N. 10 - luglio 2013

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L’Accademia del Fitness Wellness & Anti-aging Magazine

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La dieta COM (acronimo di CronOrMorfo dieta) è un approccio integrato che tiene conto della Cronobiologia degli Ormoni e della Morfologia dell’essere umano. Non siamo tutti uguali e trovare la giusta alimentazione e tipologia di esercizio fisico per ognuno di noi è la strada per raggiungere la salute. Determinate morfologie, ovvero determinate forme del corpo, sono legate a specifiche espressioni caratteriali. Tutto questo, si sa, è legato alla genetica che indirizza il nostro sviluppo secondo le nostre predisposizioni. Oggi, tuttavia, si ha la certezza c he anche l’epigenetica (cioè l’influenza dell’ambiente esterno) gioca un ruolo fondamentale nel permettere o impedire il manifestarsi di determinate predisposizioni: “Nasciamo come siamo, diventiamo come mangiamo, come ci muoviamo, come pensiamo!”. La dieta COM tiene conto della Morfologia dell’individuo (a mela, a pera o a peperone) che corrisponde a specifiche prevalenze Ormonali, la cui influenza sulla distribuzione del grasso può essere controllata e modificata, in parte, dalla scelta qualitativa, quantitativa e Cronologica degli alimenti, favorendo, di conseguenza un dimagrimento localizzato.

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numero 10 / 2013

EDITORIALE

ACCADEMIA DEL FITNESS Galleria Crocetta 10/A 43126 PARMA Tel. 0521.941319 Fax 0521.294971 www.accademiadelfitness.com magazine@accademiadelfitness.com Direttore: Massimo Spattini In redazione: Claudia Bonini Silvia Iorio Cristiana Pedrazzini Cinzia Ruggeri Comitato scientifico: Prof. Fulvio Marzatico Dott. Filippo Ongaro Dott. Damiano Galimberti Prof. Mario Passeri Hanno collaborato a questo numero: Andrea Angelozzi Alessandro Gelli Andrea Grieco Eugenio Luigi Iorio Raffaello Michelotti Giovanni Montagna Giovanni Occhionero Filippo Ongaro Maria Letizia Primo Giorgio Severgnini Domenico Siepi Editore: Profitness S.a.s. Galleria Crocetta 10/A 43126 Parma Tel. 0521.941319 Stampa e distribuzione: Mattioli 1885 S.r.l. Str. della Lodesana, 649 sx Loc. Vaio 43036 Fidenza (PR) Tel. 0524.530383 www.mattioli1885.com

La primavera, che non si è espressa dal punto di vista climatico, è stata comunque densa di eventi collegati al mondo del Fitness, Wellness & Antiaging. La redazione della rivista è stata presente alla maggior parte di questi eventi con il duplice scopo di farne un resoconto per i nostri lettori ed aumentare la diffusione della rivista stessa. L’evento più mediatico a livello internazionale si è confermato l’undicesima edizione dell”’Antiaging Medicine World Congress”, il più grande evento mondiale dedicato al Global Antiaging Management, tenutosi a Montecarlo il 4-5-6- aprile. Costituito da una serie di convegni simultanei che, in molteplici sale, catalizzano l’attenzione dei frequentanti, apre inoltre le porte ad una grande aerea espositiva dove aziende del settore trovano la location ideale per divulgare i propri prodotti, rendendolo di fatto un “expo” dell’Antiaging. Rispetto all’Antiaging made in USA, rivolto prevalentemente alla prevenzione delle malattie degenerative legate all’invecchiamento, il congresso di Montecarlo è primariamente orientato all’area estetica e di medicina estetica in quanto, soprattutto in Europa, il concetto dell’Antiaging è legato alle tecniche di ringiovanimento a livello facciale e cutaneo. Ad onor del vero, durante l’arco di tutta la giornata, una sala è stata interamente dedicata all'Antiaging preventivo quindi si può affermare che si è svolto un interessantissimo convegno Antiaging parallelamente ad altri convegni di Medicina Estetica. Una grande partecipazione di operatori del settore provenienti dai paesi dell’est, dalla Russia, conferma questo settore come uno dei pochi in grande crescita. Stessa situazione si è percepita al Rimini Wellness tenutosi a Rimini dal 9 al 12 maggio. Nonostante la crisi del settore, legata in parte alle contingenze economiche e in parte alla staticità degli ultimi anni relativa alle proposte, quest’anno si è notato un maggior movimento sia per quanto riguarda le aziende foriere di nuove iniziative sia per quanto riguarda l’affluenza del pubblico sempre più preparato ed interessato. Anche il “Rimini Wellness” ha ospitato convegni tecnici e scientifici proprio nell’ottica di poter dare contenuti che possano favorirne la crescita. La recente contrazione del settore delle palestre, lega-

ta all’attuale strapotere dei low cost, può essere combattuta solo con un aumento della qualità dei servizi che non può prescindere dalle competenze tecniche. Infine all’ultima edizione d “ Pianeta Nutrizione ed Integrazione”, svoltosi il 16 maggio presso le fiere di Parma, l’AFFWA (Accademia Funzionale del Fitness Wellness e Antiaging) ha fatto la parte del leone con il suo convegno “Alimentazione ed integrazione funzionale antiaging”, che, ancora una volta, ha registrato un maggior numero di partecipanti rispetto agli altri convegni.” Pianeta Nutrizione ed Integrazione” è strutturato similmente all’ “Antiaging Medicine World Congress” di Montecarlo; una serie di convegni paralleli ed un’ampia area espositiva. Nato soprattutto come evento congressuale, oggi, dato il continuo aumento di partecipazione di aziende espositrici, sta assurgendo a dimensione di vera e propria fiera espositiva che può di fatto aspirare a diventare un punto di riferimento per quanto riguarda gli alimenti funzionali e gli integratori. Il vantaggio per le aziende espositrici è che, dato comunque il carattere congressuale, la maggior parte dei partecipanti sono veri operatori del settore e non semplici visitatori che, a volte, affollano le fiere solo per curiosità. L’evento promosso dall’AFFWA si è poi concluso in serata con la cena di gala tenutasi al ristorante Maxim’s presso il museo della Fondazione Magnani Rocca a Mamiano di Traversetolo (PR), la quale ha reso possibile agli ospiti, una suggestiva visita in notturna della mostra in corso sul Surrealismo. La cena, proposta dallo chef di gastronomia funzionale Marcello Ghiretti, è stata allietata dall’animazione musicale di Bobby Solo e la sua band coordinati da Valerio Merola. Bobby, appassionato di Antiaging e fervido sostenitore dell’allenamento con i pesi, è stato in grado, grazie al suo indiscusso talento e alla sua sorprendente disponibilità e simpatia, di incantare tutti i commensali, compresi i più giovani che magari non lo conoscevano per quel grande artista che realmente è. Grazie Bobby e arrivederci! Massimo Spattini Presidente dell’Accademia del Fitness

Registrazione n. 12/2004 Tribunale di Parma

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SOMMARIO EDITORIALE 3 di Massimo Spattini

MEDICINA ANTI-AGING

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di Filippo Ongaro

EFFETTI EXTRASCHELETRICI DELLA VITAMINA D

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di Giorgio Severgnini

DALL’INTEGRAZIONE NUTRIZIONALE ALLA MODULAZIONE FISIOLOGICA: IL RUOLO DEL MEDIATORI GASSOSI

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di Eugenio Luigi Iorio, Domenico Siepi

GLI INTEGRATORI PER LA SINDROME METABOLICA

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di Giovanni Montagna

CREATINA: NON SOLO PER LO SPORT

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di Andrea Angelozzi

PIANTE ED ESTRATTI VEGETALI AD AZIONE “ADATTOGENA” E LORO AZIONI SALUTARI IN AMBITO ANTI-AGING ED ANTI-STRESS 30 di Alessandro Gelli

INTOLLERANZE ALIMENTARI: Una luce sul presente e sul futuro

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di Raffaello Michelotti

LE PIANTE MEDICINALI PER LO SPORT

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di Giovanni Occhionero

LEAKY GUT SYNDROME

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di Maria Letizia Primo

QUANDO È DIFFICILE PERDERE PESO, SPESSO È COLPA DEGLI ORMONI!

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A cura della redazione

SALUTE, MALATTIA ED EQUILIBRIO ACIDOBASE DELLA MATRICE EXTRACELLULARE 48 di Andrea Grieco 6



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MEDICINA

ANTI-AGING Il termine medicina anti-aging viene spesso usato per definire interventi di tipo estetico a volte con scarso fondamento scientifico. In realtà la medicina anti-aging propone un approccio clinico specifico finalizzato alla modulazione dei meccanismi biologici dell’invecchiamento che è oggi supportato da importanti evidenze scientifiche. Con l’aumentare delle aspettative di vita e con il parallelo dilagare di numerose malattie cronico-degenerative è arrivato il momento di passare ad una nuova medicina pro-attiva che interviene anticipatamente, non tanto per aumentare la longevità, quanto per assicurare la massima qualità della vita ad una popolazione che invecchia. La medicina anti-aging si propone esattamente questo e va oltre approcci super-specialistici utili nelle condizioni acute ma di difficile applicazione nella prevenzione e nella gestione di condizioni croniche. Intervenendo infatti su quella rete di processi molecolari e biochimici che caratterizzano la fisiopatologia più che la malattia d’organo, la

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medicina anti-aging da un lato anticipa i tempi d’azione rispetto ad approcci classici e dall’altro allarga lo spettro d’intervento ad una prevenzione sistemica e multi-organo. Inoltre la medicina anti-aging è espressione di un altro passo in avanti fondamentale nella pratica clinica: quello che va da una medicina standardizzata ad approcci personalizzati, costruiti in pratica ad hoc sulle esigenze di ciascun paziente. La medicina anti-aging si basa sull’uso di avanzate tecnologie scientifiche e metodologie cliniche per la prevenzione, l’identificazione precoce e la cura di disfunzioni, disordini e malattie legate all’età. Il 90% delle malattie degli adulti sono legate ai processi degenerativi dell’invecchiamento. Queste comprendono malattie cardiovascolari, la maggior parte dei tumori, il diabete, le malattie cerebrovascolari, l’ipertensione, l’osteoporosi, l’osteoartrite, le malattie autoimmuni e l’Alzheimer. Con interventi preventivi e diagnosi precoce la maggior parte di queste malattie può essere evitata in modo da garantire una


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L’Accademia del Fitness condizione di salute ottimale per tutta la vita. È necessario però modificare l’approccio clinico al paziente non limitandosi a curare le malattie insorte ma intervenendo sul paziente in modo sistematico per prevenire e ottimizzare la condizione psico-fisica del soggetto. Per questo la medicina anti-aging trae le sue origini da settori avanzati della medicina come la medicina sportiva e spaziale, dove l’obiettivo principale è il miglioramento della funzionalità e della prestazione. Nella medicina convenzionale si tende ad aspettare il manifestarsi di un sintomo o di un segno di malattia per poi effettuare una rapida diagnosi ed un intervento farmacologico o chirurgico che blocchi e controlli i processi fisiologici alterati. Pur essendo questo modello assolutamente adatto alla gestione delle malattie acute, esso ha notevoli limiti quando viene applicato alle innumerevoli malattie croniche di oggi o semplicemente alla gestione del benessere personale e dell’invecchiamento. Infatti il volere rapidamente arrivare ad una diagnosi e ad una terapia significa spesso ridimensionare i problemi del paziente al sintomo più evidente e recente perdendo di vista la sua storia personale, le predisposizioni genetiche e l’interazione tra genetica e condizioni di vita. Ogni manifestazione patologica diventa così un’entità isolata che riflette la separazione tra le varie specialità mediche che operano in isolamento favorendo la frammentazione dell’individuo/paziente nei vari sintomi che esprime e che spesso invece hanno un’origine comune. La metodologia clinica in medicina anti-aging consiste al contrario nel valutare e correggere alcuni squilibri clinici fondamentali che sono i precursori dei segni e dei sintomi normalmente usati in medicina convenzionale per fare diagnosi di malattia. Gli squilibri clinici fondamentali sono: • squilibri ormonali e dei neuro-trasmettitori

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• stress ossidativo e malfunzionamento dei mitocondri • squilibri della detossificazione, biotrasformazione ed escrezione • squilibri immunitari • squilibri infiammatori • squilibri digestivi, dell’assorbimento e della flora intestinale • squilibri strutturali • squilibri psicologici Tali squilibri biochimici e strutturali sono alla radice di molte patologie ed emergono grazie ad input ambientali nocivi come cattiva alimentazione, bassa qualità dell’acqua che beviamo e dell’aria che respiriamo, scarso esercizio fisico, stress, elevate concentrazioni di tossine ed eventuali traumi, che interagiscono con il nostro DNA e con la nostra psiche sfruttando eventuali predisposizioni genetiche e psicologiche. Inoltre tali squilibri sono una conseguenza del processo degenerativo legato all’invecchiamento. Con una nuova metodologia clinica, esami diagnostici sempre più sofisticati ed interventi terapeutici multi-modali (stili di vita, nutrizione, integrazione alimentare, fito-terapia e farmaci) la medicina anti-aging rappresenta una profonda trasformazione nel modo di vedere e gestire l’invecchiamento Dr. Filippo Ongaro Direttore Sanitario Istituto di Medicina Rigenerativa e Anti-Aging s.r.l. (Ismerian) Vice-Presidente Associazione Medici Italiani Anti-Aging (AMIA) Board Certified Anti-Aging & Regenerative Medicine (ABAARM) Diplomate Functional Medicine (AFMCP) Certified Practioner International School of Gynecological Endocrinology (ISGE)


