consistenza delle case e delle chiese, certezze che credevano – che credevamo – immutabili, fonti di sicurezza e di tranquilla normalità. Ma al risveglio ero in un letto che non era il mio, in una stanza che non era in casa mia, e fuori dalla finestra c’era un paesaggio che non era il mio, e intorno non avevo i miei mobili e le mie cose. Le mie cose: i miei libri, il mio computer, la tazzina e il cucchiaino, e i libri, e la macchia sul muro della cucina che volevo ridipingere, e la scodella del gatto, sono lassù, in mezzo alle macerie di casa mia; di quello che era il mio mondo. Non solo le cose ha distrutto, il terremoto: ha sbriciolato anche le abitudini, le relazioni e i legami. Non potrò mai più affacciarmi sulla porta del bar per salutare quelli che stanno dentro. Non potrò più entrare nella solita edicola per comprare il giornale, e quella signora col cane chissà se la
rivedrò più. Ecco cosa significa essere terremotati. È la nostalgia per il mondo che avevi, e che era la tua vita, e al quale nemmeno facevi caso. E che all’improvviso è irrimediabilmente perduto: per sempre. E pensare che sarebbe bastato pensarci prima, e fare quello che andava fatto per evitare che tutto questo succedesse: perché lo sanno tutti, che da noi i terremoti ci sono. Ma è inutile piangere sul latte versato: adesso bisogna ricominciare, togliere le macerie e ricostruire, rimettere tutto dov’era e com’era. Non sarà la stessa cosa, per noi che c’eravamo già prima; ma potrà essere un nuovo inizio per chi verrà dopo. Basta che non facciamo come al solito: che dopo tanti discorsi e tanti proclami le disgrazie ce le scordiamo e poi succedono di nuovo, e ci tocca di nuovo piangere sui morti e le macerie. È meravigliosa la solidarietà dopo; ma è meglio, infinitamente meglio, la prevenzione prima. Perciò stavolta, per*io, vediamo di fare le cose per bene, eh? di Giuseppe Festa
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A spasso per le Marche con DANTE ALIGHIERI Un itinerario attraverso le località marchigiane citate nella Divina Commedia
Nello scorso numero di Why Marche abbiamo intrapreso un viaggio attraverso alcune località marchigiane citate nella Divina Commedia. I luoghi di cui abbiamo parlato sono solo alcuni tra quelli citati nell’opera del Sommo Poeta. Infatti, sono molte le cittadine e le citazioni sulla regione marchigiana che Dante introduce nel suo componimento più famoso, così come i personaggi marchigiani che egli colloca al suo interno. Come abbiamo scritto nel precedente articolo, citando un passo del libro “Dante e le Marche. Quel Paese che risiede tra Romagna e Quel di Carlo” di Ludovica Cesaroni, “il Poeta viaggiò molto durante la sua vita per tutta la penisola italiana, e sebbene le informazioni che egli fornisce sui suoi spostamenti, sopratutto relativamente ad alcuni anni della sua vita, siano frammentarie o assenti, si può pensare che il Sommo Poeta abbia iniziato a girovagare per le Marche nel periodo iniziale del suo esilio”. In questo periodo egli potrebbe aver visitato alcuni luoghi delle Marche ed incontrato illustri personaggi marchigiani o semplicemente aver tratto ispirazione per parlare di queste personalità che erano in vario modo legate alla regione.
CAMERINO E LA STESURA DELLA DIVINA COMMEDIA
Camerino, cittadina situata tra le valli del Chienti e del Potenza, in una suggestiva posizione su di un colle al centro della zona montana chiusa dal massiccio dei Monti Sibillini e dal Monte San Vicino e nota per la sua università fondata in età medievale, potrebbe avere un ruolo fondamentale nella stesura della Divina Commedia. Infatti, Dante si affidò spesso alla conoscenza teologica di Agnolo Camerte, legato alla città di Camerino, come ricorda il suo cognome, per mettere in piedi la sua complessa opera. Altro legame con la città di Camerino è la figura di Immanuello Romano, poeta italiano
e uomo di cultura di religione ebraica, che visse soprattutto della sua attività di precettore svolta presso ricche famiglie di religione israelita dell’Italia centrale: oltre a Camerino nelle città di Fermo, Fabriano, Perugia e Ancona. Inoltre, Immanuello Romano è autore de L’inferno e il paradiso, che ricorda per la tematica affrontata, e non solo, l’opera di Alighieri. Si può dunque, con un po’ di immaginazione, pensare che il Sommo Poeta e Immanuello Romano si siano incontrati proprio a Camerino durante il lungo errare di quest’ultimo…
FEDERICO II DI SVEVIA, L’IMPERATORE JESINO
Marchigiano per caso, Federico II di Svevia nacque a Jesi il 26 dicembre 1194 mentre la madre, Costanza d’Altavilla era in viaggio per raggiungere il marito Enrico VI incoronato il giorno prima re di Sicilia. Dante Alighieri cita questa importante figura, che rimase legata alla città di Jesi e alla quale diede un forte impulso politico e culturale, per ben cinque volte (tre nell’Inferno, una nel Purgatorio e una nel Paradiso). Federico II viene collocato da Dante nel girone degli eretici. Il poeta, infatti, accogliendo le voci sull’ateismo di Federico II, assegna all’imperatore la pena che egli attribuisce agli eretici (gli epicurei): trascorrere l’eternità in bare infuocate. Nonostante ciò Dante non farà mai mistero di apprezzare Federico II di Svevia come uomo di governo e di cultura.
« Qui con più di mille giaccio: qua dentro è ‘l secondo Federico, e ‘l cardinale …. » Inferno X, 119-120 30 | WHY MARCHE
di Stefania Cecconi
FANO E JACOPO DEL CASSERO
Nacque a Fano intorno al 1260 da Uguccione del Cassero. Fu magistrato guelfo di Fano e tra il 1288 e il 1289, partecipò con i Guelfi marchigiani alleati a Firenze alla battaglia di Campaldino contro i Ghibellini di Arezzo. Qui probabilmente conobbe Dante. Jacopo del Cassero viene citato dal Sommo Poeta nel canto V del Purgatorio.
«Ond’io, che solo innanzi a li altri parlo, ti priego, se mai vedi quel paese che siede tra Romagna e quel di Carlo, che tu mi sie di tuoi prieghi cortese in Fano, sì che ben per me s’adori pur ch’i’ possa purgar le gravi offese. » Purgatorio V, 67-72 In questi versi, Jacopo del Cassero fa richiesta a Dante di ricordarlo a Fano (ti prego, se mai andrai in quel paese (la Marca Anconetana) che sta tra la Romagna e il regno di Carlo d’Angiò, che tu preghi i miei congiunti a Fano, così che essi preghino per me e mi permettano di espiare le mie colpe) e fanno pensare che Dante avesse familiarità con questa cittadina marchigiana, l’abbia visitata o avesse intenzione di farlo.
BONCONTE DA MONTEFELTRO
I CONTI DEL MONTEFELTRO, BONCONTE E GUIDO
Guido I da Montefeltro, detto anche Il Vecchio, nasce a San Leo (comune passato nel 2009 dalle Marche all’EmiliaRomagna) nel 1220. È stato un condottiero, politico e religioso, signore della contea di Montefeltro, ghibellino che si distinse per le imprese militari condotte in Romagna. Scomunicato per questo da papa Celestino V nell’autunno del 1229, rinunciò in seguito a fare opposizione al papato ed ottenne così l’assoluzione. Successivamente si convertì e decise di vestire l’abito francescano, ritirandosi in un convento ad Assisi (altre fonti parlano di Ancona) dove visse i suoi ultimi anni. Dante, non ritenendo però il suo pentimento sincero, colloca Guido da Montefeltro nell’ottava bolgia dell’ottavo cerchio dell’Inferno. Nel Canto XXVII viene raccontata la disputa, dopo la morte di Guido, che ci sarebbe stata tra San Francesco e il diavolo (un cherubino nero) per appropriarsi dell’anima del conte.
«Francesco venne poi com’io fu’ morto, per me; ma un d’i neri cherubini li disse: “Non portar: non mi far torto. Venir se ne dee giù tra ’ miei meschini perché diede ’l consiglio frodolente, dal quale in qua stato li sono a’ crini; ch’assolver non si può chi non si pente, né pentere e volere insieme puossi per la contradizion che nol consente”. Oh me dolente! come mi riscossi quando mi prese dicendomi: “Forse tu non pensavi ch’io loico fossi!”. » Inferno, XXVII, 112-123
Quarto figlio di Guido da Montefeltro, la sua fama è legata alla battaglia di Campaldino, in cui, conducendo la cavalleria ghibellina, trovò la morte. Il suo corpo non fu mai rinvenuto e questa circostanza colpì Dante Alighieri che combatteva fra i suoi avversari. Proprio per le circostanze legate alla sua morte, Dante colloca il figlio di Guido da Montefeltro nel Purgatorio. Il Sommo Poeta, L’ultima parola del condottiero, colpito mortalmente alla infatti, gli attribuisce un pentimento in extremis, che delinea gola, prima di essere portato via dal torrente Archiano, magistralmente nel Canto V del Purgatorio. è un’invocazione a Maria. Per Dante questo basta per giustificarlo agli occhi di Dio e salvarlo dall’Inferno.
«Oh!», rispuos’elli, «a piè del Casentino traversa un’acqua c’ha nome l’Archiano, che sovra l’Ermo nasce in Apennino. Là ‘ve ‘l vocabol suo diventa vano, arriva’ io forato ne la gola, fuggendo a piede e sanguinando il piano. Quivi perdei la vista e la parola; nel nome di Maria fini’, e quivi caddi, e rimase la mia carne sola. »
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ANIMA
CAMERINO,
CULLA DELL’UMANESIMO EUROPEO LA SCOPERTA SULLE INCISIONI DEL PORTALE DEL MUSEO VECCHIO DELLA BASILICA DI SAN VENANZIO Scoperte di tale portata accadono raramente. Una di queste è quella compiuta dal professor Dino Jajani, che riguarda la traduzione delle incisioni sul portale del Museo vecchio della Basilica di San Venanzio a Camerino. Il portale del Museo vecchio di Camerino appare fin da subito misterioso e sfuggente per la sua collazione interna. Infatti, per poter ammirare questo portale, risalente alla fine del Quattrocento e che colpisce per la sua finezza architettonica, è necessario entrare all’interno della Basilica e attraversare l’ultima stanza della sagrestia. La sua collocazione che non lo rende facilmente ammirabile all’occhio del passante l’ha, forse anche per questo, distolta da studi approfonditi. La caratteristica che salta subito all’occhio, che la rende ancora più particolare e che è origine di questa scoperta, è la presenza di tre incisioni scritte in tre diverse lingue: il latino, il greco e l’ebraico. Per svelare questa scoperta, frutto della curiosità e degli studi, nonché dell’amore per la storia e della conoscenza del professor Dino Jajani, è necessario immergersi nella storia di Camerino, tornando al periodo umanistico. Attraverso la figura di Varino Favorino, il professor Jajani con le sue parole mi riporta, ed io cerco di riportare voi, a quel periodo di fervore culturale che interessò la cittadina marchigiana. Varino Favorino, nato a Caldarola nel Ducato di Camerino e noto soprattutto per aver diffuso la letteratura e la lingua greca nella penisola italiana, fu vescovo cattolico e letterato e fu anche precettore alla corte dei Medici. Per questo, egli riveste un ruolo fondamentale nella diffusione della lingua greca e della cultura umanista nella cittadina marchigiana.
Prof. Dino Jajani, laureato in filosofia e storia, noto come teoreta, negli ultimi due decenni si è interessato di problemi di arte e di storia locale. 32 | WHY MARCHE
di Stefania Cecconi
Altra importante informazione, che il professor Jajani anticipa per meglio comprendere l’importanza della sua scoperta, è la presenza di una numerosa comunità ebraica che visse a Camerino fino al 1556, quando fu cacciata per ordine papale. Dunque a Camerino era molto diffuso anche l’uso della lingua ebraica. Queste informazioni sono fondamentali per comprendere la rilevanza, oltre al loro significato, delle incisioni nel portale del Museo vecchio. Tra l’altro, ricorda il professor Jajani che è molto raro trovare una scritta in ebraico in una chiesa cristiana e, nei rari casi in cui questa è presente, come ad esempio nella Basilica della Santa Casa di Loreto, ha uno scopo prevalentemente decorativo. Il professore, scopre che le scritte in greco ed ebraico, sono state tradotte per anni in maniera errata, attribuendo la scritta in ebraico addirittura ad
un verso di Virgilio tradotto. In realtà, il professore già venti anni fa e, più recentemente nel 2009, ha tradotto con il supporto di studiosi di lingua ebraica l’incisione in ebraico, così come quella in greco. Le due incisioni, che tradotte dall’ebraico e dal greco recitano rispettivamente “La misericordia è qui la fede è presente qui” e “Lontano siate profani”, secondo il professor Jajani, esprimono, ognuna, una profonda concezione ebraica e greca, una cultura specifica, mentre per anni sono state tradotte senza tenere conto della cultura che vi era dietro queste frasi, del modo di pensare di queste due differenti civiltà. Le incisioni del portale sono ora oggetto di studi internazionali, dove esperti stanno analizzando questa importante scoperta, documento straordinario dell’umanesimo europeo che eleva la città di Camerino come centro culturale, molto più importante di quanto si è creduto fino ad ora.
