Gusto di Puglia

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ED I TO RI AL E

Nel cuore di ogni primavera c'è un'estate palpitante e dietro la nera cortina della notte si nascondono ricami di stelle e bagliori di luna, poi splendide aurore. Terra e mare, cibo e riti, antichi gesti, luoghi. Passione profonda per coltivare il gusto. Fantastico errare, ospitalità vera, contaminazioni, suoni. Continuiamo a viaggiare e a scoprire questa terra scossa dal vento, bagnata dall'Adriatico e dallo Ionio, attraverso profumi, sapori, signore e signori, uomini e donne di grande estro. A far l'alba vorrei ritrovarti, semplice e bella, amata terra mia! There is a vibrant summer in the heart of any spring, laceworks of stars and glows of the moon hide behind the dark curtain of the night and then splendid dawns. Land and sea, food and rites, old gestures, places. Deep passion to cultivate the taste. Fantastic wandering, real hospitality, contaminations, sounds. We are going on travelling and discovering this windswept land, on the Adriatic and Ionian Seas, through smells, flavours, very creative men and women. I would like to find you again in the dawn, my beloved land! Gianni Sportelli



SOMMARIO GUSTO DI PUGLIA rivista bimestrale

Registrazione presso il Tribunale di Lecce del 19 dicembre 2006 n° 952 è vietata la riproduzione anche parziale di testi, delle foto e delle illustrazioni se non autorizzata dalla direzione.

EDITORIALE

pag. 1

numero 5 – anno II

SCEGLIERE VINO PROGETTO EDITORIALE

SERGIO D’ORIA DIRETTORE RESPONSABILE

GIANNI SPORTELLI

Nero di troia. Vitigno autoctono della Murgia

di Gianni Sportelli

pag. 4

ORIZZONTE VERDE Cappero: chioma infiorata di sposa

pag. 12

di Annalisa Bari

REDAZIONE

RITA PERRONE ANGELO SIRSI SEGRETERIA DI REDAZIONE

7TERRE Global Service via Nino di Palma, 112 – 73012 Campi Sal.na (LE) tel./fax 0832/793781 e-mail info@7terre.it

GUST-ARTE Il tombolo, antica arte, pizzi di rara bellezza

di Teresa Romano

pag. 18

PUGLIA DA GUSTARE Carciofo brindisino, nobile ortaggio

di Federica Sgrazzutti

pag. 26

PUGLIA DA GUSTARE FOTO/ILLUSTRAZIONI

PHOTOGRAFIKA STUDIO - Lecce GIANNI ZANNI

Olio extravergine, oro liquido di Puglia

di Sergio D’Oria

pag. 34

MEDMARE

SI RINGRAZIA PER LE FOTO CONCESSE

Il polipo, fantastica presa di

ORESTE FERRIERO PROFESSIONAL PHOTO VIDEO di S. Spagnolo FOTO QUELLE di Messa Pasquale

INCONTRI DI GUSTO Emilio Solfrizzi

pag. 44

Sergio D’Oria

pag. 52

di Alessandro Stajano

PROGETTO E DIREZIONE ARTISTICA

MAURIZIO D’ANNA IMPAGINAZIONE

LE VIE DEL PANE La fecàzze. Focaccia barese

pag. 58

di Gianni Sportelli

RITA PERRONE

METE STAMPA

EDITRICE SALENTINA - Galatina (Le) PUBBLICITÀ

REGIONE PUGLIA Assessorato alle Risorse Agroalimentari PROVINCIA DI LECCE UNIONCAMERE BARI PROVINCIA DI FOGGIA Assessorato alle Risorse del Territorio SI RINGRAZIA PER LA COLLABORAZIONE

FORNO ANTICO di Carlucci Cesare PIERO D’ERRICO MICHELE GRECO MARCELLO LONGO SANTORO Srl di Giuseppe Santoro MACELLERIA SANTE MENGA ASSOCIAZIONE“NON SOLO FILI” ALESSIO PERRONE AZIENDA ARGENTIERI IMPORT-EXPORT di Argentieri Donatiello I RISTORANTI SONO SEGNALATI DA SLOW FOOD PUGLIA TRADUZIONI

MARIA RITA MIGNONE

Santa Maria di Cerrate, borgo basiliano di Alessandro Stajano

pag. 64

METE Polignano a Mare, semplicemente meraviglioso

di Alessandro Stajano

pag. 70

ORIZZONTI FIORITI Gladioli, fiori che volgono lo sguardo di Marco Maci

pag. 78

PUGLIA MADRE La bombetta, esplosione di sapori

di Federica Sgrazzutti

pag. 84

BISBIGLI NEL VENTO BandAdriatica, musica senza confini

di Sabrina Sansonetti

pag. 90

RICETTE Filetto di asino al Nero di Troia

pag. 10

Maltagliati al Basilico con carciofo, gamberoni e branzino di amo

pag. 32

Orecchioni di prete con cime di rape e crostoni cotti all’olio extra-vergine

pag. 42

Polpo arrosto su insalata di puntarelle, pomodori confit e melanzane

pag. 50


Nero di Troia. Autochthon vine of Murgia Vitality and energy, vibrant strength, enjoyable and persuasive red wine, shocking flavour.

Nero di Troia is a very old species of vine. Probably it was brought by the Greeks in the heart of Enotria two thousand years ago. It is grown up mainly in Bari and Foggia areas. The legend tells that its name comes from the town of Troy from where it was imported by the Greeks landed in Apulia. The word "Enotrio" probably derives from the Greek "oinos" (wine) and means land rich in vineyards. For this reason Greeks named Southern Italy Enotria (land of wine). What is an autochthon vine? It is a variety of vine probably linked to a determined land, to its local history, its culture and climate, often for origin or at least for a long cultural tradition. They are often rare vines because neglected or doomed to die out, “wreck� of an oenological past full of varietal varieties. They are


Nero di Troia. Vitigno autoctono della Murgia di Gianni Sportelli Vino rosso di razza, vitalità ed energia, potenza vibrante, piacevole e suadente, al palato sconvolgente.

Il Nero di Troia è un vitigno antichissimo, probabilmente portato dai Greci nel cuore dell'Enotria due millenni or sono. E'coltivato soprattutto nel barese e nel foggiano. La leggenda vuole che quest'uva debba il suo nome alla città di Troia, dalla quale fu importata ad opera dei Greci che sbarcarono in Puglia. Il termine "Enotrio" deriva probabilmente dal vocabolo greco "oinos" (vino) e significa territorio ricco di vigneti. Da questo termine derivò quello di Enotria (terra del vino) con cui i Greci indicavano l'Italia meridionale. Cos'è un vitigno autoctono? E' una varietà di vite presumibilmente legata, spesso per origine o almeno per lunga tradizione colturale, ad un determinato territorio, alla sua storia locale, alla sua cultura e al suo clima. Il più delle volte si tratta di vitigni rari perché in via d'abbandono e dunque destinati alla scomparsa, “relitti” di un passato enologico ricco di diversità varietale. Sono il frutto dell'adattamento a nicchie ecologiche e pedo-cli-

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the result of the adaptation to ecological and pedoclimatic niches. They are grapes with numerous colours, aptitudes, characteristics integrated in a traditional agrarian system where the varietal variety is a biological and cultural patrimony. Those who have never been in Murge are impressed and charmed by the landscape: wavy hills with a very low sky that seems to brush them. A unique mood: white rocks and stones appear everywhere, the houses and the lands under cultivation are very rare. Somewhere, in the hollows between the hills, where the soil erosion has gathered a little fertile soil, real blades of green can be seen, where the farmer has managed to grow some row of vines, strong olive trees or orderly rows of vegetables for soups, sheltered by dry walls built with the stones found into the ground by the hoe and the plough. The landscape is more gentle near the coast: gentle and fertile slopes and vineyards and olive groves replace the tops. Here are the rows of the Nero di Troia, caressed by the winds, lying on gentle hills, planted at spurred cordon and at guyot, near Canosa and Andria as far as the Capitanata, dominated by the wonderful sight of Castel del Monte (built by the Emperor Frederic II, “Stupor mundi�, in the thirteenth century) in order to develop luxuriant foliages as the grapes grow up. It has very abundant, pyramid bunches, they are very compact and purple. Its wine is rich ruby, brilliant and lively, in the nose it is particularly complex with fresh fruit flavours of blackcurrant, blackberry and cherry, with spiced flavours of orange-blossoms near the Capitanata. Its taste is sharp, tannic, dry with a medium acidity. In the mouth it is well balanced and elegant, with fruit and spiced flavour (sometimes of wood) some cru are superb for their extraordinary complexity. The leaves are green with lighter venations, the grapes are purple and form a middle sized bunch, relatively compact, cone-cylinder shaped with wings; the spheri-


matiche. Uve dai numerosi colori, attitudini, e caratteristiche integrate in un sistema agrario tradizionale, dove la diversità varietale è patrimonio biologico ma anche culturale. Chi non è mai stato nelle Murge rimane impressionato e catturato dal paesaggio: colline ondulate con il cielo bassissimo che pare sfiorarle. Un'atmosfera unica: rocce e pietre bianchissime spuntano praticamente dappertutto, le case sono rarissime e le coltivazioni ancora di meno. Ogni tanto, negli avvallamenti tra i rilievi, dove l'erosione dei suoli ha accumulato un po' di terra fertile, si intravedono delle vere e proprie lame di verde, dove il contadino è riuscito a far crescere qualche filare di vite, robusti olivi o ordinati filari di verdure per la minestra, al riparo di muretti a secco che venivano costruiti con le pietre che la zappa o l'aratro rinvenivano di tanto in tanto nel terreno. Avvicinandosi alla costa pugliese il panorama si addolcisce: i cucuzzoli lasciano spazio a dolci e fertili pendii e alla coltivazione della vite e degli ulivi. E' qui che accarezzati dai venti, poggiati su lievi alture, trovano linfa i filari del nero di Troia, impiantati a cordone speronato e a guyot, intorno a Canosa e Andria spingendosi fino in Capitanata, dominati dalla vista spettacolare di Castel del Monte (costruito dall'imperatore Federico II, “Stupor mundi”, nel secolo XIII) per sviluppare rigogliose chiome man mano che crescono le uve, quasi a catturare dalle fondamenta di quest'opera buone capacità di vigoria proprie del vitigno.

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cal grapes are blue-purple and pulpy with a tough and pruinose peel. They ripen by the early of October. Only recently people are appreciating it because making it in purity, wines of great value can be obtained. The discovery and the appreciation of the autochthon vines give great and pleasant surprises, even on the market. It is an elegant, powerful and great quality wine that can be compared with more titled wines. In the next years, together with other autochthons, it will uphold the honour of the taste of the Apulian wines still further.


Ha grappoli molto abbondanti a struttura piramidale, molto consistenti e di colore violetto. Il suo vino si presenta di un bel rubino intenso, brillante e vivace, al naso particolarmente complesso, con fresche note fruttate di ribes, mora e ciliegia, fino a note speziate e di zagare avvicinandosi alla Capitanata. Ha un sapore deciso, tannico, asciutto e di media acidità. Al palato è equilibrato ed elegante, con gusto fruttato e speziato talvolta di legno, alcuni cru sono superbi per la loro straordinaria complessità. Tipiche le foglie verdi striate da nervature più chiare e gli acini violetti che compongono un grappolo, anch'esso di medie dimensioni, relativamente compatto, di forma conico-cilindrica con ali; gli acini di forma sferoidale e dal colore blu-violetto hanno polpa carnosa avvolta da una buccia spessa e pruinosa, matura all'inizio di ottobre. Solo negli ultimi tempi inizia a ricevere i giusti riconoscimenti, perché vinificandolo in purezza si ottengono vini di assoluto pregio. La scoperta e la valorizzazione dei vitigni autoctoni regala grandi e piacevoli sorprese, anche sui mercati. Un vino di grande qualità e potenza oltre che di grande eleganza, capace di reggere confronti importanti con vini molto più blasonati e che nei prossimi anni insieme ad altri autoctoni si esprimerà ad alti livelli, portando ulteriormente agli onori il gusto e il vino di Puglia.

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la ricetta

DONKEY’S FILLET WITH NERO DI TROIA

FILETTO DI ASINO AL NERO DI TROIA

Ingredients for 4 people:

Ingredienti per 4 persone:

4 donkey's fillets

4 Filetti di asino

Extra virgin olive oil

Olio extra vergine d'oliva

For the stuffing:

Per la farcitura:

200 gr. pecorino primo sale

gr. 200 di Pecorino “primo sale”

Thyme, rosemary, wild myrrh.

Timo, rosmarino e finocchietto selvatico

For the sauce:

Per la salsa:

half a litre of Nero di Troia wine

1/2 litro di Nero di Troia

100 gr. sugar

gr. 100 di zucchero

Salt to taste.

Sale q.b.

Cut the fillet into four slices making a pocket. Fill it

Scaloppare i filetti in quattro tranci formandone una tasca. Lavare e tritare le erbe aromatiche, aggiunge-

with the chopped herbs and the pecorino “primo

re il pecorino “primo sale” e farcire la carne prece-

sale”.

dentemente scaloppata.

Fry the floured fillets in a pan with olive oil and bake

In una padella riscaldare l'olio extra vergine d'oliva,

them for 10 minutes into hot oven.

infarinare i filetti e scottarli, ultimando la cottura in

In the same time, caramelize the sugar with herbs

forno per dieci minuti.

and wine. Salt and strain the sauce.

Nel frattempo, mettere in una casseruola lo zucche-

Serve the fillets on the velouté of Nero di Troia gar-

ro con un pugno di erbe aromatiche e lasciare cara-

nished with thyme and rosemary

mellare. Sfumare con il vino, far restringere il tutto, salare e filtrare la salsa ottenuta. Disporre al centro del piatto la vellutata al Nero di Troia ed adagiare i filetti. Infine, guarnire con un mazzetto aromatico di rosmarino e timo.

Ricetta degli chef Nicola Maino e Gianluca Ferri del ristorante “Masseria Barbera” di Minervino Murge (Ba)




CAPPERO,

chioma infiorata di sposa di Annalisa Bari Bushes of capers, small white scented flowers

Cespugli di capperi, fiori piccoli, bianchi, profumati

are silhouetted like a lace against the stones of a

che si stagliano contro le pietre di un muretto a

dry wall.

secco, sembrano disegnare un merletto.