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EFFETTI EXTRASCHELETRICI

DELLA VITAMINA D

La prima descrizione del rachitismo fu fatta dal medico Sorano di Efeso (I sec. d.C.) nella città di Roma. Lo stesso Galeno, medico greco che operò a Roma nello stesso periodo ci descrive come “… le donne (e i loro figli) restavano in casa senza affaticarsi in strenui lavori non esponendosi alla luce diretta del sole …”. Fu solo nel 1645 che Daniel Whistler, studente di Medicina, inglese, fece una prima descrizione dettagliata del rachitismo (rickets o “paedosteocaces”) e a seguire nel 1650 Francis Glisson, a Cambridge, pubblicò un trattato in latino dal titolo “De rachitide”. Ricordiamo come clinicamente il rachitismo si presenti con: ritardo di chiusura delle fontanelle craniche conferendo al cranio la caratteristica forma del cranio tabe’’. Il torace presenta il tipico‘’rosario rachitico’’ con slargamento degli spazi intercostali, il cosiddetto’’ solco di Harrison’’. Si osservano anche un addome globoso, valgismo o varismo delle ginocchia e incurvamento delle ossa lunghe. Nel 1903, Nils Finsen, danese, fu insignito del premio Nobel per la Medicina per le sue ricerche sul trattamento fototerapico del lupus vulgaris. Agli inizi del 1900 Mellanby e Huldschinsky (1919) osservarono che bambini in aree urbane situate in zone temperate sviluppavano rachitismo. Correlarono il rachitismo con la mancanza d’aria pura e di luce solare, e ipotizzarono la mancanza di un qualche fattore dietetico. Osservarono inoltre che l’aggiunta di olio di fegato di merluzzo nella dieta o l’esposizione solare, prevenivano o guarivano la malattia. Nel 1924 A.F.Hess e Weinstock; Steenbock e Black osservarono che l’irradiazione UV del cibo per animali o dell’animale stesso, preveniva il rachitismo, furono finalmente individuati l’ergo- e il colecalciferolo rispettivamente di derivazione vegetale ed animale. Sir Edward Mellanby utilizzando il metodo sperimentale per studiare i problemi di salute, nel 1918, lavorando al College del Re, a Londra, dimostrò in modo inconfutabile come il rachitismo sia una malattia dovuta anche dalla carenza alimentare di una vitamina liposolubile poi definita Vitamina D. Nel 1919-1920 Sir Edward Mellanby era pervenuto ad un’ipotesi simile studiando cani cresciuti sempre al chiuso. A. Windaus venne invitato nel 1925 dal fisiologo americano Alfred Hess a New York per collaborare nello studio della vitamina antirachitica. La struttura della vitamina D venne cosi identificata nel 1930 dallo stesso A.Windaus. Si è dovuto però attendere sino agli anni 70 con Kodicek (1974) e De Luca e Schnoes (1976) per comprendere i meccanismi di attivazione metabolica della Vit. D. La letteratura scientifica su questo argomento è particolarmente fiorita negl’ultimi 10 anni. Ciò si deve alle numerose evidenze riguardanti gl’effetti extrascheletrici della vitamina D

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Si calcola che circa un miliardo di persone al mondo presenti un deficit di vitamina D; di queste gran parte sono anziane. Un punto chiave: i livelli plasmatici di vitamina D sufficiente per l’organismo umano prevedono valori maggiori di 30ng / ml, mentre quelli maggiori di 100ng/ml si correlano con l’eccesso. Valori poi superiori a 150ng /ml corrispondono al quadro di Intossicazione vitaminica. La biosintesi di vitamina D inizia negli strati basali dell’epidermide per effetto dei raggi solari in particolare, la radiazione ultravioletta UVB. Qui il 7deidro colesterolo viene convertito in Lumisterolo, inattivo e Tachisterolo, inattivo. Quest’ultimo è convertito in colecalciferolo inattivo, immesso nel torrente circolatorio legato ad una proteina di trasporto DBP A livello epatico è legato in posizione 25 della molecola un ossidrile OH per cui avremo il 25 idrossi-colecalciferolo,inattivo. A livello del tubulo renale, viene, infine, legato un altro ossidrile in posizione 1 della molecola di Vitamina D che diventa 1-25-idrossicolecalciferolo, attivo. La vitamina D è liposolubile e agisce come un ormone steroideo. Si può considerare una vitamina perché la sua mancanza nutrizionale determina condizioni cliniche carenziali. Importante è sapere che la quantità di Vit. D assunta con gli alimenti è insufficiente al fabbisogno. I livelli di 25-idrossivitamina D definiscono lo stato vitaminico di un individuo. Valori di 25-OHD>30ng/ml garantiscono una normale omeostasi fosfo-calcica e scheletrica nel soggetto adulto. La forma non idrossilata della Vit.D3 (colecalciferolo) si accumula nel tessuto adiposo e muscolare ed è ceduta sui livelli di PTH(Paratormone, prodotto dalle Paratiroidi) della calcemia e fosforemia. Sulle stagioni e alla latitudine oltre i 35° verso nord, un riferimento può essere Lampedusa, la Vit.D. che può essere sintetizzata da Novembre a Febbraio è poca o nulla. Ricordiamoci l’effetto di una ridotta sintesi di Vit. D che è del 92,5% con filtri solari SPF 8; del 99% con SPF 15. Il fabbisogno di Vit.D. varia dai 1000 UI/die( adulti sani) ai 2.300 UI/die (anziani). L’alimentazione in Italia fornisce in media 300UI/die per cui quando l’esposizione solare è virtualmente assente occorrono supple-


numero 10 / 2013 menti. L’esposizione delle braccia e delle gambe al sole per 5’- 10’ a metà giornata nei primi mesi estivi fornisce circa 3000 UI di vit. D a un soggetto di carnagione chiara. Gli individui con pelle più alto contenuto di melanina hanno semplicemente bisogno di più tempo alla luce del sole per produrre la stessa quantità di vitamina D di individui con basso contenuto di melanina. Effetti extrascheletrici della vitamina D e la necessità di un supplemento si correlano con: 1. Le modifiche della composizione corporea durante i processi di’invecchiamento. 2. Il rischio cardiovascolare e le malattie cerebrovascolari. 3. L’obesità e la sindrome metabolica. 4. Il Diabete 5. Le malattie neurologiche come il M di Parkinson, la Sclerosi multipla, Il Decadimento cognitivo. 6. Le malattie autoimmuni come ad esempio l’Asma bronchiale, l’Artrite reumatoide. 7. Le malattie infettive, dalla tubercolosi all’influenza. 8. La Dermatite atopica Quando invecchiamo, cambia la nostra composizione corporea con perdita della Massa magra (Sarcopenia) e aumento della Massa grassa. In particolare il grasso addominale si associa alla Sindrome metabolica (Secondo la Classificazione IDF s’intende: una Circonferenza della vita > 90 nell’uomo > 80 nella donna di razza caucasica, la presenza di una PA > 130/80 una glicemia > 100mg /dl LDL>130mg/dl HDL> 40mg /dl nell’uomo >50mg/dl nella donna Trigliceridi > 150mg/dl). La sarcopenia – quando è particolarmente accentuata comporta equilibrio instabile, incapacità di salire o scendere le scale o portare a casa la spesa; aumenta il rischio di cadute e la loro gravità e si aggrava l’osteoporosi per la riduzione della tensione muscolare sulla struttura scheletrica e per la riduzione dell’effetto cuscinetto del muscolo sull’osso. In altri termini per effetto della sarcopenia ovvero della perdita della massa magra avremo: 1. diminuzione della forza, potenza e resistenza muscolare 2. diminuzione della massa ossea 3. diminuzione dell’equilibrio 4. diminuzione contenuto di acqua nell’organismo 5. diminuzione del metabolismo basale 6. alterazione della termoregolazione (intolleranza e ridotta risposta al freddo) Inoltre avremo: • aumento osteoporosi • aumento rischio di cadute e fratture • aumento tessuto adiposo (grasso) • aumento rischio cardio-vascolare Gli uomini tendono a perdere in assoluto maggior massa muscolare rispetto alle donne, e alcuni autori sostengono che la sarcopenia sia per i maschi unequivalente dell’osteoporosi nelle donne. Nelle donne l’abbassamento della concentrazione

estrogenica dovuto alla menopausa è un fattore che aumenta la perdita di massa muscolare di circa 3 Kg e aumenta la massa grassa di circa 2,5 Kg. La misura della circonferenza del braccio è un indice di sarcopenia, ed è stata dimostrata una correlazione tra questa e aumento di mortalità. Nelle persone obese anziane tuttavia questo parametro non è sufficiente e per fare diagnosi di sarcopenia occorrono strumentazioni più complicate di valutazione della composizione corporea (densitometria a doppio raggio X, bioimpedenziometria). L’esame istologico di tessuto muscolare d’individui con osteomalacia dimostra un aumento degli spazi interfibrillari, infiltrati di tessuto adiposo e di fibrosi. Prelievi bioptici,prima e dopo trattamento suppletivo con Vit.D. e calcio, hanno documentato un aumento del numero e dell’area di sezione delle fibre muscolari di tipo IIA( o veloci). Inoltre si è costatato come il supplemento di Vitamina D (1000 IU /die di ergocalciferolo o Vit D /2anni) era associata ad un aumento percentuale e del diametro delle fibre muscolari di tipo II oltre che della forza muscolare. Interessante notare come le fibre muscolari di tipo II siano quelle maggiormente coinvolte nella prevenzione delle cadute. I Livelli di Vit. D sono correlati alla massa ossea e all’aumento del rischio di frattura del femore e di frattura non vertebrali. Tali eventi sono contrastati con supplementi di almeno 1000U/ dì di Vit. D. I dati mostrano una espressiva correlazione inversa tra vitamina D, indici di BMI e % massa grassa. Sia l’HOMA(indice di insulinoresistenza) che TG(Trigliceridi)/ HDL( lipoproteina ad alta densità) sono correlati alla diminuzione di vitamina D. I livelli di 25OHD sono inversamente correlati ai principali fattori di rischio per il diabete. Diabetici trattati con supplementi con vitamina D3 hanno mostrato anche un aumento del numero di cellule T regolatorie che, insieme al CCL2, agiscono nel ritardare la distruzione autoimmune delle cellule del pancreas che caratterizza il Diabete di tipo 1. CCL2=fattore che porta alla formazione delle celluleTH2 (con azione antiinfiammatoria e protettiva nei confronti del Diabete Mellito di tipo 1) sono più elevati. Sulla base degli studi epidemiologici analizzati in questa, sono stati individuati tre motivi per cui la mancanza di vitamina D costituisce un fattore di rischio per la SM (Sclerosi multipla): • la frequenza di SM aumenta alle latitudini più alte. • la prevalenza alle altitudini più alte è inferiore all’attesa nelle popolazioni che consumano più pesce grasso. • il rischio di SM diminuisce nelle popolazioni che si trasferiscono e vivono alle latitudini più basse. Altri studi evidenziano una stretta correlazione tra bassi livelli di 25 (OH) D e rischio di sviluppare la SM e come il rischio di sviluppare la SM diminuisce significativamente all’aumentare dei livelli di 25 (OH) D.

La biosintesi di vitamina D inizia negli strati basali dell’epidermide per effetto dei raggi solari in particolare la radiazione ultravioletta UVB.

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L’Accademia del Fitness Vitamina D and multiple sclerosisLancet Neurology, 2010 I fattori di rischio sono relativamente sconosciuti ma l’effetto neuro protettivo della vitamina D (attraverso meccanismi antiossidanti, regolazione del calcio neuronale, aumento della conduzione nervosa ecc.) e la presenza dei suoi recettori e dell’enzima responsabile della sua attivazione all’interno della sub stantia negra, fa supporre dei coinvolgimenti della vitamina D nel morbo di Parkinson. Durante i 30 anni di osservazione, sono stati riportati 50 casi di Morbo di Parkinson. I pazienti con valori di 25 (OH) D di almeno 50 nmoli/L presentavano un rischio di sviluppare il Morbo di Parkinson < 65% rispetto a quelli con valori più bassi di 25 nmoli/L.(Serum Vitamin D and the Risk of Parkinson DiseaseArchives of Neurology, 2010.) La carenza di vitamina D è anche correlata allo sviluppo di depressione. Livelli più alti di vitamina D sono associati ad un rischio minore di depressione, al contrario, invece, di stati carenziali che sono risultati associati a maggiore probabilità di depressione, soprattutto nei soggetti che in passato avevano già sofferto di tale malattia. Association between low serum 25-hydroxy-vitamin D and depression in a large sample of healthy adults: the Cooper Center Longitudinal StudyMayo Clinic Proceedings, 2011) Recentemente Wilkins e allievi hanno dimostrato una riduzione della funzione cognitiva in soggetti Anziani con deficit di Vit.D. Una sottoespressione di VDR (recettori della vitamina D) nelle cellule dell’ippocampo è stata dimostrata in pazienti con M. di Alzheimer. In modelli animali si è dimostrato un aumento con supplemento di vitamina D della densità dei neuroni ippocampali. Si è inoltre dimostrata la relazione tra ipovitaminosi D e rallentamento della velocità di conduzione nervosa. Per quanto riguarda il rischio cardiovascolare soggetti con Infarto del miocardio hanno dimostrato livelli di Vitamina D <15ng/ ml, mentre sono considerati protettivi valori <30ng/ml Giovannucci et al, Arch Intern Med, 2008 Soggetto con Ictus cerebri valori di Vit. D pari 25 nella media per età a fronte di valori protettivi se sopra alla media per età (Pilz et al, Stroke, 2008) Esistono correlazioni tra livelli di vitamina D e livelli di calcificazione aortica,ridotta se > di 30ng/ml Naves-Diaz et al, Osteoporos Int, 2012 Livelli più elevati di vitamina D si associano a minori infezioni delle prime vie respiratorie, in qualunque stagione. Ginde et al, Arch Intern Med, 2009 L’1-25-idrosivitaminaD è anche un potente immunomodulatore. Dimostrata la sua capacità di stimolare la produzione di catecalcidina (peptide in grado di distruggere diversi agenti infettivi fra cui il M. tubercolosis). Liu PT, Stenger S, Li H,Wenzel L Tan BH, Krutzik SR, et al.’’Toll-like receptor triggering of vitamin D-mediated Human antimicrobial response.Science2006;311:1770-3 ’Una supplementazione mensile di 100.000 U.I. di vitamina D rende più efficace la riabilitazione respiratoria in pazienti con BPCO. (Bronchite cronica ostruttiva)’’

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Vitamin D Supplementation During Rehabilitation In Patients With Chronic Obstructive Pulmonary Disease:An Intervention Study American Journal Of Respiratory And Critical Care Medicine, 2011 La supplementazione con 1600 UI al giorno di vitamina D migliora notevolmente i sintomi della dermatite atopica. Vitamin D supplementation in the treatment of atopic dermatitis: a clinical trial study Amestejani M, Salehi BS, Vasigh M, Sobhkhiz A, Karami M, Alinia H, Kamrava SK, Shamspour N, Ghalehbaghi B, Behzadi AH. Journal of drugs in dermatology, 2012 Si sottolinea l’importanza di un adeguato apporto di Vit D. durante la gravidanza. Durante la gravidanza, il 18% delle madri mostrava livelli serici di 25(OH)D gravemente carenti, ossia <11 μg/L (27.5 nmol/L); il 31% risultava carente [11 μg/L (27.5 nmol/L)< 25(OH)D < 20 μg/L (50 nmol/L)]. Si è notato come i bassi livelli serici di 25(OH)D delle madri siano associati ad un ridotto sviluppo del contenuto minerale osseo (BMC) del figlio all’età di 9 anni (p=0.0088 BMC totale e p=0.03 BMC lombare). Inoltre i bambini nati da madri carenti di vitamina D hanno mostrato un deficit minore a livello di BMC rispetto ai bambini nati da madri gravemente carenti. Javaid MK, Crozier SR, Harvey NC, Gale CR, Dennison EM, Boucher BJ, Arden NK, Godfrey KM, Cooper CMaternal vitamin D status during pregnancy and childhood bone mass at age 9 years: a longitudinalstudy The Lancet, 2006. Dal punto di vista oncologico dobbiamo sapere che il tessuto mammario, sia normale che patologico, esprime l’1,25(OH) D ed i suoi analoghi inibiscono in vitro ed in vivo la replicazione cellulare implicando un suo possibile utilizzo nella terapia del carcinoma mammario. J. Cell.Physiol 1989;138:611-616 - Lancet 1989;1:188-191. Esiste un progetto mirato a valutare la riduzione di nuovi casi di K mammario con l’assunzione di 2000UI/die di Vit D3. Garland et al, Ann Epidemiol, 2009. Quindi conoscere gli effetti extrascheletrici della Vit. D è paragonabile all’osservazione di un Iceberg alla cui superficie troviamo rachitismo e osteomalacia ma guardando in profondità scopriamo un mondo di patologie che non possono essere trattate senza un adeguato supplemento di Vitamina D. Dott Giorgio Severgnini Medico Chirurgo Specialista in Endocrinologia e malattie del ricambio


