Librosolidale 2006/7

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Associazione Xmas Project ONLUS Via Luigi Settembrini, 46 20124 Milano Numero Verde: 800 180 406 Fax: 02 68 80 402 info@xmasproject.org www.xmasproject.org

Gongod

Per contattare l’Associazione e partecipare al progetto:

È il regalo che vogliamo farci quest’anno a Natale. E che abbiamo scelto di farci per tutti i prossimi Natali...

Gongode, Etiopia

L’Associazione Xmas Project è nata nel settembre del Duemilauno. I soci fondatori sono Roberto Bernocchi, Dario Bertolesi, Elena Casadei, Francesca Castelnuovo, Francesca Colciaghi, Alberto Cometto, Maurizio D’Adda, Jacopo Dalai, Matteo Fiorini, Filippo Marconi, Benedetta Nocita, Sarah Nocita, Sara Panizza, Renato Plati. ll Gruppo Media, azienda di arti grafiche, e Arachno, Web Agency, sono partner del progetto.

Xmas Project | Librosolidale 2006

L’Associazione Xmas Project

Il Librosolidale Il libro che state tenendo in mano è un libro speciale. È un “Librosolidale”. Non è in vendita, ma se lo desiderate, potete contribuire a crearlo, a diffonderlo e soprattutto a finanziarlo. Il Librosolidale è il frutto dell’impegno di molti. Questi molti sono il Xmas Project. Un’Associazione costituita per dare sostanza e realtà a microprogetti di solidarietà, in giro per il mondo, là dove c’è del bisogno. Chi vuole sostenere il progetto, e quindi aderire al Xmas Project, prenota una certa quantità di Librisolidali e versa un contributo proporzionale alle copie ricevute. Potrà così utilizzare i libri come doni, in occasione del Natale, trasformandoli in ambasciatori del progetto stesso. Non solo: questi doni saranno particolari, perché conteranno qualcosa di “proprio”. Perché chi aderisce al Xmas Project contribuisce in prima persona alla costruzione del Librosolidale, fornendo un proprio contributo: una foto, uno scritto, una poesia, piuttosto che semplicemente la propria firma. Se avete ricevuto questo libro in dono da qualcuno, sfogliatelo: vi troverete un suo segno. L’aspirazione, di Natale in Natale, è quella di costituire una Collana di solidarietà. Contattateci: è questo il regalo che anche voi potete donare e donarvi il prossimo Natale.

Xmas Project 2006 Gongode, Etiopia, Africa. In uno dei dieci Paesi più poveri del mondo l'accesso all'acqua è ancora un privilegio di una minoranza della popolazione. Acqua: parliamo di quel liquido che si beve e che bevono gli animali che alleviamo; che serve per irrigare i campi; che serve per lavarci e per motivi sanitari; per creare energia e per altri centinaia di usi. A Gongode, nel South Omo, vivono 30mila persone, in gran parte appartenenti al gruppo etnico dei Maale, uno dei gruppi sociali più poveri della regione. La distanza media tra gli insediamenti umani e un punto di acqua è di 3-4 ore. Col Progetto di quest'anno, elaborato dall'Associazione Omo e sviluppato in concorso con la Chiesa Cattolica del Gamo Gofa, ci proponiamo di finanziare la costruzione di dieci bacini artificiali per la raccolta di acqua piovana.

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“E se non puoi la vita che desideri cerca almeno questo per quanto sta in te: non sciuparla�

Costantino Kavafis



Xmas Project “

Xmas Project è il regalo che vogliamo farci a Natale. E che abbiamo scelto di farci per tutti i Natali. Ci siamo regalati un’idea, la speranza e il coraggio di farla diventare realtà. Le abbiamo dato un nome, Xmas Project, l’abbiamo fatta diventare Associazione, le abbiamo consegnato un compito da portare a termine; faremo un libro, diverso ogni anno. Tutti coloro che desiderano farsi questo regalo: sono loro il Xmas Project. L’idea nasce dalla necessità di dare una soluzione a un vecchio disagio, a un bisogno che non aveva ancora trovato risposta: il disagio del regalo inutile, della forma che ha perso significato, del piacere di donare divenuto sterile. Tutti noi facciamo regali diversi, in occasione del Natale: regali colmi di affetto, regali innamorati, regali pazientemente cercati, regali che non potevamo non fare, regali riciclati, regali “socialmente corretti”, regali di rappresentanza, regali frettolosi. Mille regali. Tanti soldi. Un vecchio e trito discorso. Che si lega a un’altra, solita, considerazione: l’inimmaginabile divario fra il tanto che noi sprechiamo e il poco che altri non hanno. Xmas Project si sostituisce al regalo di Natale, diventa dono, si fa libro che propone un’idea e che contemporaneamente la realizza. Perché il libro racconta di se stesso, del progetto di aiuto che, con i suoi proventi, riesce a realizzare e raccoglie i volti, le frasi, i disegni, le speranze di tutti coloro che hanno contribuito ad esso. Puoi scegliere anche tu di regalare e regalarti il Xmas Project, è molto facile: basta credere in un progetto di solidarietà; scegliere all’interno della tua cerchia di parenti, amici, conoscenti, clienti i destinatari di questo dono; quindi acquistare le copie del Librosolidale, alla cui realizzazione hai partecipato con un tuo segno, e contribuire così alla realizzazione del progetto, da un lato finanziandolo, dall’altro diffondendolo.

Milano, settembre 2001


Dopo essere tornati a casa (Milano) con il Progetto dell'anno scorso, esperienza profonda che vi ha visto come sempre straordinariamente coinvolti e generosi, riprendiamo il nostro ideale giro intorno al mondo. L'obiettivo è come sempre quello di finanziare un concreto programma di aiuto, di raccontarvi il contesto nel quale verrà sviluppato, di raccogliere in questo libro i vostri contributi creativi, che dal Progetto stesso trovano ispirazione. Dopo l'esperienza in Niger per il Natale 2002, facciamo ritorno in Africa, in Etiopia, uno dei dieci Paesi più poveri del mondo. Lo facciamo per finanziare un progetto che, in quanto a concretezza e aiuto a soddisfare bisogni primari, probabilmente supera tutte le nostre precedenti proposte: costruire dei pozzi, dieci bacini artificiali per la raccolta di acqua piovana, in una zona dove intere popolazioni vivono a tre, quattro ore di distanza da un punto di acqua.

Oggi, quando guardiamo i nostri figli crescere in un livello di benessere assoluto, quando constatiamo il grado di consumismo raggiunto dalla nostra società, ci troviamo persino a ragionare sulla “sostenibilità” di tali piccoli richiami. Possono ancora essere “comprensibili” per chi nasce e cresce con i computer, le tv satellitari e gli ipermercati, con le auto multiaccessoriate e i telefonini multifunzione? Oggi abbiamo paura che non capiscano e che pensino che scherziamo. Domani, quando scopriranno la verità, ci meriteremmo il loro sconcerto e magari la loro riprovazione per la nostra incapacità a fare qualcosa. Forse lo realizzeranno loro, veramente, il mondo più giusto. Insomma, noi “abbiamo sete di acqua per chi non ce l'ha”. Voi di cosa “avete sete”? Ce lo raccontate con i vostri contributi, anche quest'anno impaginati sulle stupende illustrazioni di Viviana Spreafico, che con affetto ringraziamo. Buona lettura.

Come si fa oggi a raccontare l'indigenza assoluta di chi vive senza acqua? Senza l'acqua per bere, senza l'acqua per pulire, senza l'acqua per coltivare o allevare. Quella situazione di tale precarietà che risulta assurda per noi occidentali, che ci spinge a volte a cambiare canale, quando in occasione di periodi di carestia o siccità, drammatiche immagini ci colpiscono nella nostra ignavia quotidiana. Le vittime delle tante guerre o dei disastri naturali suscitano pena e solidarietà; quelle della fame e della sete sono così paradossali rispetto al nostro modo di vivere che non possono non farci sentire colpevoli. Nella nostra inerzia e nella nostra indifferenza. Ammettiamolo: di fronte alla strage di innocenti che si consuma quotidianamente in Africa a causa dell'indigenza e delle varie epidemie, emergenza Aids in testa, l'intero ricco mondo occidentale può tranquillamente essere paragonato a quanti durante la seconda guerra mondiale vedevano i rastrellamenti e i treni partire verso i campi di concentramento e nulla facevano. Anzi, oggi non abbiamo neanche il debole alibi dell'inconsapevolezza. Noi fondatori del Xmas Project siamo tutti nati negli anni sessanta e settanta. Alcuni dei nostri genitori e molti dei nostri nonni hanno conosciuto la guerra e, prima, la povertà. Molti di noi sono ancora cresciuti con le raccomandazioni tipiche di chi tutto sommato non era ancora totalmente avvezzo al benessere di oggi: «Spegni la luce», «Finisci il cibo che hai nel piatto», «Non si spreca l'acqua…», «C'è chi non ha nulla».

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Natale 2006, Gongode - Etiopia

Ben ritrovati e buon Natale.

Indice Progetto 2006: Acqua per Gongode

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Il budget

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Noi, Xmas Project 2006

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I nostri progetti: Romania 2001, Niger 2002, Colombia 2003, Nepal 2004, Italia 2005 87 Xmas Project 2007: segnalateci i vostri progetti

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Il progetto 2006


L'estate consegnò l'arrosto alla terra e le anime al cielo dei molti che morirono di sete nell'Etiopia di un Dio diverso dove gli stranieri raschiarono il fondo in ogni vita precaria per ingrassare le follie dei cani ma videro solo il doppio osso allo specchio e figli cotti dal sole che ancora cercano padri fuggiti come assassini al richiamo del loro padrone vigliacco nelle promesse di ogni equità .

Michael Santhers, dal volume “Voci dall'inferno�


L'Etiopia è stata una delle culle dell'umanità. Alcuni fossili di ominidi risalgono a circa tre milioni di anni fa. Durante il I millennio a.C, genti semitiche provenienti dalla penisola arabica fondarono il regno di Axum. Tra il VII e VIII sec. gli Arabi conquistarono i territori orientali del regno di Axum. Dal 1270 salì al potere la dinastia Salomonide le cui origini si rifanno a Salomone e alla regina di Saba. L'amministrazione della Chiesa etiopica venne riformata e le dottrine religiose furono codificate. In questo periodo si formò il sistema politico che durò sino alla metà del XX sec., caratterizzato da una serie di monarchie assolute. I Ras al potere. Nel 1557 giunsero i missionari gesuiti, ma i loro tentativi di convertire i negus (imperatori) etiopici dal cristianesimo copto al cattolicesimo fallirono. Dopo un breve periodo di rinascita artistico-culturale, il paese entrò in una fase di declino e fu frazionato in piccoli feudi, indipendenti dal potere centrale e guidati dai signori locali (ras). L'unico elemento unificante rimase la Chiesa. Teodoro II. Nel 1855, dopo aver sottomesso con l'aiuto del clero gran parte dei feudatari del regno, un avventuriero proveniente dalla zona nordoccidentale del paese si proclamò imperatore con il nome di Teodoro II. Questi riallacciò i contatti con l'Europa ma, quando fece imprigionare alcuni ufficiali britannici, il governo inglese inviò delle truppe in Etiopia ed egli, sconfitto, si tolse la vita (1868). Dopo quattro anni di lotta per la successione, un capo tigrino divenne imperatore come Giovanni IV (1872). In questo periodo il maggior nemico dell'Etiopia era l'Egitto, che nel 1875 lanciò un attacco contro l'Etiopia. Giovanni IV riuscì a bloccare l'invasione, ma morì nel 1889 mentre tentava di difendere la frontiera occidentale dai sudanesi. Gli successe Menelik II che stabilì la capitale ad Addis Abeba.

Le guerre d'Etiopia. Con l'apertura del canale di Suez nel 1869, la costa del Mar Rosso cominciò ad attrarre l'interesse delle potenze europee. L'Italia occupò Assab nel 1872 e Massaua nel 1885 e siglò, nel 1889, il trattato di Uccialli con il quale Menelik si impegnava a concederle il possesso dell'Eritrea, ma non il protettorato sull'Etiopia. Nel 1895, i due paesi entrarono in conflitto. L'Italia subì una pesante sconfitta ad Adua l'anno seguente e dovette riconoscere l'indipendenza dell'Etiopia. Dopo una serie di avvicendamenti dinastici, venne incoronato re il ras Tafari Makonnen, con il titolo di Hailé Selassié I (1930); l'anno seguente egli diede al paese la sua prima Costituzione. In seguito all'ascesa di Benito Mussolini, nell'ottobre del 1935, malgrado le proteste della Società delle Nazioni, l'Italia invase il paese. Hailé Selassié si rifugiò in Inghilterra, dove rimase fino al 1941. Hailé Selassié. In base al trattato di pace di Parigi del 1947 si sarebbe dovuto raggiungere un accordo circa la questione delle ex colonie italiane di Eritrea, Somalia e Libia; in mancanza di tale accordo, le Nazioni Unite votarono a favore di una federazione dell'Eritrea con l'Etiopia. Questa fu portata a termine nel 1952, ma subito dopo Hailé Selassié cominciò a smantellare l'autonomia dell'Eritrea. Ciò provocò la nascita di un movimento di resistenza nazionale, il Fronte popolare di liberazione dell'Eritrea (FPLE), e lo scoppio di un conflitto che terminò trent'anni dopo con l'indipendenza eritrea. Nel 1964 una disputa di confine tra l'Etiopia e la Somalia sfociò in conflitto aperto e, dopo la tregua, si dovette creare una zona smilitarizzata lungo il confine; nel 1965 nacquero alcuni contrasti con il Sudan, accusato di aiutare il movimento d'indipendenza eritreo; nel 1967, migliaia di eritrei fuggirono in Sudan per le rappresaglie militari. Troppo rivolto alle questioni internazionali, Hailé Selassié non si accorse che la situazione interna stava precipitando.

Il regime di Menghistu. Il 12 settembre 1974 il negus venne deposto da un colpo di stato militare. Alla fine del 1974 venne annunciata l'instaurazione di un'economia di tipo socialista controllata dallo Stato. Nel marzo del 1975 venne proclamata la Repubblica. A metà del 1977 il regime riuscì a respingere, con l'aiuto militare di URSS e Cuba, l'invasione della Somalia. Non riuscì invece ad arrestare il movimento indipendentista eritreo, che estese il fronte militare. Nel 1984, Menghistu fu eletto segretario generale del neonato Partito etiopico del lavoro (WEP), di stampo comunista, che divenne il partito unico; nel 1987 fu proclamata la Repubblica democratica popolare d'Etiopia, di cui lo stesso capo del partito divenne presidente. Ma la profonda crisi economica, il diffondersi del malcontento e dell'opposizione, anche armata, e soprattutto il rafforzarsi del movimento di indipendenza eritreo provocarono il collasso del regime. Nel 1990 il Fronte rivoluzionario democratico del popolo etiopico (FRDPE) e il Fronte popolare di liberazione dell'Eritrea (FPLE) si impossessarono delle province settentrionali e, nel maggio 1991, Menghistu fuggì nello Zimbabwe. La difficile ricostruzione. Nel 1995 fu promulgata una nuova Costituzione che trasformò il paese in una repubblica democratica federale. Nel 1998 iniziò una guerra per i confini con l'Eritrea. Dopo 31 mesi di guerra, i contendenti hanno accolto l' ultimatum dell'Onu: alla fine del 2000 è stato firmato il cessate il fuoco e un abbozzo di accordo di pace. I Caschi blu si sono insediati lungo i 1000 km di confine per garantire il cessate il fuoco. La nuova frontiera è stata tracciata nell' Aprile 2002. Tra i due Paesi continua però la più totale incomunicabilità diplomatica, telefonica, postale, aerea e stradale. La guerra è costata dai 70 ai 100 mila morti e oltre un milione di profughi. L'81,9% della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno.


Etiopia (Ityjopya), repubblica dell'Africa orientale. Confina a nord-est con l'Eritrea e il Gibuti, a est e a sud-est con la Somalia, a sudovest con il Kenya, a ovest e nord-ovest con il Sudan. La superficie del paese è di 1.133.380 kmq e la capitale è Addis Abeba. Il clima del paese varia in base all'altitudine. Nella fascia tropicale, situata al di sotto dei 1830 m, si registrano temperature medie annue di circa 27°C e la piovosità è scarsa (510 mm). Nella fascia subtropicale, che ha un'elevazione compresa tra i 1830 e i 2440 m, si registra una temperatura media di 22°C, con circa 1525 mm di pioggia all'anno. Oltre i 2440 m si situa una fascia temperata con medie che si aggirano intorno ai 16°C e un discreto regime di piovosità (12701780 mm). Le precipitazioni si verificano con maggiore frequenza tra giugno e settembre; altri mesi relativamente piovosi sono febbraio e marzo. Il 5,5% (1997) del territorio dell'Etiopia è ufficialmente protetto, sebbene il sistema di parchi nazionali e riserve naturali risenta del bracconaggio e del

Dati e numeri Forma di governo Repubblica Federale Democratica. Indipendenza 24/05/1993. Superfice 1.133.882. Popolazione 65.891.874. Capitale Addis Abeba. Moneta Birr etiope. Lingua amharico, inglese, italiano, somalo. Gruppi etnici galla 31%, amhara 30%, tigrini 7%, somali 4%, sidama 3,2%, altri 24%. Religione ortodossi 34%, musulmani 30% il resto animisti, protestanti e cattolici. Clima caldo umido d'estate, clima d'alta

commercio illegale del legname. Il paese possiede 3 santuari faunistici, 11 riserve naturali e 9 parchi nazionali, tra cui il Yugundi Rassa, il Gambella e il Simen, World Heritage Site dal 1978. Amministrazione ed economia. Diventata Repubblica nel 1975, in seguito a un colpo di stato, l'Etiopia fu sottoposta a un regime dittatoriale filosovietico, rovesciato nel 1991 dal Fronte democratico rivoluzionario del popolo etiopico. Con la Costituzione ratificata nel 1994 il paese si è dato un assetto federale organizzato su base etnica. È amministrativamente divisa in 13 regioni, con capitale Addis Abeba. Alla base dell'economia etiope ci sono ancora l'agricoltura e l'allevamento. L'agricoltura è praticata con tecniche arcaiche e serve per l'autosussistenza, l'unico prodotto largamente esportato è il caffè. L'industria è scarsamente sviluppata e concentrata soprattutto nella capitale. Gruppi etnici. Oggi l'Etiopia è abitata in gran parte da genti antiche. Il gruppo etnico più importante di tutte le popolazioni che vivono in Etiopia è quello abissino, che da secoli ha il primato politico

montagna sull'Acrocoro etiopico, temperatura media annua 17,2 °C, giorni di pioggia 87. Aspettative di vita alla nascita donne 44,6 anni - uomini 43,2 anni Età Meno di 15 anni: 45% - Più di 65 anni: 3% Mortalità infantile Alla nascita: 117 nati morti su 1000 nati vivi Entro 5 anni 174 morti su 1000 nati vivi Hiv/Aids Tra 0 e 14 anni: 230000 - Tra 15 e 49 anni: 6,41% Popolazione malnutrita: 46% Bambini sotto i 5 anni malnutriti: 47% Popolazione senza accesso sostenibile a fonti di acqua potabile: 78%

e culturale. Gli Abissini si dividono in tre diversi gruppi etnici, gli Amhara, gli Eritrei e gli Shoa. Rappresentano il 40% dell'intera popolazione etiopica e occupano un’ampia area che si estende dall'Eritrea fino all'Etiopia centrale. L'altro grande gruppo etnico è rappresentato da diverse razze che non hanno subito un diretto influsso semitico, che formano sia piccoli gruppi sparsi, sia gruppi estesi e compatti di pastori e agricoltori, come i Galla, i Borana, Arussi, Gugi, ecc., che da soli rappresentano un altro terzo dell'intera popolazione etiopica. La gente vive per gran parte nei villaggi (si può dire che tutta l'Etiopia sia un paese di villaggi), data la povertà degli sviluppi urbani; questi sono più o meno compatti, ma non mancano gli agglomerati più grossi che nell'area abissina sono dominati dalle chiese copte. La continua ricerca di terre fertili e di nuovi pascoli ha creato nel tempo un immenso mosaico di popoli, a volte formati da gruppi di poche centinaia di persone. Si può dunque affermare che l'Etiopia è un incredibile mosaico di razze ed etnie, affascinante percorso tra le radici dell'uomo e la natura.

Popolazione con accesso sostenibile a presidi sanitari: 6% Spesa pubblica per Sanità (in percentuale sul PIL, 2002): 2,6% Spesa pubblica per Istruzione (% sul PIL 2002): 4,6% Spesa pubblica per Armamenti (% sul PIL 2003): 4,3% Medici per 100.000 persone: 3 (in Italia: ca. 550) Nota bene: i dati sopra riportati (fonte: UNDP, 2006) riferiscono alla media dell'Etiopia. La disponibilità di risorse (acqua, sanità, istruzione, etc…) è ovviamente concentrata nei grandi centri urbani: il South Omo dista circa 700 km dalla capitale Addis Ababa e qui la disponibilità di risorse crolla notevolmente.

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Etiopia


Emergenza carestia

La regione del Corno d'Africa vive la più grave crisi umanitaria degli ultimi 5 anni, dopo aver subito un inaridimento costante e progressivo per le ripetute siccità che hanno investito i paesi dell'area, provocando una situazione di emergenza cronica. Kenya, Etiopia, Somalia, Eritrea e Gibuti risultano i paesi più gravemente colpiti.

Allo stato attuale, più di 8,78 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria: di questi, 4.455.000 sono minorenni, tra cui 1,6 milioni di bambini con meno di 5 anni d'età. I bambini in grave pericolo di vita, a causa di malnutrizione e malattie opportunistiche, sono oltre 40.000. La siccità ha causato la perdita dei raccolti e una grave penuria di foraggio per gli animali d'allevamento, causando un au mento dei tassi di malnutrizione e di mortalità infantile. Oltre la metà dei capi di bestiame delle comunità pastorali nomadi – il principale mezzo di sostentamento di tali popolazioni – è andata perduta. Se l'inizio della stagione delle piogge (aprile/maggio 2006) ha prodotto, in alcune aree colpite

dalla siccità, una limitata rigenerazione delle sorgenti d'acqua di superficie e dei pascoli, la maggior parte dei capi di bestiame delle comunità pastorali e agro pastorali è ormai scomparsa. Inoltre, le precipitazioni a carattere torrenziale sono state localizzate, lasciando intere aree nella condizione di siccità preesistente. Nel complesso, le piogge verificatesi durante il mese di aprile non hanno modificato la situazione di grave emergenza in cui versa l'intera regione del Corno d'Africa. I bambini sono il gruppo più a rischio, soprattutto i bambini e le madri affetti da malnutrizione. La malnutrizione è causata da un'assistenza medica carente, dalla mancanza di cibo e da

cattive condizioni igienico-sanitarie. I bambini sono i più esposti alle malattie opportunistiche, come ad esempio il morbillo. La copertura vaccinale contro tale malattia, spesso fatale in condizioni d'emergenza, risulta del 95% sotto la soglia richiesta: nel corso dell'ultima siccità del 2000 oltre il 20% dei decessi infantili è stato causato dal morbillo. Con l'inizio delle piogge, bambini e donne già indeboliti risultano più vulnerabili alle infezioni respiratorie acute, alle malattie diarroiche, al colera e alla malaria. All'interno di ognuno dei paesi colpiti le comunità pastorali nomadi figurano tra le popolazioni più duramente provate, anche a causa del carattere non stanziale che ne rende più difficile l'accesso ai servizi d'assi-


stenza sanitaria e nutrizionale, accrescendone la vulnerabilità alle ripetute crisi. In Etiopia la situazione umanitaria continua ad aggravarsi. Oltre 2,6 milioni di persone necessitano di urgente assistenza umanitaria: di queste, 1,3 milioni sono minori, tra cui 445.000 bambini con meno di 5 anni, il 16,6% della popolazione infantile sotto i 5 anni. Se le ultime piogge hanno avuto effetti benefici per il bestiame, queste si sono rilevate nondimeno insufficienti per la rigenerazione dei pascoli, aumentando invece i rischi di malattie legate al consumo d'acqua contaminata, prima di tutte la diarrea acuta: le carcasse degli animali, ammassati nei villaggi e presso le fonti idriche, pongono

seri rischi d'epidemie, mentre l'acqua stagnante lasciata dalle piogge torrenziali costituisce un potenziale focolaio di malaria. Nel primo trimestre del 2006 indagini nutrizionali sono state condotte dall'Unicef in tutti i paesi esposti alla crisi. I risultati indicano una situazione critica ovunque, che richiede un immediato intervento nelle aree colpite dalla siccità. La tendenza alla diminuzione dei tassi di sottopeso che era stata registrata nel corso dell'ultimo decennio – e che comprovava la validità delle strategie nutrizionali adottate, sia in termini di alimentazione terapeutica dei bambini gravemente malnutriti che di supporto nutrizionale per quelli affetti da malnutrizione moderata – rischia di essere vanificata dall'impatto dell'attuale emergenza.