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SPIRITO
LIBRI DI PIETRA IL PORTALE DI SANTA MARIA DELLA PIAZZA DI ANCONA C’è chi afferma che i costruttori delle cattedrali fossero gli eredi spirituali di Hiram, il mitico architetto dell’antico Tempio di Gerusalemme. Sarebbero stati i Cavalieri Templari a svelare gli antichi segreti ebraici sulle “Leggi Divine dei Numeri, dei Pesi e delle Misure” che governano questo tipo di costruzioni Sacre. Le prime cattedrali furono realizzate secondo queste regole e la loro edificazione cambiò per sempre il mondo. Mastro Filippo fu un maestro comacino della corporazione degli “Enfants du Maitre Jacques” (collegata agli ordini massonici e templari), che lavorò nelle Marche. Di Lui si ricordano due importanti opere: la facciata della chiesa di Santa Maria della Piazza in Ancona, del 1210 e il Duomo di Osimo, del 1191. Il luogo su cui sorge Santa Maria della Piazza (in origine chiamata anche Santa Maria del Canneto e poi Santa Maria del Mercato) ha un qualcosa di mistico. Infatti in questo posto sorgeva, già nel IV sec., una chiesa paleo-cristiana, i cui resti sono visibili tutt’ora sotto l’attuale pavimentazione. La facciata è opera di Mastro Filippo che la ornò così come oggi la vediamo,
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realizzata in pietra del Conero con frammisti pezzi provenienti dall’antica basilica paleo-cristiana. Il portale comprende numerose decorazioni di carattere romanico; avvolte nelle foglie di vite si osservano figure di mostri, arcieri, guerrieri e animali. In alto, al centro, l’immagine del Cristo. Un’analisi più attenta rivela come le figure siano ordinate secondo un discorso logico dai contenuti simbolici; un autentico libro di pietra. Il Portale va letto da destra verso sinistra secondo una visione dinamica-evolutiva della vita. Il tralcio di vite, figura centrale dell’opera, ha la funzione di creare, collegare e nutrire tutta la successione di figure e forme scultoree rappresentate, riflettendo così il fluire dell’esistenza. Il tralcio di vite, allegoria dell’Albero della Vita dunque, nasce dalla terra simboleggiata da un elefante, che ne rappresenta la lenta ma incessante forza della spinta creativa e termina nelle fauci di un leone, che rappresenta l’inevitabile rovina a cui sono sottoposte tutte le cose transitorie. Naturalmente la prima forma di vita è quella vegetale rappresentato dalla foglia di vite. Il tralcio
di Stefano Longhi
Dettagli delle decorazioni di carattere romanico del portale della chiesa di Santa Maria della Piazza di Ancona, opera di Mastro Filippo penetra poi la figura di un primo leone che assume i connotati della vita animale. Il felino successivo è mostrato nel suo aspetto aggressivo, che si trasforma a contatto con il fiore a quattro petali, simbolo dell’intervento divino sulle forme del creato, in un pavone. Il pavone rappresenta l’anima e per questo risulta interposto tra il felino e l’uomo, ovvero tra le due forme di vita che si differenziano proprio per l’elemento dell’ immortalità. Le figure successive, in simmetria assiale con le altre dell’arco opposto, possiedono sembianze umane e, grazie ai loro attributi (guerriero, cavaliere e suonatore di liuto), esprimono lo sviluppo, oltre che intellettivo, anche morale e spirituale; così dall’uomo guerriero si passa all’uomo artista. Successivamente un pavone ribadisce l’immortalità dell’anima e preannuncia l’elemento seguente, una figura umana che tiene spalancate le fauci di un animale. Questa immagine, assimilabile a quella del X Arcano dei Tarocchi, esprime il dominio dell’uomo nei confronti della sua natura animale, che gli permette l’ascesa verticale spirituale. Alla sommità di questa spirale ascendente c’è la figura a del Cristo benedicente che indica la via di uscita verso l’alto . Comincia, quindi, il percorso discendente che si sviluppa nel tratto di arco di sinistra. Una prima figura si contrappone a quella che spalanca le fauci dell’animale. Si tratta di un predicatore, è l’inizio della fase distruttiva, del rovinoso crollo verso il basso generato dalla mente razionale e manipolativa. Il Pavone letto in questa fase discente esprime la perdita graduale dell’immortalità e dei valori spirituali a favore della materialità e del potere terrestre. Il suonatore d’arpa, l’arciere e il guerriero sono le figure contro laterali dalle sembianze umane, ma in opposta direzione, con il significato quindi di decadimento, dall’artista al guerriero; un allontanamento dal Cristo. La forma successiva rappresenta un ibrido, una creatura per metà umana e per metà animale, un
centauro, espressione dell’uomo dominato dall’animalità in una fase regressiva. Procedendo, troviamo un essere inquietante che appare nudo e in caduta libera verso il basso, l’uomo sembra volersi aggrappare al tralcio della vite, ma il suo destino, conseguente alla perdita dei valori superiori, è ormai quello di cadere verso il basso. Sotto c’è ancora un pavone, in questo caso con valenza negativa, dato che denota la perdita definitiva dell’anima, e infine un leone nelle cui fauci sparisce il tralcio della vite e verso cui cade l’uomo. In questa posizione, dunque, il leone è simbolo di distruzione necessaria di quello che la divinità ha creato. Ma il tralcio ingoiato dal leone, come accade per il sole mangiato dai draghi dei miti orientali, non muore e attraverso la terra rinasce dalle zampe dell’elefante situato all’inizio dell’arcata opposta, restituendo una forza ascendente per la ripresa del ciclo. Nel portale è dunque evidente un discorso sulla condizione della vita umana imprigionata nella ciclicità della vita stessa. Il vero soggetto del racconto di pietra è la Forza Vitale messa in circolazione dalla polarità Elefante (+) / Leone (-) e che attraverso il tralcio di vite si propaga dando vita a tutte le forme. Queste due polarità scandiscono anche il tempo che la vita mette a disposizione. La verticalizzazione rappresentata dal Cristo, unica via di uscita dal cerchio della vita, difficilmente può essere compresa razionalmente, a meno che non la si sperimenti, penetrando nel gioco ciclico per morire consapevolmente e quindi rinascere spiritualmente. Le due figure a destra e sinistra del Cristo costituiscono le due chiavi di comprensione dell’evoluzione del processo. Se la Forza è usata per acquistare dominio sulla propria natura inferiore allora nel silenzio che ne consegue avviene il miracolo che rivela la nostra vera natura divina. Se la forza è usata per acquisire poteri terrestri, come il predicatore sembra volerci mostrare, allora si ricade nel ciclo della morte – rinascita.
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ANIMA
MAIALE NON SI BUTTA VIA NIENTE!
IL MANICOMIO DEL TESTIMONE DEL TEMPO Come ogni detto sintetizza una realtà, quella della tradizione della “pista” marchigiana, una festa e una fatica fondamentale per l’economia domestica contadina Gli ultimi giorni di dicembre e i primi di gennaio segnavano un momento importante del calendario contadino, al pari della trebbiatura e della vendemmia: infatti, solo in questi giorni, i più freddi dell’anno, era possibile uccidere il maiale e lavorare la sua carne senza che si rovinasse. Oggi sentir parlare di come l’animale era macellato e come si ottengono molti prodotti della tradizione marchigiana può risultare disgustoso per qualcuno. Certamente le efferatezze dell’uccisione sono un esempio di come il passato non può essere sempre preso a modello e le tralasceremo. Quello che quest’articolo vuol invece ricordare è il valore dato all’allevamento e alla cura dell’animale che avrebbe fornito nutrimento per l’intero anno a tutta la famiglia, la considerazione data all’evento in cui l’animale aveva forse il giusto rispetto, completamente lontano dalla logica industriale e dal consumismo di chi oggi scarta la parte grassa dal prosciutto! Il giorno dedicato alla lavorazione della carne del maiale era considerato una festa vuoi perché il momento era solenne e la famiglia riunita con parenti e vicini, vuoi perché inaugurava un periodo di abbondanza perché parte della carne doveva essere consumata subito. La “pista” era una cosa seria: il “mazzarolo” (colui che si occupava dell’uccisione del maiale) e il “pistarolo” (l’esperto della lavorazione della carne), o il vergaro di casa, dirigeva i lavori, tutti collaboravano e i più piccoli disturbavano intrufolandosi per osservare e imparare. Come detto, si uccideva il maiale in uno dei giorni più freddi, si raccoglieva il suo sangue, lo si ripuliva dal pelo e lo si lasciava frollare appeso per un giorno e due notti, diviso in due parti, le “pacche”. Durante questo lasso di tempo venivano arrotati i coltelli, si comprava lo spago, il sale, il pepe grosso e quello macinato, si ripulivano accuratamente le budella per gli insaccati 36 | WHY MARCHE
e il sangue raccolto era lessato per essere utilizzato in varie preparazioni: soffritto con le cipolle, come condimento per la polenta o, in alcune zone, anche come ingrediente principale di un dolce, il migliaccio. Il giorno dedicato alla “pista” s’iniziava di buon ora perché il lavoro era lungo quindi tutto doveva essere pronto. La bravura del pistarolo, o del vergaro, si dimostrava anche dalla suddivisione delle carni in modo da ottenere la massima resa. Le costine, gli zampetti e altre parti per spezzatino o bistecche erano messe da parte per essere mangiate il giorno stesso e nei giorni immediatamente successivi. Ma la maggior parte della carne era destinata alla produzione degli insaccati. Dalla coscia si ricava il prosciutto che, al pari del guanciale, era lasciato sotto sale per circa 35 giorni dopodiché, lavato e asciugato, lo si ricopriva completamente di pepe, poi si lasciava stagionare incartato fino all’estate. La lonza si ricavava dal lombo e dal collo; anch’essa era posta sotto sale ed era poi lavata, insaccata, legata e lasciata asciugare fino a maggio. Lo strutto, essenziale nella cucina contadina quando ancora non si badava a grassi saturi e trigliceridi, si ricavava dal grasso sciolto in pentola, filtrato attraverso un panno e conservato nelle budella, nella vescica o in barattoli; dalle parti solide che rimanevano dallo scioglimento del grasso si ricavavano i grasselli utilizzati nei giorni successivi per insaporire pane, pizza e cresce. La carne avanzata da tutti questi tagli, compresa quella della testa e di alcune interiora, veniva macinata, insaccata nelle budella a formare salami e salsicce, poi forate per evitare la formazione di bolle che producevano
di Silvia Brunori
l’irrancidimento. Ogni famiglia aveva la sua miscela di carni e di spezie. In ogni caso, l’esperienza era fondamentale per non ottenere un insaccato troppo duro, troppo saporito, poco salato o con bolle d’aria, pena la perdita di un investimento consistente. Alcune parti della testa comprese ossa, cartilagini e cotica erano utilizzate per confezionare la coppa. Per questo salume la carne deve essere lessata a lungo, tagliata a pezzetti e insaporita con sale, pepe e scorze d’arancia (a seconda della tradizione familiare talvolta anche olive, pistacchi, mandorle e alloro). Doveva poi essere lasciata raffreddare per una notte tra due tavolette sotto un peso, in modo da rapprendersi nella caratteristica forma a mattone stondato, e il giorno successivo era già pronta per il consumo. Anche la stagionatura richiedeva molta cura: affinché i salumi si stagionassero correttamente, senza però asciugarsi troppo, si provvedeva prima a sistemarli nelle soffitte con le finestre aperte, nelle giornate di sole, e, successivamente, nelle cantine dove il livello di umidità era maggiore, per mantenere le carni fresche più a lungo. Alcuni disponevano lonze e prosciutti sotto la cenere per preservarli dal caldo estivo, altri disponevano i salami dentro una botte vuota per evitare che risentissero degli sbalzi termici. Alla fine del complesso lavoro si ottenevano autentici “pezzi unici”, ognuno aveva un sapore e una forma diversa a seconda del sale, del clima e del luogo di conservazione, mentre oggi i salumi preparati industrialmente sono monotonamente tutti simili. Insomma, un bel lavoro considerando anche l’accudimento del maiale per un anno o più! Ma per la numerosa famiglia contadina rappresentava comunque un bene fondamentale per la sussistenza e nonostante la sapienza contadina sapeva ricavare il massimo da ogni risorsa e si era particolarmente parsimoniosi nell’adoperare questi prodotti, la mancanza di frigoriferi e congelatori limitava il consumo di un prodotto a solo un paio di mesi l’anno. Umm… come non pensare che farsi una carbonara a dicembre non sia un dono e che alla gente che si lamenta perché non trova il pane fresco di domenica farebbe bene un salto temporale indietro di almeno settant’anni per un mesetto!
