Why Marche n.8 Novembre Dicembre 2011 Gian Mario Spacca

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WHY MARCHE MAGAZINE N. 8 NOVEMBRE DICEMBRE 2011 MENSILE - ANNO II - € 1,00

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Gian Mario Spacca

L’uomo del sogno



Buon Compleanno

Why Marche!

E mentre i tempi si fanno ancora più cupi, Why Marche compie un anno. Un compleanno senza “botti”, in sintonia con il rigore e la sobrietà che il momento storico richiede. In fondo non ci è del tutto estraneo questo atteggiamento: siamo marchigiani! Abbiamo lavorato duro e con entusiasmo inseguendo un sogno che ora è una realtà, piccola, ma di spessore. Ci siamo conquistati un posto nel cuore di tanti, tantissimi, perché siamo stati capaci, ce ne avete dato atto in Maria Pettinari più di una occasione, di trasmettere la nostra passione. Una passione per la nostra Regione, per le sue tante anime, per la sue tante professionalità a volte nascoste e trovarle e portarle alla luce è per noi una soddisfazione immensa. Why Marche è uno sguardo giovane e tecnologico sulle tradizioni, sulla cultura popolare, sui piccoli centri e sui centri storici, punto di partenza imprescindibile per sentirsi parte di una piccola comunità, come bene spiegano i nostri Presidenti di Provincia in questo numero. Piccole realtà dunque consapevoli del proprio valore storico e culturale che a loro volta sono parte di un Paese, regione d’Europa. Ecco, passatemi l’esempio, siamo un po’ come le lenti progressive: con un’unica lente si mette a fuoco ciò che ci sta più vicino passando in maniera equilibrata a vedere l’insieme che ci porta ad una visione a lunga distanza. Comunque, per questo primo compleanno, non potevamo avere regalo migliore che la copertina dedicata al Presidente Gian Mario Spacca che ringraziamo per aver voluto condividere con Why Marche il progetto della Macroregione Adriatico-Ionica, il futuro per la nostra regione e la nostra economia. Anche oggi che sull’Europa si è abbattuta una crisi economica senza precedenti, noi crediamo che la prospettiva europea sia l’unica capace di offrire futuro e stabilità. Soffiamo dunque idealmente tutti insieme sulla candelina numero uno di Why Marche! Grazie a tutti voi, che ci manifestate sempre il vostro apprezzamento e le vostre osservazioni, insieme, ne siamo sicuri, andremo lontano. Da parte mia, dall’editore e da tutta la redazione un augurio di Buone Feste, sobrie, forse, ma serene e in pace.

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AGORÀ 6 · La disabilità, da un ottimo punto di vista INNOVAZIONE 8 · La “voce” delle emozioni 10 · Accade a Microcosmo 12 · Spendere sostenibile

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ENOGASTRONOMIA 14 · Girolio marchigiano IMPRESA 16 · I motivi di una scelta 18 · Il custode della memoria 20 · Passione, innovazione, flessibilità 23 · Networking per le imprese femminili 24 · L’eccellenza made in Fano ECONOMIA E FINANZA 26 · La carta degli universitari CONSUMATORI 28 · Si passa al digitale terrestre! UNIVERSITA’ 31 · Voi, studiereste sugli e-book? TURISMO 34 · Il turismo marchigiano? Decliniamolo al futuro 36 · Web tourism? Scopritelo con Bizcom.it 38 · Alla scoperta di… 40 · Da Londra…alle Marche

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FORMAZIONE 46 · Il nuovo corso 49 · Obiezioni? Si, grazie! 50 · Piccoli filosofi crescono

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N° 08 - Novembre Dicembre 2011

www.whymarche.com Direttore Responsabile: Maria Pettinari m.pettinari@whymarche.com REDAZIONE Caporedattrice: Eleonora Baldi e.baldi@whymarche.com Responsabile di redazione Paola Solvi p.solvi@whymarche.com Responsabile Marketing Raffaella Scortichini r.scortichini@whymarche.com Direttore Artistico Silvio Pandurini s.pandurini@whymarche.com

L’era della Macroregione

Responsabile Fotografia Massimiliano Fabrizi m.fabrizi@whymarche.com

ISTITUZIONI 55 · La ricchezza dei centri storici, come la salviamo?

Editor Riccardo Maria Barchiesi Claudia Cinciripini Giampaolo Paticchio Michela Marconi Chiara Giacobelli Fabio Curzi Marco Catalani Silvia Santarelli Andrea Campanari Sara Bolognini Fabiana Pellegrino

ARTE E CULTURA 58 · Il fascino del dimenticato 60 · Acculturiamoci! Tra Mantova e Montefiorentino

Hanno collaborato Carla Giaccaglini Loredana Baldi Silvana Santinelli Alessandro Silenzi Daniele Regolo Francesco Di Bitonto

SOCIALE 62 · Da dietro le sbarre MOTORI 66 · In macchina con Leo HI-TECH 68 · Il cinema a casa tua

Progetto grafico: www.eraworks.com

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LUDICA 70 · Una voce dall’oscurità MODA 72 · Il beach wear abita a Sarnano EVENTI 74 · Ascoltiamo le viole

GOSSIP 76 · La dama e il campione

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PERCHE’ 79 · Sopravvissuta

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Casa Editrice: Theta Edizioni Srl Registrazione Tribunale di Ancona n° 15/10 del 20 Agosto 2010 Sede Legale: Via Villa Poticcio 22 60022 Castelfidardo - Ancona Tel. 0717821259 Fax 07125047377 www.thetaedizioni.it - info@thetaedizioni.it

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Stampa: Tecnostampa: Via Le Brecce - 60025 Loreto (AN) Abbonamenti: abbonamenti@whymarche.com Chiuso in redazione il 1 Dicembre 2011

COPYRIGHT THETA EDIZIONI TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI. NESSUNA PARTE DI QUESTO MENSILE PUO’ ESSERE RIPRODOTTA CON MEZZI GRAFICI, MECCANICI, ELETTRONICI O DIGITALI. OGNI VIOLAZIONE SARA’ PERSEGUITA A NORMA DI LEGGE. per qualsiasi informazione

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Daniele Regolo

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Daniele Regolo

ha vinto la sua sfida personale, ora sta aiutando altri disabili a fare lo stesso!

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Una delle osservazioni più frequenti che mi vengono rivolte riguarda il modo di parlare delle mie vicende personali. Sono in molti a dire che, quando racconto di me, sembra tutto così ben descritto, fluido, lineare. Questi commenti mi fanno sorridere in segreto perchè, in realtà, le mie narrazioni riguardano momenti che non sono stati affatto lineari, anzi. Spesso e volentieri si tratta di eventi sofferti, di istanti difficili e di strade tortuose intraprese perfino contro la mia volontà. A queste persone rispondo che parlare di me non sarebbe così semplice se non fossi in realtà io stesso un mezzo per descrivere qualcosa che supera le vicende personali perchè vengano inserite in un contesto più ampio: quello della nostra società, così evoluta ma, per molti temi, ancora così in affanno. In realtà, quindi, sto parlando di ciascuno di noi, a tutti voi. Spiegare cosa sia Agenzia Lavoro Disabili (www.agenzialavorodiabili.it) mi richiede quindi di introdurre quelle esperienze personali che hanno portato alla maturazione di una scelta di vita. E, come appena spiegato, queste esperienze non sono soltanto le mie, ma anche quelle dei tanti prossimi nei quali mi sono di volta in volta imbattuto. Quando nell’albo contenente le deli-


Agenzia Lavoro Disabili,

sfida economica e sociale di un disabile uditivo bere della Azienda sanitaria in cui lavoravo come dipendente a tempo indeterminato venne affissa la presa d’atto delle mie dimissioni, accadde un terremoto tanto devastante quanto silenzioso. Nessuno riusciva a spiegarsi una scelta del genere, presa da un disabile poi! Invece di baciare per terra, se ne andava via dal posto fisso. In realtà per me che la vivevo dall’interno, quella scelta fu del tutto naturale e matura: avevo fatto le mie esperienze, era giunta l’ora di fare del lavoro non più una meccanica esecuzione di compiti sovente troppo slegati dalla realtà. Era arrivato per me il momento di far conciliare il lavoro con il suo senso più profondo: quello di migliorare, allo stesso tempo, il nostro e l’altrui destino. Grazie proprio alla mia disabilità uditiva e alle svariate esperienze lavorative, mi sono reso conto che il lavoro dei diversamente abili rappresenta un’autentica emergenza della nostra contemporaneità, emergenza tanto sociale quanto economica. Un disabile che lavora, infatti, non solo avrà grandi benefici in termini di autostima e serenità interiore, ma cesserà di essere un costo che grava, a causa delle pensioni di invalidità, sul bilancio statale. Ma c’è anche un altro aspetto, da troppi sottovalutato, che mi preme sottolineare. Il disabile autosufficiente è anche un consumatore di beni e servizi che la nostra società mette a disposizione. Il disabile può quindi acquistare, viaggiare, in altre parole può partecipare alla vita sociale ed economica del paese, attraverso l’accesso al consumo. È importante considerare che “consumo” non è solo un’azione strettamente legata all’impossessarsi di un oggetto ma rappresenta, nella sua interpretazione più alta, un vero e proprio sistema democratico che consente la partecipazione del cittadino alle conquiste sociali, economiche e tecnologiche della nostra società. È per questa ragione che è sbagliato, profondamente sbagliato, ostinarsi a trovare un posto al disabile, come se dovessimo toglierci un peso. In realtà la ricerca di un lavoro deve prima passare per l’approfondita conoscenza della persona, sulla quale costruire poi le qualifiche: fare il contrario, ovvero appiccicare una qualifica senza discriminazione, è un gioco che ha vita breve. Agenzia Lavoro Disabili non presenta voluta-

mente all’interno del portale una bacheca per l’incontro di domanda e offerta, ma si prefigge uno scopo diverso: quello di presentare al meglio ciascun candidato, come prima d’ora difficilmente ai disabili è stato possibile fare. Una delle voci più importanti del curriculum è infatti denominata “Vi parlo di me”, e ha lo scopo di dare al candidato quello spazio di espressione che troppe volte gli viene negato. Il sito, accessibile secondo gli standard W3C, è completamente gratuito, anche in caso di assunzione. L’utilizzo gratuito del sito è reso possibile dalla presenza di partner e patrocini che, oltre a sostenere le nostre finalità, desiderano impegnarsi in prima persona per la risoluzione di quella che è un’autentica emergenza sociale e, come spiegavamo poc’anzi, economica. WM

Agenzia Lavoro Disabili vuol lanciare anche un ulteriore messaggio ai disabili: è finito il tempo di delegare ad altri la risoluzione di problemi che sono solo nostri, così come è finito il tempo – specialmente in un periodo di crisi come quello odierno – di aspettare che altri si occupino di noi. In tal senso, sarebbe meraviglioso scorprire che un numero sempre maggiore di diversamente abili si cimenta nella strada dell’imprenditoria quale via per migliorare la propria condizione e, possibilmente, migliorare anche la condizione della società.

Ecco, non abbiamo poi parlato così tanto di Agenzia Lavoro Disabili, ma abbiamo visto insieme cosa c’è sotto la punta dell’iceberg. Tutto ciò nella convinzione che, se nella costruzione di un progetto si parte da una maggior conapevolezza delle nostre radici e dei nostri errori, per poi approdare all’esame delle nostre attese, ogni azione che ne scaturirà avrà finalmente senso e successo.

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di

Sara Bolognini

Cal Lightman v

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“Lie to me” è la serie tv con protagonista Cal Lightman, studioso ed esperto in psicologia delle emozioni. Chi si è fatto prendere dall’interpretazione dei micro gesti, si sarà anche chiesto quanto c’è di vero. Le puntate interpretate dal dottor Lightman sono ispirate agli studi del dottor Paul Ekman, psicologo studioso del comportamento umano ed esperto di rilievo sul linguaggio del corpo e sulle espressioni facciali. Noi di Why Marche abbiamo intervistato Claudio Visentin, cofondatore dell’istituto di psicologia analogica di Milano, iscritto all’albo degli psicologi e socio fondatore dell’Istituto di Ricerca sulla Comunicazione e Ipnosi. Claudio è docente presso l’Istituto Programmazione Analogica e Comunicazione Non Verbale. E vive a Corinaldo. Come è iniziato il tuo interesse per la comunicazione non verbale (CNV)? “Anni fa lavoravo come perito grandine. Il mio compito era quello di valutare i danni causati da questa calamità naturale. Mi resi conto, durante i colloqui, che era necessario riuscire ad ottenere la massima attenzione e trasmettere la massima sicurezza al mio interlocutore, gestendo la conversazione efficacemente e in tempi brevi. Avevo già frequentato alcuni corsi riguardanti la Comunicazione Non Verbale e li andai ad approfondire insieme all’ipnosi”. Che cosa intendi per comunicazione emotiva? “La comunicazione

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verbale è prevalentemente logica, ha una funzione denotativa: indica e descrive. La comunicazione emotiva invece, è prevalentemente non verbale e ha funzione connotativa: è la capacità di trasferire emozioni, trasmettendo idee e sentimenti”. Quindi la comunicazione emotiva è la comunicazione perfetta? “La comunicazione ipnotica è quella perfetta. Con l’ipnosi devo soddisfare sia la parte logica che quella emotiva. Non posso mettere l’uno contro l’altro. Una comunicazione interattiva nella quale si integrano la parte logica e analogica ha potere seduttivo e persuasivo: ottiene il consenso. Le relazioni, di qualsiasi tipo siano, sono influenzate da messaggi analogici. Dalle ricerche emerge che in una conversazione solo il 7% del messaggio è contenuto logico, il 38% è terminologia e paralinguistica e il 55% è atteggiamento e gestualità”. E la CNV a cosa serve? “È una tecnica. Uno strumento che ci insegna a vivere meglio e relazionarci in maniera efficace”. Così facile? “Se fosse facile sarebbe inutile – sorride – se io riesco a capire tramite la gestualità la parte emotiva degli altri, e conosco la mia, posso riuscire a trovare un sistema per entrare in una relazione piacevole. È una questione di allenamento e determinazione, ti ci devi mettere d’impegno. Prima si impara a vedere, poi a decodificare e infine a rielaborare le informazioni. La pratica e l’interesse ci aiutano. A me sono bastati 3 mesi per essere in grado di vedere e decodificare il 70% dei segni”.


s Claudio Visentin La parola allo specialista in psicologia delle emozioni Come si esprime la parte emotiva? “Attraverso i carichi tensionali: manifestazioni del nostro corpo espresse tramite la gestualità, la mimica e i suoni vocali. Tra i più evidenti ci sono i pruriti: vasodilatazioni periferiche date da una maggiore irrorazione sanguigna. Se gli stimoli emotivi superano l’indice di tolleranza il soggetto manifesterà segnali di rifiuto o gradimento”. E questi segnali sono universali? “Sì, sono stati fatti molti studi nel mondo, prendendo a campione persone di etnie diverse, e dopo accurati test e analisi è stato comprovato che a ogni segnale corrisponde un significato. Ma dobbiamo distinguere la gestualità cognitiva da quella istintiva, la prima è appresa e fa parte dell’ area sociale in cui l’individuo si sviluppa, la seconda è in comune a tutti, dagli aborigeni delle foreste a noi”. Si può impedire alla parte emotiva di esprimersi? “No, l’atto stesso di stare fermi esprime la volontà di non comunicare. Quindi sto esprimendo una mia decisione logica. Può accadere che se mantengo il blocco, la parte emotiva trovi nuove vie di sfogo passando da un prurito a uno starnuto per esempio. Ai politici americani viene insegnato a stare fermi durante le conferenze stampa per non “tradire” le loro affermazioni. Quando Bill Clinton fu interrogato per l’Impeachment gli fu chiesto se fosse la prima volta che aveva rapporti con la Monica Lewinsky. Clinton rispose di sì pulendosi il naso: il segno di rifiuto aveva negato la frase. Alla domanda se avesse mai tradito la moglie però, Bill rispose di no e la CNV lo confermò. Come era possibile che il rapporto orale fosse vero e il tradimento no? Semplicissimo: è sempre necessario specificare. Per il presidente degli Stati Uniti solo i rapporti completi erano tradimento, quindi la sua parte emotiva era convinta dell’affermazione. I gesti espressi con la comunicazione analogica sono sempre veritieri, le contraddizioni nascono quando la parte logica dell’interlocutore agisce sulle convinzioni”. Non hai mai pensato di utilizzare questo sapere per aiutare la giustizia come nella serie “Lie to me”? “L’abbiamo fatto in maniera indiretta tramite corsi presso la Polizia di Stato, ma in Italia la

CNV non è riconosciuta a livello legale, mentre in America lo è solo a livello ufficioso. Negli USA un segnale riconosciuto con la CNV non è prova, ma è consentito servirsi dell’analisi per raggiungere la verità. In Italia invece non si può accedere a un interrogatorio se non si è criminologi o delle forze dell’ordine”. Cosa ne pensi di “Lie to me”? “Ben fatta ma limitativa. La serie si basa sulla necessità di scoprire le persone che mentono, con una strategia di osservazione concentrata principalmente sulla mimica facciale, i movimenti del corpo sono meno analizzati. Altra debolezza espressa durante le puntate risiede nell’interpretazione dei segnali che possono esprimere o meno gli eventuali indagati. Essendo interpretati da attori, questi recitano una parte. In alcune occasioni ho osservato risposte emotivamente corrette contemporanee a gesti di rifiuto. Vuol dire che l’attore non avendo realmente commesso il fatto manda involontariamente una risposta emotiva corretta per se stesso e non per la parte che interpreta, mentre recita un ruolo in cui dovrebbero essere inviati segnali opposti. Nel complesso è una bella serie tv che mi è anche utile nelle lezioni”. WM

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Microcosmo Le favolose fave di

di

Fabio Curzi

Il Comune di Microcosmo riceve una proposta dalla ACME per realizzare un deposito di fave. Nell’accordo tra il Comune di Microcosmo e la ACME quest’ultimo si impegna a pagare alla comunità una cifra annuale per il disturbo nella costruzione e a prestare attenzione alle necessità degli allergici alle fave. La notizia rimane ai margini del dibattito pubblico finché non viene sollevata da alcune forze di opposizione che chiedono al sindaco di Microcosmo una serie di chiarimenti e garanzie che, con qualche farraginosità, vengono comunque fornite. L’amministrazione e la ACME avviano la procedura per la realizzazione del deposito di fave. La società civile, attraverso un’associazione, prende posizione contro la realizzazione della struttura e avvia delle pratiche di opposizione per bloccarla.

Dialogo tra il cittadino e il sindaco di Microcosmo (1) “Fidati di me, sono il Sindaco, so quello che faccio”. “Ma Sindaco, l’altra volta ti eri sbagliato”. “Fidati di me, sono il Sindaco, so quello che faccio”. “Ma Sindaco, anche quell’altra volta...” “Fidati di me sono il Si”... (ad libitum)

In questi giorni un amico giornalista ha pubblicato sul suo profilo di Facebook un messaggio che suona pressappoco così “Non prendo mai posizione rispetto a quello che succede nella mia città, ma stavolta non posso tacere.

NO A QUEL PROGETTO”. Taccio il nome del giornalista, la città e il progetto reali perché non voglio esprimermi su quel singolo progetto, sulla conduzione amministrativa di quella città. Mi interessa un po’ di più il fatto che questa posizione sia presa da un giornalista, che raccoglie senza approfondire un’opinione espressa da diverse persone. Credo che ognuno dei lettori possa immaginare un comune o una provincia dove questo sta avvenendo. Sono situazioni ricorrenti. Secondo me sono manifestazioni, sintomi, di un fenomeno di sfiducia molto profondo che riguarda non la politica ma il sistema di accreditamento delle scelte pubbliche. Il meccanismo che si è messo in moto se da un lato dimostra la disponibilità di molti a utilizzare il proprio senso critico, dall’altra avvia un percorso di auto-certificazione delle opinioni basata sul confronto con cerchie ristrette di “amici” nessuno dei quali è realmente esperto.

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Dialogo tra il cittadino e il sindaco di Microcosmo (3). “Quest’Università ha dimostrato che non ci sono rischi per i cittadini”. “Questo studioso dice il contrario”. “L’Università ha portato tutte queste ricerche a supporto”. “Questo studioso è riconosciuto dall’ Università di Miocugino ed è più credibile della tua, pappapero”.

Dialogo tra il cittadino e il sindaco di Microcosmo (2) “Chi mi dice che quell’infrastruttura è sicura?” “Un tecnico”. “Per chi lavora quel tecnico, chi lo paga?” “E’ un dipendente di un’agenzia pubblica di valutazione”. “Allora mente, non è credibile perché l’ha nominato qualche politico”.

Dialogo tra un cittadino e uno che crede alle favole. “L’ha detto Beppe e gli credo”. “Ma guarda che ci sono dieci ricerche che dicono il contrario”. “Ma figurati se Beppe non si informa”.


Una storia irreale, dialoghi inventati… ma se ci pensate non è niente di così distante dalla realtà! La perversione di questo senso critico è che si rivolge contro le strutture tradizionali che garantiscono la serietà delle posizioni (metodo scientifico, ricerca universitaria, editoria e stampa) ma non usa lo stesso sguardo cinico verso le proprie fonti. Ci convinciamo della bontà di un’idea perché cerchiamo non una verifica di quell’idea, ma ci appoggiamo a chi sostiene la nostra stessa posizione fino a farne un paladino della nostra causa (giusta o sbagliata che sia). Di diffidenza in diffidenza finiamo per demolire ogni credibilità e con essa ogni possibilità di prendere una posizione che non sia la nostra. Dove “nostra” fa riferimento ad un gruppo sempre più ristretto di persone che la pensano come noi. Dove “noi” finisce inevitabilmente per diventare “io”. Non credo sia un fenomeno della Rete, anche se in Rete è molto evidente (scie chimiche e idiozie consimili), ma è sicuramente un fenomeno italiano. Ci stiamo giocando la fiducia in un Sistema che va trasformato, ma che non può essere abbattuto senza essere sostituito. WM

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PesoNetto

La spesa… alla spina! Fin dalle scuole elementari impariamo che il vero valore di quello che compriamo sta nel Peso Netto: in quello che rimane una volta tolta la tara. E seguendo questa logica, guardate un po’ cosa si sono inventati questi pesaresi! Ognuno di noi segue una propria filosofia, la fa sua e la applica in tutti i settori della vita: nei rapporti con gli altri, nel lavoro…anche nel modo in cui si fa la spesa! Perché di sicuro questo non è un aspetto trascurabile: in fondo, siamo anche quello che acquistiamo! E, in un momento in cui di alternative è pieno il mondo, siamo anche non solo quello che acquistiamo ma come lo facciamo. Probabilmente da un’idea simile, e ce lo faremo dire più tardi, sono partiti i soci della PesoNetto. Tanto è vero che ancora prima di spiegare che cosa sia in realtà questa iniziativa, tengono a sottolineare che questa è appunto una filosofia nata per dare la possibilità di far conoscere i prodotti, i produttori e i luoghi di produzione evidenziando le eccellenze e preferendo i prodotti a filiera corta. L’idea proposta da Pesonetto è innovativa e merita attenzione perché propone un cambiamento di punti di vista. Primo: perché comprare quantità predeterminate quando posso acquistare esattamente quello che mi serve? E da qui, il concetto di spesa alla spina: ossia rifornirsi di ciò di cui si ha bisogno, utilizzando contenitori biodegradabili, riutilizzabili e riciclabili. Ed ecco il secondo importantissimo aspetto: l’attenzione alla sostenibilità ambientale e ai soli prodotti controllati, genuini e naturali.