The green caper stretches graceful and lonely on the rocks, on the cliffs high up above the Adriatic Sea, from Capo Leuca to Castro, on the cracks of the ancient walls, on the top moulding of ruined towers, sheltered by the old wells in Salento countryside. The shining leaves on the long hanging stems hide small brown hearts that open with bright flowers with large petals and shaded pink and violet thread-like stamens. The popular fantasy of low Salento compares the tuft of the caper to a bride's hair covered with flowers, ready for her wedding, who will never meet her bridegroom, swept away by the storm while he is preparing to reach his beloved for their wedding. In despair, still dressed up, she will take shelter in a tower, untying her hair as a sign of grief and will let herself die. Her hair will begin to grow wild from the cracks of her last house and will wave in the breeze and in the wind, where the hand of her man will never reach her. “You will never see the flower of a picked caperâ€?. It is the translation from an ancient dialect saying, referring to the girls' virginity, the more beautiful they are, the more innocent they are. But someone picks the capers' buds for their sour and strong flavour that is very important in gastronomy, satisfying sight and taste. The small brown buds, patiently cut off, one by one, from their pedicels, dried salted and then renovated in vinegar, are the precious ingredient that gives particular taste to mixtures for stuffing, to savoury sauces for boiled meat, to salads and canapĂŠs. In Apulia they are largely used. The jars of pickled capers make a fine show in the supermarkets, in the private kitchens, in the sandwich bars and in the restaurants, as a promise of tasty dishes and picturesque dressings. The caper (capparis spinosa) is an evergreen shrub native to Mediterranean basin and to Central-southern Asia. Its stem has a woody base and a grassy upper part with a falling branching that can even be three meters long. Its leaves are round, dark green, pulpy and waxy. It prefers poor, sandy, rich in lime and with a good drainage soils. It loves warm climates, sunny places and it is difficult that it is attacked by parasites.


Verdeggia flessuoso e solitario sulle rocce, sulle scogliere a picco dell'Adriatico, da Capo Leuca a Castro, sulle crepe delle antiche mura, sulle cimase di torri dirute, a ridosso dei vecchi pozzi nella campagna salentina. Le foglie brillanti sui lunghi steli cascanti, nascondono i piccoli cuori bruni che, non raccolti, si schiudono in luminosi fiori dai grandi petali e stami filiformi bianchi, sfumati di rosa e di violetto. La fantasia popolare del basso Salento accosta il cespo del cappero ai capelli infiorati di una sposa preparata per le nozze, che mai incontrerà il suo sposo, travolto da una tempesta, mentre per mare si accinge a raggiungere l'amata per il rito nuziale. Lei, la promessa, disperata, si rifugerà ancora agghindata in una torre, scioglierà e agiterà i capelli in segno di lutto, e si lascerà morire. La sua chioma spunterà selvaggia dalle crepe dell'ultima dimora e ondeggerà nella brezza e nel vento, laddove mai potrà raggiungerla la mano dell'uomo. “Del cappero raccolto non vedrai mai il fiore”. E' la traduzione dal dialetto di un antico adagio, con riferimento alla illibatezza delle fanciulle, tanto più belle quanto più caste. Ma i boccioli del cappero c'è chi li raccoglie, eccome, per il loro aroma acre e forte che tanta parte occupa nella gastronomia, accontentando vista e gusto. I piccoli boccioli bruni, staccati pazientemente ad uno ad uno dal peduncolo, essiccati sotto sale e poi rinnovati nell'aceto, costituiscono il prezioso ingrediente che infonde particolare sapore ad impasti per ripieni, a salse sapide per bolliti, a insalate e tartine. In tutta la Puglia se ne fa largo uso. I vasetti di capperi sotto aceto fanno bella mostra di sé nei supermercati come nelle cucine private, nelle paninoteche come nei risto-

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Both its buds and its fruits, grown bigger after the flowers fall, are edible: the “cucunci”, or big capers, must be picked when they are still unripe and kept with the same method used for the capers. The root's bark is used in herbal medicine for its diuretic and protective of blood vessels properties. It is used to treat the gout, the haemorrhoids and the varices. The dry extracts from the fruit, together with olive oil, have antioxidant cutaneous and antiphlogistic properties useful for allergic dermatopathies. Since ancient times aphrodisiac properties have been given the caper and for this reason many dressings have been invented to turn its bitter, sourish and disagreeable nature into a tasty and desirable taste. Among the various uses in gastronomy, the best is the sauce in olive oil: capers, parsley and anchovies chopped together are a perfect dressing for boiled meat and fish and make canapés and hard-boiled eggs tasty. The capers add Salento tastes and colours to “caponatas”, pizzas and “frisas” with tomato.


ranti, promessa di gustosi piatti e di pittoreschi condimenti. E' sempreverde il cappero (capparis spinosa) arbusto originario del bacino del Mediterraneo e dell'Asia centro-meridionale. Ha fusto legnoso alla base ed erbaceo nella parte superiore, con ramificazioni ad andamento cascante che possono raggiungere anche la lunghezza di tre metri. Le foglie sono arrotondate di color verde scuro, carnose e cerose. Predilige terreni poveri, sabbiosi, ricchi di calce e dotati di buon drenaggio, ama climi caldi e posizioni soleggiate, difficilmente viene attaccato da parassiti. Sono commestibili sia i boccioli, come si è detto, sia i frutti che ingrossano dopo la caduta dei fiori: i cucunci o capperoni, che vanno raccolti ancora acerbi e conservati con la stessa tecnica dei capperi. La corteccia della radice è usata in erboristeria per le sue proprietà diuretiche e come protettrice dei vasi sanguigni. Viene utilizzata per la cura della gotta, delle emorroidi e delle varici. Gli estratti secchi da frutto, associati all'olio d'oliva, hanno proprietà antiossidante cutanea, antiflogistica, valida nelle dermopatie allergiche. Sin dall'antichità al cappero sono state attribuite proprietà afrodisiache, per questo sono stati inventati vari trattamenti per renderlo appetibile e gustoso, essendo in natura amaro, acidulo e sgradevole. Tra tutti i vari impieghi in gastronomia, fa da regina la salsa in olio d'oliva, un trito di capperi prezzemolo e acciughe, che bene si accompagna a carni e pesci bolliti, e rende appetitose tartine e uova sode. Una pioggia di capperi su caponate, pizze e frise al pomodoro aggiunge un tocco di colore e di sapore. E perché no, di salentinità.

ORIZZONTE VERDE

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IL TOMBOLO,

antica arte, pizzi di rara bellezza di Teresa Romano

Extraordinary filigree made of yarn and knots, work of art telling the passing of the time.

Arte straordinaria, quella di creare merletti, filigrana fatta di filo e nodi, opere d'arte che raccontano lo scorrere del tempo.


Tick...tock, tick...tock, tick...tock… if you stop a moment you can still hear the the clashing of the bobbins when the thread interlaces with other threads. They are the Salento embroiderers who work a delicate lace used to enhance the bottom drawers the brides will bring as a dowry. They sit bending over their bolster pillow, put on a basket or on a kind of wooden

stand, working with their skilful hands in courtyards and in doorways, in the warm summer afternoons. If you go near them, you can hear their gossip: they speak of “girate”, crosses, plaits, simple picots, plain stitch, tent stitch, lattice stitch, “mostaccio” stitch, “armelletta”, bobbins, patterns, palmettos, fillets, “retine”, crochet hooks, yarn. They talk about pins that must be made of nickel-plated brass or stainless steel in order to avoid rush that can damage the yarn irreparably. These very skilful Salento women talk and work on the “tombolo”, a pillow, a small cylinder lined with a dark fabric, stuffed with a particular hay, sedge, on which there is the pricking card representing the pattern of the lace that must be worked out. The pattern is mainly geometrical and must be realized by basic stitches. On this sample, the bobbins cross amongst themselves, forming different modules: tulle stitch, net stitch, until the lace with the pattern reproduced beneath is obtained by a miraculous turning of the clever lace makers' very deft hands. Deft hands and years of work produce real masterpieces varying from region to region in shapes and interpretations, enriching, with years, their value and charm. Nowadays, as long ago, the pillow laces are used both as a decoration of tablecloths, curtains,


Tic… tac, tic… tac, tic… tac… se vi fermate un momento lo sentite ancora il ritmo scandito dal movimento in caduta dei fuselli, quando il filo si intreccia ad altri fili. Sono le ricamatrici salentine che nei cortili e sull'uscio delle loro case, nei caldi pomeriggi d'estate, sedute chine sul tombolo, appoggiato su un cesto di vimini di forma ovale o su un supporto da terra in legno, con le loro abili mani lavorano delicati merletti per impreziosire i corredi che le spose porteranno in dote. Se vi avvicinate un po', lo sentite il vociare di queste donne e ne captate le parole. Parlano di girate, incroci, trecce, pippiolini semplici, punto tela, mezzo punto, punto graticcio e punto a mostaccio, armelletta, fuselli, disegni, palmetti, filetti, retine, uncinetti, filo. Discutono animatamente sugli spilli che non devono essere in ferro ma in ottone nichelato o in acciaio inox 18//10 per impedire l'ossidazione o, nei casi peggiori, la ruggine che rovinerebbe in modo irreparabile il filo. Parlano e lavorano queste donne salentine, abilissime - come su una tastiera di pianoforte - si muovono sul tombolo, cuscino a forma di rullo o circolare, imbottito di crine vegetale, foglie secche o segatura, su cui viene posto un cartone forato con lo schema del disegno del merletto che si vuole realizzare. Disegno principalmente geometrico, da realizzare con i punti fondamentali. Su quello “spartito” si dà il via al lancio e alla ripresa dei fuselli, con movimenti incrociati con cui si avvolgono, dando luogo a passate con le quali si possono formare motivi diversi: a grata, a tulle, ecc. In un girare miracoloso delle agilissime dita dell'abile merlettaia. Abili mani, abbinate ad anni di lavoro, danno vita a veri e propri capolavori che variano da regione a regione per soggetto ed interpretazione, ma che non perdono, nel tempo, neanche un briciolo del loro valore (anzi, lo accrescono) e del loro fascino. I merletti realizzati con la tecnica del tombolo, infatti, sono utilizzati, oggi come un tempo, come decorazione di tovaglie, tende, lenzuola, come abbellimento per parti d'abbigliamento o come vere e proprie opere artistiche.

GUST-ARTE

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sheets, and as an embellishment for clothes: a real work of art. The techniques of tombolo are numerous and pillows and bobbins change from country to country. In Italy itself we can find different techniques and different tools for this kind of work. The countess Cora di Brazza used to say that the “Pugliese� stitch was similar to the Russian or Romanian lace. In Friuli Venezia Giulia the tombolo is a cylindrical pillow lined with a green fabric in order not to strain women's eyes; in Valle d'Aosta tombolo is lined with tartan and women work without the pattern because they follow the tartan as a sample. The pattern (a heliography, a simple photocopy or a piece of paper) is fixed on the pillow, but it is covered with a sticky sheet of green anti-glare acetate. It is used to protect the lace from possible leakages of colour of the


Numerosi sono i tipi di lavorazione al tombolo e tantissime le varianti di tomboli e fuselli, diversi da paese a paese, da nazione a nazione, cosa che si riscontra anche nella stessa Italia. La contessa Cora di Brazza diceva che il “punto pugliese” assomigliava nella foggia ai ricami russi e rumeni. Sul tombolo si applica il disegno che può essere un'eliografia, una fotocopia semplice oppure un cartoncino. Il disegno prima di essere fissato al tombolo viene ricoperto con un foglio adesivo di acetato antiriflesso e colorato in verde. Questa pellicola serve per proteggere il pizzo da eventuali perdite di colore del disegno; fra la tela del tombolo e il disegno si inseriscono due o tre fogli di giornale, per dare una base di appoggio più consistente e più resistente agli spilli che tengono il pizzo fissato al tombolo ed impedire la rottura del disegno a causa del loro posizionamento, che verrà mantenuto tale sino alla fine del lavoro. Il pizzo si realizzava una volta con filo di lino o seta; oggi con svariati tipi di materiale: dal cotone alla lana, alla canapa, ai filati sintetici fino ad arrivare ai vari tipi di metallo come rame, ottone, alluminio e argento. L'origine di questa antica arte è quasi sicuramente italiana, anche se la letteratura al riguardo è molto scarsa. Su alcuni documenti lombardi risalenti al 1400 si fa riferimento

GUST-ARTE

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pattern. Two or three sheets of paper are put between the pillow and the pattern in order to have a base hard enough to allow the pins to stick into it without tearing the pattern. Once the thread was a linen/flax or silk yarn; nowadays cotton, wool, hemp, synthetic yarn and even copper, brass, aluminium and silver yarns are used. The origin of this ancient art is almost surely Italian, even if we have little literature about it. Some Lombard documents of 1400 make reference to tombolo lace, but its origin can be even older in fact many tools similar to bobbins made of bone have been found in an Etruscan tomb. The lace was widespread in church dowries and as a decoration and embellishment for nobles' houses and clothes. The tombolo has become a popular art by 1800. Since the first years of their childhood, little girls learnt the art of pillow lace in their family or in convents. In spite of progress and technology, nothing has changed in this art still keeping all its traditions and old techniques in its execution. In Lecce the “ Non solo Fili� association is active in preserving this ancient tradition that goes on in Bari, Brindisi, Maglie, Taranto and other small Salento towns.


ad un lavoro fatto con il tombolo, ma molto probabilmente l'origine è molto più antica: basti pensare che persino in una tomba risalente al periodo etrusco sono stati rinvenuti in gran numero oggetti in osso di forma e dimensioni simili ai fuselli ancora in uso. Oltre che per ornamenti sacri, infatti, questa tecnica di ricamo era molto usata per impreziosire le abitazioni e l'abbigliamento dei nobili. Il pizzo al tombolo divenne arte popolare intorno al 1800. Fin dai primi anni dell'infanzia le bambine imparavano in famiglia o nei conventi l'arte dei merletti e, nonostante l'avanzare del progresso e della tecnologia, nulla è cambiato in quest'arte che ancora conserva nella sua esecuzione tutte le sue tradizioni e antiche tecniche. A Lecce l'associazione “Non solo Fili” porta avanti l'antica tradizione con l'attività merlettaia e la tradizione continua a Bari, Brindisi, Maglie, Taranto e in tanti altri piccoli centri del Salento.