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PRIMO PIANO
IL CALORE DEL MADE IN MARCHE
Natale
L’abete addobbato con luci e decorazioni, il presepe che mostra la natività, i fiocchi di neve che scivolano sulle finestre mentre ci godiamo il tepore della nostra casa e, soprattutto, della nostra famiglia; sullo sfondo le dolci melodie natalizie intonate dalle tradizionali zampogne. Quando pensiamo al Natale, è questa l’immagine diffusa che fa capolino nella nostra mente, insieme alla tavolata di almeno quindici persone che, gambe sotto al tavolino, aspettano solo di tuffare tutti i sensi nel ben di Dio che ogni anno abbonda sulle tavole marchigiane. Da nord a sud, dalla costa all’entroterra, ogni borgo, ogni città, ogni paesello delle Marche ha una sua tradizione da seguire, soprattutto a tavola, ma il calore che alberga nelle case di tutti è lo stesso, in qualsiasi luogo della regione.
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Natale con i tuoi La magia del Natale affascina sempre tutti, dai più piccoli che aspettano trepidanti l’arrivo un Babbo Natale in sella alla sua slitta trainata dalle renne, agli adulti che approfittano dell’occasione per ritrovare amici e parenti, una tradizione secolare che ci accompagna dalla notte dei tempi. Le case addobbate a festa, il vischio, lo scambio dei doni riposti ai piedi dell’albero, il camino acceso, i giochi a carte, la tombola… una maratona che ha il suo inizio alle prime luci dell’alba e si protrae fino a notte fonda. Ma soprattutto è la tradizione culinaria quella che caratterizza il Natale marchigiano: la pluralità delle Marche si manifesta non solo negli svariati dialetti che cambiano di paese in paese, ma anche nelle pietanze da proporre a tavola. Certo, un must del Natale a tavola è senza dubbio rappresentato dai cappelletti ripieni di carne in brodo di cappone e dal lesso di carne che si cuoce nel brodo stesso. Oppure cannelloni e vincisgrassi come prima portata e come seconda carne di maiale. La sera della vigilia di Natale è d’obbligo consumare pesce: immancabile il brodetto o lo “Stoccafisso all’anconetana”, accompagnato da patate al forno e salsa al pomodoro aromatizzata. Ogni paese ha comunque le sue abitudini, pensiamo infatti all’usanza di preparare, nel maceratese, i “Cavoli in turbante di vigilia”, una tradizione che affonda le sue origini già da fine Settecento, oppure ai “Selari di vigilia con salsa di tarantello”, piatti in cui è il pesce ad essere assoluto e indiscusso protagonista, a mo’ di turbante nella prima delle ricette citate e come insaccato nella seconda. Curioso citare
il ruolo del “selaro” di quest’ultima, ossia del sedano, adoperato a più non posso in cucina in quel periodo perché si riteneva che avesse proprietà afrodisiache. Continuando il nostro viaggio culinario nella regione, ci dirigiamo in provincia di Fermo, dove, la sera della Vigilia, è tradizione preparare e gustare i “Maccheroncini di Campofilone” conditi con sugo di pesce, ovviamente, e nella zona di Ascoli Piceno i “Cefeluotte”, ossia i bucatini, in sugo di tonno e olive. La vigilia di Natale è la prima occasione di trascorrere insieme le feste natalizie, una serata in cui si condivide gioia, serenità, unione con le persone più care, ma i ritmi, rispetto a qualche decennio fa, sono cambiati, sono più frenetici, più veloci e spesso non si ha tanto tempo da dedicare alla preparazione di piatti elaborati o ricercati. Chi ha la fortuna di avere in casa uno scrigno di memoria storica-culinaria vivente, ossia la nonna, o chi comunque vuol spendere del tempo per creare piatti genuini e tradizionali, potrà sempre godere della buona cucina marchigiana e salutare. Non dimentichiamo poi uno dei simboli distintivi del Natale: i dolci! Panettone, pandoro, torrone e panforte sono ovviamente i più gettonati, ma anche i dolci della tradizione marchigiana non sono da meno: basta ricordare i cavallucci o il frustingo, il tipico dolce composto da frutta secca e fichi. Nel nord della regione, invece, il dolce tipico natalizio è il Miacetto, che ricorda il panforte, ma da cui si distingue per l’assenza di spezie (al loro posto troviamo invece un trito di agrumi).
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PRIMO PIANO
Presepe e Albero non possono mancare Un’altra delle tradizioni che caratterizzano il Natale nelle Marche è l’attenzione precisa che si dedica all’allestimento del presepe, un’usanza antica che va a collocarsi già all’inizio del Duecento. La tradizione vuole che tutti gli anni l’otto dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione, ogni famiglia prepari muschio, ghiaia, capanna e figuranti vari da inserire all’interno della scenografia che andrà a rappresentare la Natività. Contadini, pastorelli con pecore, asini e cani al seguito, artigiani, botteghe e la capanna sormontata dalla stella cometa sono solo alcune delle figure che campeggiano nei presepi delle nostre case. Tanti sono poi i presepi viventi che i paesi delle Marche organizzano: il più conosciuto è senza dubbio quello di Genga (dal 26 dicembre al 6 gennaio), che
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è anche il più esteso del mondo, coprendo una superficie di circa 30mila metri quadri all’interno della gola delle Grotte di Frasassi. Oppure il presepe vivente di Piobbico, quello di Mondolfo, San Severino Marche, Altidona, Comunanza… insomma, una pluralità di proposte. Anche l’albero di Natale è un must della festività, anche se la sua tradizione è più recente rispetto a quella del presepe e sembra risalire ai popoli germanici del 1500. Nota è la festa dell’accensione dell’albero luminoso di Castelbellino (An) che si estende su tutta la superficie del lato a nord della collina del paese, il più grande albero della regione Marche. Una festa, quella dell’accensione, attesa con trepidazione da adulti e bambini e che coincide con l’avvio dei mercatini natalizi in città.
La tradizione dei mercatini Appuntamento imperdibile e immancabile della stagione invernale è quello che precede le feste di Natale, perché le settimane antecedenti sono quelle che solitamente inaugurano i mercatini natalizi. Molti approfittano di queste bancarelle, che per lo più espongono prodotti artigianali e spesso made in Marche, per acquistare dei pensieri da donare ai propri cari il giorno di Natale. Certo, la tradizione dei mercatini affonda le origini in un tempo in cui gli acquisti non venivano certo effettuati nei supermercati, ma bisognava armarsi di pazienza per attendere le fiere organizzate a tema per accaparrarsi l’occasione del momento. Nelle Marche sono diversi i mercatini organizzati: i più noti sono senz’altro quello di Candelara di Pesaro che coincide anche con la festa delle candele, in occasione della quale migliaia di lumini di ogni forma e dimensione doneranno luce
alle vie del paese, oppure quello di Sant’Agata Feltria, sempre in provincia di Pesaro-Urbino, in cui le diverse bancarelle esporranno prodotti tipicamente natalizi, sia per quanto riguarda gli addobbi (candele, vischio, angioletti…), sia per gli alimenti. Nel maceratese è invece da segnalare la kermesse di Sant’Angelo in Pontano, che propone ogni anno una rievocazione storica della natività, presentando circa cinquanta presepi realizzati da artisti nazionali e internazionali, creati con diverse tecniche e differenti materiali. Da non dimenticare, poi, il mercatino di Ascoli Piceno, dove, in piazza Arringo, viene allestito un vero e proprio villaggio di Natale, con tanto di piste di pattinaggio e la casetta di… Babbo Natale! Insomma, le proposte sono davvero tante, un’occasione anche per riscoprire alcune perle che la nostra regione nasconde.
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PRIMO PIANO
Natale e Capodanno tra ieri e oggi Che differenza c’è tra il Natale e il Capodanno che festeggiamo oggi e quelli che vivevano i nostri nonni? Sicuramente per questi ultimi il tema religioso rappresentava il momento più importante, quindi d’obbligo era la messa la notte della vigilia, con le campane che suonavano a festa allo scoccare della mezzanotte. Non in tutte le abitazioni campeggiava l’albero di Natale: pochi privilegiati lo possedevano, utilizzando come addobbi mandarini e caramelle. Il presepe veniva allestito solo in chiesa. Il pranzo di Natale era l’occasione di riunirsi tutti, gustando cappelletti in brodo, carne, polpette, frutta secca e dolci preparati in casa: era una gran festa perché capitava solamente una volta l’anno di mangiare quelle prelibatezze. Babbo Natale non recapitava doni, ma la Befana sì, riempiva di carbone o cioccolatini le calzette dei più piccoli. E oggi? Sicuramente l’aspetto consumistico della festa ha avuto il sopravvento e spesso si rischia di confondere il Natale con un acquisto sfrenato di oggetti da
scambiare con i propri cari sotto l’albero. L’albero di Natale è presente in tutte le case, così come il presepe, realizzato con scenografie da favola: ruscelli, mulini, sentieri… il tutto per renderlo il più realistico possibile. Le luminarie decorano le vie principali delle città già da fine novembre e gli zampognari, che suonavano lungo le strade, ormai sono rarissimi. Si va ancora alla messa di mezzanotte e le ricette tradizionali culinarie sono sempre le stesse, accompagnate da fiumi di vini pregiati, spumanti e liquori. Se i nostri nonni festeggiavano la notte di San Silvestro in casa a giocare a carte, oggi molti preferiscono ballare e ascoltare musica dal vivo nelle piazze che organizzano spesso eventi musicali e concerti. La voglia di trascorrere le festività insieme, comunque, è la stessa, oggi come allora, anche se sono cambiate alcune abitudini e al posto del trenino di legno preferiamo donare il videogioco o l’ultimo modello di cellulare. L’importante è la gioia e la serenità che si respirano in questi giorni di festa.
L’accoglienza degli ospiti passa per l’agriturismo L’atmosfera degli agriturismi marchigiani rappresenta la ricetta perfetta per chi viene da fuori e ha desiderio di trascorrere un Natale in un clima familiare, genuino e accogliente, come se fosse a casa propria. I nostri agriturismi propongono menu sia per il 25 dicembre, sia per il cenone di San Silvestro e permettono agli ospiti di trascorrere delle vacanze di
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qualità e “agricole” a 360 gradi: danno anche la possibilità di acquistare prodotti alimentari a km 0 e biologici. Secondo l’ultimo rapporto Istat (2015), in aumento è l’offerta di agriturismi nella regione, che ha oltrepassato quota mille, con Pesaro Urbino in testa (291 agriturismi) e a seguire Macerata (247), Ancona (192), Ascoli Piceno (139) e Fermo (138).
MENTE
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di Gaudenzio Tavoni
Domina
www.audidomina.it
SEMPLICEMENTE
E’ proprio un hashtag il titolo della campagna di lancio del nuovo SUV della Casa dei Quattro Anelli: compatta, giovane e provocante, Q2 coniuga design sportivo e funzionalità utilizzando il concetto di “non catalogabile”. Questa volta non abbiamo effettuato un test ma abbiamo inserito la vettura in alcuni contesti di Ancona e del suo hinterland. Abbiamo scoperto un nuovo concetto di vettura, impossibile da racchiuderlo in una definizione e che sfugge alle tradizionali classificazioni.