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E non parliamo solo di cibo!Da Pesonetto è possibile trovare bevande, alimenti, detergenti, oggetti sostenibili ed innovativi e anche aree che consentono una condivisione “sociale”, se così si può dire, come quella dedicata ai bimbi e l’area wifi. Insomma, decidere di fare spesa da Pesonetto, significa acquistare in maniera consapevole e sposare un’idea di consumo più legata alla sostanza e meno alla frenesia dell’acquisto che sta danneggiando l’ambiente oltre che i nostri portafogli. Ma siamo curiosi di capire una cosa: perché nasce Pesonetto? E come sarà balenata nelle menti dei fondatori questo progetto? Facciamocelo raccontare da Nicola Magi, uno dei soci di Pesonetto! “Ci sono due aspetti fondamentali che sono alla base della nascita di Pesonetto. Crediamo nella filiera corta per la trasparenza, la riduzione del trasporto, la valorizzazione della nostra terra e per una questione di “consumo del territorio” in modo tale che il piccolo agricoltore possa continuare a curare la propria terra, in termini economici, senza doverla cedere a costruttori o sottrarre terra preziosa per sostituirla con impianti solari che secondo noi devono stare sui tetti. In questo modo aumenterebbe la domanda sui prodotti locali e di conseguenza l’offerta di lavoro nella

nostra area. Crediamo che sia assurdo comprare un prodotto, utilizzare il contenuto, gettare il contenitore nel cestino e comprare di nuovo ciò che si è appena gettato integro, e dopo tutto dover sostenere anche le spese di smaltimento. Ben venga riciclare un materiale, ma noi crediamo che prima di tutto bisogna ridurre all’origine la produzione superflua, tipo parte dell’imballaggio e il contenitore che può essere riutilizzato, ovviamente dove si può. Si dice che i 2/3 del costo di una bottiglia d’acqua è destinata alla pubblicità (marketing), devono convincerci che conviene comprare un’acqua che proviene da 2000km piuttosto che erogarla dal rubinetto di casa. A tal proposito, da Pesonetto l’acqua è gratis! Acqua del rubinetto microfiltrata e anche effervescente”. WM


Via San Vito, 12 · 60037 Monte San Vito (AN) tel 071 740386 · fax 071740424 · e-mail: f.petrini@organicfood.it · www.organicfood.it · www.petriniplus.it


Raffaella Scortichini di

Tanti sono stati e sono i modi che si possono utilizzare per promuovere il nostro territorio e le sue eccellenze. Ma tra i tanti, ce ne sono alcuni che meritano menzione per la loro originalità e per la capacità di uscire dagli schemi tradizionali e richiamare così attenzione vera e consistente da parte di individui, istituzioni e media. Tra queste rientra senza dubbio l’iniziativa Girolio d’Italia che ha fatto tappa anche qui nelle Marche, per volontà della Provincia di Ancona in quanto soggetto coordinatore delle Città dell’Olio delle Marche. Ma andiamo con ordine. Che cos’è Girolio d’Italia? Un progetto, arrivato alla sua seconda edizione in questo 2011, fortemente voluto dall’Associazione Nazionale Città dell’Olio e realizzato in collaborazione con i vari comitati regionali che crea una vetrina del tutto particolare per promuovere l’olio, i prodotti correlati e le cittadine che dell’oro liquido hanno fatto il loro simbolo. Stanchi delle solite manifestazioni enogastronomiche, ci si è inventati un nuovo connubio: sport, ciclismo per la precisione, e olio. Un viaggio attraverso tutta l’Italia che si compone di

tappe successive che toccano appunto le città dell’olio, donandogli una grande visibilità anche grazie all’organizzazione di eventi culturali ed enogastronomici che compongono un’offerta singolare ed interessante. Quest’anno la staffetta dell’olio è partita da Castelvetrano, in provincia di Trapani, il 15 ottobre e si concluderà il 18 dicembre con l’arrivo ad Arco, in provincia di Trento. Ed ovviamente non potevano mancare tappe marchigiane di questo particolare tour, data la grande importanza che tradizionalmente l’olio riveste nella tradizione enogastronomica del nostro territorio. Sabato 12 novembre infatti, con il testimonial d’eccezione Simone Stortoni, la corsa ciclistica amatoriale ha visto coinvolte Monte San Vito, cittadina di partenza, Senigallia, Ostra, Corinaldo, fino all’arrivo a Cartoceto. E proprio a Cartoceto, dove la nostra redazione era presente per documentare l’arrivo della staffetta in terra marchigiana, abbiamo incontrato il Vice Presidente regionale nonché Assessore all’Agricoltura Paolo Petrini ed il Vice Presidente della Provincia di Ancona Giancarlo Sagramola.

Premio Miglior Uliveto

La Provincia di Ancona in quanto soggetto coordinatore delle Città dell’Olio delle Marche ha promosso inoltre il premio Miglior Uliveto. L’istituzione di questo premio, voluto dall’Associazione Nazionale delle Città dell’olio, nasce dalla volontà di premiare e portare alla ribalta gli uliveti stessi, protagonisti troppo spesso dimenticati. Se è vero infatti che l’olio come prodotto merita di essere esaltato per tutte le sue valenze, allo stesso modo meritano di essere conosciuti quegli scorci naturali e paesaggistici da mille e una notte che spesso gli uliveti possono offrire. Il premio comprende due categorie: - uliveti specializzati, con superficie minima di almeno 4000 mq - uliveti costituiti anche da piante sparse, minimo 25, ad alto valore storico, paesaggistico ed ambientale I vincitori sono stati premiati ad Ancona in occasione di TIPICA, Mostra Mercato delle produzioni locali che si è tenuta al Mercato Centrale delle Erbe di Corso Mazzini nei giorni dall’8 all’11 dicembre 2011.

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Girolio d’Italia ha fatto tappa anche qui nelle Marche,

dimostrando la grande attenzione delle Istituzioni per questo prodotto che fa parte della nostra tradizione e che viene trattato dai produttori come un vero e proprio gioiello

L’olio in giro per l’Italia Petrini Girolio è un’occasione per celebrare in maniera divertente e diversa un prodotto tipico del nostro territorio come è l’olio. Quanto secondo lei è importante investire su risorse come questa anche a livello economico? “Nella nostra regione l’olio percentualmente prodotto rispetto al totale nazionale non è quantitativamente significativo, rappresentiamo infatti circa l’1%. Tuttavia negli ultimi anni attraverso una linea di tendenza che si è concentrata soprattutto sui monovarietali abbiamo dimostrato che i nostri oli sono di altissima qualità. E non parlo solo della DOP di Cartoceto. Puntiamo molto quindi sull’olio, non solo perché attraverso la coltivazione dell’olivo possiamo ottimizzare l’agricoltura in alcune aree particolari della regione; ma perché lo stesso, affiancato al vino, costituisce un prodotto assolutamente efficace in quella che è la penetrazione dei mercati consentendoci così di offrire un paniere di qualità di assoluto rilievo. Dobbiamo puntare su marchi di qualità come il QM e l’IGP per riprendere un treno che purtroppo in passato ci è sfuggito”. E se l’olio è un prodotto importante, bisognerebbe investire anche nella sua promozione. Manifestazioni come Girolio, crediamo, spingono proprio in questa direzione. “Girolio è un evento molto importante perché riesce a legare i diversi territori della nostra Italia attraverso un prodotto che al di la delle differenti varietà che pure lo caratterizzano nelle regioni, rappresenta ovunque uno dei prodotti che meglio riesce ad unire una comunità. Gli stessi agricoltori ogni anno manifestano di tenere in modo particolare alla buona riuscita di questo prodotto, da sempre alla base dell’economia familiare”.

Sagramola La Provincia di Ancona si dimostra attenta alla necessità di promozione del territorio e dell’olio. E ulteriore dimostrazione ne è l’adesione a Girolio. E’ soddisfatto della risonanza avuta dall’evento sul territorio? “Siamo molto soddisfatti, vediamo crescere di anno in anno questa manifestazione che si afferma sempre più come un momento di fondamentale promozione del nostro olio e più in generale dei nostri prodotti tipici. Un successo che ci conforta del buon lavoro svolto con gli enti locali e le associazioni degli agricoltori e dei produttori nella ricerca della qualità e nel potenziamento della specializzazione”. Quanto crede siano importanti manifestazioni come questa per far conoscere le nostre eccellenze? “Sicuramente sono iniziative che contribuiscono a divulgare una maggiore conoscenza non solo del settore enogastronomico, ma anche delle bellezze artistiche, storiche e paesaggistiche di cui sono ricche le Marche, con importanti ricadute su un settore in forte espansione come il turismo. Del resto, non è certo un caso che negli ultimi anni manifestazioni come Fresco di Grotta, Girolio, Bimboil e Tipica, solo per citarne alcune, abbiano avuto un crescente successo in termini di partecipazione da parte dei produttori e degli stessi cittadini”. Quali crede debbano essere i passi successivi necessari a costruire un’identità ancora più forte e originale per i prodotti tipici della terra marchigiana? “Sostegno all’economia locale, tutela del paesaggio e sostenibilità ambientale sono gli assi sui cui investire per favorire la crescita del made in Marche in Italia e nel mondo. In questo senso, è fondamentale continuare a costruire un nuovo approccio culturale ai temi dell’agricoltura per promuovere, soprattutto tra i più giovani, una coscienza critica sui consumi e maggiormente rispettosa dell’ambiente”.

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Scegliere Subissati Tra il volere una casa in legno e l’abitarla passa un momento molto importante: la scelta di a chi affidarne progettazione e realizzazione.

Possiamo darvi un suggerimento?

NON SOLO CASE Subissati è anche: grandi strutture in legno per discoteche, bar, ristoranti, balneari, scuole e asili, fabbricati commerciali, impianti sportivi; ponti e passerelle; tetti in legno; strutture per esterno; immobiliare

Due parole, quelle utilizzate per il nostro titolo che possono essere una domanda o un’affermazione; basta un semplice segno di interpunzione per dare una sfumatura diversa al significato. Sì perché, se facessimo pronunciare queste due parole agli imprenditori che hanno creato questa azienda o ai loro preparati progettisti o ai clienti che fino a questo momento hanno deciso di rivolgersi a questa realtà di Ostra Vetere, la loro sarebbe una convinzione ferma, non avrebbero alcun dubbio nell’affermare che chi vuole una casa o una struttura in legno debba rivolgersi proprio qui. Dall’altro lato però, se questa frase uscisse dalla bocca di chi ancora non ha preso la propria decisioNon vi basta ancora? ne e sta anzi chiedendosi tra differenti alternative proprio“Perché scegliere Subissati?”, allora si dovrebbe riuscire a Allora vi diamo un’ultima chicca. trovare un plus, un motivo, una caratteristica grazie alla quale il punto di domanda alla fine della frase si trasformerebProgettare ed innovare rapbe in punto esclamativo. Un’operazione che se ci pensiamo bene accade spesso nella vita di ognuno di noi non solo a presentano due direttive che livello lavorativo, ma che assume importanza determinante quando in gioco c’è la professionalità, il lavoro, l’innovazione. la Subissati ha sempre portato E allora cerchiamo di capire, cerchiamo di trovare la chiave di volta per cambiare un dubbio in una certezza. avanti di pari passo. E proprio da Il primo motivo che ci viene in mente è che la Subissati può essere considerata a tutti gli effetti un’azienda pioniera nel questa volontà è nato Jwood, settore delle strutture in legno: negli anni ’80 in quanti nelle Marche avrebbero pensato di investire in questo settore? E in brevetto realizzato in collaboraquanti avrebbero pensato di vivere in una casa in legno? Sicuramente non molti. Ma le grandi imprese si fanno spesso con le zione tra l’Ing. Alberto Romagnoli scommesse; ed ecco perché progettare e realizzare piccole e grandi case in legno, tenendo conto tanto delle esigenze tecniche che di quelle estetiche, è stata una sfida che si è deciso di cogliere. E vedendo i risultati odierni, viene anzi da dire che è stata un’ope l’ufficio tecnico della Subissati, portunità che si è voluta cavalcare. E sarebbe forse stato possibile diventare un’azienda leader in questo settore del tutto particolare che nel 2010 ne ha acquisito la senza investire in innovazione, in ricerca e sviluppo, in professionalità? Ma anche e soprattutto nella creazione di strutture che proprietà, che ha rappresentato fossero in grado di rispondere in tutto e per tutto alle esigenze della clientela, con le quali si è da sempre cercato di impostare un un importante passo in avanti nel rapporto fatto di fiducia e di comunicazione aperta. La casa è il posto in cui ci si ripara dalla quotidianità, in cui si ritrova serenità, in campo della prefabbricazione dei cui si apprezzano gli affetti ed è quindi importante che sappia incarnare i desideri di chi la abiterà: cogliere questi desideri è una solai in legno lamellare. prerogativa della Subissati, grazie a una moderna e preparata falegnameria capace di sviluppare varie linee di prodotto; grazie al Se ancora il punto di domanda controllo costante e perfezionato di ogni fase del processo produttivo, a partire dalla selezione e importazione del legno, grazie non è diventato esclamativo, alla creazione di prodotti esclusivi, innovativi e realizzati secondo le norme ambientali. WM resta una sola cosa da fare: andare

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alla Subissati e fare in modo che quello che non vi abbiamo detto ma che vedrete finisca l’opera di convinzione!


make a color D a o lt re 20 anni t rasfo r m iam o e co m m erc i ali z z iam o ver nic i e lacc h e p er i l t rat t am ento delle sup er fi c i in legno, m et allo, p last i c a, vet ro, m uro e c ar rozzer ia p esante.

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Ancona / Macerata / Ascoli Piceno

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Collezionista e appassionato d’arte,

Gianni Brandozzi è l’inventore del mercatino dell’antiquariato

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Fabiana Pellegrino di

È così che si scopre come la memoria abbia un odore preciso. Sa di passione e fortuna, ma anche di nostalgia e fatica. È meticolosa, affascinante, strizza gli occhi come chi cerca l’invisibile ai più, si costruisce goccia dopo goccia e crea mondi inediti sospesi nel tempo. La memoria, nel nostro caso, ha un nome e cognome e ha l’aspetto di un uomo simpatico con lo sguardo un po’ distratto come chi è alla continua, incessante, ricerca di qualcos’altro. Per Gianni Brandozzi il presente lavora al servizio della storia ed entrare nel suo mondo, anche se per il tempo di un pomeriggio, significa perdersi in un’atmosfera ovattata in cui ci si muove in punta di piedi tra un’antichissima carta d’Italia, la prima edizione di un libretto sul lotto stampato da Leone Ciardi ad Ascoli Piceno nel 1844 e immagini di perduti eroi risorgimentali. Un incantesimo chiamato, appunto, “memoria” che si svolge sotto i miei occhi mentre sorseggio un caffè nello studio di quello che è il più grande collezionista d’Italia di cartografia antica e uno degli antiquari più famosi in tutto lo stivale. Gianni Brandozzi è un custode del nostro passato e facendoci una chiacchierata si assaggia un po’ di quella nostalgia che la mia generazione ha perso prima ancora di conoscerla. Entrare nel mondo di un collezionista è allo stesso tempo difficile e immediato: impegnativo quanto immergersi in un acquario senza confini, istintivo come quando si riconosce qualcosa che ci apparteneva prima ancora di averne la consapevolez-

za. Gianni Brandozzi incarna un piacere sconosciuto ai più, quello di scalare a ritroso la memoria collettiva per gustare la vertigine di riesumare prototipi, oggetti unici, l’origine di una storia. Un conservatore d’atmosfere passate che ha sempre fatto le cose in grande e che oggi “sorveglia” libri antichi, carte intestate e vecchie fatture di locande, pezzi di osterie, come fossero residui di una civiltà scomparsa. “Mi piace pensare che anche gli oggetti più insignificanti siano in realtà frammenti di memoria, una vecchia fattura racconta un pezzo di storia di un’antica locanda e assieme della mia terra. Su quel bancone, magari, si sono alternate generazioni di avventori ed è tutto racchiuso nelle mie mani”. Ed è così che si scopre cosa voglia dire essere un collezionista: “significa comprare in continuazione, fin da bambino quando conservavo le bottigliette dei liquori. È una brama di raccogliere la storia”. La memoria, insomma, si trasforma in “cosa”, si mummifica in roba vecchia e torna a vivere negli empori dell’antichità, meglio conosciuti come i mercatini dell’antiquariato. Ed è esattamente questo che ci ha portato fino a Gianni Brandozzi. Si deve a lui, infatti, l’invenzione di questi viaggi tra epoche diverse senza confini di spazio, tempo e luogo che prendono vita come messinscene teatrali nei salotti delle piazze più belle delle Marche, da Ascoli Piceno ad Ancona fino a Porto San Giorgio in occasione del Natale e che da vent’anni a questa parte attirano collezionisti e curiosi alla ricerca della storia perduta. “Il mercatino dell’antiquariato nasce per gioco nel 1991 – spiega Brandozzi -. Sono sempre stato un appassionato compratore e un cliente di tutto rispetto e improvvisamente ho deciso di provare a trasportare questo appuntamento con la storia nel

cuore di Ascoli”. Ecco come, allora, un collezionista d’arte e d’antichità da vent’anni porta a spasso la memoria per le vie delle città marchigiane, abruzzesi e umbre sotto forma di mobili, dipinti, maioliche, gioielli, sculture, libri, tutti testimoni di una storia che ci appartiene ancora a pieno titolo. “I mercatini sono anche la mia maniera per avvicinare le persone al passato e l’aspetto più affascinante è la magia che si crea quando per le stesse vie passeggiano storici e persone qualsiasi. È come se si creassero dei percorsi immaginari attraverso l’antichità capaci di attirare appassionati e curiosi”. Un andamento lento tra una stampa preziosa scovata sotto la polvere e il mobile che improvvisamente smette di essere un “pezzo qualsiasi”, pezzi di tradizione spesso scoperti solo con un pizzico di fortuna. Per tornare al nostro punto di partenza, Gianni Brandozzi è riuscito a combinare la passione personale per il collezionismo e l’arte con la volontà di mettere questa sua passione al servizio degli altri. Ha scavalcato i confini tra pubblico e privato con l’orgoglio di chi protegge schegge di antichità conoscendone ogni potere. Oggi con la sua associazione “La Giovane Europa”, fondata nel 2008 assieme a sua figlia Maria, viaggia dall’Italia in tutto il mondo con l’obiettivo di ricostruire pezzi di storia nazionale e non. “La ricerca della memoria non si ferma mai. Ha a che fare con la ricostruzione delle identità nazionali e non mi riferisco solo a quella italiana e vuole avvicinare la gente a quello che pare aver dimenticato”. Gianni Brandozzi mi saluta così, come chi conosce il segreto del vivere“lento”e non invecchia mai. Ma per queste cose, si sa, ci vuole fiuto oltre che passione. WM

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CBI

Europe:

di

Eleonora Baldi

vocazione innovativa

Niente di duraturo si costruisce senza tre ingredienti fondamentali: passione per il proprio lavoro, ricerca di sistemi sempre nuovi che sappiano cavalcare le richieste del mercato, capacità di leggere le esigenze della clientela e plasmarsi su di esse. Basta scambiare due rapide parole con Alice Catena, Responsabile Marketing e Comunicazione, per capire che CBI Europe possiede in dose massiccia queste caratteristiche. Un approccio grintoso e aperto alle nuove tendenze che ha permesso alla CBI di crescere, di conquistare fette di mercato sempre maggiori. 70 sono i Paesi del mondo con i quali la CBI Europe ha rapporti di fornitura: Nord Africa, Cipro, Malta, Russia, Estonia Lettonia, Lituania, Spagna, Nuova Zelanda, Australia, Giordania, Siria sono solo alcuni esempi. Una logica sempre più internazionalizzata quella dell’azienda di Osimo, che non manca però di realizzare lavori di ottimo spessore anche in Italia e nel territorio marchigiano, nell’applicazione di una logica di servizio integrata in grado di offrire a ciascuno la propria risposta. La capacità della CBI Europe di venire incontro alle esigenze dei propri clienti è uno dei suoi plus maggiori, riconosciuti a livello mondiale e territoriale tanto da

CBI EUROPE, UN PARTNER AFFIDABILE E QUALIFICATO Passione per la ricerca e l’innovazione, dedizione assoluta alla qualità totale, profonda conoscenza del mercato, una gamma di prodotti sempre in crescita, referenze importanti in tutti i paesi del mondo, puntualità e precisione nelle consegne. Questa è CBI Europe, un’azienda moderna, efficiente ed organizzata, specializzata nella produzione e commercializzazione di sistemi innovativi e tecnologici per l’allestimento e le finiture d’interni. Favorita dall’ubicazione nelle Marche, al centro dell’Italia e nel cuore del Mediterraneo, con un insediamento produttivo centralizzato che può contare su 21.500 mq coperti e 50.100 scoperti, CBI Europe è il partner ideale per i paesi di Middle East, Africa, Europa centrale e dell’est. Il ciclo produttivo si svolge completamente all’interno, dall’idea alla realizzazione del prodotto finito con l’impiego di soluzioni tecnologiche innovative ed all’avanguardia, ed un rigoroso controllo qualità, in linea con le normative vigenti, per offrire al mercato prodotti caratterizzati da un giusto rapporto qualità/prezzo ed un ottimo livello di servizio pre e post vendita. Uno staff di tecnici preparati ed efficienti offre la propria assistenza per agevolare l’accesso ai prodotti, ai servizi e alle prestazioni in fase di progettazione o di elaborazione di budget di costo o di investimento.

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Ricerca ed innovazione. Due passioni che fanno di CBI l’azienda in grado di plasmarsi sulle esigenze di clienti di tutto il mondo

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2 1 far scegliere CBI come referente da molte realtà importanti. Un esempio ne è la fornitura delle finiture interne nel del quartier generale dell’Elica di Fabriano, dove si è realizzato un perfetto equilibrio tra le esigenze operative e quelle di un’armonia che renda l’ambiente di lavoro di estrema qualità. Sembra allora chiaro che quando un’altra grande realtà come la Energy Resources, orientata al mercato del green, vuole realizzare una nuova sede che sia in linea con la propria mission, che sia una fotografia in grado di esprimere a livello “materiale” le linee istituzionali e progettuali dell’azienda… non può che rivolgersi alla CBI Europe! Una collaborazione questa tra due realtà brillanti del mondo imprenditoriale marchigiano, resa possibile dalla capacità della CBI di supportare la scelta ecosostenibile della Energy Resources con prodotti totalmente rivolti al mercato green: l’espressione di un concetto green a 360°. Ma, partiamo dal principio: quali erano le esigenze della Energy Resources? A spiegarcelo, Raul Sciurpa, Art Director di Energy: “La necessità per l’allestimento della nostra

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sala conferenze era quello di abbattere in maniera sostanziale tutti i riverberi provocati principalmente dalla natura stessa del soffitto in cartongesso e soprattutto delle superfici vetrate verticali presenti su tre dei quattro lati della sala la cui capacità è di circa 100 posti a sedere. L’intervento si è quindi concentrato nella realizzazione di un rivestimento fonoassorbente sulla parete di fondo, alle spalle del tavolo dei relatori, e nella realizzazione di una struttura sospesa ad onda pendinata al soffitto. La particolare forma della parete di fondo, realizzata in cartongesso e con una sezione centrale diritta e due quinte laterali inclinate di circa 30° ha contributo, una volta installati i pannelli, all’abbattimento totale del riverbero per tutti quei suoni provenienti direttamente od indirettamente dal fondo della sala. La struttura sospesa è invece costituita da 5 elementi lunghi 9 metri. In questo caso i pannelli fonoassorbenti sono stati installati su una struttura metallica calandrata che ne ha deciso la curvatura, la lunghezza ed il posizionamento all’interno della sala. I moduli così assemblati e sfalsati creano un gioco di vuoti e pieni che l’illuminazione diffusa, alloggiata al di sopra dei pannelli stessi e rivolta verso il soffitto, tende a valorizzare al massimo.” Richieste che pienamente si sposano con la filosofia green dell’azienda. Così come le risposte che la CBI Europe ha saputo dare, partendo dall’utilizzo del più nobile dei materiali: il legno. E quando si vuole un’acustica perfetta che si sposi a un’idea di armonia e di calore, non si può prescindere dalla linea Wood Ceilings & Wall Panels della CBI Europe: un sistema di controsoffitti e rivestimenti in legno pensati proprio per chi immagina l’ambiente di lavoro come qualcosa di accogliente ed avvolgente, caratterizzato da elevate prestazioni tecniche ed acustiche, con un occhio di riguardo sempre allo stile, all’eleganza e all’uso di materiali che rispettino l’ambiente. Pannelli e doghe sono infatti realizzati con materiali selezionati e di elevato livello qualitativo. Non è un caso che la CBI Europe sia in grado di esibire la certificazione LEED. L’azienda aderisce a un protocollo di certificazione promosso dal Green Building Council Italia, il quale attribuisce un punteggio al prodotto in base alla % di materiale riciclato inserito all’interno dello stesso. Seguendo questa filosofia, si imposta il risparmio energetico come necessità prioritaria fin dall’inizio, facendo sì che il progettista incaricato della realizzazione di una struttura scelga i prodotti in funzione dei punteggi attribuiti. A seconda dei punti ottenuti, lo stabile avrà diritto a una certificazione LEED garantendo e garantendosi una serie di sovvenzionamenti europei e garanzie in tema di risparmio energetico. WM

Struttura sospesa ad onda pendinata al soffitto all’interno dell’Headquarter di Energy Resources

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Elica - Fabriano Conference Room Controsoffitti in legno acoustik plus di CBI EUROPE

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Venite a gustare... la

PROVINCIA di ANCONA

Paesaggi da vivere

Paesaggi da gustare

Tipicità

I vini D.O.C. campioni del mondo

Giorgetti Comunicazione

Gli oli di alta qualità

La sintesi dell’Italia nelle Marche Nella PROVINCIA DI ANCONA il paesaggio, l’arte, la cultura, l’enogastronomia sono immersi nella vita quotidiana come in un museo a cielo aperto. Ogni paese racconta la sua storia attraverso monumenti, panorami e sapori. L’amore degli agricoltori per questa loro terra ha portato buoni frutti la Provincia di Ancona sostiene e promuove lo sviluppo compatibile con il territorio nel quale le antiche tradizioni, la qualità dei prodotti e la qualità della vita convivono. PROVINCIA DI ANCONA Assessorato all’Agricoltura Via Ruggeri n. 5 60131 Ancona tel. 0715894228 - fax 0715894361 agricoltura@provincia.ancona.it

qualità della vita tra arte e natura

La cultura del biologico La carne di razza marchigiana


INFO

www.an.camcom.gov.it www.forumaic.org segreteria.forum@an.camcom.it

VI Congresso

delle Imprese Femminili dell’Adriatico e dello Ionio A poche settimane dal parere favorevole sulla strategia per la costituzione della Macroregione Adriatica, il congresso tenutosi a Spalato dà ancora maggiore forza all’ “asse orientale“ Il “networking” inteso come strumento di crescita e di competitività per le imprese femminili. Questo il tema del Congresso che ha visto la partecipazione di autorevoli relatrici provenienti dai Paesi della Macroarea Adriatico Ionica, confrontatesi sul tema delle reti di impresa: Jadranka Radovanić, Pesidente del Forum e della Camera dell’Economia di Spalato, Patrizia Casagrande Presidente della Provincia di Ancona, Nevenka Bečić, Presidente del Consiglio Comunale di Spalato, Ante Sanader, Prefetto della Contea di Spalato e della Dalmazia, Jasminka Keser, Ministero dell’Economia, lavoro e imprenditoria della Repubblica Croata, Helena Štimac Radin, Direttore del Dipartimento Pari Opportunità del Governo della Repubblica Croata, Jadranka Kosor, Presidente del Governo della Repubblica Croata. Presenti anche Adriana Brandoni, Presidente del Comitato imprenditoria femminile della provincia di Ancona, Eliana Maiolini, assessore della Provincia di Ancona e Luciana Frontini del Forum. Si è lavorato concretamente sul tema del networking riservando un ampio e animato spazio al dibattito che evidenziava la necessità di potenziare l’interazione e lo scambio di saperi e di competenze per creare valore Prossima iniziativa della Camera di Commercio di Ancona dedicata alle imprenditoria femminile è il bando di concorso “Tempi di vita, tempi di lavoro” rivolto alle piccole e medie imprese del territorio provinciale che hanno messo in atto politiche di conciliazione dei tempi di vita con quelli professionali, favorendo l’inserimento delle donne nel mondo del lavoro. Il bando prevede tre premi in denaro e una giornata di formazione gratuita per tutte le imprese partecipanti al concorso.