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L’Accademia del Fitness

DALL’INTEGRAZIONE NUTRIZIONALE ALLA MODULAZIONE FISIOLOGICA: IL RUOLO DEL MEDIATORI GASSOSI Il corretto svolgimento di tutti i processi vitali è modulato dall’azione di numerosi gas, in primis l’ossigeno. Questo elemento, infatti, nella sua sua forma molecolare (O2), accettando le coppie di equivalenti riducenti estratte nel corso del metabolismo terminale da una serie di substrati, consente la sintesi di ATP, indispensabile per tutte le funzioni biologiche. Inoltre, accettando singoli equivalenti riducenti, esso genera particolari specie reattive (reactive oxygen species, ROS), quali l’anione superossido (O2Ÿ), il radicale idrossile (HOŸ) ed il perossido di idrogeno (H2O2), che, a basse dosi, modulano rilevanti attività (es. trasduzione di segnali cellulari, difesa contro i batteri), ma a dosi elevate, a causa della loro tendenza a raggiungere una configurazione stabile (elettroni in coppia in tutti gli orbitali), possono sottrarre elettroni a molecole chiave (es. acidi nucleici), ossidandole e, quindi, alterandone le funzioni. Per tenere sotto controllo l’esuberante produzione di ROS e, quindi i loro effetti indesiderati, gli organismi viventi hanno sviluppato un complesso sistema di difesa costituito dall’insieme degli antiossidanti endogeni (es. superossidodismutasi, perossidasi, catalasi, albumina, bilirubina, acido urico, etc.) ed esogeni (acido ascorbico, tocoferoli, caroteni, polifenoli, etc.). Il venir meno del fisiologico equilibrio ossidanti/antiossidanti dà luogo al cosiddetto stress ossidativo (SO), un fattore emergente di rischio per la salute associato non solo all’invecchiamento precoce ma anche ad una serie di malattie (oltre 100), tra le più comuni e invalidanti (es. patologie cardiovascolari, malattie neurodegenerative, sindrome metabolica, obesità, diabete, cancro, etc.). Purtroppo, lo SO non dà luogo ad alcuna manifestazione clinica, per cui può essere diagnosticato, in presenza di un fondato sospetto, solo attraverso specifiche analisi di laboratorio (oggi disponibili su campioni di sangue, urine, esalato respiratorio, etc.) (1).

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Sulla base dei risultati di tali test sarà possibile identificare i soggetti a rischio, sottoporli eventualmente a strategie preventive o curative personalizzate e monitorarne nel tempo l’efficacia, evitando gli effetti indesiderati di tanti integratori oggi assunti troppo spesso senza una reale necessità. Lo sviluppo delle conoscenze sull’ossigeno, da intendersi non solo come accettore di idrogeno per la produzione di energia, ma anche come progenitore di specie reattive in grado di modulare funzioni biologiche vitali ha aperto la strada, nel corso dell’ultimo trentennio, agli studi su altri gas, in passato considerati inerti o, addirittura, tossici tout-court, quali l’ozono (O3), il monossido di carbonio (CO), l’anidride carbonica (CO2), l’ossido d’azoto (NO), l’acido solfidrico (H2S) e, molto recentemente, l’idrogeno molecolare (H2). Tra questi, l’ossigeno molecolare è prodotto esclusivamente attraversola fotosintesi. Da esso deriva, per effetto di scariche elettriche, l’ozono. Il monossido di carbonio viene generato dall’eme grazie all’enzima eme-ossigenasi. L’anidride carbonica viene liberata, spontaneamente o per via enzimatica, dai processi di decarbossilazione dei b-chetoacidi. L’ossido d’azoto viene prodotto dall’amminoacido arginina, per azione catalitica delle ossido-nitrico sintetasi. L’acido solfidrico è sintetizzato nel corso del metabolismo della cisteina, attraverso la cistationinab-sintetasi, la cistationina-g-liasi e la mercaptopiruvico sulfotransferasi. Meno chiari appaiono i meccanismi di produzione endogena, se esistenti, dell’idrogeno molecolare. Studi sempre più numerosi dimostrano che tutti questi “biogas”, grazie alle loro singolari proprietà fisico-chimiche, diffondendo più o meno rapidamente dal sito di produzione nel microambiente circostante si legano in modo specifico a determinati target molecolari di tipo “recettoriale”, agendo da veri e propri mediatori biochimici pleiotropici (autocrini e/o paracrini)


CONOSCERE CIO’ CHE MANGI

TI RENDE LIBERO FOOD INTOLERANCE TEST Le intolleranze alle proteine alimentari, dette allergie ritardate, sono reazioni conseguenti l’introduzione di alimenti di consumo comune. Queste reazioni sono causate da un’iperproduzione di immunoglobuline di classe G (IgG). Emicrania, disturbi gastro-intestinali e respiratori, stanchezza cronica, dermatiti, irritabilità, sovrappeso, sono solo alcuni dei sintomi ricorrenti nei soggetti affetti da allergia ritardata. Il FOOD INTOLERANCE TEST (F.I.T.) di Natrix permette di verificare la reazione dell’organismo nei confronti di 46, 92 o 184 alimenti. Ciò che ha reso il F.I.T. affidabile è la metodica analitica ELISA,

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L’Accademia del Fitness Precursori

EME

L-arg

L-ser

L-Hcy

Enzimi

HO

NOS

CBS

CSE

Mediatori gassosi

C

O

N

H

O

H Sensori proteici non eminici

Sensori proteici eminici

Bersagli

enzimi

Effettori

S

carrier

mitocondri vasi

Figura 1. Biogas come modulatori fisiologici

antiradicalica nel confronti dell’anione superossido. Più in generale, inquinamento e stili di vita scorretti, complice spesso un terreno genetico sfavorevole, possono alterare i delicati equilibri esistenti tra i diversi biogas scatenando o aggravando condizioni morbose pre-esistenti. In questo affascinante scenario, la nutraceutica convenzionale non può ridursi a proporre, banalmente, soluzioni mirate a “contrastare” gli effetti di questi preziosi mediatori ma deve favorire, attraverso l’alimentazione e, quando necessario, un’oculata integrazione, l’armonia tra i diversi biogas, evitando, per esempio, condizioni estreme tanto di ipossia quanto di iperossia. E siccome le ROS svolgono ruoli biologici assolutamente indispensabili per l’economia dell’intero organismo, non ha alcun senso “contrastare l’effetto dei radicali liberi con gli antiossidanti” ma bisognerebbe “modularne l’azione in maniera fisiologica”. In questo scenario Deutrosulfazyme® (Cellfood®) appare come il prototipo dei modulatori fisiologici dell’ossigeno “on demand” (3), grazie alla sua documentata capacità di stimolare la sintesi di ATP senza aumentare i livelli di lattato e, soprattutto, favorendo l’espressione della superossidodismutasi mitocondriale (figura 2) (4).

Figura 1. Biogas come modulatori fisiologici.

in grado di controllare funzioni biologiche vitali, quali il tono vascolare, la risposta allo stress, l’apoptosi etc. (figura 1) (2). Valga per tutti l’esempio dell’ossido di azoto, per anni considerato un inquinante ambientale, ma che prodotto per via endogena riduce l’adesione dei leucociti all’endotelio e l’aggregazione piastrinica favorendo nel contempo il rilasciamento della muscolatura liscia vasale sì da prevenire l’infiammazione e l’ischemia. Tuttavia, condizioni di stress ossidativo, quali per esempio, un elevato livello di anione superossido (per aumentata sintesi e/o ridotta inattivazione da parte della superossidodismutasi), possono favorire la conversione dell’ossido di azoto a perossinitrito, ad azione proinfiammatoria, proaggregante e vasocostrittrice. Viceversa, l’acido solfidrico svolge una potente azione

Eugenio Luigi Iorio, Domenico Siepi Osservatorio Internazionale dello Stress Ossidativo (Salerno) Bibliografia 1) Iorio EL, Balestrieri ML. Lo stress ossidativo. Trattato Italiano di Medicina di Laboratorio, di A. Burlina. Piccin, Padova. 2009. IX: 533–549. 2) Kajimura M et Al. Interaction of multiple gas-transducing systems: allmarks and uncertainties of CO, NO, and H2 gas biology. Antiox Redox Sign. 2010. 13 (2):157-192. 3) Iorio EL. Hypoxia, free radicals and antioxidants. The “Deutrosulfazyme®” paradox. Hypoxia Medical J. 2006. 1-2: 32. 4) Ferrero E et Al. CellfoodTM improves respiratory metabolism of endothelial cells and inhibits hypoxia-induced reactive oxygen species generation. J Physiol Pharmacol. 2011. 62(3):287-293.

Stimolazione della sintesi di ATP ROS (incremento%/NT)

**

160 120 80

50

1% O2 1% O2+CELLFOOD®

25

* 0 Riduzione dei livelli di lattico-deidrogenasi

40

* **

0

-40 3 ore

1° giorno

3° giorno

5° giorno

8° giorno

LDH (U/mL di lisato cellulare)

ATP (moli µg/proteina) (rispetto al controllo)

200

Abbassamento dei livelli di radicali liberi

0.5

0

**

-0.5

-1.0

3 ore

1° giorno

3° giorno

5° giorno

8° giorno

Figura 2. Effetti di Cellfood® sulle cellule endoteliali

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Figura 2. Effetti di Cellfood® sulle cellule endoteliali.


numero 10 / 2013

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L’Accademia del Fitness

GLI INTEGRATORI PER LA SINDROME METABOLICA L’Italian Longitudinal Study on Aging (ILSA) identifica una prevalenza di sindrome metabolica del 25,9% (J Gerontol A Biol Sci Med Sci 2006;61:505-10.). I meccanismi fisiopatologici di questa sindrome non sono ancora definitivamente chiariti anche se un ruolo molto importante è certamente giocato dall’insulinoresistenza (IR), dall’accumulo di acidi grassi prevalentemente a livello dei visceri addominali e dallo stress ossidativo, meccanismi in grado di produrre variazioni nella composizione della massa corporea degli anziani e non solo (Domiguez L, Barbagallo M. The cardiometabolic syndrome and sarcopenic obesity in older persons. J Cardiometab Syndr 2007;2:183-9.). Il tessuto adiposo, inoltre, in risposta a stimoli extra-cellulari specifici o a cambiamenti nelle condizioni metaboliche, produce molte sostanze biologicamente attive, indicate complessivamente come adipochine. Queste, oltre ad alcune citochine pro-infiammatorie come interleuchina 1 (IL-1), interleuchina 6 (IL-6), Tumor necrosis factor α (TNFα), prodotte probabilmente anche da cellule infiammatorie infiltrate nel tessuto adiposo, includono nuove molecole altamente attive come la grelina, la leptina e l’adiponectina (Am J Physiol HeartCirc Physiol 2007) Nei soggetti obesi, quindi, gli adipociti insieme alle cellule infiammatorie che infiltrano il tessuto adiposo, producono una serie di citochine pro-infiammatorie che determinano ed automantengono un processo di infiammazione cronica strettamente connesso con l’insorgenza delle principali complicanze dell’obesità quali l’insulino-resistenza, il diabete mellito e i disturbi cardiovascolari. A tale quadro si associa poi una netta diminuzione dei livelli di citochine e chemochine anti-infiammatorie e regolatrici quali l’adiponectina e l’IL10 (Signalling role of adipose tissue: adipokines and inflammation in obesity. Biochemical Society Transactions 2005). Uno stato cronico di infiammazione da eccesso adiposo può portare a riduzione della vasodilatazione microvascolare con riduzione della capillarizzazione e tendenza all’ ipertensione e modulazione del segnale insulinico periferico post recettoriale (mediatori IRS – 1, IRS - 2 e P – 3kinasi) con insulino resistenza generalizzata ma in particolare a livello del tessuto muscolare.

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Se si instaura una situazione di iperglicemia “cronica”, si possono verificare: Glucotossicità con disfunzione mitocondriale con riduzione dell’ ATP cellulare, delle proteine di fusione e dell’ossidazione lipidica. Si ha tendenza alla deposizione lipidica intracellulare e alla riduzione delle fibre muscolari di tipo I (sarcopenia), tra l’ altro le più sensibili all’azione dell’ insulina, con ulteriore peggioramento della insulino resistenza. Disfunzione citoplasmatica e aumento dei radicali liberi. Glicazione proteine delle pareti vasali con microangiopatia e alterazione endoteliale. Aumento del livello di TRG in VLDL (dislipidemia) con produzione di LDL piccole e dense da parte del fegato, caratterizzate elevati livelli di apolipoproteine B, più aterogene a parità di valori di LDL circolanti perché tendono a passare più facilmente a livello della parete arteriosa. Questo provoca il suo coinvolgimento nella patogenesi della lesione ateromasica indipendentemente dagli altri fattori di rischio. Come abbiamo visto nella sindrome metabolica si verificano molteplici aspetti che vanno dall’infiammazione cronica, produzione eccessiva di radicali liberi, mal gestione del glucosio, dislipidemia ecc, quindi l’integrazione dovrà avere un aspetto multifattoriale e non “fissarsi” su un solo squilibrio (insomma non bisogna pensare solo a stabilizzare la glicemia). Qui inserirò solo una piccola varietà di integratori utili alla sindrome metabolica che possono essere utilizzati nella pratica di tutti i giorni. Magnesio, cromo e vanadile aiutano a tenere sotto controllo la sensibilita all’insulina e influenzano il controllo del glucosio. Uno studio recente ((2013) High Dietary Magnesium Intake Is Associated with Low Insulin Resistance in the Newfoundland Population. PLoS ONE 8(3): e58278) correla l’intake di alti livelli di magnesio con una bassa incidenza di syndrome metabolica ed insulino resistenza soprattutto in persone obese o in sovrappeso. Sono utili anche il te verde (Agric Food Chemistry. 50:7182-7186), dosi elevate di vitamina B come la biotina (9-16 mg al giorno) e l’estratto di cannella che corregge i difetti nelle interazioni dell’insulina a livello cellulare (1-6 g al giorno). L’acido lipoico, o ALA, riduce il glucosio alto indipendentemente dall’insulina e agisce come un antiossidante in ambienti sia