In particolare, in Etiopia, il tasso globale di malnutrizione acuta risulta su livelli critici, variando tra il 18,6 e il 23,5%, con un deterioramento della situazione in tutti i distretti del paese toccati dall'indagine nutrizionale. Anche il tasso di malnutrizione grave si presenta elevato, variando tra 1,6 e 3,9%. In Etiopia vi sono stati miglioramenti nella rigenerazione delle fonti idriche di superficie e dei pascoli grazie a precipitazioni piuttosto favorevoli. Ciò nonostante, l'emergenza idrica resta prioritaria soprattutto nelle aree meridionali della regione. Le persone che hanno immediata necessità di interventi idrici d'emergenza sono più di 640.000, mentre nelle aree che hanno beneficiato delle recenti piogge le opera-

zioni di distribuzione idrica d'emergenza mediante autobotti sono cessate. L'ineguale distribuzione delle precipitazioni fa inoltre temere possibili flussi migratori e tensioni per lo sfruttamento delle risorse idriche. In Etiopia oltre 56.000 bambini risultano vulnerabili alla malnutrizione grave o moderata nelle aree colpite dalla siccità. Il timore è che tali stime possano aumentare esponenzialmente. Il verificarsi di casi di diarrea acuta in diverse regioni fanno crescere le preoccupazioni su possibili situazioni epidemiche, anche a causa delle piogge sporadiche che aumentano i pericoli di malattie legate alla contaminazione dell'acqua. a cura di Elena Casadei (fonte Unicef)

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nel Corno d'Africa


tigriño, le due lingue originarie del nord e diffuse in Etiopia dal regime imperiale e da quello comunista che gli succedette. Il patrimonio culturale dell'Etiopia cristiana e monarchica è senz'altro eccezionale e si impone all'ammirazione e allo studio. La monarchia ebbe il suo centro storico ad Axum, correlata come

L'Etiopia è terra di profondi contrasti: il nord è semitico, aristocratico, di cultura letteraria; il sud è cuscitico, tendenzialmente egualitario, di cultura orale.

[…] solo presso i Borana. Altrove è possibile ancora riscontrare alcuni elementi originali dell'antico sistema, come, per esempio, la produzione di mera sussistenza, una forma di economia comune a tutte le etnie Oromo, pastori e agricoltori misti. Al confronto del nord, nonostante, come accennato, Il sud cuscitico è stato, e solo in parte è ancora, nomade e pastorale. Sono sempre più numerose le etnie che adottano il regime sedentario dei coltivatori. Il sistema politico tradizionale – acefalo – ossia senza capi, si basava su un tipo di classi generazionali e di classi di età noto col nome di gada con

a un mito di fondazione dalla leggenda del figlio Menelik, che la Regina di Saba avrebbe avuto dal re Salomone, un mito cui si sono sempre richiamati i regimi monarchici succedutisi nei secoli. Chiesa monofisita e monarchia cristiana si sono sostenute a vicenda in uno strettissimo rapporto che ha avuto per effetIl nord è stato dominato da una monarchia millenaria, sostenuta dalla Chiesa cristiana monofisita, ricca di codici storici, biblici e liturgici, di trattati di teologia e filosofia, di letteratura agiografica, giuridica e storica, scritti in gheez, la lingua che sopravvive soltanto nell'uso liturgico – e in amharico e in

l'esistenza di capi e re, non può dirsi che esista una classe di élite aristocratica. Nei rapporti internazionali l'Etiopia monarchica è stata privilegiata. Gli Europei, per esempio, in tutte le fasi storiche fino agli ultimi decenni, hanno prevalentemente cercato il contatto con poteri assembleari. Originariamente aveva un carattere egualitario, che nel tempo alcune etnie particolari hanno perduto subendo una profonda trasformazione dovuta all'imporsi di capitanati e piccoli regni. L'antica organizzazione acefala e a tendenza egualitaria sussiste ancora in maniera funzionale

to quello di bloccare l'espansione musulmana in Etiopia. Di fatto l'unione tra Chiesa e monarchia ha favorito il formarsi di un'aristocrazia elitaria e autoritaria che con l'impero era andata consolidando le sue prerogative e che ha dominato fino a pochi decenni fa, su una plebe di contadini, servi e clienti.

l'Etiopia del nord: l'esistenza di una Chiesa cristiana e il regime monarchico offrivano, per così dire, una piattaforma comune di comunicazione. Anche nel secolo scorso, quando si avverò l'arrembaggio degli stati europei per l'Africa (the scramble for Africa), i rappresentanti dei governi d'Italia, di Francia e di


il fatto che si trattò di un dominio di Africani su Africani. […] La politica imperiale si tramutò d i f a t t o i n u n p ro c e s s o d i amharizzazione dell'Etiopia.

I bar e i ristoranti di Addis sono affollati di giovani con i Nokia all'orecchio e le Marlboro rosse tra le labbra. Le due Etiopie. Appena inizia il viaggio verso sud ecco scomparire i palazzi, ecco che ci si ritrova a schivare buche e mandrie di mucche, ecco che il cellulare diventa

Bernardo Bernardi “Nel nome d'Africa” Franco Angeli 2001

segno del tentativo di modernizzazione messa in atto recentemente dal governo di Meles Zenawi, secondo la dottrina della Banca Mondiale. Subito fuori dall'aeroporto si è già in Bole Road, una delle arterie principali della città, anch'essa asfaltata solo recentemente, così come la

Inghilterra, si trovarono in concorrenza alla corte del re Menelik II, divenuto imperatore (negus neghesti), – re dei re – nel 1889, tutti apparentemente per dare e ottenere favori, in realtà per imporre la propria influenza sulla monarchia etiopica. Con riconosciuta abilità Menelik seppe trarre vantaggio

un inutile aggravio di bagaglio. È così netto e visibile il passaggio dalla città alla campagna e poi alla savana, dai commerci e dai servizi all'agricoltura di sussistenza, dal consolidato al precario, dal superfluo al vitale. 10|11

Bernardo Bernardi è il padre degli studi africanisti in Italia. Nato nel 1921 vive ed insegna a Roma. Dalle parole di Bernardi escono significazioni sociali che si declinano quotidianamente nella dialettica tipica dei Paesi del Sud del mondo. Infatti non esistono soltanto due Etiopie definuova tangenziale di Addis, realizzata dai Cinesi. Per le strade sinuose BMW e SUV prepotenti viaggiano accanto a mandrie d'asini e a cani randagi. Palazzi con i vetri fumè fanno ombra ai quartieri di baracche, che durante le piogge diventano un informe pantano di fango.

dalla loro competizione per c o ns o l i d a re i l p o t e re d e l l a monarchia abissina ed estenderne il dominio su tutto il resto d'Etiopia. Riuscì in tal modo a porre le basi dell'impero etiopico unitario, il quale impero fu un vero potere coloniale che non differì dagli imperi europei se non per

nite su base linguistica ed etnica: grandissime sono le contraddizioni che il viaggiatore incontra non appena atterra ad Addis Ababa. Il nuovo aeroporto costruito meno di 3 anni fa è paragonabile a qualsiasi hub europeo di medio livello. Vetrate ed architravi d'acciaio sono il

Le due Etiopie


Carne alla fiamma Il montone deve essere nutrito con erbe particolari per una settimana. All'alba viene benedetto e sgozzato, morendo nel modo meno doloroso e più rapido possibile. I quarti vengono posti su paletti infilzati nel terreno, la fiamma è accesa sfregando bastoncini di legno. La carne cuoce così per un'ora circa e viene servita su un letto di foglie, che concorreranno a celebrare la sacralità dell'offerta. Gli anziani ringraziano la divinità e ad ogni commensale viene dato un coltello affilatissimo per tagliare i bocconi. Il montone, come la mucca, si sacrifica e si mangia solo in occasioni particolarmente importanti, come l'arrivo delle piogge, cerimonie di famiglia o la presenza di ospiti illustri.


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Le radure dell'Etiopia meridionale sono un luogo difficile in cui vivere. Eppure, decine di migliaia di persone continuano la sfida quotidiana della coltivazione di mais, sorgo, legumi e caffè, con la schiena piegata sotto un sole implacabile che ogni giorno si leva e tramonta alla stessa ora, arando la terra con buoi magrissimi e resi ancora più allampanati dalla gobba posta sulla loro schiena. Bambini di pochi anni accompagnano il bestiame in cerca di pascoli e di punti d'acqua dove farli abbeverare e dissetarsi a loro volta, condividendo le giornate con bambini uguali a loro, piccoli pastori di bovini e capre che comandano con i fischi e col bastone. Alle giovani donne e alle bambine spettano le incombenze domestiche e l'approvvigionamento di acqua e di legna: ci vogliono molte ore per andare a cercar legname, soprattutto perché al ritorno le bambine portano sulla schiena dai 20 ai 30 kg di fascine per chilometri. Anche l'acqua è un bene faticoso da avere, non solo perché mediamente i punti d'acqua sono distanti almeno 5 km dal villaggio, ma soprattutto perché la scarsezza di acqua segna da secoli il destino degli abitanti di questa regione del mondo.

L'Etiopia del sud, a differenza del centro e del nord, ha un’altitudine media piuttosto bassa se paragonata agli altipiani che fanno da cornice alla Rift Valley e che possono arrivare ai 2700 metri s.l.m. di Addis Abeba. Le savane dei bassopiani del sud sono intorno ai 500 – 600 metri s.l.m. e spesso, percorrendo in fuoristrada le piste sabbiose che portano in Kenya o in Sudan, l'unico segno di vita che si incontra sono basse acacie ed euforbie dalle forme più diverse. La composizione del suolo è per lo più sabbioso e argilloso, con una forte presenza di ferro soprattutto in prossimità dei letti dei fiumi in secca. Durante il giorno le temperature sono molto alte. È certamente un luogo poco abitato se si considera la sua estensione geografica, eppure il South Omo (questo è il nome della regione posta come un cuneo con il vertice in basso, agli estremi confini sud occidentali d'Etiopia) è abitato da decine di etnie, differenti per lingua, fisionomia, territorio: è la terra degli Hamer, dei Dassenech, degli Tzamai, dei Konso, dei Benna, dei Mursi (le cui donne ornate dal famoso piattello labiale posto all'interno del labbro inferiore sono note ai più grazie ai documentari di David Turton), dai Karo, dai Bume. È anche la terra dei Maale di Gongode, che vivono nella parte settentrionale del South Omo, in un territorio brullo e sassoso, dove pascolano capre e bovini e dove la casualità delle piogge decide se i raccolti di una stentata agricoltura di sussistenza saranno sufficienti per sopravvivere oppure no.

Il più recente rapporto dell'UNDP (l'organizzazione delle Nazioni Unite preposto a coordinare lo sviluppo delle aree più povere del mondo) colloca l'Etiopia tra i 10 Paesi più poveri. Si stimano 3 medici ogni 100.000 abitanti (in Italia se ne contano più di 500), la speranza di vita media è di circa 45 anni, l'accesso all'acqua potabile è possibile per il 24% della popolazione e più dell'80% della popolazione vive con meno di 2$ al giorno. Ma nelle regioni meridionali, nelle savane del South Omo, queste stime vanno corrette in senso fortemente negativo. L'acqua potabile ad esempio è disponibile solo per alcuni abitanti dei piccoli centri urbani che costellano un territorio vasto come l'Italia del nord: la stragrande maggioranza di persone che abita le zone rurali o semidesertiche non ha accesso all'acqua potabile. Il modo più comune di raccogliere acqua è quello di andare presso i greti dei fiumi (wadi), secchi per la gran parte dell'anno ma con un po' d'acqua che rimane mischiata alla sabbia. L'acqua viene raccolta con zucche svuotate e usate come cucchiai, scavando nella sabbia e filtrandola grossolanamente con dei vagli rudimentali. Le bambine e le ragazzine, preposte alla raccolta dell'acqua, hanno viaggiato per chilometri (mediamente 5) per arrivare al wadi e ci vorrà parecchio tempo per raccogliere abbastanza acqua per riempire le grosse zucche o le taniche in plastica che si caricheranno ancora sulla

schiena per affrontare il viaggio di ritorno. L'acqua viene anche raccolta da piccole paludi, stagni, sorgenti non adeguatamente protette, che durante le piogge vengono ulteriormente inquinate da detriti e fango che si rovescia all'interno: le conseguenze a medio-lungo termine sono patologie gastrointestinali, bilharzia, malaria, dissenteria infantile, ovvero le cause principali di mortalità tra gli adulti e i bambini. Si fanno anche vere e proprie guerre per l'acqua: il controllo dei punti di abbeveraggio per gli esseri umani e per gli animali è il fattore strategico principale per garantire la sopravvivenza a migliaia di famiglie. Una economia di sopravvivenza fondata sull'agricoltura di sussistenza e priva di schemi d'irrigazione fronteggia le frequenti carestie con meccanismi di difesa q u a l i l ' a l l e va m e n t o e l a pastorizia: bambini-pastori accompagnati da adulti armati di Kalashinov o di AK47 guidano le mandrie verso i punti d'acqua (stagni, fiumi, punti d'acqua protetti già realizzati tramite progetti di sviluppo). Maggiore è la disponibilità di punti d'acqua sul territorio e minore è il rischio di massacri e guerre. Non esistono “guerre etniche” o “guerre tribali”: esistono guerre per il controllo delle risorse primarie, che nel primo mondo sono quelle energetiche (petrolio e gas naturali) e che nelle savane africane sono rappresentate dall'acqua. Stefano Zimbaro

Difficile come bere un


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bicchiere d'acqua...


OMO Overtly Multiethnic Oriented Onlus

OMO Overtly Multiethnic Oriented, “dichiaratamente orientati verso la multietnicità” è il nome dell’Associazione nata ufficialmente a Seregno (MI) ad aprile del 2003, sulla scorta dell'esperienza di due soci fondatori: Sara Cravero (ingegnere) impegnata per due anni con altre organizzazioni nel coordinamento di una squadra tecnica di approvvigionamento idrico nel South Omo (Etiopia) e Stefano Zimbaro (antropologo) che ha sviluppato le proprie competenze nell'ambito sanitario, particolarmente nel campo della prevenzione Aids in Italia e in Africa.

La conoscenza diretta del territorio del South Omo, delle comunità e delle associazioni partner di progetto lì presenti, ha consentito fin qui di partecipare direttamente o indirettamente a vari micro-progetti, sempre svolti insieme con le comunità. In questi anni OMO ha dato un sostegno di primo piano nel realizzare il presidio sanitario di Achi Kumbulti (Hamer), in concorso con Catholic Church Arba Minch / ICDP ha realizzato punti d'acqua potabile nei territori Hamer e Maale e ha partecipato al finanziamento della scuola di Gongode (Maale). Oltre alle attività principali legate ad acqua, sanità e istruzione, attività di cooperazione nelle aree del microcredito e dell'em-

powerment femminile sono state incominciate nel nord del Kenya, ma i recenti massacri nell'area a nord di Marsabit (sedi delle attività) hanno di fatto reso impossibile il perseguimento di qualunque azione. Il ruolo dell'associazione OMO è contemporaneamente quello di supervisore progettuale e di donatore. Le attività di sviluppo vengono svolte in concorso con ONG etiopi e con la Catholic Church di Arba Minch. Pochissime realtà lavorano nel South Omo dell'Etiopia (si contano sulle dita di una mano) e minime sono le risorse destinate dal governo Etiope per le popolazioni del sud. Nell'area specifica dell'approvvigionamento di acqua potabile


South Omo che vive sulle sue gambe). Di conseguenza, a seconda delle condizioni generali e geologiche vengono realizzati pozzi scavati a mano (fino a 30-40 metri di profondità), protezione e bonifica di sorgenti già esistenti, serbatoi sotterranei di captazione dell'acqua posti in prossimità dei greti dei fiumi, serbatoi per la captazione di acqua piovana, fino ad arrivare a pozzi trivellati con trivella a percussione (ma solo quando le faglie sono in profondità e fino a 120 metri). La sostenibilità economica generale dei progetti è normalmente rinforzata dalla creazione di un fondo di mantenimento delle opere di ingegneria

messo a disposizione delle comunità, che viene gestito dalle stesse attraverso la metodologia del microcredito, in modo da facilitare attività generatrici di reddito per i più poveri ed allo stesso tempo mantenere un fondo di scorta per le manutenzioni tecniche o per altre attività comunitarie. La metodologia della partecipazione attiva della comunità è alla base di ogni attività di sviluppo. Facilitatori culturali selezionati dalle ONG partner e pagati anche dall'associazione OMO entrano progressivamente in contatto con le comunità, ne condividono la vita quotidiana e ne guadagnano la fiducia. Solo in un momento successivo si valuterà insieme agli anziani

della comunità una scala di priorità da affrontare e si darà il via ad attività di sviluppo vere e proprie. La comunità, soggetto del proprio sviluppo, partecipa ai progetti fin dalle fasi progettuali e supporta le attività con forza lavoro e con una quota minima di denaro. Ogni attività è coordinata tra le comunità, le ONG partner (che hanno ovviamente maggiore aderenza con il territorio e una frequenza quotidiana) e l'associazione OMO. Purtroppo però la fragilità dell'ecosistema in queste zone della Terra spesso comporta interventi di emergenza, come spesso successo negli ultimi anni. OMO promuove raccolte fondi di emergenza, contestuali ai periodi di carestia. I soldi vengono inviati in Etiopia, dove normalmente vengono spesi in interventi di soccorso immediato (acquisto di legumi, cereali, generi di prima urgenza, medicinali) e in interventi di minimantenimento (acquisto di sementi per le semine successive, acquisto di capre).

OMO Onlus c/c n. 03/01/03814 Credito Cooperativo di Cherasco ABI 08047 - CAB 46040 Per qualunque ulteriore informazione: www.omoweb.org

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OMO realizza insieme con le comunità interessate opere di ingegneria di base, tese a ga ran tire acqua potabile a un numero crescente di persone, privilegiando soluzioni tecniche il più possibile semplici e a basso costo. Il problema della sostenibilità infatti si pone come imperativo per ogni attività, dal momento che utilizzare “tecnologia avanzata” implica problemi pratici rilevanti, quali la formazione alla manutenzione tecnica di membri di comunità spesso analfabete, o l’accessibilità a pezzi di ricambio che possono essere acquistati (e a che prezzo!) soltanto ad Addis Abeba (che dista più di 800 km da queste regioni, una distanza incolmabile per un pastore del


Per arrivare a Gongode

bisogna davvero volerlo Si parte dall'unica strada che collega Konso a Jinka, una strada che alterna terra battuta a ghiaioni e che richiede almeno cinque ore per coprire i 160 Km che separano i maggiori centri rurali del South Omo. L'ambiente è savana e fa molto caldo. In un dato punto di questa strada segnalato da un vasto numero di acacie comincia la

lunga deviazione di 80 Km che separa da Gongode. Dopo poco la savana secca lascia il posto a piccole radure più verdi e dopo un'ora si arriva a un grande fiume, uno wadi secco per la gran parte del tempo. Dopo aver guadato con il Toyota inizia una lenta e lunghissima salita su un sentiero sassoso e improvvisamente dopo ore di polvere appaiono i primi assembramenti che compongono a macchia di leopardo Gongode. In pochissimi punti di Gongode c'è acqua nel suolo, ma l'acqua è in profondità e la strada che

collega i Maale di Gongode al resto del mondo rende impossibile il trasporto della trivella per bucare agevolmente. Il primo pozzo per Gongode è stato fatto nel 2003 ed è stato scavato a mano per 15 metri. Le possibilità per le comunità di Gongode di avere acqua sono poche: trattenimento dell'acqua piovana, scavo di pozzi a mano ma solo in pochi punti e con le difficoltà legate a questo tipo di tecnica, approvvigionamento da fonti naturali di acqua non potabile quali pozze e stagni, acque sorgive, molto distanti e pericolose dal lato sanitario.

La popolazione è tra le più povere del South Omo (e di conseguenza in fondo alla scala della povertà in Etiopia) e l'etnia Maale è quasi totalmente tribale e legata alla pastorizia e all'agricoltura di sussistenza. I contatti con le istituzioni del governo Etiope sono pressoché nulli. OMO è tra le pochissime realtà a essere presente, insieme alla Catholic Church Arba Minch e a Cordaid. Gongode è un luogo abitato da circa 30.000 persone che hanno avuto disponibilità di acqua potabile per la prima volta nel 2003.


quasi interamente etiope l'ICDP (Integrated Community Development Program). L'ICDP è il programma di sviluppo che la Catholic Church di Arba Minch svolge nella regione del Gamo Gofa e particolarmente nella zona del South Omo. Ft. John Skinnader, Spiritan irlandese e unico bianco, è il referente della Chiesa cattolica. OMO ha preso parte alla costruzione del primo pozzo di Gongode (maggio – fine dicembre 2003).

Il progetto finanziato dal Xmas Project 2006 sarà dedicato alla realizzazione di dieci punti d'acqua (ponds di 60m3 ciascuno) distribuiti sul vasto territorio di Gongode, che permetteranno a 10 gruppi di pionieri Maale di avere acqua potabile e acqua per l'abbeveraggio degli animali. La stessa acqua potrà essere utilizzata per l'irrigazione dei campi, fornendo uno scudo efficace e sostenibile contro la siccità e le carestie.

La comunità Maale di Gongode parteciperà con il proprio lavoro alla realizzazione delle opere di ingegneria. Il progetto prevede la bonifica delle acque e il training a rappresentanti della comunità per il mantenimento dei ponds. La disponibilità di acqua potabile concorrerà sensibilmente all'abbassamento dell'incidenza di malattie endemiche (malaria, febbre tifoidea, bilharzia, infezioni gatroenteriche).