aggiunto alla rete di donne ormai consolidata da un decennio. «Il ruolo propulsivo delle Camere di Commercio e degli enti pubblici associati, come la Provincia di Ancona– interveniva la presidente Patrizia Casagrande – costituisce la necessaria garanzia istituzionale per assicurare strumenti di reciprocità alla rete delle donne, alle quali la Camera di Commercio di Ancona fornisce modelli contrattuali aperti, flessibili e gratuiti. Questo congresso ha il merito di saper rispondere ad una crescente domanda di interazione tra le imprenditrici per accrescere le competenze specialistiche nei diversi settori produttivi, necessari strumenti di vantaggio competitivo in un contesto europeo in fase di rapida trasformazione». «Il Forum – ha affermato la presidente Jadranka Radovanić – rappresenta il braccio operativo della Macroregione, che tutti ci auguriamo venga riconosciuta al piu presto, sui temi di carattere economico legati allo

Il congresso tenutosi a Spalato

sviluppo delle piccole e medie imprese che rappresentano l’ossatura dell’economia europea. Il tema del networking assume un valore significativo nel momento in cui sinergia e rete diventano pratiche essenziali per una nuova governance transnazione del bacino Adriatico-Ionico». La Camera di Commercio di Ancona, che coordina la Segreteria del Forum, promuove attraverso il Comitato per l’imprenditoria locale, la qualificazione della presenza delle donne nel mondo imprenditoriale attraverso percorsi formativi e la loro valorizzazione nei ruoli decisionali, la diffusione della cultura d’impresa al femminile ed il supporto alla creazione di nuove imprese; la promozione dell’innovazione e della tutela della proprietà intellettuale quali chiavi di svolta per la competitività delle imprese gestite da donne nonché il consolidamento della rete delle imprese femminili, lo scambio di esperienze e di buone prassi che siano da volano per uno sviluppo di qualità. WM

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Fano veleggia n di

Marco Catalani

Luci e ombre della nautica fanese: grandi progettazioni ma mancano le infrastrutture

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Cosa hanno in comune Giovanni Soldini e Marco Tronchetti Provera? Apparentemente nulla. In realtà sono legati dalla comune passione per la vela. E da imbarcazioni che nascono nelle Marche: a Fano per la precisione. Il terzo centro regionale per numero di abitanti è uno dei principali poli della nautica nazionale. E questo vale a dire del mondo, visto che nella cantieristica navale, il made in Italy è sinonimo di estro e qualità. Proprio come per l’abbigliamento. Non mancano le lacune però. Carenze infrastrutturali, come il mancato dragaggio del porto che allontana gli yacht con maggiore pescaggio e le barche a vela. Qui ha scelto di vivere e lavorare – da ben 23 anni – uno dei grandi nomi della nautica mondiale. Milanese, 56 anni, Maurizio Testuzza è alla guida di Adria Sail. Sua la progettazione del Fila 60’, la barca con la quale Soldini ha vinto la Around Alone nel 1999, il giro del mondo in solitaria passato alla storia per l’eroico salvataggio all’amica-rivale Isabelle Autissier che si era rovesciata in pieno Pacifico. E sua anche la Wally 107 Kauris III di Mr. Pirelli. Barche non per tutti. “A noi non si avvicina il neofita ma l’appassionato di vela abbastanza esperto che apprezza la performance. Una navigazione che permette meno errori” spiega lui. E non sono pochi i vip che veleggiano fanese. Ci sono anche Domenico De Sole, Ad di Gucci, o Owen Jones di Oreal fino ad arrivare al nostro conterraneo Sandro Paniccia della Ica, azienda civitanovese di vernici annoverata tra le prime cinque in Europa in termini di fatturato, che ha partecipato con Altair (mentre il fratello Piero era a bordo di Calypso) all’ultima Regata del Conero. Ma come ci è finito a Fano? “La prima volta che sono venuto ho dovuto guardare la cartina geografica. Le Marche? Per noi milanesi l’Adriatico arrivava a Rimini e il mare per eccellenza era il Tirreno. A Fano ho costruito Italia”. La Coppa America del 1987? “Già anche se nessuno qua sapeva che quella barca era nata a Fano”. Poi? “Poi sono stato sei anni a Venezia come project manager del cantiere Tencara. Raul Gardini sognava la Coppa America e nacque il Moro di Venezia, vincitore nel ‘92 della Louis Vuitton Cup. Con la scomparsa di Gardini sono naufragati tanti progetti e a quel punto sono tornato a Fano entrando in partecipazione con il cantiere Cnb. Le Marche sono il luogo ideale per lavorare. Per me sono state una grande opportunità. Ho incontrato persone competenti e voglia di lavorare ma anche un’alta qualità della vita”. Oggi Adria Sail è il cantiere di riferimento per marchi di primo

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nel mondo (ma i vari si fanno altrove)

piano come Advanced e B-Yacht. All’ultimo Salone di Genova era presente con Mandrake, vela varata lo scorso 14 agosto e realizzata per l’imprenditore petrolifero Giorgio Carriero: un 64 piedi i cui interni sono stati progettati dall’architetto milanese Gae Aulenti (lo stesso che ha pensato gli interni del Museo d’Orsay a Parigi). Una realtà che porta Fano (e le Marche) a navigare per il mondo. La linea B-yacht all’80% si vende all’estero. Molti acquisti vengono fatti direttamente da internet. Ordini da Mosca, dall’Australia, dagli States ma anche dalla Tunisia. Peccato per quel porto che c’è, ma solo a metà; che andrebbe dragato, ma le Istituzioni non riescono a decidersi su dove depositare il materiale fangoso che si estrarrebbe. E intanto? “Fano è oggi il secondo polo della nautica dopo Viareggio, ma c’è stato un tempo in cui avevamo superato i toscani. Siamo tornati dietro: oggi non abbiamo più la possibilità di varare le imbarcazioni qui. Dove lo facciamo? Ancona. Ma capita anche di varare a La Spezia: caricare la barca su un camion rappresenta già l’80% della spesa. A quel punto l’armatore sceglie il porto che preferisce. Quello che predilige le Cinque Terre, la Corsica o la Sardegna si fa portare la barca direttamente in Liguria. Io stesso sono costretto a tenere la mia barca (la Fast Forward, ndr) a Marinadorica”. Non è un bel biglietto da visita. “Così facendo si perdono clienti. Chi viene da noi rimane incantato per le lavorazioni, il paesaggio, il buon mangiare. Quando si trovano davanti due gru che movimentano la barca per scavalcare reti come succede a Pesaro o vari fatti a Fano senza chiglia che poi viene montata ad Ancona, si perde gran parte della fiducia conquistata durante la progettazione. Il rischio è che dopo il varo portino via anche le commesse. Già tutto il post vendita è fuori dalle Marche”. WM

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“Enjoy My UNICAM Card” Luciano Goffi

Università di Camerino e UBI >< Banca Popolare di Ancona rinnovano un rapporto di collaborazione consolidato negli anni. Avviene nel segno della creatività e dell’innovazione, e quello camerte si conferma uno degli Atenei più all’avanguardia nella sperimentazione inerente l’Information Technology. Dalla collaborazione di Unicam con importanti enti ed aziende del territorio, quali la UBI >< Banca Popolare di Ancona e la Namirial spa, è nata Enjoy My UNICAM Card, una innovativa carta servizi per gli studenti universitari che scelgono Camerino per i loro studi. Enjoy My UNICAM Card non è soltanto una semplice tessera identificativa, ma una card con la firma digitale conforme alla Direttiva europea 1999/93/CE e con un certificato di autenticazione che permette di accedere a tutti i servizi universitari (richiesta certificati, ingressi, firma documenti) e ai servizi bancari. Si tratta infatti di una vera e propria carta prepagata, con cui si possono effettuare prelievi e pagamenti anche on line. La card è infatti dotata di un chip per le transazioni bancarie e di un chip contactless, sviluppato con tecnologia Java, per la firma elettronica digitale e per tutti quei servizi che l’Ateneo vorrà offrire e che potranno essere sviluppati ed implementati dagli Informatici dell’Unicam. “La qualità dei servizi agli studenti – ha dichiarato il Rettore Unicam, prof. Fulvio Esposito, nel presentare la nuova iniziativa – è stata sempre uno dei punti di forza del nostro Ateneo, ed abbiamo cercato di mantenerla ad un livello elevato. Siamo

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Carta prepagata che semplifica prelievi e pagamenti on line degli universitari. L’Ateneo di Camerino ribadisce di essere all’avanguardia nella sperimentazione orgogliosi di poter avviare anche questo nuovo progetto, che ci consente di diventare l’Ateneo italiano dotato del maggior numero di strumenti di governance a livello telematico”. “Il progetto sarà sperimentato in questa prima fase – ha sottolineato il Rettore eletto, prof. Flavio Corradini – con gli studenti dei corsi di Informatica, ma poi potrà essere esteso non solo a tutti gli studenti, ma anche ai docenti ed al personale tecnico e amministrativo”. “Con Enjoy My UNICAM Card – ha dichiarato il Direttore Generale della UBI >< Banca Popolare di Ancona, Luciano Goffi – gli studenti dell’ateneo camerte potranno contare su di uno strumento che garantisce semplificazione dei servizi e praticità. Questa iniziativa dimostra una volta di più come la nostra Banca rivolga uno sguardo sempre molto attento nei confronti delle nuove generazioni, tentando con ogni azione di agevolarne il processo evolutivo che è alla base della crescita del nostro Paese”. “Si tratta di un passo originale, pratico ed innovativo – ha affermato Claudio Gabellini, Amministratore di Namirial Spa -. Per la prima volta una sinergia operativa fra tre diverse componenti: Università di Camerino, UBI >< Banca Popolare di Ancona e Namirial, convergono su di una iniziativa di grande interesse economico e sociale, nel segno della più avanzata tecnologia digitale, sempre più necessaria all’intero nostro sistema Paese per semplificare, ammodernare ed economizzare tutti i processi documentali pubblici e privati”. WM


capolinea.it

chi ci abita lo sa

200 case

vantaggi e qualità di una casa in legno Subissati

PROGeTTO SU MISURa

aNTISISMICa e ReSISTeNZa al FUOCO

Ogni costruzione è realizzata in base al progetto e ai desideri del cliente, lasciando massima flessibilità dal punto di vista architettonico. Una visualizzazione 3D permette di visionare un’anteprima della struttura.

La resistenza delle case in legno ai terremoti è stata più volte collaudata in Paesi ad elevato rischio sismico come America e giappone, dove si costruisce abitualmente in legno. Inoltre, adottando una serie di accorgimenti, si può ottenere un’ottima resistenza al fuoco.

eCOlOGIa e SalUTe La casa in legno è rispettosa dell’ambiente e delle persone che la abitano, il legno è tra i migliori materiali da costruzione naturali.

PROPRIeTÀ MeCCaNICHe Le case SUBISSATI sono realizzate interamente in legno lamellare, materiale con elevata resistenza a trazione/compressione/flessione, elasticità, basso peso specifico e di facile lavorazione con i nostri impianti a controllo numerico.

DURaBIlITÀ La casa in legno, se ben realizzata, è una costruzione che dura secoli e ne sono riprova le tantissime costruzioni in legno sparse in tutto il mondo che ancora si conservano perfettamente integre.

eleVaTO RaPPORTO QUalITÀ PReZZO La casa in legno, per il livello tecnologico offerto, i ridotti tempi di realizzazione, i costi certi ed i ridotti costi di mantenimento, si rivela decisamente superiore rispetto ad un’abitazione tradizionale.

VaNTaGGI eCONOMICI e RaPIDITÀ DI MONTaGGIO risparmio energetico non indifferente in quanto si raggiungono valori di trasmittanza pareti e coperture inferiori a 0.19 W/mq K ed elevati valori di sfasamento da cui consegue che la casa risulta fresca d’estate e calda d’inverno, evitando inutili spese di riscaldamento e raffrescamento. fattore non secondario la rapidità di costruzione della casa in legno: la durata media di un cantiere è di circa 90 giorni.

SUBISSaTI s.r.l. Via F.lli Lombardi n. 2-6 S.P. Arceviese km 16,600 - 60010 Ostra Vetere (AN), Italy Tel. 0039.071.96.42.00 – Fax 0039.071.96.50.01 www.subissati.it - download pdf

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1999/2009

ATTESTAZIONE SOA CATEgOrIA OS32 ClaSSe IV OS33 ClaSSe II

SISTEMA QUALITà CErTIfICAZIONE ISO 9001

SISTEMA DI gESTIONE AMBIENTALE CErTIfICAZIONE ISO 14001

SISTEMA DI gESTIONE SICUrEZZA E SALUTE SUI LUOgHI DI LAVOrO CErTIfICAZIONE OHSaS 18001


Sieteprontiallo Switch

Silvana Santinelli, Segretario Generale Adiconsum Marche

Off?

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Anche nelle Marche siamo ormai prossimi allo switch-off, previsto tra il 5 e 21 dicembre e la televisione che da anni conosciamo sta per spegnersi. Una scelta europea che garantirà uno sviluppo della televisione a vantaggio della qualità e quantità dei canali. La modalità di ricezione dei programmi cambia notevolmente, come cambieranno le nostre abitudini. L’era digitale rappresenterà non solo un mezzo di intrattenimento, ma uno strumento di interazione e partecipazione del cittadino e quindi avremo l’ opportunità di non essere più utenti passivi, ma al contrario finalmente attivi: potremmo scegliere la piattaforma

trasmissiva, cioè vedere i programmi attraverso l’antenna terrestre, la parabola o internet. Ma Adiconsum ha la consapevolezza che il passaggio al digitale potrebbe comportare anche disagi al cittadino, per cui ritiene fondamentale fornire le necessarie informazioni per affrontare con consapevolezza lo switch. Capiamo in primo luogo che pur dovendo adattare i nostri apparati tecnologici a questo passaggio, ognuno di noi ha la possibilità di scegliere il livello di nuova tecnologia al quale affidarci: non è necessario fare tutto subito, ma procedere a piccoli passi anche perchè ci sono dei costi da sostenere!

www.dirittoedifesa.it www.adiconsum.it info@adiconsum.it adiconsummarche@virgilio.it


Non vi preoccupate comunque: per utilizzare la tv digitale di fatto occorrono solo piccoli adeguamenti. Sarà necessaria una spesa per l’acquisto del decoder digitale esterno, nel caso in cui il televisore non abbia un decoder integrato, che verrà collegato all’antenna terrestre; ricordiamo che tutti i televisori acquistati da aprile 2009 hanno già il decoder integrato. Se invece la zona, dopo le dovute verifiche, non è raggiunta dal segnale terrestre, occorre la parabola con un decoder satellitare compatibile con tvsat(pacchetto gratuito che permette la visione da satellite di tutti i canali digitali nazionali su terrestre. E’ utile comunque procedere ad una verifica prima dello switch off degli impianti d’antenna centralizzati datati e ad un controllo degli impianti singoli dopo lo switch off se non si ricevono tutti i canali digitali. E adesso, la domanda più importante: come si sceglie il decoder giusto per le nostre esigenze? Quali alternative ci sono? In quali “tranelli” non cadere? Facciamo un po’ di chiarezza!

Ad ogni esigenza… il suo bollino! I bollini DGTV sono rilasciati dall’associazione DGTVi e certificano gli apparecchi delle aziende che hanno firmato un accordo con l’associazione e per i quali sono previsti test di qualità di laboratorio. -bollino grigio: si trova sui decoder ZAPPER che consentono di vedere solo i programmi gratuiti -bollino bianco: si trova sui televisori con decoder integrato e che permette la visione delle pay tv -bollino blu: si trova sia sul decoder che sui televisori con set top-box integrato: si possono ricevere programmi gratuiti, a pagamento sempre attraverso il modulo CAM, sia i servizi multimediali (mhp) -bollino silver o argento: per i televisori in HD (alta definizione); per poter vedere i canali a pagamento occorre un modulo CAM evoluto: CAM CL+ (common interface plus) -bollino gold o oro: identifica la fascia più alta dei decoder o dei televisori con decoder integrato. Permette la visione in HD dei canali gratuiti e a pagamento, utilizzando il collegamento internet garantisce l’interattività. Sono in vendita, inoltre, decoder combinati che ricevono, contemporaneamente, vari pacchetti televisivi , comprese le pay tv, trasmesse da più piattaforme trasmissive (terrestre e satellite) utilizzando un solo apparato.

Quale Decoder? -decoder terrestri non interattivi definiti “ zapper” per la visione dei soli programmi “in chiaro” trasmessi via etere terrestre; -decoder terrestri per la visione di tutti programmi in chiaro e a pagamento (per quelli a pagamento è necessaria una scheda); -decoder terrestri per la fruizione dei servizi interattivi disponibili con collegamento alla banda larga; -decoder satellitari compatibili con TIVU SAT per la visione degli stessi programmi digitali terrestri “in chiaro” trasmessi anche da satellite; -decoder satellitari per la visione dei programmi in chiaro e a pagamento (per questi ultimi il decoder deve essere dotato dei relativi sistemi di “decriptaggio” ed è necessaria una scheda); -decoder per la IPTV sono forniti in comodato d’uso dall’operatore. Per la sola ricezione dei canali televisivi gratuiti è sufficiente acquistare un decoder zapper (piuttosto economico)identificabili dal bollino grigio DGTV. L’acquisto che va effettuato con attenzione utilizzando il n.verde del Ministero dello Sviluppo Economico 800.022.000 al quale è possibile chiedere informazioni su decoder zapper testati dai tecnici dell’Istituto Superiore delle Comunicazioni.

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con il patrocinio e il contributo di con il sostegno di

Comune di Ascoli Piceno

medaglia d’oro al valormilitare per attività partigiana

REGIONE MARCHE

PROVINCIA DI ASCOLI PICENO

Assessorato all’Agricoltura

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2011 Mostra Mercato Seminari Degustazioni Laboratori Percorsi Espositivi

Ascoli Piceno 10/11 dicembre VIII edizione

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Studiare digitale: si o no? I film? Li possiamo vedere sul pc o sui tablet.

Le riviste? Possiamo sfogliarle on line o scaricarle e poi consultarle con calma senza che le pagine si sgualciscano. I libri? Possiamo acquistarli e leggerli in librerie virtuali. Ma quando non si tratta di intrattenimento ma di studio, le cose cambiano? Pensiamo ad uno studente. Ad uno bravo, che compia il suo percorsi di studi con impegno e serietà. Come ce lo immaginiamo? Seduto di fronte ad una scrivania piena di libri aperti, penne, evidenziatori, matite e fogli scarabocchiati qua e la. Bene, questa immagine potrebbe sopravvivere ancora per poco! La tecnologia e il progresso ormai ci portano a braccetto, verso confini che solo qualche anno fa sembravano irraggiungibili. E anche l’istruzione deve in qualche modo aggiornarsi, stare al passo. Ne sono stati introdotti di corsi che volgano lo sguardo non solo a ciò che è stato, creando una base alla quale ancorare la conoscenza, ma che sappiano anche creare figure in grado di gestire scenari presenti continuamente in movimento, votati all’uso di tecniche, supporti, macchine innovative.

Ma ora quello che ci chiediamo è: sarà ora di cambiare anche il“mezzo” attraverso il quale studiare? Se la nostra è l’era dei tablet, non sarà forse il momento che essi entrino in pianta stabile a far parte non solo dei nostri momenti ludici o di lavoro ma anche del percorso di studi dei nostri ragazzi? Le prime obiezioni saltano immediatamente alla mente; e probabilmente sono le più“sciocche”ma anche le più operative se così si può dire. Primo: come si fa a studiare su qualcosa di immateriale? Come si sottolineano le frasi da ricordare o si prendono appunti a margine del testo? Be, queste, crediamo, saranno solo difficoltà del primo momento! Certo, abituarsi ad un supporto nuovo implica necessariamente anche sperimentare un nuovo

modo di studiare. Usare qualcosa che è concepito come strumento da tempo libero per la propria formazione, necessita di un cambiamento di prospettiva. Ma la mente dello studente è agile e, crediamo, si abituerebbe ben presto. Quello che invece vorremo chiedere ai nostri rettori è: ma le nostre Università sarebbero pronte per queste e per tutte le altre rivoluzioni tecnologiche che ad esse potrebbero seguire? Trasferire il sapere sui tablet, vorrà dire rapportarsi con il mondo della tecnologia. Andare a lezione con le magiche tavolette, sarebbe ancora più utile se anche i corsi diventassero interattivi, se durante il suo parlare il professore fosse in grado di suggerire link ai quali collegarsi seduta stante, se nelle dispense che prepara per i suoi studenti iniziasse a collegare contenuti multimediali; se insomma fosse lui o lei il primo ad entrare nell’era delle nuove tecnologie. WM

E i nostri docenti sono pronti a questo? Hanno la capacità e la voglia di aggiornare i loro saperi e di confrontarsi con la rete per offrire ai loro studenti il meglio che essa può dare? Si parla di sfide, si parla di aggiornamento, si parla di un nuovo cambiamento. Siamo partiti dal porre una semplice domanda sul passaggio da libro ad ebook. Una tematica interessante sulla quale vorremo leggere l’opinione dei nostri lettori. Ma da qui, vorremo appunto allargare il discorso: università e nuove tecnologie, siamo pronti? Quali sono le innovazioni in questo ambito già introdotte dai nostri atenei? A voi la parola!