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MENTE #SUV, #citycar, #coupé? Giudicatela come volete, fatela vostra ma non racchiudetela in una definizione. E’ Audi Q2, l’ultima nata della Casa di Ingolstadt in grado di rompere i tradizionali schemi e rinnovare completamente il concetto di auto, creandone uno nuovo, non identificabile e, appunto, #untaggable. Q2 è una vettura che non ama le etichette e che pone al centro dell’attenzione il suo utilizzatore, giovane, dinamico, trendy, ma anche femminile e protagonista di una società fluida come quella attuale e, come tale, non categorizzabile.
Insomma una trasversalità totale che abbraccia davvero tante vocazioni: sportiva, glamour, off road, ma al tempo stesso cittadina e versatile, grazie alle innumerevoli possibili combinazioni tra colori e allestimenti. E allora, qual’è l’hashtag che più le si addice? Per cercare una risposta non potevamo non inserire la nuova Q2 in alcune location della Città di Ancona e del suo hinterland, abbinandola ad una generazione di giovani che fanno della socialità un modo di vivere imprescindibile.
Dalla Domina – Audi Zentrum Ancona, ci spostiamo in Piazza del Plebiscito, più nota come Piazza del Papa, dove ci attendono Federica e Filippo: saranno loro i primi testimonial della giornata. La Q2 ci appare ancora più bella nel salotto di Ancona, grazie al look deciso e un design vigoroso caratterizzato da angoli e bordi. Sul frontale spiccano la griglia single frame dal design ottagonale, collocata in posizione elevata, e le grandi prese d’aria. Il tetto basso e discendente confluisce in un montante posteriore disponibile anche in colore di contrasto, che enfatizza la sportività della vettura. Siamo nel cuore storico della città, teatro di importanti eventi come l’esecuzione capitale di Pietro Grifoli, podestà cittadino accusato di tentato tradimento. Un paio di hashtag tanto per cominciare? #comfort e #efficienza.
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Domina
www.audidomina.it
Da Piazza del Plebiscito ci spostiamo in Corso Mazzini all’altezza della Fontana del Calamo, detta delle 13 cannelle. La costruzione risale al periodo rinascimentale ma fu demolita nel 1503 e ricostruita nel 1560 su disegno dell’architetto Tibaldi, si presenta come una lunga serie di tredici riquadri separati da volute, incentrati su altrettanti mascheroni gettanti acqua, da cui deriva la comune denominazione di Fontana delle Tredici Cannelle. Federica e Filippo non ci abbandonano, ormai si stanno integrando bene con la nostra Q2. Del resto non è difficile entrare in sintonia con la vettura grazie al suo stile giovane, dinamico e alla sua compattezza ma con un passo super che regala tanto spazio per cinque persone. Gli interni sono caratterizzati da elevata funzionalità, a cominciare dal monitor MMI (di serie), per finire all’Audi virtual cockpit, con schermo da 12,3 pollici (opzionale). Quanto alla tecnologia di bordo, non mancano i sistemi di assistenza alla guida: uno su tutti, l’Audi pre sense front, fornito di serie, che riconosce grazie ad un radar le situazioni di pericolo avvisando il conducente e, eventualmente, avvia una frenata di emergenza. L’hashtag che non può mancare? #urbancrossover. WHY MARCHE | 47
MENTE
Photo di Andrea Tessadori
Ringraziamo Federica e Filippo, un’altra tappa cittadina ci attende e subito ci dirigiamo verso la Street Art di via Oberdan, dove sono le facciate dell’Ex Caserma San Martino ad ospitare il grande murales (30 metri di altezza per 50 di lunghezza), l’unico al centro della città di Ancona, dipinto dal pisano Gionata Gesi in arte Ozmo, dallo stencil artist polacco M-City e dall’anconetano Run in occasione del Festival Pop Up! 2008. Il murales ospita una Madonna con Bambino con i volti capovolti ed è stata erroneamente interpretata come qualcosa di blasfemo, ma in realtà Ozmo non aveva alcuna intenzione di essere tale in quanto la sua fonte di ispirazione è stata proprio un
quadro rinascimentale di Lorenzo Lotto conservato presso la Pinacoteca di Ancona. La nostra Q2 fa davvero bella mostra davanti al murales che regala ad Ancona il suo spirito contemporaneo allineandosi con le più grandi città europee, offrendo ai suoi cittadini l’occasione di godere e fruire in piena libertà di un’opera a cielo aperto, tra case, strade e mare. In una dimensione democratica, colori, sensazioni e messaggi vivono tra la gente e per la gente, così come la nostra Audi Q2, che suscita sempre più l’attenzione di curiosi e appassionati di belle vetture. L’hashtag ideale? #bella!
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Da via Oberdan ci trasferiamo al Passetto dove nei pressi del Monumento ai Caduti ci attendono Giada, Elena e Giorgia accompagnate da Eugenia Morosanu, direttore artistico della Compagnia di Danza VisBallet. Le tre ragazze inscenano subito alcuni passi di danza moderna e al suono di una buona musica tutto diventa magico e affascinante. Uno dei principali monumenti storici della cittĂ che commemora i caduti della Prima Guerra Mondiale diventa, cosĂŹ, un palcoscenico a cielo aperto dove la nostra Q2 si staglia davanti ai colori sgargianti delle tre ballerine. Che ne dite di un bel hashtag: #dinamica?
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Con dispiacere lasciamo il Passetto dirigendoci verso Camerano nei pressi del sentiero del Betelico. E lì che vogliamo provare le doti di SUV anticonformista della nostra Audi Q2, che si rivela perfetta per le avventure lontano dalle strade asfaltate. La vettura viene offerta in sei motorizzazioni, tre benzina e tre diesel con le stesse potenze 116, 150 e 190 cv. Per i diesel c’è il 1.6 TDI e il 2.0 TDI, per il benzina il 1.0 TFSI e il 1.4 TFSI (più avanti il 2.0 TFSI). Per le trasmissioni è previsto il cambio manuale per le motorizzazioni di ingresso o l’S tronic automatico a 7 marce e la trazione integrale permanente quattro® sulle motorizzazione di 2.000 cc. L’hashtag perfetto? Sicuramente #sempreasuoagio! Vi sarete accorti, tra tutti questi hashtag non è stato facile trovare un’unica definizione per Audi Q2. Forse, considerate le infinite possibilità di personalizzazione che mette a disposizione, quella più indicata potrebbe essere #mia. Ma tutto sommato c’è ne è uno che ne riassume al meglio la natura: Audi Q2 è semplicemente #untaggable.
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Auguri! Domina
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I nostri Effetti Speciali
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UNICAM lancia il progetto
#ILFUTURONONCROLLA
Il sisma del 26 ottobre, unitamente alla terribile replica del 30, ha inferto una profonda ferita in special modo ad un’ampia area del territorio marchigiano, già duramente provata dagli eventi sismici del 24 agosto. Fortunatamente, non abbiamo morti da piangere, come è stato giustamente da più parti sottolineato, ma vite e interi tessuti sociali da ricostruire. In questo contesto, l’Università di Camerino è stata messa a dura prova: gravemente danneggiati gli edifici che ospitavano tutta la parte dei servizi amministrativi, il Rettorato, la Scuola di Giurisprudenza, il Corso di Laurea in Informatica, il Polo di Alta Formazione ed il Museo delle Scienze, nonché alcuni laboratori scientifici e aule didattiche. Malgrado questa situazione difficilissima e impegnativa, tre ore dopo la scossa del 26 ottobre, Unicam era già all’opera per i primi sopralluoghi e lanciava l’hashtag #ilfuturononcrolla, al quale un intero territorio si è riferito, simbolo di speranza, di rinascita, di ripresa. L’hashtag rappresenta anche il titolo di un progetto concreto, che Unicam vuole realizzare per la ripartenza, per il quale ha iniziato un’opera di fundraising e che si struttura in tre macro settori: Costruzione di alloggi per studenti destinati alla creazione di un Collegio internazionale, sul modello dei più grandi collegi internazionali universitari europei. L’internazionalizzazione della didattica e della ricerca costituisce infatti una delle principali mission dell’Ateneo camerte, che vanta oltre il 10% di studenti stranieri. Unicam ritiene che l’internazionalizzazione costituisca un valore aggiunto indispensabile nella formazione dei propri studenti e quindi della futura classe dirigente del Paese, a tale scopo tutte le lauree magistrali di Unicam ed alcuni corsi di laurea triennali sono erogati in lingua inglese. Realizzazione e costruzione di alloggi e strutture residenziali temporanee: tra i problemi che Unicam si trova ad affrontare, c’è quello più grande della mancanza di alloggi per gli studenti; malgrado l’Ateneo sia in grado di garantire, attraverso il campus e le residenze universitarie, una residenzialità di circa 700 posti, si stima una perdita di oltre 1000 posti letto negli appartamenti privati non più agibili, dove gli studenti alloggiavano. Realizzazione e sistemazione di nuovi laboratori e spazi adibiti alla didattica: parte della strumentazione e delle attrezzature presente nei laboratori, con il perdurare e il protrarsi delle scosse, ha subito danneggiamenti continui e progressivi, per cui si rende necessaria la ricollocazione e il riallestimento degli stessi. Inoltre, negli edifici del centro storico inagibili e fortemente danneggiati, erano presenti aule didattiche e biblioteche necessarie per il regolare svolgimento delle lezioni e delle esercitazioni didattiche. 52 | WHY MARCHE
Per sostenere il progetto è stato attivato un IBAN per le donazioni IT09 Y060 5568 8300 0000 0014 851. Tutte le informazioni sono disponibili nel sito www.unicam.it
w w w. u n i c a m . i t comunicazione.relazioniesterne@unicam.it w w w. u n i c a m . i n f o fb: Unicam – Università degli Studi di Camerino twt: Unicam UffStampa ig: universitacamerino
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ELETTRICITÀ, DA GENNAIO TUTELA SIMILE DISCIPLINATA DA AUTORITÀ “Una specie di palestra per poter entrare, in maniera del tutto autonoma, nel mercato libero delle forniture di energia elettrica e gas”. È questo - nelle parole del presidente dell’Autorità per l’energia il gas e il sistema idrico, Guido Bortoni - “Tutela Simile”, il nuovo meccanismo transitorio che dal primo gennaio 2017 permetterà di aderire volontariamente, via web, a una fornitura di energia elettrica che pur assomigliando a quella del mercato libero, mantiene una struttura contrattuale standard definita dall’Autorità per l’Energia. In più, per chi aderisce all’offerta, è previsto un “bonus” di risparmio nella prima bolletta. La partecipazione al mercato libero, sarà l’unica modalità di fornitura che rimarrà in vigore quando finirà il regime di tutela del prezzo, il cui termine (sarà deciso dal ddl Concorrenza, attualmente in via di approvazione in Parlamento) ad oggi è previsto nel corso del 2018.L’adesione al mercato libero però necessita di un certo grado di informazione e consapevolezza di cui non sempre il consumatore è già dotato, ma che si acquisisce con il tempo. Ecco quindi perché con Tutela Simile, “mettiamo in campo uno strumento che consente ai clienti finali di fare una prova sul campo e di prendere più familiarità con il mercato libero”, ha spiegato Bortoni. Come funziona la “Tutela Simile” La Tutela Simile è una particolare tipologia di contratto di fornitura di energia elettrica, della durata di 12 mesi e non rinnovabile. Questo contratto, pur basandosi sul mercato libero, è composto da condizioni definite dall’Autorità, obbligatorie e omogenee per tutti i venditori. “Il contratto è standard e questa è un’altra tutela per il cliente – continua Bortoni - non sarà opaco, poco chiaro o con clausole che non possano essere facilmente interpretate. Sarà uguale per tutti, controllato e definito dall’Autorità”. Attraverso questo meccanismo, l’Aeegsi vuole offrire ai clienti di minori dimensioni attualmente in regime di Maggiore Tutela (ossia il servizio di fornitura di elettricità a condizioni stabilite dall’Autorità) l’opportunità di sperimentare in condizioni di trasparenza, semplicità e in un contesto di fornitura sorvegliata dall’Autorità stessa, una forma di offerta più vicina – come dice lo stesso nome, più “simile” - a quelle del mercato libero. Previsto un “bonus” di risparmio sulla prima bolletta Il contratto previsto per Tutela Simile è redatto rispettando le condizioni minime definite dall’Autorità e avrà ad oggetto esclusivamente la fornitura di energia elettrica, senza ulteriori servizi. Il prezzo applicato al cliente sarà del tutto comparabile a quello del servizio di Maggior Tutela, entrambi aggiornati ogni tre mesi. In più, però, per il cliente che aderisce all’offerta Tutela Simile sarà previsto un risparmio di spesa legato alla presenza di un bonus una tantum già sulla prima bolletta. Il bonus verrà definito per ogni tipologia di cliente da ciascun fornitore di energia elettrica ‘ammesso’ al meccanismo (cioè in possesso di specifici requisiti, verificati inizialmente e monitorati trimestralmente, di solidità economica e finanziaria, di onorabilità e di natura operativa). Chi fornirà energia elettrica al cliente finale di Tutela Simile, sarà un insieme di venditori del mercato libero in possesso di determinati requisiti operativi e commerciali sulla base dei quali verranno selezionati, ad esempio in relazione all’indice di reclamosità e al numero di clienti serviti in passato dal soggetto di mercato, “così da creare una specie di filtro, che faccia incontrare i clienti con quegli operatori che sono già da anni sul mercato e che sanno già trattare queste categorie di piccoli consumatori”.
