N. 14 - luglio 2014

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Rivista trimestrale

Luglio 2014 - ANNO IV

L’ACCADEMIA DEL FITNESS WELLNESS-ANTIAGING

N. 14

magazine



numero 14 / 2014

ACCADEMIA DEL FITNESS Galleria Crocetta 10/A 43126 PARMA Tel. 0521.941319 Fax 0521.294971 www.accademiadelfitness.com accademia-magazine@libero.it

EDITORIALE

Direttore: Valerio Merola Direttore scientifico: Massimo Spattini Art director: Cinzia Ruggeri Capo redazione: Silvia Iorio In redazione: Claudia Bonini Cristiana Pedrazzini Andrea Angelozzi Comitato scientifico: Dott. Damiano Galimberti Prof. Fulvio Marzatico Dott. Filippo Ongaro Prof. Mario Passeri Hanno collaborato a questo numero: Davide Antoniella Fabrizia Bamonti Marco Tullio Cau Daniele Cozzini Ciro di Cristino Giuseppe Notarnicola Giovanni Occhionero Filippo Ongaro Sonja Ongaro Antonio Polito Massimo Spattini Luca Speciani In copertina: Giuseppe Notarnicola Foto di copertina: Nicola De Luigi Gestione editoriale: Profitness S.a.s. Galleria Crocetta 10/A 43126 Parma Tel. 0521.941319 Stampa e distribuzione: Mattioli 1885 S.r.l. Str. della Lodesana, 649 sx Loc. Vaio 43036 Fidenza (PR) Tel. 0524.530383 www.mattioli1885.com Registrazione n. 12/2004 Tribunale di Parma

L’estate è il momento dove probabilmente si è portati a fare più attività fisica, un po’ perché favoriti dal clima un po’ perché si vuole raggiungere la maggior forma fisica in previsione della prova costume. In realtà l’estate è anche il periodo delle vacanze nel quale, a causa di qualche stravizio e del probabile ozio, può accadere che si perda in breve tempo quella forma fisica tanto sudata. Ma non preoccupatevi troppo, un po’ di svago e relax sono fondamentali e vi permetteranno di riprendere poi il ritmo dei vostri allenamenti con maggior entusiasmo. Dopo le vacanze non ci saranno più scuse, saremo tutti ricaricati e pronti a continuare il nostro percorso finalizzato al Fitness, al Benessere e all’Antiaging. Ogni volta che vi sentirete stanchi, ogni volta che vi sentirete affamati, ogni volta che vi sentirete depressi, dovete pensare “no excuses”, non ci sono scuse, fate il vostro allenamento, seguite la vostra dieta, fate gli esercizi di meditazione e vi sentirete meglio perché l’energia, alimentata dall’emozione, si manifesta nell’azione consapevole che deve essere indirizzata verso un obiettivo che, nel nostro caso, è quello del benessere del corpo e della mente. George Eiferman, Mister America nel 1948 e Mister Universo nel 1962, quando il Bodybuilding non c’era ma c’era la Cultura Fisica, disse: “Probabilmente la più grande scoperta che si possa fare è capire che possiamo cambiare la nostra vita in meglio cambiando i nostri comportamenti immaturi in comportamenti maturi e costruttivi. Dobbiamo vivere nella direzione dei nostri modelli di pensiero e fare in modo che i nostri atteggiamenti lavorino a nostro vantaggio invece che contro di noi” . E ben prima Socrate diceva: “Nessun uomo ha diritto di avere un comportamento superficiale nel campo della cura del proprio corpo. È una vergogna per l’uomo diventare vecchio senza vedere la bellezza e la forma che il corpo è in grado di raggiungere”. Il Congresso Internazionale di Medicina Funzionale & Antiaging “Nutrition, Exercises & Mind” ha già tracciato una linea da suggerire in questa direzione, non resta che seguirla per diventare delle

persone complete, voler bene a se stessi per voler bene agli altri. Per poter essere in forma bisogna informarsi, la conoscenza è potere e quest’ultimo permette la riuscita dell’azione. Quest’estate io e il dottor Ongaro andremo in vacanza a Los Angeles, la città che è considerata la mecca del Body building, la patria del Fitness, la culla dell’Antiaging. Io e Filippo siamo gli unici medici in Italia ad aver conseguito la certificazione del A4M (American Academy Antiaging and Regenerative Medicine) e della IFM (Institute of Functional Medicine) e ad avere un passato da bodybuilders agonistici. Forse non molti lo sanno ma Filippo partecipò ad un Campionato Italiano under 22 FIACF (Federazione Italiana Amatori Cultura Fisica) che io stesso organizzai a Piacenza nel 1988. Questo mix apparentemente contraddittorio per la mentalità italiana, ma non per quella americana, ci permette di essere i perfetti “traits d’union” tra il mondo del Fitness praticato e quello della medicina prescrittiva per arrivare alla medicina preventiva che è rappresentata da tutto quello che è funzionale al mantenimento della salute e della piena efficienza e forma fisica. Il nostro obiettivo, con la rivista L’Accademia del Fitness, Wellness & Antiaging Magazine e con l’AFFWA, (Accademia Funzinale, Fitness, Wellness e Antiaging) è di mettere in contatto figure professionali con back ground differenti ma tutte coinvolte nel settore della salute, nell’ottica di creare un linguaggio comune ed uno scambio di conoscenze che sono fondamentali per tutti. L’eccessiva specializzazione ha dimostrato i suoi limiti e ora non si tratta di tornare indietro ma bisogna andare ulteriormente avanti dove, oltre alle necessarie specializzazioni e competenze specifiche, occorre avere una visione globale. Speriamo di portare buone nuove dal Golden State e di poter mettere a vostra disposizione conoscenze che non tutti, meno fortunati di noi, possono acquisire. Massimo Spattini Presidente AFFWA

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L’Accademia del Fitness

SOMMARIO EDITORIALE

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BIOFEEDBACK E STRESS MANAGEMENT IN MEDICINA ANTI-AGING

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di Massimo Spattini

di Sonja Ongaro

REGOLAZIONE IPOTALAMICA DELLA COMPOSIZIONE CORPOREA

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di Luca Speciani

RIABILITAZIONE GASTROINTESTINALE CON IL PROGRAMMA 4R

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di Filippo Ongaro

ALIMENTAZIONE CRONORMORFOLOGICA ANTI-AGING

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di Massimo Spattini

SEXERCISES

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di Marco Tullio Cau

IMPORTANZA DEI TEST ORGANICI E MUSCOLARI NEL CHECK UP ANTIAGING

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di Davide Antoniella

SARCOPENIA E CONDIZIONE DISABILITANTE NELL’ANZIANO

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di Antonio Polito

L’ALLENAMENTO CON I KETTLEBELLS

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di Giuseppe Notarnicola

VIVERE IN EQUILIBRIO

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di Ciro di Cristino

QI GONG L’ARTE DEL RESPIRO

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di Daniele Cozzini

FITOESTRATTI COME MODULATORI ORMONALI

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di Giovanni Occhionero

STRESS OSSIDATIVO E METABOLISMO OSSEO: EFFETTI DEL CELLFOOD® SILICA PLUS

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di Fabrizia Bamonti

ULTIME RICERCHE IN FITNESS, WELLNESS E MEDICINA ANTIAGING di Filippo Ongaro 4

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BIOFEEDBACK E STRESS MANAGEMENT

IN MEDICINA ANTI-AGING In medicina anti-aging è molto importante analizzare ogni meccanismo che porta a qualche forma di logorio e degenerazione dell’organismo, in modo tale da poter controbilanciare questi processi con stimoli rigenerativi adeguati. Più fattori deterioranti e logoranti vengono individuati e meglio si riesce a costruire un programma personalizzato capace di rallentare l’invecchiamento e la perdita di riserve funzionali. In medicina anti-aging la valutazione dei meccanismi organici e molecolari è diventata negli anni progressivamente più raffinata mentre risulta ancora piuttosto difficile, e per questo spesso trascurata, l’analisi di fattori psicologici come pensieri, immaginazioni, emozioni e il loro impatto sulla funzionalità organica. Alla difficoltà reale di catturare e valutare questi aspetti, si aggiunge che molti medici non credono nella stretta connessione tra sfera mentale e processi fisici, la considerano scarsamente fondata su dati scientifici e quindi, pur intuendone l’importanza, la mettono da parte. Ma sappiamo invece che dal benessere psicoemotivo di una persona dipendono forse gli aspetti più profondi della sua salute e felicità e non possiamo nemmeno continuare a sostenere che non vi siano evidenze scientifiche delle profonde interconnessioni tra mente e corpo perché, al contrario, esistono molti studi pubblicati anche su riviste mediche molto prestigiose. Il biofeedback computerizzato e multisensoriale è una metodologia che permette di dare concretezza e oggettività allo studio della sfera psicoemotiva e quindi di rendere maggiormente gestibili gli stimoli mentali e il loro impatto sulla funzionalità fisica. Si tratta di tecnologie sia diagnostiche che terapeutiche che, grazie all’uso di sensori, permettono di registrare informazioni su alcuni parametri fisiologici e sulla loro variazione in diversi stati emotivi. Tra i parametri registrati ricordiamo la frequenza cardiaca, la respirazione, l’attività elettrica cutanea, la tensione muscolare, la temperatura cutanea, l’elettromiografia e le onde cerebrali. I dati vengono poi visionati tramite un apposito software e valutatati in base alle diverse fasi del test, suddiviso in genere in momenti stressanti seguiti da fasi di recupero. Oltre ai dati grezzi si possono anche valutare parametri più complessi, come la variabilità della frequenza cardiaca (HRV), ossia l’analisi della regolazione tra un battito cardiaco e l’altro, riconosciuto come un valore strettamente connesso al grado di stress, alle riserve funzionali e perfino all’età biologica del soggetto. La HRV viene usata anche per comprendere il rapporto tra sistema nervoso simpatico e parasimpatico ma è ipotizzabile che il comportamento di questa variabile sia connesso a molti altri fattori. I parametri analizzati con il biofeedback possono infatti essere

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Il biofeedback permette soprattutto di aumentare la consapevolezza su come l’organismo si adatta a diverse condizioni emotive

considerati come rappresentazioni di fenomeni regolatori profondi e complessi. Come agenti stressanti si usa per esempio lo stroop test in grado di creare un’interferenza tra l’impulso automatico di leggere la parola che descrive un colore e il compito proposto di dire invece più velocemente possibile soltanto il colore nel quale le parole che si susseguono sono scritte (per esempio la parola arancione può essere invece scritta in blu, la parola rosso può essere scritta in viola, ecc). Tutto ciò viene visto dal soggetto su uno schermo dove successivamente potrà anche osservare la reazione dei vari parametri registrati. Lo stesso strumento di biofeedback può essere anche usato per fare degli esercizi che aiutano a riportare i vari parametri nel range ottimale di funzionalità. Si può per esempio imparare velocemente a respirare con l’addome usando un sensore addominale che si espande con l’inspirazione e si restringe con l’espirazione e ad ogni atto, sincronizzato con il sensore, ci sarà un pallone sullo schermo che si gonfierà e sgonfierà. Oppure si potrà imparare a sincronizzare battito cardiaco e respiro o aumentare la temperatura cutanea con una lunga serie di esercizi divertenti ed efficaci. Il biofeedback permette soprattutto di aumentare la consape-

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volezza su come l’organismo si adatta a diverse condizioni emotive e permette alla persona di aumentare la capacità di interpretare i sintomi legati allo stress e di trovare la strada migliore per attivare la risposta di rilassamento. L’apprendimento di tecniche di auto-rilassamento psico-fisico può essere accelerato con l’aiuto del feedback visivo. All’operatore è permesso di quantificare lo stress e la sua riduzione e di interpretare la funzionalità e l‘accumulo di fatica e tensione in modo più preciso e completo. È bene però ricordare che nello stress management è importante che l’operatore si faccia un quadro preciso della personalità e delle preferenze del soggetto e che trovi insieme a lui o lei delle tecniche di rilassamento e di gestione del dialogo interiore che permettano di imparare con voglia e piacere. Il metodo praticato è meno importante per una reale e duratura riduzione dello stress del piacere emotivo con il quale il soggetto affronta l’approccio stesso. Dr.ssa Sonja Ongaro Stress management e performance coaching Responsabile Area Psicofisiologia Istituto di Medicina Rigenerativa e Antiaging s.r.l. (ISMERIAN),Treviso



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REGOLAZIONE IPOTALAMICA

DELLA COMPOSIZIONE CORPOREA La cellula adiposa come organo endocrino Con la scoperta da parte di Friedman nel 1994 della “leptina” è stato assestato un primo importante scossone alle granitiche posizioni dei dietologi convinti che tutto dipenda dalle calorie. Friedman cercava una molecola segnale che potesse mandare uno stimolo al dimagrimento in animali da laboratorio. Topi geneticamente carenti di quella molecola mostravano un ingrassamento smisurato e un appetito insaziabile. Quando Friedman riuscì a codificare questa molecola (cui diede il nome, appunto, di leptina dal greco “leptos” che significa “magro”) e la somministrò ai topi leptino-carenti, ottenne un immediato stupefacente dimagrimento. Tale molecola era naturalmente secreta dal nostro tessuto adiposo, ma in quegli animali che ne erano geneticamente privi, tale produzione non poteva avere luogo. Era dunque evidente che la correzione di questa carenza trasformava l’organismo di quegli animali nella direzione di un maggior consumo energetico. Eravamo dunque davanti alla molecola che avrebbe risolto tutti i nostri problemi di sovrappeso da qui all’eternità? L’utilizzo di leptina su topi resi obesi da iperalimentazione, purtroppo, non sortiva invece alcun effetto, e ciò era più difficile da spiegare. In effetti quei topi non erano leptino-carenti ma leptino-resistenti, ovvero ne avevano prodotta così tanta da non essere più sensibili al suo segnale.