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UNIVERSITA’ DI ANCONA

UNIVERSITA’ DI URBINO

Marco Pacetti Il Contributo del Rettore

Stefano Pivato Il Contributo del Rettore

“In attesa che la politica decida, non si può stare fermi perché la società evolve velocemente e gli studenti ci incalzano con le loro esigenze. I nostri attuali studenti appartengono alla generazione dei Millenials intendendo con questo termine le generazioni che sono divenute maggiorenni nel nuovo millennio. Questi giovani sono entrati in società dopo la caduta del muro di Berlino, hanno visto l’esplodere della globalizzazione, appena alfabetizzati hanno iniziato la loro vita di relazione con sms ed internet: sono cioè nativi digitali. Questi ragazzi che si iscrivono ai nostri corsi hanno dunque caratteristiche relazionali, culturali e metodologiche diverse rispetto al passato, coltivano differenti interessi ed hanno sviluppato capacità tecnologiche completamente nuove e di grande potenziale anche per il mondo del lavoro. La risposta degli Atenei soprattutto in termini di percorsi e metodi formativi non appare adeguata a cogliere tutte le opportunità e a sviluppare le capacità di queste nuove generazioni di studenti; bisogna quindi capire quali siano gli elementi caratterizzanti ed i valori di riferimento di questi giovani. Sul piano di nostro maggiore interesse, cioè dei processi di apprendimento, le differenze con il nuovo archetipo antropologico sono principalmente nel multitasking e nell’approccio non lineare. Rilevanti anche l’abitudine alle icone piuttosto che alla lettura di testi, la connessione costante, l’approccio collaborativo. I nuovi studenti vogliono essere parti di learning communities dove il docente funga da hub e sia in costante scambio con i discenti. E’ il modello che i pedagoghi anglosassoni, che primi hanno dovuto affrontare i cambiamenti, riassumono nel passaggio dal sage on the stage (il sapiente sul palco) al guide on the side (la guida al fianco); tale modello delinea per il docente un ruolo più socratico che prevede di porre domande e guidare il processo di apprendimento piuttosto che, spezzando il pane della scienza, fornire il verbo che il discente dovrà ripetere in qualche modo”. WM

www.univpm.it

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“L’innovazione tecnologica nella scuola italiana si rifà alla circolare n.16 del 10 febbraio 2009 del Ministero della Pubblica Istruzione, che ha aperto la strada a una trasformazione del testo nel formato ebook. Del resto, il segnale della trasformazione in senso digitale dello studio tout cour, che muove i suoi passi dalle fonti stesse della conoscenza fino alle elaborazioni finali, lo vediamo ogni giorno, dalle riunioni di lavoro alle lezioni. La multifunzionalità del digitale e il passaggio al testo elettronico offrirà nuovi modi di produrre e diffondere la conoscenza da parte dell’Università e nuovi modi di studiare per lo studente. Gli ebook reader e gli iPad servono quindi non solo per leggere testi ma per “trattarli”, metterli in connessione, espanderli e condividere i contenuti. In pratica la didattica diventa user generated sotto la guida del docente. Ciò modificherà sempre di più le modalità da parte dei docenti di fare didattica: l’uso di tablet e iPad consentono già oggi di co-produrre contenuti tra studenti e docenti e creare una sorta di “archivio del sapere comune” a disposizione non soltanto degli altri studenti ma per l’intera comunità scientifica. A ciò non è estranea la nascita e la diffusione delle cd. “Non Press” universitarie che validano il sapere scientifico e che abbattono costi di commercializzazione del libro riuscendo a “distribuirlo” mondialmente - con il solo limite della lingua – limitandosi a competenze di selezione e di cura editoriale. L’Università di Urbino, in particolare, sta appositamente studiando l’attivazione di un corso di Personal Mobile Learning & Knowledge Environments(PMLKE) - ambienti di conoscenza e apprendimento personali e mobili”. WM

www.uniurb.it


UNIVERSITA’ DI MACERATA

UNIVERSITA’ DI CAMERINO

Luigi Lacchè Il Contributo del Rettore

Flavio Corradini Il Contributo del Rettore

“L’umanesimo che innova: questa è l’Università di Macerata, come ha recentemente riconosciuto il grande pensatore Edgar Morin. Che cosa significa? Per esempio che negli ultimi anni abbiamo coniugato questa forte vocazione con le risorse offerte dalle nuove tecnologie. Il Centro per l’e-learning e la formazione a distanza (Celfi) offre agli studenti un ambiente di apprendimento on line personalizzato, dove possono trovare i materiali di studio, usarli da qualsiasi computer in qualsiasi momento, molti anche tramite un telefonino, svolgere attività individuali e di gruppo. I nostri docenti e i nostri studenti sono, quindi, abituati a confrontarsi con le nuove tecnologie. In Italia utilizziamo moltissimo i nuovi dispositivi per comunicare, ma c’è ancora una certa resistenza allo sviluppo e alla diffusione di ebook multimediali. E, tuttavia, l’Università di Macerata crede molto nella necessità di fare passi in avanti sul piano dell’innovazione. Il nostro brillante editore eum (edizioni università di macerata) ha già pubblicato un ebook dal titolo Stripsody. La vocazione musicale delle strisce a fumetti (autore A. Garbuglia), lo si può leggere in epub sui tablet. Stiamo per mettere tutti i nostri libri (quasi 300) in e-commerce e a quel punto qualsiasi volume potrà essere pubblicato anche (o solo) come ebook. Insomma, l’era dei tablet e degli ebook non sembra così lontana e studiare digitale a Macerata sarà sempre più realtà”. WM

www.unimc.it

“L’Università di Camerino è uno degli Atenei italiani più all’avanguardia nella sperimentazione inerente l’Information Technology. I nostri studenti possono contare su infrastrutture informatiche e di comunicazione eccellenti. Da diversi anni il sito web www.unicam.it è ai primi posti nella classifica stilata dal Censis per Repubblica su criteri che riguardano l’usabilità ed i contenuti, segno che il sito d’Ateneo rispecchia in pieno la politica di comunicazione condivisa in Unicam: informazione ricca, accessibile a tutti. Abbiamo puntato molto al potenziamento dei nostri collegamenti informatici, e dei servizi on line per gli studenti, sia per la didattica (ad esempio la consultazione della carriera universitaria, la possibilità di prenotare gli esami, di verificare la regolarità dei pagamenti delle tasse universitarie, di visionare il piano di studi, di aggiornare i propri recapiti), sia per le attività extracurriculari, come ad esempio il forum degli studenti (completamente autogestito e attraverso il quale possono esprimere apprezzamento e critica per le scelte dell’Ateneo) e la radioweb. Il wifi è praticamente ovunque: tutte le nostre sedi sono coperte dalla tecnologia wireless che consente ai nostri studenti di navigare e di collegarsi a tutti i servizi on line dell’ateneo, non solo dai laboratori o dalle biblioteche, ma anche dal proprio alloggio o dalla mensa! Ogni studente poi ha una casella di posta elettronica della capacità di 1 GB, gratuita e disponibile anche dopo la laurea. L’ultima nata è la “Enjoy My UNICAM Card”, una innovativa carta servizi per gli studenti, realizzata grazie alla collaborazione di Unicam con la UBI-Banca Popolare di Ancona e la Namirial spa. Non una semplice tessera identificativa, in questa prima fase sperimentale riservata agli studenti di Informatica, ma una card con firma digitale e certificato di autenticazione che permette di accedere a tutti i servizi universitari e ai servizi bancari, poiché si tratta di una vera e propria carta prepagata con cui poter effettuare prelievi e pagamenti anche on line. Last but not least, l’Ateneo è presente anche sui principali social media (Facebook, Twitter e YouTube). Il nostro Ateneo mantiene dunque sempre alto l’impegno per un’alta qualità dei servizi ai nostri studenti”. WM

www.unicam.it

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di

Eleonora Baldi

EMOZIONE MARCHIGIANA

A che punto è il turismo marchigiano? “In questo momento il turismo marchigiano si sta chiedendo cosa vuole fare da grande. E’stata data una scossa al sistema ed ai suoi attori che dovrebbero produrre turismo e vivere di esso: fino ad oggi è stata fatta accoglienza nella maniera tradizionale, ci si è concentrati sul turismo balneare, con la montagna che cercava di approfittare dei giorni di pioggia estivi , mentre si sarebbe potuto puntare su altri tipi di turismi non legati al mare. Adesso, invece, finalmente ci si è resi conto che il nostro territorio offre meraviglie. Quando Hoffmann recita l’ultimo verso dell’Infinito“e il naufragar m’è dolce in questo mare”, si rivolge alle colline, allo spettacolo che regalano. Ci si rende conto di avere, disseminate sul territorio, meravigliose opere d’arte, Lotto e Crivelli solo per dirne due, ed esempi di architettura che lasciano senza fiato. E’arrivato il momento di condividere un percorso, come Regione con Province, Comuni e con gli attori tutti del turismo marchigiano. La mia apertura ha sorpreso molti ma, siamo un milione e mezzo di abitanti in tutto se non collaboriamo tra di noi, dove andiamo? Il primo passo è sicuramente la collaborazione con gli enti provinciali. Alla Regione spetta la promozione; ai territori l’accoglienza: devono attivarsi affinchè le risorse sortiscano effetti positivi. Scegliamo insieme quelle che sono le manifestazioni più importanti e comunichiamole, destagionalizziamo gli eventi, puntiamo sulla montagna che concretizza perfettamente lo charme del nostro territorio: coinvolge con il silenzio. Il turista che viene da noi vuole essere piacevolmente coccolato. Quello che contraddistingue la nostra regione è la capacità di dare al turista, e la sensazione che ricevere una richiesta di informazione, consiglio, proposta in maniera discreta, tutte le non sia un fastidio. Mentre purtroppo, a volte, quello che si percepisce è come risposte che cerca e senza essere se l’essere a disposizione dell’ospite fosse un dovere mal sopportato. Ovviainvadente”. Parliamo di accoglienmente per poter mettere in atto il rapporto e la comunicazione con l’ospite è za: quali sono i primi necessario avere una profonda conoscenza del territorio. Paradossalmente si passi da fare per crede, erroneamente, che tanto meno un turista è informato, tanto più rimarrà migliorarci? a soggiornare sul territorio: questo è falso! Se il turista sta bene, scopre, conosce “Molto del e spende; ha bisogno di stimoli tra i quali scegliere, di gocce di curiosità”. problema Altro tema sempre più dibattuto è quello dell’accessibilità. Siamo accessiriguarda il necessario cambio generazionale. L’evoluzione della specie passa bili noi Marche? anche attraverso le nuove tecnologie e saperle usare con facilità o trovarsi di “Non si finisce mai di migliorare, questo per prima cosa. Poi il concetto di fronte a difficoltà infernali è una bella differenza! Dall’altro lato però, se ai gioaccessibilità lo legherei a quello di sostenibilità. Nella nostra regione ci sono più vani non si riesce a trasmettere la passione del lavoro non si riuscirà mai a fare strutture accessibili di quante non si possa immaginare, il punto è che anche accoglienza vera. Ci vogliono i sogni e i piedi ben saldi per terra, ci vuole lo stain questo caso però mancava una rete, una catalogazione; abbiamo iniziato lo re al passo coi tempi e l’amare il proprio lavoro, ci vuole porsi degli obiettivi e screening delle strutture per la certificazione, sosteniamo i progetti più avanzati centrarli: provarci è indispensabile. L’entusiasmo per chi accoglie è fondamendi turismo accessibile: a breve sarà pubblicata da un editore nazionale una tale, deve trasmettere all’ospite tutta la gioia del territorio che rappresenta. guida specializzata nella quale le Marche presentano una prima mappatura Ecco perché dico che c’è sì bisogno di saper parlare le lingue ma anche usare dell’accessibilità. Posso comunque dire che siamo a buon punto nella nostra le nuove tecnologie. Bisogna saper coccolare il turista, dando tutte le informaregione. Tuttavia quello che sarebbe necessario, secondo me, è ripensare zioni del caso ma senza soffocarlo; trasmettere la disponibilità a rendersi utile una nuova architettura, cosa però molto difficile. Per questo prima dicevo che 34 Whymarche.com accessibilità e sostenibilità devono essere pensate insieme: le nuove strutture devono impattare il meno possibile sul territorio. Sono contraria al consumo


Una piacevole chiacchierata quella intrattenuta con l’Assessore Serenella Moroder, la donna forte del turismo marchigiano, nella quale tre sono le parole chiave che ricorrono: emozione, cultura, innovazione te secondo criteri ed esigenze attuali”. Possiamo quindi dire che ciò che serve maggiormente in tutti gli aspetti che abbiamo trattato è sviluppare una cultura del territorio, e di conseguenza del fare turismo? “C’è bisogno di una cultura differente, di un approccio nuovo. Questa comunità è sempre stata strepitosa; se le Marche non sono state scoperte ed apprezzate come meritavano, è perché i marchigiani hanno sempre lavorato a testa bassa. E’necessario però ogni tanto alzare lo sguardo per capire cosa si è fatto e cosa hanno fatto gli altri. Il turismo adesso risponde proprio a questa domanda: che cosa abbiamo fatto finora? E che cosa Basilica di Loreto possiamo, dobbiamo e vogliamo fare? I passaggi culturali sono quelli più difficili però è qui che dobbiamo puntare”. Una rivoluzione culturale passa necessariamente anche per la comunicazione. Altro punto sul quale Lei sta puntando molto. “Comunicare il turismo significa comunicare emozioni, e non è affatto facile. Posso dire però che la scelta di puntare sui sensi, sul vivere le Marche da tutti i punti di vista è stata una scelta vincente. Se questa regione è la regione individuata come uno dei cinque paradisi del mondo, un perché ci sarà. Se è una delle regioni più longeve, vuol dire che qui si sta bene. E lo stare bene è un coacervo di situazioni, non è soltanto la parte dissennato del territorio; nelle varie riunioni ho sostenuto l’importanza che economica ad essere i sindaci prendano una posizione chiara. Non possono da un lato chiedere determinante : PIL e BIL aiuti per far rivivere i centri storici e dall’altra redigere piani regolatori che (Benessere Interno Lorprevedano non sviluppo razionale delle loro città ma cementificazioni delle do ndr) sono due loro valli. Una soluzione è quella del“costruire sul costruito”e questa giunta ha cose differenti! deliberato in questo senso: accogliere ed utilizzare di più queste opportunità Un aspetto è fondamentale. Da questo punto di vista anche limitare le installazioni di fonpannelli fotovoltaici sul territorio è stato importante per evitarne un consumo eccessivo. Altra battaglia che vorrei portare avanti è quella di puntare a rendere ogni piccola azienda sostenibile; questo significherebbe cambiare il proprio damentale è la solidarietà: in questa regione c’è un alto tasso di solidarietà che modo di pensare, sia nella ricerca che nello sviluppo”. la rende bella da vivere. E su questi capisaldi si svilupperà anche la futura linea Il terzo anello della catena formata da accessibilità e sostenibilità riguarpromozionale della Regione Marche. Per prima cosa, punteremo alla riconferma di Dustin Hoffmann: sarà lui ad esplicitare il sesto senso. Se è vero che qui nelle da le infrastrutture… Marche si sta bene in tutti i sensi, è altrettanto vero che esiste poi quella cosa in “Vero che avremmo forse bisogno di collegamenti interni più agili, però ci più che ti attrae senza neanche farti capire fino in fondo perché. E allora la magia, vuole anche la consapevolezza che se si vuole arrivare nel minore tempo che aleggia nel nostro territorio, deve essere percepita dai nostri futuri ospiti. possibile da una parte all’altra della regione, si debbono accettare modifiche Quella sensazione di piacevole fluttuazione, di rapimento, è quella che vorremo sostanziali del territorio: occorre scegliere. Preferisco arrivare 10 minuti dopo, dare. A volte quel modo tutto marchigiano di essere rispettoso e non invadente, ma avere un territorio il più possibile armonioso. Altra pagina, è quella che viene scambiato per scortesia: dobbiamo assolutamente togliere questa“s”!” WM riguarda invece i voli. E’molto più importante potenziare questo settore, ma non andare ad impattare sul territorio. Questo non significa non affrontare Whymarche.com 35 le problematiche relative alla viabilità, ma occorre farlo in modo razionale. La giusta prospettiva, secondo me, è quella di recuperare e riqualificare l’esisten-


Turismo in un click di

Eleonora Baldi

Nuova frontiera quella del turismo on line che ha bisogno di essere studiata e compresa prima ancora che sfruttata. Ed è a questo che pensa Bizcom.it Web Tourism Agency…sembra qualcosa di molto complicato dal nome! E invece, quello che Bizcom.it offre è proprio una semplificazione, una corsia preferenziale grazie alla quale riuscire in maniera molto più veloce e completa a capire come cavalcare l’onda del turismo on line. A volte basta semplicemente cambiare prospettiva, basta scoprire nuove modalità di comunicazione, di promozione, di gestione. Bizcom.it si occupa di questo: offrire a tutti coloro che lavorano nel turismo e per il turismo, consulenza e formazione nonché servizi di promozione, gestione, commercializzazione, distribuzione. Tutto il necessario insomma per entrare nel mondo del turismo on line da protagonisti. Che cosa serve ad un progetto per decollare? Una buona idea, certo. Ma il valore della formazione e della consulenza, della conoscenza della realtà con la quale ci si rapporterà, della fiducia con chi ci affianca nel portare avanti l’idea lo è altrettanto, se non di più. Ecco perché Bizcom.it vuole essere un partner fidato, in grado di spiegare, chiarire, affiancare, supportare la

scoperta del mondo legato al web tourism. Scegliere le strategie giuste è fondamentale così come capire con che strumenti portarle avanti. Avere un team esperto in grado di svelare gli arcani del marketing, della comunicazione, della promozione, dello sviluppo e della grafica: vi sembra un buon punto di partenza dal quale sviluppare il vostro progetto per il turismo on line? Basta chiedere, e Bizcom.it risponde! Bizcom.it crede nella formazione come valore aggiunto e proprio per questo motivo sta portando avanti progetti che spingano fortemente in questa direzione: Marche Hotels e il Practitioner per il Turismo Online. WM

Marche Hotels: il sistema turistico digitale

sede legale: Via Palombarino 8, 60027 Osimo (AN) sede operativa: Via Ghino Valenti 2, 60131 Ancona tel +39 071 2915497 www.bizcomit.it - info@bizcomit.it

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Diffondere la cultura web per sostenere e sviluppare il turismo on line: è questa la volontà che sta dietro il progetto Marche Hotels. Un network locale che sappia incentivare concretamente la promozione del territorio e stimolare la commercializzazione dell’offerta creando così occupazione e migliorando la competitività delle imprese turistiche marchigiane. L’area forse più importante di Marche Hotels è quella che riguarda la formazione. I seminari formativi organizzati dalla Bizcom.it rappresentano infatti un vero e proprio percorso specializzato, dedicato al turismo on line, del quale vengono toccati di volta in volta aspetti differenti. Creare una visione d’insieme del mondo del turismo on line mettendo in relazione attività, strumenti e argomenti, dando vita ad una guida pratica di riferimento, sarà lo scopo dei percorsi formativi offerti dalla Bizcom.it. Volete passare dalla teoria alla pratica? Bene, potrete partecipare gratuitamente al prossimo seminario, Martedì 20 Dicembre dalle ore 9.30 alle ore 13.00 sull’argomento:“Costruire una Relazione online con i clienti: contenuti per il web per costruire rapporti concreti e a lungo termine fin dalla prima visita”. Potete iscrivervi direttamente a questo link: http://www.marche-hotels.net/SeminariFormativi/ProssimoSeminarioformativo.aspx E proprio su questo tema si apre una collaborazione tra Why Marche e Bizcom.it, che di mese in mese porterà a conoscenza dei nostri lettori le esperienze più interessanti, raccontate dalla viva voce degli albergatori che vi avranno partecipato! Sarà un appuntamento informativo e formativo, con articoli dedicati di volta in volta a temi legati al mondo del turismo on line e trattati nel corso dei seminari della Bizcom.it. La rubrica sarà dedicata agli albergatori che intendono approcciare il web in maniera corretta, allargando le proprie prospettive ed il business della propria struttura.


“PRACTITIONER TURISMO ONLINE” A chi si rivolge

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Perchè questo practitioner

Il web è un’opportunità e lo è anche per il turismo. Il turismo on line sembra non risentire di questo momento di crisi e riesce a raggiungere traguardi sempre più prestigiosi. E’ vero però che questa rapida ascesa ha favorito una stratificazione dell’offerta verso gli operatori turistici che ne sono restati confusi e disorientati. Come fare allora a cogliere questa opportunità? Affidandosi a consulenti commerciali specializzati nella vendita di servizi per il turismo on line, che sappiano ridare chiarezza e supporto professionale ed etico nella scelta delle migliori strategie. Bizcom.it avvia il progetto formativo Practitioner per creare nuove figure di consulenti-venditori che svilupperanno competenze di marketing e relazionali, teoriche e pratiche insieme: una nuova tipologia di consulentivenditori che possa supportare gli operatori in maniera serie e preparata.

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MONSANO

La virtù del vivere bene

ono che o erisc e e ad itengon mbient e h c uni ione r dell’a la vita, e m o z “I C ssocia a difesa lità del tesi comniall’A venire la qua uni, in indispo , r inte gliorare eni Comzionali umanità i e m are i B li e rela ono all’ nità la n l tute natura parteng opportu ente no i i ben che ap e tale cretam sapevol a n bili ossibile ere co an, con esentat di v sia p iono vi no slog è rappr azione vogl come u di oggi enunci ana”. più la sfida io dalla quotidi t dello uni che assagg prassi l’incipi ei Com i p dal cipi alla gge nel zione d stato tra . 5 prin sto si le ’Associa sano è el 200 Que to dell ui Mon datori n lunga ella Statu osi di c uni fon la dice alità d e, u Virtu tro com ne che alla q comun ne t e qua posizio nza ch piccolo lle colli Una importa questo ndii de sull’ si da in dolci pe vita to dai e. a cull chigian mar

14 km², un fazzoletto di terra. Ma il calcolo dei metri della superficie del Comune di Monsano, non ha niente a che fare con il peso specifico di questo territorio. Un piccolo scrigno che racchiude le caratteristiche proprie di tutta la nostra regione. In primo luogo, la tranquillità regalata da un’immersione nel verde delle colline marchigiane. Anticamente popolato da foreste di querce e di allori, oggi è teatro naturale di alcuni tra i più importanti oliveti della zona.

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MONSANO

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Il panorama strizza l’occhio ai più attenti osservatori che potranno riconoscere nelle giornate più limpide, scorci di mare sui quali si staglia il Monte Conero, le vette degli Appennini in questo periodo già innevate, le cime dei Sibillini ed il Monte Catria. La sua storia è millenaria: testimonianze di un primo insediamento benedettino si hanno dal 1197, quando viene citato come dipendenza dell’Abbazia di Valfocina. Il suo nome deriva dall’antico Musianum, dal nome della contrada il cui bosco, si dice all’interno de“Notizie historiche dell’antichissima e regia città di Jesi”di Tomaso Baldassini, era dedicato alle Muse. Un decreto reale del 1862 dà al territorio l’attuale nome, Monsano, cancellando Musiano e Mosciano. Un piccolo comune che nasconde però al proprio interno, come una preziosa bomboniera, un centro storico impreziosito dal castello, di origine medievale, bardato da una cinta muraria del XV secolo, originale nella sua disposizione perfettamente rettangolare. L’architettura ecclesiastica rappresenta il maggiore lascito storico della cittadina di Monsano. Mirabili sono due Chiese all’interno della cinta muraria. La Chiesa del Sacramento, risalente al XVI secolo, e soprattutto la Chiesa di San Pietro Apostolo che conserva gelosamente due capolavori artistici: la pala di Caludio Ridolfi raffigurante una“Madonna con Bambino e i Santi Francesco e Stefano”e una tela del Valeri. Uscendo dal paese, in un suggestivo scorcio del tempo che fu rimasto a tutt’oggi intantto, si trova la Chiesa di S. Maria degli Aròli, in tutto il suo splendore. Il suo stile romanico-gotico ne fa datare la costruzione intorno al XII secolo, ma la sua vera ricchezza è rappresentata dagli affreschi e dall’originale altare: un protiro tipicamente gotico, con uno squisito portale ogivale. Allontanandosi un po’dal centro e percorrendo località Sant’Ubaldo, si rimarrà estasiati dalla vista della settecentesca Villa Pianetti, con la sua suggestiva architettura e il magnifico parco. WM



di

Michela Marconi

London calling le Marche al WTM

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Essere alla fiera internazionale del turismo, negli immensi padiglioni dell’Excel di Londra, è un’esperienza senza dubbio affascinante. Un tripudio di etnie, lingue, musiche, cibi e bevande di ogni tipo, dai frullati freschi di frutta esotica delle Canarie alla classica birretta olandese. In questo grande calderone colorato, a volte un po’ frastornante, non può mancare il Paese primo nel mondo per le ricchezze e i beni culturali, l’Italia. Nello spazio espositivo dell’Enit (l’Ente Nazionale Italiano Turismo che promuove l’immagine del nostro paese all’estero) Why Marche ha visitato lo stand della nostra regione, in occasione della conferenza di presentazione dell’Assessore al Turismo Moroder, e ha raccolto le impressioni di alcuni operatori marchigiani. Per Mauro Giampaoli, direttore del servizio turismo del comune di Fano e dell’area ad esso collegata - quella del distretto turistico “MarcaBella” compreso tra le valli dei fiumi Cesano e Metauro - il WTM di Londra è un appuntamento irrinunciabile perché, insieme all’ITB di Berlino, è il più grande evento turistico a livello europeo. Oltre alla possibilità di scoprire le nuove tendenze, in fiere come questa si può avere un riscontro immediato della politica di promozione turistica che si intende utilizzare: “si può dire che il WTM sia un avvenimento propedeutico a tutte le attività promozionali del mondo del turismo perché è ricco di suggerimenti e permette di verificare se l’idea di adottare una certa strategia comunicativa o una certa immagine trova riscontri negli altri Paesi europei o addirittura anche in quelli extraeuropei”, afferma Giampaoli. Anche per Emanuele Piunti, amministratore della Movimondo e per Michela

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Rossi, Product Manager di Maraviglia, il WTM è un evento al quale non si può rinunciare perché, al di là dell’occasione di acquisire nuovi contatti commerciali e consolidare quelli che si hanno già, si ha l’opportunità di confrontarsi sia con colleghi italiani, sia con operatori del settore che vengono dal resto del mondo. Mauro Giampaoli sottolinea anche l’importanza per gli operatori del turismo nostrani di presentarsi a queste fiere internazionali al seguito della Regione “perché le nostre sono piccole realtà turistiche e faticherebbero a emergere in un contesto così grande; se pensiamo che l’intera regione Marche ha ancora difficoltà ad affermarsi come meta turistica a livello europeo, figuriamoci cosa succederebbe se andassimo a parcellizzare ulteriori porzioni di territorio”. Tra le fiere del turismo assolutamente da non perdere, Piunti mette in risalto le nazionali TTG-TTI di Rimini e la BIT di Milano, e all’estero, oltre al WTM di Londra, l’ITB di Berlino che consente di accostarsi al mercato tedesco che tradizionalmente è uno dei più affezionati all’Italia in generale e quindi interessante per lo sviluppo del turismo nelle Marche.

Suoni, colori e profumi da tutto il mondo riuniti a Londra per il World Travel Market 2011, la fiera mondiale del turismo

Ma tirando le somme – chiedo loro – come è andato il WTM per i nostri operatori quest’anno? “Il WTM di quest’anno ha dimostrato che le Marche sono ormai conosciute come meta turistica – afferma Giampaoli – e non siamo in posizione recessiva ma anzi si rileva un consolidamento del nostro mercato esistente che oggi trova però limitate possibilità di sviluppo per la concorrenza agguerrita di paesi come la Spagna, meta privilegiata del turismo inglese, e per il persistere della crisi economica”. Piunti ha rilevato un discreto interesse suscitato dalla nostra regione che fa ben sperare per il futuro e Rossi dal canto suo si augura che in futuro la sezione italiana presente al WTM venga movimentata da eventi di richiamo per il pubblico risultando così più dinamica. Prima di lasciarci domando loro come si possa migliorare l’offerta turistica marchigiana per renderla più competitiva a livello nazionale ed extranazionale. Secondo Piunti, per riempire le giornate del turista nelle Marche, oltre alla classica offerta di strutture e di qualche evento importante ma isolato, ci vorrebbe un’offerta maggiore e ben organizzata di attività ricreative e sportive. Rossi sente l’urgenza di una maggiore forza del “prodotto” Marche da creare con una incisiva e costante azione di promozione e comunicazione pubblicitaria. “Il settore del turismo delle Marche ha tutte le potenzialità per presentare un ottimo prodotto – precisa Giampaoli – e le piccole dimensioni delle nostre aziende e realtà ricettive sono gradite a chi visita il nostro territorio; dobbiamo però puntare a raggiungere un alto livello qualitativo. Inoltre sarebbe auspicabile anche un coordinamento nella presentazione del territorio e nell’attività turistica in senso stretto: la Regione infatti potrebbe sostenere iniziative aggregative e indirizzare le strutture ricettive del comparto turismo in senso lato – produttori, musei, alberghi, campeggi, trasporti e tutti gli attori dell’offerta turistica – a fare rete, a fare squadra”. WM

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1989-90: costituzione della Comunità di Lavoro dell’Adriatico centrale e meridionale con la leadership della Regione Marche.