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A chi è destinata l’offerta Potranno sottoscrivere il contratto, di durata annuale, tutti i consumatori ancora in regime di Maggior Tutela (ossia, chi dal 2007 ad oggi non ha mai abbandonato le condizioni interamente regolate dall’Aeegsi per andare verso il mercato libero) o quelli che ne avrebbero diritto in caso di attivazione di una nuova fornitura di energia elettrica o richiesta di voltura. Come si aderisce alla Tutela Simile I clienti potranno accedere alla Tutela Simile esclusivamente attraverso un portale web, gestito dall’Acquirente Unico, che raccoglierà le offerte, mettendo il cliente in contatto diretto con il potenziale venditore, senza costi di intermediazione o di vendita a distanza. Sul sito, il cliente potrà scegliere in modo facile tra un numero limitato di offerte commerciali, semplici e standard, ordinate in funzione del valore del bonus una tantum offerto dai venditori. Famiglie e piccole imprese potranno aderire fino al termine del regime di Maggior Tutela (come sarà definito dal ddl Concorrenza), la scelta sarà volontaria e l’offerta potrà essere proposta dai venditori del mercato libero ammessi al meccanismo. Alla scadenza del contratto il cliente potrà scegliere se rimanere con lo stesso fornitore sottoscrivendo una nuova offerta di mercato libero, oppure stipulare un contratto sempre di mercato libero ma con un fornitore diverso. Resta salva la facoltà di richiedere di rientrare nel servizio di Maggior Tutela. Alla Tutela Simile si potrà aderire anche mediante l’intermediazione di soggetti ‘facilitatori’ (associazioni dei consumatori o quelle di categoria della piccola media impresa), che avranno il compito di informare e semplificare l’accesso all’offerta attraverso il portale web. La revisione della Maggior Tutela Dal 1° gennaio 2017 cambiano alcune condizioni del servizio di Maggior Tutela, che sarà sempre riservato alle famiglie e alle piccole imprese, ma diventerà più coerente con il ruolo di servizio universale che è destinato ad assumere, cioè quello di garantire la sicurezza della continuità del servizio. Nell’ambito della revisione, saranno modificate le modalità di definizione del prezzo dell’approvvigionamento dell’energia elettrica al fine di migliorarne l’allineamento ai prezzi all’ingrosso del trimestre di riferimento. Potranno ancora accedere alla Maggior Tutela, così come oggi, i clienti aventi diritto che ne fanno richiesta, che non hanno sottoscritto offerte sul mercato libero al momento dell’attivazione della fornitura o che si trovano, per qualsiasi causa, senza un fornitore di energia elettrica sul mercato libero. Roberta Mangoni Adiconsum Marche
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“Realizzato nell’ambito del programma generale d’intervento della Regione Marche con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico- ripartizione 2015 – Intervento 8”
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TUTT’ALTRO CHE MORBIDO Oggi ospitiamo il racconto di un giovane e promettente autore di Castelbellino, Michele Marasca, che ci porta dentro una vicenda di amicizia, di promesse e di tempo passato insieme. Una storia che fa riflettere sull’importanza degli amici e delle promesse fatte, agli altri come a se stessi. Fateci sapere cosa ne pensate a: a.morbidelli@whymarche.com.
LA BRISCOLA E IL SOLITARIO 12 FEBBRAIO 1995
«Melinda! Fammi una grappa!» «È presto Antò!» «Macché presto! Sono quasi le cinque.» «Appunto» rispose Melinda, mentre si allungava verso la solita bottiglia in alto a destra. Lo “schieramento del bancone” osservò attentamente la scena, in preda all’automatismo più vecchio del mondo. La ventottenne Melinda, dal gluteo destro un po’ sporgente, appoggiò il bicchiere di grappa sul bancone facendo finta di nulla e il sessantasettenne Antonio Caruso la bevve d’un sorso, guardandosi intorno. Il bar del paese aveva lo stesso aspetto da quarant’anni e i soliti vecchi che lo abitavano lo consideravano con la stessa familiarità riservata al salotto di casa. Le pareti di un giallo sbiadito e scrostato rendevano l’ambiente ancora più polveroso di quanto già non fosse, con i suoi giornali, bicchieri e bicchierini sparsi dappertutto. Una coltre di fumo di tabacchi vari condiva e amalgamava il tutto. Eppure i vecchi si sentivano a casa. Ognuno aveva il proprio tavolino e ognuno aveva il proprio compagno di briscola. Quello di Antonio gli fece un cenno dal loro tavolo. Stava mischiando le carte. «Sto smazzando da mezz’ora. Ho i crampi!» borbottò Marino, con l’inseparabile coppola calzata in testa. «Dalle...» rispose Antonio, lisciandosi i folti baffi grigi. Lui e Marino si conoscevano da una vita e oramai avevano il loro modo particolare di intendersi. «È molto che aspetti?» «Mezz’ora t’ho detto!» «Melinda! A che ora è arrivato questo vecchio rincoglionito?» «Cinque minuti!» Marino bestemmiò, stuzzicò la coppola con l’indice e diede le carte. «Niente di nuovo?» «Niente di nuovo.» Significava che era trascorso un altro giorno senza che fosse morto qualcuno. Superati i sessanta cominciava quel periodo della vita in cui, anche solo parlando di paesani defunti di fresco, si stava in silenzio per poco. Nel paese si era in qualche centinaio e, se non si era amici, si era per lo meno conoscenti: ciò bastava per dar fiato alle trombe ogni volta che qualcuno stirava le gambe. Com’è morto? Quanti ne aveva? Lo sapevi che era cornuto? I discorsi erano sempre gli stessi. Ogni tanto ci si soffermava a disputare se la morte fosse stata buona o cattiva, perché si era tutti d’accordo che c’era modo e modo di crepare. Ognuno aveva
a cura di Alessandro Morbidelli
di Michele Marasca
la propria idea sul come, la propria preferenza. Il classico colpo nel sonno vinceva dieci a uno. «Questa notte non ho dormito.» «Ancora l’artrite?» «Sì.» Marino bestemmiò, solidale. Antonio si guardò le mani rattrappite dal tempo e dalla fatica. Ripensò ai tempi della fabbrica: quelle mani avevano manovrato macchinari per quarant’anni, azionando sempre le stesse leve e gli stessi ingranaggi, fino ad adottarne la forma e le movenze. La catena di montaggio dei motori Fiat era ben organizzata, pensò Antonio, ma era dura e semplice, nella sua ripetitività. Guardò le mani di Marino, per consolarsi: alla destra mancava un pezzo d’indice e di pollice, regalo della prima trebbiatrice di famiglia. Lo sapevano tutti che Marino aveva lavorato la terra per tutta la vita, prima di zappa e poi di trattore, e che le mani non gli dolevano mai, tranne quando la pioggia portava umido. «Aquilotto!» «Rotto in culo.» «Eh!» Antonio era già al terzo asso in saccoccia quando entrò un gruppetto di quattro giovanotti. Uno di loro cominciò a parlottare con la nostra Melinda. Tutte le orecchie erano tese alle parole degli sconosciuti, fenomeno da non trascurare al Bar dei Vecchi. Vagheggiavano di un viaggio in America che stavano organizzando per le vacanze estive. La ragazza sbatteva gli occhioni castani, impressionata. Qualcosa si smosse nella memoria di Antonio: un vecchio sogno sepolto in un cassetto dimenticato. «Anch’io volevo andare in America, da ragazzo...» «Sì, tu in America. Ma figuriamoci!» lo sbeffeggiò. «E perché no?!» «Tu in America! Non dire cazzate.» «Non ho detto che ci sono stato. Ho detto che ci volevo andare!» «Ma figuriamoci.» «Come ti pare.» Il discorso sembrò morire lì, almeno finché Antonio non concluse la pacca con un sonoro tre a zero. «Ma figuriamoci...» borbottò Marino. «Ancora? Lo sai che quando eravamo figlioli, nel dopoguerra, non si parlava d’altro che dell’America! Almeno una metà dei campagnoli qui attorno avrà detto almeno una volta che voleva andarci, te compreso!» disse Antonio. «Questa poi! Io in America!» farfugliò l’altro, tormentando la WHY MARCHE | 57
coppola con l’indice mozzo. «L’hai detto, mio caro!» «Bugiardo!» disse, come scansando una grave infamia. «No no! Proprio tu l’hai detto! Tu volevi andare in Montana e io in Michigan.» «In Montana dice lui! Ma nemmeno so che ci sta in Montana!» «Ci stanno le montagne rocciose in Montana. Volevamo vedere le montagne. Volevamo pescare nei grandi laghi…» «Questa poi! Ché non ci sono le montagne qui? Ché non ci sono i laghi? Tra l’altro, non ci siamo mai andati a pescare!» «Non è questo il punto...» Antonio scosse la testa esasperato. «Qui un punto non ci sta! Mi sa che ti sei rincoglionito. Mica puoi mollare tutto così e partire per l’America!» L’atmosfera si stava scaldando. «Ah! Allora è così?» «Proprio.» «Ma che ci sta da mollare? Questa vita da pezzenti che facciamo? Siamo tutti e due vedovi da anni ormai! Tu non hai figli e i miei sono grandi, lavorano in città, sì e no che mi vengono a trovare! Che c’è da mollare? La grappa? Questo pisciatoio? La verità è che non abbiamo fatto un cazzo nella vita, tranne che faticare e spezzarci la schiena. Anche tu avevi dei sogni una volta, pure se non vuoi ammetterlo!» Antonio, ormai, si era alzato in piedi e gridava. Tutti stavano a guardare in un silenzio assoluto, anche i ragazzi. Marino lo fissava a bocca aperta. Si era tolto la coppola. Antonio parve accorgersi della situazione solo in quel momento, tirandosi i baffi, a disagio. Tutti gli occhi erano puntati su di lui. «E comunque io ci vado in America!» Aggiunse. «E vacci! Sai quanto cazzo me ne frega! E mandami una cartolina!» «Lo farò!» Disse con voce roca e se ne andò. Marino rimase così, muto, con lo sguardo fisso di fronte a sé. Antonio non si vide al bar per i quattro giorni successivi. Marino non lo chiamò. Al quinto giorno seppe che era morto.
