EDITORIALE giugno-luglio 2007
Gusto di Puglia, viaggio nei sapori autentici Gusto di Puglia è un viaggio nella luce di una regione solare, tra giardini fioriti e angoli sconosciuti, tra cibi antichi e sapori nuovi, tra note popolari e voci protagoniste di questo nuovo tempo. Una rivista che propone, tra i prodotti della terra e del mare, un itinerario possibile, suggerisce un percorso, narra la Puglia autentica. Immagini e parole per raccontare la Puglia delle tradizioni, da scoprire leggendo e ritrovare visitandola. Gusto di Puglia è un invito, un assaggio di una regione pronta ad accogliervi.
“Taste of Puglia”, is a journey into the soul of a sun-filled region, between flowering gardens and hidden corners, among ancient foods and new taste sensations, within the notes of folk music and the protagonist voices of our modern age. A magazine which opens up, between sea and land products, a host of possible itineries, paths to be followed, while narrating the story of the real Puglia. Images and words bring to life the traditions of Puglia for the reader, while extending an invitation for a more close-up look in person. Taste of Puglia is an invitation, a sampling of a region ready to welcome you with outstretched arms.
Gisella Della Monaca
SOMMARIO GUSTO DI PUGLIA rivista bimestrale Registrazione presso il Tribunale di Lecce del 19 dicembre 2006 n° 952 è vietata la riproduzione anche parziale di testi, delle foto e delle illustrazioni se non autorizzata dalla direzione.
numero 1 – anno I
EDITORIALE Gusto di Puglia, viaggio nei sapori autentici
di Gisella Della Monaca
pag. 1
SCEGLIERE VINO Cuore primitivo di Alba di Palo
pag. 4
PROGETTO EDITORIALE
SERGIO D’ORIA
ORIZZONTE VERDE All’ombra della Vallonea
pag. 12
di Barbara Minafra
DIRETTORE RESPONSABILE
GISELLA DELLA MONACA REDAZIONE
GUST-ARTE Grottaglie, l’anima colorata dell’argilla
di Barbara Minafra
pag. 18
RITA PERRONE MARCELLO IPPOLITO
PUGLIA DA GUSTARE
ANGELO SIRSI
Cardoncelli, segreti di bosco
SEGRETERIA DI REDAZIONE
PUGLIA DA GUSTARE
7TERRE Global Service via Nino di Palma, 112 – 73012 Campi Sal.na (LE) tel./fax 0832/793781 e-mail info@7terre.it
di Maurizio Marangelli
Grano e foglie di rugiada, certezze di Puglia
di Lia Mintrone
pag. 26
pag. 34
MEDMARE Cozza, regina del golfo di Taranto di
Alba di Palo
pag. 42
FOTO/ILLUSTRAZIONI
PHOTOGRAFIKA STUDIO - Lecce SI RINGRAZIA PER LE FOTO CONCESSE
INCONTRI DI GUSTO Gianrico Carofiglio
LE VIE DEL PANE
PROGETTO E DIREZIONE ARTISTICA
METE
MAURIZIO D’ANNA
Maglie, varco nel sentiero verde
IMPAGINAZIONE
RITA PERRONE
pag. 50
di Gisella Della Monaca
COMUNE ALTAMURA CONSORZIO PRODUTTORI VINI DI MANDURIA CINEBASILE di L. Basile PROFESSIONAL PHOTO VIDEO di S. Spagnolo
Altamura, l’alba del pane
pag. 54
di Lia Mintrone
di Leda Cesari
pag. 60
METE Ostuni, bianca passione
pag. 68
di Maurizio Marangelli
STAMPA
EDITRICE SALENTINA - Galatina (Le)
ORIZZONTI FIORITI Abracadabra, sulla via delle rose
di Gisella Della Monaca
pag. 76
PUBBLICITÀ
REGIONE PUGLIA Assessorato alle Risorse Agroalimentari
PUGLIA MADRE
APT PROVINCIA DI LECCE
Podolico, identità garganica
di Gisella Della Monaca
pag. 84
TERME DI S. CESAREA UNIONCAMERE BARI
BISBIGLI NEL VENTO
PROVINCIA DI FOGGIA Assessorato alle Risorse del Territorio
Se Matteo Salvatore fosse nato a Milano...
SI RINGRAZIA PER LA COLLABORAZIONE
RICETTE
di Daniele Durante
pag. 92
“Slow Food Puglia”per la segnalazione dei ristoratori tutti presenti nella prestigiosa “Guida Osteria d'Italia 2007” edita da“Slow Food Editore”.
Laianedda di Laianaru al primitivo
pag. 10
Bocconcini di Cardoncelli lardellati su crema di tartufo
pag. 32
Xenia Mistral
Rape e piselli a cecamariti
pag. 40
Mauro Maggialetti
Zuppa di cozze del Mar Piccolo
pag. 48
“Primitivo” heart Nectar of the grape and purple red reflections, the throbbing pulse of passion on the Tarantina plains. Thoughtfully sipped in meditation. The landscape where the precious wine which gives birth to the Primitive, Taranto’s surroundings’ symbol, comes up, grows and develops, calls to mind foreign lands like Arabia, for the white shine shimmering of their constructions and Africa for its arid scorched soil. It is not difficult to loose oneself in one of the many sceneries of “a thousand and one Arabian nights” when the warm desert wind frames tales and events of a mysterious and captivating flavour. A striking sight, emotional, rich in colours, capturing and holding the gaze of even the simply curious attempting to discern the history of his most primitive roots by savouries the soul of this wine. This DOC’s name, evokes by itself, distant exoticisms in contrast to the simple farms and rustic small holdings, which characterize the city which has given it its second name. Manduria, is sweltering in summer and mild in winter. Here the Scirocco breeze blows among the leaves and pathways in the vineyard, rising up to intense gust allowing individual grapes to inhale the Salento air forging their character. The vines sprout from among indigenous vegetation and plants, shrubs and weeds and other life forms, more humble but not less important, like moss, mushrooms and lichens. This is the fairy tale magical wonderland, where the “primitivo” of Manduria develops, practises, and perfects the spells it casts, charming and bewitching the taste buds. Resisting a wine whose body is akin to that of blood is impossible. Immediately sipped, as the liquid slides along the glass kissing the pursed lips, indelibly marking them with the hungry demand which begs another compelling, but restrained sampling. A light brush of taste, the hundredth, able to compliment a velvety clean, limpid and unmistakable flavour. Difficult to not recognize instantaneously at first sight. The purple reflections don't leave room for error and the intense flavour, robust and slightly savage, leads the mind to the realisation that this an honest wine, whose flavour is come by through
Cuore primitivo di Alba di Palo Nettare d’uva dai riflessi rosso porpora, pulsa la Murgia tarantina di passione. Un sorso per meditare. Il paesaggio in cui nasce, cresce e si sviluppa la vigna preziosa da cui si genera il primitivo simbolo del tarantino, ricorda l'Arabia per il bianco delle sue costruzioni e l'Africa per le sue terre arse dal caldo sole. Non è difficile perdersi in uno dei tanti scenari da “mille e una notte” quando il caldo vento del deserto incornicia storie e avvenimenti dal sapore misterioso e accattivante. Una visuale suggestiva, emozionante, ricca di colori che rapiscono lo sguardo anche del semplice curioso che tra le anime del vino intende scoprire la storia delle sue radici più primitive. Lo stesso nome di questo vino Doc, evoca lontani esotismi che contrastano con le fattorie e le masserie dal sapore rustico che caratterizzano la cittadina da cui il vino prende il suo secondo nome. È diroccata sulla Murgia tarantina Manduria, un luogo caldo e intenso d'estate, mite in inverno. A soffiare tra le strade e le foglie delle vigne, lo scirocco il vento tiepido, dalle folate intense, che permette alle uve di scrollarsi dagli acini il respiro dell'aria salentina che ne ha forgiato il carattere. I vigneti sorgono tra piante arboree, arbusti, erbacee e forme di vita vegetale più umili ma non per questo, meno importanti come i muschi, i funghi, i licheni. Questo il regno fatato e magico in cui il primitivo doc di Manduria sviluppa le sue capacità di ammaliare le molecole sensoriali. Impossibile, resistere a un vino la cui corposità ricorda quella del sangue. Appena assaggiato, appena il suo corpo rosso scivola lungo la parte del bicchiere toccando le labbra, lo macchia quasi invogliando e chiamando un altro sorso, l'ennesimo, in grado di completare una degustazione vellutata, limpida e inconfondibile. Difficile non riconoscerlo al primo sguardo. I riflessi rosso porpora non lasciano scampo e il gusto forte, robusto e un po' selvatico ricorda che si tratta di un vino schietto il cui sapore cambia in base alle modalità di lavorazione tutte diverse sì, ma rispettose della tradizione.
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alternative procedure, all different, but mindfully respective of tradition. The cockles of the heart are warmly touched by “a tear” of the primitive, whose alcohol content and charge finds inspiration in a mature, but definitely not a tediously tiresome or boring, fruit. The tannin completes the experience by imparting a fruitiness and albeit bitterish, clean taste. Vivaciously intoxicating, on a par to a cherry, the registered label of origin (doc) of Taranto, is best suited to robust dishes, fatty cheeses, fresh tomato sauces over which, such foods with their texture and savouriness permit the play of alcohol and leave the palate piquant and clean. A wine which owes much of its success to the soil which cradles the proud rigorous roots, allowing the vine to develop. A development moderated by the wind, the warm summer breeze and the winter mildness. To best relish the phases in the growth and development of the nectar of the devoutly jealously guarded precious Manduria’s grape, the primitive, has to be sampled in tiny delicate sips, almost a sparingly frugal tasting, savoured to accentuate and highlight the noted aroma and richness of the complete whole. A philosophical point of view is begged of when partaking of wine like this, “introspection” and “meditation” are its watchwords. A glass of the red which accompanies the deep internal dialogue of the writer or the poet whose restless disquiet is rewarded with an all too brief, fleeting, yet profoundly satisfying moment of relief and gratitude found in the bloody passionate red. All these traits were first bottled towards the end of the 19th century by the willed determination of Don Menotti Schiavoni, a man who was so jealously protective of this precious wine, that he extended its pleasures to but a few of his closest friends. Prior to becoming a gentleman among the wines, the primitive, has whiled away the time in the shade a century. A 100 years is what it took for the primitive of Manduria to become transformed into what is today considered to be a highly prized and sought after wine, recognized and held in esteemed regard. Sold off only to be deeply underrated and violated by French and German importers. Cultivated and worked in distant lands, rather than in that of the Ionic. Ripped, torn from the sun and rough wrinkled hands which nurtured it so devoutly during its formative years, the label (doc) turned a new page in its history when it began to invest on its own organoleptic wine-making properties, taking its place among the regarded and the prized, the sought after and the appreciated. In recent years, a veritable “gold rush” has taken place with sights set on obtaining “magic panning rights”, permits for the planting of new vines, all the while become indivisibly identified as the “red symbol” of the area. It has captivated and enchanted the Japanese, seduced the Americans, conquered the East and beguiled and amused the refined palates of Australia and Switzerland. All this
Riscalda il cuore una “lacrima” di primitivo la cui carica alcolica trova ispirazione nel frutto maturo ma non stucchevole. Il tannino chiude la sensazione fruttata dando il commiato con note amarognole e pulite. Vivacemente inebriante al pari di una ciliegia, il doc del tarantino si abbina a piatti robusti, formaggi grassi, salse al pomodoro ovvero su quei cibi che con la loro corposità e sapidità permettono di giocare con l'alcol del vino e dello stesso alcol giovarsi per lasciare una bocca saporosa e pulita. Un vino che deve il suo successo ai terreni che ne cullano le radici che, fiere e rigogliose, permettono alla vigna di crescere. Uno sviluppo modellato dal vento, dal calore estivo e dalla mitezza invernale. Per gustare le fasi di crescita del nettare d'uva preziosamente tarantino, il primitivo va bevuto a piccoli sorsi, quasi una degustazione parsimoniosa, centellinata capace di saper apprezzare in pieno le note aromatiche e ricche. Una visione più filosofica vuole il primitivo quale bevanda da meditazione. Un bicchiere di rosso doc che accompagna le meditazioni più profonde di poeti e scrittori le cui vite struggenti trovano nel rosso sanguigno e passionale un momento di sollievo e gratitudine. Queste caratteristiche sono state imbottigliate per la prima volta alla fine del diciannovesimo secolo per volontà di don Menotti Schiavoni, un
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thanks due to the commitment, care and attention, of a man of the clothe, Don Francesco Indelicati. Noting that among his beloved shrubs there were those which reached sweet and flavoursome maturity, rich in full-bodied juices before others, and that they could be harvested towards the end of August. It was this unparalleled presumption and its ensuing early harvest, that set off an uproar among the inhabitants of the surroundings of Manduria. This perfect setting is encapsulated by the sobering effects of the sea breeze and the Murgia Tarantina (high Taranto plains) fosters, a mix which favours and flavours a withering maturation, slow and natural. In this process, the sugar content is increased, adding to the alcohol content without influencing the taste. This, then is a perfect DOC (denominazione di origine controllata), a quality assured product, simultaneously embodying the history of the land and sea with odours and perfumes, winds and sun, all born of Puglia.
uomo geloso del vino come di una donna tanto da offrirlo solo agli amici più intimi. Quasi a voler celare la qualità di un vino d'élite. Prima di diventare un signore tra i vini, il primitivo, ha vissuto momenti di ombra. Un secolo. Cento anni. Questo il tempo che il primitivo di Manduria ha impiegato per diventare quello che oggi è considerato una delle bevande prelibate e pregiate. Svenduto, violentato da importatori francesi e tedeschi, lavorato in zone lontane a quella ionica, scippato al sole e alle mani rugose di chi lo aveva cresciuto, il primitivo ha voltato pagina quando ha investito su se stesso, sulle proprie caratteristiche organolettiche diventando merce pregiata. Negli ultimi anni infatti, si è verificata una vera e propria caccia al tesoro con l'obiettivo di riuscire a ottenere “magiche” concessioni di impianto di nuove vigne da primitivo, diventato nel frattempo il simbolo rosso della zona. Ha ammaliato i giapponesi, sedotto gli americani, conquistato le terre d'oriente, si è impossessato dei palati più raffinati di Australia e Svezia. Tutto questo è stato possibile grazie a una pianta nata con l'impegno e le cure di un uomo di chiesa, don Francesco Indelicati. Questi, amorevole nei confronti degli arbusti, notò che tra le sue vigne ve ne erano alcune che raggiungevano prima delle altre la maturazione. Dolci, gustosi e corposi. Così erano quegli acini ricchi di sapore che si potevano raccogliere già sul finire d'agosto. Una vendemmia iniziata anzi tempo che pian piano ha coinvolto le zone limitrofe a Manduria. Un habitat ottimale, circondato dagli effetti salubri delle brezze marine e della murgia tarantina. Questo mix ha favorito un appassimento lento e naturale, in quanto ha accresciuto gli zuccheri senza alterare il gusto ma rafforzando la gradazione alcolica. Un doc dunque che racchiude nel suo corpo storie di terre e mari dagli odori e profumi intrisi del sole e del vento di Puglia.