GUST-ARTE

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Carciofo brindisino, nobile ortaggio “The artichoke with a tender heart dressed up like a warrior, standing at attention, it built a small helmet. Under its scales it remained unshakeable, ...”

di Federica Sgrazzutti

“Il carciofo dal tenero cuore si vestì da guerriero, ispida edificò una piccola cupola, si mantenne all'asciutto sotto le sue squame, …” da Ode al Carciofo di Pablo Neruda

from Ode to the Artichoke by Pablo Neruda


In the first months of the year, the artichoke is the unopposed king of the table, not only because it can be served in an incredible variation of dishes, but for its peculiar aspect. It can be defined a superb vegetable with its long stalk and a head of smooth and pulpy leaves, close together to protect the internal inflorescence. Even its taste is superb, especially the one of Brindisi artichoke, a variety famous for its unrivalled taste and the tenderness of its leaves. It is easily recognisable: it is green with purplish streaks. Its leaves tend to open out a little but this aesthetic detail does not invalidate the excellence of the product. The research of “the beauty at any cost” on the market stalls, is often a disappointing strategy to the detriment of high quality local productions. The Brindisi artichoke wants a mild climate and mean mixture, well drained and deep soils: for this reason the best harvests are made in those areas enjoying directly the sea effect and rarely the frost assault. In fact one of the most productive areas is San Vito dei Normanni, few kilometres far from the Adriatic sea. The phases of the artichoke's life cycle provide that the propagation of plants happen in two ways: through the “carducci” (buds growing at the base of the plant) or through the “ovules”. In the first case, in September, after the summer fallow period, the artichoke gardens are irrigated and six or seven “carducci” sprout from the “mother” plants. They are removed with a part of their root and put in another soil where they form new plants. Thanks to this “scarducciatura”(thinning out), the artichoke garden regains its best productive conditions. In the second case, the ovules (buds of different sizes formed at the base of the underground stalk) are bedded out in October-November and from them the “carducci” sprout. The harvest-time of the early artichokes starts in November and goes on till May, finding its apex in January, February and March. The reaping of the artichoke from its plant must be


Nei primi mesi dell'anno, il carciofo è il re incontrastato della tavola, non solo per la frequenza con cui viene servito o per le molte ricette delle quali è protagonista, ma per il suo stesso aspetto. Verrebbe da definirlo un ortaggio superbo, con quel suo lungo gambo sormontato da un capolino di foglie lisce e carnose, strette tra loro per proteggere l'infiorescenza interna. E superbo lo è certamente per il suo sapore, specie se si parla del carciofo brindisino, varietà che, a detta degli agricoltori, non ha eguali per il suo gusto unico e per la tenerezza delle sue foglie. Questa qualità di carciofo è facilmente riconoscibile: si presenta, infatti, con una colorazione verde a striature violacee. Chi se ne intende sa che non ci si deve lasciar ingannare dalle foglie che, con facilità, tendono ad aprirsi un po': questo dettaglio “estetico” non inficia affatto la bontà del prodotto. La ricerca del “bello ad ogni costo”, sui banchi del mercato, non sempre si dimostra una strategia vincente e va a scapito di produzioni locali di qualità. Il carciofo brindisino richiede un clima mite e terreni a medio impasto, profondi e ben drenati: è per questo che i migliori raccolti si hanno in quelle località che godono, in maniera diretta, dell'influsso del mare e che di rado subiscono le aggressioni del gelo. Non a caso, una delle più importanti realtà produttive regionali si trova a San Vito dei Normanni, ad una manciata di chilometri dall'Adriatico. Per scoprire quali siano le fasi del ciclo di vita della pianta di carciofo, bisogna

PUGLIA DA GUSTARE

cominciare con una precisazione; la propagazione vegetativa può avvenire in due modi: per carducci o per ovoli. La prima prevede che, nel periodo di settembre, quando vengono irrigate le carciofaie dopo il periodo estivo di riposo e dalla pianta “madre” spuntano sei o sette carducci (germogli che crescono alla base della pianta), questi vengano asportati con una porzione di radice e posizionati in un altro terreno, da cui, perciò, nasceranno nuove piante di carciofo. Grazie al

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rigorously manual: in fact only the hand of the man is able to find the right point where it can be cut, in order to prevent possible damages to the plant and to the future crops. According to the usual country times, in the morning, teams of workers harvest the artichokes in crates and send them to the plant where they are measured and washed. Mountains of splendid purplish green flowers are ready to make a fine show both in the markets and in the large-scale retail trade. Many of them are used in the food-processing industry where, cooked or raw, they are preserved in oil, their core and sometimes even part of their stalks. Just in this phase Brindisi artichoke is particularly appreciated by the consumers in fact it does not have the pink inflorescence. Its tastiness is not only in its flavour: this vegetable-rich of fibres, vitamins, mineral salts amino acids and substances of phenolic kind- presents beneficial characteristics for the body, such as antioxidant, depurative for the liver and prebiotic properties, useful for the bacterial

flora.

Besides,

the

modest calorific value makes it perfect for slimming diets.


diradamento o scarducciatura, la carciofaia d'origine riprende così le condizioni produttive ottimali. Nella seconda modalità, ad essere messi a dimora nel periodo di ottobre-novembre, sono gli ovoli, ossia gemme di grossezza diversa che si formano alla base del fusto interrato, da cui alla ripresa vegetativa hanno origine i carducci. Il periodo di raccolta dei primi carciofi inizia già a novembre e prosegue sino a maggio, trovando il suo apice nei mesi di gennaio, febbraio e marzo. Il taglio del carciofo dalla pianta è rigorosamente manuale: solo la mano dell'uomo, infatti, può sapere quale sia il punto esatto dove incidere, per evitare di danneggiare la pianta e i futuri raccolti. Secondo i consueti tempi della campagna, è al mattino che le squadre di operai lavorano nei campi, raccoglien-

PUGLIA DA GUSTARE

do in casse i carciofi destinati allo stabilimento, dove vengono calibrati e lavati. Montagne di “fiori” verde-violacei, splendidi a vedersi, pronti per far bella mostra nei mercati così come nella grande distribuzione. Ma non tutti i carciofi vengono commercializzati freschi: notevole impiego ne viene fatto nell'industria conserviera, che abitualmente mette sott'olio, cotti o a crudo, i cuori e, talvolta, anche con parte dei gambi. Ed è proprio in questo ambito che il carciofo brindisino si distingue per l'assenza di infiorescenza rosa all'interno, che lo rende particolarmente gradito ai consumatori. La bontà del carciofo non si esaurisce nel sapore: questo ortaggio, ricco di fibre, vitamine, sali minerali, aminoacidi e di sostanze di tipo fenolico, presenta caratteristiche benefiche per l'organismo, come proprietà antiossidanti, depurative sul fegato e probiotiche, utili all'equilibrio della flora batterica. Inoltre, il modesto apporto di calorie lo rende alimento perfetto nei regimi nutrizionali dimagranti.

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la ricetta

MALTAGLIATI PASTA WITH BASIL AND ARTICHOKES AND BASS.

MALTAGLIATI AL BASILICO CON CARCIOFI, GAMBERONI E BRANZINO DI AMO

Ingredients for 4 people: 300 gr. maltagliati pasta with basil 4 prawns of Gallipoli 4 artichokes of Brindisi 50 cl. extra vergin olive oil of Brindisi 300 gr. filet of bass 10 small tomatoes 1 glass of Verdeca wine 2 garlic cloves Salt and pepper to taste

Ingredienti per 4 persone: 300 gr. maltagliati al basilico 4 gamberoni di Gallipoli di media grandezza 4 carciofi di Brindisi 50 cl. di olio extra vergine di oliva di Brindisi d.o.p. 300 gr. di filetto di branzino 10 pomodorini fiaschetto 1 bicchiere di Verdeca 2 spicchi di aglio in camicia Sale e pepe q.b.

Ingredients for the Maltagliati pasta: gr. 200 semolina gr. 100 ground semolina 3 eggs 30 gr. basil pesto Some oil Work the flour with eggs and pesto, add some oil and roll out the dough. After half an hour roll it up and cut it into stripes 2cm. large. Cut the stripes diagonally into triangles 7-8 cm. long.

Ingredienti e preparazione Maltagliati: gr. 200 semola di grano duro gr. 100 semola rimacinata di grano duro 3 uova 30 gr. di pesto di basilico Olio Impastare la farina con le uova e il pesto di basilico. Aggiungere un po' d'olio e stendere la pasta in una sfoglia; lasciarla riposare per circa mezz'ora, quindi arrotolarla su se stessa e formare col coltello delle striscie di circa 2 cm di larghezza, da tagliare, a loro volta, in diagonale, in modo da formare dei triangoli di una lunghezza di circa 7-8 cm.

Fillet the bass into 4 pieces and braise them. Boil the cleaned artichokes in water and lemon juyce, then cut them into slices. Peel the prawns leaving heads and tails. Fry in a nonstick pan the garlic cloves (with its skin) with the olive oil, add prawns and artichokes, sprinkle with the white wine (Verdeca) and add the small tomatoes cut into slices. After about 2 minutes complete with the fillets of bass. Add salt and pepper to taste. Blend the boiled Maltagliati and sautĂŠ them.

Procedimento Sfilettare il branzino in 4 pezzi e brasarli in una pentola antiaderente, poi tenerli da parte. Prendere i carciofi e pulirli, lasciando il gambo; sbollentarli in acqua e limone, quindi tagliarli a spicchi. Pulire i gamberoni, sgusciarli lasciando testa e coda. Mettere l'olio di oliva extra vergine in una padella antiaderente con spicchi d'aglio in camicia. Far saltare i gamberoni insieme ai carciofi tagliati precedentemente. Bagnare con vino bianco (Verdeca) e aggiungere i pomodori fiaschetto a spicchi. Dopo aver lasciato cuocere per circa due minuti, completare con i filetti di branzino, sale e pepe q.b.. Unire al tutto i Maltagliati cucinati e saltarli.

Ricetta dello chef Vincenzo Elia del ristorante “Tenuta Moreno� di Mesagne (Br)




Olio extravergine, oro liquido di Puglia di Sergio D’Oria

Food, medicine, balsam. Taste, health and beauty. The nectar is essential in the Mediterranean diet, the tree is the protagonist of landscapes and faithful friend of the country people.

Cibo, medicamento, unguento. Gusto, salute e bellezza. Base della dieta mediterranea il nettare, protagonista dei paesaggi e compagno fedele delle genti contadine la pianta.


The world of olive oil is very particular. It is a world of sacrifice, pain, hard work. When there were neither olive tree shaker-harvesters, nor sweeping machines, when there were not the nets that have turned red the Salento olive groves, there were the “fimmene de le ulie”, women who, bent down to the ground, picked up the ripe olives fallen off the tree. “Va' coi ulie” (“go and pick up olives”) was a funny Salento idiom to tell somebody to go to hell when people were about to lose their patience. The world of olive oil is not only countryside and oil mills, but also so many activities that have developed around it, characterizing an era. Does anybody remember the “zucari” of low Salento? It was between the end of the fifties and the first years of the sixties, when in summer the dead bulrushes were picked and made them steep in full of water basins dug into the Lecce stone. Then the bulrushes were crushed with big and heavy wooden hammers that, hitting them, produced a powerful and soft sound. It was as if the wind, carrying the smell of the sea, blew all at once with an intense, last puff, like a deep sigh before the bulrush broke into many very thin filaments. Made soft by the water and the threshing, tied up to the zucari's belt, the bulrushes were skilfully weaved by the zucari, one by one, till they made a rope. And then, it was weaved again till they made a disc, a filter that had to separate the oil from the olive residue, the good from the bad. Everything had a sound, even a smell, a perfume. In the streets you could smell the intense and particular one of the steeped bulrush, that typical smell of the ropes shop, before the nylon replaced the hemp, the jute, the sisal or the Manila hemp. Apulian people must thank Jupiter who has considered the olive tree a more precious gift than the one offered by Poseidon. Olive tree has always been sacred and now a regional law protects the many ancient olive trees that characterize Apulia. According to Solon's tales, even in ancient Athens, those who uprooted or destroyed an olive tree, were sentenced to death. Certainly olive tree is a fortune because of what it can give. At Panathenea's festival, in fact, the winners were awarded prizes by the olive oil produced from the sacred olive trees of Greece. But what a sacrifice! Actually olive tree asks little for itself, while it demands a lot for its fruit and the fruit of its fruit. New technologies, new lines of production have changed the physiognomy of the ancient oil mills, the Roman


Il mondo dell'olio è un mondo tutto particolare. Un mondo di sacrificio, di sofferenza, di lavoro duro. Quando non c'erano le scuotitrici, non c'erano le macchine scopatrici, quando non erano ancora entrate in uso le reti, che hanno colorato di rosso gli oliveti del Salento, c'erano le “fimmene de le ulie”, tante donne che, curvate per terra, raccoglievano le olive mature cadute dall'albero. “Va' coi ulie” era, nel Salento un simpatico modo di dire per mandare al diavolo chi, in quel momento, ci stava facendo perdere la pazienza.

PUGLIA DA GUSTARE

Il mondo dell'olio non è soltanto campagna e frantoi, ma anche tante altre attività che intorno ad esso si sono sviluppate e hanno caratterizzato un'epoca. Chi ricorda gli zucari del basso Salento? Era la fine degli anni 50', i primi anni 60'. In estate si raccoglievano i giunchi ormai secchi, che venivano lasciati macerare in pile scavate nella pietra lec-

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trapetum. The trappitari are no longer dirty, as Verga described his Nanni “... (he was) all greasy and dirty of the oil and the olives put to ferment...� The hypogean oil mills, where men and animals lived in day-to-day symbiosis, are real archaeological monuments and oil is no longer used to feed the lamps in the north Europe towns. No longer oil to make the soap or to work the wool, as when in 1347 Florence imported 200 tons of oil from Apulia. And as the Romans built the consular road Salaria in order to make easier the salt transport, so in XVI century the Spain viceroy ordered to open a road to con-


cese e colme d'acqua. Poi pestati, con ritmo monotono e cadenzato, con grandi e pesanti martelloni di legno che, abbattendosi sui giunchi rigonfi d'acqua, procuravano un suono possente ma soffice. Era come se il vento pieno di salsedine, accumulato nel tempo, venisse fuori tutto d'un fiato con un intenso, ultimo sbuffo, profondo sospiro prima che il giunco si dividesse in tanti sottili filamenti. Resi morbidi dall'acqua e dalla battitura, legati sotto la cintola degli zucari, i giunchi venivano dagli stessi sapientemente intrecciati, uno per uno, sino a farne una corda. E poi ancora intrecciata, e poi ancora arrotolata su se stessa sino a farne un disco, un diaframma, un filtro che avrebbe separato l'olio dalla sansa, il buono dal cattivo.

PUGLIA DA GUSTARE

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nect Apulia to Naples so making faster and easier the trade of oil. Nowadays only extra virgin olive oil, not “olive oilâ€?, with delicate or fruity or strong flavour, to be tasted with vegetables and legumes, with cruditè and poisson. Even monocultivar, made from Ogliarola or from Cellina in Terra d'Otranto, from Cerasuola or Nocellara in Brindisi area or from Peranzana or Provenzale in Daunia or Cima in Bitonto or Coratina or Barese in Murge. Apulia, with 40 millions olive trees, must only have so many wonderful oils.