8 LUGLIO 1998
La superficie del lago si increspò. Marino aguzzò lo sguardo. Niente. Niente come al solito. Non pescava mai niente, tranne una gran quantità di vino penoso e di tabacco umido per la pipa, che si era appena spenta. Il vecchio prese un fiammifero umido quanto il tabacco e con due minuti di pazienza riuscì a riaccenderla. Bestemmiò sommessamente, poi prese il mazzo e cominciò un nuovo solitario. Si appoggiò su uno sgabello che usava come tavolino, con la coppola storta sul capo e la pipa che mandava ampie vampate di fumo, come una sorta di vecchio rito indiano. La canna tremolò, fissata al ponticello da un sostegno inutile: l’attenzione di Marino era rivolta a tutt’altro. Prese la bottiglia adagiata ai suoi piedi. Quel giorno non si
beveva vino. Non era un giorno come gli altri. Era il compleanno di Antonio. Chissà come sarebbero stati i suoi baffi, fosse stato lì con lui. Di sicuro più bianchi... Tracannò una gran sorsata di grappa e storse il naso. Era la stessa marca della grappa di Melinda, ma senza gluteo sporgente. Gli mancava, Melinda. Tirò una gran boccata d’aria ed espirò a lungo. Era una bella giornata, fresca e col cielo brillante. Gli alberi secolari si riflettevano sulla calma piatta del lago che sembrava scintillare di luce propria. Un qualche strano uccello mandò un richiamo, dal fitto del bosco. Marino pensò ad Antonio. Pensava spesso ad Antonio, non solo al suo compleanno. E come avrebbe potuto non farlo, dopo tutto? Ripensava a quell’ultima volta, al bar, a quello che si erano detti e a quel che non si erano detti, nel corso di quella maledetta vita. Antonio era come un fratello. Ma lui sapeva. Lui sapeva. L’aveva udito all’angolo del bar, quel giorno di qualche anno prima, da un circoletto di vecchietti biascicanti: «Ma lo sai chi è morto?» «Chi?» «Antonio!» «Antonio Antò?!» «Eh!» «Non ci credo! Ma com’è morto?» «Eeeh! Gl’è andata bene! Un colpo nel sonno. Non si è manco accorto di niente.» «Ma ce li aveva i corni lui?» «No, no! Per carità! Emma era una santa donna.» Marino non aveva detto niente. Era entrato nel bar, aveva preso una buona bottiglia di verdicchio e ci si era ubriacato. Qualche giorno più tardi era arrivata la convocazione del notaio ed era saltato fuori che Antonio gli aveva lasciato qualcosa. In realtà non era nemmeno inserito nel testamento, c’era semplicemente qualcosa a suo nome. Un biglietto. I vicini l’avevano trovato nel suo letto usando la chiave condominiale per le emergenze, perché non lo vedevano uscire e non rispondeva al telefono. La casa era a soqquadro. Due o tre valigie erano già pronte accanto alla porta. I biglietti erano sul comodino, incastrati sotto alla lampada come se potessero volarsene via. Erano due: uno per sé ed uno per Marino. Montana, Prima Classe. Chissà quanto li aveva pagati, quel vecchio scemo. Tirò un altro goccio e poi sputò nel lago, spaventando i pesci. Alzò lo sguardo. La montagna sembrò fissarlo di rimando, alta e impetuosa come una antica divinità. La cresta del ghiacciaio rifletteva il sole con arroganza, sfidandolo a porre fine alla propria eternità; poco più in basso s’intravedevano piccole chiazze verdi, pascoli d’alta quota dove l’aria era più leggera e frizzante. Anche la doppietta a pallettoni adagiata sul pontile sembrava indicare la montagna. Era la stagione dei grizzly e guai a te se vedevi dei cuccioli. Marino si rimise d’impegno sul suo solitario. Lo perse. Prese la bottiglia, cavò il tappo e versò un cicchetto nel lago, con un sorriso indecifrabile. «Brutto stronzo.»
CONSIGLI DI LETTURA Storie di pasti marginali, di Angelo Canaletti. Dalla provincia marchigiana parte un insolito attacco al potere,
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declinato in forma enogastronomica, a opera di due cinquantenni cresciuti a pane, ciauscolo e sovversione sociale. Per un decennio vengono messi a segno colpi a bassa intensità e discreta rilevanza mediatica. Ma, nel realizzare l’ultima impresa a km 0, le cose vanno storte e ci scappa il morto. Da qui si dipanano le vicende personali e collettive che ruotano intorno al commando Pasti Marginali: la famiglia Rossi, il magistrato e l’ex poliziotto, il giornalista, la prostituta, Paola e Laura. Tutti coinvolti, a vario titolo, in un percorso tortuoso e sgangherato che porta ognuno a rifugiarsi in luoghi lontani, dell’animo e del mondo, in cerca di nuovi equilibri. Angelo Canaletti, 1966, vive e lavora a Civitanova Marche, dopo aver seguito progetti a Roma, negli USA, in Europa e in India. Ha progettato sistemi basati su logiche neurali per l’interpretazione del linguaggio naturale e ha supportato, per quanto possibile, processi tecnologici per l’uso efficiente dell’energia. Un personaggio singolare che ci regala un romanzo assai particolare.
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SPIRITO
di Paola Donatiello
M AT T E O S I D E R I
“TEGU”,
C ATA R S I M U S I C A L E
Le Marche, un territorio tutto da scoprire, non solo per i consueti percorsi paesaggistici o enogastronomici, ma anche per gli artisti che lo abitano. Durante il viaggio nella musica indipendente delle Marche, abbiamo incontrato i risvolti delle sfaccettature dell’arte musicale, catarsi metamorfiche in mutamenti caleidoscopici. La varietà dell’esperienza musicale attraversa percorsi dal locale all’internazionale, mirati ad esprimere l’io degli artisti. In questo viaggio incontriamo Tegu, Matteo Sideri, nato a Senigallia e formatosi in Inghilterra. Si tratta di un’eccezionale batterista, alla nascita, di un cantante, chitarrista e compositore dalle mille sfumature, e non solo, un artista completo alla ricerca continua di maturazione e sperimentazione. Seguiamolo attraverso le sue parole.
Quali i motivi che ti hanno portato in Inghilterra e poi nuovamente in Italia?
Quali sono i primi momenti del tuo percorso musicale?
La partenza dall’Italia verso l’Inghilterra a 17 anni fu dovuta alla mancata voglia di affrontare una cosa “poco rilevante” come l’educazione nella scuola italiana, che non ho mai approvato. Disegnai scioccamente simboli anarchici già in prima superiore sulla lavagna e il prof. di matematica si arrabbiò e mi presi la colpa. Per non parlare del prof. di biologia, di cui ho saltato tutte le lezioni del terzo anno per presentarmi l’ultimo giorno di scuola per essere interrogato e prendere 2. In seconda media il professore di educazione fisica mi sgridò non mi ricordo bene perché e io gli sputai. Sarà stato l’inizio del testosterone… non saprei. Sicuramente il sistema scolastico inglese mi ha aperto verso le cose che la scuola dovrebbe insegnare. Ho frequentato una scuola pubblica gratuita. Ho suonato per tanti anni con coetanei e non, in Inghilterra, per lavoro e non. Son tornato in Italia nel 2005 dopo il diploma per suonare con amici; diciamo che non è andata esattamente come speravo, ma bene e male, come qualcuno suggerisce, son migliori amici, quindi suppongo sia andata bene come è andata.
Andare ai concerti già dall’età di 8 anni se non prima, il pianoforte che non so suonare, gli amici, le sigarette di nascosto e quelle magiche negli scantinati umidi.
Diciamo che l’esperienza nell’associazionismo e i testi dei
Da dove nasce il tuo interesse e la tua passione per la musica? Dal disinteresse verso tutto il resto e in parte dall’apatia percepita nei vari contesti della vita dove mi son trovato.
Con quali artisti sei cresciuto? Con tutti quelli che son stato capace di riconoscere come tali.
“
Qual è il legame della tua musica o storia con la regione Marche?
La canzone riesca a giocare a nascondino con le emozioni... è sempre lei che chiude gli occhi e conta
”
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VIAGGIO ATTRAVERSO LA MUSICA INDIPENDENTE DELLE MARCHE gruppi che ho sempre ascoltato mi hanno regalato la possibilità di lavorare sul territorio dal punto di vista culturale e sociale. Stringere rapporti collaborativi a Senigallia e altrove nelle Marche.
chiude gli occhi e conta... le cose si nascondono dentro di me e la canzone non permette tane o tane libera tutti, fa emergere e porta alla luce più che sprofondare o nascondere.
Quale il tuo percorso musicale tornato in Italia?
Quale il valore della musica indipendente secondo la tua opinione e quali le vostre strategie di registrazione, diffusione e vendita?
Il mio percorso è disegnato su una mappa che ho in tasca, ma e’ impossibile leggerlo. Seguo quel che mi urta. Potrei tracciare un percorso pieno di dati, date e altro, ma è già tutto online e sui dischi. Ho suonato con tante persone che evidentemente vedono qualcosa o sentono qualcosa in me al quale non ho ancora modo di dare un nome... mi ha permesso e mi permette di avere tanti amici. Above the tree (Marco Bernacchia al secolo) e’ stata diciamo la prima vera collaborazione che mi ha fatto uscire continuativamente da Senigallia e la sua spiaggia di velluto. Senza nulla togliere a nessuno, le esperienze pregresse son state fondamentali per essere pronto a quanto ho fatto con Marco. Ho conosciuto poi Bruno Dorella che mi ha chiamato a suonare nei Ronin. L’anno successivo è stato quello della collaborazione con Maria Antonietta. Da lì in poi ci son state altre possibilità come suonare all’estero con Gipsy Rufina, in Italia insieme a Matteo Fiorino e Mattia Coletti.
Quale il tuo percorso evolutivo nel tempo? Non saprei. Mi sembra che io stia facendo sempre la stessa cosa... solo di più e con più varietà di persone. Passo molto tempo sul mio strumento principale la batteria e probabilmente questa vicinanza costante permette al mio invecchiamento di gestire di pari passo la mia maturità musicale.
Il progetto acustico “Tegu”? Da capire se presentarsi come questo mio amico Tegu o se affrontarsi come Matteo Sideri. Nasce giocando con la chitarra, con la voce e con l’inglese. Nasce dal desiderio di volare. La batteria è proprio uno strumento dai piedi per terra... il canto libera molto se il mio canto si può chiamare.
“Tegu” da dove nasce il nome? Il nome viene da una lezione di scienze alle medie studiando l’apparato tegumentario e dai golosi da sempre Tegolini Mulino Bianco. Che sia io forse uno scienziato goloso?
Quali le influenze musicali e le caratteristiche del nuovo album? L’album contiene il sunto deviato di alcuni momenti degli ultimi due anni e mezzo. Il mio trasferimento a Ravenna, i tour in Europa, l’alluvione del 2014 a Senigallia, le ragazze dopo i concerti che hanno avuto il coraggio di portarmi a casa loro, la famiglia, le ex-ragazze, gli abusi. L’influenza musicale più importante da sempre è il punk. Ammetto di aver attinto molto dal rap negli ultimi anni.
Come ti definiresti in quanto a genere? Non lo so. Non mi piace definirmi. Non reputo giusto permettere a 5 minuti di follia cerebrale di rinchiudere un qualcosa che talvolta ha estrema urgenza di uscire da me in una serie di vocaboli in successione giusta che permettano un’identificazione di quello che faccio apparentemente più chiara e semplice da comprendere.
Come nascono gli arrangiamenti delle musiche? Cosa si nasconde dietro una canzone? Gli arrangiamenti nel mio caso sono molto semplici… ho una voce e una chitarra in mano. Gioco molto con le dinamiche e il ritmo... sono sempre un batterista. Dietro una canzone non credo si nasconda alcunché. Credo anzi che la canzone riesca a giocare a nascondino con le emozioni... è sempre lei che
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Il mercato è indipendente o non: la musica non é indipendente o dipendente, il mercato dipende dalla sua esistenza. Il valore del mercato indipendente sarà una serie di dati, rendicontazioni, registri, statistiche e altri termini o bancari o da ragioniere... io suono la batteria i numeri sono importanti ma solo per scomporre meglio il tempo. Registrare, diffondere e/o vendere son cose che ho sempre fatto in maniera diversa in base al progetto a cui lavoro. Non ho una strategia precisa, spesso improvviso.
Qual è il tuo rapporto, le collaborazioni, con gli altri musicisti indipendenti più o meno affermati delle Marche e non solo? Non saprei. Il rapporto è sempre in funzione della musica. Le persone sono tramiti. Spesso neanche consapevoli.
A quali progetti stai lavorando? Il progetto più importante è da sempre la consapevolezza del mio strumento principale: la batteria. Tutto quello su cui lavoro è volto a espandere e incrementare questa consapevolezza, sia che io studi da solo per tante ore al giorno, sia che io vada in tour in Europa per 20 giorni.
Qualche aneddoto? Di aneddoti ne avrei molti e potrei scrivere solo di questi. Alcuni indelebili sono: dormire su un soppalco in uno squat in Polonia insieme a Gipsy Rufina di fianco a un gruppo svedese e durante una tempesta fortissima ha cominciato a piovere dentro l’edificio ed essendo tutti noi direttamente vicini al soffitto ci siamo svegliati mentre ci pioveva in testa e corsi in cucina a recuperare delle pentole con cui raccogliere l’acqua per poi tornare a dormire di fianco a queste pentole. Ho dormito su un hotel nave ad Amsterdam e un po’ stordito il mattino impazzii pensando di aver perso il portafoglio con tutti i soldi del tour e lo avevo semplicemente in tasca ...corsi per tutta la nave avanti indietro solo per rendermi conto che lo avevo messo in una tasca inusuale per i soldi.
Dove possiamo seguirti? Fisicamente potete trovarmi e seguirmi di città in città ai concerti. Altrimenti sono inarrivabile e poco rintracciabile. Tra le varie cose ho profili su molti social network come Matteo Tegu Sideri.