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LAIANEDDA* DI LAIANARU* AL PRIMITIVO CON PANCETTA FRESCA DI MAIALE NOSTRANO E RICOTTA FORTE Ricetta della chef Maria Lanzilotti del ristorante “Il Castelletto” di Carovigno (Br)
la
Ingredients for 4 people
Ingredienti per 4 persone
For the pasta:
Per la pasta:
200 g soft white flour; 200 g whole wheat flour; 400 g
g 200 di farina grano tenero; g 200 di farina grano duro;
primativo wine; 1 egg yolk; pepper
g 400 di primitivo; 1 tuorlo d’uovo; sale; pepe
For the sauce:
Per il sugo:
250 g fresh bacon; 200 g hanging tomatoes; 30 g intense
g 250 di pancetta fresca di maiale; g 200 di pomodorini
ricotta cheese made from sheep milk; 1 small onion; extra-
appesi; g 30 di ricotta forte di pecora; 1 cipollotto; olio
virgin olive oil; primitivo wine; salt; pepper
extravergine d’oliva; primitivo ; sale
For the garnish:
Per la guarnizione:
a tuft of wild fennel; 50 g pecorino cheese
un ciuffo di finocchietto selvatico; g 50 di pecorino
Method:
Procedimento
Place a casserole on the heat with the primitivo and allow
Mettere sul fuoco una casseruola con il primitivo e farlo
to evaporate to half. Place a mound of flour, add the
ridurre per metà. Disporre a fontana le farine, incorporarvi
remaining primitivo, the egg yolk and a pinch of salt and
il primitivo, il tuorlo ed un pizzico di sale e di pepe. Impa-
pepper. Mix until a consistent thickness is obtained. Roll
stare fino ad ottenere una consistenza compatta.
into a ball a leave to rest for a hour.
Formare una palla e lasciarla riposare per un’ora.
Roll the pasta into squares of about 4 millimeters, then cut
Tirare la pasta in sfoglie di quattro millimetri circa, quindi
long strands with a width of about one centimeter. In a
ricavare delle strisce larghe più o meno un centimetro. In
pot brown the onion with a little of the oil, add the cubed
una casseruola far appassire il cipollotto con un po’ di olio
bacon pieces and seam lightly on a low flame, allowing it
extravergine d’oliva, aggiungere la pancetta di maiale
to release a little of the fat. Stir now and then adding the
tagliata a cubetti irregolari e stufare a fuoco dolce, in modo
wine. Mix in the tomatoes and salt to taste. Boil the pasta
che rilasci un po’ del suo grasso. Mescolare di tanto in
in a large quantity of salted water, sautè with the ricotta,
tanto e sfumare con il vino, unire i pomodorini e salare.
serve in plates and garnish with the pecorino cheese and
Cuocere la pasta in abbondante acqua salata, saltare il tutto
wild fennel.
con la ricotta forte, impiattare e guarnire con il pecorino e il finocchietto selvatico.
Laianedda* A type of long pasta hand rolled-a technique used in Carovigno
Laianedda*
Laianaru*
Tipo di pasta lunga stesa a mano usata anticamente a Carovigno.
A wood impliment similar to a rolling pin used for flattening
Laianaru*
pasta.
Attrezzo di legno usato per stendere la laianedda.
All’ombra della Vallonea di Barbara Minafra
Not far from the sea, leaves and roots, shade for the wanderer gazing to the East. Centuries shelter under the Vallonea Oak of Tricase. And the gusting winds which come to a sudden halt against its cupule of foliage.
Prima del mare, foglie e radici, ombra per il viandante che volge lo sguardo ad est. Secolare riparo la Quercia Vallonea di Tricase. E il vento a fermare la sua spinta sulla cupola di fronde.
Taking a moment to gaze at the sky through the immense fronds of this magnificent oak, you discover the “Stupor Mundi”, wonder of the World, of Frederick II of Swabia. There is something more than the medieval legend handed down from the 13th Century to connect the Valonia Oak (bot. Quercus Aegibes) to the emperor of the Sacred Holy Roman Empire who deserved the denomination of “wonder of the world” because of his polyhedric personality and refined culture. Frederick II was the commander of the crusades (albeit excommunicated three times) and one of the absolute protagonists of his time. The 700 mq of branches that intertwine at the top of a trunk of 4,25 metres in diameter, still today hypnotise even those ones who are skeptical about the tale of 100 knights, who, together with Frederick II and the feudal court, stopped for a rest under its inviting embrace about 1250 A.D. This oak is a unique botanical specimen considered to be a “living dolmen” (type of prehistoric tomb of huge stones). Under its height of 20 meters, caressing the long serrulated leaves, smooth on the topside, thick felt-like on the underside, it is spontaneous you are taken by surprise by the most ancient arboreal monument in the all of Puglia, listed among the oldest in the entire Italian Peninsula. From Tricase, on the way that leads you to the sea in just 5 Km, in the “Low Salento”, 20km far away from the Cape of Leuca, where the Adriatic and Ionian seas fuse into one, and 50km from the Baroque city of Lecce, that tree has for well over 700 years narrated to Puglia and to the thousands of visitors each year, a millenial story of a land, which loves its roots, protecting them for centuries in a landscape perfumed by mirth between asparagus and carob(trees), pines and Lecci (holm-oak bot. Quercus ilex) and where the land is punctuated by the characteristic Pajares, country constructions similar to the trullis, built by the technique of dry-stone wall. The Valonia Oak of the 100 knights is stumbled upon after the octagonal church of the now desecrated Madonna of Costantinopoli (1684), which legend holds was built by the devil in a single night's toil together with the striking small bay of “canale lu Riu”, with its high cliffs and crystal clear water, after accepting a challenge issued by prominent land owner, the Marquis S. Francesco Gattinara. A little further there is a grove, known as “Falanita” (Valonia Oak in the local dialect): made up of fifty differing plants populating an area of about 5000 mq. Some of these floral examples reach up to a metre in diameter constituting a unique grouping in all of Eastern Europe by virtue of its broad range and diversity. Other specimens can be found isolated or in small groups in the countryside around Tricase Porto, Marina Serra, and Marina di Novaglie. Due to their extreme rarity, a special status, protected botanical species, has been conferred upon them, even if, incongruously, they are enveloped by tarred roads, the removal of which, would increase their intrinsic value. Since October 2006, these trees have been incorporated in forming part of the Costa Park of Otranto, Santa
Chi si ferma a guardare il cielo sotto le sue immense fronde ritrova lo “Stupor mundi” di Federico II di Svevia. C’è qualcosa in più della leggenda medievale che si tramanda dal XIII secolo a legare la Quercia Vallonea di Tricase all’imperatore del Sacro romano impero, che meritò l’appellativo di “meraviglia del mondo” per la sua personalità poliedrica e la cultura raffinata che ne fecero un condottiero crociato (ma scomunicato tre volte) e un protagonista assoluto del suo tempo. I 700 metri quadrati di rami che si aggrovigliano sopra un tronco largo 4,25 metri oggi incantano anche chi non crede alla favola dei cento cavalieri che, con Federico II e la corte feudale, si riposarono sotto le sue fronde attorno al 1250. Esemplare botanico unico, è considerato un "dolmen vivente". Sotto i suoi 20 metri d’altezza, accarezzandone le foglie lunghe e dentellate, lisce sopra e feltrose nel lato inferiore, viene spontaneo sorprendersi di fronte al più antico monumento arboreo della Puglia e tra i più vecchi d’Italia. Da Tricase, lungo la strada che in 5 km porta al mare, in quel basso Salento che dista appena 20 Km dal capo di Leuca dove si fondono Adriatico e Jonio, ed una cinquantina dalla barocca Lecce, quell’albero da più di 700 anni racconta alla Puglia e a migliaia di turisti all’anno, la storia millenaria di una terra che ama le sue radici, le conserva nei secoli in un paesaggio che profuma di mirto, fra asparagi e carrubi, pini e lecci, dove la terra è punteggiata dalle caratteristiche pajare, costruzioni contadine simili ai trulli realizzate con la tecnica del muro a secco.
ORIZZONTE VERDE
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Maria di Leuca and the Tricase’s Wood, under the auspice of the Regional Government of Puglia which seeks to safeguard the bio-diversity of the eastern coast of Salento. Being a threatened species, they have recently been placed on the turistic and cultural itinerary of the European Community. A plant of the Fagacee family, this oak, seem not to be autochthonal, however some botanists contend that this species is the descendant of the first prehistoric forestal formations. It is thought by others, that the Basilian monks, escaping persecution under the Ottemans, imported the saplings during the Bizantin era, and that its name comes from “Vallonia “, a Dalmatian city where these trees abound and thrive such as in Albania, Greece, Turkey, Palestine and Asia Minor. Today it has purely ornamental value, but for centuries it was a rich and important source of wealth for the craftsmen and artisans of Tricase (present pop.17000) because of the tannin, an astringent vegetable substance, which was extracted from the cupules and the oak-galls (oak-apple) and used in the tanning and colouring of animal hides. This technique, introduced by the Arabs before the year one thousand, flourished until the end of the 19th century, when, the introduction of synthetic products, caused the Valonia oak to lose its prized productive value as such, and was chopped down for its lumber to be used in boat building and furniture production. In Tricase’s vernacular, the Valonia oak is also called “pizzofao” or “lizza-castagna” (castagna means “chestnut” in Italian) because its glands are the sweetest and largest of the Oak family (6 - 8cm in length), and are consumed in much the same way as are chestnuts, roasted over an open fire and eaten. More than just the taste of its fruits however, you should enjoy the suggestive sight of this great creature and the pleasure of walking under its “exposed roots” perhaps with another 99 modern knights by your side.
La “Quercia dei cento cavalieri” si incontra dopo la chiesa ottagonale della Madonna di Costantinopoli (1684, ora sconsacrata) che un’altra leggenda vuole costruita dal diavolo, come la suggestiva insenatura del canale “lu Riu”, scogliera alta e acqua cristallina, in una sola notte avendo accettato la sfida del marchese S. Francesco Gattinara proprietario dei terreni. Poco lontano c’è un boschetto conosciuto come "Falanita" (quercia in dialetto): una cinquantina di piante plurisecolari occupano un'area di circa 5000 metri quadrati e alcune raggiungono, nel tronco, il metro di diametro. Un agglomerato unico per estensione in tutta l’Europa occidentale. Altri esemplari si possono trovare isolati o in piccoli gruppi nelle campagne di Tricase Porto, Marina Serra, Marina di Novaglie. Per la loro rarità sono specie botanica protetta anche se andrebbero valorizzati cancellando le strade d’asfalto che spesso li circondano. Dall'ottobre 2006, questi alberi fanno parte del Parco Costa Otranto - Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase, istituito dalla Regione Puglia per salvaguardare la preziosa biodiversità della costa orientale del Salento. Poiché in via di estinzione, sono stati recentemente inseriti negli itinerari turistico-culturali della Comunità Europea. Pianta delle fagacee pare non sia autoctona sebbene alcuni botanici la ritengano una spontanea eredità di primigenie formazioni forestali. Si pensa siano stati i monaci basiliani, in fuga dalle persecuzioni ottomane, a importarla in epoca bizantina e che il suo nome derivi da Vallonia, città dalmata, regione dove abbonda come in Albania, Grecia, Turchia, Palestina e Asia Minore. Oggi ha un valore esclusivamente ornamentale ma per secoli fu importante fonte di ricchezza per gli artigiani di Tricase (ora un centro con 17000 abitanti). Fu a lungo coltivata perché dalle cupule e dalle galle delle ghiande si estraeva il tannino, sostanza che veniva utilizzata per l’arte del “pelacane”, la concia e la colorazione delle pelli. Tecnica introdotta dagli arabi prima del Mille, fu attività fiorente fino alla fine del 1800 quando, con l’avvento dei prodotti sintetici, la Vallonea viene abbattuta per farne legname da impiegare nella costruzione navale e di mobilio. Nel dialetto tricasino è chiamata anche “pizzofao” o “lizza-castagna” perché le ghiande grosse e dolci (sono le più grandi di tutta la famiglia delle querce con 6-8 cm. di lunghezza) si mangiano come castagne. Più del suo sapore è però da provare la suggestione visiva della grande quercia camminando sotto le sue “radici aeree” magari in compagnia di altri 99 moderni cavalieri.
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Grottaglie,
l’anima colorata dell’argilla di Barbara Minafra
Brought up from the depths of mother earth. Caressed and laboured. Shaped and reborn. The colours of Grottaglie come to the fore.
Risalire dalla profonditĂ della terra. Carezza e sudore. Plasmata poi rinata. A trovare colori di Grottaglie.