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Ma perché è così importante la leptina nei nostri equilibri energetici? Il motivo è che la leptina (che qualcuno ha definito “l’ormone più importante di tutto il nostro organismo”), che viene secreta dalle cellule adipose in conseguenza di un’alimentazione completa, rappresenta il segnale ipotalamico più importante per orientare l’organismo verso l’attività e il consumo, piuttosto che (se la leptina non c’è o non ce n’è a sufficienza, o quella che c’è non viene “letta”) verso il risparmio energetico e l’accumulo di scorte. Ecco perché la leptina è un personaggio di primo piano nell’ingranaggio ed è fondamentale che i suoi segnali arrivino forti e chiari. Segnali metabolici Una volta che il segnale leptinico è correttamente arrivato a informare l’ipotalamo (per la precisione in un gruppo di neuroni chiamato “nucleo arcuato”), il messaggio viene irradiato verso altre zone deputate a specifiche funzioni. Per prima cosa la leptina spegne la fame di cibi zuccherini, attraverso l’inibizione della secrezione di un neurotrasmettitore chiamato NPY (neuropeptide Y). Fin qui nulla di strano: se mangiamo a sufficienza ci passa la fame. È però curioso notare che la secrezione di NPY è permanentemente attivata, tranne quando l’ipotalamo riceve il segnale leptinico in grado di spegnerla (in altre parole: l’evolu-



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Per prima cosa la leptina spegne la fame di cibi zuccherini, attraverso l’inibizione della secrezione di un neurotrasmettitore chiamato NPY

zione ci ha fatti sempre affamati, ed è solo con un chiaro segnale di alimentazione completa che la fame si può attenuare). La seconda azione della leptina è ancora più importante di quella sulla fame. Le proiezioni nervose infatti riguardano, direttamente o indirettamente, aree del cervello deputate alla regolazione dell’attività ormonale della tiroide, del surrene, di ovaie e testicoli, e alla modulazione dello sviluppo di muscoli e ossa. In parole povere: tutti gli assi metabolici più importanti del nostro organismo sono sotto il controllo della leptina. Se c’è leptina (ovvero mangiamo) tutti questi assi sono attivati. Se leptina non c’è (ovvero digiuniamo, o siamo sotto dieta ipocalorica) questi assi sono inibiti. Avremo dunque ossa fragili, muscoli insignificanti, tiroide lenta, scarsa capacità di risposta allo stress (depressione) e riduzione complessiva della fertilità e del desiderio. E dal punto di vista del ritmo metabolico avremo un forte rallentamento delle nostre capacità di consumo, perché il corpo si difenderà dalla carenza di cibo attraverso una propensione all’accumulo leptino-mediata. Questa tecnica di “risparmio energetico” è stata accuratamente messa a punto dal nostro organismo negli 800.000 anni della nostra recente evoluzione: l’adattamento alla restrizione alimentare tramite la formazione di preziosi depositi di grasso (che il nostro corpo custodiva gelosamente) erano una potente arma di sopravvivenza. In definitiva, quindi, un introito alimentare ridotto per un tempo prolungato determina una riduzione della leptina ed il nostro organismo, per preservare il proprio grasso, abbassa i consumi e disattiva la costruzione di muscolo, la funzione riproduttiva, ecc. È interessante capire anche che l’obeso si trova, per opposti motivi (eccesso di leptina che ha provocato resistenza e adattamento a livello del nucleo arcuato dell’ipotalamo) nella stessa situazione. Pur mangiando (talvolta) grandi quantità di cibo, non riceve segnale leptinico, e dunque ha permanentemente appetito (NPY non è inibito) ed ha tutti gli assi metabolici rallentati (bassa muscolazione, bassa fertilità, tiroide lenta). Obeso e anoressica, ragazzo in sovrappeso e appassionata delle diete ipocaloriche condividono dunque lo stesso destino metabolico

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per il semplice motivo che ricevono tutti lo stesso tipo di segnale alterato. E la situazione si complica se ai segnali della leptina sovrapponiamo quelli provenienti da altri organi: dal pancreas (insulina, glucagone, somatostatina), dallo stomaco (ghrelina, GLP1), dall’intestino (CCK, secretina) e ancora dagli adipociti (adiponectina, resistina). Ciascuno di questi segnali segue una sua logica e interagisce con gli altri sinergicamente o in opposizione. È solo lavorando su quei segnali, comprendendo che essi rappresentano il linguaggio attraverso il quale i nostri centri di regolazione centrali lavorano, che la patologia dell’obesità e il fattore di rischio del sovrappeso (così come i disturbi del comportamento alimentare) potranno essere compresi e, auspicabilmente, curati. Qualcuno ha parlato di “thrifty genotype” o “genotipo risparmiatore”. Noi siamo discendenti proprio di quegli individui che tenevano ben strette le proprie riserve. Gli altri non sono sopravvissuti abbastanza per venircelo a raccontare. Non le calorie ma le scelte ipotalamiche La composizione corporea, dunque, non è determinata dalle calorie assunte, dall’abbinamento tra nutrienti o da qualche cibo magico, ma è il frutto di una fine regolazione ipotalamica che a sua volta prende le mosse da molecole segnale provenienti in larga parte dal tessuto adiposo, e che hanno una forte base evolutiva. Imparare a dialogare con le risposte innate del nostro cervello più antico, inviandogli i segnali corretti rivolti al dimagrimento, all’idratazione, alla muscolazione, rappresenta la chiave di volta per un processo di dimagrimento stabile, duraturo e permanente. Graduale, ma sicuramente efficace, attraverso l’applicazione di quei comportamenti alimentari e di quegli stili di vita che ci permetteranno di orientare le scelte del nostro ipotalamo nella direzione da noi voluta. Luca Speciani medico e alimentarista info@lucaspeciani.it - www.lucaspeciani.it


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RIABILITAZIONE GASTROINTESTINALE CON

IL PROGRAMMA 4R

Un numero molto elevato di persone lamentano disturbi riconducibili al tratto gastrointestinale. Alcuni sintomi tipici sono il gonfiore addominale, la diarrea, la stitichezza, il bruciore di stomaco e il reflusso gastroesofageo, solo per menzionarne qualcuno. Nel corso di una vita attraversano il tratto gastrointestinale qualcosa come 20-40 tonnellate di cibo da cui devono essere estratti i nutrienti che ci mantengono in vita e in salute e devono essere invece rimosse le eventuali sostanze nocive. Si tratta di un processo molto complesso che possiamo suddividere in 4 fasi in ognuna delle quali possono svilupparsi problematiche capaci di inficiare l’intero processo. 1) Digestione e assorbimento—> una carenza enzimatica può compromettere la capacità digestiva e quindi l’assorbimento dei nutrienti. 2) Funzione di barriera intestinale—> la parete intestinale funge da barriera e da filtro che separa l’esterno dall’interno del corpo, in maniera simile a ciò che fa la pelle. Il filtro intestinale permette solo a certe sostanze di penetrare all’interno dell’organismo per arrivare ai tessuti. Quando il meccanismo si altera viene persa la capacità di distinguere tra le sostanze da assorbire e quelle da tenere fuori dall’organismo e da far eliminare con le feci. Questo porta alla presenza nell’organismo di sostanze che attivano il sistema immunitario che può diventare instabile e creare una serie

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di reazioni anomale anche contro tessuti sani come nel caso delle malattie autoimmuni. 3) Funzione di protezione immunitaria—> oltre ad essere ricchissimo di tessuto nervoso, l’intestino contiene il GALT (gut associated lymphoid tissue) una componente fondamentale del sistema immunitario che rappresenta circa il 60% delle nostre difese. Il compito principale di questo apparato è quello di creare una prima linea di difesa contro gli agenti esterni come i batteri e le tossine. Quando questa funzione viene meno o si altera, il sistema immunitario è cronicamente attivato creando a sua volta una risposta di infiammazione cronica. 4) Funzione simbiotica con probiotici—> il colon è anche ricchissimo di batteri che danno vita ad una relazione simbiotica con l’organismo che li ospita e che aiutano le funzioni digestive e immunitarie. Quando i batteri protettivi sono deficitari, cresce la presenza di batteri nocivi che alterano invece la funzione intestinale, provocano gonfiore e indeboliscono il sistema immunitario. Proprio per la complessità delle funzioni dell’intestino e per la frequenza con cui si presentano sintomi ad esso connessi, ll tratto gastrointestinale è un punto importante da cui partire per un approccio preventivo e salutistico con il paziente. Inoltre il fenomeno del “leaky gut” può comportare una serie


IL TEST DIAGNOSTICO PIU’ COMPLETO PER VALUTARE LA SALUTE DEL TUO INTESTINO INFLORA SCAN L’intestino è un organo caratterizzato da complesse funzionalità: digestione ed assorbimento di nutrienti, produzione di anticorpi per difendere l’organismo, produzione di ormoni e neurotrasmettitori che regolano il senso di fame e sazietà e il ritmo della peristalsi. Il benessere dell’intestino si traduce in benessere generale della persona. La buona funzionalità intestinale dipende da numerosi fattori tra cui l’equilibrio della flora batterica, il sistema immunitario nella mucosa, l’assenza di stati infiammatori, la presenza di batteri patogeni, virus o miceti. INFLORA SCAN è un test innovativo, completo e non invasivo che valuta la presenza di microorganismi patogeni, specifici marker di infiammazione intestinale, capacità digestiva, permeabilità intestinale, funzione immunitaria intestinale e disbiosi. NATRIX È IL LABORATORIO DI ANALISI DI RIFERIMENTO PER VALUTARE LA SALUTE DELL’INTESTINO.

INFLORA SCAN è consigliato a tutti, per valutare il benessere dell’intestino e particolarmente utile a chi soffre di diarrea o stipsi, gonfiori addominali, tensioni e crampi addominali, flatulenza, infezioni genitali ricorrenti (candida), malassorbimento, difficoltà digestive, a chi conduce ritmi frenetici e stressanti a chi ha una alimentazione scorretta, ricca di cibi raffinati e povera di fibre. INFLORA SCAN è indicato anche a chi soffre di patologie croniche non intestinali, in quanto un disturbo o un’infiammazione intestinale si può ripercuotere a livello di vari distretti dell’organismo: mal di testa ed emicrania, stanchezza cronica, stati di ansia e sbalzi di umore, problemi dermatologici. Natrix Lab: il laboratorio certificato (UNI-ENI-ISO 9001 : 2000) di riferimento per le tue analisi personalizzate: • FOOD INTOLERANCE TEST: valutazione delle intolleranze alimentari IgGmediate, metodo ELISA. • CELIAC TEST: Valutazione immunitaria della positività al morbo celiaco.