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L’Accademia del Fitness lipo- che idrosolubili. L’acido lipoico aiuta a riciclare altri antiossidanti come le vitamine C ed E dopo che sono stati ossidati. Aumenta i livelli di glutatione endogeno con effetti antinfiammatori ed antiossidanti. La dose ottimale sono 600 mg al giorno da suddividere in più assunzioni in quanto l’ALA resiste solo una o due ore nel sangue. Molti integratori possono aiutare a ridurre l’eccesso di lipidi nel sangue. Questi comprendono il policosanolo (20 mg al giorno), integratori vegetali di steroli (assunti insieme al cibo, prevengono l’assorbimento del colesterolo) e grassi omega-3 presenti nell’olio di pesce che possono ridurre del 60% i trigliceridi ematici in eccesso. L’estratto di lievito di riso rosso contiene lovastatina e altre sostanze che abbassano il colesterolo. Uno studio sui topi ha mostrato che seguire una dieta composta per l’1% di te verde, equivalente a bere 800 ml di te verde al giorno, ha ridotto del 37% l’assorbimento del colesterolo. I tocotrienoli, una isoforma della vitamina E, inibiscono la sintesi del colesterolo nel fegato proprio come fanno i farmaci statine, senza però effetti collaterali; i tocotrienoli gamma e delta sono 30 volte piu efficaci della versione alfa (comunque, poiche la vitamina E sotto forma di alfa-tocoferolo interferisce con gli effetti dei tocotrienoli nella riduzione dei lipidi, dovreste distanziare di 12 ore l’assunzione di tocotrienoli da quella di tocoferoli). Anche la pantoteina, una forma del complesso B riduce i lipidi ematici. Probabilmente la niacina è il nutriente piu potente per ridurre i lipidi ematici, ma solo in dosi di 1 g o più al giorno. Evitate i carboidrati raffinati come lo sciroppo di mais ricco di fruttosio, un ingrediente comune degli alimenti processati che causa un incremento enorme dei livelli di trigliceridi ematici e finisce direttamente nelle riserve di grasso viscerale. Lo stesso vale per i grassi trans, che abbassano l’HDL e aumentano l’LDL, peggiorando cosi una situazione già sfavorevole nel profilo lipidico ematico. Fra gli amminoacidi, l’arginina e la taurina influenzano favorevolmente la pressione ematica e la funzione cardiaca. Per esempio nella sindrome metabolica è stata descritta la perdita della capacità propria dell’insulina di determinare aumento della perfusione muscolare e vasodilatazione endotelio-dipendente. Infatti il rilascio da parte delle cellule endoteliali dell’ossido nitrico (NO), che è il mediatore principale di tali effetti vascolari, sembra essere compromesso negli stati di insulinoresistenza, per un blocco selettivo della via metabolica postrecettoriale della fosfatidilinositolo-3 kinasi. L’arginina in forma alfaketoglutarata, possiede attività di stimolo nella sintesi di ossido nitrico, per cui il suo utilizzo ha un razionale nella SM. Sono utili anche l’aglio e gli integratori di coenzima Q10. Poichè lo stress e legato al rilascio eccessivo di cortisolo, che favorisce il deposito del grasso nell’area addominale, dovreste fare tutto il possibile per evitare lo stress eccessivo (Psychosomat Med. 64:418-435.).

Può essere utile anche assumere integratori alimentari che possono modificare il rilascio di cortisolo, come la fosfatidilserina. La mancanza di sonno aumenta il cortisolo e favorisce la resistenza all’insulina (Occup Environ Med. 58:747-752), quindi se si ha un sonno disturbato potrebbe essere utile un’integrazione con melatonina che, pur non interessando direttamente gli squilibri della sindrome metabolica, può però migliorare la qualità del sonno e quindi tenere bassi i livelli di stress. Secondo uno studio (Am J Clin Nutr 91: 1044-1059, 2010) un’integrazione con resveratrol, green tea extract, -tocopherol, vitamin C, n–3 (omega-3) polyunsaturated fatty acids, and tomato extract agiscono sui processi infiammatori, stress ossidativo ed il metabolismo, delle proteine e metaboliti nel plasma, nelle urine e nel tessuto adiposo abbassando lo stato infiammatorio ed i processi ossidativi. C’è poi la berberina con la sua azione ipocolesterolemizzante (Nat Med. 2004 Dec;10(12):1344-51). L’assunzione per 3 mesi ha RIDOTTO il COLESTEROLO del 29%, i TRIGLICERIDI del 35% e le LDL del 25%. Lo studio dimostra che la Berberina stimola l’espressione (up-regola) del recettore per le LDL (Expert Opin Investig Drugs. 2005 May;14(5):683-5). La berberina possiede anche effetto ipoglicemizzante e favorisce la diminuzione di emoglobina glicata (Metabolism. 2008 May;57(5):712-7; Clin Endocrinol Metab. 2008 Jul;93(7):2559-65). Un effetto importante della berberina è quello di aumentare I’espressione dei recettori dell’insulina aumentando la sensibilità all’insulina stessa (Metabolism. 2010 Feb;59(2):285-92). Se parliamo di “abbattimento” dell’infiammazione cronica, la curcumina si è dimostrata efficacenell’ABBASSARE I MARKERS DELL’INFIAMMAZIONE VASCOLARE E I LIVELLI DI STRESS OSSIDATIVO, CONTRIBUENDO A RIDURRE LA GLICEMIA E IL RISCHIO DI INFIAMMAZIONE VASCOLARE NEL DIABETE (antioxid redox signal 2009 Feb; 11(2):241-9). La curcumina modula la risposta infiammatoria down-regolando l’attività della COX-2, lipossigenasi, iNOS e inibendo la produzione delle citochine infiammatorie TNF-α, interleuchine (IL) -1, -2, -6, -8 e -12, MCP e proteina inibitoria della migrazione. L’accumulo del sorbitolo, dovuto all’aumento dell’attività dell’aldoso reduttasi, è implicato nello sviluppo di varie complicazioni secondarie del diabete. La curcuma è in grado di inibire l’aldoso reduttasi con una IC50 di 10 microM in maniera non competitiva. Inoltre la curcumina è in grado di inibire l’accumulo di SORBITOLO NEGLI ERITROCITI in condizioni di iperglicemia, dimostrando un potenziale utilizzo nella prevenzione delle complicanze diabetiche. (FEBS. Lett 2009 Nov 19; 583(22):3637-42

Fra gli amminoacidi, l’arginina e la taurina influenzano favorevolmente la pressione ematica e la funzione cardiaca.

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QUANTI ANNI DIMOSTRI? EQUILIBRIO ORMONALE: ELISIR DI LUNGA VITA Gli ormoni fungono da messaggeri e rispondono alle necessità e ai bisogni dell’organismo; essi vengono prodotti e secreti da ghiandole che li rilasciano a seconda degli stimoli che giungono dal sistema nervoso. Esiste una correlazione fra la diminuzione dei livelli ormonali e il processo di invecchiamento. Per questo la valutazione dei livelli ormonali è fondamentale per prevenire e rallentare il processo di invecchiamento dell’organismo e favorire il mantenimento dello stato di benessere.

PROFILI ORMONALI NATRIX PROFILO DIMAGRIMENTO: permette di determinare il nostro metabolismo, è consigliato quando si inizia, in maniera consapevole, un percorso alimentare finalizzato al dimagrimento. PROFILO STRESS: determina i livelli bioattivi di due importanti ormoni dello stress:

il cortisolo e il DHEA. Il livello di cortisolo tende ad aumentare con il passare degli anni o in seguito a stress severo e prolungato. Il livello del DHEA, al contrario, diminuisce progressivamente con l’età e l’aumento dello stress. PROFILO SPORT: permette di valutare l’impatto dell’attività sportiva sull’organismo. Il test è consigliato per perfezionare la performance sportiva ed evitare l’overtraining. PROFILO DONNA FERTILE: permette di conoscere i livelli di progesterone ed estradiolo in tre diversi momenti del ciclo. Rappresenta un utile strumento per comprendere eventuali squilibri ormonali e definire insieme al proprio medico una strategia mirata a riequilibrare l’assetto ormonale. PROFILO DONNA MENOPAUSA: è utile per il controllo dello stato ormonale della donna nel periodo che precede la menopausa e durante la menopausa. Fornisce importanti informazioni sulla necessità di una terapia ormonale antiaging. PROFILO UOMO: permette di verificare l’efficienza ormonale e sessuale maschile in età fertile e andropausa. Il test deter-

mina i livelli di testosterone che indica la funzione dei testicoli, e l’estradiolo i cui alti livelli concorrono nello sviluppo di patologie cardiovascolari e osteoporosi. PROFILO BUONANOTTE: permette di conoscere la concentrazione serale di melatonina, fondamentale neurormone che regola il ciclo sonno-veglia. Il test è consigliato in periodi di elevato stress psico-fisico, durante l’invecchiamento, in menopausa. Utile anche nei bambini che hanno difficoltà a dormire nelle ore notturne. Natrix Lab: il laboratorio certificato (UNIENI-ISO 9001: 2000) di riferimento per le tue analisi personalizzate: • • • • • • • •

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CREATINA: NON SOLO PER LO SPORT La creatina monoidrata è, senza ombra di dubbio, la molecola che è stata più studiata in ambito sportivo per aiutare gli atleti agonisti e non nel recupero dallo sforzo fisico eccessivo e per aumentare la forza esplosiva. Recentemente (si parla degli ultimi 15 anni) la creatina è stata studiata come molecola addizionata alla dieta quotidiana per prevenire l’insorgenza e diminuire i sintomi di malattie neurodegenerative, tipo Alzheimer, Parkinson ecc. Le malattie neurodegenerative sono generalmente contrassegnate dalla degenerazione dei neuroni all’interno di aree distinte del cervello. La perdita o la disfunzione dei neuroni può essere imputata ad una vasta varietà di malattie neurologiche che dipendono dalla localizzazione della perdita dei neuroni e dal progredire della malattia stessa. Numerosi studi hanno dimostrato che questo tipo di malattie hanno una eziologia biochimica che contribuisce alla patogenicità e alle manifestazioni cliniche di diverse patologie neurodegenerative. Questa sovrapposizione di processi che include citotossicità, stress ossidativo, esaurimento energetico e disfunzione mitocondriale sono implicate in molti disturbi, come

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la Malattia di Huntigton (HD), la Malattia di Parkinson (PD), la sclerosi laterale amiotrofica (ALS) e le malattie mitocondriali in generale. Come noto i mitocondri sono organelli cellulari deputati alla produzione dell’energia e alla regolazione dello stato energetico della cellula attraverso il processo di fosforilazione ossidativa che produce ingenti quantità di ATP per rifornire tessuti come il muscolo striato, il muscolo scheletrico e il tessuto cerebrale. Queste funzioni (rifornimento e regolazione dell’energia cellulare) sono coinvolte nei processi neurodegenerativi come l’eccitotossicità, la produzione delle specie reattive dell’ossigeno (ROS) la disregolazione del processo di omeostasi del calcio e il processo di apoptosi. Una delle malattie neurodegenerative sempre più in espansione nel mondo è la malattia di Parkinson(PD). Questa patologia è dovuta alla degenerazione cronica e progressiva delle strutture nervose che costituiscono il sistema extrapiramidale. Tale alterazione si verifica in un’area del sistema nervoso centrale detta substantia nigra, un nucleo situato a livello del mesencefalo in cui viene prodotta la dopamina. In questa area vi è la perdita


PROGRAMMA: ANTROPOMETRIA: misurazioni- plicometria ed impedenziometria BIOCHIMICA ED ENDOCRINOLOGIA DELL’ALIMENTAZIONE ALIMENTAZIONE NELL’ATTIVITA’ FISICA DIETE DEL FITNESS: Gruppi sanguigni - Mediterranea - Metabolica - Paleodieta - Warrior Diet - Dieta Zona DIETA “COM” E DIMAGRIMENTO LOCALIZZATO INTEGRAZIONE ALIMENTARE INTOLLERANZE ED ALLERGIE ALIMENTARI - I PREBIOTICI ALIMENTAZIONE ANTI-AGING PROGRAMMAZIONE NEUROLINGUISTICA: l’aspetto motivazionale Il corso di Educatore Alimentare serve a dare una credibilità ed una competenza maggiore all’operatore di fitness che si trova a relazionare nell’ambito del suo lavoro con persone che cercano di migliorare il loro stato fisico come estetica, benessere, salute, tramite un percorso che prevede un adeguamento dello stile di vita. Se la pratica dell’esercizio fisico corretta è fondamentale in questo percorso altrettanto lo è un corretto approccio alimentare. Questo traguardo è raggiungibile tramite un’adeguata educazione alimentare che può essere impostata appunto da una figura come l’“Educatore Alimentare”, che non deve essere confuso con il “dietista” o il medico specialista in Scienza dell’Alimentazione, il primo preposto alla costruzione di una dieta calcolata e impostata per specifici obiettivi, il secondo unica autorità preposta a prescrivere diete finalizzate alla cura di patologie. Il compito dell’Educatore Alimentare sarà appunto quello di insegnare a scegliere i cibi più indicati nelle corrette proporzioni e modalità di assunzione senza impostare diete specifiche con grammature e percentuali.

CORSO CON FREQUENZA

Sede: Parma Date 2013: 30 novembre Date 2014: 18 gennaio - 15 febbraio - 15 marzo -19 aprile - maggio: convegno Pianeta Nutrizione (data da definire)

CORSO SENZA FREQUENZA

Per il corso “senza frequenza” Verrà fornito il materiale didattico e tutoraggio telefonico o via e-mail.

Data esame: da definire - E’ previsto un esame finale scritto (test a risposte multiple) e orale.

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L’Accademia del Fitness o il malfunzionamento dei neuroni dopaminergici che portano alla soppressione dell’attivazione dei neuroni della corteccia motoria. La patogenesi consiste quindi nella perdita di gruppi cellulari in grado di facilitare il movimento attraverso la secrezione di dopamina, tale evento patologico trova il suo corrispettivo clinico nella classica triade che definisce il morbo di Parkinson: • Bradicinesia: definita come riduzione della mobilità autonoma e volontaria senza riduzione della forza muscolare; • Rigidità: asimmetrica, di tipo plastico, per cui un paziente affetto da tale malattia, cercando di muovere una arto ha la sensazione di “piegare un tubo di piombo” oppure di modellare la cera; • Tremore: a riposo, a 4-6 cicli per secondo, esordisce nelle porzioni distali degli arti. Numerosi studi di analisi istologiche, su pazienti con i primi sintomi e su tessuti postmortem di substantia nigra di pazienti con PD conclamato, indicano che esistono deficienze all’interno del complesso I della catena di trasporto degli elettroni.