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OMO a Gongode Da una pompa di fabbricazione Indiana, economica e semplicissima nella manutenzione, esce un getto d'acqua irregolare e copioso che riempie e colma la zucca svuotata. Anche se questa pompa è lì da un po' di mesi l'uomo rimane ancora stupito da quanto sia facile e veloce avere acqua da bere. Per OMO questo è stato il primo piccolo progetto finanziato e sviluppato in collaborazione con lo staff


Il Programma di sviluppo integrato (IDP) della Chiesa cattolica è operativo da più di trent'anni nelle aree di Gamo Gofa e South Omo della regione sud occidentale dell'Etiopia,

Southern Peoples, Nations and Nationalities Region. Prima dell'ICDP, il programma era implementato da centri in cinque aree operative con bassa presenza in loco. La direzione generale ha aggiunto alla lista delle zone target e delle attività un ampio ventaglio di aree e 10 settori tra cui quello delle attività pastorali. Nel 1998 e inizi del 1999 un piano strategico comprensivo ha rivisto la direzione generale intrapresa dalla Chiesa cattolica nella sua attività nell'area. Grazie a tale processo il Programma per lo sviluppo integrato della comunità (ICDP CC) ha visto la luce e la prima fase è stata portata a termine nel triennio successivo (1999-2002). Fondamental-

mente diverso rispetto al precedente IDP in tutti i suoi aspetti, l'ICDP prevedeva una riorganizzazione e il posizionamento del progetto nel più ampio contesto della Chiesa cattolica. L'obiettivo di dare la possibilità alle comunità di plasmare e promuovere il loro sviluppo si pone in contrasto con l'accettazione passiva delle misure portate avanti per loro dalla Chiesa. Lo scopo del progetto è giungere ad approcci che integrino le comunità invece di relegarle ai margini, come accadeva nel passato. Il nuovo approccio predilige la promozione di un senso di autonomia e autosufficienza delle comunità piuttosto che la mera erogazione di servizi sostituendosi a esse. Così ci si è con-

centrati su alcune comunità selezionate (4 per area) e su innovazioni che esse, in futuro, sarebbero state in grado di gestire e sostenere autonomamente. Solo per quanto riguarda la lotta all'HIV/AIDS e nel sostegno ai disabili si è tentato di ampliare la copertura della rete operativa. Diversi interventi sono stati tentati con comunità appartenenti ad aree molto diverse tra di loro. Non tutte le aree sono state oggetto dei dieci risultati (settori del progetto) della Fase 1, in alcune ne sono stati applicati solo cinque o sei. Nel complesso, le componenti dell'ICDP sono state le seguenti: 1. Cure Mediche di base per la comunità e orientate alla prevenzione (6 comunità);


Arba Minch Catholic Church Southern Peoples Nations and Nationalities (SNNP) Area: North Omo Casella postale 23, Arba Minch Tel: 00.251.6.81.01.82 Fax: 00.251.6. 81.01.38 icdp.gamogofa@ethionet.et

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Gamo Gofa Catholic Church (GGCC), il partner locale

2. Sviluppo delle risorse di acqua potabile (9 comunità); 3. Miglioramento della condizione socio-economica (integrazione) dei gruppi emarginati (1 comunità); 4. Progetto di valorizzazione delle donne (5 comunità: 4 in Gamo Gofa e 1 in South Omo); 5. Sensibilizzazione alle questioni di genere sessuale e sviluppo (1 comunità in South Omo); 6. Sostegno delle iniziative della comunità per lo sviluppo dei servizi sociali infrastrutture e opportunità economiche (componente aperta a tutte le comunità); 7. Sviluppo di una strategia educativa per l'ICDP per le peculiari condizioni del South Omo; 8. Progetto pilota di approcci e misure nella gestione dell'agricoltura e delle risorse naturali (2 comunità: 1 in South Omo e l'altra in Gamo Gofa); 9. Rafforzamento del potenziale di autonomia e iniziative di sostegno per la povertà urbana e per le donne (Comunità di Arba Minch, regione di Gamo Gofa).


Tradizione, modernità, sviluppo: l'antropologia come chiave di lettura dei processi di sviluppo comunitario. Non è semplice definire chiaramente una società come “tradizionale”, “transizionale”, “moderna”. Non è semplice e non è neppure corretto: le società non sono corpi omogenei, non è vero che le manifestazioni di cultura tradizionale e moderna siano sempre conflittuali né è lecito affermare che tradizione e modernità siano sistemi mutuamente esclusivi.


sufficientemente ampia per facilitare i percorsi di sviluppo di comunità. Jinka, capitale amministrativa del South Omo, è un piccolo centro rurale a 760 km da Addis Ababa, verso il confine con Kenya e Sudan. Il territorio intorno a Jinka è abitato da varie etnie quali Mursi, Hamer, Maale, Tzamai, popoli che non hanno accesso all'elettricità e sono ancora restii nei confronti della medicina “moderna”. L'aeroporto di Jinka vede l'arrivo regolare di un aereo delle linee interne dell'Ethiopian Airlines due volte la settimana. Gruppi organizzati di turisti visitano ogni settimana il Mago Park aspettando di incontrare gli elefanti per fotografarli. Esistono linee telefoniche e dunque la possibilità di accedere ad Internet. Jinka è un luogo geografico ma è anche un luogo mentale: è “tradizionale”, “transizionale” o “moderno”? È un luogo di confine? E l'ipotetico confine sarebbe un confine mentale, s i m b o l i c o ? U n c o n f i n e t ra modernità e tradizione, tra un aereo che parte per Addis Ababa e la divinazione Hamer compiuta analizzando gli intestini degli animali? Marc Augé ci avverte che lo stesso confine, con caratteri più sfumati, si può ritrovare in un vagone della metropolitana (“Un etnologo nel metró”, Eleuthèra, Milano, 1992). La trama del discorso sulla relazione tra sviluppo (progetti di sviluppo, significato dello sviluppo, obiettivi dello sviluppo) e cultura è tessuta sempre, anche involontariamente, dagli attori che partecipano a questa particolare forma di incontro tra esseri umani. La dinamicità della cultura ci impone di descriverla secondo le manifestazioni che si rendono visibili, comprendendo i caratteri di persistenza e quelli di mutamento, superando la dicot o m i a t ra “ t ra d i z i o n a l e ” e

“moderno”. Proprio per il carattere di scambio simbolico che è connesso alla trasmissione culturale e per la complessità delle retroazioni che la compongono sembra possibile parlare di rifondazione dinamica della cultura, cioè di uno scambio mai completato tra ciò che è agito quotidianamente, tra ciò che è tramandato come identità propria del gruppo sociale, della comunità, della nazione, tra ciò che è novità e come tale ha bisogno di essere categorizzato in modo coerente con ciò che è l'esistente. Questa rifondazione dinamica è basata sulle retroazioni tra esperienze, strategie di adattamento ambientale, compresenza del “nuovo”. Nelle società dove la trasmissione della cultura è affidata all'oralità, i miti, i proverbi, le leggende, le regole stesse del discorso politico, la parola della divinazione, sono i documenti privilegiati che raccontano l'identità, che permettono di distinguere il noi dal loro. È chiaro però che gli elementi appena descritti non possono essere considerati tout court il bagaglio culturale di una comunità: ne rappresentano il pretesto, puntellano come plinti di fondazione l'edificio culturale condiviso che è stimolato, comparato, mutato dall'esperienza empirica. Ecco che l'essere soggetti attivi di un cambiamento epocale in termini di panorama e di risorse, quale può essere la disponibilità di fonti di acqua potabile o ancora più esplicitamente in termini di confronto e dialettica tra “tradizionale” e “moderno” quale può essere la disponibilità di una scuola rurale o di un presidio sanitario, il partecipare al mutamento trasforma le comunità beneficiarie in ripetitori simbolici, in corrieri di informazioni e di esperienze per altre comunità che ancora non hanno sperimentato mutazioni

del genere. Nella pratica antropologica le categorie “tradizionale” e “moderno” perdono peso nel momento in cui si affronti la descrizione di una società o di una comunità come un insieme di individui che condividono un corpus condiviso di informazioni riguardo alla realtà, cioè un sistema di rappresentazione che fonda l'identità collettiva del gruppo. Lo sviluppo, per molti attori della cooperazione, non è mai una rincorsa verso la modernità bensì un continuo ritaramento delle pratiche sociali e dei paradigmi culturali a fronte delle sollecitazioni ambientali: non un baratto dell'identità originaria con qualcosa d'altro ma l'accoglienza del nuovo, in modo tale che vi sia un miglioramento effettivamente percepibile dai membri della comunità. Vedere i sistemi di rappresentazione non come dei sistemi chiusi bensì dinamici, aperti alla possibilità di comprendere l'esterno, di categorizzare istanze culturali e pratiche che migliorino la qualità della vita degli appartenenti alla comunità frutto di uno scambio simbolico mai terminato, legittima nella pratica un approccio che lega antropologia culturale e attività di sviluppo, in un continuum osservazione/azione, ascolto/ concorso al cambiamento, un continuum agito dal formatore/animatore e dalla comunità come scambio, come negoziazione simbolica, frutto di retroazioni continue sia tra gli agenti del cambiamento sia all'interno della metodologia stessa del formatore/animatore. Su queste fondamenta teoriche si fonda la pratica quotidiana dell'animazione di comunità, che nell'antropologia trova gli strumenti e gli scopi dell'azione. Stefano Zimbaro Presidente OMO Onlus

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Sembra invece più agevole descrivere una società e una cultura nelle sue manifestazioni e nei suoi caratteri dinamici. Dire che nella sola Etiopia la popolazione che vive in a m b i e n t e r u ra l e è s t i m a t a all’85% non significa soltanto dare un dato grezzo circa la composizione sociale del paese, ma permette anche di inferire che la stragrande maggior parte della popolazione è legata alla terra, si dedica alla coltivazione e/o all'allevamento, che la divisione del lavoro ha caratteristiche agricole, che il perno su cui si perpetua la cultura è dipendente dalle attività legate alla pastorizia e all'agricoltura a cui si dedica la popolazione. Lavorare nell'ambito dello sviluppo di comunità impone il lavorare con i simboli di cui quella comunità è portatrice e con le relazioni di potere che l'attraversano, ma soprattutto con le proprie scale di valori: spesso la definizione dell'analisi dei bisogni è condotta dai “professionisti dello sviluppo” sulla base – anche inconsapevole – della superiorità implicita dell'idea di sviluppo appartenente a chi ne è portatore. Il paradosso che si può porre agli antipodi di una tale percezione di asimmetria pone spesso la questione del valore culturale dello sviluppo: costruitegli una scuola e perderanno progressivamente la trasmissione orale, la propria identità, la propria genuinità; facilitate risorse idriche tra i nomadi e questi tenderanno a sedentarizzarsi; facilitate il turismo responsabile nelle zone estreme dell'Africa e vi ritroverete con bambini coi denti cariati dalle caramelle e donne che chiedono soldi per farsi fotografare. L'antropologia, sia essa culturale, sociale, medica, nella sua applicazione può porsi come una chiave di interpretazione


Questa mattina è la mattina di Natale.


pensa di questa "ferengi" che se la porta a spasso senza poter scambiare più di qualche parola, sorridendo e commuovendosi a tratti, costantemente mano nella mano. La tensione si stende sotto ai livelli di guardia nel giro di pochi minuti, facendo colazione nella caffetteria dell'ospedale, insieme al nostro traduttore ufficiale Ghetacwo, al cospetto di una ciambella all'uovo e a una tazza di tè. La dignità e l'umiltà di Tiringo la spingono a dire «No» anche a un bicchiere di latte: «.... perché lei è troppo povera, non lo beve mai, perché non se lo può permettere....». Lasciamo l'ospedale mentre all'ingresso una madre seminuda utilizza una lametta arrugginita per liberare il suo neonato dalle croste della scabbia... e penso a questo giorno, dove desolazione e speranza si fondono in un sentimento indefinibile, mentre la mente si avvicina a fatica alle mense imbandite dell'Italia e del mondo del Nord. Torno nella sala raggi semibuia del giorno prima e sono queste le prime parole che mi accolgono di fronte alle lastre di Tiringo: «Senza speranza». Un sarcoma maligno, ospite indesiderato e indiscreto, ha ormai polverizzato le ossa del braccio e della clavicola, ha invaso i polmoni e il torace: non c'è niente da fare. Tiringo non ha molta vita nel suo bagaglio. La frattura conseguente la caduta, portando le taniche di acqua, è dovuta al male che era già in lei. Impallidisco mentre il dottore parla, e, siccome sono stata io a volermi prendere cura di lei, sento sulle mani il peso di doverla lasciar andare senza poter fare niente, e senza poterle dire una parola. E che cosa potrei dire? Penso alle parole sagge di Padre Alex, che parla di un Dio che è mamma e papà e guarda il mondo che è figlio malato che soffre, senza poter fare niente, ... e semplicemente soffre con lui: mi sento un po' anch'io mamma che soffre per i figli e con i figli... sorrido a Tiringo con una lacrima nel cuore e le prometto che sabato al mercato comprerò una maglietta al posto dei suoi brandelli di stoffa, e una gonna pulita. E che scatteremo una foto insieme. Mi siedo di fronte a questa bimba nera, che mi lancia uno sguardo speranzoso sapendo bene che si sbaglia e che io non posso davvero fare altro che stringerle la mano. Sara Cravero

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Torno da un ospedale stracolmo di persone in piedi, sedute, inginocchiate, accatastate in ogni angolo libero… tutte in attesa della cura per i loro mali. Io ho accompagnato una bambina, vestita di brandelli di stoffa che, una volta, forse avevano colori vivi, brillanti, come quelli dei bambini ricchi, come quelli dei bambini bianchi; una “natala", uno scialle tradizionale di cotone grezzo, le copre le spalle e il braccio destro.... malconcio, tumefatto e grande di tre o quattro volte quello sinistro. Questa ragazzina dagli occhi grandi e lucenti si chiama Tiringo Atalay, ha quattordici anni, ma ne dimostra dieci. Ci siamo incontrate per la prima volta un giorno, sulla strada che le fa da casa, dove vive con sua madre da quando non lavora più, perdendo così quei 20 birr (meno di 6000 lire) che le permettevano di tirare avanti per un mese. Dopo solo pochi istanti, mi ha mostrato la spalla gonfia senza dire una parola, accompagnando il gesto con uno sguardo che sembrava voler dire che io potevo fare qualcosa per quel suo male: vengo a sapere che due mesi fa è caduta in malo modo e da allora, il braccio si è gonfiato, ha cambiato forma, non lo muove bene, le fa male. Questo mi dice la bambina. Entriamo insieme nell'ufficio del direttore dell'ospedale: il Dott. Freu è un personaggio disponibile, sui trentacinque, che visita il braccio della piccola paziente senza però potersi pronunciare con sicurezza: consultiamo il chirurgo. Pochi minuti dopo entriamo direttamente nella sala operatoria, uno stanzino dove la sterilità lascia il posto alle mosche e ai muri scrostati: il chirurgo lancia una diagnosi di amputazione del braccio con una faciloneria e un'immediatezza che mi spaventano. Segue una discussione dai toni animati con il Dott. Freu, che si fa portavoce dei consigli del suo collega: alla mia impertinente opposizione all'amputazione, senza prima aver valutato almeno una qualsiasi altra possibilità, risponde con la calma di chi ha affrontato queste situazioni un numero troppo grande di volte per poterne ancora essere emotivamente coinvolto. Ci accordiamo faticosamente per una radiografia, effettuata sulla spalla di questo scricciolo timido che si lascia spogliare e rivestire da me con la docilità di un cucciolo, guardandomi a volte interrogativa, a volte affettuosamente incuriosita: mi chiedo che cosa



Il progetto 2006. Acqua per Gongode Il budget


La descrizione del progetto

Gongode è un distretto del Bako Gazer, nel sud dell'Etiopia, abitato da circa 30.000 persone, distribuite a macchia di leopardo in 16 sub-villaggi. L'area di Gongode è estremamente isolata per via della conformazione del territorio, per l'assenza di strade e per la lontananza da reti di comunicazione o insediamenti urbani; dista 710 km da Addis Ababa e 100 km da Jinka, capitale amministrativa del South Omo. Da Jinka si può arrivare esclusivamente con un solido fuoristrada (o con un pickup viaggiando quasi una intera giornata: la distanza tra Jinka e Gongode è di circa 90 Km). La comunità di Gongode è composta quasi totalmente da persone appartenenti al gruppo etnico dei Maale. Le pochissime eccezioni sono rappresentate da rappresentanti del gruppo etnico degli Ari. Non sono presenti unioni miste tra le due etnie. L'isolamento dei Maale è notevole: questo elemento concorre alla scarsità di risorse economiche e sanitarie. I Maale sono uno dei gruppi sociali più poveri della regione. Le risorse sono essenzialmente legate a una povera agricoltura di sussistenza e all'allevamento di capre. Il territorio dell'area di Gongode è quello tipico della savana, con clima semi-arido. Le temperature sono comprese tra i 28°C e i 35°C. Il territorio si divide in pianura e altopiano: la pianura a est è un deserto di arbusti. A causa della forte deforestazione (il legno è usato come combustibile) la

degradazione del suolo è critica ed avanzata. Le risorse idriche possono essere sintetizzate come segue: • Raccolta di acqua in pozzetti scavati a mano nei letti dei fiumi in secca (distanza dai villaggi compresa tra i 3 e i 10 Km); • Approvvigionamento da emersioni della falda in superficie a formare piccole pozze naturali non protette, utilizzate individualmente o a livello comunitario: l'acqua di queste pozze/stagni è usata indifferentemente per bere, cucinare, abbeverare gli animali. Questi stagni sono la causa principale di malattie nell'area di Gongode (malaria, diarrea, parassiti, bilharzia, etc...); • Fiume Bezo. I tre villaggi più vi cini al fiume (Ajo, Gambala, Buzule) sono posizionati a una distanza compresa tra i 6 e i 10 Km dal fiume; • Sorgente protetta del villaggio di Bule, facilitata dall'ICDP: serve circa 100 nuclei familiari; • Un altro pozzo in costruzione presso il villaggio di Bule. In tutta l'area di Gongode l'acqua potabile per gli esseri umani e per gli animali è una risorsa estremamente scarsa o nulla. La distanza media tra un insediamento umano e un punto di acqua (stagno, fiume, sorgente) è di 3-4 ore. Naturalmente questo percorso è compiuto a piedi da donne e bambine che, oltre all'acqua, devono procurare legname per il fuoco. In tutta l'area di Gongode, contando gli interventi in tema di approvvigionamento idrico fin qui condotti, si stima che le risor-

se idriche bonificate servano dal 15 al 20% della popolazione. Benché le piogge siano particolarmente scarse se calcolate secondo la colonna di acqua in mm/anno (tra i 400 e i 500), possono invece rilevarsi un’ottima risorsa dal momento che, quando accadono eventi pluviali, questi sono di fortissima intensità e generano l'ingrossamento dei fiumi generalmente secchi. Il problema è che data la temperatura e dato il tipo di terreno, l'acqua evapora immediatamente o viene drenata dalla terra fino a raggiungere profondità abbastanza elevate. Il progetto presentato da OMO è denominato Risk Management/ DCM Project Proposal ed è diret to alle comunità Maale di Gongode ed agli Hamer di Dimeka. È un progetto integrato multilivello dove si insiste su più aspetti dello sviluppo co munitario. Il progetto è sviluppato in concorso con la Chiesa Cattolica del Gamo Gofa (GGCC) e in stretta collaborazione con Ft. John Skinnader. Il Xmas Project partecipa alla parte di progetto relativa alla costruzione di 10 bacini artificiali per la raccolta di acqua piovana, della capacità di 60 m3 ciascuno, attrezzati con una pompa tidal ad azionamento manuale. La raccolta di acqua piovana servirà a far abbeverare esseri umani (tramite la pompa tidal) e animali in appositi abbeveratoi suffi-


pro capite in Etiopia è stimato in 50 l, un bacino artificiale una volta riempito con i suoi 60.000 litri può essere sufficiente per circa tre mesi per una decina di persone più i loro animali e il loro raccolto. Ciò significa che si stima che i bacini artificiali per la raccolta di raccolta di acqua piovana in progetto siano suffi-

cienti per un numero di beneficiari pari a circa 300 persone, più i loro raccolti e i loro capi di bestiame. La disponibilità di acqua piovana vicino ai villaggi è di enorme importanza: • abbatte gli effetti urgenti della siccità; • alleggerisce il lavoro quotidiano delle persone, altrimenti co-

Il progetto consiste nella costruzione di 10 bacini artificiali per la raccolta di acqua piovana, della capacità di 60 m3 ciascuno, attrezzati con una pompa tidal ad azionamento manuale. La raccolta di acqua piovana servirà a far abbeverare esseri umani (tramite la pompa tidal) e animali in appositi abbeveratoi sufficientemente lontani da essa; la stessa acqua servirà inoltre alla coltivazione di colture quali sorgo, miglio, mais. Ogni bacino artificiale di raccolta sarà custodito e mantenuto da 7 persone selezionate dalla comunità, alle quali verrà erogata adeguata formazione.

strette alla ricerca di fonti d'acqua distanti chilometri; • abbatte i rischi di razzie e di guerre tribali; • consente la riduzione della povertà e la coltivazione di colture di sussistenza e/o l'accesso al commercio; • migliora le condizioni igieniche di vita.

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cientemente lontani da essa; la stessa acqua servirà inoltre alla coltivazione di colture quali sorgo, miglio, mais. Ogni bacino artificiale di raccolta sarà custodito e mantenuto da 7 persone selezionate dalla comunità, alle quali verrà erogata adeguata formazione. Tenendo conto che il consumo medio giornaliero


Schema idrico per la raccolta di acqua piovana. I serbatoi di raccolta dell'acqua piovana possono essere ricavati da invasi naturali adeguatamente rimodellati piuttosto che scavati ex novo. Il letto dei serbatoi viene isolato e protetto tramite materiali naturali disponibili sul posto, normalmente a base di argilla compattata. Poche decine di metri a valle dell'invaso viene scavato il pozzo che raccoglierà l'acqua potabilizzata attraverso una tubazione di collegamento, nel mezzo della quale è posto il filtro a sabbia interrato. Tramite un pozzetto di ispezione è possibile la manutenzione e l'eventuale sostituzione del filtro.

pompa Afridev modello Tidal ad azionamento manuale per il consumo umano acqua piovana

pendio naturale

strato di argilla compattata abbeveratoio per le mandrie

tubo che incanala l’acqua sul fondo di un pozzo a fondo cieco, scopo depurativo pozzetto per l’ispezione e il cambio dei filtri

La pompa utilizzata è una delle più semplici e diffuse, pompa Afridev di costruzione indiana. Il modello scelto è il tipo Tidal, una pompa manuale azionabile da una persona sola. Il bassissimo carico tecnologico della pompa rende questo strumento estremamente sostenibile anche in termini di manutenzione. Lo schema d'acqua è completato da un abbeveratoio per gli animali e da un lavatoio. (http://www.skipumps.com/afridev.htm)

filtro a sabbia depurativo (brevetto canadese)


EURO

1. Formazione Animazione di 10 comunità

1.093

Training di coscientizzazione ed educazione igienico-sanitaria per 10 comunità

863

Training per i 7 tecnici manutentori

109

2. Sistema di approvvigionamento idrico 10 Sistemi di raccolta acqua piovana

11.098

10 Pozzi scavati a mano protetti e completati con pompa afridev ad azionamento manuale

12.972

10 Abbeveratoi 10 Lavatoi Mano d'opera (scavo del bacino, scavo dei pozzi, carico-scarico merci) CONTRIBUTO RICHIESTO XMAS PROJECT

1.633 702 2.703* 29.009

NB: Questa stima riferisce le spese di progetto relative alla costruzione di 10 bacini artificiali per la raccolta di acqua piovana, che dipendentemente dalle condizioni metereologiche approvvigioneranno circa 300 persone. Questa attività si inserisce nell'ambito di un progetto integrato multilivello nelle località di Gongode and Golobrendo in Bako Gazer Woreda nell'Etiopia del Sud. *80% lavoro eseguito dalla comunità.

Il budget

COSTI ESTIMATIVI

Sara Cravero, Responsabile Progetti OMO

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irregolare su una terra ostile e isolata, in un'alternanza di depressioni semi-desertiche e aree verdeggianti. Vivono di pastorizia in condizioni al di sotto della soglia minima di povertà e soffrono costantemente situazioni di prolungata siccità. L'acqua, per gli abitanti di queste terre spaccate dal sole e battute dal vento non è solo un bisogno costante da soddisfare, ma ha i contorni di uno strano personaggio definito spesso come “Signora Acqua”, o “Madre Acqua”: apparentemente innocua, eppure così dispettosa e potente da decidere tra la possibilità di vita o di faticosa sopravvivenza per milioni di persone. Così, mentre nel nostro spicchio viziato di mondo noi pesiamo l'acqua con la misura dell'abbondanza e dell'abitudine, questi uomini invocano la Madre Acqua con la voce del rispetto e con il canto della speranza, mentre le loro donne camminano per chilometri, le figure appesantite da grandi anfore di argilla, la sola forza dei piedi e delle spalle a tener loro compagnia. Migliorare l'accessibilità alle fonti di acqua e la qualità dell'acqua potabile, garantire la disponibilità di Madre Acqua per tutti, diffondere informazioni di sanità di base, ridurre il carico di lavoro dei segmenti più vulnerabili della comunità, formare all'autogestione e alla manutenzione degli impianti sono i nostri obbiettivi: i beneficiari,

questi uomini e queste donne dallo sguardo fiero e profondo, sono i veri protagonisti dello sviluppo, gli attori principali del nostro piccolo teatro. Sono loro, con la loro tenacia e la loro cooperazione che possono fare la differenza nella loro vita tra ieri e domani. L'utilizzo di tecnologie semplici, a basso costo, adattabili all'ambiente e ai mezzi di manutenzione disponibili è una componente imprescindibile: per questo motivo, l'accettazione dell'impianto, la comprensione dei suoi meccanismi e la presa di coscienza di questo “marchingegno” come un bene “della” comunità e “per la” comunità sono gli elementi cardine su cui lavoriamo costantemente per promuovere l'autogestione degli impianti da parte delle comunità. Perciò è importante dire che non lavoriamo da soli e, nel farlo, non voglio parlare delle nostre piccole grandi tragedie, non voglio parlare degli occhi affamati o delle bocche assetate, non voglio citare le braccia troppo piccole e le pance troppo grandi di migliaia di bambini. Il messaggio che voglio dare in nome del lavoro che facciamo è invece un messaggio di speranza, forse di utopia. Un mio caro amico sostiene che l'utopia di oggi è la realtà di domani: basta crederci. Non significa tendere la mano, o quantomeno non solo: significa essere compagni di viaggio per la durata di un soffio nella storia della solidarietà umana.