A first course of “orecchiette” with turnip tops, accompanied by toasted bread and anchovies. A steaming, flavoursome dish, dressed with a spattering of extra virgin olive oil, which contrasts and compliments the slight bitterness of the vegetable, is one of the gastronomic pleasures of Grottaglie, together with the characteristic second course, succulent grilled “Gnummarièddi” small parcels, roulades, of lamb. Bite by bite of this hearty farmer’s meal, the undeniable fact that the art of Tarantino culinary wonders comes into its own through the melding of master pottery with fine food. A pleasure within a pleasure as sight and taste are celebrated by virtue of the fine decorations at the bottom of the plate, slowly exposed as each delicate morsel is savoured. A feast for the eyes and the tongue alike. Bold, decisive strokes of colour, create floral and animal motifs, and the chisel treads lightly so as not to smudge or blur the shades of colour so lively intertwined in the clear, neutral, yet at the same instant, prominent and classic designs on the
Un primo di orecchiette con cime di rape accompagnato da mollica di pane tostato e acciughe. Fumante, saporito, condito con un filo di extravergine. Un olio forte, intenso che contrasta il leggero amarognolo della verdura. Il piacere della gastronomia grottagliese che si prolunga in un secondo altrettanto caratteristico: la grigliata di succulenti gnummariéddi, gli involtini di agnello. Assaporando la cucina contadina, la forchetta scopre poco alla volta che l’arte della buona tavola tarantina si sposa con quella dei maestri ceramisti di Grottaglie. Un piacere nel piacere. La vista si unisce al gusto per riconoscere il pregio di fini decorazioni sul fondo del piatto di portata. Pochi tratti decisi di colore creano motivi floreali e animali, il cesello è attento e senza sbavature, le tonalità vivaci amalgamate in un disegno che la base chiara, neutra, risalta e rende classica. Sotto le pietanze c’è il vero “piatto” tipico pugliese. Ora lo sguardo attento si posa sulla caraffa del vino: è sinuosa ma ha un’impugnatura decisa, adatta alle mani ruvide di chi coltivava la terra. Se si assaggia una minestra di legumi, tradizionalmente lasciati cuocere per ore sul fuoco a legna, si scopre che sui fornelli non ci sono pentole d’acciaio ma i tipici recipienti in coccio, anch’essi prodotti dalla sapiente lavorazione delle terracotte locali. Sulla tavola, nella terrina bassa e panciuta, ci sono uva e fichi saporiti: coprono un galletto in blu cobalto, giallo ocra e verde antico. Poi in piccole ciotole, ricamate da graziose greche azzurre, ecco “le pett'le”, paste con le mandorle. Mangiando si comincia a scoprire l’eleganza di piatti e vasellame che sono pezzi unici. Ci sono stoviglie leggermente più sbiadite di altre che pure fanno parte dello stesso servizio. Piccole imperfezioni, granulosità che emergono dalla superficie smaltata svelano la
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facing of each plate. Beyond the courses, you start to discover the “real” typical plate from Puglia. Now the gaze falls to the curvy, wine decanter with a prominent handle suited to the rough hands which work and toll the soil. Tasting a sample of a legumes minestrone, traditionally left to bubble for hours on a wood fire, sipping delicately from a piping hot ladle, you will be surprised to discover that the pot is not, as one would expect, made from stainless steel, but rather a typical earthenware(crock)pot, also produced by local know-how. On the table before you, in an oval shallow pottery dish, flavourful bunches of grapes and freshly picked figs are laid on the top of a decorative rooster painted in cobalt blue, deep yellow and striking green. In small bowls covered by Grecian fret (embossed patterns of lines traditionally joined at angles) are “le pett’le”, a sweet pastry with crushed almonds. Munching away at this delicacy, one begins to appreciate the elegance and the uniqueness of the crockery in all its originality. Plates from the same service, discoloured and speckled with slight imperfections, grainy and rough to the touch, bear testimony of the craftsmen and skill which forged them from the mixture of reddish brown clay and limestone. A clear white mix is an absolute “no-no”, as explained by the eager disciple of the production process, who wishes to maintain the authentic techniques and integrity of the ceramic artistry and tradition of Grottaglie, which is among 26 other Italian cities with bragging rights over the quality value of their production and the procedures entailed. These techniques are applied by
manualità artigianale che le ha generate mescolando argille calcaree e ferruginose. Non è consentito usare impasti bianchi. Lo spiega un disciplinare di produzione che vuole conservare l’autentica tecnica della ceramica artistica e tradizionale di Grottaglie, fra le 26 città italiane che ne vantano il riconoscimento. Lo applicano i maestri che dal 1887 si specializzano nella Scuola d’arte e lavorano nei laboratori-bottega dove è possibile osservarli mentre plasmano l’argilla stagionata e lavata per privarla delle impurità e in pochi minuti, con gesti esperti, la trasformano nei caratteristici piatti su cui poi imprimono un sigillo a crudo. I manufatti vengono quindi lasciati ad essiccare all'aria prima di una cottura oltre i 1000°C o, quando raggiungono la "durezza cuoio”, vengono incisi e decorati. Gli oggetti che dopo la prima cottura vengono sottoposti a smaltatura, subiscono un secondo processo di cottura tra i 750 e i 950°C. La vetrificazione li rende più impermeabili conferendo lucidità alla superficie. Così sarà possibile ammirare i "capasoni" (otri) ancora oggi usati per conservare il vino o l'olio, le "craste" (vasi di grande portata), le "crastodde" (di piccola portata), le "ciarle"
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the master craftsmen, who, since 1887, specializes in the Art School, and labour in the workshop cum showroom/salesroom. Here they may be observed as they work and manipulate the clay, ridding it of impurities, and with expert hand movements, transforming it in a few minutes into the characteristic plates upon which they imprint, while still soft, their seal. The plates are then left to dry in the open air before being baked at well over 1000°C in a kiln. While “half baked”, they are engraved and decorated, after which the first baking is taken through to its completion. They again undergo a second baking at temperatures of between 750°C and 950°C after being immersed in enamel. This glazing produces an impermeability and confers a high degree of gloss to the surface. With this process in mind, it is possible to better appreciate and marvel at the “capasoni”, earthenware jars still used today to store and conserve wine and oil, the “craste”, large pottery jars and, the “crastodde”, their smaller counterparts, the “ciarle” large lidded jars, and an array of other products. Among these examples are wedding/marriage cups, flasks and anthropometrical (human forms or personalities) jugs and bottles. Characteristics are the “pumi” (decorative forms), the collectable ceramic tiles, salt cellars, whistles, statues, holy water fonts (stoups), modern design objects, various knickknacks, artistic nativity scenes, and reproductions of Greco-Roman vases with red figures on black backgrounds and viceversa. There is an entire area dedicated to this type of artwork .It’s called “Li Cemenn’ri “(roughly “the Fireplace” or “ashes” in dialect), so named for the chimney-pots or tops of the ancient furnace which was already erected in Hellenic times. Between 400 AD and 500 AD, Grottaglie was a flourishing commercial centre for the production of Majolica, Italian pottery, which was sold from the port of Taranto to the Balkan areas, Turkey, and up to the Peloponnesian islands. Evidence of this, comes from the enormous quantity of splendid finds and artefacts on exhibit in the Magna Grecian Museum in Taranto.
(giare con coperchio dalle grandi anse) ma anche tazze nuziali, fiasche a segreto, boccali e bottiglie antropomorfe. Caratteristici i "pumi" (decori), le ceramiche da collezione su mattonelle, saliere, fischietti e statuine, acquasantiere, presepi artistici, i complementi di arredo, gli oggetti dal design moderno, le riproduzioni del vasellame greco-romano con figure rosse su fondo nero e viceversa. C’è un intero rione dedicato a quest’arte. È chiamato “Li cemenn’ri” per i fumaioli delle antiche fornaci. I primi risalgono all’epoca ellenistica. Grottaglie, tra il 400 e il 500 era già fiorente centro commerciale per la produzione di maioliche che dal porto di Taranto venivano vendute nei Paesi balcanici, in Turchia, nelle isole del Peloponneso. La conferma sta nell’enorme quantità di splendidi reperti conservati nel museo della Magna Grecia di Taranto.
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Cardoncelli, secrets of the woods Its toadstool shaped broad-brimmed hat hides an honest
Mushrooms have always exercised an irresistible
messenger from the high plains which brings the secrets
attraction over man due to their organoleptic
of the woods and rocky outcrops to each dish which it
qualities as well as because of the air of mystery
adornes. Cardoncelli, the mushroom of choice.
surrounding their appearance. The cardoncello mushroom (bot.pleurotus eryngii), is one of the
lesser known of the species, but nonetheless one of its tastiest. It is the high plains of the north west Murge (high plains), which is the cradle of this mushroom, where the major wild growing and cultivated production is found, because among impoverished soil of mixed grass, the mushroom finds its ideal habitat, constantly under threat of a unstoppable removal of the stones and rocks forming it. The fresh mushroom contains on average 85%-95% water, 4%-5% sugar, 3,8%-4% protein, 0,4%-0,7% fats; all principle amino acids and vitamins are present, and Biotin in good levels, an unusual occurrence in vegetables. The Cardoncello mushroom, due to its low fat content, the presence of important vitamins and reduced energy value (28 calories per 100g) is largely used in low fat diets. It has also provoked gastronomic interest on the part of some of the wor-
Cardoncelli, segreti di bosco di Maurizio Marangelli I funghi hanno da sempre esercitato un'irresisti-
Il suo cappello nasconde un messaggero onesto della
bile attrattiva sull'uomo sia per le loro qualità
Murgia che porta nei piatti i segreti dei boschi e delle
organolettiche e sia per il "mistero che in ogni
pietre. Cardoncello, fungo per scelta.
tempo ha circondato il loro aspetto”. Il pleurotus eryngii o fungo cardoncello è uno dei funghi meno noti ma certamente uno dei più buoni. E' l'altopiano delle Murge Nord Occidentale, la culla di questo fungo. Qui si con-
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centra la maggiore produzione spontanea e coltivata perché in questi terreni poveri a prato misto il fungo trova il suo habitat ideale, continuamente messo in pericolo da un selvaggio spietramento che non si riesce a fermare. Il fungo fresco contiene mediamente dall'85% al 95% di acqua, il 4-5% di zuccheri, il 3,8-4% di proteine, lo 0,4-0,7% di grassi; sono presenti tutti gli amminoacidi principali e le vitamine con un buon livello, insolito in vegetali, di biotina. Il fungo cardoncello per il basso contenuto di grassi, per la presenza di importanti vitamine, per il valore energetico ridotto (28 calorie ogni 100
ld's most renowned chefs. It’s considered an “honest� mushroom, because it does not run the risk of being confused with any poisonous species, especially amongst inexperienced pickers and consumers alike. Over and above this, it is delicate and democratic as it does not overpower other ingredients in a dish thanks to its pleasant and light flavor. No other example maintains its aforementioned qualities and excellence even after cooking as does the Cardoncello. It may be consumed; raw, roasted, fried, grated, sliced cooked with oil, garlic and parsley (truffled), on its own, with pasta or rice, combined with a plate of meat, fish, legumes or vegetables. It maintains its organoleptic properties unaltered, and many is the time that it actually highlights, accentuating the very ingredients mixed with it. One has every right to think that it may well be of one of the best mushrooms the world has to offer. Thus, a number of initiatives, not solely of the gastronomic type, under the auspices of the territory of Altamura, have exacting aims, those being: to conserve the natural habitat of the mushroom and value enriching the mushroom both in its wild and cultivated state. A number of ideas are in the offing, among those are tourist based gastronomic itineraries, with the organization of cultural shows and exhibitions to show off and spread regional cooking. By so doing, bringing about the creation and consolidation of relationships between institutions, the agricultural growers association and consumers, through identification with the territory at a time when demand is on the rise. One thing is certain, the mushroom is its own best advertising. Conservation tourism has undeniable value and opportunities at its disposal: a spring outing can be suggested to the prospective visitor. It is a period when climatic conditions are mild and the time is ripe for the vegetation to sprout forth. Autumn
grammi) viene largamente impiegato in diete ipocaloriche. Il fungo cardoncello sta suscitando l'interesse gastronomico dei maggiori maestri di cucina del mondo. Infatti il cardoncello è un fungo "onesto" perché non si confonde con nessun fungo velenoso, anche per il raccoglitore e il consumatore più inesperto. E', inoltre, un fungo "discreto" e "democratico" perché la sua presenza in un piatto non ne condiziona il risultato a scapito di altri componenti. Questo grazie al suo sapore gradevole e delicato. Non esiste al mondo un fungo che alle qualità già descritte associ una
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consistenza che resta ottimale anche dopo la cottura. Si può consumare indifferentemente crudo, arrosto, fritto, gratinato, trifolato, da solo, con la pasta o con il riso, in abbinamento a piatti di carne, pesce, legumi o verdure, mantenendo inalterate le sue doti organolettiche e il più delle volte esal-
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offers those seeking the mushrooms delightful trails and walks, while a warm airy summer assures a change in color, scents, and transformation in their appearance. The Alta Murgia, with its cities, farmhouses, wild flowers, its great rural wealth, enviable setting, trullis, its thousand year old culture, its grazing herds' transhumance is a veiled territory waiting to be discovered, to have its most intimate secrets peeling back. Mushrooms are its best natural produce, a natural blessing defined as “ food of the gods� with all its fascination and unparalleled flavor. It is precisely through the Cardoncello mushroom, that hidden tourist and cultural itineraries which unfold within the historic city centre and countryside of the villages, come to light. However, above all, the most prized anticipation, comes from the opportunity to savor rich and varied menus in which mushrooms accompany the strangest and most varied of products: from the bread of Altamura to chestnuts, from hot chili peppers to wild onions with herbs.
tando addirittura l'ingrediente in associazione. E' legittimo allora pensare che ci si trovi in presenza di uno dei funghi più buoni al mondo. Ed è proprio al "cardoncello" che sono dedicate nel territorio dell’alta Murgia barese una serie di iniziative, non solo gastronomiche, con un preciso obiettivo: conservare l'habitat naturale e valorizzare i funghi cardoncelli sia spontanei che allevati. Sono programmati itinerari turistico-gastronomici, con l’organizzazione di manifestazioni culturali e appuntamenti per la conoscenza della cucina del territorio. Così si consolidano rapporti con le istituzioni, le associazioni dei produttori agricoli e dei consumatori. Creare e consolidare questi rapporti è divenuto tanto più importante in un momento caratterizzato dalla enorme richiesta sul mercato di prodotti tipici che si identificano con il territorio. E certo il fungo cardoncello della Murgia può ben dirsi il suo più intrigante "messaggero". Di indiscutibile valore l'offerta turistico-naturalistica: al visitatore, infatti, é possibile consigliare una fruizione primaverile, stagione dal clima mite in cui germoglia la vegetazione. L'autunno vellutato offre a chi é in cerca dei famosi funghi cardoncelli bellissimi percorsi; l'estate, calda e ventilata, per verificare come colori, profumi, pie-
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tre e manufatti mutano il loro aspetto. L'alta Murgia, con le sue Città, le sue masserie, i suoi jazzi, la sua flora spontanea, il suo grande patrimonio rurale con "le poste" dei carrettieri, i tratturi della transumanza e poi, ancora, i suoi paesi, i suoi insediamenti, i suoi trulli e la sua millenaria cultura è il segno della Puglia più nascosta. Un territorio da scoprire, nei suoi più intimi segreti e che certo vede "il fungo cardoncello" come il prodotto naturale principe, che cresce in questo habitat, definito "cibo degli dei" e affascina per l'ineguagliabile gusto. Ed è proprio attraverso "il fungo cardoncello" che si possono scoprire sconosciuti itinerari turistico culturali che si snodano nei centri storici e nelle campagne dei paesi. Ma soprattutto si possono degustare ricchi e variegati menù dove i cardoncelli sono accompagnati con i prodotti più svariati: dal pane di Altamura alle castagne, dal peperoncino ai lampascioni alle erbe.
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MOUTHWATERING MORSEL OF CARDONCELLI MUSHROOMS IN LARD IN CREAM OF TRUFFLE
BOCCONCINI DI CARDONCELLI LARDELLATI SU CREMA DI TARTUFO
Ingredients for 4 people
Ingredienti per 4 persone
For the morsels or titbits:
Per i bocconcini:
400 g of whole cardoncelli mushrooms
g 400 di funghi cardoncelli interi
100 g cheek cut of pork
g 100 di guanciale di maiale
4 lettuce leaves
4 foglie di lattuga
salt and pepper to taste
sale e pepe q.b.
For the cream sauce: 100 g black truffle a knob of butter 200 g of milk cream scallion
la ricetta
Per la crema: g 100 di tartufo nero una noce di burro g 200 di crema di latte scalogno
Method Procedimento For the morsels or titbits: Form or shape the morsels with the mushroom cap, add salt and pepper. Boil the lettuce and wrap the mushroom
Per i bocconcini: Formare dei bocconcini con le cappelle dei funghi, salare e
titbits firstly with the lettuce and then with the cut of pork.
pepare; lessare la lattuga ed avvolgere i bocconcini dappri-
Fasten the resulting parcel with toothpicks and lightly
ma con la lattuga e poi con il guanciale di maiale. Ferma-
brown in a pan.
re il tutto con uno stuzzicadenti e scottare in padella.
For the cream sauce:
Per la crema:
Melt the butter in a pan, brown the scallion onion, add the
Sciogliere il burro in padella, rosolare lo scalogno, aggiun-
truffle and the milk cream, bring to the boil.
gervi il tartufo e la crema di latte; portare ad ebollizione.