2009: approvazione della prima Macroregione Baltica e a dicembre proposta della Macroregione Adriatico-Ionica alla IAI (Iniziativa Adriatico Ionica)

Gennaio 2010: incontro al Ministero degli Esteri per portare a conoscenza del progetto, appoggiato dalla IAI

Febbraio 2010: iniziano i lavori sul progetto della Macroregione con

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la collaborazione del Ministero degli Esteri e con il coinvolgimento subito attivo del Presidente Spacca Aprile 2010: il sottosegretario Mantica durante il Forum organizzato a Bruxelles proprio sul tema delle Macroregioni, espone la candidatura dell’Italia per la creazione della Macroregione Adriatico-Ionica Maggio 2010: si tiene ad Ancona la riunione dei Ministri degli Esteri dei Paesi membri dello IAI (3 fanno parte dell’UE e sono Italia, Slovenia e Grecia, gli altri non ancora) durante la quale si firma la Carta di Ancona con l’adozione della quale gli 8 Ministri degli Esteri presenti danno mandato ai ministri dei Paesi facenti parte della UE di lavorare affinchè la Macroregione Adriatico-Ionica sia approvata. Nello stesso giorno il Presidente Spacca in Giunta Regionale indica questa come una della priorità. Ottobre 2010: convegno ad Ancona dell’Alde (Alleanza Democratica Europea) che approva a sua volta un documento finale in cui si condivide l’idea della Macroregione e che viene portato all’attenzione del Comitato delle Regioni a Bruxelles Febbraio 2011: viene indicata la Regione Marche come portatrice di un parere d’iniziativa nell’ambito della cooperazione territoriale per una strategia macroregionale Adriatico-Ionica Marzo 2011: formale affidamento dell’iniziativa alla Regione Marche Maggio 2011: prima discussione del parere e approvazione da parte della Commissione Coter (cooperazione territoriale) appartenente al Comitato delle Regioni 11 Ottobre 2011: approvazione all’unanimità dall’Assemblea Plenaria del Comitato delle Regioni


Questa è tutta la storia, in date e passaggi istituzionali. Però, ammettiamolo: si fa fatica a capire di primo acchitto che cosa sia questa Macroregione Adriatico-Ionica. Sembra quasi uno scioglilingua. E sfidiamo chiunque,“comune mortale”, a negare di aver pensato“sarà un’altra invenzione della politica!”. Ma non è così. E’un’opportunità. E’una chiave con la quale possiamo aprire la serratura di scenari futuri che vediamo crearsi e piano piano sostituire quelli che oramai eravamo abituati a padroneggiare e gestire. Potremmo darvi una definizione istituzionale di macroregione come“un’area funzionale, composta da quegli enti nazionali, regionali e locali che si associano per affrontare insieme un certo numero di problematiche comuni. La Macroregione AdriaticoIonica interessa i territori di Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Grecia, Italia, Montenegro, Serbia e Slovenia”.

Ok…e adesso? Ne sappiamo forse di più?

Potremmo spendere pagine e pagine a spiegare le logiche che hanno portato a puntare forte in Europa su strategie macroregionali – due aree di cooperazione di questo tipo sono già attive, la Macroregione del Baltico e quella del Danubio; potremmo elencare i punti che le Istituzioni europee hanno ritenuto fondamentali nel seguire questa strada. Ma sarebbero i soliti discorsi chiari solo agli addetti ai lavori. La cosa migliore, è sempre andare a cercare risposte nelle parole dei protagonisti, di chi ha creduto fortemente in un progetto, di chi se ne è fatto portavoce, di chi tutt’ora continua a lavorare nel segno di quella che sembrava una visione azzardata e che invece si potrebbe dimostrare una carta vincente!


Vediamoc di

Eleonora Baldi

La Regione Marche sta assumendo una posizione tanto di spicco nel portare avanti la strategia della Macroregione Adriatico-Ionica, che sembra quasi essere la vera promotrice del progetto…

“In realtà ci sono molti soggetti coinvolti nel processo di costruzione di questa strategia di Macroregione e a molti livelli. Noi sicuramente stiamo interpretando con forza la nostra parte. Ma molto stanno facendo tutti i soggetti coinvolti, in modo particolare i Paesi al di là dell’Adriatico. Penso ad esempio alla Serbia, che ha la Presidenza di turno dell’iniziativa Adriatico-Ionica che non coinvolge solo gli Stati ma anche le Camere di Commercio. Molto attiva è per esempio la Presidente dell’Ente camerale dell’Istria, che si sta muovendo molto tra Bruxelles e il suo Paese. Questa strategia di Macroregione è fortemente voluta. In primo luogo dal Governo italiano che l’ha proposta in sede del Consiglio d’Europa; altrettanto dai Paesi dell’altra sponda che la vedono come corsia preferenziale per l’entrata nell’Unione Europea. E’ vista in modo molto favorevole da tutte le regioni italiane anche perché già da subito è prevista la rimodulazione delle risorse residue del biennio 2012-2013 e la previsione di corsie preferenziali per le macroregioni nel prossimo sestennio finanziario. Non è quindi un caso che dopo le tre regioni ormai in fase di costituzione, cioè il Baltico, il Danubio e l’Adriatico-Ionico, si stiano formando altre macroregioni. In progetto ci sono quelle del Mare del Nord, dell’Arco Atlantico, dell’Arco Alpino, dei Pirenei, del Mar Nero, della Manica. Ormai è chiaro che l’Unione Europea è orientata a dare ampio spazio allo strumento della Macroregione”.

P

C’è il rischio che questo progetto venga percepito come una manovra puramente politica, un modo per ottenere fondi. Quali sono invece le vere ricadute? “L’Unione Europea vede la Macroregione come uno strumento fortissimo per realizzare strategie su ampia rete territoriale che riguardino soprattutto il fianco più debole dell’Europa. Italia e Grecia in questo momento appaiono come i Paesi più deboli che addirittura rischiano di mettere in dubbio la coesione dell’Unione. Una strategia macroregionale è vista quindi benissimo perché ricompatta e reintegra le aree più deboli nel

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ci chiaro

contesto delle medie europee. E’ un disegno politico alto e non solo “opportunistico” e riferito ai finanziamenti in essere. Ancora, consideriamo che se l’Europa punta a una vera unità, non può non adottare una politica di integrazione delle grandi infrastrutture, sia fisiche che immateriali: non possono essere la sommatoria delle politiche adottate dai singoli Stati, ma devono divenire realtà di programmazione concertate in aree più ampie come appunto le macroregioni. In questi giorni si sta parlando proprio del Corridoio BalticoAdriatico il cui tracciato, al momento, prevede il collegamento tra Helsinki e Ravenna;è stato invece richiesto con forza dalle Regioni europee l’allungamento del corridoio fino alla Puglia, comprendendo quindi anche le Marche. Stiamo parlando di un disegno strategico della politica europea dal quale noi pensiamo ovviamente anche di trarre qualche vantaggio diretto”.

Parlavamo prima del ruolo di primo piano svolto dalla Regione Marche. Non sembra lo stesso invece per il Segretariato dell’Iniziativa Adriatico-Ionica, seppure anch’esso ha sede ad Ancona. Cosa può dirci in merito?

“Questo è un progetto che ha bisogno di tutti. Si fonda su quattro reti fondamentali: quella degli Stati, ha come Segreteria l’Iniziativa Adriatico Ionica che sta dando il suo contributo fondamentale. Il Governo italiano si è posto l’obiettivo di arrivare nel 2014, quando avrà la presidenza di turno, all’approvazione formale della Macroregione Adriatico-Ionica. Poi c’è la rete delle Camere di Commercio che si stanno muovendo tantissimo e ha visto l’adesione anche di quelle della Serbia. Ancora, la rete delle università Uniadrion e quella delle città dell’Adriatico e dello Ionico, cioè il Forum dell’Adriatico. Ognuna di queste reti da il suo contributo e anzi la forza di questa strategia sta proprio nella dimensione multilivello. Ormai si è capito che l’Europa potrà essere, solo se ci sarà una governance condivisa e la strategia macroregionale aiuta proprio a centrare questo obiettivo. La condivisione è l’unico modo per rafforzare l’Unione Europea e dare efficacia ad azioni e politiche”.

Da adesso al 2014, anno in cui partirà ufficialmente la Macroregione, cosa dobbiamo aspettarci?

“Il vero avvio è già adesso ! La strategia si sta già realizzando. Un esempio è il dibattito sul corridoio Baltico-Adriatico che citavo prima, oppure il monitoraggio che l’Unione sta facendo sui fondi residui per il sestennio 2007-2013 e per rimodulare le risorse residue per il biennio 2012-2013 proprio in virtù dei progetti macroregionali. Altro aspetto è il documento di programmazione che l’Unione Europea sta preparando per il 2020 dove già il tema della macroregione è stato inserito. Quindi siamo già in una fase operativa”.

Bene. Adesso lo scenario sembra molto più chiaro. Ora sappiamo di che cosa si tratta e che cosa possiamo aspettarci. E adesso ne siamo convinti: questa Macroregione Adriatico-Ionica è una buona opportunità!

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“Scriviamo una pagina nuova, insieme” All’Università di Camerino è iniziato il mandato del Rettore Flavio Corradini

Il rettore Flavio Corradini e il suo team

Sono state individuate dunque cinque importanti tematiche:

le “Relazioni internazionali, l’internazionalizzazione della didattica e della mobilità” saranno coordinate dal Pro Rettore Vicario Prof. Claudio Pettinari

la “Formazione universitaria, la programmazione e budget, i rapporti con le istituzioni universitarie” saranno a cura del Prof. Giuseppe Losco, che assumerà il ruolo di Pro Rettore

la “Ricerca e il trasferimento di conoscenze, competenze e tecnologie” saranno ancora seguite dal Prof. Corradini

i “Rapporti con enti e istituzioni pubbliche e private del territorio” saranno curati dal Prof. Andrea Spaterna, che assumerà il ruolo di Pro Rettore

le “Pari opportunità, la trasparenza amministrativa e la valorizzazione della Persona” sono delegate alla Dott.ssa Sara Spuntarelli.

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All’interno di queste cinque tematiche sono previste alcune deleghe specifiche che, unitamente a quelle che non rientrano negli ambiti appena menzionati, sono elencate all’indirizzo:

www.unicam.it/ateneo/organizzazione/organigramma.asp

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E’ questo lo spirito con il quale ha avuto inizio il mandato del nuovo Rettore dell’Università di Camerino, Prof. Flavio Corradini, che con i suoi 45 anni è il più giovane Rettore italiano. Nella mattinata di giovedì 3 Novembre, infatti, il Rettore Corradini ha presentato agli Organi di Governo dell’Ateneo e alla comunità universitaria prima, agli organi di stampa poi, i Pro Rettori ed i Delegati che lo affiancheranno nel corso del suo mandato, docenti e ricercatori che hanno deciso di impegnarsi in prima persona nell’individuazione, condivisione ed applicazione di strategie efficaci per la crescita dell’Ateneo. “Abbiamo voluto dare spazio - ha dichiarato il Rettore Corradini - ad una governance snella e veloce nelle decisioni, ad una nuova generazione di Colleghi, alle loro disponibilità, attitudini e potenzialità, a quella “vision” di Università che abbiamo immaginato insieme, basata sull’innovazione e sulla apertura alla cooperazione nazionale ed internazionale, alle pari opportunità, alla trasparenza, alla valorizzazione della persona”. Il “nucleo della squadra” è composto, oltre che dal Rettore e dal Pro Rettore Vicario Prof. Claudio Pettinari, dalla dott.ssa Anna Maria Giuliodori della Scuola di Bioscienze e Biotecnologie, dal prof. Giuseppe Losco della Scuola di Architettura e Design, dal prof. Andrea Spaterna della Scuola di Scienze Mediche Veterinarie e dalla dott.ssa Sara Spuntarelli della Scuola di Giurisprudenza. WM

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“Presentare la squadra il giorno dopo l’insediamento del Rettore è un chiaro segnale che non si può e non si deve perdere tempo – ha concluso il Prof. Corradini – ma il difficile momento che il sistema universitario italiano e, più in generale il nostro Paese, stanno attraversando, non deve scoraggiarci, bensì servire da stimolo per continuare a crescere e migliorare”.

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Un metodo per gestire le obiezioni dei clienti per consulenti e aziende di servizi

Steve Carrell in “The Office”

di Francesco Di Bitonto

Come trattare i clienti brontoloni MA COSA SONO LE OBIEZIONI? Le obiezioni nascondono la volontà del cliente di valutare e di capire quanto siamo affidabili e quanto il servizio che offriamo è adatto alle sue esigenze. Per questo a volte le obiezioni sono vere e proprie provocazioni. Gestirle, come descritto più avanti, porta il cliente ad abbattere tutti i muri di diffidenza e a orientarsi verso di noi, verso ciò che proponiamo, mentre non saperle gestire, e magari sfidare il cliente, porta solamente ad aumentare il contrasto con lui, lasciandoci a volte solo l’amara e inutile soddisfazione di avergli dimostrato che ha torto. Vale la pena sottolineare che secondo le statistiche il 96% dei clienti insoddisfatti non reclamano. Essi, infatti, ritengono che reclamare non porti mai a niente di buono. Poi però, quasi sicuramente, li perdiamo come clienti o, nella migliore delle ipotesi non parleranno bene di noi ad amici, colleghi e conoscenti. Quindi, per gestire bene le obiezioni, la

Francesco di Bitonto

Come possiamo trasformare le lamentele dei clienti in occasioni per promuoverci e rinnovare con efficacia i nostri servizi, senza perdere le staffe e rischiare di perdere anche il cliente? Ebbene, chi é in grado di riconoscere prima e gestire poi le obiezioni dei clienti, di solito chiude ogni trattativa con successo e soddisfazione di entrambi. Anche in caso di conflitti, contrasti e diversità di punti di vista, apparentemente insanabili, gestire con efficacia le obiezioni é l’unico modo per soddisfare il cliente mantenendo l’assertività (cioè la capacità di essere autorevoli) senza uscirne sconfitti, sotto l’aspetto relazionale.

prima cosa da fare é rivalutare le lamentele. Vi assicuro che per lamentarsi ci vuole coraggio, impegno, forza d’animo ed energia mentale e fisica. Pensiamoci un attimo. Quando vogliamo protestare o lamentarci per qualcosa che non é andata come volevamo, manifestiamo sempre in modo diretto la nostra lamentela al destinatario? Se in un ristorante si mangia male, andiamo in cucina dal cuoco a protestare e ci lamentiamo apertamente con il titolare? O semplicemente non ci andiamo più? Dipende dalle situazioni, certo. Se a quel posto ci tenevamo particolarmente, con ogni probabilità andremo a lamentarci ed è quasi sicuro che sentiremo il bisogno di manifestare la nostra insoddisfazione. Pertanto l’equivalenza che ne esce è: mi lamento = ci tengo. Chi si lamenta in realtà sta manifestando l’interesse a continuare a darci fiducia, a patto che le cose vengano fatte come egli vorrebbe.

La seconda cosa da fare é non negare l’obiezione. Per chi fa un’obiezione, se la dice, è vera. In quel momento la cosa migliore da fare é ascoltare senza interrompere, e dimostrare comunque comprensione. La comprensione é l’ingrediente principale dell’empatia. Comprendere non significa condividere o dare ragione, ma solo assumere il punto di vista dell’interlocutore. E non solo comprendere per finta, ma comprendere davvero il suo stato d’animo. Solo dopo che egli ha espresso l’obiezione e io gli ho dimostrato di averla compresa posso portare le mie argomentazioni cercando di far sì che lui capisca il mio punto di vista. Chi, nella vendita, sa gestire al meglio le obiezioni, non vede l’ora che il cliente le faccia, perché gestendole e soddisfacendole il cliente si orienterà sempre di più verso l’acquisto. Applica subito questi concetti ed esercitati a gestire le obiezioni nel modo descritto e ti troverai ad essere rispettato e apprezzato da tutti i clienti, non solo quelli buoni, ma anche da quelli brontoloni! WM

Guarda il video “Come gestire le obiezioni” dal sito

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“Philosophy For Children:

di Andrea Campanari

insegnategli la magia della vita” C’è Mauro vicino a me. Ci sono anche Sara, Giovanni, Andrea, Giada, Francesco, Tommaso e tutti gli altri, in cerchio che leggono, domandano e pensano a voce alta anzi, a voce molto alta!E poi Carlo, e pure la maestra Vincenzina. C’è un cerchio fatto da sedie con seduti scompostamente una ventina di bambini. Prima ancora però c’è una scuola, la scuola elementare Tirassegno facente parte del Terzo Circolo Didattico di Fermo e la quinta classe del maestro Carlo, appunto. Si inizia come ad una corsa di moto: molto rumore e “rombo” di sedie che partono dai banchi per formare una forma geometrica che somiglia, se pur lontanamente, ad un cerchio. In poche parole c’è l’ora di Philosphy For Children, ed un gruppo di bambini

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di 10 anni che la sperimentano per primi nel fermano e nelle Marche. Non si insegna cosa dice Socrate o cosa scrive Platone, nemmeno chi era Nietzsche o si parla della critica della ragion pura di Kant. Si vive la filosofia sulla propria pelle, col sorriso di chi non ha paura di mettere in-comune il proprio pensiero. La si sperimenta con domande e pensieri liberi e si partecipa vivacemente sugli argomenti che spesso sembrano, a noi adulti, dei più banali e che il bambino, invece, riscopre con meraviglia e piacere. È inutile arrampicarci sugli specchi di un pensare a pochi centimetri dal proprio naso, di una continua razionalizzazione, di un’insistente ricerca di risposte e soluzioni. I bambini con le loro domande ci fanno arrivare dove spesso abbiamo paura di perderci: nella

domanda. In questa classe siamo alla prima ora di sperimentazione ma dopo pochi minuti ci si rende conto di una verità: un’ora non basta!Sono pieni di parole, linguacce, domande, sorrisi, impressioni e “facce meravigliose”. Stanno formando pian piano una vera comunità di ricerca, quella che Pierce intendeva come “luogo” dove il soggetto è in dialogo comunitario, non astratto dall’esperienza di vita. “È proprio questo” - dice il maestro Carlo che mi ha spinto ad accettare questo progetto di Philosophy: formare in classe una comunità con un discorso aderente al reale e un dialogo che sia con gli altri e, soprattutto, attraverso gli altri. Portare nel gruppo le proprie esperienze ed argomentare le proprie idee: pensare insieme!” “Ciò che sta alla base del Curricolo della Philoso-


phy” - scrive Marina Santi in “Philosophy For Childeren: un curricolo per imparare a pensare” – “è che i bambini trovino degli spazi specifici a scuola per costruire insieme agli altri un senso al mondo, aumentando, al contempo la stima di sé”. Come prima volta è chiaro che qualcuno dei bambini si attendeva una didattica molto più impegnativa, che richiedesse un tipo di attenzione poco partecipativa e molto basata sulla memorizzazione. Presto queste stesse facce si immergono nel gruppo, fanno comunità e “maieuticamente” fanno nascere la vera filosofia: comunicare il proprio punto di vista, farlo essere con gli altri, raccontarlo e trasformarlo in un posizionamento che è sempre da cercare e ricercare. Si è giunti ormai alla fase centrale dell’ora: il pensare in-comune intorno al tema scelto, dopo la lettura e la formulazione delle domande. Si parla di mistero, di cose misteriose e di segreti. Si riflette sul fatto che una cosa sia misteriosa in sé o sia misteriosa solo perché per noi lo è. Qualcuno interviene con foga, altri a voce bassa, altri ancora senza attendere che il compagno termini il proprio discorso ed altri parlano solo guardando me come se mi dovessero una risposta, come per avere la mia approvazione. Nel frattempo uno di loro dice: “A me piace essere misterioso!”. Ed io: “Perché?”. Lui: “E’ un mistero!”. Fare Philosophy come si vede non è semplice, ma è la filosofia che per sua indole tratta di questioni controverse, che per sua natura non si accontenta di un’opinione ma vuole condividerla, farla essere con le altre e trasformarla. I bambini sperimentano la filosofia che vive le loro esperienze, che non è elitaria, che è reale e che nasce da un singolo meravigliarsi per mettersi in cerca di “meraviglie- altre”. Pensare “significativamente” sviluppando abilità cognitive, retoriche e prima ancora sociali: è questo il vero plus della Philosophy come attività educativa a scuola. Credo se ne senta il bisogno nello stare insieme quotidiano, oggi come nell’antica Grecia; penso che lo stesso bambino chieda senza parole, ma a gran voce, di trovare un contesto spazio-temporale che accolga il suo riflettere e che non consideri la sua età come un contenitore di “devi fare così perché è meglio!”. Ripensando a Giorgio Gaber che cantava “non insegnate ai bambini, non insegnate la vostra morale, è così stanca e malata, potrebbe fa male, ma se proprio volete insegnate soltanto la magia della vita”, credo che il compito fondamentale di oggi per noi adulti è quello di divenire educatori di piccoli pensatori. Perché siamo così lontani dal diventarlo: è un mistero! WM

Unesco

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150°

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Per riflettere questa volta, cogliamo uno spunto esterno;

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Difendiamo la nostra storia!

Il progresso è necessario. La tecnologia ci regala ogni giorno innovazioni fantastiche che ci migliorano la vita. Prendere un aereo e visitare luoghi lontani è ormai la vacanza tipica di molti. Ma non dimentichiamoci dei nostri centri storici! Non è infatti un segreto che le nostre Marche siano piene di piccoli borghi carichi di storia, di testimonianze architettoniche del passato, di segni del passaggio di grandi uomini e donne. Ma, saperlo e non essere in grado di comunicarlo, di creare attrattive per il turista – sia esso marchigiano, italiano o di qualsiasi nazionalità – è un gravissimo problema. In un momento in cui i settori classici dell’economia stentano a riprendersi, puntare sul turismo, che è il secondo motore economico della nostra regione, sembra essere un diktat. Ma farlo davvero, significa anche capire come ridare spinta e lustro a questi piccoli gioielli troppo spesso dimenticati. Pro Loco, associazioni culturali e dirigenti comunali lungimiranti cercano di fare il possibile, inventandosi feste varie ed eventuali per attirare l’attenzione, puntando ogni anno su rievocazioni storiche che possano risvegliare l’interesse, proponendo mostre o altre manifestazioni artistiche. Ma questo non può bastare.

Si parla di centri commerciali diffusi, quelli cioè che possano coinvolgere gli esercenti di tutto il centro il storico in aperture extra per conferire un’altra attrattiva al di la della passeggiata per i vicoli. Ma ci sarebbe probabilmente bisogno di un progetto più puntuale, concertato tra le Amministrazioni comunali, provinciali e regionali e che stabilisca punti successivi da portare avanti per passare dalle parole ai fatti. Quella che abbiamo noi marchigiani è una ricchezza inestimabile. Il timore è che si lasci che essa sfiorisca tra le nostre mani, senza averle donato la linfa vitale che meriterebbe. Progetti di marketing turistico se ne sentono molti, ma anche in questo caso spesso non si riesce a capire quali possano gli effettivi benefici per i centri storici minori e soprattutto quali potranno essere i tempi affinché ciò che è stato ipotizzato sulla carta venga trasformato in atti. E stessa cosa dicasi anche per la Legge sui piccoli Comuni che racchiude ancora molti più punti interrogativi che risposte fattive. WM

quello datoci dall’incontro organizzato lo scorso 24 Settembre dal Comitato UNPLI Marche e UNPLI Pesaro e Urbino,

in collaborazione con Comune e Pro Loco di Sant’Ippolito.

In questo piccolo centro del nord delle Marche ci si è infatti incontrati per

porre un interrogativo e soprattutto per cercare di risvegliare le coscienze politiche attorno a un importante quesito: come rivi-

talizzare i centri storici minori?

Quello che vogliamo chiedere allora ai nostri Presidenti di Provincia, detentori se vogliamo del potere e del dovere di tracciare le linee guida per un necessario recupero dei centri storici minori è: che cosa si sta facendo in questo senso? State già portando avanti una politica di recupero o avete intenzione di farlo? Su che cosa si fonderà l’azione di rilancio di questo piccolo cuore pulsante?