«

uomini e le donne con cui lavoriamo vestono abiti di fortuna, « Gli abitano piccole nicchie di legno e paglia che tracciano un reticolato


Gamo Gofa Catholic Church (GGCC) P.O. Box 23 Arba Minch (North Omo) - Ethiopia Phone: 06 810927/ 810182 Fax: 00251-01-513988 icdp.gamogofa@ethionet.et

www.omoweb.org


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Associazione OMO Onlus (OVERTLY MULTIETHNIC ORIENTED)

Strada Bria, 6 12042 Bra (CN) ITALY Tel. +39 335 7919166 Fax +39 0172 411907 omo@omoweb.org



e c j t o r 2 P 006 s a m X


... 23:38... 7 nov 2006... Ascolto un vecchio disco di Springsteen, e penso a cosa ci faccio dentro questo furgone bianco... vuoto, freddo, ma amico... i chilometri da percorrere sono ancora tanti, ed io vado avanti, solo, sempre alla stessa velocità... la luna sembra piena, illumina l'asfalto umido che pare aspettarmi come ogni giorno, vedo già le montagne, mie innumerevoli mete loro, tanto adorate, ma sinonimo di lontananza... ma cosa ci faccio qua, oggi più di ieri... tutto mi sembra strano, sensazioni diverse, mai provate prima, ho paura

ma cosa ci faccio qua, oggi più di ieri... nulla mi è più chiaro tutto mi sembra strano penso al numero 7, freddo, pungente e spigoloso, mi bussa tre volte in mente, ma cosa faccio qua... Penso a quanto abbia sete di tutto, penso a quanto abbia sete di noi... ma cosa ci faccio qua, oggi più di ieri... Marco

C’è chi ha sete di potere, mentre altri muoiono di sete, c’è chi ha sete di libertà, mentre altri muoiono di sete, c’è chi non ha sete ma spreca l’acqua, mentre altri muoiono di sete, c’è chi ha sete di pace o di vittoria ma nessuno dovrà morire per causa mia, tua, e di tutti questi. Fabio Maragno


Historia... Bolivar. Tierra de misterios. El reino de las aguas. “Salto Angel” La cascada mas alta del mundo. Un encuentro con la naturaleza... Un encuentro con la vida...

“Agua” entre Junio y Enero cuando los ríos estan crecidos. Esta es mi “Gran Sabana” De nuevo este año, me siento feliz de poder participar con Xmas Project regalando a aquellos que lo necesitan una esperanza. De Venezuela...

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Cyndra Velasquez

Beatitudini Dal Vangelo Di Matteo (5, 1-12)

Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi." Antonella Colombo


Uno. Più che acqua, vino. 8 luglio 2006: io e Ste ci siamo sposati. Per quel giorno avevo un unico obiettivo: divertirmi. Era la nostra festa, e dopo tanto tempo dovevamo solo divertirci, divertirci, divertirci. Non mi importava niente di niente, di tutte le cazzate di cui la gente ti chiede per mesi (il vestito, le bomboniere, i fiori, …il trucco!). Nel momento in cui, salendo le scale verso la chiesa (di fretta, come sempre), ho alzato la testa e ho visto quanta gente c’era, lì ho capito che sarebbe stata una bella festa. C’erano tutti (quasi tutti). Quel giorno strabordavo di gioia, e la mia sete era condividerla con i miei amici. E c’erano praticamente tutti. Alcuni solo per il pranzo, alcuni fino a sera tardi, alcuni, senza stop, fino alla degna finale dei mondiali la domenica sera. Il regalo più bello è stato averli lì. Io, Ste, e tutti voi. Un po’ emozionati al mattino, un po’ accaldati al pomeriggio, un po’ su di giri la sera… qualcuno un po’ debosciato il giorno dopo…

Due. Acqua, tanta acqua. Il Costa Rica è stata la meta che abbiamo scelto per il nostro viaggio di

nozze. Le poche cose che sapevamo di questo Paese ci avevano subito ispirato: tanta natura; uno sviluppo turistico tendenzialmente sostenibile; abbastanza sicuro da poter pensare di girarselo da soli. (La graduatoria di Ste in realtà era: tanta natura; l’unico Stato al mondo senza esercito; strade sterrate e dissestate che rendevano indispensabile noleggiare un fuoristrada e metterlo alla prova…). Certo, era la stagione delle piogge, ma – ci dicevamo – “mica pioverà sempre….”. Sempre no. Ma togliete le prime due ore di luce del mattino (…tra le 6 e le 8) e gli ultimi due giorni di vacanza, moltiplicateli per continue e abbondantissime secchiate d’acqua e avrete un’idea di quanto ha piovuto. Eppure è stato un viaggio bellissimo. Il clima era comunque affascinante, la vegetazione super-rigogliosa e nuova ai nostri occhi, gli animali inizialmente inquietanti e poi stranamente familiari. E le strade… erano bruttissime. Spesso interrotte da fiumi in piena, talvolta talmente dissestate da avere voragini di 30 cm a distanza di 50 cm l’una dall’altra (e rigorosamente distribuite in modo disomogeneo su tutta l’ampiezza della carreggiata), nella migliore delle ipotesi “spaccareni”. Insomma, un tormento, per me. La cosa più divertente del Costa Rica, per Ste.

Tre. Acqua primordiale. E infine… l’inizio. L’inizio di un nuovo ciclo, l’inizio di un nuovo anno, l’inizio di una nuova vita. Quest’acqua è l’acqua della placenta. L’acqua in cui la nostra nuova piccola creatura cresce e si alimenta. È l’Idea che ci emoziona, che ci unisce, che ci riempie. Che ci fa sperare e un po’ pregare. Che ci fa guardare al mondo come se fosse ancora un po’ più nostro, che ci fa sentire un po’ più attori e meno comparse. Ed è anche l’immagine che ci stupisce e ci fa chiedere in continuazione: “…ma perché si gratta sempre i piedi?!!”. In questi miei primi 35 anni non ho mai visto nessuno morire per mancanza di acqua, ma anche tra i miei più cari affetti ho spesso visto tanta, tanta inquietudine. Tanta sete di pace interiore. A nostro figlio, se vorrà nascere, a tutti i bimbi che verranno, ai miei affetti, a chi riceve questo libro, auguro, con questo Natale, tanta serenità, tanta pace. Auguro silenzi rilassanti e distensivi. Auguro il dissiparsi delle angosce e il placarsi delle inquietudini. Auguro il piacere di viversi. Elena Salvi


Noi bevevamo come cammelli quell’estate, era agosto, era il 1991 ed eravamo a Gerusalemme, c’erano 40 gradi e tutto il giorno salivamo e scendevamo dai pullman con sbalzi di temperatura imbarazzanti. Filippo per la febbre a 40° aveva lasciato tutto il sudore del suo corpo nelle lenzuola fino ad allagare il materasso, mentre Matteo poche ore prima aveva trascorso gran parte della notte chiuso in bagno a leggere il mio passaporto non sapendo più come passare il tempo. Sul tavolo quella sera a cena c’erano almeno 10 bottiglie d’acqua e c’erano altrettanti tappi blu, tutti avvitati per bene e tutti perfettamente in ordine come le posate, i tovaglioli e la tovaglia stirata. Bevevamo per la sete, ma bevevamo anche per mandar via i sapori forti di una cena troppo strana per noi: erano

zucchine ripiene o ripieni di zucchine, erano chicchi di riso allo zafferano o uova di pesce pazzo. Davanti a tutto questo neutralizzavamo la nostra bocca bevendo come oche giulive. Ciononostante quei tappi malandrini non mi convincevano affatto. I camerieri andavano e venivano dalla cucina con fare sospettoso, non volevano avvelenarci ci mancherebbe, ma la disinvoltura con cui ci sostituivano le bottiglie vuote mi preoccupava. Quella sera la mia attenzione per il dettaglio si fece sospetto e in un attimo si fece prova: le bottiglie andavano in cucina vuote e tornavano piene, peccato che i camerieri avevano dimenticato un particolare: la coroncina era sempre distaccata, ergo la bottiglia era stata aperta in cucina (men dei mali) ed era stata riempita con acqua del rubinetto (speravo) e spacciata per minerale in bottiglia. Non ci arrabbiammo, anche se in modo

gentile dissi al cameriere: ueh ueh ueh, cosa fai, camuffi le bottiglie? Non ci fu risposta, ma non riuscimmo più a mandar giù un sorso d’acqua: il timore di trascorrere la notte in bagno ci terrorizzava. Chiedemmo allora una bevanda gassata, sognando un’aranciata, invece arrivò una bottiglia di vetro tutta panciuta, non una sottomarca di qualche nota azienda, non una contraffazione evidente, ma una semplicissima bottiglietta ghiacciata con la coroncina serrata, pronta da aprire. La bevemmo come se fosse la più buona del mondo, era una indimenticabile PIPS. Spero solo che adesso a Gongode la smettano di bere acqua “contraffatta” e grazie ai 10 bacini artificiali anche gli abitanti del South Omo possano presto sognare un’indimenticabile bottiglietta di PIPS. Dario Bertolesi

La mia sete Ho sete di serenità, ho sete di libertà, di equilibrio, di affetto, di famiglia, di amicizia e di amore. Ho sete di una vita colorata, di visi sorridenti, di occhi puliti e sinceri. Ho sete di allegria e di sane risate… e quindi sempre rimanendo in tema di sete (un po’ particolare, ma sempre di sete si tratta!) ecco alcuni spunti per sorridere: “Bevo soltanto due volte al giorno: a pasto e fuori pasto.”- Anonimo veneto. “Mandatemi subito due mezzi whisky doppi.” - Groucho Marx. “Liberté, Egalité, Beaujolais.”- Robespierre, forse. Erica Brovelli, Torino Citazioni tratte dal libro “Elogio di una sbronza consapevole” di E. Remmert e L. Ragagnin

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Tappi contraffatti


Il reparto amministrativo di J.A.S. Spa sostiene e diffonde il Xmas Project 2006

Acqua dolce acqua La nostra acqua non è dolce, è illimitata, permette di trasportare migliaia di containers in tutti i porti del globo. La loro acqua è dolce, limitata e permette loro di vivere. Grazie anche al nostro contributo, migliaia di litri della nostra acqua saranno la loro dolce acqua. Gianluca Falsitta e i colleghi del reparto amministrativo di J.A.S. Spa.


Etta abba chelu (“Getta acqua cielo”) Luigi Marielli

Speed Transport Service Italiana sostiene e diffonde il Xmas Project 2006

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Un 24 di novembre mi sto godendo in pace la ninnananna di foglie che l’autunno ha stancato ogni foglia è cosi... leggera come questo oblio anninnoranninora, la vita va in buon’ora... anninnoranninora Un rimasuglio di realtà sparsa come l’odore del maestrale in questo momento di oziosità non c’è niente che... non c’è niente che va male Getta acqua, cielo che quest’anno siamo assetati getta acqua e balleremo come indiani getta acqua fresca, adesso getta acqua, cielo. Un 15 di aprile sdraiato in un campo di fragole giocando con le nuvole e le loro forme non c’è niente che... non c’è niente che... Ma se la pioggia è il sudore del cielo noi dovremmo essere come cavalli stanchi ma felici di correre anche quando... qualche cosa va male. Getta acqua, cielo che quest’anno siamo assetati getta acqua e balleremo come indiani getta acqua fresca, adesso getta acqua, cielo. anninnoranninora, la vita va in buon’ora... anninnoranninora anninnoranninora, la vita va in buon’ora... anninnoranninora Getta acqua, cielo che quest’anno siamo assetati getta acqua e balleremo come indiani getta acqua fresca, cielo getta acqua fresca adesso, getta acqua cielo. anninnoranninora, la vita va in buon’ora... anninnoranninora.


Ho sete di… scuola pubblica. Scuola come l’acqua, trasparente e indispensabile, capace di dissetare, dare piacere e di rendere fertile. Luogo in cui la società si ascolta, si cura e si progetta. Ho sete di … scuola pubblica. Scuola: un bene comune al pari dell’acqua e dell’aria e come acqua e aria indispensabile a ogni persona. Marta Gatti, maestra elementare - retescuole.net

Il peggio è quando ormai non te ne accorgi. Non conosco la sete vera, la disidratazione, ma immagino che a un certo punto il corpo semplicemente smetta di chiedere liquidi, e si riprogrammi per cercare di sopravivere senza, o quasi. Lo stesso ci succede con l’altra sete, la curiosità, la voglia di crescere. Arriva il momento in cui, nella battaglia quotidiana contro il tempo, i doveri e gli ozi facili prendono il sopravvento e annientano la sete. E una parte di noi lentamente si spegne. L’importante è accorgersene, e iniziare il contrattacco.

Note come gocce d’acqua, rugiada lieve, poesia. Ho sete di musica e armonia. Nei momenti in cui sono solo mi lascio inondare, poi cerco la condivisione per donare con gioia questa pioggia di vibrazioni. Teo

Silvia Bailo

Io ho sete di tempo libero, Abbiamo rubato un breve pensiero per fermarlo su queste pagine e poterlo rileggere ogni volta che il “cercare l’acqua” diventa più faticoso: “C’è una verità elementare, la cui ignoranza uccide innumerevoli idee e splendidi piani: nel momento in cui uno s’impegna a fondo, anche la provvidenza allora si muove. Infinite cose accadono per aiutarlo, cose che altrimenti mai sarebbero avvenute... Qualunque cosa tu possa fare, o sognare di poter fare, incominciala. L’audacia ha in se il genio, potere e magia. Incominciala adesso”. Wolfang Goethe LudovicaSofiaFrancescaGuido

di giocare coi miei bimbi, di giocare come un bimbo, perché sono un bambino, anche se un po’ cresciuto. Ho sete di cose nuove, di viaggiare, di scoprire che basta poco per sentirsi liberi. Ho sete di giustizia, di vedere che le cose possono cambiare se lo si vuole davvero, di sapere che le idee valgono più dei soldi per realizzarle. E avrei voglia, ora, di far volare il mio aquilone, e di sentirmi spensierato e libero come lui, che non ha mai sete, e gli basta solo il vento. Rena


Libro “Sfera” pagina 161,

Un matrimonio perfetto

sto studiando il ciclo dell’acqua, l’importanza dell’acqua per l’uomo e per la sua vita, bla, bla, bla … intanto penso che ho sete di un mondo nuovo, un mondo di fantasia e di colori brillanti. Che ho sete di una nuova vita. Che ho sete di tutto. Al mondo tante persone hanno sete di qualcosa. Noi abbiamo il compito di avverare prima il sogno altrui, poi il nostro. Allora sì che si può dissetare tutta la terra.

Camminavo per la via sterrata che collega Antanafisaka all’unica strada asfaltata della regione. Avevo lasciato che i bimbi del villaggio continuassero a giocare tra loro ed ora, a piedi nudi sulla terra rossa, tornavo a casa. Quanto era bello il tramonto africano! Impossibile non esserne rapiti ed improbabile riuscire a descrivere appieno i colori della natura, i suoni e gli odori del Madagascar. M’abbandonai all’ombra di un grande albero immerso in quell’ambiente saturo di bellezza estrema e mi sentii travolgere dal senso di pace: fu la prima volta che colsi l’inesorabile vacuità delle cose. Sovvenne quella certezza d’essere parte del tutto, quella sensazione di poter abbracciare l’universo intero e sentire di farne carnalmente parte.

Lara Cimmino, Scuola Alfieri – 4aA

…sete di giustizia sete di pace sete di bellezza sete di condivisione sete di solidarietà... Perché ogni tipo di sete venga saziata, non solo a Natale. A tutti gli amici!

“Solo un calmo specchio d’acqua riflette la luce del sapere”

Agnese Consonni

(Proverbio cinese) Antonio Panizza

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Daniele Allocco

Stop al Pirellone La Lombardia vuole privatizzare il servizio di erogazione dell'acqua (legge Regionale n° 18 dell'8-8-2006). Il governo ha impugnato la legge avanti la Corte Costituzionale in quanto lesiva dell'autonomia di Comuni e Province. Contestualmente 100 sindaci della Provincia di Varese (in gran parte leghisti e di centro destra) hanno bocciato la legge... Daniela Medici

“Si tratta di un primo stop al tentativo del centro destra di trasformare l'acqua in business”afferma Mario Agostinelli, capogruppo del Prc. Nel caso la Consulta non provveda basteranno cinquanta sindaci per fare un bel referendum abrogativo regionale. Il caso di Varese dimostra che i sindaci, a prescindere dal colore politico, non ci stanno a regalare ai privati il “bene comune” per antonomasia. Anche in Lombardia l'acqua deve restare pubblica, afferma Emilio Molinari, presidente del Comitato italiano del Contratto mondiale sull'acqua … Coerentemente il disegno di legge della ministra Lanzillotta sulla liberalizzazione dei servizi pubblici locali esclude tassativamente l'acqua. Per giocare d'anticipo, Formigoni si è fatto la “sua” legge regionale. Da “Il manifesto” dell'11 ottobre 2006


Milano (2005) Acqua II (2000) Pen si

er ia

c i os qu

Acqua (1986)

a ef St di

Sta per piovere: Dio, me li bagni tu i fiori?

Vedo una fontanella che funziona. Mi fermo a bere. Ne faccio una bella scorta. Tra un po’ si pagherà anche quella.

Purificarmi vorrei sotto acqua scrosciante.

no

D’ Ad da

Disteso in un’oasi di sovrumana bellezza. Annaspare persino sotto l’angoscia della mia trasparenza. Estasi infinita.

Qualcuno disse... Fare dono della cultura è fare dono della sete. Il resto è una conseguenza… (Antoine de Saint-Exupéry)

Che cosa fa la nostra cultura per regalare un po’ d’acqua a quelli che hanno "veramente" sete? Ben vengano OMO e il Xmas Project e... CIN CIN al Natale che arriva!

Pozzi Per tutta la notte ho le labbra arse, la bocca impastata. Stremata, gorgoglio nella bottiglia azzurra stazionata perennemente sul comodino, finché mi piego a metà, con lo stomaco che scoppia. È una tregua breve ma compro tempo. Da sveglia la sento salire come la marea, impercettibile all’inizio ma so che non mi lascerà scampo. Inizio a sudare prima ancora di farmi una doccia. Lavo i denti, mangio, fumo, cerco in tutti i modi di distrarmi. Hanno cercato di aiutarmi – è una

Sara Panizza

sete d’amore delle cui origini ho perso traccia, un vuoto che potrei riempire senza inghiottire nulla. Ma non riesco a fermarla e vivo tra mille incombenze, purché mi tengano fuori di casa, tra la gente, dove la smania non mi uncina mai alle spalle. Striscia durante il silenzio, nel riposo. Nei weekend mi aspetta dietro la porta e poi mi assorda. Mi schiaccia sulla schiena e arresa mi inginocchio a rovistare nei nascondigli. Ché basta anche un dito trasparente o un fondo acre per darmi qualche ora di sollievo. Lorida Tieri


L’esofago

I’m a lady

Asciutto, da non sapere più accogliere né farina povera, né riso umile, secco, da sapere di ferro acido, rosso fuoco, da vergognare il toro infuriato, spaccato, da dividere un cuore, triste, da restare solo, graffiato, da bruciare amaro, crespo, da non ricordare il rumore dell’umido che scivola giù, vero, da far piangere pensieri indifferenti, seduti distanti da gole aride e piegati all’indentro sulla propria pelle fertile e sazia.

No niente morsi sul collo, darling, quella è roba da gaglioffi. What? No, canini aguzzi e bare in cantina sono completamente out. Finiti, passati. Medievali, antiestetici, troppo malagevoli. Vuoi mettere col mio piumone svedese e il letto King Size? Tutte leggende metropolitane, insomma. Se lo vuoi proprio sapere, mi disseto direttamente dalle sacche dell’Avis. Con la cannuccia, of course. Lorida Tieri

Il mio esofago urla solo quando è inondato di troppo alcool… questa è la mia nuda verità che si vergogna di sé.

Ogni tre settimane passate a fare ricerca sul campo a Dabat tornavo ad Addis, in corriera. La corriera era un Cacciamali italiano degli anni ’60, il rumore costante della lamiera scossa ad ogni buca (ce n’erano migliaia da Dabat ad Addis) si mischiava alla musica comandata dall’autista e diffusa a volumi assordanti. I due giorni e mezzo di viaggio che dividevano Dabat da Addis mischiavano tra loro i viaggiatori, uniti dal medesimo destino e dallo stesso rischio (non infrequente) di finire in uno dei tanti burroni che la strada costeggiava: capii solo dopo che era per questo motivo che improvvisamente, in un certo tratto della strada, gli uomini mettevano mano al portafoglio e le donne scioglievano la piccola sacca nascosta sotto i vestiti e ne cacciavano fuori qualche birr che passava di mano in mano fino ad arrivare al guidatore, che pochi chilometri dopo sporgendosi dal finestrino consegnava il piccolo malloppo ad un monaco ortodosso vestito di arancione e piantato nel bel mezzo della strada. Ex voto preventivo.

Dopo i soggiorni all’hotel Eritrea di Dabat, Gondar mi sembrava Parigi. Andavo sempre a mangiare in un piccolo ristorante vicino ai castelli di Fasilidas e invariabilmente ordinavo tibbs e birra St. George. Mi trattavo bene dopo il fango o la polvere di Dabat. Una sera incontrai un ragazzo americano, laureato in linguistica, occhialini rotondi, capelli pochi e spettinati, che da Gondar voleva passare in qualunque modo il confine ed entrare in Sudan. “Non mi faranno entrare con questo passaporto americano”, diceva, “ma ho già un contatto per passare con dei nomadi somali insieme ai loro cammelli”. Sapevamo tutti che i somali erano tenuti particolarmente d’occhio, glielo dissi e aggiunsi che i somali li avrebbe trovati semmai ad Harar o a Dire Dawa, comunque verso Gibuti, ma non certamente ad ovest. Mi rispose che con duecento dollari poteva trovare somali e cammelli anche in California. Ci salutammo e ovviamente non lo rividi mai più. Luca Razman

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Fabio Russo


Ho visto la sete nello sguardo del morente: un fazzoletto intriso d’acqua non pareva saziare quel bisogno, ma che dico, quell’anelito che viene da lontano e che porta a guardare oltre. Non basta bagnare le labbra screpolate. Ho sete: sono le parole del Cristo in croce. Sono le parole dell’uomo, di ogni uomo: di colui che in tutta la sua vita ha bevuto a sazietà e di colui che ha sofferto arsura e siccità. Alla fine, dopo l’amore, dopo la casa, dopo il successo… non rimane che un grido: ho sete. Di sete si può anche impazzire. Storditi di fronte ad una svariata gamma di surrogati, bibite, sciroppi… in bottiglia, in lattina, in tetrapak… ma per quanto? Ho sete: non posso stare in pace fino a quando non potrò tuffarmi nell’oceano di Dio: un oceano che accoglie, abbraccia, risolve in sé tutti i fiumi immondi e inquinati della nostra storia. L’oceano non fa diga, non frappone ostacoli, l’oceano vince la violenza dei fiumi semplicemente lasciando che essi la esauriscano nel suo grembo.