• ANTIAGING PROFILE: (Free Radical Test + Antioxidant Capacity Test) valutazione globale dello stress ossidativo. • CELLULAR AGING FACTORS: valutazione dell’invecchiamento cellulare (ossidazione, metilazione, glicazione, infiammazione). • LIPIDOMIC PROFILE: valutazione del profilo lipidomico plas-matico e di membrana (acidi grassi). • CARDIO WELLNESS TEST: analisi globale del benessere cardiovascolare, integrato con l’indice di rischio di contrarre patologie a carico del sistema cardiovascolare. • ZONA PLUS TEST: valutazione del rapporto (AA/EPA), Glicemia, Insulina, indice HOMA. • HORMONAL PROFILES: dimagrimento, stress, sport, buona notte, donna fertile, donna menopausa, uomo. • MINERAL EVO: valutazione approfondita di minerali nutrizionali e metalli pesanti su capello. Tutte queste analisi sono eseguibili anche tramite un semplicissimo prelievo capillare o salivare.


L’Accademia del Fitness di conseguenze negative a vari livelli. Alcune condizioni che sono state legate alla presenza di leaky gut sono la psoriasi, la steato-epatite, l’artrite, la sindrome metabolica e varie forme allergiche. La dieta di eliminazione è parte del più completo programma 4R, un vero e proprio protocollo di riabilitazione gastrointestinale diviso in 4 fasi: 1) Rimozione: si tratta di rimuovere i più frequenti allergeni alimentari e di seguire appunto una dieta di eliminazione per lo meno per 4-8 settimane. La dieta in generale prevede i seguenti alimenti: verdura, frutta, legumi, riso integrale, pesce, pollame. Tutto il resto viene completamente eliminato. Alla conclusione del periodo previsto si segue una procedura di introduzione graduale di un alimento alla volta ogni 24-48 ore e si osserva la comparsa di eventuali sintomi. A volte è necessario anche rimuovere infezioni di parassiti o funghi ma in generale con la fase di eliminazione si risolvono già molte sintomatologie in un numero elevato di casi. Se esiste il sospetto di un’infezione da candida è utile utilizzare il fungo saccharomyces boulardii. 2) Rimpiazzare: a volte può essere necessario rimpiazzare una carenza di enzimi digestivi che rendono la digestione e quindi l’assorbimento dei nutrienti inefficace. Spesso la carenza di enzimi digestivi si traduce in un persistente gonfiore addominale associato a crampi, senso di pesantezza e pienezza post-prandiale. Gli enzimi che possono essere utilizzati sono la pepsina, responsabile della digestione delle proteine, l’amilasi, utile per la degradazione dei carboidrati, la tripsina e la chimotripsina, altri enzimi proteolitici, la lattasi, necessaria per metabolizzare il lattosio e la lipasi, responsabile della degradazione dei grassi. 3) Reinoculare: questa fase prevede l’introduzione di probiotici nell’intestino per ristabilire una flora batterica corretta. Oggi è possibile valutare la presenza o meno di una disbiosi

tramite alcuni test urinari degli acidi organici. Una volta identificato il problema sarà necessario utilizzare i ceppi batterici più utili e impostare una terapia sufficientemente lunga da consentire un ripristino reale della flora batterica. 4) Riparare: il programma 4R prevede anche la riparazione della funzionalità di barriera che se compromessa porta al fenomeno del “leaky gut” di cui abbiamo parlato in precedenza. Anche in questo caso esistono specifiche analisi di laboratorio in grado di valutare la presenza o meno dell’intestino a colabrodo. Il test prevede l’ingestione di una miscela di zuccheri (lattulosio e mannitolo) e l’analisi della presenza nelle urine degli zuccheri stessi. Se il lattulosio, con peso molecolare maggiore, viene ritrovato nelle urine si fa diagnosi di “leaky gut”. A questo punto diventa necessario intervenire con dei nutrienti in grado di riparare la barriera ottimizzando la funzione degli enterociti. Per questo vengono usati prebiotici come l’inulina, aminoacidi ramificati, glutamina, proteine del siero del latte contenenti lattoferrina, acidi grassi omega 3 e sostanze come l’aloe e la curcumina. Il programma 4R rappresenta un valido e completo protocollo di intervento per ripristinare una funzionalità gastrointestinale ottimale. Visto il numero enorme di pazienti che soffre di sintomi intestinali e la quantità di farmaci prescritti nel tentativo di tamponare il fenomeno, sembra logico proporre un intervento più strutturato e capace di aggredire il problema alla sua radice. Sappiamo poi che dalla salute dell’intestino dipende molto della nostra salute complessiva. Il programma 4R può essere visto quindi come un fondamentale percorso preventivo.

Nel corso di una vita attraversano il tratto gastrointestinale qualcosa come 20-40 tonnellate di cibo

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Dr. Filippo Ongaro Board Certified Anti-Aging & Regenerative Medicine (ABAARM) Diplomate Functional Medicine (AFMCP) Certified Practioner International School of Gynecological Endocrinology (ISGE)


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ALIMENTAZIONE

CRONORMORFOLOGICA

ANTI-AGING

Negli ultimi decenni la sindrome metabolica (SM) è diventata una delle più importanti patologie e causa di morte nei paesi industrializzati. Secondo l’OMS, la SM è caratterizzata da obesità addominale, dislipidemia, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa ed insulino resistenza. Da studi prospettici effettuati in Italia risulterebbe che circa il 19% degli individui sopra i 45 anni, non affetti da diabete, potrebbero essere affetti da SM. Analizzando approfonditamente tale patologia risulta che l’obesità è il fattore predisponente della SM. L’aumento smodato del grasso corporeo e in particolare di quello viscerale è correlato positivamente con l’insorgenza di numerose patologie, tra cui l’insulino resistenza. Il tessuto adiposo può in generale essere considerato come un organo endocrino che secerne mediatori chimici da cui è a sua volta influenzato e, tra questi, vi sono determinati ormoni che ne condizionano l’accumulo o la riduzione. Il cortisolo, ad esempio, determina l’aumento di grasso nella zona centrale del corpo, sia viscerale che non, ed interferisce inoltre con altri ormoni quali GH e testosterone oltre a favorire il rilascio di insulina da parte del pancreas creando insulino-resistenza. Nello studio randomizzato “VARIAZIONE DELLA COMPOSIZIONE CORPOREA E DELLA LOCALIZZAZIONE DEL GRASSO IN RELAZIONE AI LIVELLI DI TESTOSTERONE, CORTISOLO ED ESTRADIOLO.” A. Angelozzi; M. Spattini, condotto su 50 soggetti di sesso maschile si è visto come il testosterone sia l’ormone maggiormente correlato col grasso viscerale (p<0,03), e ne risulta che bassi livelli di tale ormone sono associati a maggiori livelli di grasso viscerale. Invece per il cortisolo non sono state trovate correlazioni significative, nonostante in letteratura siano presenti numerosi studi che associano livelli di cortisolo alto con aumento del grasso viscerale. Nel caso specifico di questo studio occorre tener presente che i soggetti che presentavano alti livelli di cortisolo e livelli normali di grasso viscerale presentavano dei livelli di testosterone molto alti, perciò sembra che il testosterone sia l’ormone maggiormente determinante nell’uomo per quanto riguarda il grasso viscerale. Con l’avanzare dell’età avvengono modificazioni ormonali quali, per esempio, l’abbassamento del testosterone e del GH e l’aumento dell’insulina e del cortisolo. Queste modificazioni ormonali contribuiscono all’au-

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PARMA 29-30 novembre 2014

e il DIMAGRIMENTO LOCALIZZATO

Certificazione

DietaCOM ADVISOR RELATORI Giovanni Montagna - Massimo Spattini CERTIFICAZIONE Alla fine del Workshop verrà rilasciata la Certificazione di “DietaCOM ADVISOR” previo superamento del test scritto finale ECM Sono stati richiesti al Ministero della Salute i crediti ECM per le figure professionali di: Medico Chirurgo, Biologo, Dietista, Farmacista RESPONSABILE SCIENTIFICO Massimo Spattini PROVIDER ECM AKESIOS GROUP S.r.l. - www.akesios.it SEGRETERIA Scientifica e Organizzativa AFFWA - Galleria Crocetta 9/A - 43126 PARMA Tel. 0521 1682083 - Fax 0521 294971 accademia-affwa@libero.it www.accademiadelfitness.com

QUOTE : Entro il 31.10.2014 : Soci € 200,00 non Soci € 240,00 Oltre il 31.10.2014 : Soci € 240,00 non Soci € 280,00

PROGRAMMA

®

Workshop ECM

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Endocrinologia generale Valutazione della composizione corporea Ritmi circadiani Dismetabolismi implicati nel sovrappeso Basi fisiologiche del dimagrimento Influenze ormonali sul deposito localizzato di grasso Attività fisica e dimagrimento localizzato Impostazioni pratiche di valutazione della composizione corporea Prove pratiche di formulazione Diete Integratori alimentari e dimagrimento Prove pratiche di integrazione alimentare


L’Accademia del Fitness mento del grasso viscerale perpetuando così un circolo vizioso che favorisce la sindrome metabolica. L’unica maniera di invertire questo processo è perdere peso e soprattutto diminuire il grasso viscerale, cosa non semplice in quanto le modificazioni ormonali, che sono alla base dell’aumento del grasso sono anche fattori che rallentano la risposta fisiologica agli stimoli dimagranti. Diventa quindi più che mai opportuno uno stile di vita che sia in grado di riequilibrare la corretta funzionalità metabolica alterata da segnali scorretti e dissonanti dal punto di vista evolutivo. La cronormorfodieta o DietaCOM si pone come obiettivo quello di ridurre il grasso corporeo ed anche viscerale. A tale proposito è stato proposto di spostare l’introito calorico derivante dai carboidrati alla sera, in quanto i carboidrati aumentano i livelli di serotonina e quindi di melatonina e favoriscono un miglior sonno fisiologico con conseguente riduzione della ipercortisolemia mattutina e della relativa iperglicemia comune ai soggetti iperlipogenetici, caratterizzati da un accumulo di grasso di tipo androide, cioè a “mela”. In uno studio del 2011 (Greater weight loss and hormonal changes after 6 months diet with carbohydrates eaten mostly at dinner. Solfer S.,Eliraz A.) condotto su 78 agenti di polizia israeliani con body max index superiore a 30 e divisi in 2 gruppi, sono stati somministrati due piani alimentari differenti, al primo gruppo è stata somministrata una dieta di tipo mediterranea con i carboidrati suddivisi in vari pasti, al secondo gruppo una dieta in cui oltre il 70% dei carboidrati totali erano forniti a cena. I risultati hanno dimostrato come nel gruppo sperimentale i miglioramenti ottenuti, sia a livello antropometrico (BMI, circonferenza addominale) sia ematochimici (IL-6, leptina, adiponectina, LDL, HDL) sono stati altamente più significativi rispetto al gruppo controllo. Gli autori di questo studio speculano che questi risultati, nel gruppo che assumeva carboidrati a cena, siano dovuti ad una maggior produzione di adiponectina che è un ormone antinfiammatorio, il che spiegherebbe la diminuzione dei markers infiammatori ed il miglioramento della sensibilità insulinica; inoltre lo stimolo della leptina, che è un ormone anoressante, dovuto al picco di insulina causato dal pasto serale ricco di carboidrati, favorirebbe un livello di leptina più elevato durante tutto il giorno che si tradurrebbe con una minor ingestione di cibo. Il problema è che in questi soggetti, soprattutto se obesi, esiste anche la leptino-resistenza e quindi l’eventuale aumento di leptina non produce i risultati anoressanti desiderati. A questo punto è naturale fare una considerazione: se la chiave di lettura di questo studio fosse la stimolazione della leptina, come suppongono gli autori, il cui effetto sarebbe soprattutto sulla modulazione dell’appetito che senz’altro riveste un ruolo molto importante riguardo la possibilità di attenersi ad un protocollo dietetico, però non si giustifica il fatto che gli individui col pasto

Con l’avanzare dell’età avvengono modificazioni ormonali quali per esempio l’abbassamento del testosterone e del GH e l’aumento dell’insulina e del cortisolo.