Ricetta dello chef Salvatore Cucco del ristorante “Osteria di Salvatore Cucco� di Gravina di Puglia (Ba)
Wheat and layers of dew, assurances of Puglia Turnip tops lightly braised, “smoked� in oil, but never on its own. Highlighting and accentuating the flavours of the Puglia soil, even extending as far as the shores of the sea. Close your eyes and try to imagine the roughness of handmade orecchiette, feeling every nook and cranny on your palate, savouring the intense flavour of turnip tops firing up your taste buds, feeling the subtle pinching sting of extra virgin olive oil at the back of your throat. All this, held together by the perfume of the ocean, salted anchovies. Mingling, mixing as it all rolls around exploring, caressing your senses of smell, taste and touch a truly gratifying experience. If you haven't figured it out yet, you've got an explosion of Puglia in your mouth. For those unlucky enough never to have sampled this delight, heaven has eluded you, until now. It is a dish, more than any other, which is the quintessential expression of the soil of Puglia. A voice which fittingly articulates its rustic heritage and connection to the earthiness, its simplicity, with its intense and true flavours, which one would be hard pressed to find elsewhere. Welcome to the heel of Italy, where this centuries old dish has
Grano e foglie di rugiada, certezze di Puglia di Lia Mintrone Cime di rapa “affogate”, “stufate”, mai sole. Esaltano un sapore di terra pugliese anche in riva al mare. Chiudete gli occhi e provate a immaginare sul vostro palato la callosità delle orecchiette fatte a mano, il sapore intenso delle cime di rapa, il pizzicore alla gola dell’olio extravergine, e il profumo del mare delle acciughe salate. Se ancora non lo avete capito, avete la Puglia in bocca. Chi non ha mai mangiato un piatto di orecchiette alle cime di rapa non sa cosa significa trovarsi a due passi dal paradiso. E’ questo il piatto che più di ogni altro parla della terra di Puglia, della sua più profonda anima contadina, fatta di semplicità e di sapori forti e veri, quelli che altrove è difficile trovare. Benvenuti nel tacco d’Italia che con questo piatto da secoli si gioca il suo fil rouge. Dalle terre brulle della Capitanata, a quelle più dolci della terra di Bari, fino a quelle arse dal sole del Salento, le orecchiette con le cime di rape sono il baluardo della gastronomia pugliese, anche se è a Bari che trovano il loro exploit naturale. Ma cosa sono le cime di
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long been part of the gastronomic landscape. From the bare and stark plains of Capitanata to the sweeter soils of Bari, up and until the scorched and dried terrain baked by the unforgiving Salento sun, turnip tops are the bulwark of Puglian gastronomy, even if their natural habitat is found in Bari. What exactly are Turnip Tops? Simply put, they derive from the Turnip family but are a species type unto themselves Brassica Campestris of the Cymos variety of which the tender leaves and flowers are consumed. Fond of the heat, they thrive in the south. At first impression they leave the mouth slightly bitter with hints of spiciness. In Puglia, traditionally associated with carnival, they are braised in garlic and oil and are enjoyed after savouring a type of focaccia, “calzone”, which is stuffed with fried onions and “squanda”, a local piquant ricotta cheese. As with many of the dishes considered to be “poor”, or simple, or even inferior, it is rich in many nutrients, as it contains: calcium, vitamin C (twice that of an orange), vitamin A, vitamin B2, phosphorous as well as a considerable amount of protein that in days gone by, wise village elders substituted it for meat. The start of the cold season heralds the “brassicacee”, the green vegetable group which transforms common winter meals into mouthwatering events. Amongst them, we find the turnip tops which are considered to be “true and tried” remedies against the illnesses and maladies associated with the season. Recently, remedial effects and benefits against more serious illness such as prostrate and breast cancers, have been investigated and demonstrated. Rich in chlorophyl, acting as an appetite stimulant, as well as flushing out impurities and detoxifying the body , the consumption of turnip tops has been encouraged in pregnant woman as the folate content is useful in pre-
rapa? Semplicemente derivano dalla rapa ma sono una varietà a sé, della quale si mangiano le foglie tenere e i fiori. Le cime di rapa sono i racemi ancora non fioriti della Brassica campestris varietà cymosa. Amano il caldo e quindi crescono meglio al sud. Ecco perché trovano nel clima pugliese il loro migliore habitat naturale. Inizialmente, al gusto possono sembrare leggermente amarognole e un po' piccanti. In Puglia, le cime di rapa sono un piatto della tradizione carnevalesca: si fanno stufare con aglio e olio e si mangiano subito dopo il "calzone", una sorta di focaccia ripiena di cipolla soffritta, e "squanda", una ricotta locale molto piccante. Come molti dei piatti cosiddetti poveri della cucina popolare, anche le cime di rapa, in realtà, sono ricche di sostanze nutrienti: contengono moltissimo calcio, vitamina C pari al doppio delle arance bionde, vitamina A, vitamina B2, fosforo e una quantità considerevole di proteine, il che conferma, ancora una volta, la veridicità delle intuizioni dei nostri nonni che le utilizzavano, in passato, come sostituto della carne. Ed è proprio con l'arrivo della fredda stagione che tornano le "brassicacee", le verdure che trasformano piatti invernali in gustosissime preparazioni. Tra di esse ovviamente ci sono le cime di rapa, che per le loro caratteristiche vengono considerate un vero e proprio rimedio
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contro le tipiche malattie di stagione. Più recentemente è stato addirittura dimostrato un effetto benefico contro malattie più serie, come il tumore alla prostata e al seno. Sono ricchissime di antianemica clorofilla, stimolano l'appetito e disintossicano l'organismo. Il consumo di cime di rapa è consigliato per le donne in gravidanza: contengono molto folato, utile per prevenire la spina bifida nel bambino. Se vi trovate in un mercato pugliese nei mesi invernali, ne vedrete in quantità colossali. Sono di un verde intenso, dal gambo turgido e fiorite. Se decidete di comprarle, sceglie-
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venting spinal malformations in foetus. If you find yourself in a winter Puglian market you will see huge quantities of turnip tops. If you decide to buy them, firstly select those with green leaves, as a discolourization would indicate that the produce's freshness is questionable. Secondly, we are dealing with a green vegetable which should be consumed rather sooner than later, before it yellows, because, even if refrigerated, it has a short “ best by date”. Lastly, the turnips are best acquired in the cold winter between November and March as the colder temperatures sweeten the taste and soften the stalks, easing cooking. For those watching the scale, it should be noted that the caloric contribution of turnips is very low indeed, filling without that uncomfortable bloating feeling, and they also have an effective diuretic action. Moving down from Bari, into the sunny and warm Salento, we find turnips “nfucate”, (drowned) braised in a pot of hot water with oil. In the lowest part of the Salento, at the confines of Puglia, turnips are regarded as a side dish, adding to a second course of meat and sauce or a roast, ideal with meatballs, great with horse meat, sausage or chops. However, the union to which it is best suited is that with homemade orecchiette, the best known type of puglian pasta, a testimony to the mastery of the puglian housewives in the measured and weighted formative fingertip indentations rapidly dealt out to small pieces of pasta, creating the characteristic “small ears” (orecchiette), which in larger dimensions become “strascinati” (pulled ears). Ordering them in an old, authentic farmhouse restaurant facing the sea, the weary traveller is advised to ask for them by name, and then to abandon him or herself in the dream-like creativity and fantasy of puglian culinary art.
tele con le foglie belle verdi, preferendo quelle con tanti fiori, appunto le cime, ma che non abbiano parti gialle che sono sintomo di poca freschezza. Si tratta di un ortaggio che va consumato velocemente, prima che ingiallisca, perché anche se conservato in frigorifero ha comunque durata brevissima. In ogni caso, vale una raccomandazione: acquistate le cime di rapa nei mesi più freddi dell’inverno, da novembre a marzo, le basse temperature, infatti, ne addolciscono il sapore e le rendono morbidissime nella cottura. E per gli amanti della linea, va specificato che l'apporto calorico di questo alimento è molto basso. Vanno giù senza creare antiestetici gonfiori, anzi a dirla tutta, hanno anche uno straordinario effetto
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diuretico. E se da Bari scendiamo nel caldo e assolato Salento troviamo le cime di rapa ‘nfucate”: sono, appunto, quelle salentine affogate in una pentola con acqua e olio. Nell’estremo lembo della terra di Puglia vengono preparate così come contorno perfetto per secondi di carne al sugo o arrostita, ideali con polpette, carne di cavallo, salsicce e costolette alla brace. Ma il matrimonio più riuscito resta quello con le orecchiette fatte a mano, la pasta più famosa della Puglia, testimonianza dell'abilità delle donne pugliesi, maestre nel dare al pezzetto di pasta il fatidico colpo di polpastrello che le rende “piccole orecchie”, le stesse che quando prendono un formato più grande diventano “strascinati”. Da gustare in una vecchia masseria così come davanti al mare: al viandante il consiglio di ordinarle, poi lasciate che siano la creatività e la fantasia dei pugliesi a farvi sognare.
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TURNIPS AND PEAS “ CECAMARITI”
RAPE E PISELLI A CECAMARITI
Ingredients for 4 people
Ingredienti per 4 persone
300 g dried peas
g 300 di piselli secchi
200 g thickly sliced stale bread
g 200 di pane
300 g turnips
g 300 di rape
2 or 3 tomatoes
olio q.b.
oil to taste
sale q.b.
salt. to taste
pepe q.b.
pepper to taste leaf of celery Method Soak the peas in a container of water with a pinch of
la ricetta
salt the night before. Strain after bringing to the boil,
Procedimento Mettere i piselli a bagno in una pignata con un po’ di sale la sera precedente, colare dopo il primo bollore, coprire di acqua calda, aggiungere una cipolla,
and cover with hot water. Add the onion, a leaf of
una foglia di sedano e 2/3 pomodori. Far cuocere
celery and 2 or 3 tomatoes. Allow to cook slowly on
pian piano.
a low heat.
A parte friggere nell’olio il pane raffermo tagliato a
In a separate pan fry the stale bread cut into cubes
tocchetti e lasciare asciugare su un foglio di carta
and place on absorbent kitchen paper towel to drain.
assorbente. Con lo stesso olio friggere le rape prece-
Blanch the turnips in the same oil, add the peas and
dentemente sbollentate, unire i piselli, mescolare il
mix together. Serve.
tutto e servire in tavola.
Ricetta dello chef Tiziana Parlangeli del ristorante “Osteria degli spiriti” di Lecce
Mussel, queen of the Gulf of Taranto Among the garden-walk arches
“That part of the world more than any other makes me feel happy; where the
with climbing plants. Winter
honey competes with that of Monte Imetto, and the olives hold themselves
images of the Gulf of Taranto to
against those of Venafaro; where Jupiter delivers long spring months and mild
brag about in every season.
winters, and where Aulone, loved even by Bacchus, doesn’t envy the liquor in the grapes in the vineyards of Falerno”. With these words, the illuminated Orazio
defined the soil of Taranto. The Ionian soul of Puglia soaked with Arab influence. The shores are bathed, like tears on the face, by the Ionian sea, which is divided into “the big” and “the small” one. The shoreline of the city is a kingdom filled with magical creatures as any pupil of mythology knows. It is not hard to imagine a new Poseidon with his trident reigning over a frothy world overrun by fantastic creatures. Amongst these, there is one which has become the symbol of Taranto. Its description may seem dark and bland,
Cozza, regina del Golfo di Taranto di Alba di Palo “Quell’angolo di mondo più d’ogni altro m’allieta; là dove i mieli a gara con quel-
Tra i pali di castagno a tessere
li del monte Imetto fanno, e le olive quelle della virente Venafro eguagliano; dove
i pergolati. Quadri d’inverno nel
Giove primavere regala, lunghe, e tiepidi inverni, e dove Aulone, caro pure a Bacco
Golfo di Taranto per trionfare in
che tutto feconda, il liquor d’uva dei vitigni di Falerno non invidia affatto”. Con
ogni stagione.
queste parole, l’illuminato Orazio definiva la terra di Taranto. L’anima ionica della
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Puglia dalla storia intrisa di contaminazioni arabe. A bagnare il suolo sabbioso, come lacrime il viso, lo Ionio diviso in grande e piccolo. Un regno, quello del mare antistante la città, popolato da magiche creature così come ci insegna la mitologia. Non è difficile immaginare che un novello Poseidone con la sua forca uncinata governi un pianeta spumeggiante composto da creature fantastiche. Tra queste ve ne è una che di Taranto è il simbolo. La sua descrizione può sembrare tetra e spenta, lontana dalla vita a cui invece
far from all the rainbow of flavour it brings. It is small, black, sometimes considered insignificant for its drop shape. However there is no taste of sadness because it holds within an orange pulp which excites the senses, and the odour of the sea which tickles invigorating the taste buds. It is the Black Mussel, bivalvular prince of the Ionic table, capable of taming the most fussy palate, but often remaining an underrated and undervalued seafood delicacy. On the contrary, this lamellibranchiates (zool. Lamellibranchiata) synthesizes the double soul of this marine citizen, whose history is imbued of the contrasting stories of the city with two seas. It has always kept within the memories of a celebrated and glorious past, but a difficult present, while, nonetheless reaching forward to a future as rosy and sunny as its seascape is. The black mussel, thick with memories of the sea kingdom, the chasing waves, the rumbling din, the foam, the rocks, the frenetic swarm of effervescent creatures populating the realms of the azure waters, a wonder born of nature, which owes its fame and celebrity also to those dedicated to its wellbeing. One must admit that the mussel has inspired many gastronomic poets, who, have been able to whet the sensibilities of the most sceptics. Perhaps undervalued because considered inferior or a poor man's staple, the mussel, has made a comeback, becoming the first lady of the ionic, kitchen and not only. So to underline its spirit of domination, a mussel festival in Taranto is a highlight on the calendar. This mussel fest entrenches and endears to the public, creating awareness of the inherent qualities this relentless sea character has. It continues to challenge everything and everyone to confirm its innate gifts, while, at the same time, putting to shame those who try to pass off their commonplace pretenders to the honoured title, as the “real Taranto’s mussel”. The habitat of the black fruit of the sea is the “Small sea”, rich in nutritious plankton, bedrock of the black mussel's diet. Cheridi, the splendid isles just a few kilometres off the coast, is the domain of the bivalvular, where it rules supreme. Enchantresses of the palate just as the mermaids were to the sailors of, queens of the table like the Eastern princesses to the
il suo sapore rimanda. È nera, piccola, a tratti insignificante per la sua forma a goccia. Ma non solo rimandi di tristezza. In “lei” anche colori caldi come l’arancio della sua polpa che conquista, e per il suo odore di mare che sa solleticare le papille gustative. È la cozza nera, il bivalve principe della tavola ionica, quello che sa impossessarsi anche dei palati più esigenti e restii a un frutto del mare spesso considerato poco valevole. Al contrario, questo lamellibranco sintetizza la doppia anima marinara cittadina, la cui storia imbevuta di contrasti della città dei due mari, da sempre racchiude memorie di passati gloriosi e un presente difficile che però, non smette mai di guardare a un futuro roseo e solare come lo sono i suoi paesaggi. La cozza nera rimanda al regno del mare, al rincorrersi delle onde, allo strepitio della spuma sugli scogli, alla frenetica corsa delle creature frizzanti che popolano il reame dall’azzurro colore. Ma non solo spontaneità per la produzione della cozza, anche tanto lavoro che l’ha resa di origine protetta. Bisogna ammetterlo, la cozza ispira tanti poeti della gastronomia che con questo semplice prodotto riescono a incuriosire le sensibilità più scettiche. Forse poco valorizzata perché considerata povera, la cozza è tornata alla ribalta diventando la prima donna della cucina ionica e non. A conferma della sua anima da conquistatrice un festival che si consuma a Taranto con l’intento di far riaffiorare quel carattere marinaro che non demorde mai, e che continua a sfidare tutto e tutti pur di riuscire a confermare le proprie doti, a volte penalizzate dalla falsità di chi spaccia caratteristiche lontane da quelle del lamellibranco ionico, per tarantine. L’habitat del frutto nero è nel mar Piccolo quello ricco di un prezioso alimento, il plancton, che permette lo sviluppo armonico della cozza nera. Il regno del bivalve è a pochi chilometri dalla costa. Si chiamano Cheridi le splendide isole in cui regnano le cozze nere. Ammaliatrice dei palati come le
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hearts of their lovers, this protected and guaranteed mussel is subjected to new methods of development and growth of their underwater colonies, as their organoleptic qualities are indissolubly connected to their birthplace. The sun, the sea, the warmth and the scents of Taranto, are all holden in this mussel’s shell, which preserves all that flavours otherwise lost and unknown. When holding one of this seashells up to the ear, you can hear the continuous musical whispering of the waves. A triumph of flavour and memories are on offer from the traditional Ionian culinary dishes which are transported to dizzying heights by the humble mussel, bringing an unparalleled sophistication to the simplest of recipes. So the reason behind the label of protection and guarantee, DOP, (protected origin denomination) do nothing else but affirming the priceless value of this simple, 'poor' sea harvest, and affords it a certification of validity, authenticity and standard to which all others can, surely only, aspire.