I Sensi dell’Acqua Ho sete di sentire linfa vitale che nutre il mio corpo, del velluto trasparente che scorre tra le mie labbra, del ruscello che sento scorrere dentro di me quando la pioggia inonda il mio corpo. Ho sete di vedere le gocce di quel fiume melmoso che mi danno sollievo e che placano l’aridità delle labbra seccate al Sole. Ho sete di toccare con le mani quel liquido trasparente che dà sollievo alle mie membra stanche ricoperte di fango, di terra, di sabbia. Ho sete di udire un ruscello che scorre in lontananza, che inganni la mia mente, che mi faccia credere di poter placare la sterilità della mia gola.

Giuseppe Bettoni

Ho sete di percepire il profumo di quel fluido fresco che riempie il mio corpo di Vita. Ho sete di imparare a conoscere il suo nome… Ho sete di Acqua.

“S’i fosse foco arderei lo mondo S’i fosse vento lo tempestarei, S’i fosse acqua io” ...

Nicoletta

Beh, s’i fosse acqua io il mondo lo: inonderei, disseterei, e poi tutti al mare, ma quando fa freddo ghiaccio, nel mondo io m’insinuerei, e quando fa caldo evaporo e non mi trovi più, ma guarda in cielo; e s’i fosse acqua annaffierei i fiori riempirei i gavettoni bagnerei i bambini ma in fondo in fondo mi lascerei andare, appunto… “dovrei esser come l’acqua che si lascia andare, che scivola su tutto, che si fa assorbire, che supera ogni ostacolo finché non raggiunge il mare, e lì si ferma a meditare per sceglier se esser ghiaccio o vapore, se fermarsi o se ricominciare”. Claudio Elie


Ho sete di… Più che altro mi sento una fontana. Sin da piccola sono stata alimentata con tanto amore. Vicino a me ho una fonte incredibilmente ricca da cui posso sempre attingere. I nostri zampilli sono cresciuti e diventati nuova, meravigliosa polla. Sono venute le separazioni, tante, e i dolori, grandi, che mi hanno a volte svuotata ma mai prosciugata. E poi prima una, poi due, poi tre nuove sorgenti che hanno ridato e danno ogni giorno nuova vitalità al mio sprizzare. Ed è per portare un po’ della mia acqua, per aiutare l’appagamento della loro sete che adesso zampillo. Augusta Mamoli

solo quando ne hai estrema necessità e ti manca, perché siamo abituati a dare per scontato che aprendo un rubinetto, lei sia subito lì a nostra disposizione: me ne sono resa conto in montagna, a Cornalba, durante il mese d’agosto di due anni fa. Appena arrivati, accaldati dopo un interminabile viaggio ed inspiegabili code, non vedevamo l’ora di tuffarci sotto la doccia, ma purtroppo tutti i rubinetti erano inesorabilmente secchi! Essendoci siccità ed un numero spropositato di villeggianti, i comuni non avevano pianificato al meglio quale fosse il fabbisogno, e ci siamo trovati SENZA! Sembra quasi assurdo raccontare un fatto del genere, acca-

duto in montagna, in zone famose per le acque minerali (S. Pellegrino, Bracca), ma l’emergenza è durata per qualche tempo. Il primo giorno il Comune ha fornito ad ogni famiglia alcune buste di plastica d’acqua, noi siamo andati a casa di mio fratello – in un paese vicino ancora non “razionato” – a “mendicare” una doccia, con la fortissima tentazione di tornarcene a Milano… Nei giorni seguenti l’acqua veniva erogata ad ore fisse, con la raccomandazione di utilizzarla solo per l’alimentazione e la cura della persona, e la nostra cucinetta si è riempita di bottiglie di minerale (che stava anch’essa diventando

introvabile) per le scorte e le emergenze… È incredibile quanta se ne usi anche solo per lavare qualche stoviglia! Naturalmente il giardino doveva accontentarsi dell’umidità notturna, che fortunatamente in quelle zone non manca, mentre l’intera comunità montana invocava Giove Pluvio… Ma tutto ciò ci ha almeno insegnato qualche piccolo accorgimento: non occorre lasciare inutilmente aperto il rubinetto mentre ci spazzoliamo i denti; una bella doccia lava bene come un bagno, ma si utilizza molta meno acqua; le piante crescono e germogliano anche se non le inzuppiamo… Annarosa Belso

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Ti rendi conto di quanto sia preziosa l’acqua


Quel amore di Acqua! Era proprio innamorato dell’Acqua, fin da bambino, e pensava che non gli sarebbe passata mai più. Non che avesse sempre sete, ma comunque beveva sempre. Beveva da ogni rubinetto che gli capitasse a tiro. In casa, in stazione, nelle piazze e ai giardinetti, nei bar, nelle discoteche e nei cinema. Appena vedeva un lavandino o una fontanella ci andava appresso. Difatti, poi orinava molto. Quindi, quando non era a casa sua, c’aveva anche da cercare un bagno pubblico (altra impresa epica nella città in cui viveva…). Beveva molto più della media dei suoi amici. Qualcuno aveva calcolato che lui bevesse tre o quattro litri di acqua al giorno. E non è che lo facesse per averlo letto su quelle riviste femminili di bellezza… È che non appena lui vedeva dell’acqua, doveva per forza berla. Era più forte di lui, l’acqua lo attirava tremendamente. Avrebbe bevuto anche in tutte le fontane monumentali della città, se non fosse che per arrivare allo zampillo delle statue in molte di queste bisognasse guadare le vasche… L’acqua gli piaceva tanto perché era limpida, fresca, trasparente e soprattutto lì, a disposizione, come l’aria che respirava. Lui la beveva in ogni modo: direttamente dalle cannelle, a garganella dalle bottiglie, con la mano a cucchiaio presso le fontanelle; la beveva anche sotto la doccia. In montagna la beveva dalle fonti, dalle sorgive, dai torrenti e dai ruscelli. Beveva anche nei fiumi e nei laghi dove andava a fare il bagno, se erano puliti. Qualcuno l’aveva addirittura visto inginocchiarsi, spalancare la bocca e bere direttamente l’acqua dei temporali. Quando andava in macchina aveva sempre due o tre bottiglie bilitro dietro il sedile, così come non gli mancava mai l’acqua nello zainetto. Ma la soddisfazione più grande era berla liberamente, gratis, nei luoghi pubblici. Ecco perché amava quelle città con tante fontanelle, mentre malediva quelle che pur essendo ricche, piene di banche e negozi di lusso, di acqua pubblica ne avevano poca. Soprattutto d’estate.

La cosa che più lo faceva imbestialire poi era ritrovarsi in quei locali da ballo dove nei gabinetti non facevano funzionare apposta i rubinetti, oppure mandavano solo acqua calda, per costringere la gente a comprare le consumazioni. Lui si incarogniva e allora beveva anche l’acqua calda; azionava più volte i rubinetti a fotocellula e beveva solo i primi due, tre secondi, prima che l’acqua si scaldasse troppo. Poi giurava di non tornarci mai più da quei pidocchi di gestori che privavano i cessi dell’acqua da bere! Da bambino l’acqua pura e azzurra gli piaceva da morire, talvolta se la sognava persino. Gli piacevano quelle situazioni fantastiche in cui l’acqua invadeva dei luoghi chiusi, come una casa o una stanza. Si immaginava a scuola tutti i rubinetti lasciati aperti e l’acqua che saliva e riempiva le stanze e i corridoi, senza disperdersi perché tutto sarebbe stato a tenuta stagna. Gli piacevano moltissimo le vasche delle piscine, con l’acqua così trasparente e azzurra, soprattutto quelle piccole dove si toccava e si poteva passeggiare accarezzandola. Più tardi gli sarebbero piaciuti molto quei film americani un po’ catastrofici degli anni ’70 dove l’acqua (sempre quella dolce, quella da bere) era la protagonista assoluta perché alla fine salvava tutti dall’incendio disastroso (come in “Inferno di cristallo”) o perché allagava sino al soffitto uno stanzone per poi sfondare la porta e travolgere i cattivi nel corridoio (come in “Detective Harper: acqua sino alla gola”). Ma più di tutti gli piaceva il Carosello di Vernel, quello dell’Uomo in Ammollo, che completamente vestito parlava alle casalinghe e faceva la prova detersivo sulla sua camicia, immerso nell’acqua fino al collo. Insomma, l’Acqua era proprio il suo amore, la sua prima figlia avrebbe potuto chiamarla proprio così, Acqua, o Acquetta, o Acquolina, e adesso che aveva finito di scrivere questo breve racconto gli era già venuta una gran sete. Stefano D’Adda


Ho sete, sì, ma anche (sempre) una fame della madonna! matteone

Buongiorno amico mio,

terre e uomini sconosciuti è giunta al suo porto. A metà marzo la creatura che porto in grembo farà ingresso in questo mondo del XXI secolo. Così è se vi (gli/le) pare, aspetto un/a bambino/a. Bambino/a internazionale, il padre lituano, ancora non so dove nascera' e dove crescerà... ma di sicuro mi piacerebbe incontrasse le persone fantastiche che conosco. Un abbraccio forte come l'universo. Fede

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non so se per l'influenza della luna che determina le maree e altre oscillazioni, non so se per l'interno bioritmo che impedisce l'essere umano di essere puro spirito, o forse per l'amore e l'esperienza che ci lega, il mio interesse, la mia attenzione e il mio bisogno costantemente ritorna a voi, amici miei. Non posso considerarmi religiosa, ma in qualche modo

credo nell'energia che unisce oltre le parole, la presenza e il telefono. So di non essere di grande supporto per voi, per i vostri pargoli, per i piccoli e grandi problemi quotidiani, ma non passa giorno senza pensarvi. Non so se serva a qualcosa ma voglio credere che sì. Ancora ancorata a Londra, cenerentola della frenesia, oggi sorrido dopo mesi di profonda tensione. L'eterna fanciulla e avventuriera di

Sete di Sangue Sì, lo ammetto. Talvolta ho sete di sangue. Di fronte a certe scene ho sete di sangue. Nonostante sappia che sangue chiama sangue, che la violenza non serva, sento nel mio inconscio il richiamo del sangue. Del sangue dei potenti, di coloro che hanno permesso e continuano a permettere che milioni di persone muoiano di fame e di sete. Ho sete del sangue di coloro che scatenano guerre per sete di potere e denaro, per sete di oro e di petrolio, incuranti delle milioni di vittime che così provocano. Sete del sangue di chi per profitto e potere distrugge paesi, fiumi e laghi, condannando alla fame e alla povertà milioni di persone che non possono più trarre sostentamento dall’ambiente circostante. Il sangue di pochi per placare la sete di giustizia di cui la nostra Terra ha diritto e bisogno. Il sangue di pochi per permettere ai molti di vivere; per permettere a bambini di giocare con le pozzanghere e con il fango, sguazzandoci dentro come solo loro sanno fare; per non tollerare che dal fango e dalle pozzanghere si debba bere. Carlo Carlini


Un porteur d’eau avait deux grandes jarres, suspendues aux 2 extrémités d’une pièce de bois qui épousait la forme de ses épaules. L’une des jarres avait un éclat, et, alors que l’autre jarre conservait parfaitement toute son eau de source jusqu’à la maison du maître, l’autre jarre perdait presque la moitié de sa précieuse cargaison en cours de route. Cela dura 2 ans, pendant lesquels, chaque jour, le porteur d’eau ne livrait qu’une jarre et demi d’eau à chacun de ses voyages. Bien sûr, la jarre parfaite était fière d’elle, puisqu’elle parvenait à remplir sa fonction du début à la fin sans faille. Mais la jarre abîmée avait honte de son imperfection et se sentait déprimée parce qu’elle ne parvenait à accomplir que la moitié de ce dont elle était censée être capable. Au bout de 2 ans de ce qu’elle considérait comme un échec permanent, la jarre endommagée s’adressa au porteur d’eau, au moment où celui-ci la remplissait à la source. "Je me sens coupable, et je te prie de m’excuser." "Pourquoi ?" demanda le porteur d’eau. "De quoi as-tu honte ?" "Je n’ai réussi qu’à porter la moitié de ma cargaison d’eau à notre maître, pendant ces 2 ans, à cause de cet éclat qui fait fuire l’eau. Par ma faute, tu fais tous ces efforts, et, à la fin, tu ne livres à notre maître que la moitié de l’eau. Tu n’obtiens pas la reconnaissance complète de tes efforts", lui dit la jarre abîmée. Le porteur d’eau fut touché par cette confession, et, plein de compassion, répondit : "Pendant que nous retournons à la maison du maître, je veux que tu regardes les fleurs magnifiques qu’il y a au bord du chemin". Au fur et à mesure de leur montée sur le chemin, au long de la colline, la vieille jarre vit de magnifiques fleurs baignées de soleil sur les bords du chemin, et cela lui mit du baume au coeur. Mais à la fin du parcours, elle se sentait toujours aussi mal parce qu’elle avait encore perdu la moitié de son eau. Le porteur d’eau dit à la jarre "T’es-tu rendu compte qu’il n’y avait de belles fleurs que de TON côté, et presque aucune du côté de la jarre parfaite ? C’est parce que j’ai toujours su que tu perdais de l’eau, et j’en ai tiré parti. J’ai planté des semences de fleurs de ton coté du chemin, et, chaque jour, tu les as arrosées tout au long du chemin.

Pendant 2 ans, j’ai pu grâce à toi cueillir de magnifiques fleurs qui ont décoré la table du maître. Sans toi, jamais je n’aurais pu trouver des fleurs aussi fraîches et gracieuses." Et maintenant à nous... Nous avons tous des éclats, des blessures, des défauts. Nous sommes tous des jarres abîmées. Certains d’entre nous sont diminués par la vieillesse, d’autres ne brillent pas par leur intelligence, d’autres trop grands, trop gros ou trop maigres, certains sont chauves, d’autres sont diminués physiquement, mais ce sont les éclats, les défauts en nous qui rendent nos vies intéressantes et exaltantes. Vous devez prendre les autres tels qu’ils sont, et voir ce qu’il y a de bien et de bon en eux. Il y a beaucoup de positif partout. Il y a beaucoup de bon en vous. Souvenez-vous d’apprécier tous les gens si différents qui peuplent votre vie ! Sans eux, la vie serait bien triste. Martina Nencini

Veronica, che cos’è l’acqua? È l’acqua E a che cosa serve? Per bere, al mare si fa il bagno, per lavare tante cose... Dove si trova l’acqua? Nei fiumi, nei rubinetti… Tu pensi che nel mondo ci sia tanta acqua? Sì. Secondo te tutta l’acqua che c’è si può bere? No, quella delle fogne no, anche quella dei laghi perché la gente ci butta le schifezze. Sai che ci sono persone che non hanno acqua da bere? Sì. Secondo te dove? In Marocco. Come possiamo aiutarli ad avere acqua da bere? Non buttare le cose nei fiumi, non bisogna tenere l’acqua aperta quando laviamo i denti, li facciamo venire a Milano e gli diamo l’acqua del rubinetto. Veronica Capellupo, 6 anni


Fonte Immagino la fonte,

Ho sete, ho sete, ho sete di soluzioni...

La bocca del gradale immersa nella pozza

Lapo De Carlo

a pescare fango - E fortuna. L’anelito, percosso, Attraversa il setaccio ornando di buie perle un fondo di zucca. Nel lago di placida albedo decanta l’affanno del ritorno; Accordo il mio verso ad una nota d’acqua e il deserto abbandona i miei carmi, il petto del mondo fiorisce, il demone, sazio, si placa. Gabriele Dozzini

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Pensateci bene: veniamo letteralmente terrorizzati da occasionali articoli formato promemoria che ci scuotono dal nostro torpore. Ci dicono da tempo che se continua l’attuale ritmo di consumo di acqua, suolo fertile e foreste presto saranno esaurite le risorse. I media pressati dai dati che vengono diffusi (l’ultimo del WWF) piazzano articoli devastanti, prefigurando scenari apocalittici con scadenze sempre più imminenti. La fine sembra sempre dietro l’angolo e mentre leggi con l’asma pensi a cosa potresti fare per contribuire, nel tuo piccolo, alla salvezza del pianeta. Poi, il giorno dopo, l’articolo non c’è più, nessuna traccia se non quella di una sterile polemica verso uno degli Stati accusati di non fare nulla per assumere scelte radicali su quanto riguarda il mutamento dei nostri modelli di produzione e consumo. Punto. Per settimane o mesi il nulla... e noi torniamo alle nostre vite con la sensazione che non possiamo fare molto e in fondo se la situazione fosse davvero così grave se ne parlerebbe tutti i giorni. Diciamola tutta: noi pensiamo anche al solito allarmismo delle organizzazioni ambientaliste, che peraltro hanno grandi sedi in città importanti e dunque appartengono anch’esse all’estabilishment. Nessuno sa come amministrare la natura, mezzo miliardo di persone muore di fame e di sete (non è un numero a caso), perché non ci sono mezzi di distribuzione davvero efficaci. La burocrazia congestiona gli enti governativi e non si pensa a come risolvere i problemi. Siamo qua da anni a cercare di tappare falle e portare sostegno con iniziative meravigliose come quella di Xmas Project. Ma le soluzioni vere non sembrano essere una priorità, perché il sistema non vuole la risoluzione dei problemi, altrimenti i finanziamenti destinati a chi lavora per risolverli finiscono, una volta superato un ostacolo e trovata la “medicina”. E in tutto questo l’informazione ha un ruolo passivo, le tematiche nascono da convenienze politiche e dal potere che esercitano attraverso gli editori. Anche il mio è un grido d’allarme, con allegata una notifica implicita alle nostre coscienze. Niente di più, se non l’invito a stare bene attenti a quello che si legge e a verificarlo, perché non tutto quello che leggiamo corrisponde alla verità. Accade in ogni campo, ed io che lavoro nella comunicazione vi chiedo di avere la mia stessa sete di verità e di soluzioni.

Sete Guardo di dentro ed oltre la rete soli nascosti scaldano ancora filtrano maglie e senza quiete mutan la vampa in scia sonora ma io cosa so di ore chete se sento calore che più non placa, neanche di notte ’sta luce s’opaca frenesia sola di future mete fors’è la mappa di zone segrete ch’io cerco da sempre senz’indugiare ove nel tempo io possa sedare, nella visione di quest’ampio mare stando attento a non naufragare togliendo sale per fermar la sete adda


Alle falde del monte Forole

Una promessa

ittorio Salvini

Metto le mie mani nelle tue… e insieme possiamo fare quel che non potremmo mai fare da soli. Non ci sentiamo più senza speranza, non dobbiamo più dipendere dalla nostra instabile forza di volontà. Ora siamo tutti insieme e tendiamo le mani verso una forza e un potere più grandi di noi, e mentre ce le stringiamo, troviamo un amore e una comprensione che vanno al di là dei nostri sogni più arditi.

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Giorgia Lodigiani

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Alessandra Ab bona

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La no stra

un cippo in ce men confine tra Ken to segna il ya ed Etiopia. Polveroso e sp azzato dal vento, quel suolo rosso è per la maggi or parte dell’anno priv o d’acqua. In questo luog o arido e inospitale, cres ce, nonostante tutto, la rosa del deserto. La mia sete di bellezza si è placata qu ando ho visto il suo fiore

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Ho sete di giorni vicini e lontani, Ho sete di occhi neri e mani calde, Ho sete di sorrisi spensierati, Ho sete di percorrere ancora un tratto di strada sterrata tenendoci per mano. Buon Natale, fratelli d’anima.

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Sara e Stefano Zimbaro


Il pozzo Anche visto da vicino, il pozzo rimaneva ciò che sembrava da lontano; un buco scavato nella terra arsa, una pompa con tracce antiche della vernice rossa che un tempo la ricopriva, tenuta ferma da una piastra di metallo fissata al terreno con picchetti storti ed arrugginiti. Una buca con uno scheletro di metallo intorno, come un totem bambino mai cresciuto, morto per l’incuria e la mancanza di attenzioni. Un feticcio alla sete. Sapeva di quel pozzo, anche se si trovava su una pista vecchia che non percorreva da tanto tempo.

Said strinse più forte tra le mani la corda che tratteneva il suo cammello; il sudore gli colava tra occhi ingialliti dalla cataratta, e la visione resa offuscata dalla malattia rendeva tutto più simile a uno degli incubi che a volte, nelle notti di luna piena, agitavano il sonno protetto dai rami d’acacia che sistemava intorno a sé e al suo cammello per proteggersi dagli assalti delle iene. Spesso, le visioni mostruose che abitavano la sua mente in quelle ore di tentato riposo si mescolavano ai volti del suo passato, gli amati figli dei suoi figli, morti per malattie terribili e contro le quali a nulla era valso l’intervento degli sheik e degli stregoni che aveva chiamato in suo aiuto.

Mentre cercava di scacciare quelle immagini che si agitavano nella sua testa, continuò a camminare verso il pozzo, ormai a pochi passi. La gola iniziava a raspare, segno che la sete stava per raggiungere un livello pericoloso anche per lui, abituato alla vita negli oceani di sabbia. Mano a mano che si avvicinava ad esso, alcune macchie bianche che rilucevano sotto il sole del deserto e che fino a pochi attimi prima aveva scambiato per pietre d’arenaria presero forma. Ne raggiunse una, e si chinò a toccarla. Il teschio della pecora sembrò piegare il suo ghigno verso di lui. Restò chinato qualche minuto, come a raccogliere le forze, o forse pregando e maledicendo. Quando si rialzò, si appoggiò all’animale al suo fianco, ormai allo stremo delle forze.

Poteva sentire le costole sporgenti, e l’ansimare rauco tra le sue fauci asciutte. Aveva capito da prima, quando il cammello non aveva accelerato il passo all’odore dell’acqua, ma non poteva non tentare. Con le poche forze che gli rimanevano, scaricò la sella sulla sabbia, ne staccò la sacca dell’acqua, ormai vuota, e la depose ai suoi piedi. Fece sdraiare il cammello, poi con la mano sinistra sfilò il coltello dalla cintura di pelle stretta alla cinta e con un gesto veloce lo infilzò nel cuore dell’animale. Raccolse quanto più sangue possibile nella sacca, poi ne bevve direttamente dalla ferita. Si pulì le mani con delle pietre, poi si rialzò e riprese il cammino, fino al prossimo pozzo. Stefano Errico, Monica e Matteo


Un giorno insieme a Sara sono stato invitato a bere il caffè a casa di Sable. Sable ha un età compresa tra i diciotto e i ventidue anni e ha occhi che sorridono allegri. Nella stanza che riassumeva casa sua e che divideva con la mamma trovava posto un letto e una voluminosa macchina elettrica per la cottura della ’ngera. Sara e io ci sedemmo su una panchetta mentre l’anziana madre ci sorrideva, senza peraltro parlare una parola di inglese. Sable preparò le braci e vi pose sopra una piastra a scaldare. Poi prese due manciate di chicchi di caffè (bunna) ancora verdi e sorridendoci li mise a tostare sulla piastra, smoven-

caffè che normalmente si trova in Italia. Nei bar di Addis lo preparano con una leggera schiumetta, versandolo fino all’orlo della tazza. Quando l’acqua con il caffè infine bollì, Sable aprì una confezione di biscotti e li depose su un piattino, sempre sotto lo sguardo partecipe della madre, poi versò il caffè nelle tazze. Le tazze da caffè etiopi hanno disegnata, vicino al bordo, una linea dorata: all’uomo il caffè versato deve superare la linea, alla donna deve rimanere al di Stefano Zimbaro sotto. Così fu. Sable mi porse la tazza colma, che portai subito alla bocca per evitare esondazioni poco diplomatiche. Il caffè era buonissimo. Sara spendeva molto bene le parole di amha-

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Venga a prendere un caffè da noi!

doli di tanto in tanto con un attrezzo di metallo. Quando io arrivai a Jinka, Sara era in Etiopia già da un mese e mezzo, cosicché poteva spiegarmi che la cerimonia non sarebbe stata completa senza dell’erba su cui sedersi e dell’incenso gettato tra le braci mentre si sorseggiava il caffè. Appena i chicchi furono bruniti del tutto Sable li tolse dalla piastra e li mise in un piccolo mortaio dove cominciò a pestarli fino a ridurli in polvere. In tutto ciò parlavamo, Sara, Sable ed io, del più e del meno, mentre l’anziana madre sorrideva e sorvegliava che il caffè non si bruciasse. La polvere di caffè poteva ormai essere aggiunta all’acqua che già scaldava nella cuccuma di terracotta sopra le braci. Il bunna nasce in Etiopia ed ha un gusto più forte del

rico che già conosceva. L’anziana madre sorrideva come di consueto e ci faceva segno di mangiare i biscotti. Ogni tanto rimanevamo in silenzio, portando lentamente le tazze alla bocca, gustando un caffè cominciato dai chicchi verdi, inebriati e un po’ confusi dall’odore dell’incenso che bruciava lentamente. L’ultima volta che ho visto Sable era a letto e tremava per le febbri della malaria. Sudata fradicia mi sorrideva, senza provare a parlare. Ogni anno era la stessa faccenda.