Tutto aveva un suono, ma anche un odore, un profumo. Per le strade si sentiva quello intenso e particolare del giunco macerato, quell'odore caratteristico che ti avvolgeva entrando nei negozi di cordami, prima che il nylon sostituisse la canapa, la juta, la sisal o la manila. Noi Pugliesi dobbiamo ringraziare Atena perché non oso immaginare cosa sarebbe stata la nostra regione se Giove avesse ritenuto più prezioso il dono di Poseidone. L'ulivo per noi è sacro da sempre, ed ora una legge regionale tutela i tanti, tantissimi ulivi secolari che caratterizzano

il

territorio

pugliese. Secondo i racconti di Solone, anche nell'antica Atene chi avesse osato sradicare o distruggere un ulivo sarebbe stato condannato a morte. Sicuramente l'ulivo è una ricchezza per ciò che può dare. Al festival di Panathenea, infatti, il premio offerto ai vincitori era l'olio d'oliva prodotto dagli ulivi sacri della Grecia. Ma quanto sacrificio! In realtà l'ulivo chiede poco per sé, mentre pretende tanto, tantissimo per il suo frutto e per il frutto del suo frutto. Le nuove tecnologie, le nuove linee di produzione hanno cambiato la fisionomia dei vecchi frantoi, i trapetum romani. Non vi è più il sudiciume che caratterizzava i trappitari, come il Nanni del Verga “…tutto unto e sudicio dell'olio e delle ulive messe a fermentare...” I frantoi ipogei, dove uomini ed animali vivevano in quotidiana simbiosi, sono veri monumenti archeologici e l'olio non è più utilizzato per alimentare le lampade delle città del nord Europa. Non più olio da adoperare per fabbricare il sapone o per la lavorazione della lana, come quando nel 1347 Firenze ne importò dalla Puglia 200 tonnellate. E come i Romani costruirono la strada consolare Salaria per agevolare il trasporto del sale, così nel XVI secolo il viceré di Spagna ordinò l'apertura di una strada per collegare la Puglia a Napoli e rendere più veloce e agevole il commercio dell'olio. Oggi solo olio extravergine di oliva, non “di olive”, dal sapore delicato o fruttato o vigoroso, da gustare su verdura e legumi, su cruditè e poisson. Magari monocultivar, ottenuto da Ogliarola o da Cellina in Terra d'Otranto, da Cerasuola o Nocellara nel brindisino, o da Peranzana o Provenzale nella Daunia o Cima di Bitonto o Coratina o Barese nelle Murge. Una Puglia con 40 milioni di alberi di olivo non può che avere tanti, tantissimi meravigliosi oli.

PUGLIA DA GUSTARE

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la ricetta

ORECCHIONI DI PRETE (PASTA) WITH TURNIP TOPS AND CANAPÉ FRIED IN EXTRA VIRGIN OLIVE OIL

ORECCHIONI DI PRETE CON CIME DI RAPE E CROSTONI COTTI ALL'OLIO EXTRA-VERGINE

Ingredients for 4 people:

Ingredienti per 4 persone:

350 gr. orecchioni

350 gr. di orecchioni

500 gr. cleaned turnip tops

500 gr. di rape già pulite

300 gr. dried broad beans

300 gr. di fave secche

150 gr. stale bread

150 gr. di pane raffermo

Extra virgin olive oil

Olio extravergine di oliva

Hot pepper

Peperoncino fresco

2 cloves of garlic

N. 2 spicchi d'aglio

For the pasta

Per la pasta

250gr. flour

250gr. di farina

Water

Acqua

Knead flour and water till they are a rather thick

Lavorare farina e acqua fino a raggiungere un impasto piuttosto compatto. Lasciare riposare per venti minuti, quindi formare gli orecchioni. Preparare, quindi, la purea di fave, per la quale è necessario che le fave secche siano state immerse in acqua fresca per ventiquattro ore. Prima di procedere alla cottura, aggiungere a fave ed acqua 5 pomo-

dough. Let it stand for 20 minutes, then make the orecchioni. Soak dried broad beans 24 hours before preparing the purée. Boil them into water with 5 small tomatoes, 2 stalks of celery, 1/2 onion, garlic and laurel on a low heat till it becomes a purée. Remove the herbs. Then, chop the stale bread coarsely and fry it in extra virgin olive oil with salt and the hot pepper. Boil some water with salt and add the turnip tops, after 6 minutes add the orecchioni. When they are ready, strain and sauté them in a pan with a mixture of finely chopped garlic, hot pepper and extra virgin olive oil for about 2 minutes. Serve the pasta on the purée with the fried bread

dorini, 2 coste di sedano, mezza cipolla, aglio e alloro. Lasciar cuocere a fuoco lento fino ad ottenere una purea. Eliminare gli odori. A seguire, tagliare grossolanamente del pane raffermo e friggerlo in olio extravergine d'oliva, peperon-

and some extra virgin olive oil.

ni. A cottura ultimata, scolare e, dopo aver prepara-

cino, sale, ottenendo così dei crostoni. Infine, portare ad ebollizione l'acqua, salare e aggiungere le rape; dopo circa 6 minuti, versare gli orecchioto separatamente un soffritto con olio extravergine d'oliva aglio e peperoncino, saltare in padella per un paio di minuti. Presentare nel piatto la pasta, adagiata su un fondo di purea di fave e condire con i crostoni ed un filo di olio extravergine di oliva a crudo.

Ricet t a dello chef G iuseppina Falco del r isto r an te “U Vulesce” di Cerignola ( Fg)



The octopus, valuable catch Inspirer of special recipes, unique and delicious food.

“Can I live this way?� the poor octopus asked himself sadly. He lived in a sort of aquarium in a restaurant. When clients arrived he was taken from the aquarium, slapped down, slammed and showed to the customers, then he was substituted, in the pan, by a deep-frozen forefather. This poor animal couldn't understand how he could live that way. An extremely intelligent animal, he can live camouflaging himself blending into the environment around him in a striking way. Don't ask what colour he is: he has so many colours because according to his exigencies grey becomes green, brown and even purple, black, dark red, beige, cream-coloured and so many others. Unfortunately he must save his tough skin because even morays, congers, dentexes and groupers like him a lot. He finds fabulous hiding places, a crack, a hole, a narrow gorge. And, as he isn't stupid, he closes even the door of his hide-out with


Il polipo, fantastica presa di Sergio D’Oria Pescato di pregio, ispiratore di ricette eccezionali, cibo raro e prelibato.

MEDMARE

“Pozzo campà a cussi ?” si chiedeva sconsolato il povero polpo che viveva in una specie di acquario in un ristorante. Perché il poveretto, quando arrivavano i clienti, veniva prelevato dall'acquario, sbatacchiato, sbattuto e presentato agli avventori, salvo poi essere sostituito, in padella, da un antenato surgelato. Questa povera bestia non si capacitava proprio sul modo di vivere che il destino le aveva riservato.

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a stone. He loves molluscs and shellfishes and leaves the empty shells of his preys outside his house. Everybody tries to put it in a pot this mollusc (he is a mollusc!) even Grusca, the fisherman- harpooner of Vincenzo Gueglio's novel looked for octopuses. But Mario the octopus escapes death. Because he has got his dead aunt Palmira's eyes, and you never know about these stories of reincarnation. It is a splendid animal, he moves in a disconnected, ungainly way, as if he danced in time with a samba, with his head looking like a bag on eight very long legs. But, if he is scared, he makes off suddenly, like a shot, letting out a strong spurt of water from the siphon near his mouth, well, he becomes an hydrodynamic torpedo. He is funny when he walks backwards but supertechnological when he must make off. Well the octopus is everything and the opposite of everything, even in literature, he is comic in the cartoons, terrifying in the science fiction tales. At first sight he looks inoffensive and unarmed even if he has deadly weapons: by his suckers he


MEDMARE

Animale straordinariamente intelligente, e chi lo avrebbe detto, riesce a vivere mimetizzandosi e confondendosi con l'ambiente che lo circonda in modo impressionante. Non chiedetevi di che colore è un polpo; è di tanti colori, perché a seconda delle esigenze il grigio diventa verde, ma anche marrone, e all'occorrenza viola, nero, rosso scuro, beige, panna, e tanti tanti altri ancora. Purtroppo la sua pellaccia deve pur salvarla, visto che oltre agli uomini, piace tanto anche a murene, gronghi, dentici e cernie. E lui trova nascondigli eccezionali, una fessura, un buco, un anfratto. E siccome fesso non è, chiude anche la porta della sua tana con un sasso. Ghiotto di molluschi e di crostacei, lascia davanti all'uscio di casa i gusci vuoti delle sue prede. Questo mollusco, perché di mollusco si tratta, tutti tentano di metterlo in pentola. Anche Grusca, il pescatore-fiocinatore del romanzo di Vincenzo Gueglio, andava in cerca di polpi. Ma il polpo Mario si salva solo perché ha gli occhi della defunta zia Palmira, e con queste storie di reincarnazione non si sa mai.

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immobilizes his preys and by his “tooth” he tears them to pieces. For some mysterious reason the names used to identify him have completely different meanings: octopus or “piovra” (giant squid)? In the last years of the twentieth century one of these names represented the cause of the worst Italian woes: the mafia is the “piovra”.


Animale stupendo, si muove in modo scomposto, goffo, quasi ballasse, quasi seguisse il ritmo della samba, con la testa simile ad un sacchetto su otto lunghissime gambe. Ma guai a spaventarlo perché improvvisamente scappa, a razzo, emettendo un forte getto di acqua dal sifone che ha vicino la bocca, insomma diventa un idrodinamico siluro che ti lascia a bocca aperta. Buffo quindi quando cammina all'indietro, ma super tecnologico quando deve scappare. Insomma il polpo è tutto ed il contrario di tutto, anche in letteratura, comico nei fumetti, terrificante nei racconti di fantascienza. Innocuo e disarmato a prima vista, ma dotato invece di armi micidiali: con le ventose immobilizza le prede e con il “dente” le dilania. Chi sa perché i nomi che si usano per individuarlo, però, hanno significati completamente diversi: polpo o piovra? A sentire come il nome di questo animale sia stato utilizzato negli ultimi anni del '900 sembrerebbe la causa dei peggiori mali del nostro paese. La mafia è la piovra.

MEDMARE

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ROAST OCTOPUS ON CHICORY SPROUTS S A L A D , C O N F I T T O M A T O E S A N D A U B E RGINES

POLPO ARROSTO SU INSALATA DI PUNTARELLE, POMODORI CONFIT E MELANZANE

Ingredients for 4 people

Ingredienti per 4 persone:

1 Octopus of about 600 gr

1 Polpo di circa 600 gr

400 gr. cleaned chicory sprouts

gr.400 cuori di puntarelle precedentemente mondate

4 tomatoes

4 pomodori ramati

1 aubergine 30 gr. soy sauce 1 fresh ginger

1 melanzana senza semi gr 30 salsa di soia 1 radice di zenzero fresco 1/2 arancia

1/2 orange

1/2 limone

1/2 lemon

Olio extra vergine di oliva

Extra virgin olive oil

Sale e pepe

Salt and pepper Cuocere il polpo per circa 10 minuti in acqua leggermente

la ricetta

Boil the octopus in water with some lemon juice, cut it into big pieces, then fry it in a pan with oil. Peel the tomatoes, eliminate the seeds, cut them into four parts and put them into the oven at 100° for about 3 hours. Divide the chicory sprouts in half

acidulata con il succo di limone, quindi toglierlo dall'acqua di cottura e tagliarlo in grossi pezzi; versare dell'olio in padella e appena caldo rosolare il polpo. Privare i pomodori dalla buccia e tagliarli in 4 parti, eliminare i semi e posizionare i pomodori su di una placca rivestita di carta da forno quindi farli disidratare in forno a

(vertically), add the tomatoes and season them with

100° C per circa 3 ore. Dividere le puntarelle a metà in

extra virgin olive oil, salt and orange juice.

senso verticale, aggiungere i pomodori e condire con olio

Cut the aubergine into strips and brown them with

extravergine, sale e succo d'arancia.

some oil, sprinkle them with soy sauce and the juice

Tagliare le melanzane a listarelle, farle rosolare bene in

of the grated ginger. Let them flavour off the ring

padella con un poco di olio, irrorarle con la salsa di soia e

for some minutes. Serve all the ingredients on a

il succo dello zenzero grattugiato; ritirare dalla fiamma e

plate garnished with a sprig of mint and some extra

fare riposare alcuni minuti affinché prendano sapore.

virgin olive oil.

Sistemare su ogni piatto i vari ingredienti preparati, alternandoli tra di loro. Guarnire con ciuffetto di menta e irrorare con un filo di olio extravergine.

Ricetta dello chef Imma Pantaleo del ristorante “Bolina” di Tricase Porto (Le)



EMILIO Gusto di Puglia meets the actor Emilio Solfrizzi. The phone rings and a deep and calm voice asks me if I am the journalist of Gusto di Puglia who asked for a phone interview with Emilio Solfrizzi. I say yes and I find out that it is just him. The tone is friendly, amiable, almost familiar, but as I am riding my motorbike I must say sorry and put the interview off when I will be in front of my Mac. No problem - he says - this is the production number; call me up when you can, and we can have a talk. I did not expect it! But Solfrizzi is still a genuine Apulian: a great, nice guest, able to remember that Apulian identity is made of dialogue, friendship with no distinctions. Emilio, you have been able to keep a strong link with your land, even on the cinema, playing the roles of true people, simple workers and jobless: marketers, fishermen, farmers, housewives, carpenters, difficult guys. Do you think this ironic crosssection of society full of populism, sometime too characterized, is the secret to win over your audience? These are things that can't be built around a table and I think that simplicity is the better way to communicate and win. Personally I don't think there is any effective method to get this result. But, even if with great difficulty, being able to speak of even important topics keeping balanced between irony and tragedy, is something near that result. I think, Antonio Stornatolo and I, in the world “Toti and Tata”, spoke about things just this way: a light-hearted and sharp satire of everyday life that could be understood by people different for culture and background. It was the way to send universal messages from the particular, to get to most of the audience. In “La Terra” by Sergio Rubini, you are a cynic and harsh man but strictly linked to Apulia. There is a deep uneasiness in this movie: being a small-town man, obeying a code of silence and at the same time pure in mind; the eagerness to live in a new land with too old roots. Do you think other Italians look at us this way? I think Sergio is a complete artist: a great actor and a great director whose cleverness lies in having worked just about himself and his own origins. But, Sergio Rubini's experience is linked to his decision to leave that land where he was born and grown up, then to speak of it without repudiating it. But, I'm sure in his film Apulia is just for those who want to see it. And those who don't. I'll explain: a short time ago we have spoken of communication at 360°. Alberto Sordi, from Rome, has always been Roman in all his movies; the same has been for Massimo

He was born in Bari on 5 April 1962 and after an arts degree of Dams (Discipline delle arti, moda e spettacolo) in Bologna, he debuted on TV with his friend and colleague Antonio Stornaiolo. Together they found the comic duo Toti and Tata. For about 10 years they had produced (under the supervision of the author Gennaro Nunziante) moments of real Apulian metropolitan hysteria of a disarming simplicity and a caustic and irreverent one-off cheerfulness such as Filomena Coza Depurada, Melensa, Il Polpo. After theatre, short films and telefilms, he came to the great cinema with relevant roles of excellent and intense dramatic force.

Troisi with his being Neapolitan. Nobody should deny his own experience, his stories and the moments that have made him a person different from the others. For example I'm deeply Apulian and I don't want to renounce it. At the end, Sergio has told a story of “familism”, something binding everyone every-


SOLFRIZZI

di Alessandro Stajano

Gusto di Puglia incontra l’attore Emilio Solfrizzi.