Mitocondri coinvolti nella malattia di Parkinson Parkinson potenziale efficacia terapeutica dell’assunzione di creatina. Il morbo di Parkinson e caratterizzato dal danneggiamento dell’attività del complesso I della catena di trasporto degli elettroni del mitocondrio (1). La soppressione/inibizione del complesso I da parte della neurotossina MPTP diminuisce la produzione di ATP, e di conseguenza diminuisce la quantità di ATP che può essere utilizzato dalla PCr generata dalla MtCK (2). Il danneggiamento della catena di trasporto degli elettroni, aumenta la produzione di ROS, inducendo il passaggio della MtCK dalla forma ottamerica alla forma dimerica rendendola inattiva, inoltre alte concentrazioni di ROS riducono l’attività citosolica della CK. La somministrazione di Cr esogena comporta un miglioramento generale delle funzioni bioenergetiche cellulari e mitocondriali aumentando le scorte di PCr che riduce la perdita di neuroni associati alla malattia di Parkinson. Per studiare e consolidare il ruolo dei mitocondri nella malattia di Parkinson, e stata utilizzata la neurotossina MPTP (1-metile4-fenile-1,2,3,6-tetraidropiridina), la quale danneggia le funzio-

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ni mitocondriali e porta allo sviluppo della PD nei modelli umani e animali utilizzati. L’esposizione al MPTP danneggia il complesso I della catena di trasporto degli elettroni, ed è estremamente selettivo verso i neuroni dopaminergici della regione della substantia nigra(SN). Inoltre l’MPTP passa facilmente la barriera emato-encefalica ed entrando nelle cellule gliali le MAO-B la ossidano in MPP+ (1-metile-4-fenilpiridinio). Tale composto entra nelle cellule dopaminergiche, nella zona della substantia nigra, sfruttando il carrier della dopamina e provoca morte del neurone perché inibisce la respirazione mitocondriale ed inoltre si istaura stress ossidativo che genera ulteriore danno. Utilizzando roditori, a cui è stato indotto il Morbo di Parkinson attraverso somministrazione di MPTP, come modello sperimentale è stato studiato l’effetto della creatina coadiuvato dal CoQ10 come agente protettore. In alcuni di questi roditori è stata somministrata nella loro dieta un supplemento del 2% di creatina e del 1% di CoQ10, per la durata di due settimane, mentre in altri gruppi non vi è stata somministrazione alcuna o sono state somministrate separatamente le due sostanze. Dopo 28 giorni di terapia si e visto, nei campioni di roditori senza somministrazione di Cr e CoQ10, una significativa riduzione (56%) della dopamina striatale totale; invece nei topi trattati con la dieta integrata con Cr e CoQ10 c’e stata una sensibile riduzione della deplezione della dopamina (33%) indotta dal MPTP. I supplementi dietetici sono composti o dalla sola somministrazione di creatina (2%) o la sola somministrazione di CoQ10 (1%) oppure la miscela di entrambe le sostanze. La somministrazione di entrambe le sostanze riesce ad abbassare sensibilmente l’effetto negativo del MPTP sulla produzione di dopamina, risultando il trattamento migliore.

Effetto neuroprotettivo della creatina coadiuvata dal CoQ10, nell’attenuare gli effetti neurodegenerativi sui neuroni dopaminergici nigrostriatali indotti dalla tossina MPTP. (A) La Cr e il CoQ10 riducono sensibilmente la deplezione causata dalla MPTP dei neuroni dopaminergici striatali. (B) Quantità di cellule presenti e quantità di TH (tirosina idrossilasi) presente nei neuroni dopaminergici della SNpc. La somministrazione di Cr e CoQ10 riducono drasticamente la perdita dei neuroni causati dalla MPTP. (C)Fotomicrografia della sezione di SNpc di topo, la


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L’Accademia del Fitness creatina e il CoQ10 bloccano la perdita dei neuroni che producono TH indotta dalla MPTP. Analisi immunoistochimiche dei neuroni dopaminergici della Substantia Nigra Pars Compacta (SNpc) ha mostrato come, dopo 28 giorni di trattamento con MPTP, vi sia una intensa perdita della funzionalità dell’enzima Tirosina Idrossilasi (TH). Tale enzima aggiunge un gruppo idrossilico (-OH) in posizione 3’alla Tirosina per dare il composto L-DOPA (Levodopa). I tre tipi di dieta fornita ai roditori in esame hanno avuto un ruolo protettivo contro la perdita della funzione della TH nei neuroni dopaminergici della SNpc. La somministrazione cronica di MPTP provoca un altro evento all’interno dei neuroni della SNpc, causa un danno ossidativo e aumenta l’accumulo della proteina α – sinucleina (principale componente dei corpi di Lewis). L’accumulo di α – sinucleina è localizzato nei neuroni immunoreattivi alla TH della SNpc. Il trattamento con creatina e CoQ10 combinato blocca in maniera significativa la formazione di Malondialdeide (MDA) indotta da MPTP, inoltre riduce l’accumulo patologico della α-sinucleina e lo stress ossidativo prodotto dalla neurotossina.

Creatina e CoQ10 e la loro combinazione bloccano la per ossidazione lipidica indotta dalla somministrazione cronica di MPTP e l’accumulo di α – sinucleina nei neuroni dopaminergici della SNpc. Questi studi dimostrano varie modalità di azione da parte di entrambi i composti. Il CoQ10 ha un effetto sia come antiossidante che come coadiuvante nella funzionalità della catena di trasporto degli elettroni, invece la creatina produce un aumento della produzione di fosfocreatina (PCr) agendo come “sistema tampone energetico“. Inoltre, da quanto esposto, si evince che entrambi i composti mostrano un effetto neuro protettivo an-

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che se con meccanismi differenti. Infatti il CoQ10 esplica un maggior un effetto antiossidante della creatina, che a sua volta sembra agire prevalentemente sul metabolismo energetico. Per l’uomo si raccomanda una assunzione giornaliera di 2-3 g di CoQ10, poichè nel plasma i livelli di questo composto raggiungono il palteau già con una somministrazione di 2,4 g/die, mentre per la creatina si consigliano dosi ottimali di 30 g/die soprattutto a pazienti affetti da malattia di Huntington e morbo di Parkinson. In definitiva questi studi hanno mostrato il potenziale valore neuroprotettivo della creatina in combinazione con il CoQ10 in animali affetti da Malattia di Huntington e Malattia di Parkinson. Inoltre la terapia basata sulla contemporanea somministrazione dei due composti ha dimostrato la sua efficacia per il trattamento presintomatico degli effetti delle suddette patologie neurodegenerative, poichè sia la creatina che il CoQ10 sono due composti naturali ben tollerati e con pochi effetti collaterali. Dottor Andrea Angelozzi Laureato in Scienza Biologiche


numero 10 / 2013

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L’Accademia del Fitness

PIANTE ED ESTRATTI VEGETALI AD AZIONE “ADATTOGENA” E LORO AZIONI SALUTARI IN AMBITO ANTI-AGING ED ANTI-STRESS L’interesse per la salute naturale è ormai un fenomeno evidente che si sta diffondendo sempre più; infatti non solo molti desiderano vivere meglio e magari più a lungo, ma anche vorrebbero avere più brio ed energia vitale e poter resisitere al meglio allo Stress quotidiano. Quanto riportato è un sintetico riassunto di numerose lezioni del Prof.Alessandro Gelli, tenute sia per i corsi Universitari in “Metodologie Anti-Aging ed Anti-Stress”, Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia, Sapienza Università di Roma, sia per il corso ISS (Istituto Superiore di Sanità) in erboristeria, per medici e farmacisti. Già decenni fa gli effetti delle piante ad azione salutare erano insegnate in seminari e congressi Accademici, tuttavia l’interesse era circoscritto ad un numero di medici e farmacisti limitato,per lo più appassionati, oggigiorno con l’avvento dell’interesse per l’ ”Anti-Aging” (o meglio Aging Management), l’insegnamento è diventato uni-

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versitario istituzionale; ciò mostra come i tempi cambino ma un principio è essenziale e non cambierà mai: per una seria e tecnica “formazione Anti-Aging” è necessaria una sinergica tecnica “formazione Anti-Stress”. Le piante possono offrire un valido aiuto laddove siano consigliate all’utente in modo personalizzato. Tali consigli devono provenire da un vero esperto, che abbia anche una formazione globale nei settori tecnico pratici per la gestione concreta del fenomeno con cui tutti dobbiamo convivere ed adattarci operativamente utilizzando ogni mezzo possibile: Lo Stress. Possibili Definizioni di “Adattogeno”: Per Adattogeno si può intendere una sostanza che rende l’organismo più efficiente nell’adattarsi alle numerose circostanze e


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L’Accademia del Fitness vicessitudini che inducono Stress nell’organismo stesso.La reazione allo Stress è una reazione vitale ed una delle 9 funzioni dell’Ipotalamo è la nota “reazione di attacco o fuga”, fortemente coinvolta nella reazione agli Stressors. Selye concepì il concetto generale di Adattamento riferito ai meccanismi psicofisiologici che il soggetto sotto Stress mette in atto per reagire agli Stressors, i vari agenti Stressanti, suddivisi a loro volta in Eustress e Distress (stressors entrambi dannosi ma interpretati dallo specifico soggetto come piacevoli o, al contrario, sgradevoli). L’organismo reagisce e si adatta con efficacia diversa da soggetto a soggetto, infatti è soggettiva sia l'interpretazione degli eventi stressanti sia il tipo e l’intensità di risposta che, ai fini di una buona gestione dello Stress, deve essere ben calibrata; questo risposta ottimale non è facile per molti soggetti, infatti lo Stress cronico di “base” può essere acutizzato da un evento specifico (evento acuto). In questa situazione, molto comune oggigiorno, a seconda di quanto un soggetto presenta stanchezza e parziale esaurimento di base, otterrà una risposta in acuto più o meno efficace da parte del suo network psico-neuro-endocrino. Il limite della risposta di adattamento consiste anche nelle specifiche riserve di “energie di Adattamento”, che non sono illimitate e variano molto da soggetto a soggetto. Adattogeno è quindi potenzialmente un qualunque evento o sostanza che aiuta l’organismo a potenziare i meccanismi vitali di Adattamento, base della sopravvivenza. Brekhman più recentemente definì il concetto di Adattogeno: “Adattogeno è un principio attivo o droga (parte della pianta che si usa in medicina) in grado di aumentare le resistenze aspecifiche e le difese dell’organismo nei confronti di fattori di Stress”; inoltre tali sostanze devono essere “prive” di tossicità. Sia sostanze naturali sia specifiche strategie e metodologie Anti-Stress possono, se ben personalizzate, far migliorare la capacità di adattamento psico-fisiologico nei confronti dello Stress quotidiano, base del vero “Anti-Aging”. Le sostanze naturali ad azione Adattogena potrebbero essere definite come dei regolatori-adattatori metabolici, in grado di aiutare la capacità dell’organismo di adattarsi nei confronti di ogni tipo di Stressors e Stress(ambientale, situazionale, fisico, biologico ecc). Non sono molte le sostanze naturali e le piante che possono

rientrare in questa ristretta categoria poiché non devono essere né direttamente e marcatamente stimolanti né rilassanti ma favorire la risposta idonea del S.N.A. e di tutto il network psico-neuro endocrino, in base alla specifica situazione stressante. Non appartengono alla categoria delle piante adattogene molte delle piante più note, come il Thè, il Ginseng, la Damiana, il Guaranà ecc, tutti stimolanti e con i relativi effetti collaterali, Passiflora, Biancospino, Valeriana ecc, hanno al contrario marcati effetti rilassanti. Gli Estratti Secchi: utilizzare gli estratti secchi è il modo più comune e comodo per assumere in modo concentrato i Principi Attivi (P.A.) titolati della pianta in questione. Di solito la droga (definizione scientifica e corretta che indica la parte della pianta usata in medicina) è una parte della pianta, anche se nella medicina indiana, l’Ayurveda, si utilizza la pianta in toto; tuttavia i P.A adatti per un certo effetto salutare e/o terapeutico, sono solitamente presenti in una specifica parte della pianta (foglie o radici o corteccia ecc) è quindi chiaro il perché utilizzare quella parte di pianta specifica per degli scopi specifici. La titolazione del o dei P.A. serve per far conoscere la quantità di P.A. presente, per esempio su 100g di estratto. La titolazione deve essere riportata su tutto il lotto “standardizzato” ed è specifica solo per quel lotto per quella produzione; infatti la % dei vari P.A. varia anche notevolmente a seconda del periodo di raccolta della pianta, del luogo geografico di raccolta, del metodo conservativo e del metodo estrattivo. La polvere ingerita rispetto alla pianta, o meglio alla parte utilizzata, è più concentrata, come principi attivi, dichiarati, per esempio al 1- 2-3 o 5% ecc. In questo modo si può assumere in uno spazio ridotto una sufficiente quantità di principi attivi riducendo anche eventuali disturbi gastrici indotti dalle cellulose, resine, i supporti inerti della pianta che in alcuni soggetti potrebbero indurre ad esempio fastidi intestinali ecc. In questo modo il medico ha una possibilità più “scientifica” tramite la quantificazione del P.A. prescritto al suo utente, cosa che non è possibile utilizzando un estratto non titolato. Le materie che trattano le piante, le varie preparazioni,i contenuti e gli effetti farmacologici, sono la botanica farmaceutica, la Farmacognosia la fito-terapia in genere, anche se recente-

Adattogeno è quindi potenzialmente un qualunque evento o sostanza che aiuta l’organismo a potenziare i meccanismi vitali di Adattamento, base della sopravvivenza.