Nell’acqua sei cresciuto, fino al momento in cui hai deciso di venire al mondo, e quest’acqua sarà per sempre importante, rispettala e fanne buon uso e non dimenticarti che l’acqua è vita per te e per tutti gli esseri viventi.

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Alessandra Ghirotti

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ia, giustiz i d e t e os nni Avevam libertà. Per a o: i il mond . d , e e r c ia a b p di il luogo o di cam sognat nto,cercando o m ia abb ome ndo il m a t t e ndere p s a o risple mo d n o m abbia isto il iamo v o piano Poi abb occhi, e pian tri sorrisi. os tri nei vos ato a bere i v r a p im pace, ertà, la uogo ib l a l o che ltro l segnat in un a cuore. in o n e t a v e v o Ci a on si tr a in un altro tizia, n la gius ltro tempo, m a e solo o in un sua set occe a l à r e lach e le g uomo p coglier E che l’ parerà a rac ei bambini. im id quando iada dai sogn g u r di

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Greta Spoladore

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Acqua… ho sete di... quella del Sarca In mezzo scorre il (nostro) fiume Trasparente, cristallina, tersa, gelida, vitale, tra le rocce salti e scorri e zampilli più dei grilli, nutri trote e salmerini, ma anche temoli e vaironi, or nei raschi or nei ghiaioni ora in larghe e fresche buche, attraversi verdi valli, or Rendena, or Giudicarie, or infine giungi al Garda,

Quando penso... alla sete di libertà mi vengono in mente uomini, donne, bambini che vengono sfruttati e maltrattati, che hanno perso la loro libertà in senso materiale. Credo però che con la volontà non si possa perdere la libertà dei pensieri, dei sogni e dei sentimenti… spero che questo spenga un po’ questa sete…

fiera e amica, dolce guardia di ogni nostro sentimento,

Giulia Maragno

sei del Sarca viva essenza, e di noi vera semenza, dentro te siamo cresciuti, or toccandoti or sognandoti, or bevendoti, sempre amandoti! Grazie, acqua del Sarca, con te è avvenuta la nostra “educazione sentimentale”, educazione alla vita, all’amore per la natura e per l’umanità, al rispetto di ogni essere vivente! Hai accompagnato e accompagnerai ogni stagione della nostra vita e anche Lorenzo, ultimo arrivato della famiglia, potrà presto godere del tuo benefico influsso! Famiglia Dozio


In Italia il consumo procapite di H2O è pari a 250 l/giorno. Basteranno per lavarci la coscienza? Vittorio Ramella

Nel cercare un po’ d’ispirazione per il mio contributo in tema mi sono affidata a una fonte non esattamente poetica: ho inserito brutalmente la parola "Sete" in Yahoo e ho dato un invio... Tra i tanti risultati ho trovato questa bellissima poesia di Pablo Neruda che vorrei condividere con voi.

Sete di te m’incalza Sete di te m’incalza nelle notti affamate. Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita. Ebbra di sete, pazza di sete, sete di selva riarsa. Sete di metallo ardente, sete di radici avide. Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora.

Per questo sei la sete e ciò che deve saziarla. Come poter non amarti se per questo devo amarti.

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Sei piena di tutte le ombre che mi spiano. Mi segui come gli astri seguono la notte. Mia madre mi partorì pieno di domande sottili. Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci. Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo. Solco per il torbido seme del mio nome. Esista una terra mia che non copra la tua orma. Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove. Se questo il legame come poterlo tagliare, come. Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa. Sete di te, sete di te, ghirlanda atroce e dolce. Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane. Gli occhi hanno sete, perché esistono i tuoi occhi. La bocca ha sete, perché esistono i tuoi baci. L’anima accesa di queste braccia che ti amano. Il corpo, incendio vivo che brucerà il tuo corpo. Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete. E in essa si distrugge come l’acqua nel fuoco. Pablo Neruda (da Il Fromboliere Entusiasta)

Che la nostra sete, intesa come pulsione e slancio verso l’altro senza riserve, desiderio di conoscere chi ci sta accanto, anche se talvolta così diverso da noi e faticoso da comprendere, non si plachi mai… Questo il mio augurio per tutti noi! Serena Geravini


Ho sete di toni pacati. Di persone gentili. Di buona educazione. E di buoni sentimenti. Ho sete, tanta, di parole pesate con cura prima di essere pronunciate. Di rispetto vero. Perché so di non avere difese quando queste cose mancano. E allora la sete diventa fame: del piccolo palindromo. Sandra Casadei

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È un bimbo che sputa l’acqua sporca Veronica Capellupo

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CEB srl sostiene e diffonde il Xmas Project 2006

Se vogliamo che un messaggio d’amore sia udito, spetta a noi lanciarlo. Se vogliamo che una lampada continui ad ardere, spetta a noi alimentarla d’olio.

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Madre Teresa di Calcutta

….. se vogliamo che il mondo non abbia più sete, spetta a noi non sprecare l’acqua. Essa è di tutti, impariamo dalla natura… Alessandra • Carlo • Elena • Sebastiano • Valentino


L’arsura bruciante e l’aridità nichilista La realizzazione del Progetto Gongode 2006 ha anche un significato oggettivamente metaforico. Soprattutto per noi, Nord-occidentali sempre svogliatamente indecisi di fronte alla scelta di un cocktail più o meno analcolico all’happy hour. Per gli Etiopi la sete non può essere che di acqua. Avere il privilegio di porsi la lussuosa domanda “ho sete di…” mostra così tutta l’abissale differenza economicoculturale che ci separa dai nostri intollerabilmente sfortunati contemporanei Africani. Le statistiche dicono, poi, che noi Italiani siamo i più grandi

consumatori di acque minerali nel mondo, pur abbeverati da acquedotti e sorgenti tra i più ricchi e capillarmente diffusi. A fianco del piccolo dono di dieci bacini d’acqua, si nasconde una ben più importante offerta implicita. Fuori dalla pura ed impellente fattualità, questo nostro gesto (almeno intenzionalmente) caritatevole porta inevitabilmente con sé la prefigurazione di un mondo di abbondanza, di pienezza e di libertà. Gli Etiopi che potranno bere l’acqua raccolta dalla tecnologia delle nostre pompe, ci guardano, ci scrutano. Una volta placata l’arsura, la loro sete è – come per tutti gli uomini – di benessere, di cultura, di conoscenza. I loro occhi nerissimi, si sa, non fini-

scono mai di guardare alle cose divine verso il cielo. Essi osservano attentamente come anche noi ci dissetiamo e di che sete soffre veramente la nostra anima. Si potrebbe dire che meno male che non sanno delle altissime, purissime e cristalline acque che si contendono sui nostri schermi gli acquisti tra i più banali (e spesso più inutili) che i nostri carrelli passano alle casse. E soprattutto, meno male che non sanno che, dopo aver bevuto abbondantemente, tutte le nostre seti sembrano stroncate con l’automatismo della pletora dei pasti continui e ben annaffiati. Al posto della sete di trascendenza, il nostro universo (liquido e molto liquefatto)

sembra essere dominato dal nichilismo dove tutto si reifica nel nulla di un futuro dichiaratamente senza senso: l’analisi di Benedetto XVI a Ratisbona è stata precisa, dettagliata ed implacabile! Al posto dei valori fondanti e di verità, il nostro mondo ideale mostra l’appiattimento relativistico nel giudizio sulle diverse civiltà: fondamentalmente, noi Occidentali rischiamo di non credere più in niente. Speriamo, dunque, che dopo aver arrestato la sete più bruciante, i nostri Maale e Hamer non vedano l’aridità permanente nella quale la nostra vita potrebbe letteralmente annegare. Franco Troiano


cantilenavo questa parola svegliandomi nel buio a sei anni. Mai avuto tanta sete come allora… più che un bisogno era un gran piacere sapendo che sarebbe stato soddisfatto di lì a poco… Solo che oggi mi domando come mai non mi alzassi da sola a prendermelo quel benedetto bicchiere di acqua fresca… solo oggi che è diventata sete di autonomia. Ma sarei dovuta crescere ancora un po’ per sentirla. Oggi dipingo e lavo i pennelli finché le setole non sono pulite. Cucino e lavo i piatti finché non sono lindi. Mi faccio lo shampoo e lavo i capelli finché non lasciano più la schiuma. Innaffio le mie piantine e riempio il bidet per un lungo pediluvio. Fa caldo e mi sdoccio, sono sporca ed è ora di un bel bagno. Mi lavo i denti e dal rubinetto aperto l’acqua scorre e scorre via. Tiro lo sciacquone una dieci cento volte al giorno e dall’oblò vedo il cestello della lavatrice che gira vorticosamente. Scolo la pasta e una tazza di tè. Raccolgo con il palmo della mano la condensa sui vetri, quante gocce in un unico gocciolone. Me ne sono accorta la mattina che ho trovato un annuncio sull’ascensore “Si informano i gentili signori condomini che domani

dalle 9.30 alle 12.00 verrà sospesa l’erogazione dell’acqua per ecc…ecc…”. Si ferma un pezzo di mondo, mentre più dei restanti tre quarti non sono ancora partiti. La sete di autonomia di un piccolo pezzo di mondo asseta di giustizia il resto… Da bambina ricordo le mangiate che facevamo tra i boschi dell’Aspromonte e quanto camminare per raggiungere un tubo che qualcuno aveva infilato nella roccia per farne una fonte. Sgorgava un’acqua che a me pareva oro. Berla un atto propiziatorio: ero in vacanza nelle montagne immense per me, e niente era più ovvio. Riempivamo un giostile e guai a chi di noi giocava con l’acqua, che “Esti peccatu ca si jetta!” dicevano i grandi (è peccato gettarla)! Si beveva, si cucinava e quella avanzata con un po’ di sapone di casa serviva a sciacquare alla meglio i piatti, un po’ più sporca a sgrassare le padellone in cui cuoceva il sugo di capretto e infine a spegnere il fuoco. Da bambina ho considerato un dono quella parsimonia di acqua. Mi faceva sentire a posto in un mondo che credevo giusto, che considerava preziosa quell’acqua anche sporca, che dava valore anche a quel gesto. Ora ho sete di quello sguardo. Barbara Dambrogio

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“MAMMAVOGLIACQUAAA!”


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Michela Dario Chiara Alberto Elena Regazzoni

Pienezza di vita Non sbagliare il bersaglio Diana Gianola Maurizio Barella


Una molecola d’acqua pesa pochissimo è invisibile anche al più potente microscopio.

Ma se una molecola d’acqua si circonda di altre e queste a loro volta di altre ancora, si raggiunge facilmente la dimensione di una goccia.

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U pu na ò d goc are cia la è v vit isi a a bil E se una goccia mo e an d’acqua si unisce lti c org he a ad altre gocce an d o ism cc si riempie un bicchiere i m hio n e si disseta un uomo. icr ud os o, co pic Con tanti bicchieri i. d’acqua, si forma una cascata che riempie i bacini e dà la vita a popolazioni intere.

Eppure lei, la molecola d’acqua che tutto questo genera, non è nulla, non pesa nulla, non la vede nessuno.

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Solo un ossigeno e due idrogeni, non più di dieci piccolissimi elettroni ed altrettanti protoni, che si muovono generando onde impercettibili.

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La prima cosa che mi è venuta in mente pensando all’acqua è stata: devo andare a fare il primo bagnetto a mio figlio… e subito dopo ho pensato che anche lui avrebbe provato la vaschetta rosa... La stessa vaschetta dove mia mamma faceva il bagno a mia sorella Angela e a me… la stessa usata per mia figlia Anna e ora per il piccolo Leonardo. La stessa vaschetta usata anche per i figli di mia sorella: Claudia e Davide… E questo pensiero mi ha ricordato quanto il tempo passa e quanto tutto resta uguale... Immutabile nell’amore di una madre verso i suoi figli… immutabile come i piccoli gesti quotidiani

che faceva mia madre con me e mia sorella e ora noi facciamo con i nostri figli. Ho pensato che la mia sete è sempre inesauribile. È una sete che ogni giorno si appaga nell’amore della mia famiglia. Quando guardo i miei figli e i miei nipoti o mia sorella o i miei genitori… quando penso che quella vaschetta vedrà ancora risate, pianti e sorrisi… e acqua, tanta acqua…

Anna e Leonardo Bi

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L’Acqua

Anna e Leonar do Biasi


When you’re weary Feeling small When tears are in your eyes I will dry them all I’m on your side When times get rough And friends just can’t be found Like a bridge over troubled water I will lay me down Like a bridge over troubled water I will lay me down (Bridge over trouble water - P. Simon) Per Rena, da Franci

Svegliarsi nel cuore della notte con la gola arsa. Sarà il caldo torrido dell’estate, saranno i brutti sogni, i pensieri pesanti o, semplicemente, la pizza. Scendere dal letto, muoversi al buio senza inciampare, spinti da un solo desiderio e alla fine trovare, nella fioca luce del frigorifero aperto, il tesoro, la sopravvivenza… la bottiglia d’acqua… aprirla e lasciar scorrere nella gola il suo contenuto vitale… è fatta, la sete è passata, i brutti pensieri anche, la pizza, forse… Si dice semplice come bere un bicchiere d’acqua e forse lo è in questa torrida notte d’estate… o forse lo era quando nell’acqua vedevo solo la sua trasparenza e non terre aride, zolle asciutte, piante avvizzite, occhi senza lacrime. (Grazie a chi porge un bicchiere d’acqua per ogni sete del mondo in ogni stagione e alle persone che placano la mia sete di emozioni e amicizia, ma questa è un’altra storia…). Valletti Isabella

Ho sete di semplicità, per vivere la vita senza le complicazioni di forma e di sostanza che ci poniamo ogni giorno. Ho sete di amicizia, intesa come sentimento disinteressato di comprensione e condivisione. Ho sete di rispetto e considerazione per quello che una persona è e fa per gli altri. Ho sete di giustizia e di coscienza affinché ci ricordino che non esisto solo io, il mondo non gira intorno a me, ma esistono le altre persone e la loro dignità. Ho sete di coraggio per non farmi paralizzare dalla paura di vivere e di amare. Ho sete di amore inteso come forza positiva che muove le mie azioni e i miei pensieri e mi fa capire che la cosa più importante nella vita è l'emozione. La tua casa. Moneglia


Noi l’abbiamo chiusa Circa 1 miliardo di persone in tutto il mondo non ha accesso all’acqua potabile pulita. Perché sprecarla allora… cambiamo le nostre abitudini! … Ecco qualche consiglio pratico. Lo sappiamo… un bel bagno rilassante piace a tutti, ma scegliendo di fare la doccia possiamo risparmiare nientemeno che da 70 a 100 litri d’acqua ogni volta. Ma facciamo di meglio: perché lasciare il rubinetto aperto mentre ci s’insapona o ci si lava i denti? Già dai piccoli accorgimenti si evita lo sperpero d’acqua. Per esempio evitando di utilizzare lo sciacquone, come cestino dei rifiuti, ed eventualmente sostituire quello vecchio con uno moderno dotato di flussometro.

In alcune famiglie, il 40% d’acqua pura usata in casa finisce nel WC! Sappiate poi che per lavare i piatti di quattro persone, in un catino pieno d’acqua, si utilizzano dai 25 ai 40 litri al giorno. Molto più ecologico (ed economico) dei 60 litri usati per ogni carico dalle lavastoviglie automatiche. Vale la pena dunque utilizzare il comodo elettrodomestico (stesso discorso anche per la lavatrice) solo quando è completamente carico; così facendo risparmieremo acqua e consumo di elettricità.

Ricordate infine che l’acqua di cottura della pasta, raffreddata, sarà perfetta e ben più nutriente per le nostre piante.

Vorremmo che questi semplici eco-consigli fossero utili a sensibilizzare i gesti di vita quotidiana di molti. Sappiamo che tanto altro andrebbe fatto, ma ci piace pensare che diffondere solo un po’ di coscienza possa far bene a qualcuno, di quel miliardo di persone, che ha ancora sete.

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Ancora un piccolo trucchetto: un euro e mezzo per la rondellina da rubinetto. Si tratta di un piccolo riduttore di flusso che, applicato al rubinetto, miscela acqua e aria e ne riduce la portata. Un rubinetto eroga dai 10 ai 20 litri al minuto: nella maggior parte dei casi è tuttavia sufficiente un’erogazione di 3 litri.

Vale e Riki

Ho sete di … Ho sete di verità e di giustizia, perché un mondo così bugiardo e ingiusto può solo andare alla rovina. Verità su quello che l’uomo sta facendo al pianeta, sulla gravità del cambiamento climatico in atto. Verità sui fatti e sulle loro conseguenze, sulle responsabilità dei nostri sistemi economici che irresponsabilmente si basano sulla presunzione che le risorse della Terra siano inesauribili. Verità sui giornali, nelle tante vuote e ignoranti parole dei politici e di chi avrebbe il potere di decidere e soprattutto ho sete di verità in televisione, dove invece della realtà ci fanno vedere i reality show. Ho sete di giustizia verso la disuguaglianza umana, così tremenda nei Paesi sottosviluppati e in crescita anche in quelli come il nostro. Come si può accettare che la ricchezza sia sempre più concentrata in poche migliaia di persone, mentre milioni di altre divengono sempre più povere? Purtroppo, questo sta accadendo da tempo, negli Stati Uniti, come in Italia; in Brasile, come negli altri paesi dell’America Latina; in Russia e in Cina. Ho sete di giustizia che sani queste sperequazioni, quindi di verità perché la gente sia più informata su quello che realmente sta accadendo nel mondo. Soprattutto ho sete di più verità e giustizia in me stesso, perché sono sempre più convinto che solo attraverso un cambiamento individuale in ognuno di noi possa risorgere la speranza. Stefano D’Adda


Vedo sempre meno razionalità, azioni dettate quasi esclusivamente dall’impulsività, emozioni mal controllate, richieste esagerate, situazioni incomprensibili, miti irresistibili, alibi per efferati crimini. A ruota libera si aggredisce, si insulta, si provoca, si pretende, si vuole emergere, si giudica, si contraddice. Ho quindi sete di equilibrio: equilibrio agli incroci delle strade, equilibrio tra le mura domestiche, equilibrio nei luoghi di lavoro, equilibrio nel rapporto con la realtà esterna, equilibrio tra i bambini sempre più complicati, usati e sempre meno ascoltati, equilibrio soprattutto per chi trova una parvenza di consolazione solo in una preghiera sussurrata. Dopo tante parole che, per assurdo, sembrano ormai delle banalità, ho sete di un profondo silenzio. Enrica Mamoli

I fiumi Cotici il 16 agosto 1916

Mi tengo a quest’albero mutilato abbandonato in questa dolina che ha il languore di un circo prima o dopo lo spettacolo e guardo il passaggio quieto delle nuvole sulla luna Stamani mi sono disteso in un’urna d’acqua e come una reliquia ho riposato L’Isonzo scorrendo mi levigava come un suo sasso Ho tirato su le mie quattr’ossa e me ne sono andato come un acrobata sull’acqua

Mi sono accoccolato vicino ai miei panni sudici di guerra e come un beduino mi sono chinato a ricevere il sole Questo è l’Isonzo e qui meglio mi sono riconosciuto una docile fibra dell’universo Il mio supplizio è quando non mi credo in armonia Ma quelle occulte mani che m’intridono mi regalano la rara felicità Ho ripassato le epoche della mia vita Questi sono i miei fiumi

Questo è il Serchio al quale hanno attinto duemil’anni forse di gente mia campagnola e mio padre e mia madre Questo è il Nilo che mi ha visto nascere e crescere e ardere d’inconsapevolezza nelle estese pianure Questa è la Senna e in quel suo torbido mi sono rimescolato e mi sono conosciuto Questi sono i miei fiumi contati nell’Isonzo Questa è la mia nostalgia che in ognuno mi traspare ora ch’è notte che la vita mi pare una corolla di tenebre Giuseppe Ungaretti

Il nostro fiume è il Savio.

Finita è la tempesta. Giulia e Chiara Utili

Ho ammainato le vele ma continuo a navigare a vista. Confido che il mare resti calmo, che la traversata si faccia lieve. Ho sete di quiete. Per rinfrancarmi, per riconoscere la rotta, per ritrovare la speranza. Sarah Nocita


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Capricorn S.r.l. sostiene e diffonde il Xmas Project 2006


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A Meseret, la mia prima sorella.

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Natale, non è sempre natale. Per me quest’anno il natate è iniziato d’estate. Il 23 giugno precisamente, quando la mamma mi ha detto che tu saresti arrivata proprio per Natale. Poi sono arrivate le foto, i racconti e sei cresciuta insieme a noi. Tu sei ancora lontana, ma la distanza non è importante. Il mio papà mi ha mostrato dove sei adesso, sulla cartina che è appesa nel salone, lì il mondo si può abbracciare anche con le braccia piccole di un bambino. Ancora non ti ho incontrata, ma ti conosco già. Dai tuoi occhi posso vedere il tuo mondo, i bambini, le tue tate, il tuo paese, il sole d’africa. Io spero che nei tuoi sogni tu possa già vedere i miei pensieri, la mia stanza, i giochi che ho messo da parte per te, le montagne, il blu del cielo ed il bianco della neve. La mia stanza grande non sarà più troppo grande e i miei giochi, non ti preoccupare, basteranno per tutti e due. Adesso non sai ancora parlare, ma quando cresci mi devi raccontare il tuo paese, mi devi spiegare perché tu sei cioccolato mentre io ho capelli gialli. Io ti accompagnerò a scuola e ti insegnerò la strada, insieme non ci perderemo mai. Andremo insieme ad arrampicare, a nuoto e a cantare. Non saremo mai soli. Mamma ha scritto un diario con tutte le tue foto, che racconta la tua storia da quando sei con noi.Tra pochi giorni verrò a incontrarti, con papà e mamma, e – se tu vorrai – torneremo a casa tutti insieme. A casa farà freddo e ci sarà la neve, ma non ti preoccupare che ti stringerò forte e ti insegnerò a sciare. Grazie Gesù per questo Natale. A braccia aperte, ti voglio bene.