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Intervento del Presidente della Provincia di ANCONA PATRIZIA CASAGRANDE

ANCONA

“Di per sé un centro storico, specie se piccolo, non basta ad attrarre turisti e visitatori che non siano di passaggio nella zona. Se aggiungiamo che l’intero territorio nazionale custodisce innumerevoli luoghi, spazi e monumenti che avrebbero altrettante ragioni per essere conosciuti, ci avviciniamo alla soluzione che la provincia di Ancona ha trovato per valorizzare ciò che esprime l’intero territorio. La costituzione della Marca Anconetana come sistema turistico unico è in questo senso un punto di riferimento strategico e operativo, attraverso cui coordinare e gestire iniziative condivise dai 53 soggetti pubblici (tra questi, i Comuni) e privati che ne fanno parte. I progetti attivati dallo scorso anno

danno già buoni risultati sul versante della destagionalizzazione nel momento in cui l’aggregazione di diversi Comuni si basa su proposte condivise: enogastronomia, natura, cultura, sport, centri storici (appunto). Siamo consapevoli di possedere un autentico patrimonio fatto di paesaggio e storia cui fare ricorso. Solo un paio di anni fa a Corinaldo riceveva a Bruxelles il premio europeo come borgo d’eccellenza turistica al di fuori dei circuiti di massa. E sono molti i centri storici della provincia sui quali puntare: il recente avvio di una progettualità di marketing turistico ci conferma che la condivisione dell’obiettivo accoglienza riesce a ottimizzare l’impegno di ciascuna realtà, a

diversificare le proposte, a valorizzare sempre di più le specificità di ciascun Comune disposto a fare rete”. WM

Intervento dEL PRESIDENTE della Provincia di Pesaro e Urbino Matteo Ricci

PESARO URBINO

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Whymarche.com

“Da un anno e mezzo abbiamo lanciato il progetto “Provincia 2020, progetto per una comunità più felice” che mira a far diventare il nostro territorio leader a livello nazionale in qualità della vita. L’Istat ha scelto la nostra provincia come luogo nel quale sperimentare un nuovo indicatore di progresso, il BES che misura: sostenibilità, salute e aspettativa di vita, livello di disuguaglianze, sicurezza sociale e qualità delle relazioni. Ci stiamo concentrando in particolare su urbanistica e servizi . Il nuovo PTC – Piano Territoriale di Coordinamento – diventerà il baricentro del piano strategico provinciale Provincia 2020. Tutti i piani regolatori della provincia sono sovradimensionati. Abbiamo 60 comuni, pensati con una vecchia logica di sviluppo: basta sfruttamento del territorio, si deve costruire sul costruito. Parliamo di nuova edilizia ma anche di efficienza energetica obbligatoria. Altro tema è quello dei centri commerciali. Non servono più altre grandi aree commerciali: non devono diventare il nuovo luogo della rela-

zione; noi abbiamo i borghi, i centri storici: dobbiamo rivalutarli! Queste scelte inserite nel PTC influiranno in maniera positiva nel rilancio dei centri storici, anche se per i centri piccoli dei comuni montani, questo non basta; ma aiuta! Altro fronte sul quale si sta lavorando è quello turistico: le Marche si trovano ad un momento di svolta, finalmente abbiamo una strategia condivisa che da dei risultati importanti. Le aree in cui abbiamo maggiori possibilità di crescita sono quelle interne; i turisti esteri, ricercano la qualità della vita, la vicinanza alle città artistiche, offerte enogastronomiche: queste sono le nostre chicche! Abbiamo un progetto con la Regione per creare nuova ricettività valutando i patrimoni a disposizione e creando all’interno della provincia un nuovo distretto: quello del benessere. Abbiamo un Appennino bellissimo ma poco conosciuto e valorizzato. Noi ci siamo inventati a partire da quest’anno la Bandiera Trasparente: dedicata alle aree montane, parte dalla qualità dell’aria. Abbiamo creato una commissione dove è

presente la Regione, l’Università di Urbino, l’Azur, abbiamo individuato altri criteri riguardanti inquinamento luminoso, acustico, elettromagnetico, la quantità di verde, la presenza di raccolta differenziata ed altri criteri di “virtuosità ambientale” per arrivare alla fine a riconoscere la prima Bandiera Trasparente al Comune di Carpegna.” WM


Intervento del PRESIDENTE della Provincia di Macerata ANTONIO PETTINARI

MACERATA

“Per la provincia di Macerata i centri storici sono una parte preminente del proprio patrimonio storico culturale su cui si basano le strategie di sviluppo turistico. Le politiche di valorizzazione culturale per incrementare nuovi flussi dall’Italia e dall’estero tengono conto – e non può essere altrimenti – delle peculiarità di ciascuno dei 57 centri storici degli altrettanti Comuni, ma anche di quei più piccoli borghi medioevali incastonati tra i monti e le colline maceratesi. Pur non avendo una competenza diretta sulle politiche di rivitalizzazione dei centri storici, la Provincia di Macerata svolge

un’opera di supporto ai Comuni attraverso politiche di programmazione. Si tratta di interventi“indiretti”che, senza interferire nelle azioni proprie di ciascun Comune, possono essere attuati nello spirito di sussidiarietà tra diversi livello di governo locale. Tra gli obiettivi delle nuova Amministrazione provinciale di Macerata, in carica da appena cinque mesi, figura – ad esempio – la messa a punto di un programma strategico per il recupero, riuso e rivitalizza-

zione dei piccoli centri e nuclei storici in fase di progressivo abbandono e degrado secondo un’ottica di sistema e di rete. La Provincia di Macerata proporrà anche un nuovo regolamento provinciale per le varianti urbanistiche che, finalizzato ad evitare interventi di natura esclusivamente speculativa e di progressivo“consumo”di suolo per fini insediativi, possa indirettamente favorire la riqualificazione ed il recupero di centri storici”. WM

Intervento del Presidente della Provincia di Fermo Fabrizio Cesetti

FERMO

“La questione dei piccoli centri che devono tornare a vivere in maniera ancora più intensa, è un’esigenza e una risorsa per l’Italia. Giusto potrebbe essere per i piccoli comuni scegliere la via del consorzio, per poter gestire al meglio le risorse ed i servizi. Altro aspetto importante riguarda i drastici tagli riguardo l’offerta formativa scolastica o alle risorse per il trasporto pubblico. Noi come Provincia cerchiamo di fare il possibile per attenuare gli effetti negativi di questa politica di tagli; stiamo lavorando per l’organizzazione sul territorio di una rete scolastica. Cerchiamo di aiutare e sostenere i piccoli comuni. Abbiamo messo in campo progetti per le work experience in loro favore: esperienze formative per giovani diplomati e laureati messi a disposizione dei comuni per le loro varie attività nel campo degli uffici tecnici, dei beni culturali ed altro. Abbiamo accompagnato queste politiche con dei

piccoli finanziamenti per permettere a queste realtà di tenere aperti i loro musei e le pinacoteche. Cerchiamo di essere vicini a tutte le possibilità promozionali dei nostri centri; per esempio ad Altidona abbiamo contribuito all’apertura della Fototeca provinciale, a Servigliano abbiamo investito tra fondi provinciali e regionali oltre 200mila euro per“La casa della memoria”recuperando un immobile della vecchia ferrovia per non dimenticare l’orrore della Shoah. Voglio citare ancora l’iniziativa organizzata in collaborazione con il Comune di Monte Vidon Corrado per la mostra“Licini-Morandi”da luglio a settembre, di rilevanza ultra nazionale. Altro strumento che stiamo potenziando per aiutare i piccoli comuni è quello dei centri per l’impiego prevedendo sedi distaccate: a Petritoli, Porto S. Elpidio, S. Elpidio a Mare, Amandola e Monte Giorgio. Altri finanziamenti li abbiamo attivati grazie al

Progetto Colombo che si rivolge a realtà imprenditoriali nel campo della ricettività turistica. Stiamo lavorando attorno al Piano Territoriale di Coordinamento che sarà lo strumento di programmazione urbanistica e delineerà il futuro sviluppo urbanistico della Provincia; cercheremo di creare le condizioni perché queste piccole realtà possano riacquistare vitalità, evitando ulteriore consumo del territorio e privilegiando il recupero del patrimonio edilizio e la sua messa in sicurezza anche con forme incentivanti”. WM

Intervento del Presidente della Provincia di Ascoli PICENO Piero Celani

ASCOLI PICENO

“I nostri centri storici soffrono di tanti problemi, legati all’antichità delle strade, delle viabilità, delle piazze. Innegabile è la difficoltà del traffico, dei parcheggi, dell’accessibilità. Altro problema è quello di trovare il punto di equilibrio tra le esigenze dei residenti e quelle delle attività commerciali che sono contrapposte spesso. Primo obiettivo è rendere sempre più attrattivi i centri storici di provincia, penso nel nostro caso a Rotella, Acqua Viva, Ripatransone, Montedinove; il che significa mettere in atto un grande processo di riqualificazione degli edifici nel loro contesto urbano, delle piazze e della viabilità: far rivivere il centro storico così com’era non piegarlo alle esigenze della modernità; tornare al passato ma ovviamente con la qualità del moderno. Importante è l’educazione del cittadino che vive nel centro storico. La sua è una funzione sociale, si deve sentire investito di una missione, deve trattarlo come un gioiello da custodire.

Secondo aspetto da portare avanti è la riqualificazione degli edifici storici sia pubblici che privati. Il pubblico può fare sicuramente molto soprattutto per pubblico decoro, gli ornamenti esterni, attraverso incentivazioni o con contributi in conto capitale o con sgravi per l’occupazione del suolo pubblico o ancora partecipando a pagare una parte degli interessi dei muti per questi lavori. La Provincia deve appoggiare questi piani di recupero e sviluppo sostenibile del territorio, facilitando le operazioni ai Comuni e divenendone capofila. Per quanto riguarda il commercio, la prima cosa è fare in modo che all’interno del centro storico vi siano solo prodotti e esercizi commerciali di grande qualità, di nicchia, che non abbiano rispondenza in un raggio almeno di 30 km: il centro

storico non potrà mai sfidare sulla comodity il centro commerciale, ma può e deve farlo sulla qualità. E allora il giovane può pensare di aprire una bottega artigiana nelle vie del centro storico, ricreando il mestiere. E’ necessario creare situazioni che incuriosiscano e portino a visitare il centro storico, le attività del centro, i negozi che devono avere qualcosa di unico. Ultimo aspetto quello dell’accoglienza: il turista deve essere accolto in un ambiente particolare, dove non c’è traffico ma l’isola pedonale, dove vengono organizzati parcheggi polmoni all’esterno a basso prezzo con i servizi che portano al centro. Se riusciamo a fare tutto questo, abbiamo chiuso il cerchio!” WM

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Intruders: espoloratori urb

di

Maria Pettinari

200

Luca BLAST Forlani: creativo, visual designer, fotografo, writer. Nato ad Ancona nel 1975, ha studiato all’Istituto D’Arte e successivamente al Centro sperimentale Design dove ha ottenuto il “pezzetto” di carta che lo classificava Visual Designer. In seguito ha studiato ed elaborato concezioni da Interior designer e light designer. Appassionato di disegno sin da piccolo e dotato di uno spiccato senso della curiosità, ha sempre provato e sperimentato, quindi è cresciuto evolvendo i suoi interessi in forme, dedicando particolare attenzione alla fotografia, il writing, l’urban art, e la grafica. Figlio d’arte, (padre fotografo) probabilmente grazie a questo inizia a fare foto da molto piccolo e già nel 1987 vince il suo primo concorso fotografico. Nel ventennio che ha dedicato al writing e alla pittura urbana, ha potuto dipingere in numerose città italiane nelle più importanti manifestazioni e Jam, dipingendo anche in alcune città Europee, dalle quali negli anni ‘80 ha preso spunto e influenza. Parallelamente agli impegni artistici, dopo qualche anno di gavetta, nel 2000 apre il proprio studio di comunicazione e grafica Indastria.coolhidea. Uno studio grafico, ma anche un laboratorio dove nasce e prende forma tutto ciò che realizza. La sua passione è il suo lavoro, questo il presupposto con cui amalgama, fonde e realizza progetti e prodotti, tra cui Paperexperience (in qualità di redattore, ideatore ed editore) , una pubblicazione periodica che mostra senza commenti tutta la urban art italiana ed europea, illustrazioni, grafica e fotografia.

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luoghi abbandonati, duecento storie marchigiane raccontate dalle fotografie di Luca Blast Forlani.

In fondo non mi dispiace che la conversazione tra me e Luca Blast Forlani sia avvenuta esclusivamente via mail. Aver visto solo le sue foto alimenta la suggestione, e in qualche modo il romanticismo, che ammanta inevitabilmente solo una certa arte al limite della legalità. Un po’ come le “incursioni” sui muri delle metropoli del mondo di Blu o di Bansky. Luca e la sua “banda” di amici sono degli intruders, “degli esploratori urbani alla scoperta di luoghi da tempo dimenticati, perduti e all’apparenza impenetrabili”, come scrive lui stesso nella prefazione del libro edito da Franco Cosimo Panini. E come dei veri e propri esploratori, negli ultimi dieci anni sono andati a caccia di luoghi abbandonati per tutta la regione Marche scovandone 200. Ora quell’enorme ricchezza di esperienza e immagini è diventata una mostra, un libro e un ciclo di conferenze grazie alla collaborazione tra l’Associazione Culturale MAC - Manifestazioni Artistiche Contemporanee - e la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Marche. La mostra è stata allestita dal 18 giugno al 4 settembre scorso alla Rocca Roveresca di Senigallia. Le segrete nude, umide e buie della Rocca, hanno fatto da scenario perfetto e creato un percorso emozionante tra cuniculi e immagini di manicomi, orfanotrofi, cinema, ville, carrozzine abbandonate, valige aperte e perfino barattoli con insetti sottospirito. Tutti lì, fermi, immobili, a raccontarci storie che non ci sono più, ma che appartengono a ognuno di noi, alla storia di tutti, al nostro territorio. “Tutto è iniziato nei primi anni 90” ci racconta Luca ”quando mio padre, anche lui fotografo, mi portò a fare qualche scatto all’interno del vecchio ospedale Tambroni nell’area di Posatora ad Ancona, qualche anno dopo che fu colpita dalla frana che devastò l’intero quartiere. L’approccio con questi luoghi abbandonati fu per me piuttosto suggestivo tanto da far scattare la scintilla che mi ha spinto in questi anni a cercare luoghi simili. Una scintilla che poi è diventata un vero e proprio bisogno di fotografare queste carcasse di cemento”. E da allora sono partiti gli intruders in giro per le Marche. “Sì, inizialmente con un paio di amici si partiva alla ricerca di posti da esplorare, poi mano a mano che si scoprivano nuovi luoghi, aumentava chi si univa alle esplorazioni, sia per curiosità che per passione o anche solo per passare un pomeriggio. Così, dopo molti anni di esplorazioni, circoscritte nel nostro


rbani in giro per le Marche “(...) Intruders però non tocca solo le nostre corde più romantiche e letterarie. È una ricerca, e quindi un documento, che intende riportare la nostra attenzione verso alcune questioni cruciali del nostro paesaggio costruito e del modo di pensarne la trasformazione. Ci dice infatti che in un solo giro nelle Marche, pur limitandosi a edifici collettivi di un certo genere, ha potuto cogliere duecento luoghi abbandonati in attesa di un qualsiasi destino. Questo vuol dire che se si allargasse lo sguardo, nella stessa regione prima e nell’intero paese poi, si scoprirebbe che il patrimonio di strutture edilizie dismesse, inutilizzate, abbandonate, incompiute, è sterminato; e rappresenta allo stesso tempo un problema enorme e un’opportunità straordinaria. Tanto, come ci ricorda ad esempio il lavoro del gruppo Alterazioni Video sull’Incompiuto Siciliano, da essere diventato una specie di genere artistico iperdiffuso. (...)” Arch. Pippo Ciorra da “Intruders Urban Explorers” - Franco Cosimo Panini Editore

edifici abbandonati e scopro nuovi luoghi, mi sento profondamente parte di questa Regione. Una sensazione ed una emozione unica che non provo quando mi trovo a fotografare ad esempio in Toscana o in Emilia Romagna.” E allora Luca prova a descriverci le sue emozioni. “Felicità per una nuova scoperta, angoscia nel rivivere le sensazioni che potevano provare i malati rinchiusi in quei vecchi ospedali o manicomi. Ma ogni posto visitato ha le sue vibrazioni, diverse a seconda che ti trovi in un carcere abbandonato, in una ex fabbrica o in una ex colonia. Poi c’è il gusto dell’avventura e dell’ignoto. A volte s’incontrano clochard che ti guardano con stupore, o bande organizzate che stanno rubando del rame e allora è meglio girare alla larga; oppure un custode infuriato che ti trova in una proprietà privata, o vicini solerti che allertano le forze dell’ordine perché sentono rumori sospetti e vedono strani individui con cavalletti e apparecchiature aggirarsi in posti dove non dovrebbe esserci nessuno. Per non parlare dei crolli improvvisi, pavimenti che si aprono sotto di te mentre stai attraversando le stanze.... ma sono tutte cose e rischi che fanno parte del gioco!” WM

territorio regionale, mi accorsi di aver accumulato diverse decine di migliaia di scatti e quindi da questo partì l’idea di catalogare, o meglio di raggrupparle in una pubblicazione e in una mostra itinerante.” La mostra infatti, dopo Senigallia è approdata a Modena nella ex caserma Sant’Eufemia dove è rimasta fino all’inizio di ottobre. La prossima tappa quale sarà? “In effetti ci sono molti progetti di nuove tappe e nuove istallazioni, ma sono tutte da valutare e solitamente fino all’ultimo non sò con precisione dove andrò ad esporre. A Modena la mostra è stata allestita all’interno di un luogo abbandonato concesso dal demanio invece che in uno spazio espositivo, seppur suggestivo, come a Senigallia. Abbiamo così potuto constatare quanto la naturale collocazione della mostra all’interno di un edificio abbandonato possa valorizzarla al massimo. Perciò in futuro non escludiamo di continuare a cercare luoghi di questo tipo per l’allestimento”. Un progetto itinerante ed in continua evoluzione, che stimola riflessioni diverse: dall’arte alla vita, dal consumo del territorio al patrimonio architettonico che potrebbe essere restituito alle sue origini e ai suoi cittadini. “Quando fotografo

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Da Mantova a per racc la nobile arte d

Due eventi imperdibili per gli amanti nazionale e l’altro nazionale tenutosi a M comune: l’amore per l’emozione che so

Geraldine Brooks di

Chiara Giacobelli

Storie di donne

Vale la pena, a volte, di lasciare le Marche qualche giorno per inseguire festival e manifestazioni ricchi di ospiti, convegni, incontri, dibattiti e spettacoli. Per gli appassionati di libri, l’evento italiano da non perdere è, ovviamente, il Festival della Letteratura di Mantova che, nella splendida cornice di una città Patrimonio dell’Umanità, si è

*

Geraldine Brooks: “Come sono diventata un Premio Pulitzer”. Nel 1955 Geraldine Brooks nacque a Sidney e ovviamente ancora non aveva idea che 51 anni dopo avrebbe ricevuto il più importante premio al mondo che uno scrittore possa sognare: il Pulitzer. A farle vincere l’ambito riconoscimento fu il romanzo “L’idealista”. Da allora la sua fama aumentò di anno in anno. L’ultimo libro, “L’isola dei due mondi”, è uscito proprio quest’anno pubblicato da Neri Pozza e racconta le avventure del primo nativo americano laureato ad Harvard. Signora Brooks, come accadde che divenne una romanziera? “Devo ringraziare la polizia segreta della Nigeria. Anni fa, mentre mi trovavo a indagare come giornalista su alcune brutalità commesse in quello Stato, venni arrestata e chiusa in carcere. Non sapevo se e quando ne sarei uscita viva: quell’esperienza fu decisiva per farmi cambiare rotta. Da allora smisi di partire per pericolose missioni all’estero e divenni una romanziera. Il mio primo libro nacque a

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partire da una mancanza di informazioni. Avevo alcuni dati in mano riguardo a un villaggio inglese che nel 1666 fu colpito dalla peste. Volevo raccontare questa storia, ma c’erano troppi punti oscuri, buchi e dimenticanze per trarne un saggio. Così sperimentai per la prima volta il genere del romanzo e andò bene”. Il Premio Pulitzer lo vinse però con un’altra opera: “March”, in Italia tradotta come “L’Idealista”. “Sì, è un libro dove si racconta la storia di March, il padre delle “Piccole Donne” della Alcott. Il romanzo spiega cosa gli accadde durante gli anni della guerra. Per me fu il primo esperimento di scrivere attraverso la voce di un uomo. March (la cui figura va ricondotta al padre della Alcott) fu un uomo non particolarmente noto, ma importante nella sua attività di ambientalista e riformatore radicale. Avendo sotto mano i suoi diari e le lettere, per me fu inevitabile raccontarne la storia”. WM


al Montefeltro contare dello scrivere

della letteratura, uno a carattere interMontefiorentino, che hanno qualcosa in olo il caro vecchio libro è in grado di dare

Angelica Garnett

e letteratura

svolto quest’anno dal 7 all’11 settembre. Tra le molte, meravigliose, conferenze, vi proponiamo gli incontri con due personaggi che quest’anno erano tra i più attesi del Festival: Angelica Garnett, nipote di Virginia Woolf nonché lei stessa scrittrice, e Geraldine Brooks, Premio Pulitzer nel 2006 con il romanzo “L’idealista”.

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Angelica Garnett: “Vi racconto mia zia Virginia Woolf”

Cresciuta coccolata dall’ambiente del Bloomsbury Group, era inevitabile che Angelica Garnett non tardasse troppo a scrivere il proprio romanzo. E così già nel 1985 la sua autobiografia, “Ingannata con dolcezza”, vinceva il prestigioso J.R. Ackerley Prize for Autobiography. Quest’anno, invece, Baldini Castoldi Dalai Editori ha pubblicato “La verità nascosta”, un libro in cui la Garnett racconta, a metà tra autobiografia e finzione, la sua lunga vita attraverso un quartetto di storie di Bloomsbury. Al Festival della Letteratura di Mantova, per la prima volta la Garnett ha svelato una Virginia Woolf segreta, vista dagli occhi di una nipotina che, seppur cresciuta, la ricorda ancora come la zia più tenera e affettuosa del mondo. Signora Garnett, può regalarci un ricordo personale di sua zia? “Era fantastica, affettuosa e divertente, assolutamente lontana dal personaggio che molti le attribuiscono. A causa del suo suici-

dio, tutti oggi pensano che il suo carattere fosse tragico. Invece non era assolutamente così. In particolare, ricordo i nomignoli che mi affibbiava, come “pixerina”. Era davvero una persona piacevolissima con cui stare”. Lei quando si rese conto di chi era sua zia, della sua importanza? “Ci volle molto tempo. In realtà, devo confessare che nessuno di noi, prima della sua morte, la considerava una grande scrittrice. Non che la deridessimo, ma di certo non immaginavamo che sarebbe diventata così importante! Forse soltanto suo marito Leonard si era davvero accorto di chi fosse Virginia”. Quali sono le emozioni con cui oggi ricorda sua zia? “E’ difficile trovare le parole per descrivere queste emozioni. Era una zia meravigliosa, divertente e aveva la capacità di entrare subito in sintonia con i bambini. Quando avevo una decina d’anni, lei mi faceva ridere tantissimo ogni volta che ci incontravamo e io la amavo con trasporto”. WM

Cultura a convento Si è svolto anche quest’anno, nella splendida cornice del Convento di Montefiorentino, il Premio Nazionale di Cultura Frontino Montefeltro, uno degli appuntamenti letterari più importanti della regione. Trionfatore assoluto di questa XXX edizione, lo scrittore Gianrico Carofiglio, il cui romanzo “La manomissione delle parole” (Rizzoli, 2010) ha fortemente impressionato la giuria per la sua capacità di attraversare situazioni culturali e fatti civili per mezzo delle parole appunto, tanto da meritare il premio più ambito, quello della sezione “Lo scrittore per l’arte di vivere e la felicità”. Accanto a una celebrità nazionale, sono stati però diversi gli autori marchigiani ugualmente premiati per le proprie doti narrative. La sezione “Cultura marchigiana”, una delle categorie storiche del Premio, che più lo caratterizzano nel territorio, ha visto vincere ex aequo Bonita Cleri e Claudio Giardini, con il loro testo “L’arte confiscata. Acquisizione postunitaria del patrimonio storicoartistico degli enti religiosi soppressi nella provincia di Pesaro e Urbino” (Il lavoro editoriale, 2011) e Samuele Giombi, autore de “Un ecclesiastico tridentino al governo diocesano. Marcelo II Cervini ((1501 – 1555)” (Edizioni di Studia Picena, 2010). Entrambe pubblicazioni di livello, che contribuiscono senza dubbio alla valorizzazione delle Marche, nei suoi aspetti storici, culturali, artistici e letterari. La sezione “Cultura e scienze” ha visto invece primeggiare Pietro Greco, con l’opera “L’astro narrante. La luna nella scienza e nella letteratura italiana” (Springer - Verlag Italia, 2009). Greco è giornalista scientifico e autore di varie opere di divulgazione scientifica. Conduce il programma “Radio3 scienza”, mentre in passato è stato curatore e responsabile di numerosi programmi della Rai e non solo. Infine, Il Premio Nazionale Frontino assegna ogni anno un importante riconoscimento ai personaggi marchigiani illustri, che si siano distinti per opere, azioni, progetti e carriera. Questa volta la giuria ha voluto premiare il Cav. Adolfo Guzzini, Presidente di iGuzzini illuminazione Spa e il Cav. Luigi Moretti, Presidente Benelli Armi Spa. WM

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L’insosteni

di

Claudia Cinciripini

Immaginate di dover stare 20 ore al giorno in 9, dentro una cella costruita per 4, insieme a persone che parlano un’altra lingua ed hanno malattie o problemi di droga. Immaginate di dover fare i turni anche per le cose più semplici come mangiare, stare in piedi, andare in bagno, farvi una doccia. E di dovervi abituare ai cattivi odori, così come ai momenti di nervosismo e di sconforto. E poi, “immaginate come si sta la sera: anche chi riesce a dormire, difficilmente passa una notte di riposo, perché gli altri russano, perché c’è chi chiede terapie a voce alta, chi vuole guardare la tv”. Col caldo che, in estate, rende la cella ancora più invivibile. Questa situazione purtroppo non è pura fantasia: è quello che raccontano alcuni detenuti del Marino del Tronto, nel primo numero del loro giornale “Io e Caino”. Parole che fanno riflettere perché danno un’immagine concreta di ciò che significa “sovraffollamento delle carceri”, uno dei problemi più spinosi del sistema penitenziario italiano, e insieme marchigiano. Già, perché la nostra Regione ha una situazione carceraria tutt’altro che rosea, e per certi aspetti peggiore rispetto alla media nazionale. Infatti, se l’Italia conta 67.428 detenuti su una capienza regolamentare di 45.817 persone (147 detenuti per ogni 100 posti letto), nei sette istituti marchigiani vi sono stipati 1.198 detenuti su una capienza regolamentare di 775 persone, pari a 154 reclusi per ogni 100 posti letto (dati del Ministero della Giustizia al 30 settembre 2011). Le Marche hanno anche un’elevata percentuale di stranieri (42%), mentre scarsa è la presenza femminile: le donne sono solo il 3% dei reclusi e si concentrano nelle sezioni di Pesaro e Camerino.