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L’Accademia del Fitness mente le piante e i relativi preparati mono o pluri-composti, hanno sempre più applicazioni in ambiti non solo terapeutici” classici” ma anche per i settori “Anti-Aging”, Anti-Stress (Aging and Stress Management) e per l’incremento della performance psico-fisica in genere. LE PIANTE AD AZIONE ADATTOGENA Tra le piante dette “Adattogene”, potenzialmente più utili, (bisogna sempre tener conto della differente risposta soggettiva),possiamo annoverare la Rodiola Rosea, la Maca, la Suma, Il Ginkgo Biloba, lo Schizandra e l’Eleuterocco. Queste piante possono trovare collocazione in questa categoria come coadiuvanti dell'azione ADATTOGENA sul network psiconeuro-endocrino; presentano meccanismi bio-chimici e fisiologici diversi, azioni utili per potenziare una aspecifica ed efficace risposta allo Stress sia acuto che cronico. Alcuni piante “adattogene” potrebbero limitare la iper-produzione di Catecolamine (tipica di soggetti a tendenza ansiosa ecc.) durante situazioni di Stress. Varie piante di questa categoria manifestano anche azione anti-ossidante, che contrasta i noti radiacali liberi.Pare anche possano svolgere un ruolo nella riduzione della perossidazione lipidica. Le piante ad azione adattogena e gli adattogeni in genere secondo alcuni autori possono essere distinti in: -Immunostimolanti (aiutano a mantenere efficiente il sistema immune) -Nootropici (miglioranti le funzioni cerebrali, i farmaci Nootropi allopatici sono il Piracetam, Oxiracetam, Aniracentam ecc) -Anabolizzanti (nel senso che ottimizzano in modo naturale la sintesi proteica)

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-Tonici (aiutano a ridurre alcuni stati d’insufficienza dell’organismo e/o di singoli organi, in pratica svolgono un ruolo coadiuvante la gestione metabolico-fisiologica dello Stress) -Geriatrici (utili per aiutare a contrastare vari effetti correlati all’avanzare dell’età, per cui molte piante e estratti vegetali ad azione adattogena, ben dosate e personalizzate, rientrano in un serio e concreto mosaico Anti-Aging) o meglio di Stress Management). Alcuni studi hanno utilizzato un’associazione di Rodiola Rosea e Eleuterococus Sativus. Nota: il Ginseng orientale è così noto che altre piante vengono appellate come: Ginseng siberiano o russo (Eleuterocco), Ginseng Brasiliano (la Suma), Ginseng delle Ande (il Maca) Eleuterococco e suoi estratti: Alcuni lavori hanno dimostrato che alcuni principi attivi dell’Eleuterococco favoriscono la sintesi di proteine/acidi nucleici parzialmente bloccando l’inibizione della RNA Polimerasi DNAdipendente in animali sotto sforzo senza influenzare l’attività della stessa, pare favoriscano l’aumento della sintesi del glucosio 6-Fosfato Deidrogenasi (G-6PD) con relativa influenza sul metabolismo energetico. Chiamato talvolta anche con il nome “Ginseng siberiano” non va confuso assolutamente con il noto Panax Ginseng giapponese (la radice a forma d’uomo) che presenta proprietà energizzanti e anche stimolanti con il relativo “down” terminato l’effetto psico-fisiologico del classico Ginseng orientale. Prof. Alessandro Gelli Coordinatore e Docente Corso di Alta Formazione e Formazione in “Metodologie Anti-Aging e Anti-Stress”, Sapienza Università di Roma Facoltà di Farmacia e Medicina, Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia


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L’Accademia del Fitness

INTOLLERANZE ALIMENTARI:

UNA LUCE SUL PRESENTE E SUL FUTURO

Una corretta alimentazione mantiene “giovane” l’organismo, aiuta a prevenire un eccessivo accumulo di grasso sottocutaneo e, se necessario, evita il contatto con glutine, lattosio o specifici allergeni alimentari. Ma non solo. Mangiare bene consente anche di prevenire i fenomeni infiammatori che sono alla base di disturbi molto comuni, come gonfiore, crampi addominali, dissenteria, emicrania, eczemi, caratteristici di quelle che chiamiamo intolleranze alimentari. Dall’esperienza clinica e dalla ricerca ci arrivano sempre maggiori evidenze del fatto che, nelle persone sensibilizzate, qualsiasi alimento è potenzialmente in grado di determinare la comparsa di sintomi dovuti alla produzione di citochinine od altre sostanze infiammatorie. Ciò porta alla necessità di identificare 1) i soggetti sensibili e 2) gli alimenti che danno (o possono dare) problemi di intolleranza. Tuttavia, le intolleranze alimentari possono apparire di difficile inquadramento clinico: non sono allergie ma non sono neanche forme di intolleranze vere e proprie come quella al glutine o al lattosio. Ciò ha contribuito alla diffusione di molte metodologie di indagine che l’American Gastroenterologic Association ha definito “non attendibili” e che hanno contribuito a dare una fama poco nobile a queste forme di intolleranza. Rientrano in questa categoria molti test noti, come l’EAV/Vega, il kinesiologico e il citotossico, che mostrano una carenza di affidabilità dovuta a due motivi principali: scarsa ripetibilità ed eccessiva dipendenza dall’esperienza dell’operatore. Nel corso degli anni, però, si è affermato sempre di più anche nel campo delle intolleranze alimentari l’uso della metodica immunoenzimatica E.L.I.S.A. (Enzyme Linked Immuno-Sorbent Assay), da anni standardizzata in laboratorio e già sfruttata per l’esecuzione dei RAST test in campo allergologico. Questa procedura garantisce l’univocità del risultato ed elevati livelli di ripetibilità, distinguendosi, quindi, da tutte le altre. L’affermazione di questa metodica è avvenuta nel momento in cui è apparso chiaro che un ruolo chiave nella mediazione tra l’assunzione di un alimento e la comparsa dei sintomi è giocato dal sistema immunitario, esattamente come avviene nel caso delle allergie. Ma, a differenza delle allergie, in questo caso la mediazione non è operata dalle immunoglobuline classe E (IgE), bensì da una classe differente, le G (IgG), il cui dosaggio consente di evidenziare l’avvenuto contatto con un alimento in grado di determinare fenomeni infiammatori. Nel corso degli anni la ricerca si è ulteriormente affinata e dall’analisi generica delle IgG si è passati a quella di una parti-

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numero 10 / 2013 colare sottoclasse, rappresentata dalle IgG4. Un passo in avanti fondamentale nella pratica clinica, come evidenziato nel 2008 da una pubblicazione del Dipartimento di Medicina di Laboratorio dell’Ospedale di Padova (Time to reconsider IgG4, Clin Chem Lab Med 2008; 46(5):687-690). Tale studio ha evidenziato come il dosaggio delle IgG4 comporti notevoli vantaggi, perché consente di identificare sia i pazienti sensibilizzati sia gli alimenti che, con il loro consumo ripetuto, possono causare fenomeni infiammatori. Informazioni preziose che permettono non solo di intervenire una volta comparsi i sintomi, ma anche di effettuare un’azione preventiva. Inoltre, lo studio padovano ha fatto emergere come le IgG4 abbiano un elevato valore predittivo negativo (0,99) e siano, pertanto, in grado di indicare gli alimenti ai quali il paziente non risulta sensibile e che, quindi, non possono creargli disturbi. Gran parte dei test con queste caratteristiche resta, tuttavia, inarrivabile per il paziente a causa dei costi troppo elevati. Inizialmente, infatti, si era pensato che l’analisi di un numero elevato di alimenti, pur comportando costi maggiori, potesse essere molto utile ai fini diagnostici ed ancora oggi molti test si basano su questo principio. Tuttavia, già da alcuni anni si è visto che se da una parte il numero di alimenti che più frequentemente determina la comparsa di intolleranze alimentari è relativamente basso (14, secondo uno stu-

dio del 2009), dall’altra le informazioni davvero utili sono quelle che riguardano gli alimenti maggiormente presenti nella nostra dieta. Per questo motivo, numerosi specialisti oggi concordano che con l’indagine di un pool estremamente selezionato di alimenti si possa effettuare uno screening clinicamente utile, con un notevole vantaggio in favore delle finanze del paziente. Si tratta di passi in avanti notevoli, dai primi studi della metà del secolo scorso, e che testimoniano il grande fermento presente in questo settore. Fermento particolarmente sentito nel nord Europa: le ricerche iniziate nei laboratori di Schwerin (GER) da un pool di allergologi, hanno infatti permesso di realizzare dei test che consentono di effettuare lo screening delle intolleranze alimentari (o delle allergie) direttamente in ambulatorio, con un gran risparmio di tempo sia per lo specialista sia per il paziente, senza rinunciare all’attendibilità dell’esame. Passi in avanti come questi erano impensabili anche solo dieci anni fa, ma oggi consentono una rapida rivalutazione di un problema, quello delle intolleranze alimentari, troppo spesso bollato come “pura invenzione” sebbene riguardi milioni di persone in tutto il Mondo.

Mangiare bene consente anche di prevenire i fenomeni infiammatori che sono alla base di disturbi molto comuni, caratteristici di quelle che chiamiamo intolleranze alimentari.

Dott. Raffaello Michelotti Biologo

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L’Accademia del Fitness

LE PIANTE MEDICINALI

PER LO SPORT

Negli ultimi anni l'utilizzo delle piante medicinali in campo medico ha avuto sempre più spazio in quanto gli estratti vegetali si sono rivelati preziosi alleati per far fronte a svariati disturbi di salute anche in associazione a farmaci, per prevenirne l’utilizzo o contrastarne gli effetti secondari. Le riviste scientifiche hanno dato sempre più spazio ai lavori sull'utilizzo delle piante medicinali e questo ha consentito di sviluppare protocolli per trattamenti sempre più sicuri ed efficaci. Paradossalmente uno degli ambiti dove gli estratti vegetali sono stati meno utilizzati è proprio l'ambiente sportivo, dove invece ha avuto maggior successo l’uso di integratori a base di aminoacidi, sali minerali e antiossidanti. L’impiego razionale della fitoterapia in ambito sportivo potrebbe invece rivelarsi un ottimo strumento per far fronte a alle diverse problematiche della sportivo amatoriale o professionista. Dall’esperienza maturata in ambito clinico si possono estrapolare preparati fitoterapici per far fronte alle diverse fasi del trauma, per contrastare i dolori lombari, cervicali ed articolari e per migliorare la preparazione e il recupero dell’atleta. Esempio di trattamento fitoterapico del trauma: Prima fase del trauma (fase reattiva): Contusione, stiramento, distorsione,strappo muscolare,rottura dei legamenti e del menisco, frattura.

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Sintomi: Dolori, gonfiore, calore,ematoma recente, alterata funzione. Piante medicinali indicate: Boswellia -Riduce lo stato di tensione localizzata, migliora la funzionalita articolare; rilassa i tendini, riduce l’edema- Mirra - Riduce il dolore e l’edema, favorisce la microcircolazione, riduce la stasi sanguigna, favorisce la rigenerazione dei tessuti - Curcuma - Favorisce la microcircolazione, riduce la stasi sanguigna, migliora la funzionalita articolare - Ippocastano - Riduce il dolore e l’edema, favorisce la microcircolazione, riduce la stasi sanguigna - Bromelina Riduce il dolore e l’edema, favorisce la microcircolazione, riduce la stasi sanguigna Seconda fase del trauma (fase ripartiva dopo sette giorni circa): Danni tissutali a tendini, legamenti, menisco,muscoli, ossa, in fase di riparazione. Sintomi: Dolore durante i movimenti e sotto sforzo, ematoma maturo, edema residuo. Piante medicinali indicate: Boswellia, Mirra (vedi sopra) Centella - Riduce la stasi sanguigna - Angelica cinese - Riduce il dolore e l’edema, favorisce la microcircolazione- Remannia - Riduce lo stato infiammatorio - Cartamo -Favorisce la microcircolazione, riduce la stasi sanguigna - Peonia - Favorisce la microcircolazione Terza fase del trauma (fase di risoluzione e recupero): Postumi


Physic Level 1 – Trauma One – cpr/spray Physic Level 2 – Trauma Two – cpr/spray Physic Level 3 – Trauma Three – cpr/spray Physic Level 4 – Artidol – cpr/spray Physic Level 5 – Cervical – cpr Physic Level 6 – Lumbar – cpr Physic Level 7 – Prepair – cpr Physic Level 8 – Fast – cpr/spray Physic Level 9 – Rigeneration – cpr/spray Physic Level 10 – Tonic – bust

BIOGROUP s.r.l. Variante esterna – Bagnoli del Trigno (IS) Tel. 0874 870014 Fax 0874 870973 www.biogroup.it


L’Accademia del Fitness traumatici, dopo eventuale immobilizzazione o stato di convalescenza prima di riprendere l'attività. Sintomi: Tensioni muscolari, rigidità delle giunture, dolenzie al movimento, dolori muscolari e reumatici cronici, atrofia muscolare e debolezza della parte dopo immobilizzazione. Piante medicinali indicate: Remannia (vedi sopra) Equiseto - Azione trofica sul tessuto osseo e sul tessuto connettivoPeonia, Centella, Angelica cinese (vedi sopra), Mandarino - Favorisce la circolazione del sangue, la funzionalita e la mobilità articolare Il trattamento del trauma è soltanto uno dei campi di applicazione della fitoterapia nello sport, ma come accennato gli estratti vegetali possono risultare utili per contrastare gli stati di infiammazione acuta degli arti superiori e inferiori come tendiniti, borsiti,sinoviti, sindrome del tunnel carpale, periartrite scapolo-omerale, epicondiliti, coxalgia, pubalgie, gonalgia, tarsalgia ed a questo scopo sono utili piante come l’arnica, la boswellia, la mirra, l’ortica. Interessante anche l’utilizzo delle piante durante le fasi di pre-

parazione e di grande impegno fisico in questi casi i maggiori vantaggi si hanno assumendo miscele fitoterapiche a base di eleuterococco, rodiola, fieno greco e schisandra, mentre per favorire il recupero dopo intenso sforzo psicofisico si consiglia l’assunzione di astragalo, avena, ginseng americano, giuggiolo, peonia e rodiola. Da non trascurare infine l’utilizzo topico delle piante medicinali sia per far fronte al dolore o per preparare i muscoli all'attività fisica ottenendo un rapida efficienza muscolare (oli a base di ginkgo, capsicum, canfora, maggiorana, pepe nero e pompelmo) che per favorire il recupero dopo l’attività sportiva (oli a base di angelica cinese, boswellia, zenzero, lavanda, pimento e menta) Chiaramente questo articolo è soltanto una piccola introduzione a quello che può essere il potenziale utilizzo degli estratti vegetali ma sicuramente quando la natura incontra lo sport l'atleta non potrà ottenere altro che vantaggi, in termini di tollerabilità, efficacia e sicurezza!

Dall’esperienza maturata in ambito clinico si possono estrapolare preparati fitoterapici per far fronte alle diverse fasi del trauma e per migliorare la preparazione e il recupero dell’atleta.

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Dr. Giovanni Occhionero



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LEAKY GUT SYNDROME PARTE SECONDA La scoperta della zonulina ha indotto gli studiosi a rivedere molta della letteratura medica scoprendo appunto che molte delle malattie autoimmunitarie hanno come denominatore comune una aberrante permeabilità intestinale. In molte di queste malattie l’aumentata permeabilità è causata da valori abnormemente alti di zonulina. Ad esempio nella celiachia è ora noto che è lo stesso glutine a stimolare una secrezione esagerata di zonulina forse a causa del profilo genetico di base. Sarebbe dunque questa permeabilità esagerata presente nei pazienti celiaci a consentire al glutine (il fattore ambientale) di filtrare tra le TJ fuori dall’intestino e di interagire con le cellule del MALT già esageratamente reattive. L’equipe del Prof. Fasano, uno dei massimi esperti di leaky gut, ha scoperto che la zonulina è il precursore di una proteina, l’aptoglobulina 2, a lungo considerata un marcatore dell’infiammazione e che si ipotizza possedere un ruolo chiave nelle malattie autoimmuni. Proprio a questa proteina potrebbe essere legata la sorte del futuro di milioni di celiaci attraverso la tanto agognata “pillola per la celiachia”. La celiachia e l’ipersensibilità al glutine tramite la leaky gut potrebbero costituire una causa scatenante dei disturbi dello spettro autistico (ASD) e della iperattività infantile. In particolare è stata trovata tra i pazienti con autismo (36.7%) e tra i loro parenti (21.2%) un’alta percentuale di anomalie nella permeabilità intestinale rispetto ai soggetti normali (4.8%). I pazienti con autismo che seguono una dieta senza glutine e caseina hanno valori significativamente più bassi di permeabi-

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lità intestinale rispetto a quelli che non seguono diete ristrette e al gruppo di controllo. Sintomi gastrointestinali sono presenti nel 46.7% dei bambini con autismo: stitichezza (45.5%), diarrea (34.1%), e altri (alternanza di diarrea/stitichezza, dolori addominali, etc: 15.9%). La diagnosi di ASD viene basata su carenze nelle interazioni sociali e nella comunicazione e sulla presenza di comportamenti ripetitivi ma, sebbene queste siano le caratteristiche per la diagnosi del disordine, vengono ignorati molti altri problemi medici che riguardano frequentemente le persone con autismo tra cui i problemi del sistema immunitario, stress ossidativo ed infiammazioni dell’intestino. Se da una parte ci sono prove limitate che dimostrano una relazione causale tra questi disturbi e l’ASD, è sempre più chiaro che molti bambini presentano diversi problemi biomedici che sono spesso trascurati e che possono trarre sollievo da una dieta gluten free e da prodotti di integrazione dedicati.