sirene lo furono dei naviganti, regina delle tavole come le principesse d’oriente lo furono dei cuori dei loro amanti, la dop tarantina non sfugge alla ricerca e alla sperimentazione su nuovi modi per far sviluppare e crescere le colonie di cozze dalle qualità organolettiche indissolubilmente legate al territorio. Il sole, il mare, il calore e gli odori di Taranto sono racchiusi nel pregiato guscio scuro che intende preservare quei sapori che altrimenti sarebbero ignoti e sconosciuti. Il susseguirsi musicale delle onde lo si ascolta quando si avvicina all’orecchio la conchiglia che protegge il frutto. Un trionfo di gusto e memorie quello offerto dai piatti della tradizione culinaria ionica che esaltati dalla cozza, rendono sofisticata anche una ricetta semplice. La motivazione del marchio d’origine protetta dunque, non ha fatto altro che confermare il valore di una produzione “povera” che ha fatto del mare il suo punto di forza e della semplicità un mezzo di affermazione.
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SOUP OF MUSSELS FROM TARANTO
ZUPPA DI C OZZE DEL MAR PICCOLO
IIngredients for 4 people:
Ingredienti per 4 persone:
1 kg of mussels; 300 g country bread; 1 kg of cherry;
kg 1 di cozze; g 300 di pan di campagna; kg 1di pomo-
tomatoes; 50 g of pecorino cheese; parsley; fresh garlic;
dorini; g 50 di pecorino; prezzemolo; aglio fresco; olio
extra-virgin olive oil; capers; oregano; pepper; olives; wild
extravergine; capperi; origano; pepe; olive; finocchietto
fennel; leaves of celery.
selvatico; foglie di sedano.
Method
Procedimento
For the mussels:
Per le cozze:
Clean the mussels with coarse sea salt and open them with
Pulire le cozze con sale grosso e aprirle aiutandosi con un
a knife avoiding the loss of their juices. Slice the bread and
coltellino per non perdere la loro acqua. Tagliare il pane e
garnish with oil, pepper, pecorino cheese, capers, fresh gar-
condirlo con olio, pepe, pecorino, capperi, aglio fresco e
lic and herbs. Fill each mussel singularly with the resulting
tutte le erbette. Con il pane di campagna condito, farcire
bread stuffing.
singolarmente le cozze.
For the soup:
Per la zuppa:
Place a pot on heat, pour in the oil and add the fresh gar-
Porre una casseruola sul fuoco, versare l’olio e unire l’aglio
lic and capers. Lightly brown for a few minutes. Add the
fresco ed i capperi. Far soffriggere per pochi minuti.
tomatoes, sprinkle in the mussel juices, salt and cook for 15
Aggiungere i pomodorini, bagnare con l’acqua delle cozze,
minutes. Arrange the mussels in a soup plate, freshen the
salare e cuocere per 15 minuti. Disporre le cozze in una
soup with a sprinkling of chopped parsley, celery leaves and
fondina a raggiera, rinfrescare la zuppa con un trito di
the wild fennel.
prezzemolo, le foglie di sedano ed il finocchietto selvatico.
la ricetta
Gianrico Gianrico Carofiglio, magistrate from Bari, made his debut in the fiction for Sellerio editor in 2002 by publishing “Testimone inconsapevole”, which has been the winner of several awards. In 2003 he published “Ad occhi chiusi” and in 2006 “Raginevoli dubbi” winning a large number of awards. Amongst these, he won the “Premio Bancarella” 2005 thanks to his “Il passato è una terra straniera”, published by Rizzoli editor.
Gusto di Puglia meets Gianrico Carofiglio, the narrator of Bari, which astonished the reading public and the literary criticism.
“In the cupboards there wasn’t much and, in any event, I may have exaggerated just a little when speaking of the immense bounty of fresh food. Any way, I had all the ingredients for my speciality dish: Spaghetti “fumo negli occhi”. A simple illusion in
Carofiglio di Gisella Della Monaca
Gianrico Carofiglio, magistrato barese, ha esordito nella narrativa per Sellerio nel 2002 con il pluripremiato “Testimone inconsapevole”, seguito nel 2003 da “Ad occhi chiusi” e nel 2006 da “Ragionevoli dubbi”. Ha vinto numerosi premi tra cui il Premio Bancarella 2005 con “Il passato è una terra straniera” edito da Rizzoli.
Gusto di Puglia incontra Gianrico Carofiglio, narratore di Bari che ha stupito pubblico e critica. “In casa non c’era tantissimo e, insomma, avevo un po’ esagerato parlando di cibi freschi in abbondanza. Comunque avevo quello che serviva per preparare una mia specialità. Gli spaghetti “alla fumo negli occhi”. Una sobria allusione al fatto che è una ricetta in cui il cuoco -io, nel caso di specie- cerca di apparire più abile di quanto non sia in realtà. (…)Preparai in padella aglio, olio e peperoncino. Mentre cuocevano gli spaghetti grattugiai del pecorino, tritai del basilico, snocciolai e tagliai a pezzetti delle olive nere. Misi in padella la pasta molto al dente. Aggiunsi il pecorino e tutto il resto.” In cucina l’avvocato Guerrieri, protagonista del libro “Ragionevoli dubbi”. L’autore Gianrico Carofiglio quanto somiglia al suo personaggio? Preparo poche cose in grado di ingannare l’interlocutore sulle mie capacità culinarie che sono modestissime. La ricetta degli spaghetti alla “fumo negli occhi” è un cosa semplicissima, messa nel piatto è una cosa più complessa. Questo è il mio rapporto con il cibo come cuoco. Come mangiatore sono molto bravo. Il suo piatto preferito da bravo mangiatore? Pasta, spaghetti e sushi i modi di mangiare che preferisco. Mettono allegria. Amo il giapponese. Un piatto legato ai suoi ricordi. La pasta al forno di mia nonna e le cotolette con purè di patate di mia madre. Un piatto legato alla sua città, Bari. Riso patate cozze e fave con cicorie in una variante più articolata con pezzi di pane fritto e cipolle rosse d’Acquaviva crude. Bari è lo “sfondo” dei suoi 4 romanzi, “Testimone inconsapevole”, “Ad occhi chiusi”, “Il passato è una terra straniera” e l’ultimo “Ragionevoli dubbi”. Quando ho deciso di scrivere è cambiata la mia percezione della città di Bari, non più luoghi dai quali si passa ma come luoghi per l’ambientazione delle storie. Tre romanzi hanno lo stesso personaggio, l’avvocato Guerrieri. L’altro, “Il passato è una terra straniera”, è il più barese dei quattro in cui la città è un personaggio più che un’ambientazione. Il prossimo libro sarà edito da Laterza per una interessante collana “Contromano” che narrerà delle grandi città. Mi è stato chiesto di scrivere di Bari per una nuova esperienza della casa editrice Laterza che intende spostarsi dalla saggistica. Dopo credo
INCONTRI DI GUSTO
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which the chef, me, on this occasion, tries to appear more capable than he really is. (...) I placed the garlic, oil and chilli peppers in a pan, and while the pasta was boiling, grated some pecorino cheese, diced the fresh basil, and removed the pits from the black olives which were then cut in pieces. Pouring off the water from the pasta, I placed the under cooked (al dente) spaghetti in the pan, adding the cheese, basil and olives. In the kitchen, lawyer Guerrieri, principal character of the novel “Ragionevoli dubbi”. How much like his literary creation is author Gianrico Carofiglio? I cook a few things which are able to fool the onlooker into believing that my modest culinary skills are more developed than they really are. The aforementioned recipe “spaghetti fumo negli occhi” is so easy that the most difficult part is serving it up in the plates. That’s as far as my relationship with food as a chef goes. As an eater I am far better. Which is your favourite dish, as an eater that is? Pasta. Spaghetti and sushi are my favourites. They put me in a good mood. I love the Japanese. A dish which is deeply part of your memories? My grandmother’s oven baked lasagne and my mother’s chops with mashed potatoes. A dish connected to your city of Bari? Potatoes, rice with mussels and broad beans with a tastier variant of chicory, and a piece of fried bread with raw red onion from Acquaviva. Bari is the back-drop or setting for your four novels, “Testimone inconsapevole”, “Ad occhi chiusi”, “Il passato è una terra straniera”, and the latest “Ragionevoli dubbi”. When I decided to start writing I changed my perception of the city of Bari. It is no longer just a place in passing, but becomes the setting for the story. Three of the previous novels have the same character, lawyer Guerrieri. The other, “Il passato è una terra straniera”, is more about Bari of all the four, and is where the city becomes more of a character than just a setting. The next book will be published by Laterza as an interesting collection of short stories, “Contromano”, which is about the large cities. I've been requested to write about Bari by the publisher as a new move to non-fiction. I think that afterwards I'll set another story elsewhere. You are one of the most read authors, one of the few talents to come out of Puglia. There is a tendency among people from Puglia to self-disparage themselves, they have little faith in themselves and their abilities which is probably connected to historical reasons, to being dominated and the lack of a cohesive strong identity, even the lack of a sense of community. But more often or not it is a matter of history. However there have been those who have come to the fore and have emerged, the painter Cantatore is one who comes to mind as an example. Is there a connection between food and words? I've never really thought about it. I suppose that there is a link between any object and words. I believe that the capacity to write about food, in an out- of- the- ordinary, non- boring manner, is what makes for an interesting challenge.
INCONTRI DI GUSTO
che ambienterò una storia da qualche altra parte. Lei è uno degli autori più letti. Uno dei pochi talenti che la Puglia ha saputo esprimere. Esiste una certa inclinazione del pugliese all’autodenigrazione, ha poca fiducia nei propri mezzi legata probabilmente a ragioni storiche, alle dominazioni e all’assenza di una identità forte, forse l’assenza di una civiltà comunale. Molto spesso i fatti della storia, delle storie dicono siano soggetti a movimenti relativamente casuali. Ma c’e chi riesce ad emergere, penso ad esempio al pittore Cantatore. C’è un legame tra cibo e parola? Non ci ho mai pensato. Posto che ci sia un legame tra qualsiasi oggetto e la parola credo che la capacità di saper raccontare il cibo, in modo non banale, rendendo quello che può significare aldilà dell’apparenza sia una sfida interessante.
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Altamura, the dawn of bread Dawn rises over Altamura like
It has been defined as the best tasting bread in the world, or at least this was the
the bread of the night in antici-
verdict of the latin poet Orazio after a visit to Altamura in 37 A.D.
pation of a well stoked fire.
What is certain, is that it is one of a kind. Produced in the quaint city of Altamu-
Journeys among the stone
ra, 60 km far from Bari, in the heart of the Murgia plains, a town held so dear to
ovens and the voices of the
the heart of the enigmatic emperor Federico II, that he ordered a splendid cathe-
high plains.
dral to be built there in 1232. Its crust, light brown, encases a porous and compact wheat coloured centre, making it unique and inimitable. Due to its exclusive characteristics, and the lobbying efforts of the slow food of Puglia movement it received, for the first time in Europe, the sought after label DOP (Protected origin denomination- a type of registered trademark) in 2003. This indicates the area of origin of products within a particular geographical area which owe their uniqueness to the specific climatic and environmental conditions exclusive to that area. Its secret begins with a dough obtained from reground hard wheat. This bread spreads its roots deep in the peasant farmer culture of Alta Murgia and still today it’s produced by the artisan methods which create it with mother yeast, sour dough, sea salt and water with a natural levitation and baking in a wood burning oven. In its traditional shape, (U sckuanÊte=overlapping bread) it had a large dimension and was predominantly kneaded at home and then baked in
Altamura, l’alba del pane di Lia Mintrone E’ stato definito il pane più buono del mondo. O, perlomeno, così pare che lo abbia defi-
Lievita l’alba ad Altamura
nito il poeta latino Orazio dopo una sosta ad Altamura nel 37 a.C.
come il pane nella notte in
Di certo è unico nel suo genere. Lo fanno appunto ad Altamura, ridente cittadina a 60
attesa del fuoco. Viaggio
chilometri da Bari, nel cuore della Murgia, paese caro all’ enigmatico imperatore Federi-
tra i forni di pietra e le voci
co II che nel 1232 fece costruire una splendida cattedrale.
dell’altura murgiana.
La sua crosta di colore prevalentemente marrone chiaro, la mollica porosa e compatta, e il colore tendente al paglierino, lo rendono unico e inimitabile . Tanto che per le sue esclusive peculiarità ha ottenuto nel 2003, grazie al presidio Slow Food Puglia e per la prima volta in Europa, il riconoscimento del marchio DOP, Denominazione di Origine Protetta, un marchio prestigioso che indicando il luogo di origine viene conferito solo a quei prodotti nati e lavorati in una particolare area geografica, le cui caratteristiche sono dovute a quelle specifiche condizioni climatiche e ambientali in cui viene prodotto. Il suo segreto inizia con l’essere ottenuto da un impasto di semola di grano duro rimacinata. Questo pane affonda le sue radici nella cultura contadina delle popolazioni alto murgiane e ancor oggi mantiene un metodo di lavorazione artigianale che prevede l’uso di lievito madre, pasta acida, sale marino e acqua, con lievitazione naturale e cottura in forno a legna.