Si è conclusa l’iniziativa promossa dalla Cedi Marche Soc. Coop. e dai Supermercati “Si con te” associati, che ha raccolto 20 tonnellate di beni di prima necessità da consegnare, in collaborazione con la protezione civile Regione Marche, alle popolazioni terremotate. Martedì 6 dicembre 2016 è stato consegnato presso il magazzino della Protezione Civile Regione Marche, sito a Mantignano (AP), uno dei carichi di alimenti raccolti. Alla consegna erano presenti, per Cedi Marche, il Presidente del Consiglio di Gestione Michele Principi ed il Direttore Generale Federico Lancioni, e per la Protezione Civile, il Responsabile Volontariato Mauro Perugini e la Responsabile Donazioni Lucia Budini. La merce è stata raccolta con l’iniziativa organizzata dal 10 al 19 novembre a favore delle popolazioni colpite dal terremoto del 26 e 30 ottobre in tutti i punti vendita “Si con te”. Grazie alla grande generosità dei clienti, dei partners che si sono uniti alla raccolta e della stessa Cedi Marche, che ha infine deciso di raddoppiare il quantitativo raccolto, sono state donate complessivamente 20 tonnellate di merce. Un ringraziamento particolare va a tutti i clienti, ai Supermercati associati ai partners e soprattutto ai volontari della Protezione Civile che svolgono ogni giorno un lavoro straordinario.
SPIRITO
Un menu completo di attività (dall’antipasto al dessert) per bambini e ragazzi da 3 a 18 anni
PREPARAZIONI DI BASE Fondamenta della nostra alimentazione, le preparazioni di base sono un passo imprescindibile per la nostra dieta: senza di esse nessun alimento può essere ben digerito o appetibile. Gli ingredienti fondamentali? Multiculturalità, ascolto, avvicinamento alla lettura, educazione civica. Il procedimento è semplice: i laboratori vogliono coinvolgere i bambini e i ragazzi in letture animate ad alta voce, spettacoli teatrali, dibattiti, percorsi di ricerca finalizzati all’integrazione fra diverse culture, al rispetto, alla coscienza civile, per promuovere legalità democratica e giustizia sociale con il diretto coinvolgimento di tutti i componenti della famiglia. Dunque si va con la Base per pizza formato famiglia, per concentrarci sulla perfetta riuscita dell’Impasto senza macchie agli enzimi attivi e al Preparato divertente per piatti saporiti.
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Ogni menu gastronomico che si rispetti segue una lista di portate che vanno dagli antipasti al dessert, passando per i primi e i secondi piatti, con un occhio di riguardo alle preparazioni di base, che sono fondamentali per la riuscita di qualsiasi leccornia culinaria. In questa direzione si muove il progetto pensato e realizzato dal Servizio Attività Culturali ed Educative del Comune di Jesi, che si rivolge all’educazione culturale, sociale ed educativa delle piccole menti in crescita, ossia ai bambini e agli adolescenti dai tre ai diciotto anni. Ecco che così mente e spirito vengono nutriti e sfamati attraverso una serie di attività pensate appositamente per stimolare la curiosità intellettuale ed emotiva di ognuno. Il Servizio Attività Culturali ed Educative ha raccolto in un dossier dalla grafica accattivante, realizzato in collaborazione con la Scuola Internazionale di Comics, l’ampio ventaglio di proposte formative messe in atto dagli Uffici comunali, dalle numerose associazioni culturali della città, onlus, cooperative, fondazioni con sede a Jesi e che si rivolgono a determinati ambiti. L’opuscolo dal titolo Ricettario Didattico, che può essere facilmente consultato anche sul web all’indirizzo conosceredigustoblog. wordpress.com, si presenta come un vero e proprio menu gastronomico composto da cinque portate, corrispondenti ad altrettante sezioni tematiche. Si parte con le preparazioni di base (educazione e cittadinanza), per passare agli antipasti (promozione sociale), proseguendo con i primi piatti (ambiente e territorio), con i secondi piatti (arti visive) e concludere in bellezza con il dessert (musica e teatro). Il sito, aggiornato regolarmente, mostrerà i diversi laboratori, seminari e proposte educative che famiglie, insegnanti, operatori sociali potranno consultare per essere sempre al corrente di tutte le iniziative realizzate dai diversi enti. In un’epoca in cui sempre più si è consapevoli di quanto sia importante mangiar sano e seguire una dieta equilibrata, priva di eccessi ma ricca di alimenti salutari e preparazioni non troppo elaborate, quanto piuttosto semplici e genuine, si inserisce a pieno titolo la proposta del Ricettario Didattico, che permette ai bambini e agli adolescenti di nutrire mente e spirito con una serie di stimolanti iniziative. Ma vediamo nel dettaglio queste proposte.
di Ilaria Cofanelli
ANTIPASTI
Siamo agli antipasti, il piatto di entrata alle portate corpose successive. Fanno parte di questa sezione le attività pensate per sensibilizzare bambini e adolescenti alla conoscenza di sé, alla predisposizione verso gli altri e alla socializzazione. Si passa dalle Bruschette pomodorini e famiglia, che promuove l’affidamento familiare temporaneo di un minore proveniente da una situazione difficile, alle Pigotte in salsa di Unicef, laboratori finalizzati alla promozione.
PRIMI PIATTI SECONDI PIATTI Con i secondi piatti ci si può sbizzarrire ancor di più: il pasto principale si conclude così in allegria, avendo ben riempite mente e spirito. Fumetto, illustrazione, disegno, incisione, pittura, scultura e fotografia sono le portate tipiche che ben si amalgamano con tempere, colori e acquerelli. Via libera dunque agli Straccetti su tavolozza di colori, o al Salmone affumettato e ai Caretteri al nero di seppia. Le finalità principali dei secondi piatti sono quelle indirizzate a far percepire le strutture museali e il patrimonio artistico-storico della città come luoghi propri, appartenenti a tutti e di cui tutti possono fruire. Scopo della portata è inculcare nei bambini e negli adolescenti degli strumenti utili a interpretare l’arte, l’economia, la storia locale e nazionale, per farle proprie e immagazzinarle dentro di sé.
Ambiente e territorio sono gli ingredienti principi di questa portata, quella che forse più di tutte è ricercata in una dieta alimentare. Le attività proposte sono legate alla storia, alle tradizioni, agli usi e ai costumi dell’ambiente che ci circonda: si parte dalle Lumachine paglia e fieno, in cui viene promossa la conoscenza della campagna e dei campi che circondano le città, per passare al Riso di “Sua Signoria” in carte antiche, ossia una consultazione dei fondi librari antichi e dei manoscritti conservati nella Biblioteca planettiana della città. Non mancano Farfalle al bianco di Ripa, un laboratorio intenzionato a far appassionare i bambini alla natura, con attività svolte a contatto stretto con la terra.
DESSERT Dulcis in fundo il dessert, il dolce che grandi e piccoli adorano a conclusione di un pranzo o una cena: insomma, una portata irrinunciabile, così come lo sono la musica e il teatro per lo spirito e l’anima. Apriamo le danze, allora, con il Tortino Pergolo(e)si, che intende sviluppare nei giovani la cultura musicale ed educare all’ascolto consapevole e perché poi non assaggiare un pezzetto di Sinfonia di burattino al caramello, che promuove percorsi di crescita attraverso l’incontro con il linguaggio del teatro e spettacoli dal vivo? Insomma, con il Ricettario Didattico c’è di che sfamarsi e di che nutrire il corpo e la mente, con svariate attività davvero adatte a tutti i gusti e a tutti i palati. conosceredigustoblog.wordpress.com WHY MARCHE | 65
PERCHE’
MONTELEONE DI FERMO:
LA MERAVIGLIA DEL PARCO DEI
VULCANELLI DI FANGO Quanti di voi conoscono il comune di Monteleone di Fermo? Un piccolo borgo che conta poco meno di 500 abitanti, ma che rappresenta un unicum nella regione Marche, grazie alla presenza del Parco dei Vulcanelli di fango, un fenomeno originale e curioso che si verifica nelle vicinanze di corsi d’acqua e terreni fangosi e argillosi. Eppure la nostra regione contiene anche perle come questa di Monteleone di Fermo, borghi storici che è necessario rendere noti. Monteleone di Fermo è un paese che sorge a 28 km dalla costa e a meno di un’ora di auto dalle piste da sci: tra il mare e la montagna si erge questo piccolo borgo che, pur nella sua minutezza, offre servizi e attrattive paesaggistiche e architettoniche a chi lo visita.
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di Ilaria Cofanelli Ce lo ha presentato il sindaco, l’avvocato Marco Fabiani che, con orgoglio, ci ha accompagnato in un tour all’interno del paese, tra la piazza principale, le vie del centro storico, le chiese e il castello. Monteleone di Fermo ha origini antichissime, che risalgono all’età picena; tracce di insediamenti romani sono pervenute grazie ad alcuni scavi, ancora in atto, che stanno restituendo alla luce resti di ville dell’età presumibilmente repubblicana. I primi agglomerati urbani corrispondono all’età successiva alle invasioni barbariche. Curioso notare come l’attuale conformazione del paese corrisponda a quella del 1200: da quel periodo non sono pervenuti cambiamenti significativi all’assetto urbano della città. Alle porte del paese sorge la chiesa quattrocentesca della Madonna della Misericordia che ospita su una parete un vero e proprio gioiello d’arte: un affresco del giudizio universale realizzato dal pittore Orfeo Presutti di Fano e datato 1548, ben conservato ancora oggi. La densità di popolazione è stata sempre piuttosto bassa, solo a cavallo delle due guerre mondiali si è raggiunto l’apice di 1300 abitanti; una cifra che è andata via via scemando tra gli anni Sessanta e Settanta, arrivando a quota 454 abitanti oggi. L’elemento che caratterizza più degli altri Monteleone di Fermo è senza dubbio la Torre Campanaria Esagonale del 14° secolo che svetta nel centro storico del paese, una struttura eretta dall’abate farfense Berardo III (che visse negli anni a cavallo tra 11° e 12° secolo) adibita a magazzino nella parte superiore, da vano cimiteriale in quella inferiore e da campanile. La Torre andò distrutta in seguito all’assedio perpetrato dai Fermani nel 1252, ma venne ricostruita appunto nel 14° secolo. Oggi la principale attrazione per cui molti turisti si recano nella zona è data dal Parco dei Vulcanelli di fango, lungo il corso dell’Ete Vivo, in cui viene offerta la visione di uno spettacolo della natura originale se non unico al mondo, quello dei vulcanelli di fango. Tale fenomeno, ritenuto nell’antichità un fatto denso di misteri, “pustole di una terribile malattia della natura” scriveva Guy de Maupassant a metà Ottocento, si verifica nei pressi di corsi d’acqua e terreni molto argillosi e fangosi: la pressione esercitata dai gas sotterranei e dall’acqua fa sì che fango e argilla eruttino in superficie portando con sé anche detriti e sedimenti, arrivando così alla formazione di veri e propri coni. Lungo il corso del fiume Ete Vivo, nei pressi di Monteleone di
Fermo, sono attivi sei vulcanelli e a fine giugno si è verificato un vero e proprio tam tam mediatico quando il vulcanello di Santa Maria in Paganico, il più grande di tutti, ha iniziato a eruttare fango ricoprendo una superficie delle dimensioni pari a un campo da calcio. In massa si sono riversati a Monteleone e in zona per assistere allo spettacolo geologico che non avviene in alcuna altra zona della regione. I vulcanelli alternano periodi di attività ad altri di quiescenza (un’attività intensa è stata registrata anche nel 2009). Le eruzioni dei vulcanelli assomigliano a dei fiumi in piena di argilla, che straripano e vanno a inondare i campi in cui scorrono. “Alcuni anni fa è stato creato un vero e proprio Parco dei Vulcanelli di fango - riferisce il sindaco Fabiani, - vulcanelli mediamente attivi che raggiungono il massimo dell’azione durante gli eventi sismici. Abbiamo infatti verificato che pochi minuti dopo la forte e prolungata scossa di terremoto che ha colpito le nostre zone il trenta ottobre, i vulcanelli eruttavano in maniera considerevole una quantità importante di argilla”. Un bene naturalistico dunque affascinante e originale, da proteggere e tutelare. A proposito del terremoto che ha colpito in modo devastante le nostre terre lo scorso ottobre, il sindaco di Monteleone di Fermo ha tenuto a precisare che il paese ha retto molto bene alle forti scosse sismiche, grazie al lavoro delle precedenti amministrazioni comunali che hanno investito, già dopo il terremoto del 1997, nel recupero architettonico del centro storico e del tessuto urbano del paese. Pochi sono stati gli sfollati che hanno trovato comunque sistemazione in abitazioni all’interno dello stesso paese e solamente una chiesa è crollata, mentre un’altra è inagibile. “A Monteleone, nonostante sia un piccolo paese, si vive bene - dice il sindaco, abbiamo tutto ciò che risulta essenziale a una vita dignitosa: due medici, un esercizio alimentare, un ristorante, due bar, l’ufficio postale. Stiamo solo attendendo il bando comunale per l’apertura della farmacia che ora è chiusa, dato che il precedente medico farmacista si è ritirato in pensione. Monteleone sorge a 7km di distanza da Servigliano e a 24km da Fermo: città che riusciamo a raggiungere bene se dovesse comunque presentarsi necessità”.