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serale a base di carboidrati a parità di calorie totali giornaliere (1300.1500) siano calati di più rispetto a quelli che avevano i carboidrati frazionati negli altri pasti. Qui subentra il cortisolo: questi individui obesi probabilmente appartengono al morfotipo iperlipogenetico caratterizzato da obesità di tipo androide con prevalenza dell’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surreni e quindi maggior produzione di cortisolo. Inoltre i carboidrati favoriscono la produzione di serotonina e conseguentemente di melatonina che ha anch’essa un effetto inibente sulla produzione di cortisolo. Questo fatto non è irrilevante anche se qualcuno potrebbe dire “a me non interessa soffrire la fame se alla fine ho un risultato” ma il problema è che la “fame” cronica è generatrice di stress cronico e la secrezione di cortisolo indotta dallo stress cronico favorisce l’aumento del grasso viscerale addominale ancora di più rispetto al grasso sottocutaneo. Senz’altro nei soggetti iperlipogenetici tendenzialmente cortisolo-responder-stress-correlati questo meccanismo risulta essere particolarmente efficace. Dottor Massimo Spattini Specializzazione in Medicina dello Sport Specializzazione in Scienza dell’Alimentazione Board Certificate in Anti-Aging & Regenerative Medicine (ABAARM-USA) Certificate AFMCP (Applying Functional Medicine in Clinical Practice) - (IFM-USA)


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Una normale risposta sessuale richiede una perfetta orchestrazione di molti fattori…è infatti un fenomeno decisamente complesso, specialmente per il maschio, e fino a qualche decennio fa non era ancora compreso appieno. Oggi sappiamo che si possono presentare delle difficoltà in ognuna delle sue fasi…ma lo spazio è tiranno! Comunque, i deficit erettili, mettendo per un attimo da parte le cause psicologiche, iatrogene, neurologiche, endocrine e quelle dovute ad esiti post-operatori, sono molto legati all’afflusso sanguigno in zona pelvica, in ambedue i sessi. Negli ultimi anni molti studiosi hanno affermato che un uomo di 40 anni con un deficit erettile va immediatamente esaminato per eventuali concomitanti problemi cardiovascolari, arrivando anche ad indicare una «tempistica»: una revisione della letteratura effettuata da Jackson del London BH ha evidenziato come un D.E. possa manifestarsi dai 2 ai 5 anni prima di un evento cardiovascolare significativo. Il collegamento tra le due condizioni può essere spiegato grazie alle dimensioni delle arterie, il cui diametro nel corpo umano si differenzia abbondantemente, da quelle peniene (1-2 mm) ad altre più ampie come quelle femorali (6-8 mm). È quindi plausibile che in quelle più piccole l’ostruzione dei vasi determinata

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dall’aterosclerosi dovuta a stili di vita errati possa avere effetti più importanti ed in minor tempo. Questa ipotesi è stata diffusa dal nostro Montorsi e supportata da molti altri ricercatori: uno degli studi più noti è quello del canadese Meldrum, il cui titolo è particolarmente felice: “The canary in the coal mine”! Non tutti sono però d’accordo su questa teoria che, infatti, è stata recentemente confutata da Ponholzer e colleghi, i quali hanno effettuato un interessante screening basato su un discreto numero di autopsie effettuate in un ospedale viennese: si è visto che in realtà le arterie peniene erano meno aterosclerotiche di altre, ma gli autori concludono affermando che probabilmente il deficit erettile vasculogenico è dovuto non all’occlusione a livello penieno «but on elevel up», a livello delle arterie iliache: insomma, in ogni caso al pene arriva una quantità di sangue insufficiente! La diminuita circolazione sanguigna con conseguente basso livello di ossigeno e l’accumulo di placche sclerotiche danneggiano lentamente (anche) i corpi cavernosi, irrigidendoli (sclerotizzandoli) e portando a minor elasticità degli stessi; in alcuni casi i cambiamenti possono essere così massivi che le strutture cave diventano totalmente inflessibili e non possono più accogliere che minime quantità di sangue… Occorre ricordare che nel pene in rilassamento c’è poco ossige-


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L’Accademia del Fitness no, mentre durante l’erezione la sua pressione aumenta di 3-4 volte insieme al sangue…una costante presenza di ossigeno è importante per il sistema muscolare liscio ed i corpi cavernosi poiché impedisce l’indurimento dei tessuti, affezione peraltro comune nel diabete. Ad esempio, le erezioni notturne (3-5 per notte) sembrano essere un meccanismo della Natura per mantenere in piena efficienza gli organi sessuali ed evitare proprio questo irrigidimento. Inoltre si possono verificare altre complicazioni, altrettanto problematiche: ad esempio, il deflusso può essere eccessivo, in seguito a malformazioni o, molto più spesso, in seguito a fattori acquisiti in seguito come, appunto, la aterosclerosi. I corpi cavernosi meno elastici possono anche arrivare a non comprimere correttamente le vene, la qual cosa contribuisce a creare un serio impedimento all’outflow ematico, specialmente in associazione ad una muscolatura pelvica che diminuisce di tono. L’ossigeno è inoltre molto importante per un corretto rilascio dell’ossido nitrico (It is possible that men with significant obstruction of the penile arteries may not be able to increase arterial flow (and, therefore, intracavernosal oxygen tension) to sufficient levels to fully activate NO synthesis in the corpora. The inability to relax the trabecular smooth muscle would lead to impotence. Oxygen tension regulates the nitricoxide pathway. Physiological role in penile erection, Kim et al) e quindi in caso di una sua ridotta presenza la muscolatura liscia non riesce a rilassarsi appieno e gli spazi cavi dei tessuti erettili non possono riempirsi al meglio, e neanche le… famose pilloline (gli inibitori della fosfodiesterasi) possono fare miracoli in queste situazioni. In questi casi, un afflusso differenziato (con fasi di congestione massiva alternate alla normale circolazione) si rivelerà utile per «allenare» i vasi sanguigni pelvici e penieni alla congestione ed alla pressione massimali di un’erezione e può anche condurre ad una moderata angiogenesi (anche se non a livello di quella ottenibile con gli angiogenic growth factors). Per quanto riguarda l’outflow, l’attività di tutto il pavimento pelvico (in particolar modo dell’ischiocavernoso e del bulbospongioso) contribuisce ad aumentare fino a 100volte la resistenza delle vene al deflusso del sangue. I casi più severi di deficit dovuto ad eccessivo deflusso venoso vedono i pazienti affrontare un intervento chirurgico che prevede la resezione di alcune vene…casi più lievi vedono l’applicazione di un anello alla base del pene, stretto a tal punto da ridurre un eccessiva fuoruscita ematica, ma non può essere «indossato» troppo a lungo… Come già scritto all’inizio, trattare in maniera esaustiva l’argomento non è possibile in questa sede, ma pensando anche alla prevenzione, a parte una dieta ben specifica ed una corretta attività fisica sia a livello di allenamento “cardio” che tramite l’utilizzo di sovraccarichi, non è possibile effettuare un allenamento più specifico… Alcuni studi dell’urologo tedesco Dr. Sommer,

effettuati su pazienti con un deficit venoso, hanno dimostrato come un training mirato su ischiocavernoso e bulbospongioso riesca ad apportare un’influenza decisamente positiva sulla stiffness peniena: oltre il 25% in più, con un aumento dell’attività elettrica che aumentava di pari passo con la durezza del pene e, inoltre, anche il deflusso diminuiva marcatamente. L’allenamento era differenziato tra «erection stableness» e «blood flow»: nel caso si volessero effettuare nella stessa seduta, è sempre consigliabile effettuarli nell’ordine appena scritto, dato che l’incrementata circolazione (che perdura anche dopo la fine delle sedute) potrebbe essere inficiata dalle contrazioni muscolari necessarie alle sessioni con sovraccarichi. Ed uno dei target dei sexercise è proprio la ricerca di questo afflusso differenziato che si verifica durante un training mirato. Per molti anni si sono utilizzati protocolli che prevedevano solo gli esercizi Kegel, talvolta con l’ausilio di pesetti intravaginali o dintrarettali: così si corre il rischio che la muscolatura pelvica diventi troppo forte e contratta in relazione agli altri muscoli…meglio allora prevedere l’allenamento di gruppi contigui, degli antagonisti ed anche una fase di stretching, dato che pure l’eccessiva tensione puo’ essere problematica (anche quella psicologica…)

Negli ultimi anni molti studiosi hanno affermato che un uomo di 40 anni con un deficit erettile va immediatamente esaminato per eventuali concomitanti problemi cardiovascolari,

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L’Accademia del Fitness Uno schema che prenda spunto dai vari studi fin qui effettuati dovrà includere quindi una serie di esercizi con sovraccarichi (anche a corpo libero, nel caso di soggetti non allenati) che interessino sia la muscolatura del pavimento pelvico che la parete addominale come anche i muscoli sinergici, nel caso specifico le grandi masse muscolari dei glutei e delle cosce da eseguirsi con tempi di recupero specifici ed anche una parte di esercizi cardio del tipo interval training, sempre con criteri di lavoro/riposo attivo ben definiti. È proprio la corretta applicazione di parametri specifici tra le due fasi che fa la differenza: la presenza prolungata di grandi quantità di sangue “in zona”consente di ottenere i migliori risultati: la pausa non deve essere troppo breve per non perdere i benefici del accresciuto afflusso ematico. Migliori risultati che dipendono anche dalla giusta scelta delle

Migliori risultati che dipendono anche dalla giusta scelta delle attrezzature e degli esercizi.

attrezzature e degli esercizi: ad esempio no a sellini stretti o vogatori per la fase “cardio” mentre in sala pesi sono indicati squat, affondi, romanian deadlift, ma anche esercizi a terra (vari tipi elevazioni gambe e sollevamenti pelvici, specie per i meno allenati), mentre a livello di addominali, particolare attenzione dovrà essere data alla respirazione, per interessare al meglio il trasverso dell’addome. Ovviamente parte integrante del programma sono le contrazioni specifiche per ischiocavernoso e bulbospongioso, il cui controllo non è proprio…automatico, e va quindi allenato: comunque, in poche sedute, grazie ad alcuni semplici accorgimenti si riesce ad acquisirlo senza particolari difficoltà. Dottor Marco Tullio Cau Laurea Specialistica in Psicologia indirizzo Clinico e Laurea Specialistica in Scienze della Comunicazione

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IMPORTANZA DEI TEST ORGANICI E MUSCOLARI

NEL CHECK UP ANTIAGING

L’importanza di un check-up a 360° gradi e la creazione di un documento che accompagna il soggetto durante le attività con un costante monitoraggio di ogni fase della crescita, di pianificazione coordinata e mirata degli allenamenti, dell’alimentazione e delle necessità rilevate, permette di favorire uno sviluppo armonico e di contrastare molte patologie oggi esistenti affrontando tutte le età con un maggior benessere psico-fisico. Queste informazioni servono a redigere un report personalizzato in cui vengono messe in evidenza le risposte ottenute e le aree che necessitano di un eventuale intervento terapeutico. L’intervento è multi-modale ed integrato e si compone di elementi medici, motori e psicologici. L’antiaging sostiene che la vera salute non è semplicemente l’assenza di malattia ma, piuttosto, la presenza di un benessere fisico, mentale ed emozionale. L’obiettivo di questa nuova branca della medicina è quindi quello di fornire strategie scientificamente validate per frenare il processo dell’invecchiamento, per prevenire le malattie croniche ed ottimizzare la qualità della salute. È importante conoscere il proprio orologio biologico, la corrispondenza tra età anagrafica e biologica, entrare nella diagnostica precoce e sapere il grado di alterazione dei markers biologici dell’invecchiamento, per elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato che consentirà di migliorare la funzionalità dei sistemi dell’organismo e di rallentare, entro certi limiti, alcuni processi degenerativi legati all’invecchiamento.