LE VIE DEL PANE
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public ovens. The baker marked each loaf with the initials of the family head. Up till the middle of the last century the streets echoed with the shouts of the baker announcing, at the break of dawn, the completion of the fragrant bread. Its main characteristic, even today, was its long shelf-life, necessary to guarantee nutrition and sustenance to the farmers and shepherds for up to a week, or more frequently, 15 days in the farm houses spread out between the Alture Murgiane (high plains): a diet based almost exclusively on bread sprinkled with salt and oil and then immersed in boiling water. Current production, if wrapped in a cotton clothe, can remain viable for up to a fortnight. The bakers suggest at least half a dozen different shapes of the bread, even if the two most requested are: sckuanetè and the puenè mueddè, whose weight can vary between 500 G and two kilograms. The other shape are péccélatidde, a cappiddé dé prevétè, u puené a’mmezza stufé. The goodness of the bread of Altamura has crossed not only regional borders, but also the national ones. Of the daily production of 650 tones, only 20% remains in Altamura, while all the leftover is distributed to the four corners of the world. Another part of the ritual to ensure the right preparation is in the wood-ovens plied exclusively with logs of Oak.
Nella sua forma più tradizionale (U sckuanËte = pane accavallato) aveva pezzatura di notevoli dimensioni, era prevalentemente impastato e lavorato tra le mura domestiche, e veniva cotto in forni pubblici. Il fornaio procedeva alla marchiatura delle forme con il marchio in legno o in ferro artigianale riportante le iniziali del capo famiglia. Fino alla metà del secolo scorso si poteva udire per le strade di Altamura il grido del fornaio che annunciava, all’alba, l’avvenuta cottura del fragrante pane. La sua principale caratteristica, mantenuta fino ad oggi, era la durevolezza, necessaria per garantire l’alimentazione di contadini e pastori per una settimana o, più frequentemente, nei quindici giorni trascorsi nelle masserie disseminate tra le alture murgiane: un’alimentazione incentrata quasi esclusivamente sul pane condito con sale, olio ed immerso
LE VIE DEL PANE
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In Altamura the traditional stone ovens continue to form part of the urban landscape: constructed in the 1800s they have the typical high canopies, long-handled shovels, large openings able to accommodate more than 300kg of bread at a time. So as to guarantee the quality and transparency of the procedure a strict discipline of production has been incorporated, together with a census of the local wheat producers and the mills of the zone to ensure product integrity. The bread of Altamura is today at the forefront of an intense production akin to industrial levels, which responds effectively and effortlessly to the demands and tastes of the market. Not withstanding, the traditions and continuity of its peasant farmer origins live on. This is why, it can be said that, despite change and the aforementioned regulatory impositions, the bread actually produced in Altamura, is the direct legacy of that bread of farmers and shepherds that, from medieval times onwards, has always been a part of Murgia of Bari. A bread as precious as this, which goes well with any type of main course but, in view of its extraordinariness, is divine on its own, sprinkled with just a dash of extra virgin olive oil, this too, rigorously from Puglia.
nell’acqua bollente. E anche quello prodotto oggi, se avvolto in un telo di cotone, si conserva fresco per una quindicina di giorni.
Dolina carsica nella Murgia a forma di imbuto, con diametro massimo di 500 metri e profondità di circa 100 metri.
LE VIE DEL PANE
Attualmente i fornai di Altamura propongono almeno una mezza dozzina di forme di pane, anche se due sono quelle più richieste: sckuaneté e puené mueddé, di peso fra i 500 grammi e i due chili. Le altre forme sono péccélatidde, a cappiddé dé prevétè, u puené a’mmezza stufé. E la bontà del pane di Altamura gli ha fatto varcare non solo i confini regionali ma anche quelli nazionali. Ogni giorno se ne producono 650 quintali di cui solo il 20% rimane ad Altamura, il resto parte per essere distribuito in tutto il mondo. Altro elemento fondamentale per completare la ritualità della giusta preparazione è il forno che deve essere alimentato esclusivamente con legna di quercia. Ad Altamura i forni tradizionali in pietra fanno ancora parte del paesaggio urbano: realizzati nell’Ottocento, hanno tipiche cappe molto alte, pale dai manici lunghissimi, bocche capaci di ospitare anche più di 300 chili di pane. Per garantire la qualità e la trasparenza della filiera è stato elaborato un rigido disciplinare di produzione ed è stato avviato un censimento dei produttori di grano duro e dei mulini della zona. Il pane di Altamura oggi è al centro di un’intensa produzione di tipo industriale, che risponde efficacemente alle esigenze e ai gusti del mercato. Ciò nonostante presenta caratteri di estrema continuità con la tradizione contadina. Ecco perché si può ben dire che, nonostante le trasformazioni e gli adeguamenti sopravvenuti, il pane attualmente prodotto ad Altamura, sia il diretto erede di quel pane dei contadini e dei pastori che, dal Medioevo in poi, hanno sempre abitato questa zona della Murgia barese. Un pane così prezioso si abbina bene a qualunque pietanza ma, vista la sua straordinaria potenza, è divino anche da solo, condito con un filo d’olio extravergine d’oliva, anche quest’ultimo rigorosamente pugliese.
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MAGLIE, varco nel sentiero verde di Leda Cesari
Tra terra e mare, sottile gioco di rimandi a paesaggi vissuti e sconosciuti. “Altro� mondo, Parco Tamborino, dove sostare. Between soil and sea, a game of hide-and-seek among different worlds and times, Tamborino Park, a place to pause awhile.
Passing under the Arch leading into the Park, arch and park blend into one, becoming a passage way into another dimension, a jump to another latitude of time, a discovery of unknown worlds. A dive into the past, to an age of consideration towards Nature, an apt way of celebrating one's heritage, even in the simplest of ways. Much in the manner that patrons of the arts brought prestige to their families, Achille Tamborino, when newly elected senator of a post united Italy, entrusted engineer Tommaso Pispico the task of constructing a park, to add more prestige to his ancestral residence Palazzo Tamborino, in Maglie, a few kilometres from the Baroque capital, Lecce. To honour the commissioner of the task, engineer Pispico wanted to fill the park, completed towards the end of 1874, with elements linked to the sea, where the soil gives way to the water's edge: mysterious caves, stalactites and colourful fragments of broken bits and pieces of scattered crockery. As if by the wave of a magician's white gloved hand, an unimaginable green wonderland was created, culminating in an octagonal Turkish tent which stands proudly in chrome and colourful glass panes. Set upon a slightly raised area, it was once used to while away the time over a pleasant coffee while breathing in the panoramic view of the surroundings, a pastime of the wealthy salentinian middle class, even today. Among undulating greeneries scattered with stone which make up the area, lies Maglie, commercial and geographic heartland of Salento. Here where a prestigious past merges with a present humming with activity, is Tamborino Park, always ready to hypnotise visitors with old fashion charm and even a little melancholy with the nostalgia of gone beauty, not immune from the ravages of time, nor for that matter, from the insulting hand of vandals and thieves. An impressive entrance, a neoclassical facing which appears to come from a theatrical set, separates the area from the rest of the city, and suddenly the pathways begin to blur and disappear into the distant greenery, guiding giddy young lovers to scant and brief moments of intimacy. Refreshing and cool, just like the granite from which caves are formed, benefiting from prime raw materials offered by the
Parco, che fa rima con varco. Un varco verso un’altra dimensione temporale, un balzo in un’altra latitudine, alla scoperta di mondi sconosciuti. Un tuffo nel passato, in un’epoca in cui l’attenzione alla natura era considerata un modo per onorare il blasone d’appartenenza ed insieme il simbolo della sensibilità d’un casato verso l’arte, fosse anche quella del verde. Fu per questo che Achille Tamborino, fresco senatore post-Unità d’Italia, decise di affidare all’ingegner Tommaso Pispico la realizzazione di un parco a maggior gloria della dimora avita: Palazzo Tamborino, a Maglie, pochi chilometri dalla capitale del barocco: Lecce. Fu per questo, per onorare il casato committente ed insieme congegnare un luogo d’ogni meraviglia, che l’ingegnere Pispico volle riempire il parco, ultimato nel 1874, di rimandi estranei alla vita propria di un giardino e rinvianti invece ad habitat ammirabili qualche chilometro in là, dove la terra cede il passo al mare: grotte, stalattiti, cocci colorati. Un’area verde e immaginifica che culmina con una tenda turca ottagonale, ristretto belvedere che si staglia, con le sue cromie esasperate e i suoi vetri colorati, su un piccolo altipiano da cui sono visibili arabeschi cari a ben più celebrate magioni della zona (ma anche al famoso padiglione moresco di Villa Pallavicini, a Pegli, Liguria, ad esempio). La Tenda turca, un tempo ritrovo avvezzo a rinfrescanti intermezzi: caffé con vista del panorama circostante, passatempo cult della ricca borghesia salentina, ancora oggi. Un ghirigoro verde in quel ricamo di pietra che è Maglie, cuore geografico e commerciale del Salento. Qui, dove un passato altisonante si sposa ad un presente operoso, sorge Parco
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Salentinian coast, their presents more in keeping with that of the steep walls of the low Adriatic coastline than to a city park, fresco murals of the sea and lake dating from 1881. An area closer to the residence and thus more “domestic� flowered and enriched by the elements which characterise an English garden, and another type of flora typical of the Salento environs, with a rich undergrowth. It is a hardy indigenous Mediterranean vegetation hinting at the pre-existence of what perhaps originally formed part of a vast primitive forest, now lost to us (traces remain in the central area of the park where you can find the Lecci trees). This part of the forest was successively incorporated in the park according to the wishes of Achille Tamborino. Not lacking in exotic flora, it is yet ano-
Tamborino, pronto ad ammaliare il visitatore con il fascino demodè e un po’ malinconico delle cose belle (e spesso incomprese) d’altri tempi, e non immuni purtroppo né dall’azione logorante del tempo, né dalla mano sconsiderata dei ladri e dei vandali. Un ingresso monumentale, una facciata neoclassica che funge quasi da quinta scenografica, atta a
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ther reminder of a long lost underworld of distant fair lands where the whispered murmurings of seashells and nymphs are heard, and where stalagmites and stalactites are displayed for all to wonder and gasp at. Here, where if it was not for the occasional car horn intruding from the “other world”, one might expect to see Disney's “Little mermaid” emerging in the merry company of her playful band of friends.
separare l’area dal resto della città, e subito è l’inizio dei sentieri che si inoltrano nel verde, accompagnando giovanissime coppie di innamorati verso scarni istanti di intimità. Intimità e frescura, come quella garantita dalle grotte sapientemente ricostruite approfittando dell’egregia qualità della materia prima offerta dalla costa salentina: a caratterizzare ulteriormente l’ambiente, più consono alle pareti scoscese della costa del Basso Adriatico che ad un parco cittadino, affreschi di paesaggi marini e lacustri datati 1881. Un’area più vicina alla residenza e dunque “addomesticata”, fiorita ed arricchita di elementi caratteristici del giardino all’inglese, un’altra più naturale e dunque tipica del paesaggio salentino, con un sottobosco ricco in cui spiccano il lentisco, l’alaterno, il viburno, il ligustro e l’asparago spinoso; vegetazione spontanea mediterranea che fa optare per un’origine preesistente di quel tratto boscoso, forse appartenente ad una vasta foresta primitiva poi scomparsa (di cui resta forse traccia nella zona centrale del parco, dove svettano alti e fieri i lecci). E dunque successivamente inglobata nel parco realizzato per volere di Achille Tamborino. Non mancano neppure le piante esotiche, ennesimo rinvio a paesaggi d’altre contrade e di ignote lande sotterranee che parlano la lingua di ninfee e conchiglie, di stalattiti e stalagmiti: non fosse per i clacson che strombazzano fuori, nel mondo “altro”, ci si aspetterebbe di veder comparire la Sirenetta di Walt Disney, in allegra brigata con le sue amiche Ondine.
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OSTUNI, bianca passione di Maurizio Marangelli
Ostuni and its horizons. Chiming bells under the
Ostuni ed il suo orizzonte. Campanile sotto l’ombrello
umbrella of the sun. And white stones to mirror a
del sole. E pietre bianche a specchiare l’alba nuova
new dawn over the sea.
sul mare.