Iacopo


Salewa era nella sua capanna accanto al fuoco, il piccolo Masui dormiva e la sorellina Fahrà cercava di sfogliare due pannocchie di granturco. Ad un tratto un colpo molto forte scuote tutta la capanna e poi un altro ancora e una raffica di colpi, erano spari lei ne era certa, troppe volte li aveva sentiti in vita sua. Stava per alzarsi a proteggere i sui figli quando un uomo cadde rovinosamente sulla fragile porta e fracassandola finì ai piedi di Salewa. Era un soldato, aveva armi appese dappertutto, e sangue, molto sangue. Salewa prese la sua testa tra le mani e lo fissò, dalla bocca dell’uomo, oltre ad un rivolo di sangue uscirono poche parole che Salewa non capiva: “I have silks”. Continuava a fissarlo, non servivano parole, aveva visto la morte molte volte per non riconoscerla, prese una ciotola d’acqua e gliela avvicinò alle labbra, il soldato bevve e le sorrise, poi girò la testa e chiuse gli occhi. D’un tratto entrarono due uomini come lui, con lo stesso casco di colore blu, lo raccolsero e lo portarono fuori con tale irruenza da rovesciare la ciotola d’acqua rimasta. Prima di uscire un soldato si girò e disse: “Non ti preoccupare, siamo qui per aiutarvi” e corse via. Stefano Mancini

Rientro, Conakry, 18 ottobre 2006 Manca ormai poco più di una settimana al mio rientro che sto vivendo come definitivo anche se il programma è di rientrare quando la sorellina di Cati avrà 3 mesi… ma sarà solo per poco tempo e con una bimba così piccola passerò la più parte del tempo a casa… insomma sento davvero che questa grandiosa esperienza africana sta volgendo al termine. È un contrasto di emozioni… un insieme di immagini, di sentimenti, di entusiasmi e di rimpianti. La settimana scorsa abbiamo conosciuto un bimbo di 5 mesi che si chiama Ñoghé, in Sousou significa “spazzatura”. È l’ultimo nato di 4 fratellini tutti morti prima che compissero i due anni di vita. Sua mamma lo ha voluto chiamare “spazzatura” per mandare un messaggio agli spiriti del male: “questo bambino è come la spazzatura, non vale nulla, non me lo prendete, davvero non ne vale la pena!”.

Aver conosciuto Ñoghé proprio nei giorni in cui con Stefano stavamo con entusiasmo decidendo il nome da dare al nostro prossimo miracolo, mi ha fatto riflettere, mi ha ancora una volta fatto comprendere l’abisso che ci separa dai nostri amici guineani. L’abisso fatto dell’immensa fortuna che abbiamo noi e i nostri figli, delle opportunità grandiose che ci sono offerte, della ingiusta desolazione che accompagna il più delle volte le esistenze della popolazione di questo Paese meraviglioso. Dopo un po’ di tempo speso vicino a loro davvero sono molte le cose che ho appreso, gli stimoli che mi hanno trasmesso. Martedì finisce il Ramadan e ci sarà una grande festa. Tutti si stanno già preparando acquistando i tessuti per la realizzazione degli abiti nuovi che tutti dovranno indossare. Nelle piccole botteghe dei sarti c’è un grandissimo da fare e ad ogni angolo della città vi sono donne impegnate a tracciare i capelli delle proprie compagne. I prezzi in questa

settimana sono saliti alle stelle … come da noi a Natale! Questa notte ci sarà la grande veglia di preghiera in Moschea che durerà fino all’alba. In questi giorni non c’entrano tutti in Moschea e le strade si riempiono di fedeli in ginocchio che pregano, fiumi di gente che bloccano anche le arterie principali. Si dice che nelle prossime settimane possa esserci qualche nuovo disordine dopo lo sciopero, le proteste e i morti di giugno. Pare che prima attendessero la fine delle piogge, poi la fine del Ramadan e che ora i sindacati si dovrebbero riorganizzare per nuove azioni di protesta contro questo Governo sempre più corrotto e sempre più assurdo. Io e Cati rientriamo con il cuore gonfio di nostalgia per l’immensa e incomparabile ricchezza che questo periodo ci ha donato, con gli occhi pieni dei volti che abbiamo incontrato e che ci sono stati accanto, con l’animo soddisfatto per le cose che abbiamo appreso, per il vigore e l’amore di cui si è arricchita la

nostra famiglia. La nostra casa è stata in questo periodo una casa di passaggio per tante tante persone che abbiamo ospitato e che ci hanno dato tantissimo. I nostri ritmi si sono adeguati ai ritmi guineani e non sarà affatto facile il rientro da questo punto di vista. Rientriamo anche con un’infinita dolcezza nel cuore, con la voglia di condividere con chi ci ha aspettato in questi mesi la nostra esperienza, con il desiderio e la volontà di valorizzare al massimo quello che abbiamo vissuto perché le nostre vite non vengano risucchiate nei tempi frenetici occidentali che non consentono spesso neppure di pensare. Sempre vorrei trovare nella mia vita il tempo per pensare, per riflettere, per… giocare con le mie bambine… ricordandomi che sono un dono immenso e che c’è al mondo chi arriva a chiamare i propri figli Ñoghé! … arriviamo! Paola Budini


Ho sete A Franco Ponti – involontariamente coinvolto nei contributi del libro solidale per un simpatico misunderstanding, perché mi ha saputo rispondere “per fortuna capitano ancora queste cose di cui sorridere” – un pensiero nel mio attimo di pausa… Grazie.

Danza Lenta

Le due mamme C’erano una volta….due mamme. Tutte due molto belle: una era bianca come l’avorio, aveva le labbra rosse e i suoi occhi si illuminavano quando guardava il figlio. L’altra aveva la pelle d’ebano, dei bellissimi abiti colorati e due occhi scuri che brillavano quando pensava alla figlia. La mamma d’avorio abitava in una grande città, rumorosa, caotica, inquinata, ma piena di tante cose, alcune utili, altre superflue. Tutte le mattine accompagnava il figlio a scuola e poi andava al lavoro. La mamma d’ebano abitava in un posto meraviglioso pieno di colori e di suoni: dalla sua capanna vedeva aprirsi la savana, sentiva il calore del sole ed il cielo della notte cullava il suo sonno. Aveva poco cose, tutte utili, nessuna superflua e molto le mancava. Al mattino, insieme alla figlia camminava ore e ore nella savana a cercare cibo e acqua, poi tornava alla sua capanna. Un giorno la mamma d’avorio si arrabbiò: urlava con il figlio, gli diceva che stava troppo sotto la doccia, sprecava troppa acqua… Un giorno la mamma d’ebano si disperò: piangeva per la figlia, le diceva di non morire, le diceva che avrebbe cercato un po’ d’acqua... Daniela Angeli

Hai mai guardato i bambini in un girotondo? O ascoltato il rumore della pioggia? Quando cade a terra? O seguito mai lo svolazzare irregolare di una farfalla? O osservato il sole allo svanire della notte? Faresti meglio a rallentare. Non danzare così veloce. Il tempo è breve. La musica non durerà. Percorri ogni giorno In volo? Quando dici “Come stai?” ascolti la risposta? Quando la giornata è finita ti stendi sul tuo letto con centinaia di questioni successive che ti passano per la testa? Faresti meglio a rallentare. Non danzare così veloce. Il tempo è breve.

Cristina Poletti

La musica non durerà. Mai detto a tuo figlio, lo faremo domani? Senza notare nella fretta, il suo dispiacere? Mai perso il contatto, con una buona amicizia che poi è finita perché tu non avevi mai avuto tempo di chiamare e dire “Ciao”? Faresti meglio a rallentare. Non danzare così veloce. Il tempo è breve. La musica non durerà. Quando corri così veloce per giungere da qualche parte ti perdi la metà del piacere di andarci. Quando ti preoccupi e corri tutto il giorno, è come un regalo mai aperto… Gettato via. La vita non è una corsa. Prendila più piano. Ascolta la musica prima che la canzone sia finita. Anonimo

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Gli allungarono una spugna imbevuta di acqua ed aceto. Ringraziò muto nel suo dolore. Sono passati duemila anni ma di aceto se ne parla ancora. Antica dote per giovani fanciulle, nobile e preziosa è la sua storia. Produzione ed usi tramandati di generazione in generazione, mille sono le sue proprietà. E se non credi, prova! Non c’è migliore verità.


FLUXUS HR Consulting sostiene e diffonde il Xmas Project 2006

un po’ come il fuoco e la sua passione,

un po’ come la terra e la sua solidità,

ma più come il vento che si disvela in mare, muovendo il tutto con la sua forza invisibile.


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Ho bevuto l’acqua dell’Eufrate e dello Zambesi Mi sono bagnato nel Titicaca e nel lago Inle Ho respirato le cascate di Iguassu e di Niagara Mi hanno coperto le piogge del Sarawak e le nevi di S. Pietroburgo. E dopo quaranta anni di viaggi, ho ancora sete. Per asciugare una lacrima Maale e portare acqua ai bacini dell’Omo.

Gianfranco Goffi con Aliviaggi Tour Operator sostiene e diffonde il Xmas Project 2006


Lions Club Borgomanero Host - ottobre 2006 Gita alle cantine Ruinart - Reims.

“…ai nostri dolor, stasera brindiamo, con quel bicchiere di barbera, con quel bicchiere di champagne” Giorgio Gaber

Per Ennio ed Ada, che hanno permesso la realizzazione di un dono. Per Giuseppe e Lia, Giovanni e Liliana, loro preziosi collaboratori. Il vostro delegato di zona - Rino Cimmino

“Laudato sii, o mio Signore, per Sora Acqua La quale è molto utile, umile, preziosa e casta” San Francesco d’Assisi

…e benché non sia che una goccia in mezzo ad un mare ognuno di noi può farsi carico, seppur in piccolissima parte, della sete del mondo, facendo in modo che ciò avvenga già fin d’ora. Questo è il nostro bicchiere d’acqua… Dorly Albertoni, Lalla Alfani, Delly Asnaghi, Enrica Carrera, Mariangela Casarotti, Amelia Cotogno, Maria Rosaria Gattone, Liliana Pezzana, Rosanna Prosino


e forse anche per l’una nei confronti dell’altra fin dai tempi del liceo. La sete di crescere, di studiare, di conoscere, di amare e, soprattutto una grande sete di giustizia davanti all’ineluttabilità degli eventi. Storie differenti, destini altrettanto diversi ma uniti da un unico forte legame: l’amicizia. Bianca è stata quell’invisibile filo che ha legato le nostre storie e questa manciata di righe – che va oltre confine – sono il nostro modo per ringraziarla per essere stata e per esserlo ancora, perché di questo ne siamo certe, in mezzo a noi. Cole - Borgomanero: C’è chi è proprio fortunato e ne incontra parecchi, chi è alla continua ricerca, chi ne conosce solo pochi, chi ha sete di conoscerne sempre di più… ma prima o poi ognuno di noi incontra un amico che apre la porta del suo cuore. Grazie Bianca che con la tua straordinaria voglia di vivere, con la tua capacità di attirare amore e di catturare emozioni sei stata mia amica. Cris - Maggiora: È sempre stato un rito il momento del tè. Tè verde, in particolare, perché non fa venire l’ansia, tisane di ogni gusto e qualità, miscele di varia provenienza, dolci o amare a seconda del momento. Puntualmente ci raccontavamo di quanto fosse importante bere ad ogni ora del giorno pur detestando la mania dei giovani di oggi di portarsi la bottiglia ovunque bevendo a canna, senza ritegno, anche durante le ore di spiegazione a scuola. “L’aula non è un bar” mi ripetevi sempre ed avevi tutte le ragioni per crederlo perché per noi la tazza fumante era un pretesto per un attimo di pausa, per un incontro gioioso o di riflessione. Confrontavamo le nostre piccole ambizioni, ridendo per i buffi episodi che ci capitavano ed imparando giorno dopo giorno a convivere con i momenti difficili. “C’è un tempo per nascere ed un tempo per morire, un tempo per piangere ed un tempo per ridere…” recita il libro del Qoelet; non so se acquisirò mai tanta sapienza, non so nemmeno se mi passerà facilmente la rabbia per aver voluto credere, fino in fondo, al miracolo, perché sta scritto che c’è anche un tempo per guarire, così come non so se riuscirò mai a trovare la risposta ad un unico grande “Perché?”… Forse, più semplicemente, dovrò abituarmi a pensare che la tua stessa vita è stata un dono, speciale, proprio perché è stata così. Credo però che mi ci vorranno litri e litri di tè.

Lalla - Novara Ho sete di… della dolcezza di un sorriso che non c’è più. Un sorriso grande, aperto di una persona speciale. Di chi sa dosare curiosità e passione della vita e obiettività. Di chi ha saputo affrontare con coraggio le avversità, sempre con quel contagioso, luminoso, meraviglioso sorriso. Di chi ha saputo essere sempre presente nei momenti importanti con 1000 attenzioni per gli altri. Una presenza discreta, l’obiettività di un giudizio critico, senza mai voler giudicare… e la sensibilità di portare sempre quel pizzico in più; il calore di quel suo indimenticabile bellissimo sorriso… Monica - Copenhagen Spesso con il foulard in testa senza vezzo ma con stoicità il sorriso sempre pronto un entusiasmo a lungo ancora intatto ti vedevamo per i corsi della città Chioccia con il tuo Niccolò infaticabile nelle cure di un bimbo dai traguardi raggiunti con più fatica e maggiore impegno di tanti altri bambini sopportasti le ripetute avversità della malattia con coraggio e grande ottimismo Sei stata, cara Bianca, una mamma molto speciale ora che non ci sei più ti teniamo in fondo al cuore al riparo da ogni vento, da ogni inquinamento esempio di persona sincera e profonda amica vera. …e come tutti gli appelli che si rispettino: Albertoni Monica Bagnati Angela Fasola Coletta Masini Bianca Poletti Cristina

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In fin dei conti c’è sempre stata sete di un mondo migliore in ciascuna di noi...


Ho sete di persone che siano amiche con tutti e che l’invidia, la gelosia non vinca i cuori delle persone, perché gli amici ci servono per tutta la vita a consolarci, a dire i segreti più intimi … Alessia

Io vorrei che le armi non fossero in commercio perché così forse ci potrebbe essere meno timore e paura. Ma il desiderio più forte è che i miei tornassero insieme perché ho sofferto molto quando me lo hanno detto. Giulia

Ho sete di rispetto, amicizia, altruismo, divertimento, di amici che ti aiutano se sei in difficoltà,

perché secondo me un mondo con queste cose è un mondo migliore. Luca

Ho sete di non litigare sempre e di andare d’accordo, perché ci dobbiamo voler molto bene. Il mondo è tutto uguale e non ci devono essere guerre. Ilaria

Ho sete di rispetto, perché per questo motivo non c’è pace. Mauro Ho sete di pace, di amore tra le persone e non di guerre o litigi perché portano a brutte cose, per esempio la morte, le persone non si devono combattere e uccidere tra loro ma devono volersi bene perché la vita è l’unica cosa che abbiamo. Andrea

Vorrei che i miei genitori non litigassero e quindi che vadano d’accordo, perché quando li vedo discutere m’intristisco e vado in camera a consolarmi da solo. David In questo mondo manca la gentilezza, perché dovunque si va ci sono bambini, adulti e ragazzini che offendono l’altro con parolacce ed espressioni volgari. Matteo

Ho sete di vedere tutte le persone di questo mondo felici, perché credo che così ci sarà più armonia e serenità su questo pianeta. Ho sete di vedere la classe più unita, senza nessun litigio, perché si potrà lavorare con più armonia. Gabriella Ho sete di gentilezza perché senza non si riesce a comunicare e allora si rimane male. Ma la cosa più importante è la libertà, per me chi non ha la libertà sta male. Lino Ho sete di essere un po’ più rispettato, non di sembrare un’altra persona, ma di essere rispettato per quello che sono fisicamente e per il mio carattere. Thierno

Ho sete di cambiare il mondo perché gli uomini litigano e non rispettano la natura e i rapporti con gli altri. Francesco

Ho sete di armonia, felicità e di tranquillità, perché sono stufa di vedere e sentire litigi inutili; io ho voglia di vedere e sentire bambini che giocano, ho voglia di vedere adulti che scherzano e ridono. Elisa


Ho sete di avere dei buoni voti, perché vorrei far contenti i miei genitori e far vedere che sono una bambina che si impegna e non vede l’ora di imparare cose nuove. Io vorrei tanto che Enza tornasse, perché mi manca tanto e desidero tanto che facesse un altro anno insieme a me o forse a tanti altri che la pensano come me. Ester

Io ho sete di pace, perché se ci fosse pace fra noi bambini non ci sarebbero rifiuti verso gli altri o differenze. Nessuno sarebbe trattato male o addirittura eliminato o scordato dagli altri. Giacomo

Ho sete di amicizia perché sennò le persone saranno per sempre rivali. Daniel

Ho sete di meno litigi in classe, in generale, perché appena si dice qualche cosa ai compagni o ad altre persone si arrabbiano. Ho sete di meno cose brutte che avvengono in tutto il mondo, stragi e guerre. Nicolò

Io ho stato in Romania perché sono stata solo con mia nonna, i miei genitori sono andati in Italia el mio papà è qua di 4 ani de quando sono piccola in primele classe dala scuola, e mia mama quando sono in seconda classe. La scuola in quelo momento sono triste e dopo cuarto anni siam visto e sono molto felice perché sono con lei. Ho sete che tuti i bambini sono con loro genitori. Cristina

Ho sete di un mondo più sereno e di persone oneste. Antonio

Ho sete di pace nel mondo, ma non solo nel mondo, anche in classe, a casa e in qualunque ambiente, perché se c’è la pace siamo tutti più contenti. Alberto

Ho sete di … i miei compagni mi prendano come amico, perché io da solo mi sento male. Ho sete di … i miei genitori mi sgridano anche se ho ragione e io non voglio essere sgridato. Ho sete di … persone che mi stanno attorno perché i bambini mi fanno arrabbiare. Simone

Classe V C Scuola elementare “Luigi Einaudi”, Milano

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Vorrei tanto che Enza ritornasse qui con noi, perché manca a tutti. E poi quando c’era non le abbiamo mai dimostrato che le volevamo bene. Vorrei anche che nel mondo non ci fosse più guerra e che regnasse la pace, finalmente. Martina


Marketcall sostiene e diffonde il Xmas Project 2006

nel mondo c’è chi continua ad avere sete


Eurologos Milano sostiene e diffonde il Xmas Project 2006

Augusta Dario Enrica Francesca Martina Matteo Paola Patrizia Simon

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Abbiamo sete di conoscenza, qualitĂ , visione globale.


... ricordo

La mia classe di 17

a

quando vivevo in casa con i miei genitori, 17 persone mentre mi facevo la doccia, lasciavo scorrere e una grande amicizia, per ore il getto dell’acqua, mi insaponavo, mi 17 persone facevo lo shampoo e intanto lasciavo scorrere e una sola giustizia, o inesorabile l’acqua. Mentre mia mamma e mio 17 persone molto speciali, a ti ho vist mi sembra vi u en papà si lamentavano del suo spreco... p na 17 persone dagli animi p co ,a Qualche anno fa andai in vacanza in un villaggio o ineguali, s Te turistico in Sardegna a passare le mie vacanze… 17 persone e un unico un posto incantevole, pieno di profumi e colori... grande coraggio, sullo specchio della camera vi erano stampate 17 persone alcune parole: “Acqua in sardegna = Oro”. allo sbaraglio, Quest’estate mentre ero seduta sul balcone di casa mia, guardai una piccola piantina, un piccolo pino, un regalo di mia mamma, incominciava ad avere i primi aghi secchi... con il passare del tempo gli aghi secchi incominciavano a trasformarsi in rami secchi, che strano e io che credevo di prendermi cura così bene di quella piccola piantina... ora della fine dell’estate, era coma alb pletamente secca. Ho cercato su veva erel lo N av invano di nutrirlo, dandogli t pic atali ita, ermi spesso l’acqua, ma non p co col è s er nat c’era più niente da mi n pa o pin tato pare o la me a leg lline o da il m cch fare, il piccolo i se ntre gere e st dec io cco bu zz ell ora le i p m tta a, p ne re c in Co arol i tor vo q ropr ...un lav amp mez n m e d nar ue io a zo o d a i aff o l fio ure, q rato s gna, ad u itta io m mio no i rame r co i... ua od abb na ort to arit pap n m tto no rso d ma n lche o, se iam ice un o a à.. en te l’ac stre ’acq elle albe mina o no llo picc bbi . str vic ol am gro qua verd ua, p vicin ro d to v a c ino o o a u e a p s as L a ’ac si co iova re, sf er far nze frutt ra, lla n n q r n tut ua ten a, l utt cre ess o, i a s t è im i e pe fon itori. racc amo cere un te pa . a . o r gli l m le ab rato tutt di v am eg usa i o t o in lio rne a non ... Co a, di inu spr n il cres tilm eca tem cita en rla po p te. e a ho er n o Ma n u id se

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scalmanati 17 persone per me fondamentali, 17 persone che non hanno pari, e sono quelle 17 persone che mi hanno trafitto il cuore, e di loro mi rimarrà per sempre il loro candido e immenso amore. Martina Todesco Lin da M

emo n

on ta Mem Mar

So fia

un saluto speciale alla mitica 3°a 2006-2007 di Lacchiarella. con affetto vv1kdb toda’93

Ore 6.00 del mattino. Ci ritroviamo tuo padre ed io seduti sul divano vestiti impalati come due ebeti ad aspettare il tempo che passa per uscire... Ore 6.20 prendiamo l’auto è buio pesto, non ci diciamo

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21.02.2006.

el m ab ais ni va

ablo atteop

una parola, l’emozione ci blocca la voce, in auto come sottofondo la radio emette “una storia d’amore” di Jovanotti… mi emoziono. In questi mesi abbiamo provato e riprovato tutti i tragitti più veloci per giungere all’ospedale nel minor tempo possibile. Sorrido al pensiero che oggi non c’è un’anima viva in giro e che arriviamo in meno di dieci minuti. La mente percorre mille pensieri e non riesce a bloccarsi nemmeno un secondo su uno di questi. Tra poco sarò madre. Tra poco la mia vita si stravolgerà. Tra poco non potrò più tornare indietro ma solo andare avanti. Mentre scrivo riprovo le stesse emozioni. Ore 11. Bacio tuo padre sulle labbra ci abbracciamo forte e spavalda e felice entro in sala operatoria. Cesareo purtroppo. Tuo padre nervoso lo immagino passeggiare guardando in continuazione il cellulare. Solo dopo saprò che lui è sempre stato lì vicino a noi. Dietro la porta. Ore 12.13 . Scoppio a piangere dalla gioia tu dalla rabbia visto che non smetterai di urlare per altre due ore. Ti porta verso di me non riesco a controllare le emozioni, le lacrime scendono e io sono felice. Ora può accadermi di tutto tu sei salva … sei vita… vita pura. Ti guardo crescere ed è il regalo più bello… sei amore incondizionato… due anni fa ho rischiato di morire oggi vivo con te. Ho sete di te, del tuo sorriso, dei tuoi piedi, del tuo odore, del tuo respiro.

Ho sete della tua innocenza, della tua curiosità, della tua voglia di imparare, di diventare grande, ho sete del tuo amore. Dono prezioso. Grazie Sofia. Silvia



Xmas Project 2006 è

katia tumidei ♥ ada spallicci ♥ cicci carini ♥ alessandro bompieri ♥ sarah nocita ♥ giulia utili ♥ chiara utili ♥ elena casadei ♥ marina gemic ♥ monica burdese ♥ alberto bruno ♥ alessandro bruno ♥ alberto lazzaretti ♥ virgilio beltrando ♥ barbara boffa ♥ giorgio bertolo ♥ daniele allocco ♥ franca miretti ♥ john skinnader ♥ loris genesio ♥ studio agrò ♥ padre gianni nobili ♥ giorgia morra ♥ marco patagarro eula ♥ max garbo ♥ massimiliano tinelli ♥ marina e vittorio salvini ♥ claudio bezza e chiara fantauzzo ♥ luca buratti ♥ marco mangini ♥ manuela bocco ♥ massimo durante ♥ marco di gregorio e donatella ♥ andrea ceccarelli ♥ federico barral ♥ massimo santambrogio ♥ alessandro de angelini ♥ gianfranco de cesaris ♥ nicola cascino ♥ elena pini ♥ giulia montrasio ♥ luca musumeci e stefania spennacchio ♥ stefano ronzoni ♥ giovanna giuliana ♥ federica rovelli ♥ andrea volonte' ♥ elisa reginato ♥ paola budini ♥ paolo brosio ♥ patrizia manzone ♥ stefano stirpe ♥ stefania e fabrizio barale ♥ 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I nostri progetti


2001 2002 2003 2004 2005


Carissimi amici, questa nostra per raccontarvi del grande evento che abbiamo trascorso ieri, 26 luglio 2006, qui alla casa dei sogni di Bals. Per l’occasione, erano presenti i rappresentanti dell’Associazione “Adriana per i nostri bambini” di Udine, Alessandro Bais e Michele Garbino. Il massimo rappresentante delle istituzioni e del governo italiano, l’ambasciatore Emanuele Mancini, e la sua signora ci hanno reso l’onore di una visita ufficiale. Grande è stata la gioia di tutti; un sentimento di ammirazione e orgoglio ci è stato espresso dallo stesso ambasciatore che ci ha promesso una nuova visita con la probabilità che sia presenziata da un ministro del governo italiano. D’ora in poi potremo contare sull’amicizia e sul supporto dell’intero staff dell’ambasciata italiana a Bucarest. Per questo avvenimento, sento il dovere di ringraziare un nuovo e grande amico della Fondazione, il dott. Oletti Marco, ex presidente di Confagricoltura – sezione riso, attuale responsabile delle politiche agricole italiane in Romania e vice presidente dell’Unimpresa Romania, che presto verrà proposto come Presidente d’onore della Fondazione “I nostri bambini”.