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Il check up si pone l’obiettivo di passare dalla medicina della malattia alla medicina preventiva e predittiva utilizzando l’attività fisica come vero e proprio farmaco cardio-attivo, preventivo e mezzo terapeutico. Solo ben dosando la curva dose-risposta, misurando gli effetti, possiamo definire la posologia. I test di forza ci permettono di considerare i valori massimali, gli squilibri tra arti omologhi, tra agonisti e antagonisti, di ricostruire i patterns naturali di attivazione muscolare e di identificare la potenza (dinamometro) dei diversi distretti, guidandoci nella stesura dei piani individualizzati. Forza e potenza sono legate all’identificazione di patologie metaboliche silenti, di algie osteo-muscolo-articolari, di incapacità funzionale statica e dinamica, di patologie senili. Sappiamo la stretta relazione tra massa muscolare, forza muscolare, massa muscolare appendicolare e sindrome metabolica. Allenare la forza è calibrare seriamente il rapporto dose-risposta in funzione dell’obiettivoè indispensabile ed è raggiungibile, solo con l’applicazione di preciso monitoraggio. L’allenamento di forza è l’unico in grado di contrastare efficacemente la perdita di massa muscolare producendo risposte anaboliche, inducendo ipertrofia, aumentando la forza e la potenza contrattile, stimolando la capacità neuro motoria specifica di reclutamento delle fibre muscolari consentendo sia un miglioramento dell’output muscolare di forza, sia d’intervenire positivamente nel rallentare i fenomeni di denervazione. Attraverso


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L’Accademia del Fitness stimoli di appropriata intensità si possono produrre guadagni di forza, massa, potenza muscolare a qualsiasi età e condizione, contrastando l’insorgere di patologie e l’invecchiamento. Anche per applicare gli allenamenti di tipo organico è di fondamentale importanza effettuare test incrementali che permettano di identificare il punto ZERO (livello di partenza), ricercando il vo2max, le soglie aerobica e anaerobica, le frequenze cardiache (riposo, massimale e recupero), la pressione arteriosa e le sue variazioni. Il massimo consumo di ossigeno è una misura globale ed integrata della massima intensità di esercizio che un soggetto può tollerare per periodi di tempo di circa 10 minuti ma si tende a considerare il settimo minuto come “barriera”. In pratica è la quantità di O2 che può essere captato, trasportato e utilizzato dall’organismo. Vo2max = FC X GS X ( Δa-v). La componente importante risulta essere la capacità di utilizzare una data percentuale di ossigeno. Non a caso soggetti con alti valori di vo2max possono ottenere prestazioni di utilizzo inferiore di altri dotati di minor vo2 max. Da ciò si evince l’importanza di conoscere questo parametro per poter applicare eventuali metodi (allenamento HIT alta intensità O CON continuativo) a seconda dell’obiettivo e nel giusto dosaggio. Altri parametri sono fondamentali da rilevare nei test organici : capacità di esercizio: il più potente fattore predittivo di morte. Tempo di esercizio: Un tempo di esercizio adeguato all’età indica una prognosi favorevole. In soggetti asintomatici, ad esempio: la presenza di un sottoslivellamento del tratto ST entro i primi 6 min di un test al treadmill con protocollo di Bruce è associata ad un rischio relativo di 6.7 nei maschi e di 3.6 nelle femmine; se tale sottoslivellamento si verifica entro i primi 5 min del protocollo il rischio relativo aumenta a 14.7 per i maschi e 5.6 per le femmine. Frequenza cardiaca: I cambiamenti della FC durante l’esercizio e durante il periodo di recupero post-esercizio sono dovuti ad un equilibrio tra l’attività dei sistemi simpatico e vagale. Durante la fase di recupero post-esercizio nel soggetto normale la FC diminuisce con una cinetica simile a quella del suo incremento Incompetenza cronotropa: L’incompetenza cronotropa è data da un’attenuata risposta della FC all’esercizio. Come indice di incompetenza cronotropa si possono utilizzare l’incapacità di raggiungere l’85% della FCmax teorica o l’indice cronotropico<0.8 Pressione arteriosa: Normalmente la pressione arteriosa si-

stolica (PAS) tende ad aumentare di 5-10 mmHg per ogni MET sostenuto; in un paziente di età media con una media tolleranza allo sforzo ci attendiamo un incremento di 40-60 mmHg, raggiungendo un picco di 160-200 mmHg. La pressione arteriosa diastolica (PAD) generalmente rimane invariata o può subire lievi innalzamenti o abbassamenti. Durante la fase di recupero la PAS dovrebbe normalizzarsi entro 6 min e può anche scendere a valori inferiori a quelli basali per alcune ore. L’importanza di questi test fisici, associati a tutti gli altri test del check up antiaging è di dare informazioni per quello che riguarda le debolezze strutturali-organico-muscolari-genetiche che ci “segnano” per tutta la vita, quindi sull’HealthyAging in senso stretto, sia sul rischio di contrarre alcune patologie di tipo cardiovascolare, neurodegenerativo, metabolico ed estetico. I Test di forza e organici, identificando il punto zero, ci permetteranno di applicare l’esercizio fisico nel migliore dei modi considerandolo una vera e propria terapia, con proprietà spiccatamente pleiotropiche, cioè in grado di andare a incidere contemporaneamente sia in campo preventivo che terapeutico.

L’importanza di questi test fisici, associati a tutti gli altri test del check up antiaging è di dare informazioni per quello che riguarda le debolezze strutturali-organicomuscolari-genetiche che ci “segnano” per tutta la vita

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Prof. Davide Antoniella Diplomato ISEF e Preparatore Atletico



L’Accademia del Fitness

SARCOPENIA

E CONDIZIONE DISABILITANTE NELL’ANZIANO Sappiamo che inevitabilmente siamo legati ad un processo graduale di decadimento in cui la nostra composizione corporea si modifica rendendoci più fragili ed esposti a malattie, l’invecchiamento è un processo fisiologico che tuttavia è possibile accelerare ma anche modificare o rallentare e questo è uno dei compiti della medicina anti-aging. Nell’ambito dei miei studi ant-aging, mi sono spesso imbattuto in termini, come sarcopenia, dynapenia, osteopenia, eventi questi tutti direttamente correlati al processo di invecchiamento e tutti in qualche maniera collegati nella loro origine ed evoluzione. In particolare ho voluto approfondire il termine “Sarcopenia” soprattutto perché è uno dei fenomeni più evidenti e che più condiziona la mobilità e l’indipendenza delle persone anziane. Il termine sarcopenia deriva dalle parole greche sarx (carne) e penia (perdita), è un termine coniato per la prima volta da Irwin Rosenberg nel 1989, anche se già nel 1700 si parla di questo fenomeno come riferito al processo di perdita della massa e della forza muscolare. Fino a qualche tempo fa con “sarcopenia” si intendeva la perdita di massa e forza muscolare, oggi ti tende a distinguere i due

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processi, consolidando il termine sarcopenia alla sola perdita della massa, mentre per definire la perdita della forza muscolare viene utilizzato il termine “dynapenia”. La definizione “sarcopenia” oggi, si riferisce clinicamente alla perdita di massa muscolare e rappresenta il prodotto di una condizione metabolica in cui il catabolismo muscolare viene attivato per mantenere la sopravvivenza dell’individuo, catabolismo che non viene controbilanciato da una sufficiente sintesi proteica capace di mantenere l’integrità della massa muscolare. Baumgartner, insieme a Rosenberg, è stato uno dei più grandi studiosi della sarcopenia; questi afferma che tale fenomeno fisiologico , coinvolge cambiamenti cellulari che comportano l’indebolimento dei fattori che promuovono l’anabolismo muscolare e aumentano l’espressione dei fattori infiammatori e di altri agenti che contribuiscono al catabolismo muscolare scheletrico. A livello cellulare, questi processi molecolari si manifestano in una perdita di fibre muscolari a sezione trasversale, perdita di innervazione e cambiamenti adattativi nelle proporzioni tra le unità motorie lente e quelle veloci del tessuto muscolare. In definitiva, queste alterazioni si traducono in modifiche col-


numero 14 / 2014 lettive di massa, forza e funzione muscolare, fino ad arrivare ad una riduzione delle prestazioni fisiche, alla disabilità, all’aumento del rischio di lesioni correlate alla caduta e spesso conseguenti ad uno stato di fragilità cronica. In effetti sappiamo come gli anziani siano spesso ad alto rischio di cadute dovute ad una condizione di fragilità cronica, ad esempio uno dei fenomeni che si manifestano nell’anziano e che purtroppo accelerano notevolmente il processo di invecchiamento è la rottura dell’osso femorale la cui eziopatologia è correlata alla densità ossea ma alla cui evoluzione contribuisce anche la sarcopenia. Vi è un interessante studio in cui si riassumono i vari stadi della sarcopenia in un grafico rappresentato da un cerchio in cui le varie fasi si susseguono e si ripetono in un processo degenerativo innescato dalla sarcopenia:

Fig.1 Flusso evolutivo della Sarcopenia Ma quando e perché si innesca il processo di sarcopenia? Sappiamo che la sarcopenia inizia a comparire intorno alla quarta decade di vita, portando ad una perdita di massa muscolare del 3-5% entro i 50 anni e successivamente dell’1-2% ogni anno. Un andamento che, in circa il 40% dei soggetti, porta a dimezzare il patrimonio muscolare entro i 75 anni di età, con una prevalenza leggermente maggiore negli uomini rispetto alle donne. Tutto questo, alla luce delle migliorate aspettative di vita realizzate grazie all’enorme progresso della medicina di intervento e della farmacologia, porta spesso gli anziani a vivere più a lungo rispetto al passato ma in condizioni di frequente disabilità. L’eziologia della sarcopenia non è chiaramente compresa ma diversi meccanismi sono stati proposti. In uno studio di T. Lang del 2009, che tratta gli aspetti eziologici ed i meccanismi di insorgenza della sarcopenia, si osservano a livello cellulare alterazioni come la riduzione del numero di cellule muscolari, la riduzione di volume del reticolo sarcoplasmatico e della quantità di calcio. Questo studio dimostra come la membrana plasmatica del muscolo diventa meno eccitabile e

vi è un aumento significativo di accumulo di grasso all’interno e intorno alle cellule muscolari, mentre il numero di motoneuroni e la capacità rigenerativa del tessuto nervoso diminuiscono. T.B Harris nello stesso studio individua come nel DNA mitocondriale si manifestino mutazioni per delezione come conseguenza di un danno ossidativo, una ridotta sintesi di proteine mitocondriali probabilmente legata ad una riduzione degli enzimi coinvolti nei processi di glicolisi, una riduzione della disponibilità di creatina fosfato e delle riserve di ATP all’interno delle cellule muscolari. Da molto tempo sappiamo come una varietà di cambiamenti ormonali si manifestano durante il processo di invecchiamento e questi cambiamenti possono contribuire alla perdita di muscolo. Riconosciamo ad esempio come nell’uomo i livelli di testosterone risultino già in una fase calante in un individuo maschile che abbia raggiunto i trent’anni di età, addirittura i livelli di testosterone, in circa il 60 % degli uomini sopra i 65 anni, scendono al di sotto dei valori normali. Dal momento che il testosterone aumenta la sintesi proteica muscolare, la massa muscolare e la forza, è stato proposto che la diminuzione dei livelli plasmatici di testosterone contribuiscono alla perdita di massa muscolare. Anche l’ormone della crescita GH e l’ormone IGF-1 presentano un graduale declino nel corso del normale invecchiamento. Le concentrazioni di deidroepiandrosterone (DHEA) nel sangue diminuiscono gradualmente con il normale invecchiamento, i livelli possono scendere fino a cinque volte i valori riscontrabili in età giovanile. La capacità del tessuto muscolare di rispondere all’insulina è un altro aspetto importante coinvolto nel fenomeno della sarcopenia, infatti l’incidenza di insulinoresistenza e diabete di tipo 2 aumenta con l’invecchiamento e la sarcopenia può svolgere un ruolo importante.