The white city, Queen of the olives, City of the Nativity scene. These are only a few of the epithets which Ostuni richly deserves for its special topography, but above all, due to the blinding monochromatic colour of its setting, rigorously white. Perched on the last peak of the Murgia, with 30 000 inhabitants, Ostuni is a fascinating tangled labyrinth of narrowed winding streets, successive arches, forecourts, squares and alleys which once led to the main five gates which opened onto the wall around the city fortified with towers, machicolations (openings for liquids or stones to be dropped on assailants) and battlemented parapets. The old village, an antique and unmistakable jewel, gives Ostuni its picturesque urban identity and rises from the highest hill. Populated from prehistoric times, the territory of Ostuni was occupied around 1000 A.D. by the Japigi and Messapi populations. The city was destroyed by Hannibal in the second punic war, rebuilt by Greek settlers, and in the ensuing centuries occupied by Ostrogothians, Longobards, Saracens and Moors, Swabians and Normans. It reached its zenith of splendour during the1500s dominated by the Aragoneses. The history of the city is surrounded by the yearning for freedom. The inhabitants of Ostuni resisted so feverishly to the coming of the Bourbonists, that the city became the main seat of political agitation and a secure area for political asylum for exiles with the blossoming of the secret society of the Carboneria and of the Young Italy movement. On the 26th of August 1860, a few days prior to Garibaldi's departure from Messina, Ostuni was the first city in Puglia to tear down the Bourbonists' symbol and unfurl the tricolour. The guided tour to the discovery of the historic-cultural origins of the white city, constitutes an inescapable visit to the medieval suburb of “Terra” (“Earth”). The tour departs
Città bianca, regina degli ulivi, città presepe. Sono solo alcuni degli epiteti fiabeschi che Ostuni si è meritata per la sua peculiare topografia e soprattutto per l’accecante colorazione monocromatica del suo abitato, rigorosamente di bianco. Sulle ultime propaggini della Murgia meridionale, trentatremila abitanti, Ostuni è un affascinante groviglio di stradine anguste e tortuose, un susseguirsi di archi, corti, piazzette e vicoli che un tempo facevano capo a cinque porte che si aprivano nella cinta muraria, munite di torri, piombatoi e bertesche. Il borgo antico è l’inconfondibile gioiello che dona ad Ostuni la sua pittoresca identità urbanistica e sorge sul colle più alto. Abitato fin dalla preistoria, il territorio di Ostuni è occupato intorno al 1000 a.C. da Japigi e Messapi. La città è distrutta da Annibale nella seconda guerra punica, ricostruita dai coloni greci e, nei secoli successivi, occupata da Ostrogoti, Longobardi, Saraceni e Mori, Svevi e Normanni. Il periodo di massimo splendore viene raggiunto nel ‘500 con il dominio aragonese. Alla storia della città è connaturato l’anelito di libertà: gli ostunesi oppongono una valorosa resistenza alla venuta dei Borboni, tanto che Ostuni diventa centro di agitazioni patriottiche e sicuro asilo di esuli politici, con la fioritura di sezioni della Carboneria e della Giovine Italia. E il 26 agosto 1860, a pochi giorni dalla partenza di Garibaldi da Messina, Ostuni è la prima città in Puglia ad abbattere gli stemmi borbonici e a far sventolare il tricolore. La visita guidata alla scoperta delle origini storico-culturali della Città Bianca costituisce un itinerario obbligato nel borgo medioevale chiamato “Terra”. Si parte dalla triangolare e spaziosa Piazza Libertà dove si affacciano il palazzo del Municipio, la chiesa di San Francesco, l’Obelisco di Sant’Oronzo, patrono della città a cui sono dedicati solenni festeggiamenti dal 25 al 27 agosto, la chiesa dello Spirito Santo. Dalle antiche mura, invece, si può ammirare uno splendido panorama. Tappa obbligata il museo delle civiltà
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from the corner shaped Piazza Libertà, adjacent to the Municipal building, where you can see the church of St. Francesco, the obelisk of St. Oronzo, patron saint of the city to whom a solemn festival, which runs from 25-27 August, is dedicated, and the Church of the Holy Spirit. The various legs of the journey must include the museum of pre-classical civilization which houses a permanent exposition dedicated to the ancient agrarian population. It also houses noted archaeological finds: the remains of a woman with her foetus dating back some 25 thousand years. Other sights to visit are the Cathedral, the “Episcopio” and the library. Along this trail various valued handmade articles maybe purchased, while at the same time sampling products typical of this area . The hill, the plain, and the sea represent the other peculiar characteristics of this area which is one of the most beautiful centres in all Puglia. We are in a fertile area, which is intensely cultivated, included between the strip of Adriatic coastline and the inland Murgiano peaks. The hill, formed by white calcium rocks, upon which a thin layer of red soil lies, is the origin of a sweetly undulating landscape of singular beauty with tracks of land, plateaus, wide valleys, caves and spectacular views looking out on the nearby coastline. From the low hill an expansion of olives captures the silver reflected light of the bells of Ostuni, contrasting greatly with the azure blue sky merging into the sea. Among these secular olive trees they have been built a lot of villas, trullis and old style farmhouses: fascinating stone buildings sought after privileged spots for vacations and a place to just “let it all hang out”. The coast extends for some 20 km, bay after bay between jagged rocks with the green of the Mediterranean stain as a backdrop. Visitors have the choice of either, one of the many fine white sanded bea-
preclassiche sede di una esposizione permanente dedicata agli antichi agricoltori. Qui è conservato un reperto archeologico di enorme importanza: i resti di una donna con il suo feto risalente a circa 25 mila anni fa. Altri monumenti da visitare la Cattedrale, l’Episcopio e la Biblioteca. Lungo questo itinerario si possono acquistare pregevoli manifatture artigianali e assaporare prodotti tipici. La collina, la pianura, il mare rappresentano le altre caratteristiche peculiari di questo che è uno dei centri più belli di tutta la Puglia. Siamo in un territorio fertile ed intensamente coltivato, compreso tra la fascia costiera adriatica e l’entroterra collinare murgiano. La collina, formata dalla bianca roccia calcarea sulla quale è adagiato un sottile strato di terra rossa, dà origine ad un paesaggio dolcemente ondulato di singolare bellezza con terrazze, ampi avvallamenti, grotte e panorami che spaziano sulla vicina costa. Dalla collina in giù vi è solo una lunga distesa di ulivi che accendono di riflessi argentei le campagne ostunesi, in forte contrasto col cielo azzurro intenso che va a sfumarsi nel mare. Ed è tra gli ulivi secolari che sono sorte ville, trulli, masserie: affascinanti costruzioni in pietra diventate ricercatissimi luoghi privilegiati di vacanza e relax. La costa si estende per venti chilometri in un susseguirsi di baie tra frastagliate scogliere con un retroscena di verde macchia mediterranea. I visitatori quindi possono scegliere tra le tantissime spiagge dalla bianca sabbia finissima o la scogliera, usufruendo di uno dei fondali tra i più variegati della zona.
ches, or the rocky outcrops, from which to take advantage of one of the most varied multicoloured sand beds in the area. From the olives to the sea it is an ideal natural gastronomic itinerary in search of ancient fascinations and wonders. An excursion of half a day in this corner, typically mediterranean, is made up of a number different stages. Above all, is the visit to the numerous farmhouses with medieval olive presses set into the rocks where they may be admired together with the ancient sites where olives were processed, and the opportunity of tasting some of the produces. Not to be missed, is the ride along the coastal path seated on a horsedrawn cart, like days gone by, with a stop at a traditional farmhouse to savour the house lunch specialities. It is naturally fitting to end a visit to here, especially in the summer months, with a dive into the crystalline waters of Ostuni from the sands or rocks, to relax and exploring the marvelous sea beds. Ostuni has received attention for it gastronomic delights: the vegetables, the extravirgin olive oil, “Collina di Brindisi”, which comes with DOP certification, a label of assurance and quality, the sea food delicacies, and the pan fish, all of which are the underlying principle ingredients in many tasty dishes. Amongst these, the best known, and one of the most important ones, is the orecchiette or “stacchiodde” (a typical kind of pasta) covered with fresh tomato sauce and dressed with a leaf of basil finished off with grated cacioricotta cheese.
METE
Dagli ulivi al mare è l’ideale itinerario naturalistico-gastronomico alla scoperta di luoghi antichi e affascinanti. Un’escursione di mezza giornata all’interno di questa cornice tipicamente mediterranea che si compone di diverse tappe. Innanzitutto la visita alle numerose masserie con frantoi medioevali scavati nella roccia, dove si possono ammirare gli antichi luoghi di lavorazione dell’olio d’oliva con l’opportunità di degustare le produzioni aziendali. Non può mancare la passeggiata lungo un sentiero costeggiato da uliveti su carri agricoli d’epoca trainati da cavalli e la sosta in una delle masserie con pranzo a base di specialità locali. Naturale conclusione di questo itinerario, specie nella stagione estiva, le scogliere e le calette di sabbia con un tuffo nelle acque cristalline del mare di Ostuni, per rilassarsi ed esplorare i meravigliosi fondali. Ma qui ad Ostuni ha raggiunto livelli altissimi di notorietà la gastronomia locale: le verdure, gli ortaggi, l’olio extravergine d’oliva Dop “Collina di Brindisi”, i frutti di mare e il pesce azzurro sono i protagonisti assoluti di tanti e gustosi piatti. Quello per antonomasia è rappresentato dalle orecchiette, le “stacchiodde” al sugo di pomodoro, condito con foglie di basilico e cacioricotta grattugiato.
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Abracadabra, sulla via delle rose di Gisella della Monaca
From petal to petal, bud after bud. Emotions of new fragrances. On the path of the rose till Terlizzi to the greenhouses where magic flowers: Abracadabra.
Di petalo in petalo, bocciolo dopo bocciolo. Emozioni di fragranze nuove. Sulla via delle rose fino a Terlizzi nelle serre dove nasce il fiore magico: Abracadabra.
Abracadabra. At a certain point you leave the sea behind, following the olive groves and vineyards on a road leading to an awning structure. Abracadabra, suddenly you see Terlizzi, city of the flowers. It comes into view with immense greenhouses among vegetation and buildings, under which all the colours of the rainbow imaginable radiate. Mauro, your guide, shepherds you between the sheds which bear testimony to the unrelenting passage of time. Abracadabra, a door is pushed open exposing a hidden world, draped in mystery and magic, a veritable feast of light and colour, the vision of the roses. Running 8 hectares, a new treasure from one greenhouse to another, from one colour to another: from the explosive yellow of the “Golden starlite”, to the intense scarlet “Passion”, from the opaque paleness of the “Pretty Girl”, to the warm inviting orange of “Exotic” one. Another name, another preciously guarded story. Mauro grins at the amazement and surprise you show, a great sense of satisfaction for him. One of seven brothers, one of the eight lives dedicated to the rearing of and tending flowers. He speaks respectfully of his father while brushing a “Vendela”. He talks emotionally of an inheritance, of a birthright, not for nought nor for squandering, and his forehead creases in a frown with talk of the costs of production and all that is required for a flower to take a breath. In the artificial confines of the greenhouse a whistling sound reverberates, and you realise, with slight embarrassment, that it's you, inhaling and exhaling amid the surrounding beauty that engulfs the pure protective nucleus where seeds transform and bloom, as nebula the stars form. Figures, data, and the like overwhelm you as this culti-
Abracadabra. D’un tratto hai lasciato il mare, hai seguito gli ulivi e le vigne lungo una strada che conduce ai tendoni. Abracadabra d’un tratto Terlizzi, paese dei fiori.
ORIZZONTI FIORITI
Le vedi le serre tra la vegetazione e le costruzioni. Sotto quei tetti che brillano al sole immagini i colori di un arcobaleno. Tra i capannoni che narrano il tempo, Mauro ti accompagna. Abracadabra, si apre una
Varietà “Golden Starlite”, Floricoltura Maggialetti, Terlizzi
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Varietà “New Fashion”, Floricoltura Maggialetti, Terlizzi
vator with over 10 years experience behind him, explains the processes at work, the vases and the kilometres of tubing carrying water, nutrients and sustenance in an ongoing cycle. Picking an “Odissea” he reflects his own journey, beyond the greenhouse, beyond the tubing and guttering, and that shadow of a frown creeps back and furrows deeper as cost reduction, cut- throat competition and the like, root themselves like weeds in the discussion. A “Dancing Queen” of a delicate and slight rose transports you here, into this world full of imagination. A little further expert pruning shears snip a ”Phoenix” and “Miss Paris” which you'll see later in large cold shipping warehouse, and then to the market where perhaps you might recognize them, and ask yourself whether they come from Terlizzi. Mauro invites you to pick them, and extending an arm, a droplet covered flower catches the reflection of a ray of sunlight and transforms into an explosion of firework colours
porta ed ecco un mondo sconosciuto, agli occhi uno spettacolo unico: le rose. Percorri otto ettari in un continuo susseguirsi di scoperte, di serra in serra, di colore in colore: dal giallo oro delle “golden starlite” al rosso intenso delle “passion”, dal bianco opaco delle “pretty girl” all’arancio caldo delle “exotica”. Di nome in nome di storia in storia. Sorride Mauro del tuo stupore, per lui un’emozione intensa una vita osservare le sue rose. Lui, uno di sette fratelli, una di otto esistenze dedicate ai fiori. Ti parla del padre mentre sfiora amorevolmente una “vendela”, di un’eredità da non disperdere e gli occhi gli si velano, compare una ruga sulla fronte. Lo capisci subito che la sua è preoccupazione vera. Ti parla di costi di produzione, dell’energia che serve produrre per consentire ad un fiore di respirare e lo senti quel sibilo lieve ed è il tuo di respiro in quell’aria strana di serra, purissima, dove incessantemente germogliano i boccioli. Sforna numeri, sciorina dati, lui l’agronomo che ha sperimentato la coltivazione fuorisuolo oltre 10 anni fa e ti spiega il perché di quei vasi e di chilometri di tubi che trasportano acqua e non solo e di altret-
ORIZZONTI FIORITI
Varietà “Dancing Queen”, Floricoltura Maggialetti, Terlizzi
tanti che raccolgono lo sgrondo per un ciclo che si ripete. Coglie una “odissea” e pensa al suo di viaggio, il suo sguardo è oltre le serre, oltre quei tubi. Il suo sguardo è per i suoi figli. Gli ritorna quella ruga strana, ti dice che occorrerebbe abbattere i costi per fronteggiare la concorrenza spietata e ti parla di coogenerazione. Una “dancing queen” di un rosa delicato e tenue ti riconduce qui, in questo mondo solo immaginato. Più in là le abili cesoie recidono le “fenice” e le “miss paris”, le ritroverai più tardi nel grande magazzino pronte per intraprendere un più lungo viaggio e forse domani qualcuno le comprerà, forse proprio tu le riconoscerai quelle stesse rose.
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trembling in your fingers. Almost regretfully, against your better judgement, you make the cut, and cradle her delicately in your hands, you seem to have known her forever, and you know that tomorrow, while admiring a rose in an anonymous market you can't but ask yourself whether she too comes from Terlizzi. Smiling with comprehension, Mauro arranges an arch, a symphony of love and affection with Cupid's arrows, the pulse of the red hearted “Rolex”, the intense orange embers which light up “Trixx”, the lemon yellow which is “Sorbet”, and the faded purple freshness of a “Cool Water”, the intense green of the leaves shining between the blue of the sea and the indigo of the heavens. You want to walk for hours, listening to every story behind each flowering creation, but it's raining. Hearing the pit-a- pat of the drops on the glass, Mauro assures you that it is not a heavy shower and that it shall soon pass. Your journey is over, and outside, a rainbow is waiting for you to come out carrying your own in your arms, but you can’t leave without the last magic. Between your clasped hands, abracadabra, a bud unfurls, blood-stained red. In you ears you can hear the spell recited: In you ears you can hear the spell recited: “pick the rose when it is scented and don't hesitate for it might spoil wait 24 hours and it shall be repented for it loses its petals and all its oil “.
Ti invita a coglierle, Mauro, le preziose messaggere e una goccia d’acqua nel riflesso di un raggio di sole si trasforma ancora in un arcobaleno. Quasi ti dispiace ora che sai tutto di lei, reciderla, la tua rosa. Ti sembra conoscerla da sempre e sai che da domani guardando una rosa in un freddo mercato non potrai non chiederti se anche lei non venga da Terlizzi. Sorride Mauro, ha colto il tuo pensiero, orgoglioso carezza le sue opere e compone un arco d’amore: il rosso cuore di una “rolex”, l’arancio forte di una “trixx”, il giallo limone di una “sorbet”, il viola stinto di una “cool water”, il verde intenso delle foglie, tra il blu del mare e l’indaco del cielo. Vorresti camminare per ore, ascoltare la storia di ogni pianta ma fuori ormai piove. Ascolti il tintinnio della pioggia sui vetri e Mauro uomo del tempo rassicura: non è che un acquazzone e presto passerà. Il tuo viaggio è finito, fuori ti attende l’arcobaleno e con il tuo tra le braccia stai per andare via ma non puoi senza l’ultima magia. Abracadabra si schiude un bocciolo ed è sangue macchiato. Nelle orecchie un canto: “cogli la rosa quannu mina ‘ndore
(cogli la rosa quando è profumata
ca tiempu nun li dare ca se uasta
e non aspettare che si guasti
se tiempu li dai ventiquattru ore
se attendi 24 ore
perde la ‘ndore e tutta se sfugliazza”.
perde il profumo e i petali)
ORIZZONTI FIORITI
Varietà “Abracadabra”, Floricoltura Maggialetti, Terlizzi
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Podolico, identitĂ garganica di Gisella della Monaca
A baton for ripening and maturing, crust-like rinds preserving and encasing the grass and sun, wind and mountain tops jutting out over the sea of Gargano. White milk luminous like a full moon. All this is an heritage to keep under guardianship and to defend.
Un bastone per stagionare, crosta a conservare erba e sole del Gargano, vento e monti a strapiombo sul mare. Latte bianco di luna piena. Ed è presidio da tutelare.
