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Come gestire i rifi uti della manutenzione del verde

Come gestire i rifi uti della manutenzione del verde

Non sempre è facile muoversi nel quadro mutevole della normativa, la cui violazione può avere conseguenze penali

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di Domenico Grillo

Consulente tecnico-normativo in ambiente e sicurezza

Nel turismo, specialmente in quello all’aria aperta si sta sviluppando sempre più il concetto di “vacanza sostenibile”, con nuove strutture che cercano di off rire un soggiorno ecologico, a stretto contatto con la natura. In questo contesto si inseriscono i campeggi a “impatto zero”, ovvero quelli che incoraggiano ed off rono un turismo ecologico in aree di particolare bellezza e diversità naturali. Per tutti gli imprenditori del comparto, le cui strutture sono sempre immerse nel verde e specialmente per quelle situate in tali contesti risulta più che mai essenziale informarsi e formarsi ad una corretta gestione dei rifi uti prodotti dalle attività di manutenzione di alberi e piante, adottando criteri di priorità quali, ad esempio, prevenzione, riciclo e riuso. Proprio in questa direzione si evolve la normativa ambientale vigente, il cui riferimento principale è costituito dal D.Lgs. 152/06, Norme in materia ambientale. Questo anche a seguito delle modifi che apportate dal

D.Lgs. 116/2020, in vigore dal 1° gennaio 2021,che fra l’altro ha precisato come i rifi uti derivanti dalla manutenzione del verde pubblico, in precedenza esclusi dall’ambito di applicazione della norma citata, sono adesso anch’essi classifi cati come rifi uti urbani. Purtroppo non sempre vi è una chiara ed inconfutabile possibilità di classifi care i rifi uti derivanti dalla manutenzione del verde, quali potature, sfalci, diserbi, ecc., come urbani o speciali. Occorre infatti fare attenzione al soggetto che materialmente esegue l’attività di potatura, manutenzione e sfalcio, ovvero di raccolta e conferimento di tali rifi uti. Se da un lato è “Se non vi sono dubbi nel ritenere che il privato cittadino che poti la propria siepe possa considerare gli scarti prodotti come rifiuti urbani, la questione diventa più complessa se il soggetto è un professionista" vero che non vi sono dubbi nel ritenere che il privato cittadino che poti la propria siepe o sfalci l’erba del proprio giardino possa considerare gli scarti prodotti come rifi uti urbani, la questione diventa più complessa se colui che produce tali rifi uti è un soggetto che svolge professionalmente tale attività. In questa circostanza ci troviamo in presenza di una sorta

di produzione o raccolta sistematica di materiale che, a seguito delle ultime modifi che normative, non può essere tout-court assimilato ai rifi uti urbani in quanto è ora escluso il potere dei comuni di assimilare i rifi uti speciali come urbani “ab origine”; e nemmeno possono rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 183 - Defi nizioni -, comma 1, lett. b-ter, n. 5, del D.Lgs. 152/06 perché non provenienti da area “verde pubblica”. In questo caso si deve rilevare che l’art. 184, c. 3, del D.Lgs. 152/2006 defi nisce come “speciali” i rifi uti prodotti nell’ambito di attività artigianali, industriali, commerciali o di servizio non rientranti nel sopra citato 183, c. 1 lett. b-ter. In tale contesto, sono da considerare “speciali” i rifi uti prodotti dal giardiniere professionale che, off rendo il proprio servizio ai campeggi, o ad altre strutture ricettive, esegue sistematicamente, a livello imprenditoriale, la potatura di alberi, la raccolta di foglie e sfalci, e in generale, ogni altra attività connessa al giardinaggio e alla manutenzione delle aree verdi private; conseguentemente, a questo tipo di situazione è da applicare lo specifi co regime di gestione rifi uti. Nel caso in cui il materiale sia qualifi cabile come rifi uto si prospettano, quindi,tre ipotesi: a) materiali prodotti nell’ambito di una attività di manutenzione del verde pubblico che integrano la defi nizione di rifi uto e per i quali non ricorrono le condizioni del 185 (esclusioni) e 184-bis (sottoprodotto): in tale ipotesi i residui devono essere qualifi cati come rifi uti urbani ai sensi dell’art. 183 comma 1 del D.Lgs. 152/06; b) materiali prodotti nell’ambito di una attività di manutenzione del verde privato posta in essere da una impresa, che integrano la defi nizione di rifi uto e per i quali non ricorrono le condizioni del 185 (esclusioni) e 184-bis (sottoprodotto). In tale ipotesi i rifi uti devono essere qualifi cati come rifi uti speciali, non risultando l’attività in questione ricompresa tra quelle individuate nell’allegato L quinquies della parte IV del D.Lgs. 152/06; c) materiali prodotti nell’ambito di una attività di manutenzione del verde privato “fai da te”, posta in essere da privati: in tale ipotesi i residui devono essere qualifi cati come rifi uti urbani ai sensi dell’art. 183 comma 1 lettera b-ter, punto 1. In altri termini, la linea di demarcazione tra il rifi uto qualifi cato come “urbano” e la qualifi cazione dello stesso come “speciale” è impostata sulla professionalità del soggetto che esegue l’attività di giardinaggio. Risulta pertanto più che mai necessario attribuire a questo materiale il codice EER più adatto ed il suo trasporto dovrà necessariamente avvenire a cura di soggetti iscritti all’Albo nazionale dei gestori ambientali, accompagnandolo con il formulario di identifi cazione dei rifi uti (FIR), per poi conferirlo, per il recupero o lo smaltimento, a centri debitamente autorizzati. Vi è tuttavia la possibilità di qualifi care il residuo “biologico” de quo come “sottoprodotto”, e non come rifi uto, dimostrando la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 184 bis del D.Lgs. 152/06; esse consistono in: a) la sostanza o l'oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) è certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifi co, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana. In conclusione, mentre una corretta gestione dei residui e rifi uti prodotti comporta sempre un miglioramento delle condizioni ambientali e umane, permettendo nel contempo importanti recuperi in aree rurali, non sempre è facile districarsi nel complesso e assai mutevole contesto normativo applicabile; con conseguenze sanzionatorie che possono assumere anche connotati di rilevanza penale. ✻

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