INCONTRI DI GUSTO

Squilla il telefono e all'altro capo una voce profonda e serafica mi chiede se sono il giornalista di Gusto di Puglia che ha chiesto un'intervista telefonica con Emilio Solfrizzi. Rispondo affermativamente e scopro che è proprio lui a parlarmi. Il tono è subito cordiale e affabile, quasi confidenziale, come se ci conoscessimo da tempo, ma io mi trovo in sella alla mia moto e non posso far altro che scusarmi e rinviare al momento in cui sarò seduto davanti al mio Mac. Non c'è problema - mi assicura - questo è il numero della produzione; chiamami quando sei disponibile e ci facciamo una chiacchierata. Non ci speravo proprio! Invece Solfrizzi è ancora un pugliese verace: un grande ospite, simpatico e capace di ricordarsi che in Puglia la gente vive di identità vocata al dialogo e all'amicizia, senza distinzioni. Emilio, sei riuscito a mantenere uno stretto legame con la tua terra, anche sul grande schermo, portando sulla scena gente vera, semplici lavoratori e disoccupati: mercatali, pescatori, contadini, massaie, operai di cantiere, giovani difficili.

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Nasce a Bari il 5 aprile del '62 ed è laureato in lettere al Dams (Discipline delle arti, moda e spettacolo) di Bologna. Il suo esordio sul piccolo schermo è legato all'amico e collega Antonio Stornaiolo col quale fonda il duo comico Toti e Tata. Per circa 10 anni lavorano sotto la supervisione dell'autore Gennaro Nunziante confezionando momenti di reale isteria metropolitana pugliese di una semplicità disarmante e un'allegria tagliente e dissacrante, unica nel genere, come Filomena Coza Depurada, Melensa, Il Polpo, solo per citarne alcuni. Tra teatro, cortometraggi e telefilm approda al grande cinema con partecipazioni di rilievo che lo impegnano ormai costantemente, fino a ruoli di una drammaticità inattesa ed eccellente.


where in the Country. His message is universal and, only by chance, it starts from Apulia. It would have been the same if he had told a Roman moment of life, being from Rome. How would you speak of your land? The answer is a funny anecdote happened when Antonio and I went around Italy with our shows. We had to wake up very late 'cause of our working time and the life of public relations. When we were in Northern Italy we were used to sleep with the light on because in the morning when we woke up we realized that we missed the sun of our land and the clear sky made of wide horizons. Then we suffered from headache and irritability. I thought there was something wrong so I saw a doctor. He asked me if I were from Bari and, when I said yes, he limited himself to prescribing a week at home. On set of “La Terra� the film photography has revealed a never seen Apulia made of light and shade, dust, epic characters, smell tastes; as it were a western by Leone. Beautiful places where the protagonists are described even through their shadow on the sunny stone of the squares or on the dry walls of the country. If I should speak of Apulia, its most beautiful and sometimes unknown places, I would tell it as a place full of dazzling light, where everything exists on the difference between dark and light, sun and shade. Which are the flavours that link you pleasantly to your childhood? They are essentially two: the calzone with onions - madonna mia when I think of it! made by my aunt only for her birthday and its preparation was so exhausting that the pleasure of eating was mainly connected to the wait of the event and to the apology she made of it more than the real tastiness of the calzone. Anyway it was an excellent sim-


Credi che questo spaccato ironico della società, così denso di populismo, alle volte macchiettistico, sia il segreto per conquistare il grande pubblico? Sono cose che non si costruiscono a tavolino e sono convinto che la semplicità sia il miglior modo di comunicare, e conquistare. Non credo, personalmente, che esista un metodo efficace per ottenere questo risultato. Ma, pur con grandi difficoltà, essere in grado di raccontare, trasmettere temi anche importanti restando sempre in bilico tra ironia e dramma è qualcosa che si avvicina molto a quel traguardo. Ti dico, per mia esperienza, che il modo di dire le cose che provammo io e Antonio Stornaiolo, al secolo “Toti e Tata”, era esattamente questo: una satira scanzonata e tagliente della vita quotidiana capace di essere intesa da persone diverse per formazione ed estrazione sociale. Era un modo di lanciare dei messaggi universali partendo dal particolare, per arrivare al maggior numero di spettatori possibili. Ne “La Terra” di Sergio Rubini, interpreti un personaggio crudo e cinico, ma legato indissolubilmente alla terra di Puglia. C'è un malessere di fondo in questo film: l'essere provinciali, omertosi e puri d'animo al tempo stesso; l'ansia di vivere in una terra nuova che ha radici troppo antiche. Pensi che sia questo il modo in cui ci vedono gli altri italiani? Considero Sergio un artista completo: un grande attore e un grande regista la cui bravura risiede, credo, nell'essere stato capace di lavorare proprio su sé stesso e le proprie origini. Attenzione però. L'esperienza di Sergio Rubini è legata alla sua decisione di abbandonare quella stessa terra in cui è nato e cresciuto per, poi, raccontare solo in virtù di non averla mai rinnegata. Eppure, ne sono certo, quella raccontata nel film è la Puglia solo per chi la vuol vedere. Ma anche no. Mi spiego: poco fa abbiamo accennato a quel tentativo di comunicazione a 360°. Alberto Sordi, romano de Roma, non ha mai rinunciato a esserlo nei suoi film, come Massimo Troisi con il suo essere napoletano. La mia sintesi è che nessuno dovrebbe rinunciare al proprio vissuto, alle storie e ai momenti che lo hanno reso una persona diversa da ogni altra. Io, ad esempio, sono profondamente pugliese e non voglio rinunciarvi. Sergio, alla fine, ha voluto raccontare una storia di “familismo”, qualcosa che unisce tutti in ogni parte del Paese. Il suo è un messaggio universale che, solo per caso, parte dalla Puglia. Sarebbe riuscito ugualmente se avesse raccontato un momento di vita romano, essendo di quelle parti. Come racconteresti la tua terra? Ti rispondo raccontandoti un aneddoto divertente che mi è capitato quando con Antonio portavamo i nostri spettacoli in giro per l'Italia. Dati gli orari di lavoro e la vita di pubbliche relazioni, eravamo costretti a svegliarci molto tardi, se volevamo avere il beneficio dell'intelletto per il resto della giornata. Spesso, in località del Settentrione, dovevamo lasciare la luce sempre accesa al momento di andare a dormire perché, al mattino, quando aprivamo gli occhi ci rendevamo conto che mancavano il sole di casa nostra e quel cielo terso fatto di ampi orizzonti. Poi vennero il mal di testa e l'irritabilità. Mi preoccupai e mi convinsi di avere qualcosa che non era a posto, così, dopo un po', andai a farmi vedere da un medico. Lo specialista mi chiese se, come pensava, ero originario di Bari e, avuta la conferma, si limitò a prescrivermi una buona settimana di riposo a casa mia. Sul set de “La Terra” la fotografia del film mi ha svelato una Puglia mai vista d'ombre e luci, di polvere, di personaggi epici, odori, sapori, quasi fosse un western di Leone. Luoghi bellissimi in cui i protagonisti sono descritti, anche, mediante la loro ombra che si staglia sulla pietra assolata delle piazze o sui muretti a secco sparsi nelle campagne. Se dovessi raccontare la Puglia, i suoi posti più belli e alle volte sconosciuti, la racconterei come un luogo pieno di luce abbacinante, dove tutto esiste sulla differenza tra buio e luce, sole e ombra. Quali sono i sapori che ti legano piacevolmente all'infanzia? Tra i piatti che ho mitizzato nel tempo e che mi ricordano casa ce ne sono sostanzialmente due: il calzone di cipolla - madonna mia quando ci penso! - che mia zia preparava solo per

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ple country dish made with black olives, vegetables and raisins; then there is “potatoesrice-and-mussels”. Eh! That was what I call an intense moment of my house! The Tajedd' was so good and complex that my father was used to debate about which was the best way to prepare it. My father was the entertainer, he prepared the most various delicacies, grafting typical recipes of our land on dishes elaborated at the moment. Even the way to cut the potatoes: there was a war between the faction of the thick slices and the supporters of the cubes! And when mum, dad, aunt and cousins defended their school of thought, we, the younger, took advantage of those distractions and stuffed ourselves. The Tajedd' of potatoes, rice (or courgettes, it depended on the school of thought) and mussels, joined and divided the family: it was the moment to be all together at table cheerfully. Then there is the horsemeat braciola on Sundays, delicious and nourishing whose smell flooded the house until we felt sick and before biting into it there was a long and careful warning to pay attention to the thread wrapping it; and the special mule salami: well, I love four-legged animals but, when something is good, it's good! If you were a typical Apulian dish that better represents and promotes our land, which would you chose? It is a nice question that, as you are a journalist from Lecce, reminds me that Apulia is a very vast region with excellent gastronomic traditions, often very different from town to town. Anyway, I'd like to be a dish that stuffs without being fed up with it! Broad beans and chicories! Yes, I'd like to be a good dish of broad beans and chicories that is a perfect balance among taste, tradition and nutritive exigency. At the moment you are at Cinecittà. What are you doing? I'm preparing a Rai fiction to air in November, its title is “Questo è Amore”. The director Riccardo Milani tells stories of life where love always wins with excellent actors such as Stefania Rocca, Neri Marco Re, Beppe Battiston, and others. Now I'm waiting for the issuing of a film played between Salento and Rome whose title is “Il Piede di Dio”, by Luigi Sardiello. It is about Calciopoli: I play the role of a so called “shark”, that is an unscrupulous talent-scout with the task of recruiting new promising football players. It is a well-told story that highlights the so many aspects of a life made of hopes, illusions and, of course disappointments about the world of the football involving, first of all young people.


la ricorrenza del compleanno e che racchiudeva in sé una preparazione così estenuante che il piacere di mangiarlo era legato, fondamentalmente, all'attesa dell'evento e all'apologia che la zia ne faceva più che alla bontà del calzone. Comunque era un ottimo piatto rustico a base di olive nere, verdure e uva passa; al secondo posto c'è la teglia di patate riso e cozze. Eh! Quello si che è un momento intenso di casa mia, anche perché la Tajedd' era una cosa tanto buona ed elaborata che mio padre aveva l'abitudine di discettare su quale fosse il metodo migliore per prepararla. Mio padre, era lui il fantasista, riusciva a preparare i manicaretti più diversi, innestando le ricette tipiche della nostra terra in piatti elaborati sul momento, ma godeva immensamente a tuffarsi in dibattiti culinari accesissimi. Non parliamo, ad esempio, del modo di tagliare le patate: era una guerra tra la fazione delle patate a fette grosse e i sostenitori delle patate a cubetti. E mentre mamma, papà, zia e cugini difendevano la propria scuola di pensiero noi, più piccoli, approfittavamo di quelle distrazioni per riempirci la pancia “a tradimento”. Insomma la Tajedd' di patate, riso (o zucchine, sempre a seconda della scuola di pensiero prevalente) e cozze, univa e divideva la famiglia: era il momento per stare tutti insieme intorno allo stesso tavolo in allegria. Seguono, a pari merito, la braciola di cavallo della domenica, buona e nutriente ma il cui odore acre e persistente inondava la casa fino alla nausea e che, ogni santa volta, prima d'essere addentata era preceduta dalla lunghissima e accorata raccomandazione di stare attenti al filo che l'avvolgeva, e lo squisito salame di mulo che, per quanto io adori gli animali a quattro zampe: quando nà cosa è buona, è buona! Se ti chiedessi di trasformarti in un piatto tipico pugliese che meglio rappresenti e promuova il nostro territorio, quale sceglieresti? E' una domanda simpatica che, visto che giunge da un giornalista di Lecce, mi ricorda innanzitutto che la Puglia è una regione molto estesa e che vanta tradizioni gastronomiche d'eccellenza e, spesso, assai diverse da città a città. Ad ogni modo, conoscendo il mio carattere, direi che mi piacerebbe essere un piatto che riempie, ma senza stufare! Fave e cicorie, sì! Vorrei essere un buon piatto di fave e cicorie che rappresenta il perfetto equilibrio tra gusto, tradizione ed esigenza nutrizionale. Mi hai detto che in questo momento ti trovi a Cinecittà, a cosa stai lavorando? A una fiction Rai, in onda da novembre, che si chiama “Questo è Amore”. Il regista Riccardo Milani snocciola, con attori eccellenti quali Stefania Rocca, Neri Marcorè, Beppe Battiston, e tanti altri, storie di vita in cui è sempre l'amore, in un modo o nell'altro, a vincere. In queste ore, invece, attendo l'uscita della copia di un film girato tra il Salento e Roma - più dalle vostre parti che nella capitale - che si chiama “Il Piede di Dio”, di Luigi Sardiello. Il soggetto è una vicenda privata sullo sfondo di Calciopoli: io, nel film, interpreto un cosiddetto “squalo”, ovvero un talent-scout senza scrupoli incaricato di reclutare nuove promesse. E' una storia, molto ben raccontata, che mette in luce le tante sfaccettature di una vita appesa a speranze, illusioni e, naturalmente, delusioni che girano intorno al mondo del pallone e coinvolgono in primo luogo i giovani.

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The fecĂ zze. Focaccia barese. Simple food, the stirred dough rises, the yeast works, it is ready to meet the final heat of the oven. Fragrance and unique flavour. It is one of the most invoked and prepared recipes by the housewives of the districts of Bari, Brindisi and Taranto. It is still an opportunity for them for an unsophistica-


La fecàzze. Focaccia barese di Federica Sgrazzutti Cibo semplice, la massa impastata si gonfia, fermenta il lievito madre, è pronto ad incontrare il calore finale del forno. Fragranza e sapore unico. Ricetta e pietanza tra le più invocate e preparate, soprattutto dalle massaie delle province di Bari, Brindisi e Taranto. Esse ancora ne fanno un pretesto da “salotto ruspante” tra i vicoli, recandosi nei tradizionali forni a legna lastricati in pietra, con la cupola in mattoni di argilla con il corretto rapporto altezza/diametro, solo così si ottiene una giusta cottura per la migliore focaccia! Se proprio non si ha a disposizione un forno a legna, ci si può accontentare anche del forno elettrico del panificio o del forno di casa, spesso provando anche variazioni sul tema, perché in ogni caso ad una focaccia non si rinuncia mai. Non è raro, verso le dieci del mattino, nei nostri paesi di provincia o nei centri storici dei capoluoghi, dove funzionano ancora quei monumenti al gusto e alla cottura che sono gli antichi forni alimentati con le fascine di legna, trovare le massaie ad attendere la sfornata della focaccia.

L'apertura

del

forno è un rito, annunciato dallo spandersi del profumo fragrante e inconfondibile; il fornaio con la sua lunga pala riprende le teglie nere (tegami di varie dimensioni, tondi o rettangolari), le sistema sui ripiani e, mentre esse si raffreddano, le massaie conversano amabilmente. Sono tutte lì che commentano colore, spessore, farina, varianti apportate alla ricetta, le ultime notizie sul paese o sul quartiere, invitandosi reciprocamente ad assaggiare, vivendo così un momento sociale e di convivio

gastronomico.