Se ad Ascoli si fa a turno per stare in piedi, negli altri istituti marchigiani non va meglio. Tranne il caso di Fossombrone, pieno solo al 70%. Si rischia il collasso anche a Pesaro, struttura progettata per ospitare la metà dei presenti, a Fermo, con sei brande in una cella, e nella Casa circondariale di Camerino, dove nello stesso spazio convivono addirittura in 12. L’istituto di Barcaglione rappresenta invece un paradosso, con le sue 180 celle pronte da tempo e inutilizzate perché manca la polizia penitenziaria (Relazione 2010 dell’Ombusdman regionale). Ma al carcere di Ancona Montacuto va la maglia nera regionale: qui l’affollamento arriva al 227%, con 390 reclusi (al posto dei 172 previsti per legge), stipati a gruppi di tre in celle di 10 metri quadrati (Antigone, VIII Rapporto sulle condizioni di detenzione).

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Il dramma di Montacuto è tornato alla ribalta il 22 settembre scorso con la morte di un detenuto in sciopero della fame, Eugenio Riccio, deceduto 10 ore dopo essere stato dimesso dall’ospedale. Gli scioperi sono frequenti in questo come in altri istituti marchigiani: si protesta per le condizioni disumane, ma anche per la mancata distribuzione di beni essenziali come posate, saponette e carta igienica, decurtati per mancanza di fondi. L’esasperazione può condurre all’autolesionismo (nel 2010, 146 casi nelle Marche), o persino al suicidio: lo scorso anno si sono tolte la vita 4 persone, tra cui un agente penitenziario.


enibile vita del detenuto

Non è solo la carenza di spazi (e di fondi) a rendere difficile la vita dietro le sbarre. È anche la mancanza di stimoli e di progetti volti al recupero dei detenuti. “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”, recita l’articolo 27 della Costituzione. Al contrario, dopo aver scontato la loro pena in prigione, molti soggetti tornano a delinquere, mentre è dimostrato che il detenuto cui viene concessa una misura alternativa al carcere ha minori probabilità di commettere di nuovo reato rispetto a chi sconta la propria pena all’interno di una cella: trascorsi sette anni dalla conclusione della pena, il tasso di recidiva si colloca al 19% contro il 68%.

Ma se il principale canale di recupero è il lavoro, questa possibilità è offerta ad appena un detenuto su 5: nelle Marche solo 197 detenuti (il 17% della popolazione carceraria) svolgono un’attività professionale, di cui quasi la totalità alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria (cucina, pulizia, manutenzione) e il 7% alle dipendenze di un’impresa esterna. La maggior parte dei ristretti si trova a vivere invece un tempo vuoto, scandito da abitudini fisse e dall’attesa spasmodica del giorno della libertà: “Tra le sbarre prevale senza dubbio la monotonia, sinonimo di: tutto, sempre, identicamente uguale”, scrive Alessio in “Io e Caino”. Bisogna aggiungere, però, che non sempre è così. Soprattutto grazie alla sensibilità di alcune persone ed associazioni, anche questa realtà sa offrire iniziative utili e meritorie, capaci di far crescere e ridare nuovo slancio a chi vive dietro le sbarre, ampliando al contempo gli orizzonti di chi sta fuori: ne sono un esempio lo stesso giornalino di Ascoli Piceno, o i tanti altri corsi di formazione tenuti all’interno degli istituti. WM

Whymarche.com 63 PHOTO: Alessandro Silenzi


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A spasso con il campione

Primo appuntamento con la nuova rubrica nata dalla collaborazione tra Why Marche e Leonardo Isolani:

un giro tra Castelfidardo, Portorecanati e Sirolo con al volante il campione dell’Isolani Racing Team e seduto accanto a lui, uno dei “campioni” del turismo marchigiano, Ludovico Scortichini “Bello viaggiare in compagnia di due esperti viaggiatori! Entrambi girate molto il mondo, vero?” “Infatti, anche se per me, per un pilota, è un onore portare “in giro” una persona abituata a viaggiare ed esperta di viaggi. Una persona che nelle Marche ha fatto tanto e fa tantissimo … ma volevo farti la classica domanda: chi è Ludovico Scortichini? Che cosa fa?”

“Faccio “un po’ di cose”. È come a scuola, quando uno è piccolo e i maestri ai genitori dicono “Ah sì, è bravo ma potrebbe fare di più! ”. Bisogna vedere poi!Chi come me fa l’imprenditore oggettivamente “fa molto”, ma come sempre potrebbe o comunque vorrebbe fare di più. Guido un gruppo di società dedicate al viaggio ed al turismo. Nel tour operating abbiamo il core business più importante: noi vendiamo viaggi attraverso le nostre tre società in Sud America, Estremo Oriente e Oceania. Un’altra componente fondamentale del nostro gruppo è il Real Estate, soprattutto all’estero. Ci occupiamo di “riassetto” turistico, costruiamo, vendiamo, supportiamo altri imprenditori impegnati nel settore turistico quando vogliono fare investimenti nell’immobiliare. E poi c’è una piccola componente più legata alle mie passioni che è la documentaristica. Mi occupo di supporto

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logistico per Rai, Mediaset, National Geographic, History Channel e altre grandi televisioni in occasione di documentari in aree poco conosciute. La mia passione è girare il mondo ma soprattutto fare esplorazione, andare a “infilarsi” in posti dove le persone “normali” non penserebbero minimamente di andare. Ho abbinato la passione al turismo e questa parte documentaristica completa un po’ il quadro del mio piccolo gruppo”.

“ Allora lei è la persona giusta alla quale chiedere: che cosa manca per valorizzare veramente la nostra terra, il territorio delle Marche?”

“Mancano fondamentalmente due cose. Innanzitutto la strategia: qualsiasi business ha una probabilità di successo solo se si delinea, se si studia, e poi di conseguenza se si attua nei modi corretti, una strategia possibilmente decennale. Capire che cosa le Marche vogliono dare al mercato turistico da qui al 2020: dove si vuol vendere il territorio, su quale segmento, su quali paesi e soprattutto con quali modalità. Quindi, con quali strumenti di comunicazione, con quali attività di marketing, con quali partner, con quali attività di co-marketing o cross-marketing. Una seconda, altrettanto importante, è conseguenza di un aspetto che purtroppo nel DNA del marchigiano risiede in maniera indelebile: siamo un po’ troppo individualisti. Facciamo fatica a pensare che quello che ci sta a fianco non è un concorrente ma è un partner. L’idea che gli alberghi possano mettersi tutti insieme, fare rete, fare sistema e andare a vendere non più il proprio albergo ma la sommatoria dei propri alberghi, non sfiora neanche la mente degli imprenditori”.

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Una mattinata uggiosa, con la nebbia che copre un po’ le bellezze del territorio marchigiano pur non nascondendole del tutto. Un equipaggio di eccezione, pronto a partire per un viaggio temporalmente breve ma grazie al quale si toccheranno tanti argomenti importanti per tutti noi che parliamo marchigiano ma sempre di più abbiamo bisogno di una visione d’insieme che sappia guardare al nostro territorio come parte di un tutto in continua evoluzione. Tre voci che si confrontano: quella del campionissimo Leonardo Isolani, quella di Ludovico Scortichini, personaggio di spicco del mondo del turismo marchigiano ed imprenditore lungimirante che ha costruito il successo del suo brand girando il mondo e riportandone le caratteristiche più interessanti per il suo business, ed Eleonora Baldi, caporedattrice di Why Marche. Abbiamo parlato di brand di successo riferendoci alle attività di Scortichini perché quello che il nostro conterraneo ha saputo creare è un vero e proprio piccolo impero: Goasia, Goaustralia, SeaNet travel network, Progetti di viaggio, Tour2000, CheMarche!, LAS Viaggi, Scortichini e partners, AP immobiliare, Gianno srl, GoLefkas Rea lEstate.

Pronti a salire in macchina con noi? “Ci vogliono le “teste” e ci vogliono le persone capaci di fare questo lavoro. In Italia siamo un po’ “chiacchieroni”, tante parole ma pochi numeri, pochi fatti. Una curiosità, quanto “ti prende” questo lavoro, le tue idee, i tuoi progetti?”

“Secondo me, 24 ore su 24…”

ho fatto un’ora di cassa integrazione, non ho fatto un contratto di solidarietà, tutti hanno ricevuto lo stipendio sempre, puntuale, da 26 anni. Oggi bisogna rimboccarsi le maniche, questo io lo dico per me ma in verità lo dico un po’ per tutti gli imprenditori perché comunque vedo anche un po’ di voglia di “tirare i remi in barca” … e questo è molto pericoloso perché noi abbiamo un’economia abbastanza fragile. L’invito che voglio lanciare da questa macchina è: rimbocchiamoci le maniche perché oggi a passare da un territorio evoluto, un territorio ricco a un territorio povero, assolutamente “desertico”, arido, ci vuole molto ma molto poco. E se guardiamo in giro per il mondo ci accorgiamo che tanti, purtroppo, questo errore l’hanno fatto e sono passati dalle stelle alle stalle veramente in un battibaleno”.

“E mentre parliamo di cosa occorrerebbe cambiare, attraversiamo Marcelli: vuoto, desolatamente vuoto.” “Valorizzando diversamente la totalità dei nostri territori questo posto sarebbe pieno anche in questo periodo dell’anno. Ti racconto di quello che è successo con un mio partner indiano. Domenica mattina, prima di prendere il volo di ritorno, mi fa: “Ma spiegami, è successo qualcosa? “ Dico, “no, perché?”. “Mah vedo che i negozi sono tutti chiusi … Strano, ma qui la domenica non lavorate? ” Insomma, a parte questo cameo l’essenza dell’osservazione del mio collaboratore indiano individua un fatto che io rimprovero sempre ai nostri commercianti: tengono i negozi chiusi quando chi lavora avrebbe tempo a disposizione da dedicare con comodo agli acquisti. Si deve capire che per fare business si deve andare incontro al consumatore,mettersi nelle condizione di vendere ciò che vendono quando il consumatore può comprare e non viceversa. Eravamo ad Ancona e questo amico indiano è rimasto stupito dal fatto che un capoluogo di regione non fosse la “calamita” di uno shopping assolutamente congruo rispetto al periodo in cui ci stiamo calando. È un pensiero che condivido assolutamente, oltre al periodo estivo e al periodo natalizio la disponibilità del terziario dovrebbe ampliarsi anche nei periodi “di transizione” come questo. Messo a sistema, a mio avviso il nostro capoluogo di regione avrebbe più chance rispetto a tante altre città di diventare una calamita per lo shopping domenicale, di tutta la regione”.

W “Chiudiamo con una domanda leggera…Ludovico, un sogno nel cassetto?”

“Ma guarda, un mio sogno nel cassetto quando ancora ero universitario era quello di fare il batterista rock”.

“Esatto, anche se periodicamente sono costretto a “ridimensionare” il mio lavoro. Sono uno che inizia a lavorare la mattina alle 8 e finisce…quando ha finito!Ho due figli, un bambino di otto anni e una bambina di 4 che adesso cominciano un po’ a reclamarmi. La settimana scorsa ero a Londra, domenica parto per la Cina, venti giorni fa ero in India. Oggi se si vogliono portare avanti le proprie aziende e soprattutto se si ha il grande rispetto per i dipendenti che lavorano con te, il tuo impegno lo devi portare avanti. Io sempre con orgoglio racconto a tutti che in 26 anni non ho licenziato un dipendente, non

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I A F tE dA

Stufo di andare Fattelo in Casa

tv

con la

di

Anche tu sei uno di quelli che vuole, anzi deve andar al cinema a vedere Breaking Down o The avengers perché deve sentire il dolby surround sfondargli la cassa toracica? Non puoi farne a meno è! Lo so ti capisco il Cinema è una passione, che molti non capiscono ma purtroppo ai nostri tempi anche questa passione è diventata costosa e stressante e allora: come si fa? La Apple TV con qualche accessorio sicuramente ti può far risparmiare tanti bei soldini e ed evitare qualche arrabbiatura

Chris Redfield

Sei un cinefilo?

Proviamo a fare due conti:

ipotizziamo di essere un cineofilo di media portata: un film nel weekend e un film low

cost al mercoledì. In euro fanno 8,50 euro al weekend e altri 5 euro al mercoledì, per

un totale di 13,50 ai quali aggiungiamo almeno una bibita e popcorn rispettivamente

5 e 5 euro. Arriviamo già a 23,50 euro. Sommiamoci le spese per i km percorsi in auto per arrivare al cinema, tralasciando il costo del parcheggio. Rimaniamo bassi sperando di abitare vicino alla sala, quindi aggiungiamo altri 2,50 euro: siamo a 26 euro a settimana, moltiplichiamoli per 52 settimane (quelle presenti in un anno) aggiungiamo vari ed eventuali come occhialini 3D e qualche panino ogni tanto (consideriamo circa 100 euro di questi extra

1.452

euro annuali per in un anno) totale: andare al cinema! E stiamo facendo un discorso da single; pensiamo di andare con il/la partner, moltiplichiamo

3000

euro in un per due e siamo quasi a anno. Rifacciamo il calcolo per un vero appassionato di cinema, uno che di media ci va 3/4 volte a settimana: arriveremo ad una spesa

3.450

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euro da solo!E se fosse in annuale di coppia?Meglio non calcolarlo!


al cinema? Ed a tutto questo aggiungiamo che a volte questi soldi non ci sembrano proprio ben spesi! Quante volte capita di uscire dalla sala e pensare: “ma non potevo vedermelo tra qualche mese in tv questo film? Non è proprio valsa la pensa di spendere questi 8,50 euro!”. E quante altre volte abbiamo passato la metà del film a sibilare “schhhhhhhhhh!” perché nel bel mezzo di qualche scena clou c’è un cellulare che suona o qualcuno che trova qualcosa di esilarante da raccontare al suo vicino di poltroncina che inizia a ridere e sghignazzare? A volte capita di trovarsi in situazioni al limite del reale, sprecando più attenzione nel cercare di non perdere la pazienza, e di non farla perdere a chi è con noi, piuttosto che nel seguire il nostro agognato film! Ecco che a volte allora capita di riflettere su quei 1.452 euro imputati alla voce cinema e pensare di tagliare questo costo! Magari, si pensa, ci potrebbe essere una soluzione rapida, economica e molto più soddisfacente che mantenga intatto il piacere di una visione cinematografica!

Sapete perché alcuni impianti, alcuni DVD player console etc… vengono chiamati Home Theater?

Questa sigla sta a significare che quel dispositivo è stato realizzato per l’intrattenimento domestico a livello teatrale, ricreando le sensazioni del cinema. Con un pò di impegno e un minimo investimento, potreste riprodurre lo stesso effetto della sala! Mettiamo di avere a disposizione il budget annuale del cinefilo medio, single, che va al cinema due volte la settimana: 1452 euro. Ovviamente per fare l’operazione che vi sto per descrivere, dovrete disporre di un garage, un magazzino o una stanza di casa di almeno 3,5mt x 3,5mt!

Vediamo cos’altro ci serve. Prima cosa, vernice nera: dovremo pitturare di nero tutte le pareti. Ci vorranno tra rullo e vernice circa 50 euro, per avere un nero opaco che non faccia riflessi. Poi abbiamo bisogno di una moquette per il pavimento; possiamo trovarla in un qualsiasi Brico o in qualche cantiere edile. Di questa potremmo anche fare a meno, ma se vogliamo proprio ricreare l’ambiente cinema, consideriamo circa 120 euro. Cosa manca ancora? Un bel divano da 3 posti o un 5 posti!Se non l’avete già, Ikea fa al caso nostro: un divano da 3 posti bianco con gambale basso vi porterà via dal budget circa 350 euro. Ora vi serve un bel proiettore. Prima di analizzare tutte le specifiche tecniche, le qualità i migliori e i peggiori, voglio far cadere il mito del “proiettore costoso”!Lo sapete che oggi con 180 euro potete avere un proiettore con entrate Full HD? Ovviamente la resa finale non sarà esattamente quella del proiettore da 1000 euro, ma vi assicuro che la nitidezza delle immagini è da cinema! E’arrivato il momento dell’acquisto dell’Home Theater. Io ho scelto un Yamaha TH2 7+1 necessariamente con entrata ottica, altrimenti non avremo l’effetto audio da cinema. Costo: 279 euro. Pronti a rimboccarsi le maniche? E’tempo di realizzare il muro di proiezione! Sapete che non c’e’bisogno di spendere centinaia di euro per un telo e che potremo letteralmente disegnare il proiettore sul muro? Armatevi di pazienza e con stucco rendete il più possibile liscia la parete dove andrete a proiettare. Una volta compiuta questa operazione preliminare, si parte con la verniciatura con una speciale vernice da proiettore che troverete solo on line al costo di 60 euro circa per 3mt quadrati. Aggiungiamo circa 50 euro di cablaggi prese e prolunghe per attaccare il tutto. L’ultimo passo è la Apple TV che farà da centro multimediale: il suo costo è di 119 euro e la trovate da Mediaworld. La AppleTV è WIFI quindi tranquilli, anche se siete in garage lei va senza problemi! Seguite queste indicazioni e in qualche giorno il vostro Home Theater sarà pronto!

Costo totale dell’intervento: 1210 euro!

Abbiamo risparmiato 242 euro che potremo usare come Apple Gift Card per noleggiare i film on line in alta definizione a prezzi da 3,99 euro. E dal secondo anno sarà come guadagnare 1210 euro in più! WM

Non mi resta che augurarvi BUONA VISIONE!

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L’Ultima Il nostro oscuro viaggio continua e,

più che zaini in spalla, serviranno occhi ben aperti.

Non andremo molto lontani. Per ascoltare il respiro delle notti più buie basterà varcare l’uscio delle vostre tiepide case abbracciate dalle colline marchigiane. O forse anche meno…

di

Riccardo Maria Barchiesi

Dopo una lunga pausa eccoci di nuovo qua, finalmente! Allora, andiamo per ordine… ci siamo lasciati proprio nel bel “mezzo del cammin”, intrapreso mesi fa, tra i meandri oscuri della Tenebra ed ora ci ritroviamo…completamente immersi in Essa. Maila ed io avevamo un obiettivo ben preciso nel prendere le vostre mani ed incominciare a passeggiare tra i soffici pantani dell’occulto: giocare un po’ e scoprire qualcosa. Beh, il viaggio continua, ma cercherò di dare ai prossimi passi una magia un po’ diversa. Avete capito bene, io cercherò. Per quanto riguarda Maila, formalmente, non sarà più al mio fianco (pur rimanendo un insostituibile supporto per tutto quello che sarà pubblicato da questo numero in poi). Dedico a lei dunque il primo dei tanti racconti che condividerò con voi, un piccolo saluto da questa rubrica a chi ha saputo regalarci tanti dolci brividi.

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«Io sono un Figlio dell’Uomo e dell’Oscurità. Non vengo dalle pagine di un romanzo, ma da una collina che si lascia abbracciare dal mare, dalla vita reale di un luogo in cui si pensa che nessun libro possa mai essere ambientato, in cui si è convinti che niente al di fuori dell’ordinaria monotonia sia mai accaduto. La Notte è la mia prigione dorata, il mio terreno di Caccia, le mie ali e le mie catene. Sono stato bandito dalla vita, ma non dai suoi riflessi. Essa è il mio sostentamento, ma la devo prendere a chi ancora respira, poiché il battito del mio cuore ora è solo il rumore di un mio capriccio e nulla più. In me si agita la Bestia, l’atavico retaggio di una forza ancestrale e poderosa, un ringhio famelico, un odio arcano, una furia distruttrice ed oscura. Ma la mia mente pulsa ancora, come quando il sangue vi scorreva impetuoso e così è proprio l’ombra della vita a permettermi di tenere stretti i legacci attorno alla Sete della Nera Fiera. Le debolezze dell’animo di uno

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come me sono invero la sua forza. Io faccio parte dell’assurdo e l’assurdo fa oramai parte di me, in un legame eterno e distorto, notte dopo notte. E l’assurdo ancora una volta mi ha mostrato che non vi sono limiti da mostrare. Intravedo i profili della costa e ripenso a quante volte ho guardato il Monte con occhi diversi da ora…forse mai. È buffo pensare a come lo sguardo di un Maledetto possa cogliere una poesia straziante e profonda come il docile frusciare dei pini sul mare, mentre quelli di un Figlio di Dio indugino piuttosto sui manifesti delle discoteche o su un vestito alla moda. L’Uomo è transitorio come ogni sua creazione, ma chiunque viva pensa di poterlo fare in eterno e si lascia sfuggire la magia infinita di un istante vissuto realmente. Un istante come quello che sta per invadere ogni mia molecola, ogni mio ulteriore pensiero.

L’alba è tersa, sincera. Farò in modo che il suo abbraccio inondi ogni angolo di ciò che resta della mia anima, memore di quel Bacio che mi guidò nell’oscurità, senza permettermi il ritorno. Quando accadde, non volevo neanche, tornare. Ma così come le stelle squarciano la notte e s’affacciano al mondo per donare il sorriso del loro spirito, così durante uno splendente novilunio incontrai quello sguardo. Non ricordo più cosa accadde, cosa pensai, che dissi. Impressa nella mia mente è rimasta una brillanza spirituale, interiore, nobile e gentile, discreta e carnale, celestiale ed incontenibile. La bellezza e tutta la sua verità marchiarono allora la mia essenza più intima, laddove nemmeno la Carezza del Crepuscolo era giunta. Il resto del tempo è stato un dettaglio, un fraseggio assente. Decenni, secoli, millenni. Che importa? Ho visto queste colline mutare sotto la prosopopea degli uomini, ho visto


Alba

lupi e cinghiali sparire per poi tornare, ho visto spiagge nascere forzatamente e altre venire sbranate da un mare sempre più affamato. Ho visto la necessità delle reti dei pescatori, poi la vacuità delle musiche dagli altoparlanti, fino alla finta premura dell’odore al cocco delle creme solari. Sono stato chiamato con mille nomi, poi dimenticato, poi ancora riesumato dall’oblio solo perché avevano troppa paura di rischiare di dimenticarsi il mio volto ed ora lo hanno fatto realmente. Ma lei intanto era passata attraverso la mia esistenza, come una cometa. E così era scomparsa. Se il destino avesse disposto diversamente le sue carte, se avesse lanciato altri dadi... Ma non mi è dato di sapere, non è mia la capacità di discernere certe trame, tanto meno di annodarle e scioglierle secondo la mia volontà. Ed ora sono qui, sulla mia amata spiaggia di sassolini e brezza serena, sul confine

dell’Ultima Morte, con la mia nemesi negli occhi ed un volto di donna nel cuore. Mi fosse data un’altra occasione, percorrerei un’altra via? Non lo so. I miei innumerevoli cieli stellati sono stati meravigliosi. Belli e maledetti. Ho imparato a sorridere del bene e del male. Ed è giunto il momento che io ascolti quella voce che ha sempre sussurrato sommessamente il mio nome. Al di là di quell’orizzonte sempre più luminoso, il mistero. Sulla linea maledetta, la paura, il dolore, il silenzio. L’alba è tersa, sincera. L’ultima, per me. La prima, agli occhi di ciò che sono ora, ancora per poco.» …non sono altre storie di vampiri, mannari o fantasmi. Sono le eco delle parole dell’ombra. Una risuonante certezza che sa bagnarsi del miele dell’inganno per scivolare più a fondo nell’anima. Sono il lascito di furtivi commensali, seduti nell’angolo più

cieco della luce, che per un attimo sembrano sorriderci. Sappiamo immaginare i baratri dell’abisso e popolarli delle più terrificanti forme solo per poter sorridere della distanza sdraiata fra noi ed un’altra paura esorcizzata. Non sappiamo accorgerci però che l’unico vero artefice di prigioni infernali porta un nome noto. Non ha bisogno di lacerarci le membra, forarci le vene, strapparci l’anima. Sa agire mentendo alle carni. Invisibile a chi non sa guardarlo in faccia. E nella notte in cui il buio che ci guarda dentro sarà insopportabile tanto da cercare il sonno nel conforto della luce artificiale, non ci sarà più alcuna porta da chiudere alla nostre spalle, nessuno spioncino a rassicurarci, nessun antro a rischiararsi, nessun mostro fiaccato dall’illuminata veglia. Solo noi. Ed il lascito di furtivi commensali, seduti nell’angolo più cieco della luce, che per un attimo ci hanno sorriso…col nostro stesso volto. WM

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La perla del beach wear,

incastonata tra montagne marchigiane Maurizio Fogante, Gianni Offidani e Romano Rossi: tre imprenditori, un grande successo Se si pensa alla moda mare, si fa fatica a pensare che una delle aziende più forti in questo settore abbia la propria sede a Sarnano. E invece proprio qui abita la Smart Trade, che vanta più di 3.000 clienti tra Italia ed Estero e conta di chiudere l’anno in positivo, con un aumento di fatturato del 12% rispetto all’anno precedente: un segnale forte e quasi unico in un panorama come quello attuale. E come si ottiene un risultato come questo? Sposando il cuore marchigiano, fatto di cura dei dettagli e di prodotti di qualità, con una visione internazionale che ha compreso l’importanza di aprirsi a marchi, stilisti e mercati ad di fuori dell’Italia. La Smart Trade ha saputo partire dalla piccola Sarnano, cittadina nascosta tra le montagne marchigiane, ed arrivare alle passerelle più importanti del beach wear, portando un pezzetto delle nostre Marche alla ribalta di un settore attento e in continua evoluzione come è quello della moda.