Le concentrazioni di deidroepiandrosterone (DHEA) nel sangue diminuiscono gradualmente con il normale invecchiamento

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Fig.2 Schema dell’evoluzione dei cambiamenti muscolo-ormonali La sarcopenia può manifestarsi sia come fenomeno a sé, contribuendo all’aggravamento di eventuali altre concomitanti malattie, ma anche come conseguenza di patologie croniche ad esempio l’obesità è una condizione che contribuisce notevolmente nell’induzione della disabilità presumibilmente attraverso un’accelerazione dell’insorgenza della sarcopenia. La sarcopenia non è un processo fisiologico relegato solo agli anziani o comunque conseguente solo all’età che avanza, ad esempio si possono osservare processi di decadimento muscolare anche in giovani o meno giovani in fase di convalescenza dovuta a seguito di un intervento chirurgico o di una malattia che costringe il paziente a non poter svolgere qualsiasi attività fisica. L’invecchiamento è inoltre associato ad una progressiva riduzione dell’assunzione di cibo che predispone a malnutrizione proteica, infatti spesso si osserva nelle persone anziane una volontaria ridotta assunzione alimentare soprattutto a sfavore delle fonti proteiche. Così, interventi nutrizionali possono rappresentare, almeno potenzialmente, strumenti per la prevenzione e il trattamento della sarcopenia dell’anziano. Numerosi studi suggeriscono che gli aminoacidi essenziali sono i principali responsabili per la stimolazione della sintesi proteica, in particolare la leucina, per questo motivo, l’integrazione a lungo termine con amminoacidi essenziali può essere un utile strumento per la prevenzione e il trattamento della sarcopenia Diversi studi hanno dimostrato che l’esercizio di resistenza tra gli anziani può tradursi in sostanziali miglioramenti nella forza

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muscolare e nello stato funzionale globale. Per i soggetti che non possono tollerare o non sono disposti a svolgere esercizio fisico, interventi farmacologici, come Testosterone, GH o IGF - 1 possono mostrarsi potenziali strumenti contro la sarcopenia. L’inibizione della miostatina e modulatori selettivi dei recettori degli androgeni, anche se ancora in fase sperimentale possono rappresentare dei promettenti strumenti di regressione della sarcopenia. Il motivo di Rosenberg per la creazione di un termine medico per la perdita di massa muscolare legata all’età era quello di portare maggiore consapevolezza e attenzione a questo problema, che è stato molto sottovalutato e poco studiato. Oggi grazie anche alla evoluzione della medicina Anti aging il problema viene affrontato sotto un diverso profilo non genericamente geriatrico ma si cerca di attuare delle strategie di prevenzione che possano tardare l’evoluzione di tale processo, prevenire stati di irreversibile modificazione strutturale che inevitabilmente portano l’anziano ad affrontare molti anni in stato disabilitante e non indipendente. Creare condizioni tali per cui l’anziano possa vivere in uno stato di benessere la maggior parte degli ultimi anni della sua vita e quindi ridurre quel tempo che intercorre tra l’espressione di una malattia e l'inevitabile fine del proprio percorso di vita potrebbe passare attraverso lo studio di tale evento coniato da Rosenberg nel lontano 1989. Dott. Antonio Polito Biologo Nutrizionista



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L’ALLENAMENTO

CON I KETTLEBELLS Il kettlebell è un attrezzo che ha origine slava e infatti il suo nome originale è “girya” (pron.”ghiri”). In apparenza è molto simile ad una palla di cannone, con la maniglia e il fondo piatto. Questa parola appare per la prima volta in un dizionario russo del 1704 , ed è un evoluzione delle sfere con cui si allenavano gli strongmen di allora. Il suo peso varia e viene misurato in “pood”,unità di misura russa che equivale a 16 kg, ed è diventato parte integrante dell’allenamento dei giovani e degli adulti nei paesi dell’ex est europeo, aumentando cosi, la prestanza e la resistenza di queste popolazioni. La sua versatilità sta nel fatto che con il kettlebell ci si può allenare praticamente ovunque, non è ingombrante e con esso si può effettuare una gamma molto varia di esercizi per allenare forza, resistenza, equilibrio, flessibilità e aumentare la massa muscolare. Inoltre, soprattutto nelle donne, è utile per tonificare e proteggere le ossa dall’osteoporosi. È diventato competizione nazionale nella prima parte del ‘900 e molti pesisti utilizzarono i kettlebell per i loro allenamenti. Numerosi sono i campioni anche moderni di questa disciplina tra cui è doveroso ricordare Pavel Tsasouline e Oleh Ilika, ai quali dobbiamo la diffusione dei kettlebells anche in Italia. Essi costituiscono la base della preparazione atletica delle forze speciali sia sovietiche che americane per le caratteristiche citate prima, ma anche perché questo tipo d’allenamento è ottimo per incrementare la forza della catena estensoria dell’anca, sede principale della forza, della fascia addominale e del blocco dita-mani-avambracci.

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Il kettlebell può sostituire tranquillamente manubri e bilanciere, dato che gli esercizi che si possono fare vanno ad attivare lunghe catene articolari che sono chiamate in causa in tutti gli sport prestativi. Fondamentale in questa tipologia di allenamento è il controllo del core, ovvero della fascia addominale, che ha principalmente funzione di stabilizzazione, rotazione, torsione, inclinazione laterale e protezione della colonna vertebrale, ma anche lasciare le spalle rilassate e flessibili perché, attraverso l’articolazione cingolo scapolo-omerale, la forza passa dagli arti inferiori a quelli superiori. Per comprendere le qualità di questo attrezzo è necessario evidenziare il fatto che già solo maneggiandolo e provando a muoverlo nello spazio che ci circonda si possono raggiungere risultati veramente notevoli, ma è fondamentale, per non farsi male, rivolgersi ad un preparatore esperto.


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Quando ci si approccia all’allenamento con i kettlebell bisogna imparare l’esecuzione corretta degli esercizi, la tecnica è fondamentale per ottenere risultati sicuri senza incorrere in spiacevoli infortuni.

Forza e durata degli esercizi sono alla base degli allenamenti con i kettlebell, così come il fatto di usare sempre un attrezzo che lavora continuamente contro la forza di gravità, ma la progressione del carico, del peso e dell’intensità deve essere graduale. Vediamo quali sono i principali benefici di questa disciplina oltre a quelli che abbiamo già menzionato: • Dato che è l’intensità che produce risultati si possono ottenere grandi cambiamenti in poco tempo • Incremento della lipolisi • Incremento della resistenza • Il lavoro incide su tutti i sistemi energetici • Innalzamento della performance sportiva • Miglioramento del sistema cardiovascolare e respiratorio • Aumento della funzionalità di tutto il corpo Quando ci si approccia all’allenamento con i kettlebell bisogna imparare l’esecuzione corretta degli esercizi, la tecnica è fondamentale per ottenere risultati sicuri senza incorrere in spiacevoli infortuni. I basilari vanno ripetuti assiduamente prima di introdurre variazioni di qualsiasi tipo, solo così si può imparare a padroneggiare l’attrezzo nel modo migliore. Anche la respirazione ha un ruolo importante, essa determina la cadenza dei movimenti e può essere di due tipi: diaframmatica e anatomica. La prima s’incentra sull’inspirazione nella fase eccentrica del movimento, la pressione all’interno della cassa toracica proteggerà la colonna vertebrale (es. nello squat bisogna inspirare mentre si scende ed espirare mentre si sale), la seconda invece incentra la respirazione nella fase concentrica del movimento e

l’espirazione avviene nella fase eccentrica ( es. nello snatch si espira quando si scende e si inspira quando si sale ). Importante è eseguire anche lo stretching all’inizio e alla fine di ogni seduta di allenamento.

GLI ESERCIZI Vediamo ora le principali tipologie di esercizi da effettuare con il ketllebell: • Balistici: sono esercizi atti a sviluppare inerzia ed esplosività perché lavorano sulla componente elastica dei muscoli soprattutto degli arti inferiori e della catena estensoria dell’anca,ne sono un esempio lo swig, il clean, lo snatch. • Press: sono esercizi di distensione del peso sopra la testa e permettono il lavoro sinergico fra arti inferiori e superiori come il Jerk, il bent press, il push press, il side press. • Overhead: sono esercizi da eseguire tenendo il kettlebell sopra la testa, lo sguardo è sempre rivolto verso l’attrezzo come nello squat overhead, nel turkish get up, nel win mill. Infine voglio sottolineare una piccola precauzione da prendere prima di iniziare questo tipo di allenamento: usare scarpe con la suola molto bassa, controllare che non si abbiano i cuscinetti per ammortizzare il terreno oppure allenarsi a piedi scalzi, le scarpe con un po’ di tacco o rialzo sbilanciano e ci si può far male alla schiena ed infine curare sempre le mani, eliminare i calli che inevitabilmente si formeranno. Giuseppe Notarnicola Consulente fitness, Personal Trainer, Educatore alimentare

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VIVERE IN EQUILIBRIO “Lo scopo della vita è vivere in accordo con la natura” ZENONE DI CIZIO filosofo greco ca. 336 a.c.- 264 a.c. Un essere vivente è un organismo che nasce, cresce, compete, si nutre, si riproduce..ed infine muore. In ecologia l’equilibrio dinamico si basa sul principio della continua trasformazione ed adattamento ad un ecosistema in continua evoluzione. L’equilibrio dinamico è quindi la facoltà di utilizzare al meglio le energie e/o informazioni con i minori cambiamenti possibili dei parametri presi in considerazione. L’equilibrio dell’ambiente naturale è influenzato da diversi fattori, che generalmente vengono distinti in abiotici (“senza vita”), biotici (“vitali”) e limitanti (quelli senza cui un organismo non può vivere). La complessa interazione fra questi fattori ambientali e gli esseri viventi si definisce ecosistema. È quindi fondamentale che il sistema venga mantenuto in equilibrio per preservare gli ecosistemi e la vita. L’equilibrio si distingue in statico e dinamico ma entrambi sono integrati. Possiede un buon equilibrio non tanto chi non lo perde mai, ma chi può ristabilirlo velocemente. In fisica, un sistema è in equilibrio meccanico, quando la sommatoria di tutte le forze esterne e quella di tutti i movimenti meccanici esterni risultano nulli. Il baricentro (o centro di gravità) è il punto in cui si può immaginare concentrato il peso di un corpo. A) Il baricentro del cono è nel suo punto di minima altezza, e un colpetto lo farebbe oscillare per poi ricadere nel punto di equilibrio (equilibrio stabile). B) Il baricentro è nel punto massimo, ed una alterazione della precaria condizione di equilibrio porterebbe il cono a cadere (equilibrio instabile). C) Il baricentro, qualunque sia la piccola sollecitazione, rimane sempre alla stessa altezza da terra (equilibrio indifferente). Il termine “POSTURA” deriva dal latino: “positura” che voleva dire “posizione - atteggiamento”; “lo scotto che l’uomo paga alla stazione eretta”. I fattori interagenti sono di natura: biomeccanica, chinesiologica, neurofisiologica, psicomotoria. La Postura rappresenta un processo di adattamento: “l’adattamento personalizzato dell’individuo all’ambiente fisico, psichico ed emozionale”. La posizione ortostatica viene mantenuta grazie ad una fantastica organizzazione di sensori che ci permettono di contrastare la forza di gravità.

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I sensori dell’equilibrio sono: 1. Orecchio. Nell’orecchio interno sono presenti alcuni recettori posti in una struttura chiamata “labirinto” stimolati dai movimenti e dai cambiamenti di posizione della testa. 2. Muscoli, tendini e articolazioni. Il muscolo possiede recettori che rilevano informazioni sulla lunghezza del muscolo, a seconda dello stato di stiramento/accorciamento. Analogamente ai muscoli, tendini e articolazioni sono caratterizzati da recettori che rilevano la tensione, la pressione e lo stiramento di queste strutture. 3. Occhio. Gli stimoli provenienti dalla vista, attraverso il nervo ottico, vengono integrati da particolari centri nervosi con lo scopo di regolare l’equilibrio. Ma, torniamo alla domanda: Che cosa è un organismo vivente? Potremmo definirlo come un essere che nasce, cresce, si riproduce e muore. Ma questa è solo un’elencazione di funzioni. Tra le funzioni nell’essere vivente, ce n’è una molto importante: il movimento, possiamo quindi affermare che “un organismo è vivente quando si muove”. Trent’anni fa realizzai il sogno di aprire una palestra e le diedi il nome: palestra “Life”. Attraverso questo nome cercavo di esprimere l’idea di dare o ridonare vita al corpo attraverso il movimento.