Con tutta la gratitudine e l’amicizia di cui siamo capaci.

Antonio, Tatiana e i bambini.


Ristrutturazione di alcuni bagni e camere della sezione di malattie infettive pediatriche dell’Ospedale giurisdizionale di Slatina, in Oltenia, e mantenimento per tre anni di un’assistente materna.

Budget preventivo progetto ristrutturazione TOTALE FONDI RACCOLTI Spese progetto (stampa, spedizione, segreteria) Fondi a disposizione per progetto Slatina Fondi stanziati per progetto ristrutturazione Fondi stanziati per progetto “Assistenti materne”

Euro Euro Euro Euro Euro Euro

8.041 23.255 4.996 18.259 9.259 9.000

Slatina, Romania Nel 2001, il primo Librosolidale, in collaborazione con la Fondazione “I nostri bambini”

Fundatia “I nostri bambini” str. Ciresului n° 100 Bals c. p. 235100 (Olt) Romania RAIFFEISEN BANK agenzia di Bals (Olt) Conto corrente RO39 RZBR 0000 0600 0389 2107 Tel./Fax 0040 249 454246 e-mail: info@inostribambini.org www.inostribambini.org

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2001


Budget preventivo progetto Scuola TOTALE FONDI RACCOLTI Spese per spedizioni Spese di segreteria e cancelleria Stampa Librosolidale 2003 Fondi stanziati per progetto

Euro 29.000 Euro 36.750 Euro 1.100 Euro 150 Euro 8.100 Euro 27.500

Costruzione e avviamento di una scuola nel villaggio di Assada (aule, alloggi, servizi igienici, cucina e magazzino nonché muro di recinzione).

2002 Assada, Niger

Nel 2002, il secondo Librosolidale, in collaborazione con l’Associazione Les Cultures Cari amici, la scuola di Assada sta per iniziare nei prossimi giorni il suo quinto anno scolastico. Le notizie che si sono susseguite per tutta l’estate non ci hanno ancora permesso di sapere il numero dei nuovi iscritti; in ogni caso, alla fine dell’anno scolastico 2005-2006 la scuola contava 70 bambini (24 femmine e 46 maschi), divisi in quattro corsi (CI-CP-CE1-CE2) seguiti da due insegnanti. Nel corso dell’ultimo anno la scuola è stata dotata di una radio a onde corte alimentata da pannelli solari, per comunicare sulle frequenze della direzione regionale della sanità di Agadez. Rompendo un isolamento secolare, il nostro partner AFAA è ora in grado di avere notizie in tempo reale, evitando così un giorno di viaggio, e la popolazione della valle

Les Cultures ONLUS Laboratorio di cultura internazionale Corso Martiri, 31 23900 Lecco Tel.: +39 0341 284828 Fax: +39 0341 370921 informazioni@lescultures.it www.lescultures.it


ha la possibilità di chiedere aiuto in caso di emergenze sanitarie o di altro tipo. La scuola, oltre al sostegno alimentare del Programma Alimentare Mondiale, ha ricevuto anche lo scorso anno il sostegno integrativo (carne, olio, latte in polvere e altro) previsto dal nostro progetto annuale di appoggio, con il quale abbiamo inoltre potuto provvedere al sovrascavo del pozzo scolastico e di quello pastorale (resi necessari dall’abbassamento della falda acquifera a causa della siccità del 2005) e all’impermeabilizzazione dei tetti della scuola, per proteggerli dall’erosione dovuta alla pioggia (che anche se rara, quando arriva fa danni). Il direttore Soulimane Ghousmane, che ha seguito la scuola nei primi quattro anni, è stato trasferito a luglio a causa di un grave disaccordo con il locale comitato di gestione. L’intervento attivo della popolazione della valle, sollecitato anche da noi, oltre alla tenacia di Ghoumour Kato, segretario dell’associazione AFAA nostro partner ad Agadez, ha permesso un rapido (rapido naturalmente per gli standard nigerini) interessamento dell’ispettorato per l’educazione primaria di base competente, e di recente abbiamo avuto notizia che sono stati nominati un nuovo direttore e due insegnanti. L’attenzione dell’ispettorato testimonia la considerazione che il progetto Assada ha incontrato nell’amministrazione pubblica locale. Assieme al nostro partner AFAA siamo molto contenti della dimostrazione di efficienza e di continuità che ha dato questo progetto, che assieme a quello di Emalawlé è ora uno dei rari esempi di efficacia per gli interventi di appoggio alla scolarizzazione primaria nell’Air meridionale. Vi allego alcune foto curiose della scuola, scattate durante un sopralluogo nel mese di agosto: al posto del solito cortile polveroso, grazie alle piogge estive che quest’anno sono ritornate ad essere nella norma, appare un insolito e riposante praticello verde. Si possono vedere sia la nuova antenna della radio sia il pannello solare di alimentazione delle batterie, e il rivestimento impermeabilizzante dei tetti. I bambini non ci sono perché anche in Niger d’estate sono in vacanza, e la scuola è chiusa! Grazie ancora a tutti e a presto,

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Giorgio Redaelli, Les Cultures


Carissimi amici del Xmas Project, è trascorso già un anno e mezzo da quando abbiamo inaugurato Albachiara, una casa comoda, piena di luce dove giorno dopo giorno i ragazzi che hanno avuto la fortuna di accedere al programma imparano a gestirsi da soli e possono seguire un percorso orientato al reintegro sociofamiliare. La delicatezza del suo nome, scelto da voi cari amici, fa sì che ci sia un affetto speciale da parte nostra per questa sede e mai dimenticheremo che questa casa esiste grazie all’incredibile generosità dei tanti italiani che senza conoscerci hanno aiutato i nostri ragazzi colombiani e ai quali esprimiamo la nostra massima gratitudine. Durante questo periodo abbiamo assistito un totale di 112 adolescenti tra i 15 e i 21 anni, con i quali abbiamo lavorato alla costruzione di un progetto di preparazione alla vita sociale e produttiva. Hanno avuto modo di chiarire i loro obiettivi e hanno iniziato a porre le fondamenta per un rientro nella società in una “casa-rifugio” intenta a compensare tutte le difficoltà a cui i ragazzi andranno incontro. Albachiara ospita adolescenti maggiori di 14 anni ufficialmente abbandonati e senza possibilità di adozione. Tra questi privilegiamo coloro che si trovano in situazione di pericolo o che non hanno una rete di appoggio familiare. L’ingresso di un adolescente in Albachiara rappresenta un contatto transitorio con un contesto socializzante diverso dalla propria famiglia di origine. In questo senso le azioni che si sviluppano nella casa sono orientate alla creazione di condizioni che permettono e facilitano la costruzione del proprio progetto di vita evitando l’isolamento e il disadattamento sociale. Nel corso di questo programma verifichiamo che nei ragazzi si sviluppino tutti gli elementi fondamentali in tema di autovalorizzazione, partecipazione, educazione, aspetti basilari della ricostituzione dei loro diritti fondamentali. Ci focalizziamo su una giusta proporzione di formazione accademica, prelavorativa e lavorativa, realizzando studi di mercato sull’offerta e sulla domanda di lavoro. Allo stesso modo ricerchiamo opportunità per cogestire, cofinanziare e coordinare progetti educativi e professionali collaborando con enti territoriali, enti regionali competenti, o con benefattori privati.


Fundación Niños de los Andes Tel.: 0057 1 6780655 Fax: 0057 1 6705375 Carrera 20 bis A # 164-51 A.A. 103659, Bogotá ninandes@ninandes.org www.ninandes.org

Bogotá, Colombia Nel 2003, il terzo Librosolidale, in collaborazione con la Fundación Niños de los Andes I giovani ospiti ricevono l’utilizzo dell’alloggio e del vitto, secondo piani stabiliti da un nutrizionista, coerenti con le necessità relative a ogni età e approvati dall’ICBF; uno psicologo cura gli interventi secondo la prospettiva sistemica, integrando nel processo la famiglia o la rete sociale di sostegno più vicina ai giovani. Gli assistenti sociali supportano i giovani attraverso interventi individuali o di gruppo e attraverso la collaborazione per la costruzione della rete sociale di supporto per un inserimento lavorativo e/o accademico inerente al Progetto di Vita. Inoltre, i ragazzi beneficiano di un servizio sanitario completo nelle aree di medicina generale, odontoiatria e nutrizione. Un caloroso abbraccio a tutti, Pedro Fernadez Vargas

Acquisto nell’area urbana di Bogotá di una Casa Hogar (casa famiglia) destinata a ospitare circa 60 giovani che hanno concluso il processo di reinserimento sociale all’interno della Fondazione e si preparano a lasciarla.

Budget preventivo progetto Casa Hogar

Euro

35.000

TOTALE FONDI RACCOLTI

Euro

35.340

Spese per spedizioni, segreteria e cancelleria

Euro

540

Stampa Librosolidale 2003

Euro

8.100

Fondi stanziati per progetto

Euro

26.700

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2003


G.R.T. Gruppo per le Relazioni Transculturali Via Desiderio 26/A 20131 Milano Tel./Fax: + 39 0226681866 e-mail: grt@una.org

2004

Rupandehi, Nepal Nel 2004, il quarto Librosolidale, in collaborazione con l’Associazione GRT

Dalit: il progetto continua, nella speranza della pacificazione. L’anno trascorso è stato per il Nepal un periodo intensissimo. Agli osservatori politici stranieri appariva evidente come si stesse andando a grandi passi verso una terribile guerra civile, senza prospettive, nel senso che l’esercito non sarebbe riuscito a riconquistare il Paese e i maoisti non avrebbero potuto vincere l’esercito. Le informazioni a nostra disposizione non sono molte ed è molto difficile una valutazione sulle prospettive. Nonostante questo, la nostra rappresentante in loco, Valeria Panisi, ci ha sempre inviato messaggi di speranza legati alla conoscenza che ha del Paese e alla conoscenza delle grandi capacità culturali di mediazione della gente nepalese. Ad aprile, dopo una serie di manifestazioni di piazza con una foltissima partecipazione popolare, con morti e feriti, il re è tornato sui suoi passi; ha riaperto il parlamento chiedendo ai partiti politici di lavorare per un accordo con i maoisti.

Budget preventivo progetto Dalit

Euro

28.000

TOTALE FONDI RACCOLTI

Euro 36.890

Spese per spedizioni, segreteria e cancelleria

Euro

Stampa Librosolidale 2004/5

Euro

8.100

Fondi stanziati per progetto

Euro

28.000

790

Progetto socio-sanitario a favore di una comunità di donne Dalit: 18 borse di studio, produzione di materiale informativo e acquisto di attrezzature mediche per cliniche mobili.


I territori del progetto sono controllati dai maoisti quindi FEDO è in stretto contatto con loro. FEDO ha cercato di mantenere una certa neutralità almeno nel non identificarsi con i maoisti con i quali comunque condivide alcuni importanti principi di giustizia sociale contro l’emarginazione culturale e storica a cui i Dalit sono tradizionalmente soggetti. Le azioni progettuali di FEDO sono comunque sempre state pacifiche e legate alla formazione della propria gente perché con più strumenti intellettuali e tecnici possa far valere i diritti e sensibilizzare il resto della popolazione. Anche nei momenti di massima tensione, durante i tentativi da parte dei maoisti di coinvolgere tutti nella rivoluzione e nella guerriglia, FEDO è rimasta fedele ai suoi principi pacifici e alle sue modalità di lotta non armata. Il sostegno alle comunità e ai villaggi, anche i più sperduti, continua con una serie di attività semplici, capillari e di rinforzo. Si sono svolti corsi di qualificazione professionale, è proseguita l’erogazione di borse di studio attraverso il fondo rotativo istituito col progetto, è proseguita l’attività di microcredito attraverso l’istituzione di “prestiti sociali” per l’avvio di piccole imprese familiari di lavoro e si è proseguito nelle comunità con momenti di formazione sui temi della salute. FEDO ha saputo contestualizzare gli interventi a seconda della situazione che si trovava ad affrontare. In alcuni villaggi non è stato possibile organizzare attività continuative per via della presenza troppo pericolosa di truppe armate maoiste e dell’esercito; si è allora cercato di mantenere comunque una presenza soprattutto di ascolto e di aiuto nelle situazioni più difficili, sia da un punto di vista della sopravvivenza, sia della difesa dei diritti primari. FEDO continua, con fondi propri, seppur modesti, a mantenere una presenza significativa su alcuni territori ed è riconosciuta come organizzazione che ha saputo creare un metodo di intervento efficace e sostenibile anche economicamente. Loris Panzeri, Associazione GRT

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Siamo a questo punto. Non c’è ancora l’accordo, né un generalizzato cessate il fuoco, ci sono degli incontri e un tentativo di trovare modalità meno cruente per la definizione dei poteri.


È trascorso quasi un anno da quando abbiamo tenuto per le mani il Librosolidale 2005/06, da quando ne abbiamo regalato decine e decine di copie, da quando ci siamo accorti che i tanti obiettivi che guardavamo da lontano li possiamo ora vedere più da vicino. Xmas Project ha contribuito alla realizzazione innanzitutto di due “piccoli” sogni: Angelo e Luisa, due dei dieci bambini del progetto 100 Euro che abbiamo potuto portare avanti, sono diventati comunali! Il contributo economico ottenuto ha incoraggiato le loro mamme (e noi anche!) a non mollare la possibilità di frequentare il nido e per l’anno scolastico in corso sono così riuscite a entrare nelle graduatorie comunali senza perdere il posto: è una conquista di grande valore. Xmas Project è una pianta che dà i suoi frutti. E anche fiori, foglie… adesso Giramondo ha un giardino davvero rigoglioso, grazie alla terra, al concime e alle sementi che abbiamo potuto comprare e piantare. Inoltre una recinzione di legno fa sì che nulla sia lasciato al caso e che lo spazio dedicato all’orto sia protetto e davvero speciale. Oltre a ciò il giardino è stato arricchito di un gazebo, un po’ ombra un po’ casetta, per i suoi piccoli ospiti nelle giornate assolate e calde d’estate. Infine l’accesso al giardino è stato reso ancora più sicuro dall’installazione di un cancellino rosso che delimita la scalinata che porta all’interno dell’asilo. Entrando ci sono molti giocattoli nuovi e due nuovi angoli per le attività sia nella classe dei semidivezzi sia in quella dei divezzi: poltroncine, scaffali colorati, tappetini, libri di tutte le taglie, moduli che possiamo ricomporre in svariate fogge. Abbiamo anche installato un divisorio nella classe dei lattanti che favorisce ai bambini semidivezzi il senso di appartenenza al gruppetto di “quelli un po’ più grandi”. Abbiamo potuto ristrutturare e imbiancare gli interni, piastrellare il bagno e la cucina – ora è risistemata proprio a puntino – e stiamo provvedendo persino a “restaurare” i nostri murales. Stiamo pensando a quando questi bimbi saranno adulti e le loro mamme magari già nonne, a quan-


Realizzazione del “Progetto 100 euro” che prevede l’inserimento di 10 bambini stranieri, figli di “genitori soli” in situazione di grave disagio economico e sociale.

Budget preventivo progetto Chiedo asilo a Milano

Euro

38.500

TOTALE FONDI RACCOLTI

Euro

39.240

Spese per spedizioni, segreteria e cancelleria

Euro

860

Stampa Librosolidale 2005/6

Euro

7.080

Fondi stanziati per progetto

Euro

31.300

Milano, Italia

Nel 2005, il quinto Librosolidale, in collaborazione con l’Asilo Nido Giramondo e la Cooperativa Sociale Città Nuova do prendendo in mano quella copia vecchia e ingiallita del Librosolidale saranno consapevoli della loro storia e del significato della vostra (e anche un po’ nostra) iniziativa. E magari ne creeranno come una sana eredità uno nuovo, per i loro figli. Crediamo che Xmas Project non sia terminato l’anno scorso, ma che sia davvero appena cominciato. Grazie umanamente a tutti voi! Barbara D’Ambrogio, Asilo Giramondo

Asilo Nido Giramondo Via Candiani, 139 - 20158 Milano Tel.: +39 02 39313197

Cooperativa sociale Città Nuova Piazza Alfieri, 3 - 20158 Milano Tel. e fax: +39 02 3760512 E-mail: info@coopcittanuova.it www.coopcittanuova.it

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2005


Xmas Project 2007? In primavera la scelta. Segnalateci i vostri progetti.


A partire dal Librosolidale 2004 abbiamo introdotto un piccolo grande cambiamento: non trovate infatti nessuna anticipazione sul progetto del prossimo Natale. Abbiamo deciso di rinviare la nostra scelta in primavera, perché desideriamo ampliare le nostre possibilità di intervento: vogliamo infatti dare modo a tutti voi di segnalarci iniziative che ritenete interessanti o di indirizzare verso di noi eventuali associazioni con le quali siete in contatto. Ecco i criteri che ci hanno ispirato fino ad oggi nelle nostre scelte e con i quali verranno valutate le future proposte.

1

Un progetto “finito”:

scegliamo progetti il più possibile delineati e dettagliati, con obiettivi chiari, anche se piccoli, un budget definito e un tempo di realizzazione certo.

Un progetto “rispettoso”: appoggiamo progetti richiesti e voluti da chi ne beneficerà, o

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da chi opera direttamente sul campo. Pur gradite e necessarie tutte le associazioni “tramite”, ci piace alla fine arrivare ad aiutare un partner locale, che esprima un proprio progetto e il bisogno di finanziarlo.

Un progetto “sostenibile”: diciamo intorno ai 30.000 euro. Questa è la nostra potenzialità, quindi meglio tenerne conto. Ci piace avere un budget preciso e dettagliato del progetto. A preventivo e poi a consuntivo.

Un progetto “diverso”: desideriamo che la nostra piccola collana di libri ci aiuti anche a scoprire la varietà del mondo. Ci piace immaginare dei Librisolidali che ci portino di anno in anno ad avvicinare luoghi e problematiche differenti.

Altre cose che ci piacciono: ci piacciono le piccole associazioni che hanno progetti seri

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e interessanti, ma un po’ meno strade aperte per finanziarli. Ci sembra più utile portare il nostro piccolo contributo là dove non ci sono grandi possibilità di finanziamento. Ci piacciono le associazioni ben organizzate, quelle disponibili e desiderose di contribuire attivamente alla diffusione del Xmas Project.

Segnalateci dunque i vostri progetti, segnalateci alle associazioni che li portano avanti. Ricordatevi che dovrà essere realizzato nel 2008, anno in cui noi potremo finanziarlo. Sarà il protagonista del Librosolidale 2007/8. All’interno della copertina di questo libro, trovate tutti i dati per contattarci. Appuntamento quindi in primavera per la scelta del progetto. Buon Natale a tutti voi.

98|99

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Xmas Project ringrazia:

per la stampa del Librosolidale 2006

per la rilegatura del Librosolidale 2006

per la realizzazione e il mantenimento del sito www.xmasproject.org

Un grazie particolare a: Paola Scodeggio e Gianluca Sanvito per l’insostituibile “aiuto contabile”. Loris Genesio e Gianfranco Goffi per le foto sull’Etiopia. Viviana Spreafico per tutti gli sfondi di questo libro... sei magica! Dario Piletti per il supporto grafico. Martina Nencini per la traduzione dei testi relativi al progetto in Etiopia. Patrizia Zapparoli per la correzione bozze del Librosolidale 2006. Antonio e Tatiana Ellero della Fondazione “I Nostri Bambini”. Giorgio Redaelli dell’Associazione “Les Cultures”. Pedro Isaac Fernández Vargas della “Fundacion Niños de los Andes”. Loris e Maria Panzeri del Gruppo GRT. Barbara Dambrogio e Cristina Pedretti dell’Asilo Nido Multietnico Giramondo. Sara Cravero e Stefano Zimbaro di OMO, per la passione con cui operano e che hanno profuso nella realizzazione di questo volume. Tutti coloro che credono in questo progetto. Realizzazione grafica: Jacopo Dalai & Matteo Fiorini Stampato a Milano, Novembre 2006 È consentita la diffusione parziale o totale dell’opera e la sua diffusione in via telematica ad uso personale dei lettori, purché non sia a scopo di lucro.


Associazione Xmas Project ONLUS Via Luigi Settembrini, 46 20124 Milano Numero Verde: 800 180 406 Fax: 02 68 80 402 info@xmasproject.org www.xmasproject.org

Gongod

Per contattare l’Associazione e partecipare al progetto:

È il regalo che vogliamo farci quest’anno a Natale. E che abbiamo scelto di farci per tutti i prossimi Natali...

Gongode, Etiopia

L’Associazione Xmas Project è nata nel settembre del Duemilauno. I soci fondatori sono Roberto Bernocchi, Dario Bertolesi, Elena Casadei, Francesca Castelnuovo, Francesca Colciaghi, Alberto Cometto, Maurizio D’Adda, Jacopo Dalai, Matteo Fiorini, Filippo Marconi, Benedetta Nocita, Sarah Nocita, Sara Panizza, Renato Plati. ll Gruppo Media, azienda di arti grafiche, e Arachno, Web Agency, sono partner del progetto.

Xmas Project | Librosolidale 2006

L’Associazione Xmas Project

Il Librosolidale Il libro che state tenendo in mano è un libro speciale. È un “Librosolidale”. Non è in vendita, ma se lo desiderate, potete contribuire a crearlo, a diffonderlo e soprattutto a finanziarlo. Il Librosolidale è il frutto dell’impegno di molti. Questi molti sono il Xmas Project. Un’Associazione costituita per dare sostanza e realtà a microprogetti di solidarietà, in giro per il mondo, là dove c’è del bisogno. Chi vuole sostenere il progetto, e quindi aderire al Xmas Project, prenota una certa quantità di Librisolidali e versa un contributo proporzionale alle copie ricevute. Potrà così utilizzare i libri come doni, in occasione del Natale, trasformandoli in ambasciatori del progetto stesso. Non solo: questi doni saranno particolari, perché conteranno qualcosa di “proprio”. Perché chi aderisce al Xmas Project contribuisce in prima persona alla costruzione del Librosolidale, fornendo un proprio contributo: una foto, uno scritto, una poesia, piuttosto che semplicemente la propria firma. Se avete ricevuto questo libro in dono da qualcuno, sfogliatelo: vi troverete un suo segno. L’aspirazione, di Natale in Natale, è quella di costituire una Collana di solidarietà. Contattateci: è questo il regalo che anche voi potete donare e donarvi il prossimo Natale.

Xmas Project 2006 Gongode, Etiopia, Africa. In uno dei dieci Paesi più poveri del mondo l'accesso all'acqua è ancora un privilegio di una minoranza della popolazione. Acqua: parliamo di quel liquido che si beve e che bevono gli animali che alleviamo; che serve per irrigare i campi; che serve per lavarci e per motivi sanitari; per creare energia e per altri centinaia di usi. A Gongode, nel South Omo, vivono 30mila persone, in gran parte appartenenti al gruppo etnico dei Maale, uno dei gruppi sociali più poveri della regione. La distanza media tra gli insediamenti umani e un punto di acqua è di 3-4 ore. Col Progetto di quest'anno, elaborato dall'Associazione Omo e sviluppato in concorso con la Chiesa Cattolica del Gamo Gofa, ci proponiamo di finanziare la costruzione di dieci bacini artificiali per la raccolta di acqua piovana.

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