On the cutting board, a yellow straw coloured, narrow-necked round bottle shape attracts the eye, the glint of a blade and the shape that is caciocavallo of Gargano, is divided in two. Slice and slowly consume it with a sip of Nero di Troia to accentuate the flavour of this cheese. Observing it, it’s evident enough that this cheese is not meant for the kitchen, no culinary fantasy could possibly bring about further enhancement to such a pure flavour. A maturation period of at least three months to fully appreciate the perfume scent of a corner of Puglia: la Capitanata. A sniff of the caroten rich grass of Gargano, conjures up images of grazing herds, casting a thought to the hard working breeder, whose life is not one of ease, with these large grey coated bovines, graced with impressive horns, a beast of labour, but stingy in its milk production. Only small quantities of milk for a short period then, to be skillfully used in the production of caciocavallo.
Sul tagliere, il colore giallo paglierino di un fiasco attira lo sguardo e la lama di un coltello affilato separa in due metà una “forma” di caciocavallo podolico del Gargano. Tagliarlo a fette, assaporarlo lentamente esaltandone il gusto con un sorso di Nero di Troia. Osservandolo, il caciocavallo, si comprende subito che la sua destinazione non sarà la cucina, nessuna fantasia culinaria potrebbe valorizzarne un sapore puro da gustare a fette. Una stagionatura di almeno tre mesi per poi riscoprire al taglio il sentore di un angolo di Puglia: la Capitanata. Sentire il profumo dell’erba ricca di carotene del Gargano, vedere le vacche podoliche al pascolo e pensare all’allevatore e al suo duro lavoro. Non è facile gestire una mandria di vacche podoliche, grandi bovini dal mantello grigio, le corna imponenti, grandi lavoratrici ma avare nella produzione del latte. Poco latte e per pochi mesi e da quel latte con sapienza si produce il caciocavallo. Una ricetta semplice e antica: si caglia il latte e poi si rompe la cagliata in minuscoli pezzi. La pasta matura nel siero poi è messa a sgrondare. Si taglia a fette, si fila con acqua bollente e si modella il formaggio. Questa è l’operazione in cui emerge la maestria e l’abilità del casaro: trarre la forma di un fiasco panciuto con una testina perfetta. Poi il caciocavallo è immerso nell’acqua e poi in salamoia. Infine la stagionatura da tre mesi a tre anni. È in questo periodo che il caciocavallo matura il suo “gusto”. Un sapore forte e piccante, profumo di erba, di arida terra, di fiori amari. Profumo di Capitanata. Non è facile descrivere il gusto unico del caciocavallo podolico, formaggio stagionato, prodotto in quantità ridotte, quasi per il solo consumo familiare. È necessario assaggiarlo almeno una volta. Può capitare di trovarsi nella provincia foggiana, paesaggio unico di orizzonti interrotti da incerte linee di profili collinari. Può capitare di incontrare una mandria di vacche podoliche
al
pascolo
brado, lontane dalle coltivazioni di carciofi, lontane dall’oro del grano, lontane dal rosso dei pomodori. Si noterà
certamente
un
casolare, una masseria, un pozzo al centro di un cortile, un luogo di accoglien-
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The traditional recipe is as simple as it is old: curdle the milk, fragmenting the formed liquid in small pieces, mature them in the whey which is then drained off, cut the curds into pieces and place them in boiling water. Through the process of tugging and pulling, the resulting long elastic strands are moulded into a perfectly round headed flask-like shape, as the true skill of the master cheesemaker comes to the fore. The flask-shaped cheese is immersed in water and then brine, finally being left to mature from between three to thirty-six months, all the while forming its particular flavour, intense and spicy, grass scented with arid soil and bitter flowers, in short, the perfume of Capitanata. It is not easy to describe the unique flavour of this matured, limitedly produced cheese, more for personal consumption than for the market place. It needs to be sampled at least once in a lifetime. It could happen that finding oneself in the province of Foggia, with its unique horizons jagged by hilly outlines, walking among a herd of cows grazing far from the artichokes, the golden wheat and the red mass of tomatoes produced in this area, one notices a farm. Visiting the farmhouse with a well in the centre of the courtyard, a cosy restful atmosphere, you ask to the owner for a peek beyond the entrance. You descend the stairs into a cellar where, in twos, the flask shaped cheese, hangs side by side. A sight more sur-
za e di ristoro. Si potrà chiedere al “massaro” di spiare oltre la porta di ingresso. Scendendo le scale ritrovarsi in cantina ed osservare appese, in coppie, le forme di formaggio. Uno spettacolo inaspettato che sorprenderà ancor più del paesaggio e dei suoi colori. L’ospitale padrone di casa accompagnerà il visitatore, in inverno accanto ad un focolare, in estate in un fresco “patio”, e gli offrirà del caciocavallo e un bicchiere di un vino rosso corposo. Giallo paglierino il caciocavallo scalderà il palato e non si potrà resistere dal
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prising than even the colourful landscape. The host invites guests to share a fireplace in winter, or an open patio in summer, plying them with cheese and a full-bodied red wine. The pale yellow cheese is inviting and stirring on the palate, one bite leading to another. Slice after slice floats on rivers of red wine, while small talk and shadows elongate, stretching to become an intense dusk among the mountain crests. A last look at the worn cheeseboard, and a “ping� sound, like a tuning fork, of a stainless steel blade radiates outwards as the knife is reluctantly, resignedly dropped on the bare wood. Of the two halves, nothing, but the memory of their taste remains: indelible.
prenderne ancora. Fetta dopo fetta scorreranno fiumi di rosso tra racconti di vita mentre le ombre si allungano e giunge un tramonto intenso tra i monti. Uno sguardo al tagliere, stride l’acciaio della lama di un coltello abbandonato sul legno consunto. Delle due metà non resta che il ricordo del loro sapore: indelebile.
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If Matteo Salvatore had been born in Milan...
If Matteo Salvatore had been born in Milan or Turin, or even in Florence, and he had composed his songs in Italian, he would have surely enjoyed greater success and visibility. Not quite exactly to the same extent, nonetheless, he might have been blessed with better opportunities if he had been born in Sicily or in Campania. Various Puglian artists had already come to the *Daniele Durante, got a diploma as a guitar player at the Academy of music and then took a degree in philosophy. He's officially interested in folk music since February 1975,when the “Canzoniere Grecanico Salentino” (the most famous folk music group in Puglia) was born. He attended to all the group's arrangements, elaborations and moreover composed their unpublished pieces. He is a permanent state Music teacher and he also is a teacher in the Specialized Course of music and trance of the “Sociology of the religions” course, in the University of Lecce. He promotes the institution of a triennal course of folk music in the Academy of music of Lecce, where he actually teaches “Music of the whole” and “History and aesthetic of folk music”. He's also the author of several publications.
realization that one's roots are an undeniable part of one's future. Caste your mind to creative forces such as Leo, Traetta, Paisello, Piccinni and Mercadante. How well is it known that they came from Puglia? Domenico Modugno, born in Polignano al Mare, later moving to San Pietro Vernotico, was compelled to pass himself off as a Sicilian to be taken seriously, artistically speaking. Even today, most of the music loving public are convinced that this is his true origin. Renzo Arbore, born in Foggia, toured the world on the back of songs with strong connections to Naples, and I am led to believe that his vaste repertoire does not even have the hankering of single Puglian ditty. Matteo Salvatore, born in Apricena (Foggia) in 1925, was somewhat of a maverick, in that he sang and composed with an accent and in a dialect undeniably identified with his region. Because of his uncompromising stance and his unrelenting promotion of his
Se Matteo Salvatore fosse nato a Milano... Se Matteo Salvatore fosse nato a
di Daniele Durante*
Milano o a Torino oppure a Firenze, e avesse composto i suoi canti in italiano, avrebbe avuto sicuramente maggiore successo e visibilità. Non proprio le stesse, ma comunque maggiori opportunità le avrebbe avute se fosse nato in Sicilia o in Campania. Questo i musicisti pugliesi lo avevano capito già da secoli, pensate ai vari Leo, Traetta, Paisiello, Piccinni, Mercadante, quanti sanno che erano pugliesi? Domenico Modugno nasce a Polignano a Mare e vive
BISBIGLI NEL VENTO
successivamente a San Pietro Vernotico, ma per farsi notare è costretto a far finta di essere siciliano e ancora oggi la gente lo crede tale. Renzo Arbore nasce a Foggia ma gira il mondo con le canzoni napoletane, e credo che nel suo repertorio non ci sia neanche un canto pugliese. Matteo Salvatore nasce ad Apricena (Fg) nel 1925 e canta e compone con l’accento e il dialetto del suo paese e questo voler essere pugliese del foggiano senza scendere a compromessi lo pagherà a caro prezzo. Riporto alcuni apprezzamenti ricevuti da Matteo Salvatore: Italo Calvino: «Matteo Salvatore è l’unica fonte di cultura popolare, in Italia e nel mondo, nel suo genere. Noi dobbiamo ancora inventare le parole che dice Matteo Salvatore». Pier Paolo Pasolini: «Parole di roccia usa quell’uomo, tanto più belle perché apparentemente ingenue. Quasi partorite da un analfabeta del nostro tempo, cioè da uno che ha visto e girato tutto e proprio per questo preferisce l’indolenza». Concetta Barra: «Adoravo Matteo Salvatore perché lui mi toccava dentro. C’era della rabbia nelle sue storie e poi quella voce, quel falsetto, quel supplizio de “Lu soprastante” Insomma, Matteo quanne piglia ‘a chitarra te fa vede’ u paravise». Pino Daniele: «Matteo Salvatore è il più grosso fenomeno musicale italiano, potrebbe rappresentare la nostra musica nel mondo. La sua voce è particolarissima e di lui mi piace tutto il repertorio, ma non è un fatto di canzoni e basta: è tutto quello che emotivamente riesce a trasmettere». Goffredo Fofi: « Ogni canzone, che accompagnava con perfetta funzionalità alla chitarra, era introdotta da spiegazioni come d’uso tra i cantastorie di piazza... era un pezzo di vita contadina e di
*Daniele Durante, si diploma al Conservatorio in chitarra e si laurea in filosofia. Si interessa ufficialmente di musica popolare con la nascita, nel febbraio del ‘75 del Canzoniere Grecanico Salentino (il più noto gruppo pugliese di musica popolare) firmandone gli arrangiamenti, elaborazioni e componendone i brani inediti. È docente di ruolo di ed. musicale. Tiene il corso monografico sulle musiche e transe per l'insegnamento di “sociologia delle religioni” presso l'università degli studi di Lecce. Promuove l'istituzione del corso triennale di musica popolare presso il conservatorio di Lecce, dove insegna “musica d'insieme” e “storia ed estetica della musica popolare”. È autore di numerose pubblicazioni.
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roots, culture and language, national and perhaps even international fame and recognition eluded him. A heavy price to pay, nonetheless, a lament echoed by his many adoring fans, numbering well know Italian contemporaries, influenced by his style, and full of praise for his accomplishments: Italo Calvino: “Matteo Salvatore is a unique source of popular culture in Italy and in the world, in his field. We still need to invent the words which Matteo Salvatore used to express his feelings.” Pier Paolo Pasolini: “Matteo Salvatore uses harsh and critical words which appear beautiful at first, seemingly harmless, commonplace and simple. Words born almost from out of an illiteracy of our times, which is to say, from someone who saw and did so many things, and so preferred indolence”. Concetta Barra: ”I absolutely worshipped Matteo Salvatore because he was able to touch me so profoundly and intimately. There was the anger in his anecdotes, and then there was that voice, that falsetto and that tortured imploring of “ Lu Soprastante”. The fact remains that when he picked at the strings of a guitar, he made you see heaven.” Pino Daniele: “Matteo Salvatore is the greatest Italian musical phenomena, he could be the face of our music in the world. His voice is very special and unique and I like his entire musical repertoire, however it's not just about the songs themselves, but also the emotion and feeling he is able to communicate and the weight he gives them. Goffredo Fofi: “Each and every song accompanied perfectly on the guitar, was introduced by way of an explanation as was the norm with ballad-singers on the local square, it was a slice or even a snapshot of rural life in Puglia, still recovering from years of struggle and starvation. With an impressive array under his belt in terms of range and intensity, Matteo was our Woody Guthie, waiting for an Alan Lomax he never met. Fabrizio Zampa: “As far as I am concerned, Matteo was a bit like our version of the black soul singers. His upbringing was definitely disadvantaged. He was a daily labourer who sang of the realities of everyday existence. He was one of the few singers who did not commercially exploit popular folk music and song. And then he was really totally off his head. Crazy. And brilliant ... someone who lived life according to his own rules in every way. However when he sang he took you and just blew you away because he is just superb, such a force… If only he had been born in Mississipi..” What is Matteo Salvatore lacking, that the recognition, his due, eluded him so? It is easy to moan and blame “The System” promoting ideals and images of unrealistic worlds, far removed from the reality and concreteness described by Matteo Salvatore and which drained all his strength in resisting all its temptations, from which he sought to distance himself. How does one then explain the immense widespread appeal and appreciation of black music and songs throughout the world? Perhaps the slaves stopped their moaning and groaning, and “got with the program” spreading their music by putting it out under black music labels, to which was added their realisation that without continued and sustained support, their “product“ would not reach its market. When I began to play the guitar and became involved in popular folk music, I drew inspiration from Matteo Salvatore in my musical arrangements. Even today I use two of his cords MI and SI7, simple and exceptional. However, his contribution is really not all that well known as his records being hard to track down, his earlier pressing are actually out of production, forever lost. A double-edged, bitter-sweet conundrum drives us to consider the outcome of: If only Matteo Salvatore had been born in Milan!
BISBIGLI NEL VENTO paese nella Puglia degli anni ancora recenti della lotta e della fame. Una produzione vastissima, formidabile per varietà e intensità. Matteo era il nostro Woody Guthrie, in attesa di un Alan Lomax che non ha mai avuto». Fabrizio Zampa: «Per me Matteo è un po’ come un negro nostro. E’ un uomo che viene da una condizione sociale bassissima (era bracciante) e che canta le cose vere. E’ uno dei pochi cantori che non si sono serviti del folk per commercio. Poi è completamente folle. E’ uno geniale... E’ uno che vive come gli pare (genio e sregolatezza) a tutti i livelli, però quando canta… ti prende e ti ammazza perché è stupendo... se fosse nato nel Mississippi…». Cosa manca a Matteo Salvatore per avere il giusto riconoscimento che gli spetterebbe? Sarebbe facile mettersi a piangere e condannare il “sistema” che promuove modelli lontani dal mondo descritto da Matteo, ed affossa tutti gli sforzi che tentano di allontanarsene. Come giustificare allora la diffusione in tutto il mondo dei canti di lavoro degli schiavi neri? Forse gli schiavi neri avranno smesso di piangere ed hanno saputo fare le loro case editrici, le loro industrie discografiche ed hanno capito che senza supporto il “prodotto” non trova “mercato”? Quando ho cominciato a suonare la chitarra ed occuparmi di musica popolare ho tratto ispirazione da Matteo Salvatore nel fare i miei arrangiamenti, e ancora oggi trovo l’uso della chitarra di Matteo, nella semplicità dei due accordi di MI- e SI7, eccezionale. Ma questo lo sappiamo in pochi, anche perché i suoi dischi sono difficili da reperire, ed i primi addirittura introvabili. Di quale tipo di aria da friggere parleremo in Puglia nel 2007? …Se Matteo Salvatore fosse nato a Milano!
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