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Nella citazione di Walter Bradford Cannon spiega che cosa intendeva lui per omeostasi e cioè: le condizioni costanti che sono mantenute nel corpo potrebbero essere chiamate “ equilibri “. Questa parola, comunque, ha assunto un significato esatto da quando è stata applicata ai relativamente semplici stati fisico chimici, in sistemi chiusi dove forze conosciute sono bilanciate. I processi fisiologici coordinati che mantengono costanti la maggior parte degli stati nell’organismo sono complessi e peculiari agli esseri viventi coinvolgendo il cervello e i nervi, il cuore e l’apparato respiratorio e così via, tutti lavorando insieme; perciò ho suggerito uno speciale termine per questi stati: l’omeostasi. La parola non indica qualcosa di immobile, una stagnazione. Essa indica la capacità di tornare ad una condizione di equilibrio dinamico ogni qual volta questo equilibrio viene in qualche modo compromesso. Il sistema di controllo dell’equilibrio e della postura sostanzialmente coincidono e corrispondono al controllo del tono muscolare, formando così il sistema tonico posturale, il cui compito è consentire all’uomo la stabilità posturale, sia in posizione statica che in movimento, adattandosi ai continui cambiamenti ambientali. Per realizzare tale obiettivo il sistema utilizza una complessa rete di risorse suddivisa in 3 livelli: 1) recettori sensoriali (esterocettivi cutanei e propriocettivi, visivi, vestibolari e uditivi) che posizionano le varie parti del corpo in relazione all’insieme e all’ambiente; 2) centri superiori (nuclei vestibolari, cervelletto, formazione o sostanza reticolare, corteccia cerebrale) che

integrano e rielaborano i dati derivanti dalle fonti precedenti, combinando i processi cognitivi e strategici (engrammi); 3) effettori (nuclei cranici oculomotori da cui partono i comandi ai muscoli oculomotori per la stabilizzazione visiva, e il midollo spinale da cui partono i segnali diretti alle placche motrici dei muscoli scheletrici per la stabilità antigravitazionale). Talvolta però l’equilibrio ci riserva delle sorprese. Il termine “ATASSIA” indica un disordine nella coordinazione muscolare. L’assenza di controllo motorio è sintomo di moltissime patologie complesse. L’origine dell’atassia risale all’alterazione del codice genetico; ciò scatena una serie di eventi che alterano, inesorabilmente, gradualmente ma irreversibilmente, la funzionalità del SNC (Sistema Nervoso Centrale), intaccando quindi il cervelletto e le aree ad esso collegate, quali il tronco cerebrale, il midollo spinale ed, eventualmente, anche gli emisferi cerebrali. L’atassia potrebbe essere la conseguenza di patologie più o meno gravi, anche le lesioni a livello delle vertebre dorsali sono possibili cause responsabili. Meno gravi, ma altrettanto potenziali cause di perdita di equilibrio sono le “VERTIGINI”. Di solito le vertigini sono dovute al distacco di “piccolissimi sassolini” chiamati otoliti nell’orecchio che con opportune manovre vengono rimossi con scomparsa definitiva della sintomatologia vertiginosa. La legge di Haeckell o legge della ricapitolazione afferma che: “l’organismo, nel corso del suo sviluppo, traccia una sintesi della sua storia evolutiva”. Durante la sua evoluzione, l’uomo si è trovato di fronte ad una involuzione dal punto di vista motorio, giungendo ad una forma di patologia: la “IPOCINESIA”. La sedentarietà, la mancanza di attività fisica, le cattive abitudini di vita, l’accumulo di stress psicofisici, mostrano un soggetto astenico, ipotonico e, nella maggior parte dei casi, in sovrappeso. In tale situazione, tutti gli apparati del nostro organismo si indeboliscono ed aumentano i rischi di alcune patologie tipiche dell’età senile (cardiopatie, insufficienze respiratorie, alterazioni metaboliche ed ormonali, malattie ossee e neuro-psicologiche). L’assetto psicologico della persona va visto come un processo di sviluppo che si realizza durante tutto il ciclo della vita, dove accrescimento e senescenza si susseguono senza soluzione di continuità. In età avanzata le persone tendono ad esprimere le caratteristiche del loro stile di vita. Quindi mantenere un sano stile di vita ci permetterà un domani di esprimere un’altrettanto sano invecchiamento. Anche in questo caso la natura decide… ma noi possiamo provare a gestire la situazione soprattutto prevenendo attraverso il rispetto della “VITA”.

Il termine “ATASSIA” indica un disordine nella coordinazione muscolare. L’assenza di controllo motorio è sintomo di moltissime patologie complesse.

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Prof. Ciro di Cristino Educatore e Preparatore Fisico-Atletico


EDUCATORE

ALIMENTARE

SEDE: PARMA DATE: 29 nov / 17 gen / 14 feb / 14 mar 18 apr / mag (da definire) ESAME (con e senza frequenza): 6 giugno

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PROGRAMMA

■ ANTROPOMETRIA: misurazioni - plicometria ed impedenziometria ■ Biochimica ed endocrinologia dell’alimentazione ■ Alimentazione nell’attività fisica ■ Diete del Fitness: Gruppi sanguigni - Mediterranea Metabolica - Paleodieta - Warrior Diet - Dieta Zona ■ DietaCOM ® e dimagrimento localizzato ■ Integrazione alimentare ■ Intolleranze ed allergie alimentari - I Prebiotici ■ Alimentazione Antiaging ■ Programmazione neurolinguistica : l’aspetto motivazionale

Accademia Funzionale del Fitness - Wellness - Antiaging Tel. 0521.1682083 - Fax 0521.294971 accademia-affwa@libero.it

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QI GONG

L’ARTE DEL RESPIRO Il termine qigong vuol dire tecnica del respiro o tecnica dello spirito, indicando l’arte di far circolare l’aria nel modo più adatto per raggiungere e mantenere il benessere psicofisico. Indica infatti tutto quello che può essere fatto per operare sul Qi: dal lavoro fisico sul corpo, muscoli, giunture, organi interni, alla regolazione del respiro, della mente e del cuore; dal lavoro fatto su se stessi, interiormente, a quello fatto in relazione al mondo esterno e agli individui intorno a noi. Tutte le tecniche di pratica interiore del sistema “corpo - respiro – mente” è Qigong, composto dai due ideogrammi: “Qi” e “Gong”. Qi sta per ENERGIA comprende le fonti di energia come il cibo e l’aria, viene definito anche soffio vitale e Gong sta per “pratica” o “lavoro meritorio”, indica tutto quello che può essere fatto per operare sul Qi, dal lavoro fisico sul corpo, muscoli, articolazioni, organi, sino alla regolazione del respiro e della mente. Gli stili del qigong sono numerosissimi, si differenziano in primo luogo in base alla filosofia di vita a cui fanno riferimento, troviamo quindi scuole taoiste, buddiste, confuciane, oppure in base alla finalità: marziale, medica, ecc. In questo caso porremo l’attenzione più sul qigong medico che si occupa del mantenimento della salute, la prevenzione delle malattie e il rallentamento dell’invecchiamento. La pratica del qigong si fonda su tre pilastri fondamentali: la posizione e l’uso del corpo, la respirazione e l’intenzione. La postura contempla tecniche dinamiche o statiche, oppure la posizione del corpo nello spazio, quindi disteso, seduto o in piedi.

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Ognuna di queste varianti andrà ad incidere sull’azione tonificante o disperdente dell’esercizio. Lo Yang è il movimento e lo Yin è la stasi. Le posizioni sdraiate incideranno maggiormente sull’organo polmone e tutte le sue “attività energetiche”, le posizioni sedute lavoreranno prioritariamente sugli organi milza/ pancreas e stomaco, le posture in piedi agiranno maggiormente sull’organo rene che è il depositario della cosiddetta energia ancestrale e dell’energia acquisita. Importanti quindi per il nostro stile di vita le tecniche in piedi, data la necessità di “tonificare” l’organo rene così spesso in deficit, in seguito agli stress psicofisici della nostra civiltà industriale.

Importante nella postura è come viene mantenuta, utilizzando alcune delle posizioni base che ritroviamo nelle diverse arti marziali. In particolare le ginocchia devono essere mantenute flesse in modo che non si riesca a vedere la punta dell’alluce, ci


numero 14 / 2014 si dovrebbe mantenere su una verticale, questo dona una maggiore stabilità. I piedi sono mantenuti, nelle posizioni di movimento, con l’apertura corrispondente alla misura delle spalle.

L’altro caposaldo del qigong è la respirazione. L’utilizzo del naso o della bocca nella respirazione può modificare la tipologia dell’effetto energetico. Col naso diamo un maggior incipit alla tonificazione, con la bocca al drenaggio degli eccessi. La respirazione è poco conosciuta, la pratichiamo inconsciamente e questo non ci permette di focalizzarci sul suo significato.

Questo schema ci mostra come possano essere varie le tipologie di respirazione. Se osserviamo la prima dello schema in cui inspirazione ed espirazione vengono ripetuti velocemente in pari durata, ci sarà una aumentata produzione di adrenalina, questa viene definita respirazione nervina e ci prepara alla fuga, la attiviamo nei momenti di paura e di pericolo. Variando i modi e i tempi della respirazione, pause comprese, otterremo differenti effetti. La respirazione può essere toracica o addominale. Variando i tempi e i modi della nostra respirazione possiamo ottenere tantissime modulazioni degli esercizi così eseguiti. Generalmente si intende la inspirazione come tonificazione e la espirazione come drenante gli eccessi. Un altro modo per valutare la respirazione è quella proposta da Roger Clerc in cui si analizza la respirazione secondo un ciclo di 4 secondi e si associa ogni ciclo ad un organo, una prevalenza di un ciclo nella rotazione respiratoria ci permette di evidenziare

una carenza o un eccesso presso uno di questi organi. Il ciclo comprende una prima inspirazione addominale per proseguire con una inspirazione toracica passando per una apnea inspiratoria, si prosegue con una espirazione toracica seguita dalla espirazione addominale, arrivando ad una pausa espiratoria. Inserendo queste variabili nelle sequenze del qigong possiamo ottenere differenti effetti pur con lo stesso esercizio, potremo indirizzare lo sviluppo dell’esercizio verso una tonificazione o una dispersione, verso un organo o un altro o meglio verso un movimento (dato da coppie di organi) o un altro.

Ultimo caposaldo, ma non meno importante, è la consapevolezza. Questa pratica riguarda la presa di coscienza e la visualizzazione di ciò che la nostra energia sta esercitando quando svolgiamo gli esercizi. Si parla di visualizzazione dell’energia e di visualizzazione del percorso effettuato dal nostro respiro. Questo differenzia in modo sostanziale il qi gong dai semplici esercizi fisici, la visualizzazione ha un effetto terapeutico. LA MENTE DIRIGE IL QI. Se ciò è vero diventa ovvio considerare il maggiore o minore effetto della ginnastica medica o qi gong. Nelle fasi della visualizzazione arriveremo a provocare un effettivo “riscaldamento” delle varie zone del corpo, in particolare il basso addome dove iniziano le tecniche di concentrazione, i palmi delle mani e dei piedi. Esistono diversi studi termografici che lo hanno evidenziato. L’evidenza clinica e sperimentale mostra che la pratica del qigong influenza alcuni organi e funzioni del corpo. Tra questi, il cervello, il flusso sanguigno, le funzioni cardiache, le funzioni renali, la capacità visiva, ecc. Se consideriamo, alla luce delle più recenti scoperte scientifiche, la possibilità di modificare regolarizzandolo il flusso ormonale, ci permette di comprendere come il qigong lavori sulla capacità di rallentare l’invecchiamento, mantenendo le funzionalità organiche e le capacità riparatorie del nostro organismo al massimo delle potenzialità. Dottor Daniele Cozzini Laurea in Medicina e Chiururgia Specializzazione in Medicina dello Sport Diploma Scuola di Medicina Cinese Gruppo di Studio Società e Salute

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FITOESTRATTI

COME MODULATORI ORMONALI Trattare gli estrattati vegetali per il riequilibrio ormonale con le stesse dinamiche degli ormoni di sintesi è fuorviante sia dal punto di vista farmacologico che farmacodinamico. Un estratto vegetale, a differenza di un composto di sintesi, contiene una serie di sostanze che agiscono sinergicamente, il cui insieme viene definito: fitocomplesso. Ogni fitocomplesso poi ha una molecola o un insieme di molecole che ne determinano l’azione farmacologica. Nell’ambito ad esempio delle piante medicinali utilizzate per il riequilibrio ormonale si ricercano quelle ricche in saponine steroidee. Tali molecole sono importanti perché mimano l’azione degli ormoni steroidei e possono risultare utili per contrastare i sintomi determinanti dalla carenza degli stessi: stanchezza cronica, disturbi sessuali, disturbi della memoria, depressione, disturbi mestruali, disturbi della menopausa, malattie articolari Con lo stress, l’alimentazione squilibrata si viene a creare uno stato di carenza ormonale a partire dal pregnenolone, un metabolita naturale del colesterolo e precursore degli ormoni sessuali, degli ormoni dello stress e del DHEA. Poiché la quantità di pregnenolone diminuisce con l’avanzare dell’età, si riducono anche le funzioni metaboliche dipendenti dagli ormoni steroidei, inoltre alterazioni della produzione di pregnenolone si possono registrare anche in seguito all’utilizzo prolungato di alcuni farmaci come le statine.