Infine avvolgendo il tegame in una coperta o in un telo annodato per gli angoli,

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ted salon among the alleys, going to the traditional stone-paved wood-burning oven, with its dome made of clay bricks and the right proportion between height and diameter, the only way to get the right baking for the best focaccia! If you do not have a wood-oven, you can use the electric oven of the bakery or your own home oven, and try its variations. It is quite common to find the housewives waiting for the focaccia at about ten o'clock in the morning, in our small towns or in the historic centres of the bigger towns, where old wood-burning ovens still exist. The opening of the oven is a rite, announced by the giving off of the fragrant and unique smell; the baker takes back the black baking-tins (different sized, round or rectangular pans) with his long shovel, he puts them on the shelves and, while they cool down, the housewives chat friendly. They talk about colour, thickness, flour, variations of the recipe, the latest news about their town or their neighbourhood, inviting each other to taste, sharing a social moment of gastronomic feast. At last, they wrap their pan in a blanket or in a sheet knotted at the corners and go back home, followed by the smell pervading streets and alleys. The housewives say goodbye to each other waiting for a comparison that will never find any exhaustive answer. The wood-burning oven has its own times: after the first morning batch and the one for the focaccia, the fire is strengthened so the temperature reaches the 230-300째C in five hours, this is the necessary temperature for the bread that must be ready for midday. It does not happen to the electric oven of the bakery; since the early morning, the bakers bake and sell focaccia and bread directly and just few of them bake the pans of focaccia of their customers.


LE VIE DEL PANE

tornano fiere a casa, accompagnate dal diffondersi di quel profumo che pervade strade e vicoli. Le massaie si salutano augurandosi un arrivederci di lì a qualche giorno, per un confronto a puntate che non trova mai risposte esaustive, rinnovandosi di volta in volta come un ritornello. Il forno a legna procede con i suoi tempi: dopo la prima infornata mattutina e poi quella per la focaccia, si rafforza il fuoco per far salire la temperatura che in circa cinque ore raggiunge i 230-300°C, temperatura necessaria per infornare il pane che sarà pronto a mezzogiorno. Questo non succede con il forno elettrico della panetteria; i panificatori a più riprese già dal mattino infornano e vendono focaccia e pane direttamente al banco, sono pochi a infornare e cuocere tegami di focaccia per avventori esterni. La ricetta originale è unica per chi prepara con passione la focaccia alla barese: si mescolano uguali quantità di farina di grano tenero tipo “0” e farina di semola rimacinata di grano duro; mescolate le due farine e passate al setaccio si aggiunge una quantità di patate, lessate prima con tutta la buccia, poi pelate e schiacciate a purea, il lievito di birra sciolto in acqua tiepida e si impasta il tutto aggiungendo man mano l'acqua restante e il sale. Lavorando a lungo l'impasto con l'uso delle mani, si otterrà una pasta elastica e compatta che va poi stesa nel tegame bene oliato sul fondo con extravergine di oliva; quindi adagiato l'impasto ben distribuito lo si lascia lievitare per un paio d'ore, coprendo il tegame con un telo. Infine si condisce in superficie con olio extravergine di oliva, pomodorini tagliati a pezzetti, sale grosso e origano.

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The original recipe is unique for those who prepare the focaccia barese with passion: stir together the same weight of superfine soft wheat flour and ground semolina durum wheat, add some boiled, peeled and mashed potatoes, whisk the active dry yeast into the warm water and work everything adding some water and salt. Continue stirring vigorously until the dough is fairly smooth then roll out it into the well oiled pan. Wrap it in a sheet and let the dough rise about 2 hours. Then season the focaccia with extra virgin olive oil, tomatoes cut into small pieces, salt and oregano. Nowadays, eating it hot, just arrived from the wood-burning oven, is a real privilege but, be sure, it is an unforgettable experience. Taste and fragrance are exalted by this kind of baking but all the phases of the preparation (flours, yeast...) cannot be overlooked because the use of

the

traditional

oven

could be useless. Among the “trullis� and small cottages many people have built their own ovens to be used in the weekends as a rite, because this kind of baking exalts the flavours thanks to its slow rhythms and becomes a pretext for feasts. The focaccia with pecorino cheese, canestrato or capocollo bought at the nearest farm is worth a real dinner; it can be traditionally seasoned or only with black olives instead of tomatoes or both, made of burnt wheat instead of the semolina is food for gods and an occasion to chat in the shade of an olive tree.


Mangiarla calda appena arrivata dal forno a legna è ai tempi d'oggi privilegio di pochi, ma almeno una volta, vi assicuro, ne vale la pena. Poi vi resterà il ricordo dell'idillio, del gran concerto dei sapori, del gusto che non riuscirete a dimenticare. E' indubbio che gusto e fragranza risultano esaltati da questo tipo di cottura, ma altrettanto fondamentale è tutta una serie di passaggi (farine, lieviti, lievitazione…) che qualora trascurati renderebbero inutile l'utilizzo del forno tradizionale. Pensate che tra i trulli e le “casedde” di campagna molti hanno costruito il forno per farne un rito nel fine settimana, in quanto la cottura con i suoi ritmi lenti esalta il sapore ed è pretesto di convivio. La focaccia accompagnata al pecorino, al canestrato o al capocollo comprato nella masseria più vicina vale certo un pranzo; spesso tradizionale o solo con olive nere al posto dei pomodorini o con entrambi, di grano arso anziché di semola è cibo per gli dei e pretesto per raccontarsi e raccontare all'ombra di un albero di ulivo.

LE VIE DEL PANE

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Santa Maria di Cerrate, basilian village Echo of an important past where the charm of a landscape and the beauty of the architecture give life to an enchanted place. He ventured out to the stony woods and the hard glades to chase that young doe who did not want to end up in the Norman King's banquet. As she were disappeared for a miracle, he hunted for her in a narrow gorge, where he saw a dim light coming from a rock. There he found the creature, trembling with unknown fear but meek, near the icon of the heavenly Mother who had saved her.* This is the legend of the origins of the Abbey of Santa Maria di Cerrate, splendid medieval architecture between Squinzano, Trepuzzi and the sea resorts of Casalabate and Torre Rinalda. According to the tradition, King Tancredi, Count of Lecce, decided to build a church dedicated to the Marian cult in the place where he had found a sacred image during a hunt. Anyway, the history of this religious complex is worthy of attention. For the great interest of the powerful Tancredi or for the influence the Basiliane monks had at that time, the Abbey of Cerrate lived a period of splendour with its numerous structures functionally correlated to the retired religious life and thanks to the many donations of the Norman Lord who wished this monastic citadel were as important as San Mauro in Gallipoli and San Nicola in Casole. From the first half of XII century until the half of the sixteenth century the Byzantine monks administered the rich properties. The growing importance of the Greek rite contributed to attract the attention of the pilgrims on the way of the Apulian sanctuaries whose last statio was the sanctuary of de finibus terrae in Santa Maria di Leuca. Even now, walking through the nave of the church you can understand how solemn and impregnated with devotion this place was, despite the exiguous size of the building. All that remains of the valuable thirteenth-century frescoes are only scanty encrustments on the plaster of the bricks put haphazardly back after the


Santa Maria di Cerrate, borgo basiliano di Alessandro Stajano Eco di un importante passato, dove suggestioni paesaggistiche e bellezze architettoniche danno vita a un luogo incantato. S'avventurò tra i pietrosi boschi e le radure amare per inseguir quella giovin cerbiatta che di finir sul banchetto del normanno Re non avea affatto intenzione. Come svanita per divino prodigio alla sua vista, si costrinse a indovinarla nell'angusto anfratto, donde un fioco lumicin di luce filtrava dalla roccia. Ivi, tremante d'ignoto terror, ei vide la creatura, eppur mansueta dinanzi all'icona della Madre celeste che tratta l'ebbe dall'atroce fine. * E' questa la leggenda che narra le lontane origini dell'Abbazia di Santa Maria di Cerrate, splendida architettura medievale posta lungo il tragitto tra Squinzano, Trepuzzi e le marine di Casalabate e Torre Rinalda. Secondo la tradizione, a desiderarne fortemente la costruzione fu il Re Tancredi, Conte di Lecce, il quale dopo una battuta di caccia nella foresta vicina al centro abitato volle erigere, nel sito del ritrovamento di un'immagine sacra, un edificio dedicato al culto mariano. Leggenda a parte, la storia di questo complesso religioso merita un'attenzione particolare. Forse per il diretto interessamento del potente Tancredi, oppure per la grande influenza in quel tempo attribuita ai monaci Basiliani, l'Abbazia di Cerrate visse un'epoca di splendore, dotata com'era di numerosi corpi di fabbrica funzio-

METE

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collapse of the right wall. A wide garden surrounded the Basiliane property. Inside there were, beside the coenoby, a vast library with a scriptorium, the refectory, the ovens to cook the bread, the oil mill and the stables. The marvellous portico (XIII century) on the left side of the church, is composed of 24 columns whose capitals are all different and support nice arches. The capitals decorations follow the stylistic features of those of Otranto cathedral: they represent fantastic phytoanthropomorphic symbols of the Salento-romanic School, whose characteristic is a not worked hooked broad-leaved capital with a big round fruit. The church, following the Greek tradition, has the façade westward and a nave and two aisles respectively apsed. The nave is higher and wider than the isles, it has a complex rosette and a portal of rare beauty representing some Christological scenes. By the second half of the XVI century, the downward phase of the Basilianes, suppressed by the Roman Church, overcame Santa Maria di Cerrate, too. In that period Lecce was getting ready to become the “Church City” of Baroque style. Between XVII and XVIII century the superfetations covered what belonged to the “dark period”, paradoxically saving a great part of


METE nalmente correlati alla ritirata vita religiosa e alle tante elargizioni del condottiero normanno affinché quella cittadella monastica si conquistasse un posto nel cuore dei fedeli al pari di San Mauro a Gallipoli e San Nicola a Casole. Sta di fatto che ad amministrare le ricche pertinenze immobiliari e fondiarie della Chiesa furono, dalla prima metà del XII secolo, proprio i monaci bizantini alla cui cura l'Abbazia di Cerrate restò affidata fino alla metà del Cinquecento. All'importanza del sito si aggiunse rapidamente quella dell'ordine di rito greco che contribuì non poco a richiamare l'attenzione dei pellegrini sulla rotta dei santuari di Puglia che vedeva, come ultima statio, il santuario de finibus terrae di Santa Maria di Leuca. Ancora oggi, passeggiando per la navata centrale della chiesa ci si può fare un'idea di quanto solenne e pregno di devozione fosse questo luogo, a dispetto delle pur esigue dimensioni dell'edificio cultuale. Ciò che rimane dei preziosi affreschi duecenteschi sono, purtroppo, sparute incrostazioni sull'intonaco dei mattoni, ricollocati alla rinfusa dopo il crollo della parete destra. Un ampio giardino cingeva la proprietà dei Basiliani. Al suo interno trovavano posto, oltre al cenobio, una vasta biblioteca con annesso scriptorium, il refettorio, i forni per la cottura del pane, il frantoio per la molitura delle olive e le stalle. Su tutto spiccava, come ora, il meraviglioso portico. Giustapposto sul lato sinistro della chiesa nel corso del XIII secolo, quest'ultimo è composto da ventiquattro colonne i cui capitelli, tutti diversi, sorreggono deliziosi archi che scaricano il peso della copertura spiovente sui fusti in modo ingegnoso. E' l'enciclopedia lapidea della Cattedrale idruntina di Pantaleone a dettare gli stilemi per la decorazione dei capitelli che, anche a Cerrate, recano raffigurazioni fito e antropomorfe fantastiche; di una fattura eccezionale per quella che sarà denominata la “Scuola romanica salentina” il cui segno distintivo è, come nella chiesetta di Surbo e in quella coeva di Matera (dipendente dalla curia di Otranto), un capitello a latifoglia non lavorata e uncinata che trattiene un grosso frutto rotondo. La chiesa con il prospetto volto a ponente, rispettando la tradizione greca, si sviluppa su tre navate rispettivamente absidate. Quella centrale è più alta ed ampia rispetto alle laterali e dotata di un elaborato rosoncino sotto il quale domina un portale di rara bellezza ove sono

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the frescos under strata of lime, adding decorative elements of that period, such as the central altar and the well in the garden. The monastic complex was gradually deserted, then the Saracen pirates pillaged the religious buildings and used the ruins as a temporary shelter. On 27 July 1965 the provincial administration of Lecce acquired the property from the private owners to give it back to the citizens. Today, after a careful restoration, it seems that the time has gone back to the XIII century. Sometimes, in the silent of the country, you can even hear the morning Vespers sung by the Byzantine monks. *Free interpretation by the author.


riportate alcune scene cristologiche e della natività. La parabola discendente che seguì il destino dei Basiliani, soppressi per volere della Chiesa di Roma, travolse anche Santa Maria di Cerrate sul fare della seconda

metà

del

Cinquecento;

momento in cui Lecce si apprestava a divenire quella “Città Chiesa” che il Barocco consegnerà alla Storia dell'Arte. Tra Sei e Settecento le superfetazioni cancellarono alla vista dei fedeli tutto ciò che giungeva dal “periodo buio”, paradossalmente salvando buona parte degli affreschi sotto strati di calce, e inserendo particolari ed elementi decorativi affini al nuovo gusto dell'epoca. Testimoni di questa fase l'altare centrale e il pozzo del giardino. Il complesso monastico, ad ogni modo, venne gradualmente sminuito e, passando per più mani, infine abbandonato. A ciò si aggiunsero le scorrerie dei pirati saraceni che, sempre più spesso, usavano i ruderi del passato e gli edifici religiosi come riparo provvisorio e scrigno sempre ricco di beni da trafugare. Il 27 luglio1965 si potrebbe dire che per Santa Maria di Cerrate ci fu una seconda fondazione, quando l'Amministrazione Provinciale di Lecce acquisì l'immobile dai privati per restituirlo alla comunità. Oggi, dopo accurati lavori di restauro, l'impressione è che il tempo, a Cerrate, si sia fermato intorno al XIII secolo. Nel silenzio dell'aperta campagna, a volte, pare d'udire i vespri mattutini cantati dai monaci bizantini. *Libera interpretazione dell'autore.