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SPIRITO
CASA SBILENCA
LA
Ogni volta che i miei genitori mi dicevano che avremmo passato il fine settimana nella sbilenca casa dei nonni, a San Ginesio, il sorriso mi si spegneva in volto. Quel crudele strapparmi ai miei giochi ai miei amichetti per costringermi in un lungo esilio di due interi giorni, immerso tra le verdi e noiose colline maceratesi, mi sembrava una delle cose più efferate che i miei, evidentemente mossi da una natura malvagia, potessero farmi. Durante il viaggio mio padre mi raccontava, appena si vedevano sfilare le rovine di Urbs Salvia lungo la strada, che lì ci avrebbero dovuto costruire Roma. Che poi però avevano cambiato idea e se ne erano andati lasciando tutto così. Non ho mai capito per quale motivo mi raccontasse questa storia, se ci credesse realmente o se era un modo per farmi stare attaccato al finestrino e far cessare le mie proteste. Quello dove stiamo andando è un posto che solo per un soffio non è il più importante d’Italia, mi ripetevo e tanto mi bastava. Ricordo lunghi pomeriggi sospesi, a caccia di gamberetti di fiume con mia sorella e Silvia, una ragazzina che abitava qualche casa più in là ed era diventata in un batter d’occhio la nostra migliore amica. Quando Silvia aveva da fare, ci sedevamo con mio nonno sulla scarpata che dava sulla strada e contavamo le macchine dei villeggianti che andavano verso Sarnano. Ricordo bene anche il momento in cui i miei nonni, dopo lunghe discussioni, si decisero a lasciare la casa e a venire
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di Andrea Cozzoni
a stare con noi. Starete bene, è più pratico e facile gli ripetevano i miei. Mio nonno era già logorato dalla malattia che nel giro di qualche anno lo avrebbe stroncato e mia nonna mise da parte l’orgoglio e preparò le valigie. Così quella casa sbilenca, che mio nonno aveva tirato su con le sue mani, iniziò la sua seconda vita. Da casa contadina e spartana divenne la casa delle vacanze di mio padre e dei miei zii. I tre fratelli si sono messi con devozione a sistemare il sistemabile, a curare il più possibile quello che i loro genitori gli avevano lasciato. Anche dopo la morte di mia nonna hanno continuato a lavorare sodo a quello che era a tutti gli effetti un progetto di riqualificazione di una casa che altrimenti sarebbe rimasta in balia di un destino di abbandono e miseria. La porcilaia si è trasformata in legnaia, la stalla in una comoda sala da pranzo, l’aia in un giardino fiorito pieno di alberi da frutto. Gli anni in cui tutti si dedicavano alla casa per me corrispondevano agli anni dell’abbandono, non c’era niente di interessante in una vecchia casa sbilenca sperduta in mezzo ai monti. Ho iniziato a riscoprirla solo dopo i diciotto anni, quando ero capace di arrivarci da solo, con la mia macchina e passarci del tempo senza la supervisione dei miei genitori. Ricordo alcuni capodanni accucciati davanti alla stufa o intorno alla tavola e delle estati infuocate a raccogliere pomodori nell’orto. Le ore passate a dondolare sull’amaca che mio zio aveva piazzato tra i due tigli in mezzo al giardino. I picnic di fine maggio sul tavolo di pietra sotto gli oleandri e il caffè forte che mia zia era solita preparare a tutte le ore. Mio padre che tagliava l’erba imprecando perchè era l’unico a lavorare mentre noi prendevamo il sole. Ho scritto parte della mia tesi di laurea in quella casa e ho fatto l’amore sotto le coperte di quei letti troppo grandi e freddi, che diventavano rifugi caldi e accoglienti se riempiti di baci e carezze. Chissà quante volte qualcuno avrà fatto l’amore in quelle stanze? Ho in mente alcune mattine fredde d’inverno, con la neve che ricopriva il giardino e i muri ghiacciati e le nuvole di fumo che uscivano dalla mia bocca. Il fornello acceso e l’odore di caffè che inondava la casa. Il weekend finito e la riluttanza nel rifare la borsa, chiudere il gas, spegnere l’interruttore generale della luce e rimettermi in macchina verso la routine settimanale. Troppe volte negli ultimi anni ho pensato di non risalire in quella macchina e di ricominciare da lì, di azzerare tutto, di ripartire dalle mie radici, da quello che i miei nonni prima e i miei genitori poi hanno costruito e curato per farlo arrivare a me. Ora in quella casa sbilenca non è più possibile entrare. Ricordo bene la sensazione di smarrimento durante la prima scossa e la paura che mi ha messo la seconda. Ho pensato subito a quella casa, che di sicuro questa volta non avrebbe retto. Mi sono messo in auto, lasciandomi il mare alle spalle, ho superato veloce i resti di quella che doveva diventare Roma e sono arrivato a casa. Era ammaccata, ferita, scomposta ma ancora in piedi, al contrario di quella vicina, che non ha retto e si era trasformata in un cumulo di macerie. Sicuramente ci sono delle spiegazioni tecniche: i materiali di costruzione, la conformità del terreno, l’intensità della scossa ecc, ma mi piace credere che quello che l’abbia tenuta in piedi sia stato l’amore di tutti quelli che, anche solo per un giorno, hanno conosciuto quella casa sbilenca.
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SPIRITO
DICEMBRE-GENNAIO 2016/17 L’amore passa dentro la cruna di un ago
Un giorno accadde 28 dicembre 1895. I fratelli Auguste e Louis Lumière organizzarono la prima proiezione cinematografica pubblica a pagamento. In un seminterrato di un locale di Parigi proiettarono delle fotografie scattate in rapida successione, in modo da dare un’illusione di movimento al pubblico radunato in sala. Quel giorno nasceva il cinematografo.
Ho sognato…
… il miele – 58 – Alimento ricco e nutriente, dal colore solare, per gli antichi il miele era prezioso dono degli dei. Ma la tradizione lo vuole anche simbolo di gioie d’amore e di fecondità. Anche in sogno questo dolcissimo nettare mantiene buoni auspici e positività. Il miele onirico rappresenta infatti i piaceri della vita, le dolcezze dell’amore, la pace della mente e dello spirito.
Barbanera buongustaio Persico all’Arancia Tempo (min.): 25 Difficoltà: Facile Calorie per porzione: 205
INGREDIENTI (per 4 persone): 400 g di filetti di pesce persico - 100 g di latte - 40 g di burro - 20 g di farina - un ciuffo di prezzemolo – 1 arancia biologica - sale. Infarinare i filetti di persico. Togliere la scorza all’arancia (solo la parte gialla) e tritarla, quindi spremerla. Rosolare i filetti in padella con il burro, facendoli dorare da entrambi i lati. Versarvi il succo e la scorza d’arancia, salare e fare asciugare quasi completamente. Porre i filetti sul piatto di portata e far bollire il latte nel loro stesso fondo di cottura, facendolo rapprendere un po’. Versare sui filetti la salsa calda, spolverizzare con il prezzemolo tritato e servire.
BUONE ECOPRATICHE d’Inverno GLI OCCHIALI NELLA PRESINA
Capita non di rado di perdere la custodia degli occhiali da vista, ma il problema è di semplice soluzione. Per non correre il rischio di rovinare le lenti graffiandole, non è necessario comprare una custodia nuova. Se ne può infatti creare una in modo semplice e veloce: basta riadattare una presina ancora in buono stato, magari dai colori vivaci. Occorre solo piegarla in due, poi cucirla su due lati e guarnirla, se si vuole, con dei bottoni o con un merletto.
PALLET RICICLATI PER NUOVI MOBILI
I pallet – pancali da trasporto – sono la nuova frontiera dell’arredare sostenibile, perché permettono di costruire dei mobili senza abbattere alberi. Basta un po’ di manualità e qualche idea per poterli realizzare a bassissimo costo. Un’idea semplice e veloce da mettere in pratica sono i banchi per coltivare insalata e prezzemolo in terrazzo. Bastano due pallet, uno si smonta per rinforzare l’altro e dotarlo di appoggi.
PESCANDO QUA E LÀ!
Regali sostenibili Questo periodo non facile sotto il profilo economico ci costringe a una riflessione sul nostro stile di vita. Scegliamo allora dei regali di Natale all’insegna del risparmio energetico: una batteria, un telefono cellulare o una lampada da giardino che si ricaricano con l’energia del sole. Oppure oggetti fatti con materiali riciclati da noi, come borse, cestini, tappeti. Ma anche indumenti in cotone biologico oppure guide naturalistiche, libri, documentari sull’ambiente possono essere idee regalo che verranno molto apprezzate da grandi e piccini.
L’oroscopo di Barbanera ARIETE Momento favorevole per progetti in équipe, mettendo in campo il carisma che vi rende leader convincenti e combattivi. Energie al top, da canalizzare al meglio.
BILANCIA Grazie alla capacità di adattamento e ad un po’ di opportunismo, trarrete il meglio da eventuali cambiamenti nel lavoro. Riuscirete a togliervi qualche sfizio.
TORO Saprete circondare chi vi piace di mille attenzioni seducenti e d’effetto. Una persona entra all’improvviso nella vostra vita, sconvolgendovi tutti i piani!
SCORPIONE Il ritmo è frenetico, ma le gratificazioni non mancheranno. Un incarico di responsabilità apre sbocchi nuovi per la carriera. Favoriti viaggi e spostamenti.
GEMELLI È tempo di dimenticare il passato e volgere lo sguardo al futuro. Responsabilità e cambiamenti di ruolo reclamano impegno, ma regalano grandi soddisfazioni.
SAGITTARIO L’elasticità mentale non vi fa difetto e renderà più agevole il lavoro. Rapporti sociali vivacizzati da una comunicazione sciolta e da uno spirito brillante.
CANCRO Buone notizie sul piano finanziario: in arrivo guadagni inattesi. Grazie a profonde riflessioni, potrete mettere a punto decisioni importanti per la famiglia.
CAPRICORNO L’umore è fulgido, finanze e investimenti vanno benissimo. Siete contesi, ammirati, stimati… Cosa potete desiderare di più dalla vita? Colpo grosso nel lavoro!
LEONE In molti vi apprezzano e vi cercano. Con la vostra battuta pronta sapete regalare allegria e buonumore e con la vostra lealtà date sempre il consiglio giusto.
ACQUARIO Le decisioni si rivelano più difficili se pensate a tutte le possibilità. In questo modo il dubbio rischia di minare le certezze. Lasciate parlare il cuore.
VERGINE Molte le occasioni da cogliere al volo: non deludete la buona sorte, che in questa fase stravede per voi! Risultati lusinghieri, anche dal punto di vista economico.
PESCI Novità in famiglia, molti progetti bollono in pentola. Il desiderio di stabilità affettiva incoraggia passi significativi per dare al rapporto un assetto nuovo.
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EVENTI
DICEMBRE - GENNAIO 2016-2017
Castello di Natale
Pesaro nel cuore
Presepe Vivente
dal 26 novembre all’8 gennaio
dal 26 novembre al 6 gennaio
26 e 30 dicembre 1 e 6 gennaio
Gradara (PU)
Gran Tour Cultura Marche
dal 11 novembre al 15 gennaio
Giochiamo
Palazzo Ducale - Urbino (PU)
dal 28 ottobre al 5 febbraio
Pesaro (PU)
Mostra “La Maddalena” Loreto (AN) dal 3 settembre all’8 gennaio
Pietralacroce (AN)
Lo Schiaccianoci Teatro Lauro Rossi Macerata (MC)
Venerdì 30 dicembre
San Severino Blues
Il Barattolo di Natale
dal 10 dicembre all’8 aprile
dall’8 al 18 dicembre
Tolentino (MC)
Macerata (MC)
CAMPAGNA ABBONAMENTI
2016-17
6 NUMERI 5,00
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