Figura 2 Leaky gut micotossina correlata La contaminazione da micotossine rappresenta una delle problematiche emergenti nell’ambito della gestione della sicurezza


numero 10 / 2013 igienico-sanitaria delle materie prime e dei prodotti della filiera cerealicola. Il deossinivalenolo (anche detto tossina vomitoria per i suoi effetti sull’apparato gastrointestinale) che si forma nel frumento pre raccolta si trova con frequenza elevata nelle farine, nel pane, nei biscotti, in varie preparazioni con cereali destinati anche alla prima infanzia e nella birra industriale. Induce sintomi a livello di vari organi ed apparati tra cui sintomi neurologici citochine correlati responsabili della c.d Sickness like behavior (infiammazione cronica a livello cerebrale da IL1β, IL6; TNFα). Alla base dei quadri clinici è stata dimostrata una abnorme permeabilità intestinale per danno alla Claudina 4 delle Tight Junction che a sua volta favorirebbe re-infestazioni micotiche anche per minime quantità di micotossina ingerite con gli alimenti. Avverrebbe contemporaneamente una sensibilizzazione a dosi di antigeni alimentari e respiratori low dose (quantum immunologico). In allergologia il nesso tra intolleranza alimentare e leaky gut è ormai noto e passa attraverso la iperattivazione dei mastociti intestinali che liberando istamina e serotonina incrementano la permeabilità intestinale, a sua volta peggiorando l’intolleranza alimentare stessa. La liberazione di neuromediatori come la sostanza P, CRH; NGF (infiammazione neurogenica) è responsabile di alcuni sintomi come il bloating. Nelle malattie autoimmuni la leaky gut appare una delle cause scatenanti a sua volta mantenuta dai farmaci somministrati. Singole dosi di aspirina o indometacina aumentano la permeabilità di parete per inibizione delle prostaglandine antiinfiammatorie; tale complicanza può essere in parte prevenuta pretrattando i pazienti con analoghi della prostaglandina E. Una esposizione cronica a FANS invece si associa ad uno stato di flogosi cronica non reversibile con misoprostolo. In questo caso miglioramenti sono stati ottenuti somministrando antibiotici o metronidazolo confermando l’importanza della endotossinemia batterica nel mantenimento del circolo vizioso. Pazienti affetti da artrite reumatoide in terapia con FANS presentano elevati livelli di anticorpi rivolti contro il Clostridium perfrigens e la sua α-tossina. Una aumentata permeabilità intestinale pare inoltre essere alla radice di alcuni tumori che si formano anche in sede extraintestinale. Le cellule epiteliali come abbiamo visto sono cellule altamente polarizzate e sono connesse le une alle altre da giunzioni cellulari. Le cellule di fenotipo mesenchimale invece non stabiliscono contatti intercellulari e sono dotate di capacità migratoria. Lo sviluppo tumorale è correlato alla c.d transizione epiteliomesenchima (EMT) che è un punto chiave dello sviluppo embrionale; EMT permette ad una cellula epiteliale di distaccarsi dal sito del tumore primario acquistando così la capacità di migrare. Durante la EMT le cellule epiteliali perdono le giunzioni intercellulari proprio come nella leaky gut. Il principale marcatore

in questo caso non è la zonulina ma la perdita della E-caderina, evento associato alla distruzione delle giunzioni cellula-cellula. L’incremento della N-caderina, della α-actina del muscolo liscio (α-SMA) e delle metalloproteasi (MMP) di matrice sono altri marcatori di mesenchimalità. Quindi le cellule che effettuano la EMT acquisiscono caratteristiche mesenchimali, necessarie per migrare lontano dal sito del tumore primario. L’induttore di EMT per eccellenza è il TGF-β1, che svolge un ruolo fondamentale sia nei processi ontogenici che nella trasformazione neoplastica ma in lavori recenti è stato dimostrato che le specie reattive dell’ossigeno (ROS) sono capaci di indurre la EMT oltre che generare danni ossidativi al DNA responsabili della instabilità genomica. La EMT è dipendente dai ROS poiché in presenza di N-acetilcisteina (NAC, “scavenger” generico) le cellule non effettuano la transizione. In presenza di NAC l’E-caderina non viene persa ed i livelli di Ncaderina, di α-SMA e di MMP2 non incrementano. Il NAC riduce drasticamente il livello di attivazione di fattori trascrizionali

Nelle malattie autoimmuni la leaky gut appare una delle cause scatenanti a sua volta mantenuta dai farmaci somministrati.

Figura 3 Azione guanilato ciclasi Dalla ricerca emerge che il recettore dell’ormone guanilato ciclasi C (GC-C) - un soppressore già noto presente nel tratto intestinale - svolge un ruolo chiave nel rafforzare la barriera intestinale separando l’ambiente intestinale dal resto del corpo. Senza il recettore, la barriera si indebolisce. Il team di Scott Waldman ha scoperto in uno studio preclinico che il silenziamento del GC-C nei topi compromette l’integrità della barriera intestinale, permettendo a eventuali agenti cancerogeni ambientali e/o assunti con l’alimentazione di fuoriuscire e danneggiare anche il DNA di tessuti esterni all’intestino. Al contrario, la stimolazione del GC-C negli intestini dei topi ha rafforzato la barriera intestinale e ha impedito la contaminazione di tali effetti patologici. Lo studio pone le basi per futuri studi pre-clinici e clinici diretti a comprendere le capacità di GC-C negli esseri umani, inclusa la prevenzione e il trattamento delle malattie infiammatorie intestinali della celiachia e del cancro. Se si vuole prevenire l’infiammazione intestinale o certi tipi di cancro negli

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L’Accademia del Fitness esseri umani probabilmente bisognerà trovare il modo di intervenire sugli ormoni che attivano GC-C per “ispessire” la barriera intestinale. Anche in campo oftalmologico (la congiuntiva è parte integrante del sistema MALT) è stato confermato come un assorbimento intestinale alterato arrivi a condizionare la composizione del film lacrimale creando sensazioni “da corpo estraneo”, occhio arrossato e stanchezza oculare con obiettività muta a livello dell’occhio stesso. La vista può quindi davvero costituire uno specchio esatto della situazione di salute generale. È quindi oramai assodato come una mucosa intestinale integra sia responsabile della selettività di barriera giocando un ruolo fondamentale non solo nell’assorbimento ma anche nei meccanismi di difesa. La selettività è assicurata anche dall’equilibrio tra le differenti popolazioni batteriche che costituiscono nel loro insieme l’ecosistema intestinale. Dottoressa Maria Letizia Primo Nutrizionista, Medico Legale Psichiatra

TEST DI PERMEABILITÀ INTESTINALE L’integrità della mucosa intestinale può essere valutata in maniera non invasiva mediante la misurazione del rapporto di escrezione urinaria di due sostanze-test somministrate per via orale, sostanze che presentano un diverso indice di permeabilità: una molecola più grande, un disaccaride (lattulosio o cellobiosio) ed una più piccola, un monosaccaride (mannitolo o L-ramnoso). Si tratta di molecole idrosolubili non assorbibili che non subiscono metabolizzazione né degradazione da parte della flora intestinale. Non sono sottoposte a meccanismi di trasporto attivo o diffusione facilitata e se assorbite (in condizioni di anormalità) vengono completamente eliminate per via renale (permettendone il dosaggio). Il monosaccaride di dimensioni minori attraversa la mucosa per via transcellulare attraverso i pori idrofilici degli enterociti in virtù delle sue piccole dimensioni, mentre il disaccaride diffonde con maggiore difficoltà, potendo attraversare la barriera solo a livello delle tight junctions intercellulari, generalmente poco permeabili alle macromolecole. Nei pazienti con danno alla mucosa intestinale si avrà un comportamento paradossale di questi zuccheri, vale a dire che passeranno più facilmente molecole più grandi (il disaccaride) rispetto a quelle più piccole (il monosaccaride). Nelle prime, l’aumento del rapporto di escrezione urinaria monosaccaride/disaccaride è imputabile soprattutto a una diminuzione dell’assorbimento del monosaccaride, mentre nelle malattie infiammatorie con compromissione mucosale (MC e RCU) l’aumento è imputabile maggiormente ad un’aumentata permeabilità alle macromolecole. Malgrado la sensibilità di questo test appaia sufficientemente alta (90%), la specificità appare bassissima (54%), dal momento che risultati simili sono ottenibili in tutte le condizioni con alterata permeabilità intestinale.

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QUANDO È DIFFICILE PERDERE

PESO,

SPESSO È COLPA DEGLI ORMONI! Fai attività fisica regolare, hai eliminato grassi e dolci e cerchi di seguire un’alimentazione sana. Eppure, i rotolini sulla pancia e la cellulite sui fianchi non se ne vanno. La colpa potrebbe essere di alcuni ormoni che lavorano male. La parola ormone deriva dal verbo greco ormao, che significa mettere in movimento, questa definizione rispecchia molto bene il ruolo di questi “messaggeri“ chimici, che inviano segnali da una cellula all’altra. Sono gli ormoni a regolare il senso di sazietà, l’appetito, la velocità con cui bruciamo energie. Lavorano insieme, se questa sinergia non è perfetta è facile avere difficoltà a dimagrire. Lo stress può far calare o aumentare la quantità di ormoni prodotti, e spezzare il delicato equilibrio tra queste sostanze. In molti casi, questa mancanza di armonia si traduce in un accumulo di grasso e peso corporeo. Ecco quali sono gli ormoni coinvolti e cosa succede quando il loro livello non è ottimale. LEPTINA: è prodotta nelle cellule di grasso. Il suo compito è segnalare quando siamo sazi e regolare l›appetito. Quando accumuliamo grasso, i livelli di leptina salgono, e di conseguenza il senso di fame viene a mancare. Può succedere, però, che una dieta troppo ricca riduca la capacità del nostro organismo di rispondere agli stimoli di questo ormone. Di conseguenza, si mangia anche quando si è già sazi. Questa condizione è chiamata leptino-resistenza. Anche una sua carenza causa appetito smisurato. Segnali di allarme: aumento di peso generalizzato, distribuito su tutto il corpo. Appetito smodato, senso di fame che aumenta quando si inizia a mangiare. CORTISOLO: è prodotto, a partire dal colesterolo, dalle ghiandole surrenali. È fondamentale per la nostra sopravvivenza, perché mette a disposizione l›energia nei momenti di necessità. La sua funzione è quella di rendere il corpo pronto alla fuga nelle situazioni di pericolo: fa battere il cuore più in fretta e aumenta la pressione arteriosa per immettere più ossigeno e zuccheri sangue, in modo tale che i muscoli possano utilizzarli. Inoltre, riduce la velocità con cui si bruciano calorie e induce a mangiare zuccheri per rifornirsi rapidamente di energia. Quando siamo

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numero 10 / 2013 sotto stress, il nostro corpo produce più cortisolo. Ma, dal momento che l›energia immessa nel sangue non viene utilizzata per uno sforzo fisico, l›organismo la accumula sotto forma di grasso. Segnali di allarme: stanchezza e mancanza di energie, irritabilità, attacchi di fame. Accumulo di grasso alla base della nuca e sulla parte superiore del dorso. ORMONI TIROIDEI: la tiroide è una ghiandola posta alla base del collo che controlla il metabolismo, cioè la velocità con cui bruciamo calorie. Questa ghiandola, sotto stimolo dell’ormone Tsh, produce due ormoni: T3 e T4. Tra le altre funzioni che svolgono, questi ormoni stimolano la produzione di proteine, bruciano i grassi e gli zuccheri. Se la ghiandola non funziona in maniera ottimale e produce pochi ormoni, il metabolismo rallenta e si tende a ingrassare anche senza modificare il proprio stile di vita. Segnali di allarme: accumulo di grasso nella metà inferiore del corpo, viso e occhi gonfi al mattino, molta ritenzione idrica, immotivato aumento di peso e del colesterolo. INSULINA: questo ormone è prodotto dal pancreas e svolge varie funzioni, la più importante delle quali è mantenere stabili i livelli di zucchero nel sangue. L›insulina trasforma lo zucchero presente nel sangue in energia a disposizione delle cellule. Se l’organismo non ha a disposizione sufficienti quantità di insulina, o se le cellule non rispondono adeguatamente al suo stimolo (insulino-resistenza), la glicemia si alza e si può sviluppare il diabete. Questa condizione è tipica di chi è in sovrappeso ed è spesso associata a leptino-resistenza. Segnali di allarme. aumento di peso in tutte le parti del corpo, ma soprattutto sull’addome e sui fianchi. Cellulite. Attacchi di fame. ESTROGENI: questi ormoni regolano il ciclo mestruale e donano la tipica forma femminile e la pelle liscia e morbida. Sono prodotti dai follicoli ovarici, dal corpo luteo e dalla placenta, e in quantità minori da fegato e ghiandole surrenali. Un eccesso di estrogeni può determinare ritenzione idrica e accumuli di grasso su fianchi e cosce. Segnali di allarme: accumulo di grasso su fianchi e cosce. Tensione mammaria, cellulite. Pelle meno tonica e compatta. ORMONE DELLA CRESCITA: questo ormone facilita il dimagrimento, è prodotto dall’ipofisi, una piccola ghiandola che si trova nel cervello, dietro il naso. Chi è carente può andare incontro a una riduzione della massa magra, osteoporosi, problemi cardiovascolari e respiratori e ingrassamento in particolare su addome e fianchi. Segnali di allarme: aumento di peso, calo del desiderio, depressione e alterazione del ciclo, riduzione dei muscoli e della forza, pelle poco elastica e comparsa di rughe profonde. Attraverso un piccolo prelievo di sangue capillare o di saliva, è possibile effettuare un’ampia gamma di test diagnostici preposti al dosaggio di importanti ormoni. I risultati sono un importante strumento di valutazione dell’equilibrio ormonale e funzionale e forniscono informazioni fondamentali per poter fornire consigli mirati: alimentari, nutraceutici, sull’attività fisica e sul benessere generale.