METE

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Polignano a Mare, semplicemente meraviglioso di Alessandro Stajano “but look at the gifts they have given to you, they have invented the sea for you.” (D. Modugno)

“ma guarda intorno a te che doni ti hanno fatto, ti hanno inventato il mare.” (D. Modugno)


The impressive calcareous rock, eroded by centuries of broken waves in an attempt to conquer this coast vanguard, leaves speechless. Polignano defends itself against pirates and hordes of Turks, against Neptune's assault and the ceaseless passing of time, the most bitter enemy. And it resists; confident of its past glories and of its roots going

back

to

the

Roman Empire only after the Peucetia genesis. A look at the beautiful Trullo's

Tower,

near

Santa Barbara hamlet, removes any doubt. It is attributed to a civilization come from the Aegean sea, because of its architectonic typology and the method of the laying of the huge dry-stone blocks. Maybe the Achaeans from Mycenae. Anyway it is sure the charm of this uncommon building containing inside a real trullo as in a game of Chinese boxes. The landscape from the bridge of Lama Monachine (erected in 1836 from the Modugnos, the Domenico songwriter's family), is impressive for its beauty and charm. A view of the old town is silhouetted against the blue sea, light blue sky and the golden-white stone of the houses. It recalls the Norman, Angevin and Aragonese rules and the various regents' desire of making this stronghold on the Adriatic sea a small haven of peace and prosperity. This is the reason of the privileges given it by the Romans and the proves from the archaeolo-


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Si spezza il fiato osservando l'imponente banco di roccia calcarea, erosa da secoli di flutti infranti nel tentativo di conquistare quest'avanguardia costiera. Polignano si difende da pirati e orde di Turchi, dall'impeto di Nettuno e dall'incessante avanzare del tempo, acerrimo nemico. E resiste; sempre forte d'antiche glorie e origini che guardano all'impero Romano, solo dopo la genesi Peuceta. Uno sguardo sulla bellissima Torre del Trullo, adiacente alla frazione di Santa Barbara, non lascia dubbi. La si attribuisce, per tipologia architettonica e modalità di posa in opera a secco degli immensi blocchi di pietra, a una civiltà verosimilmente giunta dal vicino Mar Egeo. Forse gli Achei di Micene. Resta certo, ad ogni modo, il fascino per una costruzione davvero insolita che accoglie al suo interno, come in un gioco di scatole cinesi, un vero e proprio trullo. Il panorama, dal ponte di Lama Monachile (fatto erigere nel 1836 da quella famiglia Modugno che diede poi i natali al cantautore Domenico), è tra quelli che restano impressi nella memoria, per bellezza e suggestione. Uno scorcio del centro storico che si staglia tra il blu del mare, l'azzurro del cielo e la pietra bianco-dorata delle abitazioni, riporta al susseguirsi delle dominazioni normanne, angioine e aragonesi e al desiderio dei diversi reggenti di rendere questa roccaforte sull'Adriatico una piccola oasi di pace e prosperità . Non si spiegano altrimenti i privilegi, concessi dai Romani e attestati dai ritrovamenti archeologici, di coniare moneta propria e giovarsi di un'arteria di comunicazione di primaria

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gical finds, of minting coins and having a major road of great importance that joined the Trajan Way, near Brundisium (Brindisi). Just the latter, that leaded to the mouth of one of the typical swamps in Apulian land, had the function of connecting the ships' courses of the near East to the hinterland. This allowed Polignano to hold an important economical role in the trade of wheat and oil. The Benedictine monks' Abbey watches over the small harbour and its hard-working people's life. It is situated in San Vito hamlet and is named after its patron saint whose legend is celebrated every year in June (14th, 15th, 16th) when the whole town celebrates him with illuminations, fireworks, orchestras, touring bands, stalls rich of dainties and moments of real devotion culminating with the procession of San Vito's statue in the open sea.


importanza

che

s'innestava

lungo il tratto finale della via Traiana,

ormai

prossima

a

Brundisium (Brindisi). Proprio quest'ultima, che conduceva alla foce di una delle caratteristiche lame che solcano il territorio pugliese, svolgeva funzione di raccordo tra le rotte navali del vicino Oriente e l'entroterra, consentendo a Polignano di ricoprire un ruolo economico di spicco nel commercio di grano e olio. A vegliare sul porticciolo marinaro e sulla vita della sua gente laboriosa, nella frazione di San Vito, è l'omonima Abbazia dei monaci Benedettini dedicata al patrono, il santo ragazzino, la cui leggenda prende vita ogni anno nel mese di giugno (giorni 14-15-16), quando il paese intero si veste a festa per le celebrazioni che vedono allestimenti di luminarie, fuochi pirotecnici, orchestre e bande itineranti, bancarelle ricche di leccornĂŹe e momenti di pura devozione che culmina con la processione della statua di San Vito in mare aperto. Le grotte marine poi, oltre a rivestire un indiscusso interesse speleologico, regalano romantiche occasioni a chi voglia conoscere il lato piĂš peculiare di questo antico borgo durante indimenticabili escursioni a bordo delle policromatiche barche dei pescatori i quali, non di rado, offrono ai visitatori succulenti aperitivi a base di pesce fresco e buon vino locale. Ăˆ il mare che lambisce Polignano a rappresentarne tutta la storia e, ancora oggi, ne fa un centro d'attrazione turistica d'eccellenza con i dodici chilometri di litorale costellato di bellissime calette (Cala Paura, Cala Sala, Cala Incina) frequentate da bagnanti e appassionati

METE

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The sea grottos have an indisputable speleological interest and give romantic occasions to those who want to know the most peculiar aspect of this ancient place during unforgettable excursion on the polychromatic boats of the fishermen who often offer the visitors tasty appetizers made of fresh fish and good local wine. Polignano's sea represents its whole history and, even now, makes of this town an excellent holiday resort with its 12 kilometres of coast full of beautiful coves (Cala Paura, Cala Sala, Cala Incina) popular among bathers and keen scuba divers. Its deep colours, its crystal-clear water and its unaltered seabed leave an indelible memory for those who get to this pleasant place; and perhaps the “Blu dipinto di blu�, that made Mimmo Modugno famous, can still inspire new authors.


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d'immersioni subacquee. Sono i suoi colori intensi, le acque cristalline e i fondali inalterati a lasciare un ricordo indelebile a chi giunge in quest'amena località; e chissà che quel “Blu dipinto di blu” che rese celebre Mimmo Modugno non possa ispirare ancora nuovi autori.



Gladioli, fiori che volgono lo sguardo di Marco Maci Straight stalk, when the spike produces its first flower is time to cut it, wrapped in numerous filiform leaves, ready to give its charm as a symbol of respect.

Fusto eretto, quando la spiga genera il primo fiore è il segnale per reciderlo, avvolto da numerose foglie filiformi, pronto a regalare il suo fascino simbolo di rispetto.


The sword lilies stand out in the endless fields like swans with their long necks, one beside the other, one different from the other. Their red pigments, sometimes deep, sometimes shaded, colour glasshouses and fields in the central area of the extreme “heel� of Italy, giving off their heady scent. Red garments like the skirts of the women who best appreciate its delicacy and its particular scent that has made the sword lily more and more popular, so becoming the most grown up flower in Salento. The sword lily or gladiolus (Gladiolus segetum) is a plant of the Iridaceae, characterized by a solid bulb, with red or yellow, sometimes fibrous, tunics and long, sharp, rigid, keen leaves, just like the tip of a sword, the Roman, short, lethal sword, the Gladius. The historian naturalist Pliny the Elder inspired to that blade when he named the flower even if it has nothing in common with the dangerous weapon. The sword lily is not afraid of the sun, its roots sink mainly into a fertile and light soil and its eyes turn always towards one side, enhancing its aspect, giving it an affected air that confirms its class and proud bearing. Its shape is solemn with its bright colours, with the funnel of its petals widening upward, with its perfectly erected long stem, like an ear of wheat that is not afraid of the wind, till spring; in fact, in April, the first sword lilies colour the shops and their production goes on even till November. When the cold winter ends, the planting of the bulbs starts. They have only one bloom a year and when their reproductive cycle finishes, they are rejected. They are the cradle where the flower will sprout, at least at a depth of 5/10 cm, deeper in arid and dry soil. The modern history of the sword lily starts in the middle of the Risorgimento, (half of the nineteenth-century), when it enters into the almanac of flowers to all intents and purposes and its peculiar beauty inspires poems and sonnets. Over the years, the plant


Come cigni dal collo lungo si stagliano in infiniti campi l'uno accanto all'altro, l'uno ben diverso dall'altro, i Gladioli. Il rosso dei pigmenti, a tratti intenso e a tratti sfumato, colora le serre e i campi della zona centrale dell'estremo tacco d'Italia, diffondendo ovunque un odore inebriante. Vesti colorate, spesso rosse, come le gonne delle donne che meglio ne apprezzano la delicatezza e il particolare profumo, caratteristica, questa, che negli anni ha reso il Gladiolo sempre più popolare, divenendo così il fiore più coltivato nel Salento, al pari di altre specie floreali di maggior vendita come la rosa ed il garofano. Il Gladiolo (Gladiolus segetum) è una pianta delle Iridacee, caratterizzata da un bulbo solido, con tuniche talvolta fibrose, rossicce o gialle e foglie strette e lunghe, rigide e affilate, proprio come la punta di una spada, la corta ma letale spada romana, il Gladius, alla quale lo storico-naturalista romano Plinio il Vecchio si ispirò nell'attribuire il nome a questo splendido fiore, in cui la distanza abissale tra una pianta ed una pericolosa arma si annulla e i due opposti si mescolano e diven-

ORIZZONTI FIORITI

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has been suited to different grafts: from the original wild species (about 300) from the centre-south of Europe, Asia and Africa endless and unclassifiable hybrid varieties were born; its typical funnel-shape, its colour, its size have changed, combining and developing in different solutions. Even nowadays the extraordinary delicacy of this flower is going on to be appreciated and giving sword lilies as a present is always synonym of good taste and elegance.


ORIZZONTI FIORITI

tano un tutt'uno. Il sole non fa paura a questa spada dalla punta affilata che getta le sue radici principalmente su un suolo fertile e leggero e volge lo sguardo sempre da un lato, impreziosendone l'aspetto e conferendole quell'aria smorfiosa che non fa altro che ribadirne la classe e il portamento fiero e sempre rigido. Imponente la forma con colori accesi, nell'imbuto di petali che si allarga in alto senza indugi, e con fusti lunghi perfettamente eretti, come spighe di grano che non temono il vento, fino a primavera; già in aprile, infatti, i primi Gladioli colorano i negozi e la loro produzione va avanti anche fino a novembre. Finito il periodo invernale, freddo, inizia l'interramento dei bulbi, che hanno una sola fioritura annuale e vengono scartati alla fine del ciclo produttivo. La loro culla, dalla quale spunterà il fiore, è ad almeno cinque, dieci centimetri di profondità; si scende di più nei terreni abbastanza aridi e secchi. La storia moderna del Gladiolo inizia in pieno Risorgimento, a metà Ottocento entra a tutti gli effetti nell'almanacco dei fiori e per la sua particolare bellezza ispira poemi e sonetti. Nel corso del tempo la pianta si è prestata, senza difficoltà, a diversi innesti: dalle originarie specie selvatiche (circa trecento) dell'Europa centromeridionale, dell'Asia e dell'Africa sono nate infinite e inclassificabili varietà ibride; la tipica forma a imbuto, il colore, la dimensione è cambiata, si è fusa e sviluppata in svariate soluzioni. Anche oggi la straordinaria delicatezza di questo fiore continua ad essere apprezzata e regalare dei Gladioli è sempre sinonimo di buon gusto ed eleganza.

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The bombetta, explosion of flavours Broiling the meat is an Apulian art and tradition, especially in the Murge's tableland.

It is a tasty special food, a meat dish, typical of some towns in Valle d'Itria and Murgia. Its tastiness depends on the butcher's experience and the quality of the meat: the coppa, that is the pork neck meat, must belong to an animal bred with non intensive system, whose weight must be about 160/180 kilos. The tenderness

of

the

meat

depends on the pork's robustness. The neck meat (that is the capocollo) is cut in slim slices, each of them is seasoned with salt, pepper, rosemary and parsley, then garnished with cheese and, as you like, with salami. The butchers' opinions about the kind of cheese are various: who prefers the grana, (“it does not cover the meat flavour”), who the pecorino, fontina, it depends on the personal taste. Once stuffed, the slice of coppa must be closed taking the form of a bowler (“bombetta”). There is another version of this speciality: it is coated with breadcrumbs, cheese and herbs but there is no salami. Once they are ready, the bombettes are threaded on an iron spit, put on the cooking stove (a wood-burning or charcoal cooking stove) where they roast by the reverberation of the heat. It takes about 20 minutes during which the spit must be turned a couple of times. It is very important how and where the bombetta must be roasted. In fact the secret of this dish is the cooking stove, the tradition and its land. It is common in Bari,


La bombetta, esplosione di sapori di Federica Sgrazzutti

Cuocere la carne al fornello è tradizione ed arte pugliese, ma in special modo dei luoghi dell'altopiano delle Murge.

Non c'entra ne' la foggia di un cappello ne' una carica esplosiva: in Puglia, con la parola bombetta, si intende unicamente una gustosa specialità gastronomica, a base di carne, tipica di alcuni comuni della Valle d'Itria e della Murgia. La bontà della bombetta pugliese sta tutta nell'esperienza del macellaio e nella qualità della materia prima scelta: la carne della coppa (ossia del collo) del suino nazionale deve appartenere ad un animale allevato con sistema non intensivo e il cui peso sia intorno ai 160/180 chili. La robustezza del maiale, infatti, fa sì che il pezzo di carne sia adeguatamente venato e risulti, perciò, morbido. La coppa, che altro non è che il capocollo, viene tagliata a fette sottili, ognuna delle quali è prima insaporita con sale, pepe, rosmarino e prezzemolo, poi guarnita con un formaggio e, a piacimento, con un pezzetto di salume. Sul tipo di formaggio da impiegare i pareri dei macellai sono discordanti: c'è chi parla di grana (“perché non copre il sapore della carne”), chi di pecorino, chi di fontina; per que-

PUGLIA MADRE

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Brindisi and Taranto districts, but its centre is the Murgia of the trullis, the grottos and the ravines, with its charming small towns and their historical centres made of white small streets and squares. Here the tradition of the cooking stove is still strong: there are lots of butchers'shops with the cooking stove inside where the meat just bought

can

be

roasted.