Hotsand, il brand della maison nato nel 2002, è riconosciuto oggi come uno dei marchi più importanti nel settore delle calzature da mare e accessori moda, con prodotti diffusissimi in Italia e all’estero. L’originalità delle collezioni Hotsand Dream e Ciabattine ha dato un grande impulso a produzione e fatturato aziendali permettendo una copertura sempre più capillare della distribuzione ed investimenti sempre maggiori anche in marketing e comunicazione. Due linee che rappresentano i punti forti dell’azienda: uno stile giovane e glamour, un mood allegro e spiritoso, uno spirito fresco e leggero; forme e modelli moderni che si sposano con i colori dell’estate ed i materiali di ultima generazione, per un perfetto look adatto ad ogni situazione. Ma la Smart Trade è in continua evoluzione, alla ricerca di nuove proposte, nuove tendenze da lanciare e nuove opportunità di mercato da creare e sfruttare. Alla famiglia Hotsand si è infatti unita la nascente linea Sofia Piani. Una collezione ricercata, dove femminilità e leggerezza si uniscono ad uno stile giovane ed attuale per un perfetto mix tra sensualità, fascino e delicatezza:un look sofisticato e delicato. Linee più grintose e vivaci e modelli glam-chic sono invece dedicati alle donne eleganti e raffinate, ma versatili e attente alle nuove tendenze.

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E non finisce qui!Seguendo una logica di internazionalizzazione attenta e creativa, la Smart Trade ha siglato l’accordo di licenza con il brand Agatha Ruiz de la Prada per la produzione e la distribuzione della linea di costumi e calzature coordinate. Interpretare il brand Agatha Ruiz de la Prada nel beachwear e nelle calzature coordinate sarà una sfida affascinante, che la Smart Trade saprà portare avanti con entusiasmo e determinazione per crescere ancora e costantemente nel tempo.



E venti

di

Eleonora Baldi

Un nuovo progetto discografico ci offre l’opportunità di incontrare Tania Montelpare, in arte Lighea. Lei che ci ha emozionato con le sue canzoni, lo fa anche con queste parole in cui ci racconta la purezza del suo essere artista

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Essenza

Incontro Tania in un bar di Campiglione di Fermo. Entra sorridente salutando le bariste come una qualsiasi ragazza del paese. In realtà l’avevo già incontrata a un suo raduno. Ammetto, non ero una sua fan; nel momento in cui calcava i palchi dell’Ariston e delle altre importanti manifestazioni canore italiane ero ancora troppo piccola per interessarmi alla musica. Conoscevo i suoi cavalli di battaglia, ma a quella serata sono andata quasi per caso. E il caso mi ha fatto un bel regalo. Mi ha permesso di conoscere una grande donna, prima ancora che una grande artista. Qualcuno che è passato attraverso la tempesta mediatica del successo ma non ne è stato scalfito nell’anima. Ne ha preso il meglio e lo ha fatto proprio. Seduta al tavolo del bar ascolto ogni sua parola. Non c’è volontà di promozione dietro i suoi discorsi, non c’è forzatura dietro quello che dice. Innamorata della sua terra, del suo lavoro e del pubblico che la segue, Lighea ci racconta un po’di se e del suo nuovo lavoro.

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A breve potremo riascoltare la tua meravigliosa voce con un nuovo album. Ti va di darci qualche anticipazione? “Il nuovo lavoro partirà dal colore bianco, colore che esprime sentimenti puri e sinceri, simbolo di purezza e sacralità. Da questa purezza si comporrà successivamente una tavolozza di colori a simboleggiare il senso, l’anima di ogni canzone. A livello di arrangiamenti, ogni traccia sarà unita all’altra da un filo conduttore legato a ciò che fa parte della nostra quotidianità, ai rumori, agli elementi della natura e della vita. Saranno 6 inediti ognuno con un significato importante. Una cosa particolare abbiamo voluto inventarcela per il video del primo singolo che sarà“Le Viole”ed uscirà a fine Gennaio 2012. Confusi da falsi miti, dall’apparire e assuefatti dal correre, abbiamo costruito una società schiava di false ritualità, che svuotano di significato ogni gesto. Oggi finalmente si respira nell’aria la voglia di ritornare a nutrirsi dell’essenziale, di“…Terra e sole, come le viole…”. Per questo motivo, ho voluto che il video coinvolgesse 100 persone che provenissero appunto dalla quotidianità, non fossero insomma professionisti. Ho creato un contest su facebook e abbiamo estratto a sorte 100 volti. Dalla metà di dicembre partirà un secondo concorso sempre legato a Le Viole. Di questo videoclip noi gireremo soltanto due minuti, poi continuerà a scorrere la musica ma lo schermo rimarrà bianco; a questo punto potranno avere spazio le idee di tutti quelli che vorranno partecipare e terminare il video, con

qualsiasi tecnica. Il videoclip sarà scaricabile da internet, potrete trovare tutte le indicazione su www.lighea.it, e una volta completato dovrà essere spedito alla produzione entro e non oltre il 15 Gennaio. Ne sceglieremo uno che diventerà il video ufficiale e quelli più belli invece verranno inseriti in un dvd in allegato all’album”. Quando si diventa famosi di solito si lascia il proprio piccolo paese per le grandi città, dove le opportunità sono maggiori. Tu non l’hai fatto: perché questa scelta? “Questa è la mia terra, ci riconosco me stessa. Stare qua è un’altra cosa: qui sono io. E’una questione di profumi. Io amo girare il mondo, assorbire culture diverse, riempirmi occhi ed anima di un ritmo diverso, di pensieri e movimenti differenti. Però poi devo riportarmelo qua: vado, mi arricchisco…ma non serve a niente se non posso riportare quanto ho imparato alle mie radici, dove sono cresciuta dove ci sono i profumi che sento da quando sono piccola, dove vedo dettagli che mi accompagnano da sempre”. Quant’è cambiato il tuo approccio con il fare musica e con il tuo pubblico dall’inizio della tua carriera ad oggi? “Adesso il mio rapporto sia con la musica che con il mio pubblico è molto più vero. Essendo fatto meno di“fama”, di televisione, di popolarità mediatica in generale, so che chi mi segue lo fa perché veramente stima quello che penso, quello che scrivo e suono, quello che dico. Prima non era così. Uscivo sul palco e

vedevo scene di fan che quasi si strappavano i capelli; ma in realtà, quanto era effettivamente per me? Non mi conoscevano, praticamente neanche parlavo, non sapevano certo quello che pensavo o, almeno un po’, com’ero. E questo a me non piaceva: era qualcosa di vuoto e sterile. Non erano lì per me, ma per quello che in quel momento rappresentavo. Il cantante che è in voga adesso, potrebbe non esserlo più nello spazio di pochi mesi; ma la persona rimane, non cambia a seconda del successo o della posizione che ha in classifica. Per me tutto ha un senso, nel momento in cui è legato a me come persona, non a me come artista: per me l’uno e l’altro sono la medesima cosa, io sul palco sono la stessa che la mattina quando mi alzo!” Si tende a pensare che quando sale sul palco l’artista indossi una maschera, diventando quello che il pubblico ama. Una cosa che a quanto ci dici, però non fa parte di te. “A me semmai è successo il contrario. Salire sul palco è stato un momento di riscatto personale. Ho vissuto un’infanzia non semplice, fatta di momenti di solitudine. Per me era molto importante essere amata ed accettata per quello che sono. Non avrei mai potuto indossare una maschera. Ho lavorato tantissimo su me stessa, sulle mie fragilità. Andare sul palco e mettere a nudo il tuo vero te stesso non è affatto semplice. Si vive un momento nel quale si può veramente essere annientati. Però, è un attimo di grande verità che ti ridà in cambio un grande amore, un grande affetto, una comunicazione

di musica e vita intensissima. Insomma, il tuo pubblico, quello che ha scelto te come Tania non come Lighea, diventa una famiglia, perché si riesce ad entrare in intimità a creare una sorta di magia. Non è più nella canzone in sé che si crea l’attenzione ma nel fluire di energia in un dare/avere continuo”. Cosa dobbiamo aspettarci dal tour che partirà dopo l’uscita del tuo nuovo lavoro discografico? “Voglio portare la mia musica nel territorio, fin nelle piccole realtà. Quindi entrare nel circuito dei media e delle organizzazioni di eventi locali. Insomma, vorrei fare il contrario di quello che i grandi nomi di solito fanno, prediligendo solo le apparizioni nazionali anche se alcune andranno fatte. Io vivo il mio lavoro come una missione; anzi penso che ognuno di noi abbia il compito di contribuire con la sua professione a realizzare una crescita globale. Tutto deve essere interpretato con un’ottica e una responsabilità legata non solo alla realizzazione personale ma a qualcosa di più ampio: se ognuno fa il suo piccolo, il quadro che si crea sarà molto diverso. Essere di stimolo al cambiamento anche solo di un’altra persona è già fare qualcosa di importante”. WM

PHOTO: Eleonora Castelli

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G ossip

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Per quasi tutti, loro sono La Dama Bianca e l’Airone o per chi lo preferisce, Il Campionissimo. La loro è stata una storia che ha appassionato e allo stesso tempo disgustato l’Italia anni’50, quando Giulia Occhini veniva considerata “l’altra” , amante e madre di un figlio illegittimo e per questo disprezzata, giudicata e condannata dall’Italia di quei tempi. La Dama Bianca, un soprannome che le fu dato da una giornalista francese, ed ancora, a distanza di più di 60 anni, per tutti Giulia Occhini resta solo l’amante di Angelo Fausto Coppi.

Silvia Santarelli

Fausto&Giulia un amore anche di casa nostra Ma quella tra i due, fu una grande storia d’amore, che avrà pur disgustato, ma allo stesso tempo anche fatto sognare in segreto, molte casalinghe italiane che conservavano i numeri del settimanale Oggi con le foto che provavano l’amore, quello vero, tra Fausto e Giulia. Ad Ancona Giulia Occhini fu ospite di sua zia Dina per cinque anni: iscritta nei registri dell’anagrafe dal 23 ottobre 1940 al 30 ottobre 1945. Nel capoluogo marchigiano La Dama Bianca portò anche a termine gli studi. Vi ritornò in seguito, insieme a Coppi, dopo che il tribunale di Alessandria l’aveva condannata, per abbandono del tetto coniugale, al soggiorno obbligato ad Ancona. Ma a segnare il suo destino, furono altre città delle Marche. Giulia aveva 22 anni, quando gli ultimi giorni di agosto del 1945, incontrò a Senigallia Enrico Locatelli, 37 anni, ufficiale sanitario della città di Fano e grande tifoso di Fausto Coppi, durante una passeggiata sulla spiaggia di velluto. Per il dottor Locatelli fu amore a prima vista. Giulia ne parlò con


nella storia di Fausto e Giulia

Le Marche, una splendida cornice sua zia Dina, che viveva ad Ancona, in via Urbino, al civico 4, insieme al marito ferroviere Caimmi Carlo. Dina era casalinga e sognava per Giulia un futuro agiato, anche per questo le aveva consigliato di sposare un medico, con lui avrebbe sicuramente avuto una vita più semplice. La proposta di matrimonio di Enrico Locatelli arrivò due settimane dopo la loro conoscenza, nella spiaggia di Numana, quella stessa spiaggia dove La Dama Bianca tornò sola anche il giorno prima del matrimonio: Giulia Occhini sposò Enrico Locatelli nel Municipio di Loreto alle 10 del 26 settembre del 1945. I coniugi Locatelli si trasferirono a Varano Borghi, in provincia di Varese. Il 13 settembre del 1954, nove anni dopo e dopo quattro giorni di carcere, Giulia Occhini da esiliata torna ad Ancona, a casa di sua zia Dina. Ma l’amore tra i due, era talmente forte che niente e nessuno riuscì a separarli. Giulia aveva l’obbligo di dimora da sua zia ed ogni domenica doveva presentarsi in Questura a firmare il registro delle presenze. Fausto, per non lasciarla sola, aveva trasferito il ritiro della Bianchi, la squadra con la quale correva, all’Hotel La Fonte di Portonovo, sulla riviera del Conero. E proprio i giorni che i due, in barba alla legge trascorrono insieme nelle Marche saranno per loro indimenticabili. Le giornate di fine estate trascorrono veloci tra bagni al mare, allenamenti, riunioni di pista, ma Fausto rientrerà sempre, per non fare dormire Giulia da sola. In una stanza dell’Hotel la Fonte, Giulia e Fausto concepiscono Angelo Fausto Coppi detto Faustino, che nascerà a Buenos Aires il 13 maggio del 1955. Faustino, che attualmente possiede il doppio passaporto italiano e argentino, fu fatto nascere in Argentina per poter ricevere il cognome“Coppi”, poiché Locatelli si rifiutava di disconoscerne la paternità. Nelle sue frequentazioni anconetane, L’Airone aveva avviato una trattativa per acquistare il ristorante La Caravella, sulle cui ceneri sorge ora un complesso edilizio. Nei progetti della coppia, c’era quello di trasferirsi nel capoluogo marchigiano. Un sogno che non si avverò mai: Angelo Fausto Coppi morì il 2 gennaio 1960, a poco più di quarant’anni. Giulia Occhini si è spenta il 6 gennaio del 1993 dopo quasi un anno e mezzo di coma in seguito alle lesioni subite in un incidente automobilistico avvenuto proprio davanti a Villa Coppi, a Novi Ligure. WM

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esistere

a Sre bre nica di Giampaolo Paticchio

La storia del genocidio nella città martire della Bosnia, nel racconto di una sopravvissuta che non si è arresa e che denuncia ad alta voce i responsabili ancora impuniti. Hajra Catic, nel mese di ottobre, è stata ospite delle Marche, testimone di un immenso crimine umanitario

*

“Dio non voglia che vi troviate mai nella situazione di dover essere protetti dalle Nazioni Unite”, dice Hajra con un sorriso mesto. Così si dice dalle sue parti, dove questa suona come la più sincera delle benedizioni. La storia di Hajra ha il suo punto di non ritorno in una notte ben precisa, in un angolo maledetto della Bosnia. Correva l’anno 1995 e di lì a pochi mesi, la guerra che stava polverizzando la ex Jugoslavia sarebbe ufficialmente finita. Ma solo ufficialmente. Perchè quello che accade nel cuore e nella testa delle persone, quando sono sopravvissute all’esplosione di mine e granate, al tiro incrociato dei cecchini, alla violenza sessuale di sconosciuti in divisa, alla morte in diretta di madri, padri, mariti, figli, è un incubo che non finisce mai. La morte ti si radica dentro e, anche a trattato di pace firmato, occupa militarmente la tua memoria e prende possesso dei tuoi sentimenti, delle tue emozioni, dei tuoi comportamenti, dei tuoi sogni.

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Hajra Catic è musulmana e

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allora come oggi, viveva a Srebrenica, dove lavorava in municipio. Un posto dove, prima della guerra, serbi, croati e musulmani convivevano come membri di un’unica comunità; e all’epoca Hajra era addirittura scandalizzata quando notava qualche caffè frequentato esclusivamente da serbi

o qualche osteria per soli albanesi del Kosovo. In ogni caso, non avrebbe mai immaginato quel che sarebbe successo all’inizio degli anni 90. La città,

oggi, rientra nella Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina, una delle tre entità politiche in cui gli accordi di pace di Dayton, dopo la guerra, hanno frazionato la Bosnia. Era stato il 1991 l’irreversibile punto d’inizio di un

conflitto che, sotto la spinta della crisi economicosociale e della perversa ambizione dei leader politici delle repubbliche confederate nella Jugoslavia,

avrebbe smembrato ciò che Tito aveva tenuto insieme. I rispettivi nazionalismi, mistificati come prodotto delle tensioni etniche, stavano riuscendo

a infiltrare l’odio laddove c’era stata una naturale convivenza tra popoli e religioni diverse. Dal‘93, in seguito a un’offensiva serba che aveva costretto al ritiro le forze bosniache, Srebrenica era stata posta sotto il controllo e la tutela dell’ONU, che aveva inviato sul luogo tre compagnie olandesi di caschi blu. Nonostante ciò, il 9 luglio del 1995, le truppe serbo-bosniache guidate da Ratko Mladic entrarono nella città, dove oltre agli 8.000 abitanti musulmani si erano radunate altre 30.000 persone dai territori circostanti, in virtù della“zona protetta”(la maggior parte dei serbo-bosniaci, invece, si era trasferita altrove già all’inizio della guerra). Ed è proprio a partire da qui che si dipana l’incredibile storia testimoniata da Hajra. “L’11 luglio Mladic era nella piazza di Srebrenica, accolto come un messia dai pochi serbo-bosniaci rimasti. Esiste un filmato di quella mattina: lui cammina tra i bambini distribuendo loro caramelle, mentre rassicura tutti sulle buone intenzioni del suo esercito. Io ero a un metro da lui e rabbrividivo, sentivo che sotto la cenere covava il fuoco. Anche i caschi blu si trovavano in quella

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piazza. E guardavano, senza battere ciglio. Quella stessa notte, a telecamere spente, sarebbe stato consumato un genocidio. Fu mio figlio a dare per primo l’allarme. Faceva il giornalista e, poche ore prima del massacro, tornò a casa tutto trafelato e mi avvertì che qualcosa non tornava. Veniva dalla ex fabbrica del rame, dove al piano di sotto era stanziato il comando delle Nazioni Unite. E mentre lui, al primo piano, dove da qualche tempo si era sistemato con un gruppo di radioamatori, comunicava via radio l’arrivo di ingenti forze serbe nella città al suo giornale, aveva sentito i caschi blu olandesi diramare dispacci in cui si affermava, invece, che non era successo niente di nuovo e che la situazione era tranquilla. Mio figlio e altri giovani del paese, primi potenziali bersagli dell’ operazione di pulizia etnica che aleggiava nell’aria, si diedero alla fuga nei boschi intorno alla città. Avrebbero fatto tutti una brutta fine, compreso mio figlio, braccati da un’asfissiante caccia all’uomo o saltati in aria sulle mine di cui le colline erano

state disseminate”. Nel frattempo quella notte, con un passaparola fulmineo, il sospetto si era diffuso tra tutti e in poche ore circa 25.000 persone, la maggior parte della popolazione musulmana, diffidando dei benevoli proclami del generale e confidando nella tutela dei soldati olandesi, avevano abbandonato le proprie case e si erano dirette verso la fabbrica, quartier generale ONU, sistemandosi con mezzi di fortuna dentro e fuori dai capannoni. Come agnelli diretti inconsapevomente verso il macello, i musulmani di Srebrenica si erano volontariamente radunati in un unico recinto, pronti per la mattanza, sotto l’occhio inspiegabilmente inerte di un pastore irresponsabile. E, in un modo o nell’altro, complice. “Le truppe di Mladic fecero irruzione nella fabbrica e dopo aver separato le donne, gli anziani e i bambini fino ai dodici anni da tutti gli altri, fecero salire tutti i primi su dei pulman, per deportarli altrove, e fecero incamminare gli uomini e i ragazzi verso la cima della collina, dove c’era una torretta della corrente elettrica. Mio marito era tra questi ultimi. Cercai di seguirlo, perchè era malato. Ma i serbi mi trattennero e mi spinsero verso una delle corriere; così lo vidi sparire dietro il mucchio dei sacchetti e degli zaini che i soldati intimavano ai prigionieri di abbandonare. Si è calcolato che


fossero circa 8.372 persone. Furono uccise tutte quella stessa notte, fatte a pezzi e sparpagliate in decine di fosse comuni, molte delle quali ancora non riesumate, anche se ormai localizzate. Tutto questo davanti a 3 compagnie di caschi blu olandesi, che non mossero un dito. Erano là per proteggerci e non ci hanno protetto. Solo guardato”. Le successive inchieste non hanno mai individuato responsabilità personali tra chi era preposto alla tutela di Srebrenica, né svelato il perchè di quell’inerzia; tranne la debolissima versione ufficiale, secondo la quale i 600 caschi blu non erano militarmente preparati per affrontare quella situazione. Cosa erano andati a fare, allora, a Srebrenica se non erano in grado? E perchè i comandi ONU a Zagabria non autorizzarono l’intervento aereo americano ripetutamente richiesto dal colonnello olandese Karremans, né prima né durante il genocidio? “La mia associazione,“Donne di Srebrenica”, nata a guerra finita, ha chiesto di incontrare quei caschi blu e, dopo molte reticenze, è finalmente accaduto, due anni fa, in Olanda. Volevamo chiedere loro: perchè? Ma l’incontro fu inutile, frustrante. Era evidente che i soldati avessero l’ordine tassativo di non aprire bocca e i loro capi ebbero per noi solo parole di circostanza, diplomatiche ed evasive”. È convinzione di molti parenti delle vittime e di diversi giornalisti, che successivamente indagarono su quei fatti, che la presa e il genocidio di Srebrenica siano stati,

invece, la lugubre merce di scambio con la quale le Nazioni Unite avrebbero ottenuto la fine della guerra, oltre che la liberazione dei caschi blu fatti prigionieri dai serbi qualche mese prima. La“scomparsa”dell’unica enclave musulmana in quella zona della Bosnia, infatti, avrebbe reso più facile la spartizione territoriale che si sarebbe poi realmente verificata con gli Accordi di Dayton che, qualche mese dopo, sancirono la cessazione del conflitto. Srebrenica segna la pagina più sanguinosa della storia europea dopo la II° Guerra Mondiale. Eppure le maggior parte delle fosse comuni non sono ancora state portate alla luce, quindi non è stata identificata la maggioranza delle vittime. Eppure le colline intorno alla città non sono mai state sminate. Eppure la sentenza del 2007 della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, pur riconoscendo che fu genocidio, non ritiene imputabile la Serbia, mentre persegue la responsabilità personale di pochi, tra cui Mladic, arrestato e sotto processo. Eppure il parlamento serbo solo nel 2010 ha approvato, con appena 127 voti a favore su 250, una condanna per il massacro di Srebrenica, in cui non compare mai la parola“genocidio”. Eppure su quei terribili fatti vigono ancora silenzi, reticenze e impunità. “Ci sono andata da sola sulla collina, in mezzo alle

mine, senza chiedere il permesso alle autorità, proprio nel posto dove un sopravvissuto ritiene di aver visto mio figlio mentre veniva colpito dalle pallottole. C’erano scarpe, vestiti e un teschio. L’ho preso e portato ad analizzare in un laboratorio pubblico: mi hanno detto che avevo fatto una cosa vietata.“Sono 16 anni che aspetto che siate voi a farlo”, gli ho risposto. Tutte le autorità cercano di cancellare, di insabbiare, di far dimenticare. Persino Carla Del Ponte, all’epoca responsabile presso L’Aja per la Bosnia, ordinò la distruzione degli oggetti ritrovati nelle fosse comuni e appartenenti alle vittime. Potevano servire a identificare i morti, costituivano prova. Ma, soprattutto, erano le uniche cose che rimanevano dei nostri cari. E loro le hanno fatte sparire. Motivi sanitari, hanno detto”. Ma ricordare è esistere. Così le“Donne di Srebrenica”non si sono arrese nella loro denuncia permanente, che ri-crea la Memoria. E hanno lanciato il progetto“Pilastro della vergogna”, che ha come obiettivo la costruzione di una scultura che immortali le responsabilità di politici e militari occidentali. Philipp Ruch, direttore del“Centro per la Bellezza Politica”di Berlino e partner del progetto, in una lettera al segretario Ban Ki-moon, scrive:“Abbiamo deciso di sostenere le madri di Srebrenica accusandovi, ma non davanti a un giudice”. Piuttosto con un monumento: due gigantesche lettere,“U”e“N”, quelle delle Nazioni Unite, verranno riempite con 16.744 scarpe delle vittime di Srebrenica, Tuzla e Sarajevo, in memoria delle vittime del genocidio. E magari, un giorno, saranno esposte davanti al Memorial Center, che Hajra e le altre hanno fortemente voluto di fronte alla fabbrica del massacro. “Oggi, a Srebrenica, tutti vorrebbero tornare a convivere come 30 anni fa. Anch’io, quando ho bisogno, chiamo l’idraulico e l’elettricista serbi. E ho rapporti normali con loro. Ma non si parla mai del genocidio tra noi e loro. È un tabù. Così come, nei programmi scolastici delle scuole serbe, Mladic è un eroe; mentre nelle scuole musulmane è un assassino”. La storia, invece, è unica. E nessuna convivenza sarà duratura senza verità. WM

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