I profili ormonali che possono essere testati sono diversi e specifici per rispondere a diverse problematiche: dalla difficoltà a perdere peso, ai problemi del ciclo mestruale o legati alla menopausa e alla sfera sessuale, alla difficoltà a prendere sonno, fino alla valutazione dello stato di stress e della sindrome da overtraining nello sportivo.

Sono gli ormoni a regolare il senso di sazietà, l’appetito, la velocità con cui bruciamo energie.

PROFILO DIMAGRIMENTO: rivolto a chi desidera perdere peso e non riesce a dimagrire. PROFILO STRESS: rivolto a chi conduce ritmi frenetici, stili di vita scorretti o sregolati, a chi soffre di crisi d’ansia. PROFILO SPORT: rivolto a coloro che praticano sport a livello amatoriale, professionale o agonistico, in particolare per perfezionare l’allenamento ed evitare l’over-training. PROFILO DONNA FERTILE: consigliato in caso di sindrome premestruale, calo del desiderio, comparsa di peli in zone tipicamente maschili, irritabilità, depressione. PROFILO DONNA MENOPAUSA: consigliato in caso di vampate di calore, sudorazioni improvvise, alterazioni del sonno, incremento di peso, aumento pressorio, modificazioni del tono di voce, calo del desiderio, comparsa di peli in zone tipicamente maschili, irritabilità, depressione. PROFILO UOMO: consigliato in caso di incrementi di peso, calo del desiderio, sudorazioni improvvise, aumento pressorio, depressione, stanchezza, crisi di ansia e irritabilità. PROFILO BUONANOTTE: consigliato in caso di difficoltà ad addormentarsi, insonnia, forte stress psico-fisico, ansia, depressione, ed a chi ha problemi di memoria. A cura della Redazione

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SALUTE, MALATTIA

ED EQUILIBRIO ACIDOBASE DELLA MATRICE EXTRACELLULARE PARTE PRIMA Da un po’ di tempo, si sente parlare e si legge con sempre maggiore frequenza di equilibrio acidobase: non sempre chi ne parla o chi scrive mostra di aver chiari i termini della questione; una prima precisazione si rende d’obbligo: nella Medicina ambulatoriale, non ospedaliera, c’è un solo equilibrio acidobase di cui si possa parlare ed è quello della matrice extracellulare. L’equilibrio acidobase del sangue è infatti argomento specialistico, riservato ad anestesisti-rianimatori, clinici medici, pneumologi, nefrologi, operanti in strutture ospedaliere dove afferiscono pazienti generalmente gravi, spesso in pericolo di vita. Ricordo che il range del pH nel sangue è compreso fra 7.35 e 7.45; a 6.90 il paziente è a rischio di arresto cardiaco o coma; un valore di pH di 6.80 è incompatibile con la vita: espressioni del tipo “se il sangue diventa acido si va in ansia o insorgono molti disturbi” oppure “una alimentazione proteica acidifica il sangue”, come si leggono a volte in riviste dedicate al salutismo, sono prive di senso, perché contrarie alla realtà clinica, che vede anche soltanto nella lievissima acidità ematica un pericolo grave per la vita. Ciò di cui si può parlare, in ambito extraospedaliero, è dell’equilibrio acidobase della matrice extracellulare; con questo nome ci si riferisce all’insieme di tutti gli spazi che circondano le cellule, spazi costituiti da acqua, cellule, vasi, terminazioni nervose

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neurovegetative, e con i quali tutte le cellule del corpo hanno scambi continui. Il concetto di matrice extracellulare fu definito alla fine degli anni 70 da Pishinger, dell’Università di Vienna, che introdusse il concetto, attribuito ad essa, di Sistema di regolazione di base, di un Sistema cioè funzionante come un network, una rete comunicativa, deputata allo scambio di informazioni fra cellule ed ambiente circostante. Si tratta di un progresso enorme rispetto ad una concezione, ancora imperante nei testi di Patologia Generale, che identifica la matrice extracellulare nella sostanza fondamentale anista o amorfa, definizione istologica, statica, che appare assolutamente impropria a definire la dinamicità della matrice, il vero grande “organo” di connessione fra i vari sistemi biologici dell’organismo. È dalla matrice extracellulare che le cellule prendono micronutrienti, vitamine, minerali, ossigeno e ad essi cedono i residui acidi del loro metabolismo. Dalla qualità della matrice extracellulare, quindi, dipende sia la salute delle cellule sia lo scambio di informazioni fra i vari organi ed apparati; in particolare il suo pH deve essere lievemente alcalino, cioè intorno a 7.4: solo a questo valore di pH gli enzimi (detti “carrier transmembrana) che trasportano i micronutrienti da una parte all’altra della membrana cellulare, funzionano al meglio. L’acidosi di questi spazi extracellulari può essere la conseguenza di una acuta o cronica mancanza di ossigeno, di origine vascola-


numero 10 / 2013 re ostruttiva o da vasospasmo; ma anche, e direi sopratutto, da uno stile di vita acidificante (errori alimentari, scarso apporto di acqua, inattività fisica, eccesso di attività fisica, inquinamento, eccesso di stress, assunzione di farmaci, nicotina, alcol, ecc). L’acidosi, genera un ristagno di tossine acide nella matrice extracellulare, che il sistema immunitario si incarica di eliminare attivando una risposta infiammatoria. In una Medicina impostata sulla soppressione dei sintomi, anche l’infiammazione, il più importante meccanismo di difesa di cui l’organismo disponga, è diventata un “malattia”, da trattare con sintomatici- palliativi. Se l’acidosi si mantiene nel tempo, rimane attiva anche la risposta immunitaria, che diventerà via via sempre più grave, con espressioni degenerative, se non, addirittura, autoimmunitarie, con una infiammazione rivolta contro componenti stessi dell’organismo (cellule, articolazioni, mucose). Solo in questa fase autoimmunitaria, l’infiammazione eccessiva va modulata, per ridurne l’effetto autodistruttivo. Ad un livello estremo di degenerazione si colloca la degenerazione tumorale. Quindi, in sintesi, la progressione é: da acidosi a infiammazione, da infiammazione a degenerazione, da degenerazione a degenerazione tumorale. Questa equivalenza fra acidosi-infiammazione-degenerazione è quello che dobbiamo ricordare e che ci aiuterà a spiegare tante malattie e ci darà importanti indicazioni su come risolverle. Su Internet, di recente, girava una notizia, accolta dai frequentatori della rete, con sconcerto, come un tradimento perpetrato ai danni della informazione, che suonava all’incirca così: “Scoperta già da decenni la causa del cancro ma tenuta nascosta fino ad oggi”. Questa notizia riferiva che nel 1931, ad un fisiologo tedesco, Otto Heinrich Warburg, fu assegnato il premio Nobel per la Medicina per i suoi studi sul metabolismo della cellula tumorale; egli stabilì che la mancanza di ossigeno (o “ipossia”) e l’aumento a dismisura della glicolisi anaerobica (che è utilizzazione da parte delle cellule del glucosio, in condizioni di mancanza di ossigeno), erano gli eventi iniziali che trasformavano una cellula normale in una cellula tumorale. L’acidosi dei tessuti, cioè l’accumulo di sostanze acide, genera mancanza di ossigeno: quindi, un ambiente acido è un ambiente privo di ossigeno. Che siano passati decenni, senza che le ricerche di Warburg abbiano influenzato l’approccio alla lotta contro i tumori, sopratutto in termini di prevenzione, si commenta da sé. L’applicazione clinica dell’alcalinizzazione (prendiamo come suo sinonimo “de-acidificazione) come contrasto all’accumulo progressivo degli acidi, è praticata e studiata sin dagli anni sessanta, sopratutto nei paesi di lingua tedesca. I miei studi su

questo argomento sono trentennali: non si può certo parlare di una novità. La scarsa diffusione è legata alla difficoltà, per una Medicina impostata sulla ricerca e la soppressione dei sintomi, di un ragionamento ed una pratica che invece si inseriscano nel più generale contesto di una risanamento del “terreno biologico” dell’organismo. Sui libri e sulle riviste si correla l’acidosi al sovrappeso, all’obesità, alle allergie, ai dolori, alle cefalee, al diabete, alle infiammazioni, alla stanchezza, agli squilibri ormonali, agli stati di ansia, alla depressione, ai tumori, ecc. Apparentemente sembra una esagerazione, correlare tante malattie ad un unico processo fisiopatologico: in realtà non lo è, in quanto proprio la matrice extracellulare, è l’organo che, grazie al dinamismo intrinseco legato alla sua prevalente composizione in acqua, si pone al centro delle connessioni fra psiche, Sistema Nervoso Centrale e Periferico, Sistema ormonale ed immunitario. In pratica la PsicoNeuroEndocrinoImmunologia esiste grazie alla matrice extracellulare. Come si contrasta l’acidificazione della matrice extracellulare? Con l’attuazione di uno stile di vita alcalinizzante, nel quale l’alimentazione svolge un ruolo molto importante. In molti libri ed articoli sull’argomento, non appena si parla di acidosi ed alimentazione, ci si precipita quasi a “demonizzare” l’apporto proteico proveniente da proteine di origine animale. In questa sede non voglio aprire la discussione su “proteine animali sì, proteine animali no”; la mia personale impressione è che “si ululi alla luna”, in quanto oggi, chi si relaziona con le abitudini alimentari delle persone, si rende facilmente conto che non è l’apporto eccessivo di proteine animali a saltare all’occhio (anzi, riscontro più spesso carenze, in questo senso), bensì l’eccesso di carboidrati. La distorsione mediatica che ha ridotto la tanto decantata “dieta mediterranea” a pasta, pane e pizza, ha fatto sì che l’alimentazione sia diventata fortemente carboidratica; le farine, sopratutto se lavorate, sono acidificanti. Si moltiplicano i libri, spesso successi editoriali, sugli effetti nefasti per la salute delle proteine animali; mi chiedo che valore possano avere libri documentali in cui non ci sia alcun riferimento sulle dosi di assunzione quotidiana a cui ci si riferisca. L’alimentazione è diventata sempre più acidificante, a mio avviso sopratutto per l’aumentata assunzione di cereali, dolciumi, caffè, liquori, bibite zuccherate ed i vari cibi “spazzatura”, a scapito di cibi alcalinizzanti (semplificando, frutta ma, in particolare, verdura), in assenza di un adeguato rifornimento idrico quotidiano. In un regime alimentare normale, dal punto di vista acidobase, il 70-80% dell’assunzione calorica dovrebbe venire dalla verdura (in misura minore da frutta alcalinizzante).

il pH della matrice extracellulare deve essere lievemente alcalino, cioè intorno a 7.4: solo a questo valore di pH gli enzimi (detti carrier transmembrana) che trasportano i micronutrienti da una parte all’altra della membrana cellulare, funzionano al meglio.

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Che nell’alimentazione non si potesse prescindere da verdura e frutta, lo si è sempre saputo: la visione acidobase può aiutare a rinforzare le motivazioni a fare ampio uso di questi cibi, perché permette di capire dove si colloca il loro effetto positivo. Tutte queste considerazioni sull’acidosi sono di particolare interesse per lo sportivo, il quale, da una parte si trova a produrre più acidi come risultato di un accelerato metabolismo cellulare muscolare, dall’altro, sopratutto se orientato a sport di potenza dove la massa magra ha bisogno di una certa rilevanza, può trovarsi un po’ smarrito nel compiere scelte alimentari che non aggravino l’acidosi. Nelle scelte alimentari può essere di grande aiuto tenere presente il PRAL: positivo per quelli acidificanti, negativo per quelli alcalinizzanti. Vorrei fare una precisazione: nessun cibo è di per sé da evitare in modo assoluto: anche cibi acidificanti sono da utilizzare come parte integrante di una sana alimentazione. La nozione da acquisire è che la proporzione fra cibi alcalinizzanti e cibi acidificanti si deve collocare, all’incirca, attorno ad un rapporto di 4 a 1. I cibi considerati acidificanti sono: • carne, pesce, uova, formaggi stagionati (i formaggi freschi sono meno acidificanti), cereali (la pasta da farine lavorate è più acidificante rispetto alla pasta da farine integrali) • i legumi, specialmente secchi • i dolcificanti e le bevande dolcificate • caffè, tè, vino, liquori • i dolciumi e tutto ciò che è dolcificato I cibi considerati alcalinizzanti sono: • le verdure (specialmente gli ortaggi consumati crudi) • le patate

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• la frutta secca (mandorle, noci brasiliane, fichi, datteri, uvetta), tranne noci e nocciole la frutta fresca, ben matura, specialmente banane, pere, meloni (pensiamo alla saggezza popolare, istintiva, ma dettata dal buon senso: prosciutto e melone o pere e parmigiano o bresaola e rucola; abbiamo una associazione molto opportuna fra cibo acidificante (prosciutto, parmigiano e bresaola) e cibo alcalinizzante (melone, pera, rucola). La frutta produce acidi, detti “volatili”, che vengono eliminati con il respiro; alla fine della sua metabolizzazione, rimane l’effetto alcalinizzante dei suoi sali minerali e vitamine. La sedentarietà assoluta e l’età avanzata, consigliano di non esagerare con l’assunzione della frutta, vista la minore efficacia della eliminazione acida attraverso i polmoni ed il carico di zuccheri che ne verrebbe. Molti ragionano così:”Se una cosa mi fa bene, assumendone tanta, mi farà benissimo”. Ricordiamo il detto latino “Est modus in rebus”...c’è una misura di mezzo, nelle cose, che è fonte di saggezza. Qualche frutto è un toccasana, ma chili di frutta, sono altra cosa! Nella seconda parte analizzeremo più da vicino ciò che può essere utile allo sportivo per contrastare l’acidosi, che si rivela essere un nemico silenzioso e poco conosciuto di qualunque attività fisica intensa, tendenzialmente acido-formante. Dott. Andrea Grieco neurologo, nefrologo, psicoterapeuta perfezionato in Medicina Naturale autore del libro “Vivere alcalini, vivere felici” www.andreagrieco.it www.naturvis.com www.saluteviva.it Il libro del dott. Grieco può essere acquistato su www.naturvis.com


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CENTENARIO PARMA F.C. 1913-2013 CONVEGNO MEDICO ECM

GLI INFORTUNI MUSCOLARI DELL'ATLETA PARMA

sabato 12 ottobre 2013

Auditorium Niccolò Paganini - Via Toscana, 5/a PRESIDENTI ONORARI T. GHIRARDI, P. LEONARDI COMITATO SCIENTIFICO R. DEL SIGNORE, P. ADRAVANTI, G.S. PASTA PER INFO ED ISCRIZIONI: WWW. MATTIOLI1885.COM/FORMAZIONE

EVENTO

ECM



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