Nowadays this custom is a tourist attraction but in the past it was strictly linked to the poor peasant world where the farm labourers lived humbly, compelled to a frugal diet. Then meat was considered a luxury that could be eaten only on very special occasions, mainly on religious feasts. The straitened circumstances compelled the less well-to-do to chose poor quality meat rejected by the well-off people such as the offal. However they did their best to make them tasty. They preferred fat pieces because they were both very tasty and a support to the hard farm work. And if the owner of the large landed estate could afford his own oven, the peasant had to save firewood and charcoal so he used the public cooking stove of the village butcher to roast the meat that, cut in small pieces, cooked rapidly.


sto ingrediente si può dire che sia il gusto personale a dettare la regola. Una volta farcita, la fetta di coppa deve essere chiusa e prendere il suo caratteristico aspetto di “bombetta”. Esiste una variante di questa specialità che, a differenza di quella classica, è impanata con pane, formaggio e aromi (gli stessi del ripieno) e non vede l'aggiunta di alcun salume. Una volta pronte, le bombette vengono infilate in uno spiedo di ferro, messe nel forno, a carbone o a legna, e lasciate arrostire non “alla fiamma”, ma col riverbero del calore. La cottura è di circa venti minuti e, in quel lasso di tempo, lo spiedo deve essere girato un paio di volte per evitare che la carne non sia anche solo parzialmente carbonizzata. Come e dove cuocere la bombetta non è un dettaglio. Infatti, voler svelare tutti i segreti della bombetta senza parlare di fornelli, di tradizioni, di territorio significherebbe togliere sapore a questo prodotto unico. Diffusa soprattutto nelle province di Bari, Brindisi e Taranto, la carne al fornello ha come fulcro la Murgia dei trulli, delle grotte e delle gravine, con i suoi paesi suggestivi, dai centri storici tutti stradine bianche e piazzette. E' proprio nelle vie del cuore antico delle città che si mantiene viva l'usanza del fornello: macelleria con un forno interno dove arrostire la carne appena scelta al banco. Se oggi è una consuetudine che attira molti turisti, in origine il fornello era strettamente legato al mondo contadino povero, quello dei latifondi, dove i braccianti vivevano umilmente, costretti a regimi alimentari frugali. A quel tempo la carne era considerata un lusso da concedersi solo in occasioni di particolari ricorrenze, specie di carattere religioso. Le ristrettezze economiche obbligavano i ceti meno abbienti a scegliere carni di minor pregio o quelle parti anatomiche che i benestanti scartavano, come le frattaglie, ingegnandosi

PUGLIA MADRE

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After the economic boom of the 60s, this habit has been limited to the periods of local celebrations. From the half of 90s , thanks to the growing of tourism in Apulia and the renewed interest into the cultural traditions, a new season of the cooking stove has started. It has lost its link with the religious celebrations to become an informal convivial occasion. If traditionally the roasted meat was wrapped in a paper and eaten at home or along the road, now, almost all the butchers'shops have tables and benches where customers can enjoy the specialities just roasted, comfortably sitting in a familiar situation. If you are in Cisternino, a small town that, thanks to the quality of life it offers, belongs to the international net CittĂ slow, or among the Alberobello's trullis, or in a square in Noci, if you taste a just roasted bombetta on a cooking stove, you are repeating an ancient rite handed down from generation to generation.


tuttavia per renderle gradite al palato. Erano preferite parti grasse, che potessero non solo essere saporite, ma anche di sostegno al faticoso lavoro contadino. E se per cuocere le carni il proprietario del latifondo poteva permettersi di accendere il forno di casa, il contadino era costretto a risparmiare su legna e carbone, preferendo così il fornello pubblico, quello messo

a

disposizione

dal

macellaio del paese, per far arrostire carne che, divisa in piccole porzioni, aveva il pregio di cuocersi velocemente. Questa consuetudine non si è mai persa del tutto, ma dopo il boom economico degli anni '60, è rimasta confinata ai periodi delle feste. E' a partire dalla metà degli anni '90 che, con la crescita del turismo in Puglia e, in particolare, con il fermento culturale sviluppatosi in alcuni paesi dell'entroterra pugliese, si è aperta una nuova stagione del fornello, che ha perso il suo stretto legame con le solennità religiose per diventare momento conviviale informale. E se tradizionalmente la carne arrostita veniva messa in un cartoccio per esser poi consumata ancora fumante a casa o per strada, magari dentro ad un panino, ora quasi tutte le macellerie dotate di forno hanno destinato piccoli spazi della bottega a tavoli e panche, per consentire agli avventori di apprezzare le specialità appena cotte, comodamente seduti in un ambiente famigliare. Così, che ci si trovi a Cisternino, piccolo centro che per la sua qualità della vita è entrato a far parte a buon diritto della rete internazionale Cittàslow, o tra i trulli di Alberobello o in una piazza di Noci, gustando una bombetta appena uscita da un fornello si avrà la possibilità di ripetere un rituale antico, tramandato di generazione in generazione.

PUGLIA MADRE

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BandAdriatica, boundless music Gusto di Puglia meets Claudio Prima

Your group is one of the most representative reality of the rich Apulian musical fabric now. What's its history and why “BandAdriatica”? We have built a unit of research about a possible musical bridge in Adriatic for years. Particularly I met Redi Hasa 5 years ago in Lecce and we started to exchange music first than words in a cellar-laboratory. He had arrived from Tirana. Two years ago we met Emanuele Coluccia, coming from a long western crossing from New York to Mexico to Spain. Even if we didn't know it yet, the project Adriatico was already born. We'll have been aware of it later, step by step, finding a common soul, tinged with passion for our mutual cultures and for the necessity to bring them into play. In the last two years we have met the other members of the group. Luckily they were well experienced and they were going to share with us the hard and complex Adriatico plan, and they put their way of playing out to service of a mutual bet. The bands and the brass-bands have a sea in common, that sea who has embraced and divided for years, the sea where they have followed the madonnas or the brides in procession. The sea makes you change your music in one night. In the years the Adriatic sea has created more separations than closeness among the Countries washed by it. Its ports often pass on deeply different traditions, cultures and languages. This sea of differences has brought us to find out a common route whose landing places have been where we have met. We, musicians coming from different shores, have ended up to play the same music. This is why BandAdriatica. Your music has its roots in Salento musical tradition but it is opened to the new accepting contaminations of foreign sounds and rhythms, is it correct to call it ethnic music? It is surely correct, but we'd like to create a new musical genre thanks to the continuous meetings we have recently had. We'd like to call our music Adriatic music. Our lyrics and music are original even if they are fed by the territorial identity we have learnt during these years of researches. When we write lyrics and music we try to hug as much as possible the sea who takes us in and is our source of inspiration, hoping that at the end of this long way, it could give us back a sense of deep belonging. In the latest cd “Contagio” you work together with some important artists coming from different traditions and cultures. Is playing together the same music an enriching experience? In our latest cd there is 'King' Naat Veliov leader of the Kocani Orkestar, former protagonist of important collaborations with Italian artists such as Paolo Rossi and Vinicio Capossela. The meeting with the Kocani has been an important step for our way. They are the masters of the art of musical nomadism for us. Their skill to learn the music they find on their way and to appropriate it has surprised us and


BandAdriatica, musica senza confini di Sabrina Sansonetti

Gusto di Puglia incontra Claudio Prima.

Il vostro gruppo è ormai una delle realtà più rappresentative del ricco tessuto musicale pugliese, qual è in breve la sua storia? E perché la scelta di chiamarsi BandAdriatica? E' da anni che abbiamo costituito un nucleo di ricerca su un possibile ponte musicale in Adriatico. In particolare io ho incontrato Redi Hasa 5 anni fa a Lecce e in una cantinalaboratorio abbiamo cominciato a scambiarci musica prima ancora che parole. Era arrivato qui da Tirana. Due anni fa abbiamo incontrato Emanuele Coluccia, reduce da una lunga traversata Occidentale da New York al Messico alla Spagna. Era già nato, e noi non lo sapevamo, il progetto adriatico; ce ne saremmo accorti più tardi, scoprendo ad ogni passo un'anima comune, sottesa dalla passione per le nostre reciproche culture e dalla necessità di metterle in gioco. Negli ultimi due anni abbiamo incontrato gli altri musicisti della banda e la fortuna ha voluto che, oltre all'esperienza diretta nelle bande di giro, avessero l'intenzio-

BISBIGLI NEL VENTO

ne di condividere con noi un percorso complesso e impervio come quello adriatico, il coraggio di mettere il proprio modo di suonare al servizio di una scommessa comune. Le bande e le fanfare hanno un mare in comune, il mare che le ha abbracciate e divise per

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made us more mature. We met in the summer of 2006 and we soon played with them. We felt our musics went well together naturally, with no straining. They could live together feeding one another on their distances. We have given some concertos together and they will always be stamped in our memory. Naat Veliov has recorded in our disc and we have written together Pizzica Estam, one of the most important moment in our disc. Last summer we have met another historical reality of the East-european traditions, the solo quartet “Les mystere des voix bulgares� Eva Quartet in a memorable concert. They have sung on our music and we have arranged an reproposed some of their classics our way. The vocal quartet has played two pieces of the coral tradition of south Italy with four Salento singers. It has been a moving experience. What does the word Contagio evoke? Contagio (contagion) is the way we have assimilated the far off music and the travel experiences. It is a long and often unconscious inmost changing process. Our instruments have become imbued of the experiences of contact with new sounds they have listened and reproposed. Our concept is positive musical and cultural contagion where we give ourselves peacefully to the possible danger of an infection, in order to come out different. We often avoid positive forms of contact with the precious suggestions of people carrying new apparently far off experiences for fear or for refusal. This is the way


anni, il mare su cui si sono mosse per accompagnare le madonne in processione o le spose in corteo. Il mare che in una notte ti fa cambiare musica. L'Adriatico è un mare che a dispetto della prossimità dei paesi che bagna, negli anni ha creato perlopiù allontanamenti. I porti che vi si affacciano sono spesso portavoci di tradizioni e culture profondamente differenti, lingue incomprensibili fra loro. Questo mare di differenze ci ha stimolato a cercare un percorso comune possibile, di cui abbiamo intravisto l'approdo quando ci siamo conosciuti. Noi musicisti provenienti da sponde diverse che si ritrovano a suonare la stessa musica. Da qui il nome e il progetto BandAdriatica. La musica che voi fate affonda le sue radici nella tradizione musicale salentina, ma si apre continuamente al nuovo e si lascia contaminare da suoni e ritmi di altre terre, è giusto parlare di musica etnica? E' sicuramente giusto, ma ci piacerebbe poter costituire un nuovo genere musicale grazie agli incontri continui che abbiamo la fortuna di avere in questo periodo. Ci piacerebbe poter chiamare la nostra, musica adriatica. I nostri testi e le musiche che suoniamo sono originali anche se si cibano fortemente dell'identità territoriale che abbiamo appreso in questi anni di ricerca. Nella fase di scrittura di testi e musiche cerchiamo di abbracciare quanto più è possibile il mare che ci accoglie e al quale ci ispiriamo, sperando che, in fondo a questa lunga strada, possa restituirci un senso di profonda appartenenza. Nell'ultimo cd “Contagio” collaborate con alcuni importanti ed affermati artisti provenienti da tradizioni e culture diverse, ritrovarsi a suonare insieme la stessa musica è un'esperienza che arricchisce? Nel nostro ultimo cd suona 'King' Naat Veliov leader della Kocani Orkestar, già protagonista in passato di importanti collaborazioni con artisti del panorama italiano come Paolo Rossi e Vinicio Capossela. L'incontro con la Kocani è stata una tappa importante per il nostro percorso. Per noi costituiscono i maestri dell'arte del nomadismo musicale. La loro capacità di apprendere le musiche che incontrano sulle loro strade e di farle proprie ci ha stupito profondamente e ci ha fatto crescere. Ci siamo incontrati nell'estate del 2006 e ci siamo messi subito a suonare con loro. Abbiamo avuto la netta impressione che le nostre musiche si sposassero naturalmente, senza forzature, che potessero convivere e alimentarsi in maniera prolifica delle loro distanze. I concerti che abbiamo fatto insieme e quei momenti rimarranno impressi nella nostra memoria per sempre. Naat Veliov ha quindi registrato nel nostro disco e abbiamo scritto a quattro mani la Pizzica Estam, uno dei momenti salienti del nostro disco. A proposito di incontri, l'estate scorsa abbiamo incrociato in un concerto memorabile un'altra realtà storica delle tradizioni est-europee, il quartetto solista de “Les mystere des voix bulgares” Eva Quartet che ha cantato sulle nostre musiche e di cui abbiamo arrangiato e riproposto alcuni classici ripensati alla nostra maniera. Il quartetto vocale ha anche interpretato due brani della tradizione corale del Sud Italia insieme a quattro interpreti salentini. E' stata un'esperienza toccante. Il termine Contagio cosa evoca? Il contagio è il mezzo con cui noi abbiamo assimilato le musiche che venivano da lontano e le esperienze del viaggio. E' un processo lento e spesso inconsapevole di intimo mutamento. I nostri strumenti prima di noi si sono impregnati delle esperienze di contatto con i suoni nuovi che hanno ascoltato e riprodotto, prima per semplice accettazione e quindi per scelta.

BISBIGLI NEL VENTO

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we have managed to grow musically and humanely. Recently you have done a musical journey by boat from Brindisi to Otranto passing through the main ports of the Adriatic; you have brought your music abroad, but which has been the main purpose of this journey? And what emotions has it given to you? The main purpose has been to join those ports that for years have been our inspiration and to meet musicians in order to try directly with them the experience of contamination. In Dubrovnik, or Durazzo and Tirana we have spent days of intense rehearsals and exchange and in our final concerts we have played with our guests the new musics fruit of these blendings. We have sailed the sea, it was important to use a means that could get in touch with the sea that inspires us, with its changing wishes, its difficulties and its times. That was the only way we could enter the Adriatic. This project is named Rotta per Otranto and soon it'll be a documentary-film and we are working in order to the shooting of the various phases of the journey could soon become a real movie. For those who would like to read the logbook of this journey: click on our blog www.myspace.com/adriatik. Which are your future plans? Surely we'll go on travelling by the sea and joining those Adriatic ports we haven't visited yet with the stops of our next tours. This summer we'll be in Montenegro and Slovenia. In August we'll go back to Albania and, together with all the artists who have taken part to Rotta per Otranto, we'll come back to Salento for a big concert reunion where this extraordinary orchestra adriatica will play. Next year we'll publish the new cd full of surprises and collaborations. Well, we'll leave once again.


Il nostro è un concetto positivo di contagio musicale e culturale, nel quale ci si concede pacificamente al supposto pericolo di un'infezione, per risultarne diversi. Troppo spesso per timore o chiusura rinunciamo a delle forme positive di contatto con le suggestioni preziose di chi ci porta un'esperienza nuova e apparentemente lonta-

BISBIGLI NEL VENTO

na. Solo così noi siamo, di fatto, riusciti a crescere musicalmente e umanamente. Di recente avete compiuto un “viaggio musicale” per mare, in barca da Brindisi a Otranto passando per i maggiori porti dell'Adriatico, avete portato la vostra musica oltre confine, ma qual è stato lo scopo principale di questo viaggio? E quali emozioni vi ha regalato? Lo scopo principale è stato raggiungere i porti ai quali ci siamo ispirati per anni per la nostra musica e incontrare i musicisti di quei porti per provare direttamente con loro l'esperienza della contaminazione. A Dubrovnik, a Durazzo e Tirana ci siamo fermati per giorni intensi di prova e di scambio e nei concerti finali abbiamo eseguito insieme ai nostri ospiti, le nuove musiche figlie di questi incontri. Abbiamo viaggiato per mare, in barca a vela. Era importante usare un mezzo che ci mettesse a contatto col mare che ci ispira, con le sue voglie cangianti, con le sue difficoltà e i suoi tempi. Solo così, a nostro parere, potevamo entrare in Adriatico. Questo progetto, che si chiama Rotta per Otranto, diventerà presto un film-documentario e stiamo lavorando affinchè le riprese delle varie fasi del viaggio possano presto diventare un vero e proprio film. Per chi volesse leggere il diario di bordo che racconta in dettaglio le esperienze di questo viaggio può consultare il nostro blog su www.myspace.com/adriatik. Quali sono i vostri progetti futuri? Sicuramente vogliamo continuare a viaggiare per mare e raggiungere presto i porti dell'Adriatico che ancora non abbiamo toccato, insieme, ovviamente, a tutte le tappe dei prossimi tour. Quest'estate sarà la volta del Montenegro e della Slovenia. Torneremo ad Agosto in Albania e da lì, insieme a tutti i musicisti che hanno partecipato a Rotta per Otranto, torneremo in Salento per un grande concerto reunion nel quale suonerà questa straordinaria orchestra adriatica. L'anno prossimo pubblicheremo il nuovo cd e anche in questo caso non mancheranno le sorprese e le collaborazioni. Insomma, ancora una volta, si parte.

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