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Le statine agiscono inibendo la sintesi del colesterolo ritenuto a torto o a ragione responsabile dell’aumento del rischio delle patologie cardiovascolari, una diminuzione della sintesi di colesterolo può determinare anche una riduzione della sintesi di pregnenolone con conseguenti disturbi della della memoria (Statin-Associated Memory Loss: Analysis of 60 Case Reports and Review of the Literature Leslie R. Wagstaff, Pharm.D., Melinda W. Mitton, Pharm.D., Beth McLendon Arvik, Pharm.D., P. Murali Doraiswamy, M.D.Disclosures Pharmacotherapy. 2003;23(7) La regolare integrazione di sostanze vegetali ricche in molecole che mimano l’azione del pregnenolone o che ne contrastano i sintomi, possono rallentare i processi di invecchiamento e rendere l’organismo più resistente agli stress. Tra queste piante le più indicate sono l’eleuterococco, la schisandra, la whitania. Le sostanze steroidee contenute nella Whitania conferiscono alla pianta attività simili al pregnenolone. La pianta è in grado di aumentare l’apprendimento e la capacità mnemonica oltre che avere una potente azione antiossidante. La Withania, ha dimostrato di aumentare l’attività dei recettori corticali per l’acetilcolina, neurotrasmettitore carente nelle sindromi demenziali, per cui una delle principali indicazioni all’utilizzo di questa pianta è proprio per tali patologie od altre ad esse correlate.


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Physic Level 1 – Trauma One – cpr/spray Physic Level 2 – Trauma Two – cpr/spray Physic Level 3 – Trauma Three – cpr/spray Physic Level 4 – Artidol – cpr/spray Physic Level 5 – Cervical – cpr Physic Level 6 – Lumbar – cpr Physic Level 7 – Prepair – cpr Physic Level 8 – Fast – cpr/spray Physic Level 9 – Rigeneration – cpr/spray Physic Level 10 – Tonic – bust

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Numerosi studi hanno dimostrato che la Schisandra risulta efficace per combattere lo stress, soprattutto se legato al sistema corticosurrenale.

Numerosi studi hanno dimostrato che la Schisandra risulta efficace per combattere lo stress, soprattutto se legato al sistema corticosurrenale. In particolare, la Schisandra esplica un’azione tonica sui processi mentali, aumentando la facoltà di concentrazione e la memoria, senza gli effetti collaterali caratteristici di altri rimedi stimolanti e toniconervini. In Russia è molto apprezzato e diffuso l’uso della Schisandra per promuovere l’azione della pianta sul sistema antiossidante endogeno del glutatione. Infine, interessanti gli studi che correlano l’assunzione di tale pianta con l’acuità mentale e per combattere l’affaticamento visivo. Esistono inoltre risultati preliminari sull’influenza aumento dei livelli di ossido nitrico L’Eleuterococco è considerato a pieno titolo una droga ad attività “adattogena”, cioè un fitocomplesso capace di intervenire sui meccanismi omeostatici che consentono all’organismo di “adattarsi” a situazioni di stress psicologico o fisico ed a condizioni ambientali sfavorevoli. Questo si traduce in un incremento delle energie fisiche e psicologiche che permettono all’organismo di affrontare meglio situazioni di stress, in genere accompagnate da ansia, indebolimento delle difese immunitarie e scompensi metabolici, tipici de-

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gli stati di carenza di pregnenolone. L’Eleuterococco sembra agire sull’asse ipotalamo-ipofisi-ghiandole surrenali. Studi clinici hanno dimostrato come alcuni componenti degli estratti di Eleuterococco si leghino ai recettori di molti ormoni steroidei: gli autori ipotizzano che, interferendo con il meccanismo di feedback, l’Eleuterococco possa determinare una stimolazione della funzione corticosurrenalica in condizioni di moderato ipocorticosurrenalismo. Sperimentalmente, l’estratto di Eleuterococco incrementa l’attività fisica e riduce la sensazione di fatica Ricordiamoci che un estratto vegetale non si può considerare un sostituto dell’ormone ma può mimarne l’attività legandosi agli stessi recettori, contrastare i sintomi da carenze e stimolare la produzione senza creare feedback negativi. Pertanto l’utilizzo anche ciclico di estratti vegetali ricchi in molecole steroidei può rappresentare una scorta di energia per far fronte alle numerose sollecitazioni alle quali siamo sottoposti Dr. Giovanni Occhionero Chimico farmaceutico esperto di integrazione naturale nello sport e fitoterapia antiaging Docente Simeb (Società Italiana Medicina Biointegrata)


numero 14 / 2014

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INFORMAZIONI

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L’Accademia del Fitness

STRESS OSSIDATIVO E METABOLISMO OSSEO:

EFFETTI DEL CELLFOOD® SILICA PLUS

Introduzione: L’osteopenia, condizione che precede l’osteoporosi, è caratterizzata da una riduzione della densità minerale ossea. Vari studi presenti in letteratura riportano un’associazione tra osteoporosi e patologie vascolari, quali l’aterosclerosi, probabilmente a causa della presenza di stress ossidativo. Trentuno donne osteopeniche (età media 59 ± 6,4 anni) sono state arruolate per valutare gli effetti di una supplementazione con CELLFOOD® SILICA (Nu Science Corporation, CA, USA), nutraceutico con proprietà antiossidanti e arricchito con biossido di silicio, sulla densità ossea e sullo stato ossidativo (durata del trattamento: 12 settimane). La diagnosi di Osteopenia è stata eseguita mediante esame ultrasonografico alla falange (DMB Sonic Bone Profiler, IGEA, Italia; valori di riferimento per osteopenia: -3.2<t-score≤-1; t-score=-1,99 ± 0,97). Materiali e Metodi: Sono stati valutati, quali marker di riassorbimento osseo, i livelli urinari dei cross-link del piridinio normalizzati per i valori di creatinina urinaria (Piridinolina, PYD; intervallo di riferimento 25-83 PYD/ creatinina pmol/µmol; Deossipiridinolina, DPD; intervallo di riferimento 6-23 DPD/ creatinina pmol/µmol; HPLC, Chromsystem Instrument chemicals, Monaco, Germania) unitamente alle concentrazione seriche delle LDL ossidate (LDLox; ELISA, Mercodia, Svezia; cut-off<70

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U/L), marker di perossidazione lipidica coinvolto nella sviluppo e progressione della malattia aterosclerotica. Risultati: Prima della supplemetazione, il 16% dei soggetti presentava livelli dei cross-link del piridinio al di sopra del limite superiore dell’intervallo di riferimento e, alla fine del trattamento, nel 60% dei casi i livelli di questi marker sono rientrati nei valori di normalità. Le concentrazioni delle LDLox, alterate al basale nel 61% delle donne osteopeniche, sono risultate al di sotto del cut-off dopo supplementazione (80 ± 30 vs 65 ± 23 U/L; p=0,01). Conclusioni: Questi dati preliminari, su una popolazione di donne osteopeniche, suggeriscono il duplice effetto di una supplementazione con CELLFOOD® SILICA: riduzione del riassorbimento minerale osseo mediata dal biossido di silicio e proprietà antiossidanti per la prevenzione e trattamento dello stress ossidativo. Fabrizia Bamonti Dipartimento di Scienze Biomediche,Chirurgiche e Odontoiatriche, Università degli Studi di Milano, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano

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DEL BAMBINO | DAL DISTURBO ALLA MALATTIA: COSA FARE E COSA NON FARE

CLINICO DEI FATTORI DI RISCHIO | LO SVILUPPO DEL BAMBINO | ESAMI PER UN BUON

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L’Accademia del Fitness

ULTIME RICERCHE IN FITNESS, WELLNESS E MEDICINA ANTIAGING A cura del Dr. Filippo Ongaro Vice Presidente AFFWA www.filippo-ongaro.it Ancora oggi si discute se abbia senso o meno assumere un multivitaminico. Numerosi studi confermano come l’utilizzo regolare di complessi vitaminici bilanciati abbia la capacità di prevenire numerose malattie. Uno studio recente dell’università di Harvard ha confermato che l’uso di multivitaminici riduce il rischio di sviluppare tumori del colon retto. Sono state studiate 43.641 donne parte del Nurse’s Health Study II e si è osservato che le donne che avevano usato un multivitaminco per più tempo (oltre 20 anni) avevano un rischio del 20% ridotto di sviluppare un tumore del colon rispetto ai non utilizzatori (Br J Cancer 2014 Jan 7;110(1):249-55). Tenendo presente che l’omocisteina alta può essere associata ad una maggiore incidenza di tumore del colon-retto, si può presupporre che l’abbassamento di tale parametro attraverso l’assunzione di vitamina B6 e acido folio sia una delle ragioni per cui assumere vitamine contribuisce a ridurre il rischio tumorale (Clin Nutr 2013 Nov 13). In ambito cardiovascolare invece un nuovo studio conferma che una maggiore assunzione di acidi grassi polinsaturi omega 3 riduce il rischio di mortalità da malattie cardiocircolatorie (Eur J Prev Cardio 2013 Dec 16). Gli omega 3 contribuiscono anche al mantenimento della massa muscolare nell’anziano. Uno studio svolto dall’università di Trieste conferma che questi acidi grassi sono importanti segnali anabolici che contribuiscono a stimolare la sintesi proteica. Sembra che gli omega 3 lavorino in sinergia con altri nutrienti come la leucina e ad ormoni come il testosterone e il GH nel modulare le risposte muscolari (Curr Opin Clin Nutr Met Care 17:145-150, 2014). Allo stesso tempo gli omega 3 esercitano anche un effetto anti-ipertensivo (Am J Hypert March 1, 2014). È stato anche recentemente visto che gli omega 3 associati all’acido alfa lipoico sono in grado di rallentare il declino cognitivo nei malati di Alzheimer (J Alzheimers Dis 2014, Jan 1; 38(19:111-20. Sempre per frenare il declino cognitivo sembra essere utile l’assunzione di vitamina E in particolare nella forma del gamma tocoferolo (Exp Gerontol 2013 Dec; 48(12):1428-35. Attenzione perché nella maggior parte degli integratori non si trova questa forma ma l’alfa tocoferolo. Qualche tempo fa era apparso qualche articolo che metteva in dubbio il fatto che un leggero sovrappeso o perfino un’obesità senza particolari disfunzioni metaboliche fosse un problema. Alcuni erano scettici e avevano ragione. Infatti ora uno studio indica che le persone metabolicamente sane ma in sovrappeso

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hanno il 24% di rischio in più di morire entro 10 anni (Ann Int Med 2013, Dec 2). In effetti l’obesità comporta un scarsa ossigenazione tissulare ed un aumento dell’infiammazione che contribuisce allo sviluppo di molti processi patologici. Inoltre il grasso in eccesso diventa un perfetto serbatoio per tossine e inquinanti di ogni genere (Obesity Rev 15:1928, 2014). Nel maschio poi l’obesità contribuisce ad un calo della secrezione di testosterone che si accompagna spesso ad una sovrapproduzione di estrogeni. Il tessuto adiposo è ricco infatti di aromatasi, l’enzima che trasforma gli androgeni in estrogeni. Tutto ciò altera il metabolismo e aumenta il rischio di malattie metaboliche e oncologiche (Asian J Andrology Feb 14, 2014). Sul versante della vitamina D, oggetto di un numero sempre maggiore di studi, un lavoro recente indica come i livelli durante la gravidanza siano in grado di determinare la salute del bambino anche a distanza di anni. I figli della mamme con livelli di vitamina D più elevati hanno più forza e più massa muscolare rispetto gli altri (J Clin Endocrinol Metab 2014 Jan 99(1):330-7). Livelli ridotti di vitamina D e di magnesio sono invece legati ad un aumento dell’insulino-resistenza, come dimostrato da uno studio pubblicato da un gruppo di ricercatori indiani (J Clin Diagn Res 2013 Nov;7(11):2438-41). Una carenza di vitamina D sembra produrre effetti negativi anche sul cervello con un aumento del danno da radicali liberi (Free Radic Biol Med 2013 Dec; 65;324-34) Sempre più dati indicano che un approccio scientifico all’integrazione alimentare può produrre risultati importanti in termini di prevenzione. La medicina antiaging si fa portavoce di questo nuovo approccio che non rinnega il farmaco ma che considera nutrizione, integrazione alimentare, esercizio fisico e gestione dello stress le fondamenta di qualsiasi intervento preventivo o terapeutico completo e sensato. Dr. Filippo Ongaro Medico Chirurgo Direttore Scientifico Istituto di Medicina Rigenerativa e Anti-Aging s.r.l. (Ismerian) Vice-Presidente Associazione Medici Italiani Antiaging (AMIA) Vice-Presidente Accademia Funzionale del Fitness-Wellness-Antiaging (AFFWA)




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